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I requisiti della proclamazione

4. La proclamazione e la revoca

4.1 I requisiti della proclamazione

Il co. 1° dell'art. 2, come innovato dalla l. n. 83/2000 impone, in tema di proclamazione, una serie di obblighi in capo ai soggetti che proclamano lo sciopero, non solo quindi le organizzazioni sindacali ma anche le coalizioni occasionali, le quali sono tenute al rispetto di tutte le regole determinate dalla l. n. 146/'90. I requisiti di legittimità della proclamazione sono i seguenti: la forma scritta, il rispetto del termine di preavviso, l'indicazione della durata, delle modalità di attuazione e delle motivazioni dell'astensione.

La proclamazione deve essere comunicata in forma scritta147, come previsto espressamente dalla legge, e confermato da molte discipline di settore.

La Commissione di garanzia ha avuto modo di precisare che l'atto di proclamazione deve essere sottoscritto in calce e che i soggetti proclamanti non possono pretendere di essere sostituiti nelle dovute comunicazioni dal Prefetto o dalle amministrazioni centrali per le informazioni alle strutture periferiche interessate allo sciopero. La comunicazione

scritta, che costituisce atto recettizio, «deve essere data sia alle amministrazioni o imprese che erogano il servizio, sia all'apposito ufficio costituito presso l'autorità competente« per la precettazione. L'onere di provare l'avvenuto recepimento da parte delle amministrazioni e delle imprese è a carico dei promotori dell'azione di sciopero. Il documento di proclamazione che contenga l'annuncio di più azioni di sciopero, cosiddetti «sciopero a pacchetto o proclamazioni plurime«, è ammissibile se espressamente o implicitamente previsto dalla disciplina di settore contenuta in accordi valutati idonei o nelle regolamentazioni provvisorie; in mancanza di disciplina di settore detta modalità di sciopero è ammessa solo ove non comprometta la continuità del servizio e l'esercizio del diritto di sciopero, da parte degli altri soggetti, e in ogni caso sia contenuta entro limiti ragionevoli in un arco di tempo determinato. La proclamazione degli scioperi nazionali e degli scioperi generali è stata più volte oggetto dell'esame della Commissione di garanzia, la quale ha stabilito che l'espressa indicazione delle amministrazioni e delle imprese come destinatarie dell'obbligo di comunicazione della proclamazione di sciopero fa escludere che in occasione di sciopero nazionale sia sufficiente la comunicazione alle associazioni di rappresentanza delle imprese. E' necessario, dunque, che l'atto di adesione delle istanze sindacali locali allo sciopero nazionale sia comunicato direttamente alle singolo aziende o amministrazioni interessate. In relazione alle modalità di adesione agli scioperi nazionali da parte di organizzazioni sindacali, la Commissione ha, altresì, sottolineato che l'adesione di un'organizzazione sindacale ad un'azione di sciopero, precedentemente indetta da un altro sindacato, deve avvenire nel rispetto del termine di preavviso. L'adesione, difatti, comportando una modifica del numero degli aderenti alla protesta e, quindi, delle dimensioni della stessa, deve essere portata a conoscenza dell'azienda in

tempo utile a consentire a questa di di adottare le misure organizzative opportune. Il contenuto necessario dell'atto di proclamazione è fissato dalla legge, che indica «la

durata e le modalità di attuazione, nonché le motivazioni dell'astensione collettiva«, poi

ribadendo, per i lavoratori autonomi, l'«indicazione della durata e delle motivazioni dell'astensione collettiva148« Le discipline di settore confermano questo contenuto, aggiungendo quasi sempre l'ambito territoriale e la data, nonché, talvolta, la collocazione temporale per gli scioperi di durata inferiore alla giornata. La Commissione di garanzia non solo ribadisce la necessaria indicazione della durata, delle modalità attuative e delle motivazioni, ma aggiunge la data e la precisa collocazione temporale, l'esplicita garanzia delle prestazioni indispensabili, i dati relativi alla procedure preventive, l'indicazione dello sciopero precedente se si tratta di ulteriore sciopero nell'ambito della stessa vertenza con le relative conseguenze sullo procedure e sulla durata.

La legge impone come requisito di legittimità dello sciopero e delle astensioni dei lavoratori autonomi un «preavviso minimo«, che «non può essere inferiore a dieci giorni«, consentendo alle discipline di settore di fissare «termini superiori149«. La legge esplicita anche la funzione del preavviso, che deve essere dato «al fine di consentire all'amministrazione o all'impresa erogatrice del servizio di predisporre le misure di cui al comma 2 ed allo scopo, altresì, di favorire lo svolgimento di eventuali tentativi di composizione del conflitto e di consentire all'utenza di usufruire di servizi alternativi«, con comunicazione150 almeno cinque giorni prima dello sciopero, l'elenco dei servizi garantiti, risultanti dagli accordi fra le parti nonché la pronta riattivazione del servizio,

148 Art. 2 bis ,co. 1°, L.n. 146/'90 149 Art. 2, co. 5°, L.n. 146/'90

quando l'astensione dal lavoro sia terminata151.

A queste finalità si aggiunge, quella di consentire gli eventuali interventi della Commissione di garanzia e dell'autorità precettante prima dell'attuazione dello sciopero. L'obbligo di preavviso non è alternativo, ma concorre con gli altri requisiti di legittimità dello sciopero e non può essere disapplicato in base ad un giudizio prognostico sulla innocuità dello sciopero con inammissibile alea degli utenti. Il preavviso è necessario anche in caso di adesione di altri sindacati allo sciopero già proclamato, in caso di sciopero generale ed in caso di nuova proclamazione per modifica o integrazione o revoca con sostituzione della precedente.

Il periodo di preavviso decorre dal ricevimento della proclamazione, della cui prova è onerato il soggetto proclamante, e , in assenza di diversa previsione, è calcolato a giorni non liberi, sicchè non si computa il dies a quo, cioè quello di ricevimento della proclamazione, ma si computa il dies ad quem, cioè quello di effettuazione dello sciopero. La legge prescrive un periodo minimo di dieci giorni, con facoltà delle discipline di settore di imporre un preavviso più lungo. Nei pochi casi in cui è previsto un preavviso appena più lungo (dodici giorni), si tratta di modesta compensazione del forte vantaggio per i sindacati di poter proclamare uno sciopero nazionale senza comunicarlo a ciascuna amministrazione o impresa, come vorrebbe la legge, ma solo all'associazione nazionale datoriale, cui si concede un paio di giorni per avvertire le singolo imprese. Ed anche nel settore del trasporto ferroviario il preavviso è elevato a venti giorni solo per il c.d. Scioperone per il rinnovo del contratto nazionale, così compensando la sensibile riduzione delle prestazioni indispensabili consentita in tale ipotesi.

La legge prevede due solo eccezioni all'obbligo di preavviso minimo in considerazione della particolare rilevanza dei motivi di sciopero, laddove stabilisce che le «disposizioni del presente articolo in tema di preavviso minimo e di indicazione della durata non si applicano nei casi di astensione dal lavoro in difesa dell'ordine costituzionale o di protesta per gravi eventi lesivi dell'incolumità e della sicurezza dei lavoratori«. Le due eccezioni sono tassative, sicchè non è consentito ampliarle, né tanto meno aggiungerle altre, neppure alle discipline di settore.

L'ordine costituzionale, la cui difesa consente lo sciopero senza preavviso, «va inteso in

senso non normativo, ma materiale«, sicchè non comprende qualsiasi diritto riconosciuto dalla Costituzione, ma solo i cardini dell'assetto istituzionale, in quanto nella sentenza del '93152, la Corte ha ritenuto conforme a Costituzione che, non sia compreso nell'eccezione lo sciopero economico-politico, ritenuto più simile per finalità a quello contrattuale che non a quello in difesa dell'ordine costituzionale. Non corrisponde, dunque, per la sua genericità, alla fattispecie in esame la formulazione riferita a scioperi a difesa della democrazia, della pace, delle libertà civili e sindacali, delle esigenze dell'intero mondo del lavoro. Non rientrano nella eccezione in esame neppure gli scioperi contro la legge finanziaria, la politica economica del governo oppure contro la rottura del patto sociale governo-sindacati.

Invece per lo sciopero senza preavviso contro la guerra la commissione, nella difficoltà di valutare nei casi concreti il rispetto dei principi costituzionali in materia e sui trattati internazionali, ha adottato varie soluzioni, da quella che esclude tale sciopero dalla fattispecie esimente a quella opposta che lo include, fino a quella che, pur escludendolo, rinviene nella tradizione storica delle lotte sindacali per la pace motivo sufficiente per

non procedere ad una valutazione negativa. Sono estranei alla difesa dell'ordine costituzionale gli scioperi contro il ritardo nel pagamento delle retribuzioni o per la salvezza dell'azienda. Infine, con riferimento alle astensioni dalle udienze degli avvocati, la formulazione della relativa regolamentazione provvisoria che affianca alla «difesa dell'ordine costituzionale« anche i «gravi attentati ai diritti fondamentali dei cittadini« e le «garanzie essenziali del processo«, è stata intesa dalla stessa delibera di approvazione della regolamentazione non come applicativa, ma come esplicativa della fattispecie legale.

La seconda eccezione attiene alla salvaguardia del bene essenziale della vita e salute

dei lavoratori, ma, nel bilanciamento con l'interesse degli utenti, per legittimare uno

sciopero senza preavviso non basta un pericolo anche grave, occorre che si sia verificato un «grave evento lesivo« di tali beni. La sola situazione di pericolo consente uno sciopero con preavviso oppure, ricorrendone gli estremi, l'autotutela individuale dei singoli lavoratori con rifiuto della prestazioni in via d'eccezione di inadempimento. La Commissione coerentemente pretende l'esistenza di un evento lesivo, non accontentandosi del grave pericolo, salve qualche forzatura indotta dalla omessa considerazione della possibile autotutela civilistica. In ogni caso deve trattarsi di una astensione unica ed immediatamente a ridosso dell'evento, mentre eventuali scioperi per la sicurezza devono rispettare il preavviso.

Alcune discipline prevedono un termine massimo di preavviso, all'espresso fine di evitare condotte sleali del sindacato dirette ad ostacolare lo sciopero dei sindacati concorrenti nello stesso servizio o in servizi alternativi con divieto di scioperi concomitanti. Il problema che si tenta di fronteggiare col preavviso massimo deriva dalla eccessiva frammentazione sindacale e non dalla regola legale di intervallo minimo

tra effettuazione e proclamazione dello sciopero successivo prima della effettuazione del precedente. Tant'è che il preavviso massimo è previsto proprio in due discipline che derogano tale regola fissando l'intervallo tra le effettuazioni degli scioperi, consentendo, così, che il successivo sia proclamato anche prima della effettuazione del precedente. La Commissione ha deliberato che, in assenza di previsione nella disciplina di settore, opera orientativamente un termine massimo di 45 giorni, il cui superamento, però è sanzionabile solo se è accertata in concreto la slealtà della condotta.

L'art. 2, co. 6°, formalizza il divieto dell'effetto annuncio. Ai sensi di questa disposizione153, al di fuori dei casi in cui sia intervenuto un accordo tra le parti ovvero vi sia stata una richiesta della Commissione di garanzia o dell'autorità competente ad emanare l'ordinanza di precettazione, la revoca spontanea dello sciopero già proclamato, dopo che ne è stata data informazione all'utenza, costituisce forma sleale di azione sindacale. Tale condotta è valutata dalla Commissione ai fini sanzionatori previsti dall'art. 4, commi da 2 a 4-bis. La revoca ingiustificata può essere censurata non soltanto dalla Commissione ma anche in sede giudiziaria su iniziativa delle associazioni degli utenti abilitate ai sensi della legge n. 281 del 1998. L'art. 7-bis ha infatti riconosciuto a tali associazioni la legittimazione ad agire in giudizio nei confronti delle organizzazioni sindacali responsabili, quando lo sciopero sia stato revocato dopo la comunicazione all'utenza, al di fuori dei casi di cui all'art. 2, co. 6°, e da ciò consegna un pregiudizio al diritto degli utenti di usufruire con certezza dei servizi pubblici.

Lo sciopero proclamato può essere revocato prima della sua effettuazione, mediante un atto unilaterale recettizio diretto ai destinatari della proclamazione, al quale è equiparata dalle discipline ogni forma di sospensione, differimento o rinvio dello sciopero, che,

153 Santoro Passarelli G, “Diritto dei lavori- Diritto sindacale e rapporti di lavoro”, Dottrina Giappichelli, Foro, Ita

conseguentemente, per essere attuato legittimamente necessita di una nuova proclamazione. A proposito della revoca si contrappongono da un lato l'esigenza di evitare che in tal modo il soggetto proclamante lucri l'effetto annuncio, pregiudicando l'utenza senza alcun costo per i lavoratori, e dall'altro l'interesse ad evitare comunque il disservizio derivante dall'attuazione dello sciopero.

La legge, dopo la novella del 2000, consente la revoca libera solo prima che sia stata data all'utenza l'informazione dello sciopero, poiché in tal caso non si verifica in alcun effetto annuncio e, quindi, gli utenti hanno solo il vantaggio di evitare il disservizio che sarebbe conseguito allo sciopero.

Invece, «dopo che è stata data informazione all'utenza«, la revoca «spontanea« non è più ammessa, poiché «costituisce forma sleale di azione sindacale« con le stesse sanzioni dello sciopero illegittimo. Tale formula154 da un lato evidenzia la

stigmatizzazione di condotte gravemente sleali, quale senza dubbio è la proclamazione di uno sciopero senza una reale intenzione di effettuarlo, ma proponendosi di lucrare i vantaggi di tale strategica proclamazione, senza che i lavoratori debbano poi patire la normale conseguenza della partecipazione ad uno sciopero, cioè la perdita della retribuzione. Vi è, dunque, un evidente richiamo alla correttezza ed alla buona fede nelle relazioni sindacali, spesso vulnerate in passato dall'utilizzo spregiudicato dell'effetto annuncio. Dall'altro lato, i termini usati dal legislatore, con riferimento alla «slealtà« della condotta che, nel caso specifico, può leggersi anche come sia pure indiretta mancanza di lealtà verso gli utenti, consentono di richiamare, quella sorta di

class action introdotta dall'art. 7-bis, che prevede la legittimazione delle associazioni

degli utenti riconosciute ai fini della legge n. 281/'98 ad agire in giudizio nei confronti

154 R. Nunin, “La revoca spontanea dello sciopero”, a cura di L.Menghini- M.Miscione- A.Vallebona, in “La nuova disciplina dello sciopero nei servizi pubblici essenziali”, p.82

delle organizzazioni sindacali responsabili, quando lo sciopero sia stato revocato dopo la comunicazione all'utenza al di fuori dei casi consentiti di cui all'art. 2, co. 6°.

La slealtà è esclusa, e quindi la revoca è consentita anche dopo l'informazione all'utenza ed il conseguente effetto annunzio, solo se «sia intervenuto un accordo tra le parti ovvero vi sia stata una richiesta da parte della Commissione di garanzia o dell'autorità competente« per la precettazione. La l. n. 83/'00, recependo una regola già introdotta dalle parti negli accordi di individuazione delle prestazioni indispensabili previsti dalla l. n. 146/'90 prevede la sanzionabilità della revoca intempestiva comunicata, cioè con un preavviso inferiore ai cinque giorni. La revoca intempestiva è tuttavia considerata legittima se consegue un accordo tra le parti o alla richiesta della Commissione di garanzia o dell'autorità precettante. I soggetti interessati che intendono adeguarsi all'indicazione immediata della Commissione ex art. 13, co. 1°, lett. d), l. n. 146/'90 e successive modifiche, devono revocare lo sciopero, oggetto di indicazione immediata, entro 5 giorni dalla data di ricevimento di tale indicazione. La mancata revoca dello sciopero entro tale lasso temporale impedisce di considerare la revoca successivamente intervenuta come revoca effettuata su richiesta della Commissione. Nel caso155 in cui uno sciopero, precedentemente proclamato, sia successivamente

sospeso, revocato, differito, o rinviato la nuova proclamazione deve avvenire nel

rispetto delle disposizioni sul punto contenute nella legge, negli accordi e nei codici di

autoregolamentazione. I soggetti sindacali che decidono di revocare lo sciopero a seguito della delibera di indicazione immediata ex art. 13, co. 1°, lett. d), l. n. 146/'90, devono revocare lo sciopero oggetto di indicazione immediata, entro 5 giorni dalla data

155 “Commentario Breve alle leggi sul lavoro”, a cura di Grandi-Pera-Tamajo-Mazzotta, Brevaria Iuris, p1062

di ricevimento di tale indicazione; soltanto in questo caso la revoca è considerata legittima. In ogni caso la proclamazione di nuovo sciopero deve rispettare i tempi di ripetizione delle procedure di raffreddamento previsti dagli accordi, dai codici o dalle provvisorie regolamentazioni.

Per quanto riguarda, le sanzioni previste per la revoca tardiva e ingiustificata dello sciopero, l'art. 4, co. 2°, nel testo modificato della legge n. 83/'00, prevede che nei confronti delle organizzazioni dei lavoratori che proclamano uno sciopero o ad esso aderiscono in violazione delle disposizioni di cui all'art. 2 sono sospesi i permessi sindacali retribuiti ovvero i contributi sindacali comunque trattenuti dalla retribuzione, ovvero entrambi, per la durata dell'astensione stessa e della consistenza associativa, della gravità della violazione e della eventuale recidiva, nonché della gravità degli effetti dello sciopero sul servizio pubblico; le medesime organizzazioni sindacali possono altresì essere escluse dalle trattative alle quali partecipino per un periodo di due mesi dalla cessazione del comportamento. L'art. 4, co. 4°-bis, prevede che qualora le sanzioni previste ai commi 2° e 4° non risultino applicabili perchè le organizzazioni sindacali hanno promosso lo sciopero o vi hanno aderito non fruiscono dei benefici di ordine patrimoniale di cui al co. 2° o non partecipano alle trattative, la Commissione di garanzia delibera in via sostitutiva una sanzione amministrativa pecuniaria a carico di coloro che rispondono legalmente per l'organizzazione sindacale responsabile, tenuto conto della consistenza associativa, della gravità della violazione e della eventuale recidiva, nonché della gravità degli effetti dello sciopero sul servizio pubblico, da un minimo di lire 5.000.000 (2.582,28€ )ad un massimo di lire 50.000.000 ( 25.822,84€ ). Tale sanzione viene applicata con ordinanza-ingiunzione della Direzione provinciale del lavoro-sezione Ispettorato del lavoro. La scelta operata dal legislatore è stata dunque

quella di ridisegnare un mix di sanzioni, che ha affiancato alle sanzioni di tipo collettivo-sindacale quelle pecuniarie amministrative. L'iter procedurale che deve essere seguito dalla Commissione per giungere alla deliberazione delle sanzioni è definito analiticamente nell'art. 4, co. 4-quater, che prevede altresì che dell'avvenuta esecuzione della delibera con cui la Commissione ha determinato le sanzioni debba essere data comunicazione alla Commissione stessa nei trenta giorni successivi: il datore di lavoro non è dunque semplicemente «autorizzato« ad applicare la sanzione deliberata, ma soggiace ad un obbligo di dare esecuzione alla misura punitiva, significativamente sanzionato in via amministrativa.