• Non ci sono risultati.

Le sanzioni nei confronti dei lavoratori

Le sanzioni disciplinari205 sono irrogabili ogniqualvolta i lavoratori si astengono dal lavoro in violazione delle norme dirette a garantire le finalità della legge, dell'obbligo di

204 Art. 13, lett. a), L. n. 146/'90, modificato e integrato dalla L. n. 83/'00

205 Antonella Giuffrè, “L'apparato sanzionatorio”, in “Sciopero e servizi pubblici essenziali, commento alla legge n. 146/1990, modificata e integrata dalla legge n. 83/2000” a cura di Maurizio Ricci, pp.173 ss

preavviso e del nuovo obbligo di informativa, nonché quando si rifiutino di fornire le prestazioni indispensabili206 o di esercitare la propria attività in esecuzione degli accordi

sulle stesse207. L'art. 2, co. 1°, della l. n. 146/'90, modificato dalla l. n. 83/'00, introduce l'obbligo di comunicare, per iscritto e nel termine del preavviso, vari dati (durata, modalità di attuazione e motivazioni dell'astensione) alle amministrazioni e imprese che erogano il servizio nonché all'ufficio costituito presso l'autorità competente a irrogare l'ordinanza di precettazione, che a sua volta li trasmetterà alla Commissione di garanzia. Il riferimento ai «soggetti che proclamano lo sciopero« riprende un'espressione alquanto generica e già presente nella vecchia legge208, per indicare le formazioni sanzionate con l'esclusione dalle trattative, rispetto alla quale la Commissione di garanzia ha avuto in passato modo di sottolineare l'estraneità dei «singoli scioperanti o gruppi di scioperanti209«.

La soppressione delle parole «primo periodo« dalla norma, ad opera della l. n. 83, indica, però, in modo inequivocabile la volontà del legislatore di operare un collegamento tra le misure disciplinari e i soggetti in questione, anche se, poco dopo, lo stesso comma210 viene richiamato con riguardo alle sanzioni nei confronti dei soggetti sindacali. Premesso che nel nostro ordinamento non ci sono norme che limitino solo ai soggetti collettivi la titolarità della proclamazione e lasciando da parte l'opportunità di attribuire all'espressione, nello stesso testo legislativo, significati differenti, la formulazione adottata può destare alcune perplessità. In primo luogo, sembra potersi escludere che in tal modo il legislatore intenda punire tutti i lavoratori aderenti a un'astensione per la quale le organizzazioni sindacali non abbiano rispettato le

206 Art. 2, co. 1°, per intero, e 3, L. n. 1467'90, modificato e integrato dalla L. n. 83/'00 207 Art. 2, co. 2°, L. n. 146/'90, modificato e integrato dalla L. n. 83/'00

208 Art. 4, co. 3°, L. n. 146/'90, abrogato dalla L. n. 83/'00

209 Commissione di garanzia, delibera 6 novembre 1990, in RGL, '91, p. 539 210 Art. 2, co. 1°, L. n. 146/'90, modificato e integrato dalla L. n. 83/'00

prescrizioni previste: la norma, infatti, si riferisce ai soggetti proclamanti e non semplicemente aderenti a uno sciopero. Forse, la legge cerca di sanare la lacuna, da alcuni ravvisata nel precedente testo, che non colpiva i dirigenti sindacali, nei fatti, i veri registi dell'azione, che ora potrebbero identificarsi nei «soggetti« sanzionati a livello disciplinare. In tal modo, in caso di inosservanza, il sindacato sarebbe punibile ex art. 4, co. 2° e i suoi dirigenti lo sarebbero ex co. 1°. Durante la vigenza dell'originaria l. n. 146, è stata evidenziata l'estraneità al suo apparato sanzionatorio dei gruppi spontanei privi di un'organizzazione stabile, da alcuni, invece, ricondotti tra i «soggetti« esclusi dalle trattative o punibili a titolo individuale tramite sanzioni disciplinari, o infine, soggetti alla sanzione risarcitoria di diritto comune. Nel nuovo testo, il legislatore potrebbe aver cercato di risolvere questo contrasto interpretativo e, dopo aver riferito il nuovo comma sulle sanzioni collettive alle sole organizzazioni di lavoratori in qualche modo dotate di stabilità, aver optato definitivamente per l'adozione di sanzioni disciplinari nei confronti di tutte le formazioni che, prive di ogni riconoscimento e non ammesse al tavolo delle trattative, non per questo risultano meno pericolose, ove supportate da un certo seguito. Con l'entrata in vigore della l. n. 83/'00, la Commissione di garanzia si è vista riconosciuta «una poco comprensibile potestà sanzionatoria« nei confronti degli stessi lavoratori, fermo restando che le sanzioni deliberate dovranno poi essere applicate – in virtù di un automatismo vincolato che toglie ogni spazio alla discrezionalità – dai datori di lavoro, pena l'applicabilità nei loro confronti delle pesanti sanzioni amministrative. Quello della valutazione dei comportamenti e dell'apertura di procedimenti in sede contenziosa ( caratterizzati, cioè, dalla contestazione dell'addebito, dall'istruttoria in contraddittorio e dall'eventuale decisione irrogativa di sanzioni) è certamente il nodo cruciale attorno al quale si addensano i più rilevanti dubbi di portata

più propriamente sistematica.

A tal, punto si sovrappongono, infatti, attribuzioni di natura regolamentare, amministrativa e para-giurisdizionale, da porre in forse che la disciplina sia davvero in linea con i principi fondamentali della tripartizione dei poteri e di responsabilità politica. In realtà, si tratta pur sempre di un'attività amministrativa, volta, a risolvere un conflitto tra (interessi elevati al rango di) diritti costituzionali.

Tali attribuzioni vengono compiute a favore di soggetti che sono collocati all'esterno degli apparati amministrativi ministeriali, dal momento che, accanto alla tecnicità delle materie, risalta l'esigenza di sottrarre a ogni possibile condizionamento derivante dall'esercizio del potere politico, proprio quei soggetti cui istituzionalmente si confida la sottoposizione a controllo pubblico di attività suscettibili di recare pregiudizio a diritti costituzionalmente rilevanti. Indipendenza211, dunque, in funzione di garanzia, pur se

non può negarsi che il dialogo con le autorità politiche – per quanto svolto in condizioni di parità e non subordinazione – configura un concorso della nostra Autorità amministrativa indipendente anche all'adozione di scelte di indirizzo politico: e non soltanto, sol che si pensi ai più specifici poteri di segnalazione ove ricorrono i presupposti per l'emanazione d'una ordinanza di precettazione. Un'attività amministrativa in forma contenziosa, esercitata in contraddittorio, il cui esito finale, teso a eliminare il comportamento in se stesso, - come la più materiale turbativa degli interessi e dei diritti presidiati, non sfugge, - al pari di altri atti o provvedimenti della medesima Autorità, quali quelli di concreta gestione degli interessi o addirittura di regolamentazione - alla tutela giurisdizionale. Ai sensi dell'art. 13, co. 1°, lett. i), a cui peraltro si fa rinvio, la Commissione valuta il comportamento delle parti e delibera le

211 G. Ghezzi, “La commissione di garanzia tra politiche di prevenzione e poteri sanzionatori: spunti per la riflessione”, in R.G.L, '03, p.501

sanzioni previste dall'art. 4 e, per quanto disposto dal co. 1° dell'art. 4, prescrive al datore di lavoro di applicare le sanzioni disciplinari. Inoltre, la Commissione, terminata la fase istruttoria, può prescrivere al datore di lavoro di applicare le sanzioni disciplinari; e ciò a seguito della delibera di indirizzo n. 03/32, assunta dalla Commissione Martone il 13 febbraio 2003, in base al quale la sola fase prescrittiva può dar luogo a un procedimento autonomo e chiudersi con un atto tipico. Nell'ipotesi212 in cui il procedimento abbia carattere sanzionatorio e si concluda con una delibera di valutazione negativa del comportamento delle parti, il potere della Commissione si deve muovere nel rispetto di precisi parametri legislativamente prestabiliti: in primo luogo, in relazione al tipo di sanzioni applicabili. La legge individua in modo tassativo i tipi di sanzione che possono essere deliberati, legandoli alla specificità dei soggetti nei cui confronti sono indirizzati (sospensione dai permessi sindacali retribuiti, ovvero dai contributi sindacali comunque trattenuti dalla retribuzione, ovvero sanzione amministrativa pecuniaria). In secondo luogo, in relazione al quantum: la legge stabilisce che le sanzioni siano ricomprese fra un importo minimo pari a 5 milioni e un importo massimo pari a 50 milioni delle vecchie lire. In terzo luogo, in relazione ai criteri da adottare per muoversi fra il minimo e il massimo di ciascuna sanzione: la Commissione dovrà tenere conto della gravità della violazione, dell'eventuale recidiva, dell'incidenza di essa sull'insorgenza o sull'aggravamento di conflitti e del pregiudizio eventualmente arrecato agli utenti, nonché, se il soggetto nei cui confronti la sanzione è rivolta sia una organizzazione sindacale, della consistenza associativa. La caratteristica dell'atto di valutazione negativa del comportamento dei soggetti proclamanti sia, per quanto più in particolare concerne i singoli prestatori di lavoro, è quella di avere un

duplice contenuto: da un lato, la Commissione delibera sanzioni di cui all'art. 4 e, dall'altro prescrive al datore di lavoro, per quanto disposto dall'art. 4, 1° co., di applicare sanzioni disciplinari. Sebbene la legge possa sembrare chiara nell'attribuire alla delibera sanzionatoria duplice contenuto, già la Commissione Giugni si era sentita in dovere di spiegare il rapporto intercorrente fra delibera di valutazione negativa del comportamento delle organizzazioni sindacali proclamanti e esercizio del potere disciplinare da parte del datore di lavoro.

Secondo la Commissione Giugni, infatti, ai fini dell'applicazione delle sanzioni disciplinari, la sanzionabilità dei comportamenti individuali, conseguenti e coerenti alle modalità di esercizio dello sciopero predeterminate nella proclamazione sindacale, era subordinata alla valutazione negativa del comportamento dell'organizzazione sindacale proclamante. Ove la Commissione di garanzia avesse formulato la valutazione negativa del comportamento dell'organizzazione sindacale proclamante, e il comportamento individuale fosse sanzionabile in quanto attuativo di modalità illegittime di esercizio dello sciopero, l'applicazione della sanzione disciplinare da parte del datore di lavoro sarebbe stata doverosa, a norma degli artt. 4, 1° co., e 4- sexies, e 13, 1° co., lett. i), l. n. 146/'90, come modificata dalla l. n. 83/'00. Ove si fosse trattato , invece, di valutazione di comportamenti individuali la cui illegittimità prescindesse dalla correttezza o no del comportamento delle organizzazioni proclamanti, configurandosi un illecito disciplinare per violazione di altre e differenti regole vigenti in materia di esercizio legittimo del diritto di sciopero, tale valutazione non sarebbe stata subordinata alla valutazione del comportamento dell'organizzazione sindacale da parte della Commissione di garanzia, «salva tuttavia l'opportunità che – ove sullo sciopero di cui si tratta sia stato aperto dalla Commissione un procedimento – l'applicazione delle sanzioni individuali sia sospesa

fino alla pronuncia della Commissione. Anche questo orientamento è stato innovato, almeno in parte dalla Commissione Martone. In primo luogo i commissari, dando un'interpretazione letterale dell'art. 4, 1° co., della l. n. 146/'90, richiamato dall'art. 13, 1° co., lett. i), hanno ritenuto che i comportamenti dei lavoratori «censurabili« siano non solo quelli dell'art. 2, 1° e 3° co., della l. n. 146/'90, ossia la violazione degli obblighi di legge ( preavviso, durata ed erogazione delle prestazioni indispensabili), ma anche quelli derivanti dal mancato rispetto delle regole da parte delle organizzazioni sindacali proclamanti secondo quanto previsto dall'art. 2, 2° co. della l. n. 146/'90 (mancato rispetto delle procedure di raffreddamento, delle regole sulla rarefazione ecc.).

Tale posizione non ha mancato di suscitare perplessità all'interno della stessa Commissione, mettendosi in evidenza come, essendo quest'ultime regole di difficile applicazione, si finisca per sottoporre i lavoratori aderenti ad uno sciopero illegittimo ad una sorta di responsabilità oggettiva. Non è detto, infatti, che i singoli aderenti allo sciopero siano in grado di conoscere la legittimità o no dello stesso, non solo a causa della difficile applicazione pratica di alcune regole ma, altresì, in quanto ai fini della delibera di prescrizione non è necessario che l'illegittimità dello sciopero sia stata segnalata mediante un intervento della Commissione in via preventiva. In secondo luogo, nella diversa ipotesi in cui la condotta illegittima sia propria del singolo lavoratore che non effettui le prestazioni indispensabili richieste, la Commissione ha stabilito che le sanzioni disciplinari sono irrogate dal datore di lavoro, all'esito del procedimento disciplinare, ma senza la necessità di attendere una valutazione della Commissione. In questo ambito, dunque, viene a cadere qualsiasi tipo di coordinamento fra un'eventuale valutazione negativa della Commissione del comportamento dei soggetti proclamanti, magari corredata dalla prescrizione al datore di lavoro di aprire un

procedimento disciplinare, e l'applicazione della sanzione in via autonoma da parte del datore stesso per comportamenti inadempienti del prestatore di lavoro. D'altra parte, il datore di lavoro può procedere all'irrogazione delle sanzioni disciplinari, senza attendere l'esito del procedimento di valutazione della Commissione di garanzia, ogniqualvolta il singolo lavoratore non esegua le prestazioni indispensabili richieste. D'altra parte, deve considerarsi antisindacale il comportamento aziendale concretizzandosi nel sanzionare il mancato esaurimento – nei tempi ordinariamente previsti – dell'arretrato fisiologicamente dovuto all'astensione lavorativa per adesione al giorno dello sciopero. Viceversa, nel caso in cui un accordo collettivo contenga una disposizione che obblighi il dipendente a sostituire, oltre la sua prestazione contrattuale già determinata, in quota parte oraria, un collega assente, remunerandolo con una quota di retribuzione inferiore alla maggiorazione per lavoro straordinario, la relativa astensione collettiva da tale prestazione non attiene al legittimo esercizio del diritto di sciopero, ma costituisce inadempimento parziale degli obblighi contrattuali, sicchè non sono di per sé illegittime le sanzioni disciplinari irrogate dal datore ai dipendenti che hanno rifiutato la prestazione aggiuntiva loro richiesta e il comportamento datoriale non è antisindacale.