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Il procedimento sanzionatorio

Nel periodo anteriore all'entrata in vigore della disciplina di riforma di cui alla l. n. 83 del 2000, la Commissione di garanzia ha sostenuto che il co. 1° dell'art.4 non innovava il procedimento di applicazione delle sanzioni disciplinari ed escluse in particolare la necessità di una propria preventiva valutazione o deliberazione per l'applicazione delle

sanzioni medesime213. Essa peraltro riteneva che la rilevazione, da parte sua, di violazioni e inadempienze potesse condurre all'applicazione delle sanzioni individuali a cura dei datori di lavoro, ai quali reputava quindi opportuno trasmettere le proprie deliberazioni. Allo stato attuale, invece, la Commissione di garanzia, ai sensi dell'art. 13, co. 1°, lett. i), «prescrive al datore di lavoro di applicare le sanzioni disciplinari«, dopo aver valutato, con la procedura prevista dall'art. 4, co. 4 quater, il comportamento delle parti e dopo aver rilevato eventuali inadempienze o violazioni. La delibera del 2000 n. 00/202-3.1 prevede che il datore di lavoro deve applicare la sanzione disciplinare a fronte di comportamenti individuali da considerarsi illegittimi in quanto attuativi di modalità di esercizio di uno sciopero proclamante da un'organizzazione sindacale che la Commissione di garanzia abbia valutato negativamente. La Commissione, su richiesta delle parti interessate (così come delle associazioni degli utenti rappresentative ai sensi della l. 30-7-1998, n. 281, nonché delle autorità nazionali o locali che vi abbiano interesse) o d'ufficio, apre il procedimento di valutazione; apertura quest'ultima che «viene notificata alle parti che hanno trenta giorni per presentare osservazioni e per chiedere di essere sentite214«.

Il procedimento di valutazione da parte della Commissione riguarda la condotta sia delle organizzazioni sindacali proclamanti o aderenti allo sciopero, sia delle amministrazioni e imprese erogatrici del servizio, sia degli enti esponenziali dei lavoratori autonomi. Il procedimento è aperto nei confronti di questi soggetti dalla Commissione di propria iniziativa oppure su richiesta delle parti, delle associazioni degli utenti o delle autorità interessate. Non occorre che l'apertura e l'eventuale sanzione siano precedute da un invito della Commissione, tra cui quello a desistere dallo sciopero per l'illegittimità

213 Delibera 6-12-1990, R.g.lav., 91, I, 541-543

della proclamazione, poiché non sempre tale invito è possibile. Ogni condotta illecita determina l'apertura di un distinto procedimento di valutazione con distinta sanzione in caso di valutazione negativa, ma talvolta la Commissione apre un solo procedimento per più azioni tra loro collegate oppure riunisce più procedimenti, così deliberando una sola sanzione nella cui commisurazione può tener conto anche della pluralità degli illeciti. La legge215 prevede che «l'apertura del procedimento viene notificata alle parti, che hanno trenta giorni per presentare osservazioni e per chiedere di essere sentite« Pertanto è assicurato il contraddittorio scritto e orale, ben potendo la parte pretendere entrambi in virtù della congiuntiva «e«. Non si ritiene applicabile, invece, all'apertura del procedimento la regola della l. 689 del 1981 sulla immediatezza della contestazione. Questo contraddittorio deve ritenersi sufficiente anche per la deliberazione e l'irrogazione della sanzione amministrativa sostitutiva a carico del legale rappresentante del sindacato cui non risultino applicabili le sanzioni civili. Invero il contraddittorio con il sindacato autore dell'illecito si svolge appunto con lo stesso in persona del suo legale rappresentante e, del resto, il sindacato è coobbligato solidale per la sanzione amministrativa. Anche per la sanzione amministrativa irrogata dall'autorità precettante per la violazione dell'ordinanza di precettazione si ritiene sufficiente il procedimento svolto per l'emanazione dell'ordinanza, ma non può riguardare i singoli lavoratori che a tale procedimento non partecipano. La Commissione di garanzia svolge un'istruttoria compatibilmente con i suoi poteri, richiedendo informazioni alle stesse parti ed autorità pubbliche come i Prefetti, ed all'esito, se raggiunge anche per presunzioni un convincimento pieno sull'esistenza dell'illecito, delibera la sanzione. La deliberazione deve essere presa «non oltre sessanta giorni dall'apertura del procedimento«, ma questo

termine, peraltro sempre rispettato dalla Commissione, non è considerato perentorio e, comunque, è estranea allo stesso la fase di notificazione della delibera. La Commissione ammette l'istanza di riesame delle proprie delibere sanzionatorie se la domanda è presentata entro venti giorni dalla notifica e sono dedotti elementi nuovi, sicchè si sono verificati casi di revoca.

Le sanzioni civili nei confronti dei sindacati deliberate dalla commissione di garanzia sono applicate dai datori di lavoro, al pari delle sanzioni disciplinari nei confronti dei lavoratori «prescritte« dalla Commissione. Per assicurare l'effettiva applicazione di queste sanzioni, fino alla novella del 2000 assai scarsa per il disinteresse dei datori di lavoro nonostante la rilevata doverosità nell'interesse pubblico, sono ora riconosciuti alla Commissione di garanzia diritti di informazione nei confronti dei datori di lavoro e dell'INPS circa l'avvenuta esecuzione della delibera nel termine prefissato, esecuzione che, comunque, deve essere comunicata alla Commissione entro trenta giorni. Inoltre è assegnato alla Commissione il potere di stabilire, a carico dei datori di lavoro inadempienti all'obbligo di tempestiva applicazione delle sanzioni civili e disciplinari, una sanzione amministrativa pecuniaria da l. 400.000 a l. 1.000.000, assai efficace per l'effetto compulsorio derivante dalla moltiplicazione del suo importo per ogni giorno di ritardo ingiustificato. In caso di inapplicabilità delle sanzioni civili a carico del sindacato che non goda di benefici patrimoniali e non partecipi a trattative, è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria sostitutiva, che la Commissione di garanzia delibera direttamente se ha già accertato tale inapplicabilità oppure contestualmente alla sanzione civile per l'ipotesi di una sua inapplicabilità, anche per una esiguità dei permessi e contributi tale da determinare una eccessiva diluizione della sanzione nel tempo con pregiudizio della sua efficacia dissuasiva. Tutte le sanzioni amministrative

deliberate dalla commissione sono immediatamente applicate con ordinanza ingiunzione della Direzione provinciale del lavoro, cui non compete alcuna valutazione sul merito della delibera della Commissione anche se la stessa sia stata impugnata, salvo un provvedimento giudiziale di sospensione dei relativi effetti. La Commissione di garanzia ha altresì ritenuto che le sanzioni disciplinari debbano essere irrogate anche in assenza di predeterminazione della normativa disciplinare nei contratti, accordi o regolamenti.

Secondo la Pretura di Palermo del '92, tali infrazioni, essendo riconnesse direttamente a specifiche disposizioni legislative, non richiedono un'integrazione del codice disciplinare a la relativa affissione in luoghi accessibili a tutti i lavoratori. L'inapplicabilità del co. 1° dell'art. 7 St. lav. è sostenuta da Suppiej216, in quanto l'arbitrato di un collegio i cui membri sono in maggioranza designati dalle parti, non può ammettersi in materia completamente sottratta alla loro disponibilità. L'eventuale lodo dovrebbe considerarsi radicalmente nullo e tale da non escludere successivi accertamenti del giudice, anche relativi all'inadempimento dell'obbligo di irrogare le sanzioni e alle sue conseguenze, che, se si tratta di funzionari pubblici, potrebbero essere non soltanto civili. Suppiej ritiene che, l'esercizio del potere disciplinare per sciopero illegittimo sia validamente regolabile nei contratti e negli accordi previsti dall'art. 2° co., della l. 146. Ma ciò tenendo presente, da un lato, che dovrà essere incluso l'intero ventaglio delle sanzioni previste dal quarto comma dell'art. 7 St. lav., compresa la sospensione per dieci giorni dal lavoro e dalla retribuzione, posto che l'art. 4, primo comma, l. n. 146, escludendo soltanto le misure estintive del rapporto e quelle che comportino mutamenti definitivi dello stesso, e richiamando il principio di

proporzionalità alla gravità dell'infrazione, esige appunto che, per i casi più gravi, sia irrogabile la sanzione più grave prevista dalla legge. D'altro lato, che anche questo aspetto degli accordi sindacali sullo sciopero nei servizi pubblici è soggetto al controllo della Commissione di garanzia, dovendosi considerare operante solo la regolamentazione del potere disciplinare contenuta in accordi valutati idonei dalla Commissione.

La l. n. 83/'00217 ha cercato di risolvere la sanzionabilità dei comportamenti imputabili

ai soggetti promotori degli scioperi cui non sia possibile applicare la principale sanzione patrimoniale consistente nella sospensione dei permessi e della ritenuta dei contributi sindacali, nel tentativo di colmare un'evidente lacuna della precedente disciplina, che lasciava sostanzialmente immuni da censure, ed impunite, le violazioni dei soggetti collettivi di minore consistenza, promotori di astensioni illecite. L'art. 4-bis, ha cercato di porre rimedio alle iniquità del precedente regime afflittivo, autorizzando la Commissione di garanzia, di deliberare, in via sostitutiva, a carico di coloro che rispondono legalmente per l'organizzazione responsabile, una sanzione amministrativa pecuniaria da irrogarsi con ordinanza- ingiunzione della Direzione provinciale del lavoro. In questo caso, la sanzione viene determinata dalla Commissione tenendo conto degli stessi criteri previsti per le altre analoghe misure, quali la consistenza associativa, la gravità della violazione, l'eventuale recidiva, nonché la gravità degli effetti dello sciopero sul servizio pubblico; come pure a tale ipotesi l'art. 4, co. 4-ter, estende la possibilità del raddoppio nel massimo della pena pecuniaria qualora risulti violata una delibera di invito della Commissione di garanzia, secondo la tipologia indicata nell'art. 13, lett. c), d), e), h). Nonostante la disposizione contenuta nell'art. 4, co. 4-bis, non

217 F. Santoni, “Rappresentatività sindacale e conflitto nei servizi pubblici essenziali”, in RIDL, I, '04, pp. 346 ss

sembra tuttavia risolto il problema dell'accertamento delle responsabilità per i comportamenti tenuti da coalizioni spontanee di lavoratori, poiché la norma prevede l'applicabilità della sanzione sostitutiva solo a carico di «coloro che rispondono legalmente per l'organizzazione sindacale responsabile«. Con la conseguenza che tale sanzione non investe qualunque organismo abilitato a proclamare lo sciopero, ma solo a quelli dotati di stabile organizzazione e soggettività, intesa come capacitò sia pur limitata di essere centri di attribuzione di rapporti giuridici.

La specifica imputazione evidenziata nella norma consente invece di operare una distinzione, in precedenza controversa, tra chi abbia effettivamente proclamato l'astensione illegittima e chi vi abbia semplicemente aderito. Non a caso, in passato, si era posto il problema, di stabilire la distribuzione delle responsabilità nei confronti delle strutture periferiche dell'organizzazione proclamante e, dall'altro lato, quello della rilevanza di eventuali comportamenti adesivi tenuti da altri e distinti soggetti sindacali. Così, mentre le conseguenze dell'illecita proclamazione erano imputabili alle istanze sindacali responsabili della violazione ed eventualmente alle strutture periferiche che vi avessero aderito, l'accertamento di responsabilità da parte di organizzazioni estranee alla proclamazione presupponeva la valutazione, non sempre agevole, di iniziative strumentali quali atti adesivi, comportamenti concludenti, atteggiamenti di solidarietà e di condivisione dei motivi della protesta. In tali casi permanevano dubbi sul coinvolgimento di fatto di sigle sindacali che avessero lasciato liberi i propri iscritti di partecipare allo sciopero non manifestando espressamente una conclamata dissociazione e, allo stesso modo, sulla loro concreta responsabilità nell'ipotesi in cui gruppi spontanei di lavoratori avessero scioperato in aperto dissenso con l'associazione di appartenenza. Tuttavia, nonostante il chiarimento normativo sull'imputabilità delle condotte,

sussistono dubbi sull'accertamento degli illeciti da parte dei gruppi minori, poiché la valutazione di illiceità implica chiaramente indagini di fatto nell'ambito del procedimento istruito dalla Commissione di garanzia che, nel rispetto del principio di difesa e del contraddittorio, si concreta in una contestazione specifica dei fatti addebitati, nel diritto delle parti interessate di esaminare atti e di presentare memorie, nella possibilità di chiedere di essere «sentite«. La legge ha previsto, del resto, che l'apertura del procedimento venga «notificata« ai soggetti interessati, per renderli edotti del fatto addebitato, dell'epoca in cui è stato commesso, delle regole violate. Pertanto ove manchi, o non sia possibile, l'individuazione di «coloro che rispondono legalmente per l'organizzazione sindacale responsabile«, non sembra possibile l'apertura del procedimento sanzionatorio legalmente tipizzato, con una evidente situazione di favore per i soggetti sindacali del tutto sprovvisti di elementi organizzativi che ne connotino l'identità. Nè potrebbe darsi soluzione alla paventata questione attraverso l'applicazione del vincolo di solidarietà, previsto nell'art. 4, 4° co., per i singoli lavoratori autonomi professionisti e piccoli imprenditori, assoggettati alla sanzione «in solido« con le organizzazioni che ne curano gli interessi.

A parte il più generale rilievo che la disposizione non può essere estesa analogicamente ad altre ipotesi diversamente regolate, sono state sollevate perplessità sulla natura del vincolo di solidarietà contemplato dalla norma. Mentre neppure potrebbe prospettarsi il pur possibile rinvio all'art. 2055 c.c., che regola la solidarietà nelle obbligazioni da illecito, qualora ci si trovi di fronte a più soggetti responsabili tra loro indipendenti218. Fattispecie pure che, in astratto potrebbe ricomprendere il comportamento di una pluralità di agenti che abbiano posto in essere la manifestazione censurata, tenuto conto

della mancata individuazione di tutti i soggetti partecipi. Ipotesi che pure, a ben considerare, finisce con il ridurre la portata degli effetti sanzionatori, e della relativa obbligazione pecuniaria, ai soli soggetti individuati come responsabili, o nei cui confronti sia stata emessa la notificazione del procedimento sanzionatorio e la relativa ingiunzione di pagamento. In definitiva, al riconoscimento della sanzionabilità dei soggetti sindacali cui non sia applicabile la sanzione patrimoniale generale ma, in via sostitutiva, quella amministrativa, si affianca inevitabilmente una zona di impunità, sottratta al potere sanzionatorio della Commissione di garanzia e che ripropone la questione dell'accertamento della responsabilità delle coalizioni minori o dei gruppi spontanei, abilitati a proclamare lo sciopero senza rischiare alcuna sanzione ove commettano violazioni della legge. E' pur vero che in tali situazioni potrebbe affermarsi la sanzionabilità dei comportamenti direttamente in capo ai singoli lavoratori, prescindendo dalla impunibilità dell'illecito alle coalizioni in cui afferiscono, ma si tratta in questo caso di una valutazione che, pur effettuabile dalla Commissione con una specifica segnalazione, viene rimessa al datore di lavoro, nei cui confronti si pone la questione della doverosità dell'applicazione delle sanzioni, ovvero della sola apertura del procedimento disciplinare, che non consente tuttavia di superare i rilevati limiti del regime afflittivo nei confronti di soggetti privi di rappresentatività o di adeguate strutture identificative. Si perpetua così, pure dopo la novella della l. n. 83/'00, non solo la disparità di trattamento fra sindacati, ma lo stesso interrogativo di fondo sulle disfunzioni della rappresentanza nei conflitti che si svolgono nell'ambito dei servizi pubblici essenziali. In particolare, in questo ordine di idee, il codice disciplinare deve recepire il contenuto del contratto o accordo collettivo o del regolamento di servizio di cui al co. 2° dell'art. 2 della l. n. 146/'90 e deve essere affisso in luogo accessibile a tutti,

pena la sospensione del potere disciplinare e la conseguente nullità o inesistenza della sanzione eventualmente irrogata.