7. I comportamenti sanzionabili delle organizzazioni sindacali
7.1 Le sanzioni applicabili alle organizzazioni sindacali
Le misure repressive utilizzabili nei confronti del sindacato non sono comparabili con le sanzioni disciplinari applicabili ai lavoratori. Queste infatti trovano il loro specifico presupposto nell'esistenza del rapporto di lavoro e si correlano all'esercizio del potere disciplinare attribuito dall'art. 2106 c.c. al datore di lavoro, con conseguente applicazione delle garanzie procedimentali di cui all'art. 7 St. lav., almeno nel periodo di riferimento anteriore all'entrata in vigore della disciplina di riforma di cui alla l. n. 83 del 2000, è sempre la Commissione di garanzia a deliberare le sanzioni o a prescrivere al datore di lavoro di applicare le sanzioni disciplinari. Per le sanzioni collettive viene invece in rilievo un'esigenza di salvaguardia della libertà sindacale, garantita dall'art. 39 Cost. per fini di interesse generale che trascendono il singolo rapporto di lavoro. Si afferma l'inesistenza di una supremazia gerarchica del decisore nei confronti del soggetto punito che porta ad escludere che le sanzioni collettivo-sindacale siano equiparabili a quelle disciplinari. Nella norma vi è quindi solo la previsione di una potestà sostitutiva della stessa autorità statale.
La224 procedimentalizzazione della giustizia domestica amministrabile dal datore di
lavoro ha determinato inter alia la caduta verticale dell'esecutività immediata della generalità delle sanzioni. Infatti, i tempi tecnici che esse impiegano per arrivare a destinazione non sono più quelli d'un flash; piuttosto, ricordano quelli della moviola: è il costo della trasparenza. Il 3° comma dell'art. 4 della legge costituisce per l'appunto un'imitazione, trasferita nell'ambito delle relazioni industriali, d'una costante normativa il cui esordio nell'area privatistica dei rapporti di lavoro risale all'art.7 St. lav. Le
224 Romagnoli- Ballestrero, “Norme sull'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali“,p. 196
previsione sanzionatorie a carico delle organizzazioni sindacali sono attualmente contenute nei commi 2° e 4 bis dell'art.4. L'originario 3° co. dell'art. 4 è stato abrogato dalla l. n. 83/'00 ed il suo disposto, relativo alla sanzione dell'esclusione delle trattative, è confluito nel 2° co. Le infrazioni punibili sono costituite dalla proclamazione o promozione di uno sciopero o dall'adesione ad esso in violazione delle disposizioni di cui all'art. 2. Si ritiene tuttavia di poter desumere una o più specifica ed esplicita indicazione dei comportamenti sanzionabili dalle previsioni225 dell'art. 13, lett. c), d), e)
ed i). Si è affermato che una proclamazione o adesione illegittima sia punibile anche se non venga seguita da un'effettiva astensione dal lavoro. Si era discusso sulla possibilità di applicare le sanzioni previste dagli originari 2° e 3° co. dell'art. 4 anche per le violazioni delle clausole contenute nei codici di autoregolamentazione. E' pure controverso se in presenza di una pluralità di infrazioni, benchè di modesta durata e susseguentisi a breve intervallo di tempo l'una dall'altra, si debbano comunque cumulare integralmente le singole sanzioni o si possa invece parzialmente sovrapporre il periodo minimo di durata delle medesime. Le sanzioni previste dal 2° co. dell'art. 4 per le violazioni suindicate sono la sospensione dei «permessi sindacali retribuiti« o dei «contributi sindacali comunque trattenuti dalla retribuzione« ovvero di entrambi, per la durata dell'astensione. L'entità delle sanzioni previste dal 2° co. concerne in primo luogo il piano patrimoniale.
Occorre ricordare che nel nuovo testo dell'art. 4, co. 2°, è scomparso ogni richiamo formale agli artt. 23 e 26 St. lav., ed è così stata ampliata la gamma delle sanzioni disponibili. In particolare, è disposto che nei confronti delle organizzazioni sindacali che siano state autrici di violazioni degli obblighi di cui all'art. 2, sono sospesi i
225 Diritto del lavoro- Commentario diretto da F. Carinci- “Le fonti- il diritto sindacale”, a cura di Zoli, '04, p. 204
permessi sindacali retribuiti ovvero i contributi sindacali comunque trattenuti dalla retribuzione, ovvero entrambi, per la durata dell'astensione stessa e comunque per un ammontare non inferiore a L. 5.000.000 (2.582,28 euro) e non superiore a L. 50.000.000 (25.822,84 euro). Si è così posto un tetto massimo non superabile, provvedendo a colmare la lacuna normativa rilevabile nel vecchio testo dell'art.4. A giudizio di Suppiej, il credito dei sindacati cui si riferiscono le deleghe, relativo ai contributi sindacali trattenuti sulle retribuzioni, viene trasferito ex lege all'Inps, in quanto ai sensi del 4° co. bis, dell'art. 4, della l. n. 146/'90 prevede226, che i proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie deliberate in via sostitutiva alla Commissione, devono essere devoluti all'Inps. Sebbene l’art. 4, comma 4-bis, nulla disponga in ordine al soggetto cui devono essere devoluti i proventi derivanti dalle sanzioni previste nel medesimo comma, appare congruo con il sistema della legge individuare nell’INPS il soggetto in questione: all’INPS vanno infatti devoluti sia i contributi sindacali, di cui la sanzione amministrativa in questione è sostitutiva, sia i proventi derivanti dalle sanzioni amministrative pecuniarie di cui all’art. 9. Se il datore di lavoro effettua il versamento ai sindacati anziché all'istituto previdenziale, non estingue la corrispondente obbligazione. Con delibera del 2002 n. 02/50227, l'impresa è tenuta all'applicazione delle sanzioni in
caso di sciopero generale che coinvolga più aziende: la sospensione dei contributi sindacali da parte di un'azienda ricompresa fra quelle individuate nella delibera di valutazione negativa del comportamento delle organizzazioni sindacali proclamanti impedisce l'esercizio del potere da parte delle altre aziende, parimenti individuate nella delibera di valutazione negativa, di procedere in via autonoma all'applicazione della medesima sanzione.
226 Delibera n. 04/421 del 17.06.2004 (sostituisce delibera n. 01/16 del 15.03.2001), in Commissione di garanzia
L’art. 4, comma 2, legge 146/1990, così come modificato dalla legge 83/2000, pone problemi di applicabilità allorquando, nell’ipotesi anzidetta, la sanzione conseguente alla valutazione negativa del comportamento delle organizzazioni sindacali proclamanti sia individuata nella sospensione dei benefici patrimoniali consistenti nel diritto delle organizzazioni sindacali di riscuotere i contributi mediante trattenuta, la delibera sia indirizzata a tutte le aziende coinvolte, ma la sanzione debba essere applicata una sola volta per ciascuna Organizzazione Sindacale. Quindi, la delibera di valutazione negativa del comportamento delle organizzazioni sindacali proclamanti l’azione di sciopero, obbliga ad applicare la sanzione procedendo alla sospensione dei contributi sindacali comunque trattenuti sulla retribuzione degli iscritti fino al raggiungimento dell’ammontare della somma indicata nella delibera stessa.
Con la pluralità di aziende obbligate, occorre procedere una sola volta alla sospensione dei contributi sindacali per ciascuna Organizzazione sindacale, la sospensione dei contributi sindacali da parte di un’azienda ricompresa fra quelle individuate nella delibera di valutazione negativa del comportamento delle organizzazioni sindacali proclamanti impedisce l’esercizio del potere da parte delle altre aziende, parimenti individuate nella delibera di valutazione negativa, di procedere in via autonoma all’applicazione della medesima sanzione; che al fine dell’applicazione della sanzione della sospensione dai benefici patrimoniali di cui all’art. 4, comma 2, legge 146/1990, così come modificata dalla legge n. 83/2000, la Commissione sollecita le Organizzazioni datoriali a trovare le forme di coordinamento più opportune tra le aziende affiliate, al fine di evitare possibili duplicazioni nella applicazione delle sanzioni ed a procedere alla tempestiva comunicazione anche alle aziende non associate della avvenuta individuazione della azienda o delle aziende che procederanno ad
effettuare la prevista sospensione dei contributi sindacali; che, in ogni caso, qualora la sanzione della sospensione dai benefici patrimoniali di cui all’art. 4, comma 2, non risulti applicabile fino alla concorrenza dell’ammontare previsto in delibera, la sospensione del versamento dei contributi sindacali potrà avvenire anche nei mesi successivi, sino al raggiungimento dell’ammontare economico stabilito; che qualora alcune organizzazioni sindacali raggiunte dal provvedimento sanzionatorio non siano presenti in nessuna delle aziende affiliate e pertanto non fruiscano dei benefici di ordine patrimoniale indicati nel comma 2, dell’art. 4, si applicherà la sanzione solo a carico delle sigle presenti che godano dei suddetti benefici; che, dell’adempimento di cui al punto precedente, nonché della impossibilità di procedere all’irrogazione materiale delle sanzioni per i motivi esposti al punto 5, dovrà essere data immediata comunicazione alla Commissione di Garanzia come per legge, anche al fine di consentire l’irrogazione della sanzione sostitutiva. Con riguardo al profilo dell'esclusione delle trattative, la durata di due mesi della sanzione della sospensione dalle trattative dalla cessazione del comportamento, costituisce il massimo della sanzione e non anche il minimo e la determinazione della durata della sanzione da irrogare spetta alla Commissione.
Vediamo come, nei rapporti tra sanzione patrimoniale e sanzione di esclusione dalla trattative, la sanzione dell'esclusione dalle trattative può essere soltanto aggiuntiva mai alternativa rispetto alle sanzioni patrimoniali. Con il verbale del 2003228 n. 513, si afferma che l'art. 4, comma 2, legge n. 146/90 prevede che nei confronti dei sindacati proclamanti o aderenti ad uno sciopero illegittimo "sono sospesi i permessi sindacali retribuiti ovvero i contributi sindacali comunque trattenuti sulla retribuzione ovvero entrambi". La stessa disposizione, nel successivo periodo, prevede che "le medesime
organizzazioni sindacali possono altresì essere escluse dalle trattative alle quali partecipino". Il successivo comma 3, anch'esso riferito alla esclusione dalle trattative, è stato abrogato con la legge n. 83 del 2000 (art. 3, c.1).
L'art. 4, comma 4 bis, prevede che la Commissione di garanzia deliberi in via sostitutiva una sanzione amministrativa pecuniaria qualora le sanzioni suddette "non risultino applicabili, poiché le organizzazioni sindacali … non fruiscono dei benefici di ordine patrimoniale di cui al comma 2 o non partecipano alle trattative". In questo quadro si deve ritenere: a) in caso di sciopero illegittimo la Commissione di garanzia deve sempre adottare ("sono sospesi") la sanzione consistente nella sospensione di permessi e/o contributi; b) in aggiunta, e non in alternativa, alla sanzione sub a) la Commissione può adottare ("possono altresì") la sanzione della esclusione dalle trattative; c) se viene in origine adottata solo la sanzione patrimoniale, la successiva constatazione della impossibilità di applicare la stessa impone alla Commissione, senza alcuna facoltà di scelta, di deliberare la sanzione amministrativa sostitutiva. Mentre non è consentito adottare in via sostitutiva la sanzione della esclusione dalle trattative, che non è sanzione sostitutiva, ma sanzione originaria eventuale aggiuntiva; d) se in aggiunta alla sanzione patrimoniale viene originariamente irrogata anche la sanzione della esclusione dalle trattative, possono verificarsi due ipotesi: d1) impossibilità sia della sanzione patrimoniale, sia di quella relativa alle trattative: in questo caso occorre deliberare la sanzione amministrativa sostitutiva di entrambe; d2) impossibilità solo di una delle due sanzioni originariamente adottate cumulativamente: in questo caso si applica la sanzione originaria risultata possibile e, al posto della sanzione impossibile, occorre deliberare la sanzione amministrativa sostitutiva. Nell'ipotesi d2) l'efficacia afflittiva derivante dalla doppia sanzione originaria viene mantenuta mediante il cumulo di una sanzione
originaria e di una sanzione sostitutiva. Invece nell'ipotesi d1), non potendosi applicare due sanzioni amministrative sostitutive in base alla lettera della legge ("la Commissione di garanzia delibera in via sostitutiva una sanzione amministrativa"), l'originaria efficacia afflittiva connessa alla doppia sanzione può essere conservata solo operando sulla misura della sanzione amministrativa sostitutiva; e) la sanzione patrimoniale originaria deve ritenersi impossibile, con conseguente adozione della sanzione amministrativa sostitutiva, non solo quando il sindacato non goda affatto dei benefici patrimoniali da sospendere, ma anche quando ne goda in misura così modesta da comportare una eccessiva diluizione nel tempo della sanzione con sostanziale perdita della sua efficacia afflittiva. Va segnalato che il legislatore del 2000 ha provveduto anche a prescrivere le sanzioni applicabili alle organizzazioni sindacali escluse già in partenza dalla fruizioni di benefici economici o dalla partecipazione alle trattative, disponendo che «la commissione di garanzia delibera in via sostitutiva una sanzione amministrativa pecuniaria a carico di coloro, che rispondono legalmente per l'organizzazione responsabile, da un minimo di L. 5.000.000 (2.582,28 euro) ad un massimo L. 50.000.000 (25.822,84 euro).
Le rappresentanze sindacali unitarie costituite ai sensi dell'accordo interconfederale del 20 dicembre 1993, stipulato dalla Confindustria, Intersind e Cgil, Cisl e Uil, sono soggette alle sanzioni di cui all'art. 4, co. 2°, l. n. 146/'90, qualora la Commissione di garanzia abbia espresso una valutazione negativa dello sciopero cui le stesse hanno aderito. La Commissione ha ritenuto tali sanzioni applicabili nei confronti delle Rsu, poiché – secondo il disposto del citato accordo interconfederale – i componenti di queste ultime subentrano ai dirigenti delle Rsu nella titolarità dei diritti, permessi e libertà sindacali già loro spettanti per effetto delle disposizioni di cui al Titolo III della l.
n. 300 del 1970 e in ogni caso costituite esclusivamente nell'ambito di associazioni sindacali. Il datore di lavoro deve procedere alla sospensione dei contributi sindacali dovuti dai lavoratori iscritti ai sindacati aderenti alla Rsu, nonché alla sospensione dei permessi sindacali retribuiti dovuti ai dirigenti di Rsu per la durata dello sciopero e, in ogni caso per un periodo non inferiore a un mese. Nei casi in cui sia costituito un «montante autonomo« dei permessi spettanti ai dirigenti delle Rsu gli effetti dell'irrogata sanzione ricadranno su di esso, altrimenti sulle organizzazioni sindacali cui appartengono i dirigenti in questione229.
Una successiva delibera del 2000 n. 03/137,230 ha ad oggetto la sospensione, ai sensi dell'art. 4, co. 2°, della l. n. 146/'90, dei permessi sindacali nei confronti di una organizzazione sindacale, se a questa non spettino in via diretta perchè non firmataria del CCNL, non può essere autonomamente applicata alla sua componente eletta nella Rsu. Potrà soltanto essere applicata la sanzione pecuniaria amministrativa nei confronti del legale rappresentante dell'Organizzazione sindacale. Questa Commissione ha valutato negativamente il comportamento della segreteria territoriale di Padova Cobas P.T. Cub, con riguardo alla proclamazione di una “astensione da ogni forma di lavoro accessorio sino al 30 aprile 2003”, effettuata in data 28 gennaio 2003, deliberando la sospensione, ai sensi dell’art. 4, comma 2 della legge n. 146 e succ. modd., dei permessi sindacali dovuti per un ammontare di euro 2.582,28. Considerato che al Cobas Pt Cub non spettano permessi sindacali, in quanto organizzazione sindacale non firmataria del c.c.n.l.; che l’organizzazione sindacale Cobas Pt Cub, pur avendo proclamato lo sciopero unitamente alla componente Cobas Pt Cub della RSU, disconosce la riferibilità a sé medesima dei diritti sindacali della suddetta componente.
229 Delibera 20-11-1997, n. 767, R.g. Lav. News 98, 41
La Commissione delibera di applicare, in sostituzione della sanzione irrogata nei confronti della segreteria territoriale di Padova Cobas P.T. Cub con deliberazione n. 03/54 del 27 marzo 2003, la sanzione pecuniaria amministrativa di euro 2582,28 (duemilacinquecentottantadue/28), ai sensi dell’art. 4, comma 4 bis della legge n. 146/1990 e succ. modd., nei confronti del legale rappresentante della predetta organizzazione sindacale; ed inoltre, che la predetta sanzione venga applicata, ai sensi dell’art. 4, comma 4 bis, della legge n. 146/1990 e succ. modd., con ordinanza ingiunzione della Direzione provinciale del lavoro di Padova – Sezione Ispettorato del lavoro. Si è osservato che la previsione del co. 4 bis dell'art. 4, essendo rivolta a reprimere le violazioni realizzate da gruppi organizzati, non è in grado di sanzionare, i comportamenti illegittimi posti in essere da coalizioni spontanee o transitorie di lavoratori. In tal caso, non resta che il ricorso alle sanzioni disciplinari per i singoli lavoratori ex art. 1° co. dell'art. 4 o ai rimedi risarcitori di diritto comune.
Tra le previsioni latu sensu sanzionatorie può essere annoverata anche la legittimazione giudiziale delle associazioni dei consumatori e degli utenti, riconosciuta dall'art. 7 bis,
lett. a), «quando lo sciopero sia stato revocato dopo la comunicazione all'utenza al di
fuori dei casi di cui all'art. 2, co. 6°, e quando venga effettuato nonostante la delibera di invito della Commissione di garanzia di differirlo ai sensi dell'art. 13, 1°co., lett. c). d), e) ed h), e da ciò consegua un pregiudizio al diritto degli utenti di usufruire con certezza dei servizi pubblici«. In relazione alla ripartizione della responsabilità all'interno di una struttura sindacale confederale, si è ritenuto che ove una confederazione di associazioni sindacali decida l'effettuazione di uno sciopero, poi indetto, in nome e per conto delle singole organizzazioni di categoria, dalle loro articolazioni periferiche, sono queste ultime le responsabili delle eventuali violazioni di legge e quindi le destinatarie delle
relative sanzioni, non avendo alcun rilievo esimente il rapporto, più o meno vincolante, tra organi periferici ed organi centrali del sindacato. Anche per la dottrina è necessario distinguere la responsabilità di ciascuna associazione, allorquando sia qualificabile come autonomo soggetto giuridico, che faccia parte di una più complessa organizzazione sindacale. In relazione all'originaria formulazione della l. n. 146/'90 si era affermato, da un lato, che l'attività di valutazione della Commissione, prevista dall'art. 13, lett. c), l. n. 146/'90 costituisse un comportamento obbligatorio per la Commissione di garanzia e, dall'altro, che il potere attribuito al datore di lavoro di applicare le sanzioni di cui al 2° e 3° co. dell'art. 4 fosse «strumentale alla salvaguardia delle finalità limitative dello sciopero (quindi collegato alla tutela d'un interesse pubblico)« e, funzionale a garantire i s.p.e. In esso non sono pertanto ravvisabili profili di autotutela, sicchè, per evidenti ragioni di imparzialità, la segnalazione della Commissione costituisce un «presupposto procedimentale231, che rispetto alla garanzia di libertà sindacale posta dal già richiamato art. 39 Cost.,si configura come un requisito minimo indispensabile per l’insorgenza del potere sanzionatorio, ricollegando questo ad una imparziale valutazione delle circostanze rilevanti ed in tal guisa sottraendolo, nel momento genetico, alla unilaterale determinazione di un soggetto, quale il datore di lavoro, portatore di interessi potenzialmente contrapposti. Che sussista un’esigenza di funzionalità applicativa di tali misure per investire del relativo potere il datore di lavoro, non v’è dubbio. Ma trattasi d’un potere strumentale alla salvaguardia delle finalità limitative dello sciopero (quindi collegato alla tutela d’un interesse pubblico), implicante valutazioni che certamente escludono l’esistenza d’un mero automatismo cui agganciare una doverosa condotta del datore di lavoro. Basti pensare al giudizio sulla
ricorrenza o meno dello sciopero proclamato a difesa dell’ordine costituzionale (che, in caso positivo, esclude l’illegittimità) o alla concreta identificazione delle organizzazioni che «aderiscono» allo sciopero (dato non sempre di agevole percettibilità), per comprendere come tale attività valutativa esista e non possa in nessun caso essere lasciata al mero giudizio del datore di lavoro, la cui discrezionalità, nell’applicare le sanzioni al sindacato, deve perciò essere limitata all’intervento della commissione pure con riguardo alle misure patrimoniali. Anche in tale ipotesi, dunque, la segnalazione della commissione si impone come necessario presupposto dell’azione sanzionatoria. Il potere sanzionatorio è infatti funzionale a garantire i servizi minimi essenziali: in esso non è ravvisabile un qualsivoglia profilo di autotutela, ed è perciò necessario che la sua esplicazione avvenga esclusivamente in riferimento alle rationes legis, a tutela cioè degl’interessi degli utenti, proprio per l’estraneità, al contenuto della normativa, dei rapporti tra diritto di sciopero ed interessi dell’impresa. La verifica dei presupposti per l’applicabilità della sanzione deve restare quindi sempre affidata a quel soggetto super
partes ad alta competenza, che il legislatore ha configurato nella commissione di
garanzia. Va pertanto dichiarata l’illegittimità costituzionale del citato art. 4, 2° comma, nella parte in cui non prevede che la sospensione dei benefici patrimoniali ivi indicati venga disposta su indicazione della commissione di garanzia, secondo lo schema adottato nel successivo comma. In via conseguenziale deve altresì essere dichiarata l’illegittimità costituzionale del successivo art. 13, lett. c), in quanto non prevede che l’attività della commissione stessa si svolga anche ai fini previsti dall’art. 4, 2° comma. Non fondata per l’inesattezza del presupposto da cui muove il giudice a quo è invece la seconda questione, concernente l’art. 12 l. n. 146 del 1990.
commissione di garanzia, la norma non esclude affatto la necessità di vincoli procedurali che scandiscano l’attività della stessa. Anzi, sotto un primo e più generale profilo di efficienza e buon andamento, è chiaro come l’acquisizione di dati, le audizioni e le informazioni di cui al 4° comma della norma impugnata, con l’espresso riferimento alle pubbliche amministrazioni, alle organizzazioni sindacali e alle imprese, sia strumentale ad una esigenza di funzionalità, quindi ad un corretto esercizio delle diverse attribuzioni dell’autorità in argomento. Proprio avuto riguardo specifico alla previsione di cui al già richiamato art. 13, lett. c), deve negarsi che dall’art. 12 possa evincersi quella totale mancanza di garanzie procedimentali censurata dal Pretore di Milano, giacché una diversa lettura della norma, quand’anche non smentita da