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Soggetti e modalità

5. La prevenzione del conflitto

5.1 Soggetti e modalità

Le procedure previste nelle diverse discipline sono assai diverse tra loro. Da un lato si pongono quelle che, presupponendo una fase di raffreddamento rinviata ai contratti collettivi nazionali, regolano un vero e proprio tentativo di conciliazione presso un mediatore pubblico che varia a seconda del livello del conflitto. Dall'altro165 si collocano le procedure, articolate in due o tre fasi che tengono conto della dimensione del conflitto, ma tutte tra le parti contrapposte a diversi livelli, solo talvolta prevedendosi l'alternativa tra l'ultima fase e la procedura amministrativa di legge. La richiesta di avviamento delle procedure da parte del sindacato interessato deve essere scritta e dal ricevimento di tale richiesta scatta, secondo le varie discipline, un termine di pochi giorni per la convocazione, seguito da un altro termine per l'esaurimento della fase della procedura, che di solito oscilla da tre fino a una decina di giorni per le ultime fasi. L'omessa convocazione nel termine legittima il sindacato richiedente alla proclamazione dello sciopero, intendendosi le procedure come espletate. Per alcune discipline l'esito delle procedure va comunicato alla Commissione di garanzia e, comunque, se l'esito è negativo con conseguente libertà di proclamazione dello sciopero, nel relativo atto si deve indicare l'avvenuto espletamento delle procedure. Qualora la disciplina di settore riservi la titolarità a richiedere l'attivazione delle procedure a determinati organismi, ritenuti quelli più idonei a valutare una certa

165 Neppi Modena G., “Sciopero nei servizi pubblici, ordinamento corporativo e politica costituzionale”,

dimensione dell'interesse collettivo, l'iniziativa di questi condiziona, ovviamente per i soli sindacati stipulanti l'accordo, così autovincolatisi, la possibilità di proclamare lo sciopero, che deve essere preceduto, dall'esperimento delle procedure.

L'obbligo di esperimento delle procedure preventive differisce la proclamazione dallo sciopero, impedendo temporaneamente l'autotutela collettiva. Al fine di bilanciare la posizione delle parti contrapposte, nelle discipline di settore è solitamente previsto che nel periodo di svolgimento delle procedure siano sospese le iniziative unilaterali di entrambe le parti sulle materie oggetto della controversia. Tuttavia la Commissione di garanzia esclude dal divieto di azione diretta dell'azienda nelle more della procedura: l'esecuzione di provvedimenti adottati nei confronti di singoli lavoratori, come ad esempio il distacco, che pure possono costituire oggetto di conflitto collettivo; l'attuazione di modifiche organizzative imposte da disposizioni di legge; il mantenimento di atti già eseguiti prima della richiesta di attivazione delle procedure, specie se tale esecuzione è avvenuta ormai da qualche giorno; i casi di pretestuose attivazioni delle procedure al solo fine di ottenere la sospensione di atti datoriali; la permanenza di atti adottati in esecuzione di accordi sindacali.

5.2 Il periodo di validità

L'espletamento166 delle procedure preventive consente non una sola proclamazione di sciopero, ma anche ulteriori proclamazioni, purchè relative alla stessa vertenza e comprese entro un determinato periodo di tempo nel quale si ritiene, con valutazione tipica, che sarebbe inutile la reiterazione delle procedure. Alcune discipline di settore

166 A. Vallebona, “Le regole dello sciopero nei servizi pubblici essenziali, Giappichelli, '07, pag. 90 ss.

riferiscono il periodo di validità delle procedure ad ogni azione «successiva« o «ulteriore« alla prima.

Altre discipline, invece, lo riferiscono solo alla «seconda« iniziativa, così imponendo la reiterazione delle procedure prima un eventuale sciopero, non essendo consentita una diversa interpretazione, poiché per le discipline in esame il periodo di validità decorre dalla effettuazione del precedente sciopero, sicchè se riguardasse anche scioperi ulteriori al secondo ripartirebbe ogni volta senza mai scadere. L'esonero della procedura riguarda scioperi relativi alla stessa vertenza, mentre se la vertenza è diversa le procedure devono essere ovviamente esperite ex novo. I sindacati che aderiscono, senza alcuna modificazione, allo sciopero proclamato da altri beneficiano delle procedure già esperite dai proclamanti, anche se l'adesione riguarda uno sciopero successivo nell'ambito della medesima vertenza. Il periodo di validità delle procedure varia a seconda delle discipline, mentre laddove queste in proposito tacciano opera la delibera di indirizzo della Commissione di garanzia che, a fini di certezza, fissa un periodo di novanta giorni. Il periodo di validità decorre per alcune discipline dalla data di effettuazione del precedente sciopero, mentre per altre discipline e per l'orientamento della Commissione decorre dalla conclusione delle procedure o dalla scadenza del termine entro cui dovevano esaurirsi. Le franchigie non vengono computate nel termine. Se lo proclamato dopo il regolare espletamento delle procedure viene revocato, il periodo di validità delle procedure permane. Allo sciopero dello straordinario si applicano le stesse regole dello sciopero del lavoro ordinario anche per quanto concerne il periodo di validità delle procedure. La reiterazione delle procedure una volta decorso il periodo di validità non esclude che lo sciopero poi proclamato sia qualificato come azione successiva nell'ambito della stessa vertenza ai fini del relativo massimo di durata.

Le procedure di prevenzione167 del conflitto non sono rimesse alla libera, spontanea ed

eventuale iniziativa delle parti; esse costituiscono anche per i datori di lavoro un obbligo che deve essere eseguito nel rispetto dei termini e delle modalità disciplinate dalla legge e dall'accordo di settore. Nel caso di vertenza di rilievo locale la procedura di raffreddamento e conciliazione ai sensi dell'art. 2, co. 2°, della l. n. 146/'90, come modificata dalla l. n. 83/'00, deve svolgersi presso l'Ufficio Territoriale del Governo competente per territorio, anche nell'ipotesi in cui la direzione dell'azienda competente a trattare la vertenza abbia sede in altro luogo. La procedura di prevenzione si articola negli accordi e nelle provvisorie regolamentazioni in due fasi, la prima in sede «aziendale«, la seconda nella sede concordata tra le parti o, in alternativa, nella sede amministrativa prevista dall'art.2, co. 2°, l. n. 146. La L. n. 83/'00 ha attribuito alla Commissione di garanzia il compito di valutare l'idoneità e la violazione delle procedure di raffreddamento, superando l'orientamento della stessa Commissione, la quale aveva negato la possibilità di ricomprendere, nel corpo della disciplina delle prestazioni indispensabili, con valenza normativa generale ed agli effetti dell'applicazione della l. n. 146/'90, le procedure di raffreddamento con riguardo al rispetto e alla idoneità delle stesse; pur avendo ammesso la loro rilevanza in sede di «valutazione delle cause di insorgenza del conflitto«. La ratio delle procedure di prevenzione è quella di tentare la risoluzione in via conciliativa della controversia, evitando così la proclamazione dello sciopero, ove esista una ragionevole possibilità di comporre la vertenza delle parti, pertanto, nell'ipotesi di uno sciopero volto ad ottenere la modifica di una legge regionale non ha significato imporre il tentativo di

167 “Commentario Breve alle leggi sul lavoro”, a cura di Grandi-Pera-Tamajo-Mazzotta, Brevaria Iuris, p.1063

raffreddamento e conciliazione.

La Commissione ha altresì indicato, i periodi temporali, entro i quali, ai fini della proclamazione di uno sciopero, ha efficacia il preventivo espletamento delle diverse fasi della procedura di raffreddamento e di conciliazione, o la scadenza del termine entro il quale la medesima deve essere portata a compimento. Invero, negli accordi, codici e regolamentazioni provvisorie, in cui, non è predeterminato il periodo per il quale, ai fini della proclamazione dello sciopero, ha efficacia il preventivo espletamento delle diverse fasi della procedura di raffreddamento e di conciliazione, o la scadenza del termine entro il quale la medesima doveva essere portata a compimento, si intende, tale periodo, fissato in 90 giorni dalla conclusione della precedente procedura, o dalla scadenza del termine entro il quale la medesima doveva essere portata a compimento. Con riguardo all'individuazione del «dies a quo« e «dies ad quem« per il computo del termine di efficacia nel tempo delle procedure la Commissione ha assunto le seguenti linee di orientamento: per il dies a quo, occorre fare riferimento al termine entro il quale le stesse devono essere effettuate; nel caso di mancata determinazione nell'ambito delle normative di settore, ai fini del computo dei 90 giorni, si escludono i periodi di franchigia; il dies ad quem è quello della proclamazione dello sciopero e non quello della sua effettuazione.

5.3 L'obbligo a trattare

Gli interpreti concordano nel ritenere che l'art.2, co. 2°, della l. n. 146/'90 configuri un vero e proprio obbligo a trattare a carico sia del datore di lavoro sia delle organizzazioni sindacali, assoggettato alle clausole generali di cui all'art. 1337 c.c. e

1175 c.c. che impongono alle parti di comportarsi, nello svolgimento delle trattative e nella formazione ed esecuzione del contratto, secondo le regole della correttezza e buona fede. Di notevole rilievo è la sentenza del '92168 che ha ad oggetto l'obbligo in questione: « Costituisce condotta antisindacale la prassi delle trattative a tavoli separati adottata dall’amministrazione nei confronti di una delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative indicate dalla l. 23 marzo 1983 n. 93, poiché il trattamento differenziato, in assenza di comprovati motivi atti a giustificarlo, costituisce trattamento discriminatorio lesivo sia dei diritti inviolabili dell’uomo nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, sia dei principi costituzionali di uguaglianza sostanziale e di libertà sindacale, e censurabile altresì alla stregua dei principi di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione«.

L'obbligo a trattare ha posto sin dall'inizio il problema dell'ammissione delle trattative, che ha indotto le organizzazioni sindacali non ammesse a reagire con la proposizione del ricorso per condotta antisindacale ex art. 28 Sta. Lav. Il legislatore della l. n. 146/'90 si è limitato a costituire un obbligo a trattare per la definizione delle prestazioni indispensabili senza, peraltro, indicare i soggetti ai quali va riconosciuta la capacità

contrattuale. Il dettato legislativo ammette, tuttavia, anche la possibilità di accordi stipulati da una minoranza. Di fronte ad accordi non unanimi, a causa dell'esclusione di

taluna organizzazione sindacale dalle trattative, la Commissione ha affermato che, essendo tenuta a norma dell'art. 2, co. 4°, l. n. 146/'90 a formulare il giudizio di idoneità sulle discipline pattizie che le vengono sottoposte, essa esprime tale giudizio indipendentemente - sia pure entro i limiti della ragionevolezza – dell'ampiezza dei consensi che su di esse si sia formato.

Ad avviso della Commissione dunque, il mancato concorso alla formazione dell'accordo di taluna organizzazione sindacale non impedisce che l'accordo sia valutato idoneo, giacchè la valutazione riguarda esclusivamente il contenuto e non le vicende della formazione dell'accordo. Da un'accurata analisi sull'attività svolta dalla Commissione di garanzia, possiamo notare che le prime sedute, sono state dedicate a delineare169 il proprio assetto complessivo con particolare riguardo all'individuazione dei poteri «finali« (dalla valutazione della idoneità delle prestazioni di volta in volta rese, al lodo sul conflitto, all'indicazione di referendum) e «strumentali« (dall'acquisizione delle varie determinazioni pattizie, regolamenti di servizio e regole di condotta). La Commissione ha voluto determinare un vero e proprio codice comportamentale attraverso l'adozione di un regolamento che stabilisce le modalità di organizzazione e di funzionamento: dal quorum minimo per la validità delle sedute ai criteri di maggioranza richiesti per l'adozione delle delibere alla disciplina delle attività di verbalizzazione e di quelle preparatorie e istruttorie, deliberando, inoltre, di lavorare anche per sottocommissioni. La Commissione dopo una fase meramente logistica e di auto- organizzazione, «ha avviato la definizione di orientamenti generali sia interpretativi che applicativi nelle procedure di valutazione dei comportamenti dei soggetti che proclamano lo sciopero o vi aderiscono; parallelamente ha formulato indicazioni circa il ruolo attivo da assumere per favorire il raggiungimento di intese tra le parti sulle modalità di sciopero oltre alle prestazioni minime«.

La Commissione, nell'insieme dei vari documenti, mostra di prediligere un sistema di proporzionalità delle limitazioni, nel senso che la garanzia dei diritti degli utenti va realizzata ponendo in essere il sacrificio minimo indispensabile del diritto di sciopero.

D'altro canto tale contemperamento tra diritti può dipendere da una serie di variabili, quali le caratteristiche dello sciopero, la sua durata o la sua diversa limitazione in relazione al servizio pubblico ove questo viene attuato, elementi, questi, che evidenziano come la concreta definizione di «prestazione indispensabile« non possa essere validamente effettuata se non in sede locale-aziendale sia pure nel quadro di «guidelines nazionali«.

Entro i limiti della ragionevolezza – afferma la Commissione – l'idoneità non ha a che

fare né con la rappresentatività né con la rappresentanza di chi stipula. I garanti

hanno, altresì, precisato che, per quanto la l. n. 146/'90 non abbia imposto alla parte datoriale di negoziare con tutte le organizzazioni sindacali che ne facciano richiesta, «l'interesse170 collettivo tanto dei lavoratori quanto degli utenti rende preferibili quegli accordi che, per l'ampiezza del concorso sindacale, hanno una larga base d'intesa« Premesso che un accordo non unanime può essere valutato idoneo, la Commissione aggiunge che la disciplina delle prestazioni indispensabili valutata positivamente è quella destinata ad essere trasfusa nel regolamento di servizio, dotato di efficacia generale; le organizzazioni sindacali escluse ed i lavoratori da esse rappresentati si troveranno così obbligati al rispetto delle regole alla cui definizione non hanno partecipato. Secondo i Garanti, nel sistema della l. n. 146/'90, i livelli minimi individuati dagli accordi sulle prestazioni indispensabili valutati idonei, dovendo essere unitari per ogni servizio, sono destinati ad applicarsi anche ad organizzazioni sindacali che non abbiano sottoscritto gli accordi predetti.

Secondo l'orientamento prevalente della giurisprudenza non costituisce condotta antisindacale il mancato raggiungimento dell'accordo, ove risulti una disponibilità di

massima del datore di lavoro alle trattative e il mancato raccordo sia dovuto ad oggettive difficoltà di individuazione della soglia minima di prestazioni indispensabili da assicurare in caso di sciopero. Sulle modalità di esercizio del potere datoriale di determinazione dei lavoratori tenuti ad assicurare i servizi minimi si è espresso il giudice di legittimità, qualificando come condotta antisindacale il comportamento dell'amministrazione ospedaliera che, in violazione delle disposizioni degli accordi attuativi della l. n. 146/'90, non comunichi ai sindacati, entro il termine pattuito di cinque giorni prima dello sciopero171, i nomi, recepiti dall'amministrazione, dei lavoratori che si siano offerti di garantire le prestazioni indispensabili. Tuttavia, ad avviso della Commissione le modifiche introdotte dalla l. n. 83/'00 hanno determinato la obbligatorietà delle procedure di raffreddamento e conciliazione previste dagli accordi o dalle provvisorie regolamentazioni, preventive rispetto alla proclamazione degli scioperi. Pertanto, la violazione delle procedure da parte del datore di lavoro, diviene di conseguenza valutabile dalla Commissione ai fini di applicazione della sanzione di cui all'art. 4, co. 4°, come violazione di obblighi imposti dalla legge, ove tali procedure siano inserite in un accordo valutato idoneo. A seguito di tale valutazione di idoneità, infatti, le clausole relative alle procedure di raffreddamento e conciliazione acquistano forza di regole vincolanti secondo la legge, e perciò sono rilevanti anche al di fuori dei rapporti obbligatori tra le parti.

Capitolo 3

Le Sanzioni

1. Osservazioni generali

L'articolo 4 della l. '90/146, che ha introdotto una variegata tipologia di sanzioni, è dotato di una forte carica innovativa, voluta dal legislatore a maggiore garanzia dell'osservanza delle disposizioni in materia di regolamentazione dello sciopero. D'altro canto, pur se presenti ed operanti172 nel nostro ordinamento, le forme, anche puntuali, di

regolamentazione dello sciopero nei servizi pubblici essenziali, risultavano però sguarnite sotto il profilo sanzionatorio. Eccezion fatta per alcuni settori particolari in cui la materia è regolata per legge, ad esempio con il riferimento alla L. 13.2.1964, n. 185 in materia di esercizio del diritto di sciopero nel settore nucleare , che punisce con l'arresto fino ad un anno l'abbandono ingiustificato del posto di lavoro.

La disciplina sindacale, sia essa di origine bilaterale o unilaterale, appare infatti da questo punto di vista fortemente carente. La sua limitata efficacia soggettiva; la scarsa vincolatività dovuto alla inidoneità degli ordinari rimedi in materia di responsabilità contrattuale a fungere da adeguato deterrente; e infine, la rilevanza esclusivamente intersindacale delle sanzioni collegate alla violazione dei codici di

172 Art. 4 ,Romei, in Rusciano- Santoro Passarelli, a cura di “Lo sciopero nei servizi pubblici essenziali”. Commentario alla legge 12 giugno 1990, n. 146”, pp. 50-51

autoregolamentazione, rappresentano altrettanti ostacoli alla creazione di un efficace sistema sanzionatorio. Sotto altro profilo poi, il principio della titolarità individuale del diritto di sciopero costituisce un ostacolo non indifferente ove si intenda far reagire siffatte forme di regolamentazione sul piano del rapporto individuale.

Sembra perciò difficilmente ipotizzabile che i singoli, siano o non iscritti al sindacato stipulante, incorrano in una qualsiasi forma di responsabilità – civile, amministrativa o disciplinare – per il solo fatto di una loro astensione dal lavoro effettuata in dispregio della regolamentazione sindacale. Ed anche l'adozione nei loro confronti di sanzioni interne, appare essere un'evenienza più teorica che altro, essendo la loro irrogazione rimessa alla discrezionalità delle associazioni sindacali, né essendo in alcuna maniera coercibile. Si tratta naturalmente di un apparato coercitivo che si muove nell'esclusivo ambito dell'ordinamento statale, e per il quale si pone quindi il problema cumulo con le sanzioni che i codici di autoregolamentazione, ove siano adottati, debbono obbligatoriamente prevedere ai sensi del primo comma dell'art. 2 della legge. Il legislatore, peraltro, sembra prefigurare per questi ultimi un ruolo marginale nella cornice delle fonti cui è demandata la specificazione dei limiti al diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali. Ispirato173 a «una sorte di principio di legalità174« il sistema

è stato «opportunamente« indirizzato non solo ai lavoratori ma anche alle organizzazioni sindacali e agli enti eroganti i servizi essenziali; caratteristica, questa, ricondotta, oltre che a ragioni di simmetria, al tentativo di affermare «una nuova cultura del conflitto nei servizi essenziali175« per condurlo sul piano della responsabilità.

173 Antonella Giuffrè, “L'apparato sanzionatorio”, in “Sciopero e servizi pubblici essenziali, commento alla legge n. 146/1990, modificata e integrata dalla legge n. 83/2000” a cura di Maurizio Ricci, p.168

174 De Luca M., “La legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali: prime riflessioni!, in DL, p.48

Durante i lavori preparatori, l'ambito delle sanzioni è stato quello dove si sono riscontrate le maggiori difficoltà ed esso è stato giudicato «assai articolato176«, ma

anche «assai debole«, per l'insito rischio di scarsa effettività, in mancanza di un ampio consenso da parte dell'opinione pubblica e dei destinatari. Le sanzioni - «una delle innovazioni più significative« della legge del 1990 – sono state definite «primarie«, in quanto riguardanti violazioni «immediate« , in contrapposizione con quelle per inosservanza dell'ordinanza di precettazione. I giudizi su tale parte della legge sono stati subito contrastanti; mentre alcuni l'hanno ritenuta inadeguata, complicata177, sconnessa, «estremamente lieve e incongrua rispetto alle esigenze di tutela degli interessi in gioco178«, ancora, «lungi dall'essere perfetta, altri ne hanno sottolineato la portata fortemente innovativa, nonché l'importanza quale «attuazione del principio costituzionale di solidarietà179«.

A seguito della prima fase applicativa, anche alla luce del referendum180 abrogativo, il tratto maggiormente caratterizzante l'apparato sanzionatorio è parso la generale tendenza verso un suo uso «al ribasso«, contro quello «al rialzo« della precettazione, chiaro sintomo del mancato raggiungimento dello scopo principale perseguito dal legislatore di dissuadere dallo sciopero, prima di punirne l'esercizio. Tale sistema sanzionatorio è risultato poi fortemente rafforzato dall'entrata in vigore della l. n. 83/2000, che ha modificato ed integrato la l. n. 146 del 1990; infatti, «all'interno dell'impianto legale riformato, il tema delle sanzioni assume una dimensione centrale« e l'art. 4, contenente «il fulcro della disciplina sanzionatoria«, è stato pesantemente

176 Carinci F., «Prime riflessioni sul disegno di legge per la regolamentazione dello sciopero«, in LI, p. 978

177 Giugni, “Lo sciopero nei servizi pubblici essenziali : problemi di diritto transitorio”, in LD, p.138

178 Suppiej, “Realismo e utopia nella legge sullo sciopero nei servizi pubblici”, in RIDL, I, p.203 179 Vallebona, “Le sanzioni”, in QDLRI, 12, p.33

180 Il referendum indetto con d.p.r. 5 aprile 1995 ha comportato l'abrogazione dei co. 2 e 3 dell'art. 26, L. n. 300/1970

rivisitato.