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Lo "Sciopero nei servizi pubblici essenziali"

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Alla mia Famiglia,

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INDICE

Capitolo I

L'articolo 40 della Costituzione e il Diritto di Sciopero

1. Lo sciopero: cos'è?...7

2. Lo sciopero nel sistema costituzionale...9

3. Il fondamento del diritto di sciopero e le sue finalità...13

4. Le finalità dello sciopero...15

5. La titolarità del diritto di sciopero e la sua qualificazione giuridica…19 6. I limiti al diritto di sciopero per la tutela di beni preminenti e le sue modalità di attuazione...30

Capitolo II

La legge n. 146 del 1990

1. I servizi pubblici essenziali...40

2. La Commissione di Garanzia...48

2.1 La Commissione di Garanzia: profilo funzionale...48

2.2 Il profilo strutturale...51

2.3 I compiti della Commissione...53

3. Le prestazioni Indispensabili...73

3.1 L'obbligo di assicurare le prestazioni indispensabili...79

(3)

3.3 Le misure imposte dalla legge: la rarefazione oggettiva ...90

3.4 La determinazione unilaterale...95

3.5 Gli obblighi delle amministrazioni e delle imprese di informazione dell'utenza...98

4. La proclamazione e la revoca...102

4.1 I requisiti della proclamazione...104

5. La prevenzione del conflitto...114

5.1 Soggetti e modalità...121 5.2 Il periodo di validità...122 5.3 L'obbligo a trattare...125 Capitolo III

Le sanzioni

1. Osservazioni generali...131

2. I comportamenti sanzionabili dei lavoratori...134

3. Il potere disciplinare del datore di lavoro e le sanzioni applicabili ai lavoratori...137

3.1 La strumentalità del potere disciplinare...142

3.2 Il regime speciale del potere di cui all'art. 4, co. 1°...146

3.3 La responsabilità del datore di lavoro e la doverosità del potere disciplinare...148

4. Le sanzioni disciplinari...150

5. Le sanzioni nei confronti dei lavoratori...155

(4)

7. I comportamenti sanzionabili delle organizzazioni sindacali...171

7.1 Le sanzioni applicabili alle organizzazioni sindacali...176

8. Il ruolo della Commissione di garanzia ...192

9. Le infrazioni e le sanzioni per i responsabili delle amministrazioni, imprese ed enti...203

10. Ulteriori profili di responsabilità...209

11. I rimedi contro i provvedimenti sanzionatori ex art. 4...212

Capitolo IV

La precettazione

1. Il testo originario dell'art. 8 L. n. 146/'90...221

2. La tipizzazione normativa della nuova precettazione e la sua collocazione sistematica nel contesto delle fonti regolative dello sciopero nei s. p. e...223

3. Il presupposto dell'intervento autoritativo nel conflitto collettivo...229

4. Requisiti procedurali...241

5. I soggetti della precettazione...249

6. L'iter procedurale...253

6.1 Il nuovo ruolo della Commissione di garanzia...253

6.2 La procedura ...259

6.3 Il contenuto dell'ordinanza...272

(5)

7. Antisindacalità della condotta del datore di lavoro...286 8. Regime sanzionatorio...289

8.1 I soggetti attivi dell'illecito e le sanzioni cui sono sottoposte..292 8.2 La particolarità della procedura di applicazione

delle pene amministrative...296

9. La discussa coesistenza di più modelli di precettazione...300

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Capitolo 1

L'articolo 40 della Costituzione e il Diritto di Sciopero

1. -”Lo sciopero: cos'è?

L'articolo 40 della Carta Costituzionale è la pietra miliare di ogni discordo che si voglia costruire sul tema dello sciopero, in quanto rappresenta nello stesso tempo, un punto di arrivo e un punto di partenza: un punto di arrivo, poiché è già in sé una norma giuridica, entrata nell'ius conditum,che riconosce come esistente il «diritto di sciopero«; un punto di partenza, in quanto preannuncia le leggi, ancora fluttuanti nel limbo dell'ius

condendum,che dovranno venire a regolare l'ambito e i modi del suo esercizio1.

Secondo la nozione oggi ampiamente accolta, lo sciopero si concreta «in comportamenti2, tra loro notevolmente diversi, di astensione collettiva di una pluralità di lavoratori dalla esecuzione della prestazione lavorativa, allo scopo di esercitare una pressione su una o più controparti, per la tutela di un interesse collettivo«

Il dato qualificante, quindi, dell'azione di lotta risiede nell'astensione dall'attività lavorativa di una pluralità di lavoratori, mentre non entrano in gioco né il soggetto contro il quale è diretta né il fine per il quale è indetta né le modalità tramite le quali si esplica.

Tale vocabolo è l'approdo finale di una lunga evoluzione, che è consistita nell'espungere

1 Calamandrei, R.g.lav. 52,I, p.221

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progressivamente dal concetto di limiti (limiti interni) cui, come diritto, doveva essere sottoposto: mentre in epoca immediatamente successiva all'entrata in vigore della Costituzione e poi ancora per molto tempo si ricorreva ad una nozione ristretta di sciopero in funzione limitativa, in prosieguo si è ampliata la nozione di sciopero, allargando così l'area dei comportamenti tutelati, e si sono mantenuti solo limiti esterni coincidenti con altri diritti costituzionali equi o sovraordinati.

In questo fenomeno collettivo, entrano in gioco e in urto interessi di diversa natura e diverso ambito: nell'interno di ogni singolo rapporto di lavoro, vengono in conflitto l'interesse individuale dello scioperante, che non vuol lavorare, coll'interesse individuale dell'imprenditore, che per contratto ha diritto alla prestazione di lavoro; al di sopra dei singoli rapporti di lavoro, l'interesse collettivo della categoria di lavoratori che, attraverso lo sciopero dei suoi componenti mira a raggiungere certi scopi di carattere sindacale, viene in conflitto coll'interesse collettivo dell'opposta categoria di imprenditori; e ancor più in alto, al di fuori di questo conflitto sindacale, si trova messo in pericolo l'interesse generale di tutti i cittadini, non appartenenti ad alcuna delle categorie in conflitto ma colpiti dalle ripercussioni di ordine economico da esso generate3.

Lo sciopero viene oggi ad essere considerato non una semplice libertà ma un vero e proprio diritto soggettivo fondamentale ed irrinunciabile concesso al solo prestatore di lavoro. Più precisamente, per migliore dottrina, come diritto, viene collocato fra i diritti

soggettivi pubblici di libertà.

La Costituzione repubblicana ha riconosciuto non solo la libertà sindacale (art 39), ma anche espressamente il diritto di sciopero da esercitarsi «nell'ambito delle leggi che lo

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regolano4«.

Tuttavia queste leggi non sono state emanate, salvo poche disposizioni particolari come quelle per gli addetti agli impianti nucleari5 e per il personale di assistenza di volo6, mentre per i militari e per gli appartenenti alla polizia di Stato7 lo sciopero è stato del tutto vietato.

L'unica disciplina di una certa ampiezza è stata introdotta solo nel 1990 per lo sciopero nei servizi pubblici essenziali (modificata dalla legge n. 83/2000), ma anche questa non costituisce una regolamentazione generale riguardando soltanto alcuni settori in cui sono coinvolti beni della persona di preminente rilievo costituzionale.

Di fronte all'inerzia del legislatore è stata tentata la via dell'autoregolamentazione, intesa come adozione unilaterale da parte dei sindacati di codici di comportamento in caso di sciopero. Tale soluzione è stata promossa anche dal legislatore, ponendola come condizione per l'accesso del sindacato alle trattative per gli accordi collettivi nel pubblico impiego. Tuttavia il sistema dell'autoregolamentazione è risultato inadeguato, sia perchè vincola, oltretutto con sanzioni meramente endoassociative, solo i lavoratori aderenti ai sindacati autoregolatisi, sia perchè molti nuovi sindacati, specie di mestiere, rifuggono da tali codici fondando la loro capacità di proselitismo anche sulla esasperazione del conflitto.

2.“Lo sciopero nel sistema costituzionale”

Il diritto di sciopero è dichiarato nella Costituzione, come quei diritti costituzionali

4 Articolo 40 della Costituzione

5 Artt.49 e 129 d.P.R. 13 febbraio 1964,n.185 6 Art.4 l.23 maggio 1980, n.42

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«fondamentali8«, che posti dalla Costituente come base dell'ordinamento dello Stato, non possono essere né soppressi né modificati dal legislatore9 ordinario; cercar di

menomarlo, vorrebbe dire attentare all'integrità della Costituzione. In forza di questo suo carattere costituzionale il diritto di sciopero è giuridicamente tutelato, come tutti i diritti iscritti nella Costituzione, non solo contro le violazioni individuali ma altresì contro le violazioni legislative. Da questa prospettiva, può essere considerato, un vero e proprio diritto individuale di libertà,come un diritto verso lo Stato a cui corrisponde, da parte dello Stato, un obbligo di astensione: diritto a che lo Stato si astenga da qualsiasi provvedimento, anche legislativo, che tenda a restringere o a menomare la libertà di sciopero garantita ad a ogni lavoratore dall'art. 40 della Costituzione.

La Corte Costituzionale, con sentenza 62/123 ha avuto modo di pronunciarsi10 «sull'interpretazione dell'articolo 40 e con sentenza n.29 del 1960, presupposta la immediata precettività del medesimo anche nell'attuale periodo di carenza della legge cui esso rinvia, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 502,2° comma, c.pen., che puniva lo sciopero economico dei lavoratori legati da rapporto contrattuale di lavoro, nella considerazione che dovesse ritenersi decaduto per effetto sia della soppressione dell'ordinamento corporativo dal quale traeva l'esclusivo suo fondamento,sia del principio della libertà sindacale sancito dall'art,39 cost.« sicchè il diritto di sciopero è« operante11 nell'ordinamento indipendentemente dalla emanazione di quelle norme legislative che, in base al disposto dell'art 40 Cost, valgono a segnarne legittimamente i limiti e modalità«. La norma costituzionale12,sin dalle origini, pur in

8 Calamandrei,R.g.lav. 52, I, p.230

9 Calamandrei, “Il significato costituzionale del diritto di sciopero” in RGL,I, '52,221 10 Sentenza 1962,n.123, in Appendice, G. Ghezzi e Romagnoli, “il diritto Sindacale” 11 Corte Cost. 74/1, Mass.g.lav. 74

12 Santoro Passarelli G, “Diritto dei lavori- Diritto sindacale e rapporti di lavoro”;Dottrina Giappichelli,Foro.It

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assenza della normativa di attuazione, immediatamente precettiva e cioè applicabile direttamente dal giudice. L'assenza di una normativa di legge ordinaria, cui pure invia l'art 40 Cost., spiega perchè la giurisprudenza abbia voluto assolvere ad una funzione di

supplenza, risolvendo nell'arco di un cinquantennio in via interpretativa, tre ordini di

problemi:

4. il fondamento del diritto di sciopero e la conseguente determinazione delle finalità lecite del medesimo;

4. la questione della titolarità del diritto di sciopero, connessa con la sua qualificazione giuridica;

4. i limiti al diritto di sciopero per la tutela di beni preminenti e le modalità di esercizio.

Pertanto la giurisprudenza è stata gravata di tutti i problemi del confronto tra le vecchie norme ordinarie sullo sciopero, in gran parte legate alla ideologia repressiva corporativa, ed i nuovi principi costituzionali privi della programmata specificazione legislativa. Si è delineata, così, una funzione di supplenza, in particolare da parte della Corte Costituzionale, definita «macroscopica« ed, oltretutto, notevolmente condizionata dalla natura prevalentemente penale delle norme oggetto del giudizio di costituzionalità. Presupposto essenziale13 di tale supplenza è stata l'esclusione di una automatica abrogazione delle disposizioni penali sul conflitto collettivo nonostante la soppressione dell'ordinamento corporativo.14 Si è aperta la strada ad un'opera di distinzione tra le disposizioni da eliminare radicalmente in quanto intimamente connesse al superato regime illiberale e le disposizioni da salvare, seppure con con vari aggiustamenti, in quanto finalizzate alla tutela di interessi ancora preminenti nell'attuale ordinamento. In

13 “Commentario Breve alle leggi sul lavoro”, a cura di Grandi-Pera-Tamajo-Mazzotta, Brevaria Iuris, p105

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questo quadro si colloca la secca dichiarazione di incostituzionalità, per contrasto con l'art. 39 Cost., delle incriminazioni dello sciopero e della serrata per fini contrattuali previste dall'art. 502 c.p., sottolineandosi «la correlazione strettissima e, si potrebbe dire, organica del divieto penale della serrata e dello sciopero e i fondamenti del sistema corporativo instaurato dalla legge 3 aprile 1926«, sistema nel quale «la serrata e lo sciopero apparvero come forme di ribellione alla nuova disciplina giuridica, la quale, essendo fondata sulla risoluzione giudiziaria dei conflitti di lavoro, non tollerava atti che ne costituissero sostanzialmente un rifiuto, traducendosi, nell'ambito di quel sistema, in una vera e propria forma di ragione fattasi«, sicchè furono trasformati «in reato fatti che erano stati libera espressione delle competizioni di lavoro« dal che la «incompatibilità specifica« tra la libertà sindacale dell'art. 39 Cost.

E l'incriminazione dell'art.502 c.p. posto « a tutela di un sistema che negava quella libertà« Questa correlazione con l'ordinamento corporativo è stata espressamente ribadita anche in seguito, sia nella dichiarazione di incostituzionalità dell'art 635,co. 2°, n. 2 c.p. che prevedeva come circostanza aggravante e causa di procedibilità di ufficio del reato di danneggiamento la commissione del fatto in occasione di un conflitto collettivo, sia nella dichiarazione di inapplicabilità nel vigente ordinamento della pena accessoria dell'interdizione da ogni ufficio sindacale prevista dall'art. 612 c.p. Mentre dall'altro lato si pone sia il parziale salvataggio del reato di abbandono collettivo di uffici pubblici proprio perchè ritenuto estraneo all'ordinamento corporativo quale reato contro la pubblica amministrazione e non contro l'economia pubblica, sia l'esclusione di un contrasto con gli artt. 39 e 40 Cost. per il reato di sciopero politico, dichiarato in parte incostituzionale solo per violazione dell'art. 3, co. 2°, Cost.

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3. Il fondamento del diritto di sciopero e le sue finalità

Del resto la tutela costituzionale del conflitto collettivo quanto meno come libertà nei confronti dello Stato, è stata rinvenuta anche nello svolgimento della fondamentale garanzia della libertà sindacale di cui all'art.39 Cost, essendosi osservato che «l'art 3915 e l'art 40 sono da considerare come espressione unitaria del nuovo sistema; e pertanto il significato dell'art 39 non può essere circoscritto entro i termini angusti di una dichiarazione di mera libertà organizzativa, mentre invece nello spirito delle sue disposizioni e nel collegamento con l'art 40, esso si presenta come affermazione integrale della libertà di azione sindacale«.

Con tale connessione, il diritto di sciopero16 è visto come strettamente funzionale alla

contrattazione collettiva, come strumento di autotutela deputato a costringere il datore di lavoro a modificare in meglio – o a non peggiorare – i trattamenti previsti dai contratti collettivi. Si escludono dal raggio di azione dello sciopero le controversie17 giuridiche – quelle relative18 all'applicazione ed interpretazione della vigente disciplina del lavoro – in ossequio ai canoni pacta sunt servanda e rebus sic stantibus – per relegarlo alla soluzione delle sole controversie economiche – quelle concernenti la modificazione per il futuro della disciplina vigente. Lo sciopero è visto con tendenziale sfavore, come “atto di guerra”, come estrema risorsa da utilizzare solo contro il datore di lavoro e solo in funzione della tutela dell'interesse economico-rivendicativo degli scioperanti stessi. Si ritiene lecito unicamente lo sciopero economico-contrattuale.

15 Corte cost. 60/29, Mass.g.lav 60,108

16 “Diritto del lavoro”,commentario diretto da Franco Carinci,le fonti, il diritto Sindacale

17 Suppiej V., “Diritto di sciopero e potestà di sciopero nel sistema della costituzione”, in Riv.dir.lav. '65, I, p.3

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Negli anni '60 muta la situazione socio-economica del Paese ed il movimento sindacale acquista progressivamente forza, si espande nei luoghi di lavoro, imponendo una contrattazione anche a a livello decentrato, mentre risulta ormai evidente l'inattuabilità dell'art 39, seconda parte, con il meccanismo di estensione erga omnes del contratto collettivo ivi previsto. Nelle elaborazioni dottrinali si valorizza il collegamento fra l'art 40 e il principio di libertà sindacale sancito dall'art 39,1° c,Cost: lo sciopero diventa lo strumento di garanzia sociale per l'ordinamento intersindacale.

Occorre notare che lo sciopero appare tutelato anche nella L. n 300/'70 e precisamente agli artt. 15 e 28, in quanto viene vissuto come un valore. Si recepisce un collegamento fra l'art 40 e l'art 3,2°c Cost., dando luogo al principio di uguaglianza sostanziale che la dottrina lo qualificò come diritto assoluto della persona, in quanto non prende come generico punto di riferimento i «cittadini«, ma attribuisce proprio ai lavoratori un ruolo privilegiato nella partecipazione al governo della società19. Il diritto di sciopero viene ad essere considerato come strumento idoneo a realizzare, l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del paese, con conseguente rimozione della disuguaglianza che limitava l'effettiva partecipazione.

La Corte Costituzionale, in un'importante sentenza in tema di sciopero politico20, ha in

parte accolto questa prospettiva operando appunto il collegamento fra l'art 40 e art, 2°c, Cost. Tuttavia la sentenza si discosta dall'orientamento dottrinale richiamato per il fatto che non riconosce in capo ai lavoratori un diritto di sciopero politico, bensì una mera libertà: lo sciopero risulta essere «un mezzo che, necessariamente valutato nel quadro di tutti gli strumenti di pressione usati dai vari gruppi sociali, è idoneo a favorire il perseguimento dei fini di cui al 2° c. dell'art 3 Cost.« Questo significa che lo sciopero

19 Mazzotta O, “Diritto Sindacale“,Foro.It

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politico non è uno strumento privilegiato di partecipazione politica assicurato ai lavoratori in funzione di riequilibrio del loro svantaggio sociale, ma uno dei tanti strumenti che i lavoratori, come peraltro tutti i cittadini, possono utilizzare nel quadro generale di libertà garantito dalla Costituzione per influenzare l'orientamento delle forze di Governo.

4. Le Finalità dello sciopero

Lo sciopero può esercitarsi da parte dei lavoratori per raggiungere le più diverse finalità; infatti è un caratteristico rimedio di lotta dei prestatori nei confronti dei datori di lavoro, per cui si connette strettamente ai trattamenti economici e normativi dei contratti collettivi ed alle rivendicazioni che si accompagnano alle negoziazioni sindacali. Lo sciopero per fini contrattuali21 è stata la forma principale di astensione collettiva, che si è diffusa nei luoghi di lavoro, fin dalle origini del movimento sindacale, per esercitare una pressione sul datore di lavoro ed ottenere non soltanto miglioramenti retributivi ma anche delle altre condizioni di lavoro.

Pertanto, può definirsi sciopero per fini contrattuali sia quello rivolto a rivendicazioni di natura strettamente salariale sia quello che si estende a tutte le rivendicazioni inerenti al complesso degli interessi professionali dei lavoratori. Questo tipo di sciopero è stata la prima forma di lotta sindacale ritenuta legittima, proprio perchè collegata alla tutela di un interesse collettivo riconducibile al principio costituzionale dell'art.40. La giurisprudenza della Corte di Cassazione, negli anni immediatamente successivi all'emanazione della Carta Costituzionale ed in assenza di leggi regolatrici dello

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sciopero, aveva operato una definizione restrittiva delle forme di autotutela , riconoscendo piena legittimità soltanto agli scioperi di carattere economico-professionale. I lavoratori, possono prefiggersi finalità che esulano da una rivendicazione immediatamente riconducibile alla loro posizione economica; può accadere che essi scioperino a sostegno della lotta di altri lavoratori, occupati in altre imprese o in settori produttivi diversi: è lo sciopero di solidarietà.

La dottrina prevalente, superando l'orientamento restrittivo che presupponeva comunque l'esistenza di una comunanza di interessi tra gli scioperanti per solidarietà e la pretesa dei primi scioperanti, è incline a ritenere la piena legittimità di tale tipo di sciopero in ragione del naturale legame esistente tra le diverse categorie di lavoratori. Ne risulta valorizzata la dilatazione dell'interesse collettivo tutelabile attraverso lo sciopero, non più riferibile alla posizione dei lavoratori nell'ambito dell'organizzazione aziendale ma piuttosto ragguagliato ad una più ampia tutela degli interessi e delle condizioni di lavoro nel loro complesso. Dalla sentenza della Corte n. 123/'62, si ricava che la disposizione dell'art. 505 c.p. che incrimina lo sciopero di solidarietà non è stata dichiarata incostituzionale, in quanto la pronunzia è interpretativa di rigetto, avendo la Consulta rimesso al giudice ordinario di verificare, nei casi concreti ai fini della tutela dello sciopero e della conseguente «applicazione dell'esimente di cui all'art. 51 c.p. … la specie e il grado del collegamento tra gli interessi economici di cui si invoca la soddisfazione ed, in relazione ad essi, determinare l'ampiezza da assegnare al complesso categoriale formato dai titolari degli interessi stessi; ampiezza che, come è ovvio, potrà risultare maggiore o minore a seconda della natura delle rivendicazioni avanzate e delle circostanze di tempo e di luogo in cui siano fatte valere«. Questa limitazione della pronunzia è criticata dalla dottrina che ritiene il potere così assegnato al giudice in

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contrasto con il principio di autodeterminazione dell'interesse collettivo o che addirittura considera superata la limitazione in quanto «tutti hanno interesse ad eque condizioni per tutti22«

Le finalità23 dello sciopero possono essere ancora più ampie, intendendo i promotori esercitare una pressione non sulla controparte datoriale ma sulle istituzioni, al fine di rivendicare l'adozione di determinate misure legislative o per opporsi alla loro emanazione. In questo caso si parla di sciopero politico , nel caso in cui le rivendicazioni tocchino gli interessi economici dei lavoratori e sciopero puramente politico quando si rivolgono contro decisioni che riguardano il governo generale del paese. Con la sentenza del 1962 la Corte Cost., ammettendo lo sciopero per tutti gli interessi dei lavoratori complessivamente considerati nel titolo terzo della Costituzione, aveva in pratica legittimato lo sciopero d'imposizione economico-politica24, cioè lo

sciopero che si rivolge contro i poteri costituiti, ma sostanzialmente per gli interessi di categoria e di classe che sono largamente condizionati dalle determinazioni pubbliche. Le finalità dello sciopero dovrebbero rimanere estranee ad un suo possibile vaglio di legittimità. Vi sono stati importanti interventi della Corte Costituzionale in materia, la quale è stata indotta a pronunciarsi sulle norme incriminatrici penali dello sciopero (artt.502 e ss.) che, al fine di graduare le pene, distinguevano fra le varie forme di sciopero in relazione alle loro finalità. Innanzitutto, la sentenza Cost. n. 29/'60 che si pronunciò per l'illegittimità costituzionale dell'art. 502 cod.pen., che sanzionava lo

sciopero per fini contrattuali. Con la sentenza n. 123/'62 che dichiarò l'illegittimità

costituzionale dell'art. 505 cod.pen., che incriminava lo sciopero di solidarietà. In tale

22 Pera,R.it.d.lav. 86, I, pp.458-459

23 Mazzotta O, “il diritto sindacale“, Foro.it. 24 Pera,R.it.d.lav. 86, I, p.459

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decisione la Corte ritenne di circoscrivere la legittimità dello sciopero a quelle sole situazioni in cui vi fosse una qualche connessione o affinità fra gli interessi degli scioperanti e quelli della categoria con la quale avevano solidarizzato.

Successivamente, con la sent. n. 290/'74, i giudici della Consulta hanno dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art503 cod.pen. che incriminava lo sciopero politico, con un importante distinguo. Per la Corte resta perseguibile penalmente lo sciopero diretto a sovvertire l'ordinamento costituzionale ovvero ad impedire o ostacolare il regolare funzionamento delle istituzioni democratiche. Si tratta di due ipotesi diverse: mentre la prima, alludendo a scioperi per così dire rivoluzionari, di difficile verificabilità, la seconda può prestarsi ad interpretazioni particolarmente incerte, ove intendesse limitare le legittime forme di manifestazione collettiva del dissenso rispetto agli organi istituzionali, in quanto tali tutelate dalla libertà di manifestazione del pensiero. Resta acquisito che, rispetto allo sciopero politico, può parlarsi di un'area ristretta e residuale area di mera libertà. Le ricadute giuridiche della sentenza comportano che, nella sfera di residua rilevanza penale, lo sciopero politico non possa in astratto qualificarsi come diritto, con la conseguenza che il datore ben potrebbe procedere disciplinarmente nei confronti degli scioperanti. Tale conclusione è di difficile coordinamento, in particolare con l'art. 28 Statuto del Lavoratori che, invita a vagliare non solo la legittimità astratta dei comportamenti datoriali, manche la loro concreta antisindacalità.

Per lo sciopero di coazione alla pubblica autorità , l'evoluzione giurisprudenziale è stata parallela a quella dello sciopero politico, passandosi dalla pronunzia interpretativa di rigetto in cui la disposizione incriminatrice dell'art 504 cod.pen è stata ritenuta conforme a Costituzione nei confronti di qualsiasi sciopero di pressione sulla pubblica

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autorità per motivi non economici, alla pronunzia che ha dichiarato incostituzionale tale incriminazione per le stesse ragioni e con gli stessi parametri e limiti per lo sciopero politico, precisando che «spetta al giudice ordinario accertare, nella multiforme varietà dei casi concreti, quando ricorrono tali limiti e pertanto la condotta dell'imputato continui a costituire illecito penale.25«

5. La titolarità del diritto di sciopero e la sua qualificazione giuridica

Connesso al tema della natura del diritto di sciopero è il profilo riguardante la titolarità. Il diritto di sciopero riveste una struttura dicotomica, nella quale è possibile distinguere due poteri giuridici in senso ampio: il primo affidato al sindacato, o all'organismo di gruppo, depositario dell'interesse collettivo al cui soddisfacimento lo sciopero dovrebbe essere finalizzato; il secondo, di tipo individuale, affidato al singolo lavoratore che concretamente decida si astenersi dalla prestazione lavorativa26.

Secondo il Santoro Passarelli, titolare del diritto di sciopero27 è il singolo scioperante: la proclamazione dello sciopero da parte della collettività professionale non è che una condizione di quel diritto. Questo diritto individuale di sciopero è un diritto potestativo, in virtù del quale basta la sola volontà unilaterale dello scioperante a produrre a suo favore una modificazione del contratto di lavoro che l'altro contraente deve subire, cioè a sospendere lecitamente, finchè duri lo sciopero e senza che il datore di lavoro possa far nulla per impedirlo, l'adempimento del proprio obbligo contrattuale di lavoro.

25 Corte Cost. n. 165/'83 26 F.Santoni,“Lo sciopero“,2001 27 Calamandrei, R.g.lav. 52,I, p.227

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Questo diritto individuale di sospendere per determinazione unilaterale il rapporto di lavoro è dato a tutela non di un interesse individuale, ma di un interesse collettivo del quale lo stesso scioperante è partecipe: per questo potrebbe definirsi come diritto soggettivo collettivo , cioè come potere individuale di far valere un interesse collettivo, allo stesso modo che il diritto soggettivo pubblico è il potere individuale di far valere un

interesse generale. D'altro canto, lo sciopero è intrinsecamente un fatto collettivo, fatto

di massa e appare inconcepibile che possa aversi un'astensione del tutto individuale28.

Il diritto di sciopero spetta in linea di principio:

1. ai lavoratori subordinati. Nell'ambito di questa impostazione la titolarità viene

riconosciuta anche ai dipendenti pubblici «di fronte alla pubblica29 autorità che assuma la qualità di parte nel rapporto di lavoro, allo scopo di ottenere la disciplina di quest'ultimo venga modificata a favore dei dipendenti«. Qualche dubbio rimane soltanto per i magistrati, ferma restando l'ammissibilità dello sciopero per i dipendenti pubblici in seguito alla “privatizzazione” de pubblico impiego (D.Lgs. 29/93). I magistrati, si obietta in dottrina, non sarebbero lavoratori nel senso tecnico della parola costituendo un potere autonomo dello Stato. Tuttavia, la dottrina e e la giurisprudenza, da tempo ritengono inammissibile in linea generale lo sciopero da parte di questa categoria, partendo dal presupposto che il rapporto di pubblico impiego non sia sostanzialmente diverso, sotto il profilo delle pretese e delle aspettative dei lavoratori, da un normale rapporto di lavoro subordinato;

2. militari e forze di polizia: si ritiene inammissibile in linea generale soprattutto

28 Pera,R.it.d.lav. 86, I, p.447

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per il fatto che la loro astensione dal lavoro verrebbe a ledere altri beni costituzionalmente protetti, come la tutela della libertà, della integrità fisica, la difesa della Nazione;

3. marittimi: occorre valutare la possibile configurabilità del reato di

ammutinamento di cui all'art. 1105 del codice della navigazione. Dottrina e giurisprudenza sono dell'avviso che il diritto di sciopero da parte dei marittimi possa sempre essere esercitato semprechè non comporti la violazione di norme poste a tutela di interessi superiori;

4. avvocati: essendo liberi professionisti, si discute se le astensioni collettive degli avvocati possano essere legittimamente chiamate “scioperi”. A fronte di manifestazioni di notevole portata, tuttavia, la Corte Costituzionale, investita indirettamente della vicenda, ha auspicato l'intervento del legislatore affinchè, al pari dei servizi pubblici essenziali, anche altre funzioni che assumono, come quella giurisdizionale, un risalto primario nell'ordinamento dello Stato possano essere sottoposte ad una specifica regolamentazione onde non siano lesi beni costituzionalmente protetti. Dinanzi al perdurare dell'astensionismo legislativo, la stessa Corte ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, l'art 2, commi 1 e 5, legge 146 del 1990 nella parte in cui non prevede, in caso di astensione collettiva dall'attività giudiziaria da parte degli avvocati, l'obbligo di dare un congruo preavviso e di dare un ragionevole limite temporale all'astensione stessa, e non prevede, altresì, gli strumenti idonei ad individuare ed assicurare le prestazioni essenziali. La pronuncia della Corte costituzionale è stata accolta dal legislatore che, in occasione della riforma della 149/'90 operata dalla legge 83/'00, ha provveduto ad estendere la disciplina a tutti coloro che svolgono

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prestazioni indispensabili nell'ambito dei servizi pubblici essenziali.

Quanto alla relazione tra il singolo scioperante e la collettività interessata alla rivendicazione, lo sciopero è generalmente definito come diritto individuale ad esercizio collettivo, anche se in contrario si è osservato che la stessa titolarità del diritto dovrebbe essere riconosciuta alla collettività, potendosi conseguentemente solo ex post valutare la legittimità del comportamento individuale astensivo.

Lo sciopero, considerato nel microcosmo del singolo rapporto di lavoro, si presenta come un atto individuale del lavoratore, che volontariamente si astiene dal lavoro; Il singolo lavoratore non può diventare scioperante per sola sua volontà: la sua sola volontà gli basta per astenersi da lavoro; ma, perchè questa sua astensione individuale assuma il titolo giuridico di sciopero, occorre l'intervento di una volontà che sta al di fuori di lui e del singolo rapporto di lavoro, cioè di una volontà collettiva di quel gruppo professionale di cui il singolo lavoratore fa parte. Questo carattere collettivo, che trasforma l'astensione individuale in sciopero, non è dato dal fatto, puramente aritmetico, che astensioni dal lavoro siano contemporaneamente compiute da una parte pluralità di operai: se dieci operai in giorno di lavoro vanno a fare una passeggiata in campagna, non si dirà che, solo perchè sono in dieci, la scampagnata diventi sciopero. Affinchè l'astensione individuale diventi sciopero, occorre che essa sia motivata in ogni scioperante non da interesse individuale, ma da un interesse comune alla collettività professionale della quale il singolo fa parte: la valutazione di questo interesse comune non è rilasciata alla volontà del singolo, ma è riservata alla deliberazione della collettività alla quale l'interesse appartiene. E' la collettività che, invitando i propri appartenenti ad astenersi in massa dal lavoro, crea in questo modo quella situazione

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giuridica di effetto collettivo, che permette a tutti i suoi appartenenti di accettare l'invito e di abbandonare il lavoro non più a titolo di isolati inadempimenti, ma a titolo di solidali scioperanti. Lo sciopero30 è un atto di volontaria solidarietà sindacale, con cui i singoli rispondono all'invito del sindacato: è in questo stato di allarme sindacale , creato fra i singoli dalla proclamazione collettiva di sciopero, che dà una speciale qualificazione giuridica all'astensione individuale dal lavoro con cui il singolo risponde a quella chiamata. Quest'ultimo ha il diritto di abbandonare il lavoro valendosi della possibilità che gli deriva dalla già avvenuta ed operativa proclamazione di sciopero. Fin da quando lo sciopero è proclamato, in tutti i contratti individuali degli appartenenti alla categoria rimane implicitamente bloccata la disposizione, secondo la quale l'astensione dal lavoro è normalmente un illecito contrattuale. Da quel momento l'astensione a titolo di sciopero diventa lecita: è la proclamazione collettiva che immunizza , il singolo scioperante dalle conseguenze contrattuali della sua astensione dal lavoro. Il singolo, anche dopo rimane libero di scioperare o di non scioperare, di aderire o non aderire all'invito di sciopero; ma se decide di aderire, egli non crea con questo la propria immunità, ma si limita a profittare di una immunità già creata in generale, con la proclamazione di sciopero per tutta la categoria.

In questo quadro si colloca l'affermazione per cui costituisce inadempimento contrattuale il rifiuto della prestazione da parte del singolo lavoratore prima della proclamazione o comunque prima dell'inizio dell'astensione collettiva, anche in considerazione del requisito della necessaria pluralità degli scioperanti31. La valutazione del comportamento individuale potrà farsi ex post , per la constatazione del fatto sciopero al livello interessato. Qualora lo sciopero sia fallito per scarsità di adesioni , è

30 Calamandrei, R.g.lav. 52, I, p.225 31 Corte Cost. 75/222

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necessario che si siano verificate astensioni da lavoro di una relativa consistenza. Altra ipotesi , quando il giudice dovesse concludere per l'inesistenza dello sciopero come fatto, per eseguità delle adesioni, non per questo l'astensione individuale dovrebbe essere automaticamente ingiustificata. Può farsi il caso che il lavoratore si sia astenuto dal lavoro in perfetta buona fede, nella convinzione che avrebbe avuto corso lo sciopero, poiché proclamato in partenza da organizzazioni sindacali sufficientemente rappresentative, le cui direttive siano solitamente osservate. In tal caso per evitarsi conseguenze negative per il singolo, l'ignoranza incolpevole del debitore si risolve in una impossibilità liberatrice ex art 1218 c.c.32

Del resto le costruzioni che scompongono formalmente il momento collettivo (delibera di proclamazione o autorizzazione) e quello individuale ( astensione attuativa di quella delibera)33, trovano ora conferma, se si prescinde dal tipo di soggetto abilitato alla

deliberazione collettiva, nella l.n. 146/90, che, per lo sciopero nei servizi pubblici essenziali, prevede un obbligo di preavviso e, quindi, una previa proclamazione con indicazione della durata dell'astensione. Tuttavia la proclamazione e il preavviso non sembrano obblighi generalizzabili, essendo stati esclusi dalla nozione essenziale di sciopero, sicchè solo «il legislatore34 possiede competenza necessaria a prescriverne

l'adozione«.

La stipulazione del contratto collettivo non fa scattare automaticamente un obbligo di tregua per il periodo di vigenza. Sono ammissibili, però, apposite clausole in tal senso oppure di raffreddamento del conflitto, talvolta anche inserite in accordi interconfederali diretti ad ordinare il sistema ed i livelli di contrattazione, come ad esempio l'accordo 23 luglio 1993.

32 Pera,R.it.d.lav. 86, I, p.451 33 Calamandrei, R.g.lav. 52, I, p.227 34 Corte Cost. 62/124, Mass.g.lav. 62/416

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Si tratta di clausole inserite nel contratto collettivo che obbligano all'astensione da azioni di lotta per periodi determinati di tempo al fine di modificare il contenuto del contratto collettivo in vigore.

Il tema delle clausole di tregua ha una stretta connessione con la titolarità del diritto di sciopero. Clausole di tal fatta impediscono il ricorso ad azioni di lotta in determinati periodi di tempo e quindi c'è da chiedersi 1) se possano validamente essere stipulate o siano nulle 2) se il sindacato possa stipularle in nome proprio p in nome o per conto degli associati 3) se il vincolo, cui la clausola dà luogo, si riverberi solo sul sindacato stipulante o anche sui singoli lavoratori e quindi quali sanzioni operanti in caso di violazione. E' evidente come l'una o l'altra risposta a questi quesiti possa privare di consistenza l'assunto della titolarità individuale del diritto di sciopero: affermare che quel diritto è proprio ed esclusivo del singolo lavoratore e poi ammettere che il sindacato possa validamente disporne, importa svuotare ampiamente di significato la prima affermazione35.

La riconosciuta precettività dell'art 40 Cost. Pur in assenza delle leggi regolatrici dello sciopero ha determinato inevitabilmente l'elaborazione in via interpretativa della nozione di sciopero e, conseguentemente, una serie di limiti al diritto costituzionalmente garantito36. Inizialmente si era confidato nell'emanazione della disciplina legale, tant'è che si parlava di «provvisorietà37 della situazione di carenza normativa«, vagheggiandosi una disciplina organica di tutta la materia sindacale, e si sottolineava il «mancato adempimento da parte del legislatore dell'imperativo a lui posto dall'art 40«, inserendo addirittura nel dispositivo della pronunzia l'inciso «salva la necessaria

35 Carinci, De Luca Tamajo, Tosi Treu 1994,p,339-340 36 Calamandrei,R.g.lav. 52, I, p.221

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regolamentazione del diritto di sciopero38«. Successivamente è intervenuta una sorta di rassegnazione al vuoto legislativo e la costruzione giurisprudenziale è divenuta inevitabile «perchè a parte l'assurdo di un diritto suscettibile di svolgersi per un tempo indeterminato al di fuori di ogni limite, il vincolo a carico del legislatore, proveniente da una fonte sovraordinata, com'è la Costituzione, precede e condiziona la sua attività39«. La dottrina ha indagato questo processo di elaborazione giurisprudenziale, da un lato criticando alla cosiddetta tecnica definitoria diretta ad individuare una serie di limiti interni allo sciopero40, ma dall'altro rilevando il necessario ancoraggio dell'interprete alla nozione di sciopero accolta dal costituente in quanto l'evoluzione della prassi non può incidere sul contenuto di un diritto.

Il comportamento materiale definibile come sciopero è individuato nella «sospensione dell'attività di lavoro« per la tutela di un interesse collettivo, sicchè non è sciopero quello attuato per assistere ad una partita di calcio , mentre può costituire l'astensione realizzata partecipando ad un'assemblea convocata durante l'orario di lavoro, ma in violazione delle modalità del relativo diritto.

Il rifiuto della prestazione determina, secondo il principio sinallagmatico, la perdita della retribuzione per il periodo sciopero, anche per le corrispondenti quote di tredicesima mensilità, di ferie e di retribuzione per riposi settimanali compresi nel periodo di sciopero. Nella prospettiva del datore di lavoro che subisce l'astensione lo sciopero costituisce un diritto potestativo «perchè è in potere41 del titolare di modificare con la sua volontà e col semplice esercizio del suo diritto una situazione giuridica di cui è parte un altro soggetto con effetto rispetto a quest'altro soggetto, il datore, che

38 Corte Cost. 62/123

39 Corte Cost. 69/31, in Appendice, G.Ghezzi e U. Romagnoli, “il diritto Sindacale” 40 G. Ghezzi e U. Romagnoli, I, 92, pag.204-206

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soggiace alle conseguenze dell'esercizio del diritto di sciopero«.Una prima opinione in dottrina, ha ravvisato nel diritto di sciopero come configurato nell'art 40 Cost. un diritto

potestativo , sostenendosi che la norma attribuisca ai lavoratori il potere di sospendere i

relativi rapporti di lavoro mediante una manifestazione di volontà di per se stessa idonea a produrre una modificazione in loro favore del contratto. Ai lavoratori spetterebbe il potere di modificare col semplice esercizio del loro diritto una situazione giuridica di cui è parte un altro soggetto e con effetti rispetto a quest'ultimo. La sospensione dell'adempimento degli obblighi contrattuali, conseguente agli scioperi, non potrebbe essere impedita dal datore di lavoro ma dovrebbe essere anzi essere subita, rimanendo sul piano giuridico in una posizione di mera soggezione. Inoltre si deve trattare di astensione totale, non nel senso che debba essere adottata da tutto il personale o per l'intera giornata di lavoro, ma nel senso che deve riguardare l'intera attività dello scioperante, che non può selezionare i compiti da svolgere e quelli da sospendere con inammissibile invasione della sfera organizzativa del datore di lavoro.

Dalla definizione di sciopero occorre distinguere altri comportamenti che non fanno parte propriamente in tale nozione. Innanzitutto, non è consentito lo sciopero delle

mansioni, anzi ritenuto illegittimo, poiché il lavoratore partecipante alla protesta

collettiva, non si astiene completamente dallo svolgimento dell'attività lavorativa, ma si limita ad effettuare solo alcune delle mansioni dedotte in contratto. Tale tipo42 di astensione è stata oggetto di contrasto nella Sezione lavoro della Cassazione43, dando luogo a varie sentenze, concorde nell'escludere dalla protezione dell'art 40 Cost. Siffatta forma di lotta sindacale, si sostanzia, il più delle volte, in una inesatta esecuzione della

42 Garofalo M.G., “Forme anomale di sciopero”, in DDP,VI, 278

43 “Lo sciopero delle mansioni è sciopero?”, a cura di Carlo Pisani, Cass. Civ. Sez. lavoro, 06 ottobre 1999, n. 11147, Giur. it., 2000,10

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prestazione dovuta, e cioè in un inadempimento, tenuto anche conto dell'obbligo per il debitore di usare la prescritta diligenza e delle clausole generali di buona fede e correttezza nell'esecuzione del contratto. Ulteriore conseguenza è la legittimità sia della sanzione disciplinare irrogata dal datore di lavoro, sia del rifiuto da parte di quest'ultimo della prestazione parziale inesatta offertagli, con esclusione dell'intero obbligo retributivo. Il rallentamento concertato, la non collaborazione, l'ostruzionismo, lo

sciopero pignolo o alla rovescia sono tutte condotte diverse dall'astensione dal lavoro e,

quindi, non riconducibili alla nozione di sciopero, bensì da valutarsi nella prospettiva del corretto adempimento della prestazione dovuta in base alla prescritta diligenza e buona fede. Quindi della legittimità44 o no di queste diverse e varie forme di lotta deve giudicarsi alla stregua di contratto ma è sicuro che non potranno godere della garanzia dell'art 40 Cost.

Il cosiddetto sciopero del cottimo, con il quale i cottimisti riducono il loro rendimento al minimo dovuto, appare legittimo, con la riduzione proporzionale dell'intera retribuzione, se il rendimento non scende sotto il minimo convenuto. E' legittimo anche lo sciopero straordinario, da non confondere, però, con il rifiuto di effettuare prestazioni contrattualmente dovute per sostituire, in quota parte oraria, un collega assente, trattandosi di parziale inadempimento assimilabile allo sciopero delle mansioni. Dall'ambito dello sciopero esulano comportamenti diversi dalla mera astensione dal lavoro, sicchè è costituzionalmente legittima l'incriminazione del sabotaggio prevista dall'art 508, co.2°,c.p., in quanto «non è mai coperto da protezione costituzionale il danneggiamento, in qualsiasi modo ed in qualsiasi circostanza effettuato. E non lo è, a fortiori, quello di aziende agricole o industriali ovvero di attrezzi, macchine, scorte,

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apparecchi o strumenti alle aziende adibiti45« Pertanto è indifferente che a commettere il reato di sabotaggio sia un lavoratore scioperante o chiunque altro. Anche l'incriminazione dell'occupazione d'azienda, prevista dall'art. 508, co.1°,c.p., è considerata legittima in quanto trattasi di condotta estranea alla nozione di sciopero, che «non comporta come mezzo indispensabile l'occupazione dell'azienda altrui«. Per la sussistenza del reato occorre, il dolo specifico consistente nell'impedire o turbare il normale svolgimento del lavoro. Il reato di occupazione di azienda non si verifica in caso di sciopero in bianco , cioè di breve permanenza degli scioperanti all'interno dell'azienda che non impedisce la prosecuzione dell'attività produttiva da parte di altri lavoratori, in quanto serve per esprimere un sentimento della collettività rispetto a dati eventi46.

La tutela della libertà di lavoro di chi non aderisce allo sciopero e la rigorosa esclusione di ogni violenza, costituiscono il presupposto per escludere dalla nozione di sciopero anche il picchettaggio violento , che integra il reato di violenza privata o di minaccia47, anche quando è attuato mediante una barriera umana insuperabile se non con la forza. Costituisce illecito penale costituzionalmente legittimo il boicottaggio, in quanto i comportamenti diretti ad escludere un imprenditore dai rapporti economici con altri soggetti sono «autonomi e diversi da quelli che integrano la serrata e lo sciopero«, né «si scorge alcun dato da cui desumere che il divieto di fatti puniti sotto il titolo sia stato posto in correlazione al divieto di sciopero«48. La stessa pronuncia della Corte del'69, ha dichiarato incostituzionale «l'incriminazione della propaganda di puro pensiero e di pura opinione«, ma ciò non per violazione dei principi in tema di libertà sindacale e di

45 Corte Cost. 220/'75, Mass.g.lav. 75,282 46 Pera,R.it.d.lav. 86, I, p 444

47 F. Carinci, R. De Luca Tamajo, P. Tosi e Treu,pp.499-500 48 Corte Cost. 84/'69, Mass. g. lav.69,177

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sciopero, bensì con riferimento alla libertà di manifestazione del pensiero tutelata dall'art 21 Cost, con la conseguente precisazione per cui il reato di cui all'art. 507 c.p. Si verifica « solo quando la forza e l'autorità dei gruppi si facciano effettivamente sentire e valere, attraverso un loro totale peso, non servendo per contro il semplice richiamo che ad esse faccia il singolo quando inciti al boicottaggio«. L'imprenditore può reagire a condotte illecite dei dipendenti che gli impediscono lo svolgimento dell'attività produttiva sia con sanzioni disciplinari, sia esperendo rimedi civilistici, come a seconda dei casi, le azioni possessorie o il procedimento d'urgenza.

6. I limiti al diritto di sciopero per la tutela di beni preminenti e le sue modalità di attuazione

Ai limiti derivanti dalla nozione accolta dal Costituente49 con riferimento al comportamento protetto ed alla sua finalità si aggiungono i limiti connessi all'esigenza di tutelare nei confronti dello sciopero beni di preminente rilevo costituzionale50. Il problema, che alla fine ha dato origine alla l.n. 146/'90 sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, fu subito impostato dalla Corte Costituzionale, che si domandò se, in assenza delle leggi regolatrici, «limiti al diritto di sciopero non siano da riconoscersi già sussistenti nel vigente ordinamento, in relazione a preminenti interessi dell'organizzazione sociale e giuridica, che non potrebbero essere subordinati a un incondizionato e illimitato esercizio dello sciopero«51 A questa impostazione fece espressamente seguito la fondamentale pronunzia della sent.123/'62 che sancisce il

49 “Commentario Breve alle leggi sul lavoro”, Grandi-Pera-Tamajo-Mazzotta, Brevaria Iuris,p.109 50 G.Ghezzi e U.Romagnoli, I, p.212ss

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potere della Corte di affermare quelle limitazioni desumibili «dalla necessità di contemperare le esigenze dell'autotutela di categoria con le altre discendenti da interessi generali i quali trovano diretta protezione nella stessa Costituzione«, e ciò per il «bisogno di salvaguardare dal danno dal medesimo (sciopero) derivante il nucleo degli interessi generali assolutamente preminenti rispetto agli altri collegati all'autotutela di categoria«. Il parametro di costituzionalità utilizzato per eliminare l'aspetto normativo contrastante con lo sciopero legittimo è, ovviamente, l'art 40, mentre viene espressamente esclusa la rilevanza sia del principio di uguaglianza dell'art. 3, stante la peculiarità delle situazioni che impongono la limitazione dello sciopero, sia del principio di libertà sindacale dell'art.39, poiché anche questa libertà non è illimitata. E' ricorrente il richiamo ai diritti inviolabili dell'uomo e ai doveri inderogabili di solidarietà dell'art.2 Cost per giustificare il sacrificio dello sciopero.

La Corte detiene, quindi, il potere di giudicare della legittimità costituzionale delle leggi ma non quello di fissare le condizioni e i modi necessari per assicurare l'efficienza e la continuità dei servizi, poiché tale compito spetta al legislatore. Il dovere del giudice ordinario è di applicare ai casi concreti le disposizioni regolatrici dello sciopero, ove esistenti, oppure in mancanza di queste, i criteri generali fissati dalla Corte, procedendo se necessario, anche ad una valutazione comparativa degli interessi.. Il rinvio al giudice ordinario costituisce quasi una costante nella giurisprudenza della Corte sui limiti dello sciopero, ricorrendo in altre importanti ipotesi, come, ad esempio, per la verifica della comunanza di interessi nello sciopero di solidarietà, oppure per la distinzione tra le finalità economiche connesse all'attuazione del titolo III della Costituzione ed altre finalità.L'esigenza di salvaguardare interessi costituzionali preminenti può comportare limiti non solo all'esercizio, ma anche alla titolarità del diritto in questione. Tale

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esclusione è prevista, ad esempio, per i militari dall'art.8 l.'78,n.382, e per gli appartenenti alla Polizia di Stato dall'art.84 l.81,n.121. Nessuna di queste due disposizioni è stata sottoposta all'esame della Corte, che finora, nelle diverse fattispecie indagate , ha sempre riconosciuto la titolarità del diritto di sciopero, sia pure con, a volte forti, limitazioni nell'esercizio. Così per il personale di un'azienda municipalizzata di trasporti urbani è stato escluso ogni limite per il ritenuto carattere non essenziale del servizio; per i marittimi è riconosciuto il diritto, ma con temporanea assoluta preclusione durante la navigazione e nei porti intermedi per la necessaria salvaguardia della supremazia del comandante a tutela delle persone e delle cose imbarcate52. Altro esempio, di notevole importanza, riguarda il personale di un ospedale psichiatrico, dove l'esercizio del diritto è condizionato alla salvezza delle esigenze essenziali del servizio, a tutela della vita e della salute delle persone53.

La Corte fa osservare che spetterà al legislatore stabilire i mezzi di azione sindacale per la difesa degli interessi di categoria dei funzionari. Occorre individuare una serie di beni

preminenti, tra i quali, la conservazione dell'integrità fisica e della vita delle persone ,

considerato come sufficiente a giustificare l'assoluto divieto di sciopero, derivante dal previsto reato di ammutinamento, per i marittimi durante la navigazione. Il riferimento alla «integrità della vita e delle persone dei singoli« ritorna con riferimento alle funzioni dei vigili urbani, ed analogamente si parla di necessaria salvaguardia «dell'integrità fisica dei malati e di coloro che assistono« come fonte di limitazione dello sciopero del personale di un ospedale psichiatrico. Altro bene ritenuto meritevole di protezione è quello della libertà di lavoro di chi non aderisce allo sciopero ed alla rigorosa

esclusione di ogni violenza , ribadita poi dalla Corte nel riconoscere la legittimità

52 Corte Cost. .124/'62 53 Corte Cost. n.222/'76

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dell'incriminazione del sabotaggio. Altro limite discende dall'esigenza di garantire la

sicurezza pubblica e la sicurezza verso l'esterno , benchè il bene tutelato sia sempre

quello dell'integrità personale e patrimoniale. Di notevole importanza , a proposito delle conseguenze economiche dello sciopero, è l'espressa precisazione per cui non rileva in alcun modo «l'entità del pregiudizio economico54 che il fatto puro e semplice della sospensione del lavoro infligge al datore di lavoro« con conseguente esclusione della teoria del danno ingiusto e della corrispettività dei sacrifici, elaborata dalla giurisprudenza ordinaria, ma rigettata dalla dottrina. E' illegittimo lo sciopero attuato «senza avere adottato tutte quelle cautele le quali si palesano necessarie ad evitare il pericolo o della distruzione degli impianti, oppure della produzione di danni alle persone o ai beni dello stesso datore, o, a più forte ragione, dei terzi« In questa pronunzia della Corte n.124/'62 si delineò la corretta distinzione tra lecito danno alla produzione ed illecito danno alla produttività che, fu ribadita dalla Consulta nel ribadire che i limiti allo sciopero nei servizi essenziali ex l. n. 146/'90, tutelano gli utenti e non le imprese, per le quali continua ad essere vietato solo il danno alla produttività. Infine, sono ritenuti interessi fondamentali assolutamente prevalenti rispetto allo sciopero la

conservazione dell'ordinamento costituzionale ed il libero esercizio dei poteri legittimi

nei quali si esprime la sovranità popolare, già indicati come limiti allo sciopero politico o di coazione alla pubblica Autorità55 e la cui tutela è stata poi, considerata dalla l. n 146/'90 come la sola giustificazione di esonero dall'obbligo di preavviso per lo sciopero nei servizi essenziali.

Tra le forme anomale di sciopero sono tradizionalmente ricompresi56 lo sciopero

54 Corte Cost.n 124/'62 55 Corte Cost. n.290/'74

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improvviso, cioè attuato senza preavviso, lo sciopero a singhiozzo ed scacchiera. Per

quanto riguarda lo sciopero a sorpresa, ormai la giurisprudenza non considera illegittima questa forma di sciopero, anche se vale la pena precisare che il preavviso è obbligatorio per lo sciopero nei servizi pubblici essenziali. La denominazione «forme anomale« si riferisce attualmente a quello a singhiozzo e a scacchiera, denominati nella prassi sindacale «scioperi articolati«. In questi casi lo sciopero, invece di essere effettuato per un periodo di tempo continuativo, è intermittente, cioè esercitato alternando i periodi di lavoro a pause di lavoro; oppure non è attuato contemporaneamente da tutto il personale di un'azienda, ma da alcuni reparti e in momenti diversi. Queste di forme di sciopero possono essere attivate congiuntamente. Lo sciopero attuato con queste modalità arreca all'azienda un danno maggiore di quello inferto con lo sciopero tradizionale, perchè scompagina l'organizzazione del lavoro con minore sacrificio per i lavoratori, che in questo modo possono ridurre il periodo di sospensione della prestazione e quindi anche per il periodo di sospensione della retribuzione. Queste forme di sciopero furono ritenute illegittime dalla giurisprudenza fino al 1980, non solo per le modalità di attuazione, ma soprattutto perchè cagionavano all'impresa un danno superiore a quello che sarebbe consentito dal rispetto del principio della corrispettività dei sacrifici. Nel 1980 la Cassazione con una storica sentenza57 abbandonò il criterio, fino ad allora utilizzato, del danno ingiusto e della corrispettività dei sacrifici per distinguere lo sciopero legittimo da quello illegittimo. Secondo questa sentenza, per stabilire se lo sciopero è legittimo non si deve avere riguardo alla maggiore o minore entità del danno provocato alla produzione, ma si deve avere riguardo al danno arrecato alle persone e agli impianti, cioè alla produttività. La

Giappichelli,Foro.It

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giurisprudenza, ai fini della legittimità-illegittimità dello sciopero, abbandona come criterio distintivo quello quantitativo dell'entità del danno e accoglie invece un criterio di carattere qualitativo: distingue il danno alla produzione dal danno alla produttività. La legittimità dello sciopero articolato non esclude il diritto del datore di lavoro al

rifiuto delle prestazioni lavorative inutilizzabili,offerte dagli scioperanti negli intervalli

dello sciopero a singhiozzo o dai dipendenti non scioperanti in concomitanza con lo sciopero parziale o a scacchiera attuato da altri lavoratori. Infatti, relativamente allo sciopero a singhiozzo, accanto al profilo dell'impossibilità oggettiva della prestazione, è stato rilevato l'inadempimento del lavoratore che negli intervalli del proprio sciopero offre una prestazione inutilizzabile e, quindi, inesatta e non conforme a buona fede, con conseguente legittima eccezione di inadempimento da parte del datore di lavoro. L'onere della prova dell'impossibilità oggettiva delle prestazioni offerte grava sul datore al fine di escludere il carattere antisindacale del rifiuto delle stesse. Il datore non è obbligato a ricevere prestazioni meno proficue del normale oppure a sopportare maggiori spese o a modificare la programmazione delle lavorazioni al fine di ricevere le prestazioni offerte.

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Capitolo 2

La legge n. 146 del 1990

La legge n. 146 del 1990 costituisce l'attuazione della riserva di cui all'art. 40 Cost. per quanto riguarda il settore dei servizi pubblici essenziali. Tale legge risulta un esempio classico di legislazione contrattata58 nata con il consenso delle maggiori confederazioni

sindacali e contenente un innovativo intreccio tra le fonti utilizzate per regolare gli interessi in gioco, la quale recepisce i principi cardini elaborati dalla Corte Costituzionale nella sua giurisprudenza59 in materia di limiti esterni(contemperamento

dell'esercizio del diritto di sciopero con gli altri diritti costituzionalmente garantiti; servizio pubblico essenziale; prestazione indispensabile).

La necessità dell'intervento legislativo60 è scaturita dall'ovvia constatazione secondo cui nell'ambito del settore nevralgico dei servizi essenziali (la scuola, la sanità, i trasporti..) alla normale dialettica fra le parti del rapporto di lavoro si aggiunge e si sovrappone la presenza degli utenti, i destinatari dei servizi che, insieme alle imprese, subiscono le conseguenze sfavorevoli dell'astensione dal lavoro. E l'impellenza della regolamentazione è stata imposta dal crescente spostamento del fulcro del conflitto collettivo dal tradizionale settore industriale a quello dei servizi, a sua volta conseguenza della terziarizzazione dell'economia. La disciplina normativa61 della L. n.

146 ha introdotto una compressione del diritto garantito dall'art. 40 Cost., giustificata

58 Rusciano, “Il ruolo degli attori nel disegno della legge 12 giugno 1990, n 146”, in Riv. Giur. Lav., 1991, I, 409

59 “Il lavoro pubblico in Italia”, Umberto Carabelli e Maria Teresa Carinci, Cacucci Editore 2010, p.355 60 Mazzotta O, “Diritto sindacale”, da Dottrina Giappichelli, Foro Ita.

61 “Sciopero e servizi pubblici essenziali”, commento alla legge n. 146/1990, modificata e integrata dalla legge n. 83/2000, a cura di Maurizio Ricci, p.8-9, Giappichelli Editore

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dalla necessità di assicurare ai cittadini, il soddisfacimento di diritti fondamentali della persona costituzionalmente tutelati, in base al canone utilitaristico del minor sacrificio possibile, per evitare disagi eccessivi e immotivati. Si è mirato al contemperamento nel soddisfacimento di interessi di pari rilievo, tra i quali il diritto di sciopero non è originariamente soccombente, ma ha trovato una composizione razionale con le altre aspettative. Ponendosi nell'alveo della giurisprudenza costituzionale, il legislatore del 1990 ha voluto che, nei servizi pubblici essenziali, lo sciopero si esercitasse rispettando le «misure62 dirette a consentire l'erogazione delle prestazioni indispensabili«, al fine del contemperamento del diritto di sciopero e diritti della persona costituzionalmente garantiti attraverso «regole63 da rispettare e procedure da seguire« : è, quindi, attraverso un'analitica procedimentalizzazione del conflitto che si è realizzato il fine del contemperamento.

Una parte della dottrina ha ritenuto, quale reale obiettivo della legge, il «contemperare l'esercizio del diritto di sciopero con il godimento dei diritti della persona costituzionalmente garantiti«, così come è letteralmente affermato64: la disciplina legale opererebbe, infatti, un bilanciamento che si tradurrebbe nella equa distribuzione dei sacrifici che postulano il dovere dell'utenza di sopportare una rarefazione del servizio e, simmetricamente, il dovere dei lavoratori di assicurare il godimento, nel loro contenuto essenziale, dei diritti dell'utenza.

Altra dottrina, invece, facendo leva sempre sullo stesso comma, nella parte in cui dispongono «regole da rispettare e procedure da seguire in caso di conflitto collettivo per assicurare l'effettività, nel loro contenuto essenziale« dei diritti, ha rilevato come il contemperamento non costituisca il fine della legge, ma uno strumento attraverso il

62 Art. 10, co. 2., L.n. 146/'90 63 Art. 1, co.2, L.n.146/'90 64 Art. 1, co.2, L.n.146/'90

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quale raggiungere il vero intento del legislatore, vale a dire la garanzia dell'effettivo godimento dei diritti della persona. In tale ottica, la ratio della L. n. 146 non consisterebbe nel regolare l'esercizio del diritto di sciopero, bensì nel tutelare, in caso di sciopero nei servizi pubblici essenziali, gli interessi degli utenti, almeno quanto corrispondono a valori costituzionalmente riconosciuti e garantiti. In presenza di diritti della persona, è il diritto di sciopero a dover cedere; mentre nell'ambito della legge, esula non solo lo sciopero in settori diversi da quelli essenziali, ,ma anche la salvaguardia di diritti diversi da quelli menzionati.

Infine, altri hanno rilevato come la legge in esame no contemperi direttamente lo sciopero con i diritti della persona potenzialmente confliggenti con esso, ma individui «le sedi nelle quali tale contemperamento debba aver luogo«.

E' bene fugare subito l'impressione che la legge sottoponga a divieti l'esercizio dello sciopero nell'ambito dei servizi essenziali. Essa utilizza piuttosto una tecnica diretta a stimolare una regolamentazione proveniente dalle stesse parti in conflitto, fornendo una cornice al cui interno tali regole devono essere collocate ed introducendo una sorta di arbitrio della congruità delle regole a raggiungere il fine proposto e della loro corretta amministrazione. A svolgere questa funzione è la Commissione di Garanzia , un organo indipendente dal Governo e composta da esperti nominati dal Presidente della repubblica su designazione congiunta dai Presidenti delle Camere65. La Commissione ha tra i compiti, la valutazione dell'autoregolamentazione e delle fonti negoziali sotto il profilo dell'idoneità delle prestazioni indispensabili concordate66, in merito alla loro concordanza rispetto alle direttive stabilite dal legislatore; qualora no le giudichi idonee, ha la facoltà di avanzare una proposta alle parti; in caso di mancato accordo, però, può

65 “Sciopero e servizi pubblici essenziali”, commento alla legge n. 146/1990, modificata e integrata dalla legge n. 83/2000, a cura di Maurizio Ricci, p.11, Giappichelli Editore

(40)

esperire un tentativo di conciliazione, il cui fallimento comporta la formulazione di una proposta su cui le parti devono pronunciarsi entro quindici giorni dalla notifica; infine, può emanare su richiesta congiunta tra le parti, un lodo sul merito del conflitto. Rispetto alla fonte negoziale, la Commissione di garanzia ha svolto un ruolo di valutazione di congruità integrato da altre tre funzioni: un ruolo di sostegno, attraverso l'attività di conciliazione, appena accennata nel testo legislativo del 1990, ma che i garanti hanno svolto con la massima intenzione nell'esperienza applicativa della legge; un ruolo sostitutivo, nel caso di emanazione del lodo richiesto dalle parti; un ruolo ancora sostitutivo, seppur temporaneo, con la formulazione di una proposta, quale parametro valutativo dei comportamenti delle parti, utilizzato dalla stessa Commissione fino all'intervento di un accordo collettivo.

1. I Servizi pubblici essenziali

L'art. 1, primo comma, prescrive che, «ai fini della (…) legge, sono considerati servizi pubblici essenziali (…), quelli volti a garantire« il godimento di alcuni «diritti della persona, costituzionalmente tutelati«. La norma definisce l'ambito di applicazione67 e le finalità della disciplina limitativa dell'esercizio di sciopero nei servizi pubblici essenziali. L'individuazione certa del campo di applicazione della disciplina, imposta dalla riserva di legge contenuta nell'art. 40 Cost., e richiamata implicitamente dall'espressione ai fini della presente legge, assolve una duplice funzione: per un verso, provvede alla tutela dei diritti della persona, subordinando l'esercizio del diritto di sciopero al rispetto di determinate regole e procedure; per l'altro, dispone che tali regole

67 “Commentario Breve alle leggi sul lavoro”, a cura di Grandi-Pera-Tamajo-Mazzotta, Brevaria Iuris, p.1056

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