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Giochi e scommesse. Il caso Stanleybet tra mercato unico europeo, monopolio statale e vuoti normativi.

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Indice i

Introduzione I CAPITOLO 1: IL QUADRO NORMATIVO. 1.1. Inquadramento sistematico del settore. 6

1.2. I principi costituzionali. 8

1.2.1. Il riparto delle competenze tra Stato ed enti locali 14

1.3. I principi fondamentali dell’Unione Europea. 20

1.4. Le leggi ordinarie e la riserva statale dell’attività di gioco e scommessa. 27

1.5. La disciplina penalistica e civilistica. 39

1.6. Le fonti secondarie. 43

CAPITOLO 2: L’AMMINISTRAZIONE E GLI OPERATORI. 2.1. L’Amministrazione. 46

2.2. Il Ministro dell’Economia e delle Finanze e l’Amministrazione Autonoma dei Monopoli. 46

2.3. Da Amministrazione Autonoma ad Agenzia. 49

2.4. Gli organi collegiali che operano presso l’Amministrazione dei monopoli. 52

2.5. Gli uffici territoriali dei monopoli. 53

2.6. La struttura dell’amministrazione dei giochi. 55

2.7. Le funzioni dell’Agenzia. 57

2.7.1. I poteri normativi. 57

2.7.2. I poteri di amministrazione attiva (cenni). 58

2.7.3. I poteri di controllo e vigilanza. 60

2.7.4. I poteri in materia fiscale. 62

2.8. Il rapporto col governo. 63

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2.10. La concessione amministrativa. 67

2.10.1. La concessione di servizi. 72

2.10.2. I requisiti dei privati. 74

2.10.3. Obblighi e responsabilità dei concessionari. 81

2.11. Il Testo unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza e il sistema autorizzatorio. 85

CAPITOLO 3: I GIOCHI A BASE SPORTIVA E NON SPORTIVA E I CENTRI DI TRASMISSIONE DATI 3.1. I giochi a base sportiva e non sportiva. 90

3.1.1. La disciplina dei concorsi pronostici a base sportiva. 93

3.1.2. La disciplina delle scommesse a base sportiva e non sportiva. 95 3.2. Le infiltrazioni criminali e il gioco illecito. 100

3.3. I Centri di Trasmissione Dati (C.T.D.). 105

3.4. Il caso Stanleybet in Italia: excursus giurisprudenziale e normativo comunitario e nazionale. 110 3.4.1. La sentenza Schindler. 113 3.4.2. Il caso Zenatti. 114 3.4.3. La causa Gambelli. 118 3.4.4. La sentenza Gesualdi. 122 3.4.5. La sentenza Placanica. 124

3.4.6. Le conseguenze della sentenza Placanica e il decreto Bersani-Visco. 127

3.4.7. La sentenza Costa-Cifone. 133

3.4.8. La giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione penale successiva alla Costa-Cifone. 139

3.4.9. La giurisprudenza amministrativa e il progetto Cartago. 140

3.4.10. Il Decreto Fiscale e la sentenza Biasci. 143

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CAPITOLO 4: LA SITUAZIONE ATTUALE E LA LEGGE DI STABILITÀ 2015.

4.1. La legge di stabilità 2015. 152 I disciplinari disposti dall’Agenzia. 160 4.2.

4.2. Le conseguenze. 161

Conclusioni 163

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Introduzione

La disciplina pubblicistica dei giochi e delle scommesse è un settore di grande importanza.

Già durante i lavori preparatori al Codice Zanardelli si afferma l’esistenza di una quasi ‘naturale propensione’ dell’Uomo al giuoco: infatti “una delle tendenze e consuetudini più antiche, universali e costanti dell’uman genere è certamente quella del giuoco, il quale non è sempre un perditempo soltanto ed un sollazzo, figlio dell’ozio e della noia, ma, soprattutto, nelle prime età della vita, è un modo geniale ed efficace di esercitare e svolgere le forze fisiche e talvolta di esercitare benanco, nei momenti stessi del divertimento, le facoltà della mente”1. Oggi tale materia comporta la salvaguardia e la tutela di interessi pubblici di primo conto come l’ordine pubblico, la lotta alla criminalità organizzata e al riciclaggio finanziario, la finanza pubblica e le

questioni che attengono alla prevenzione di patologie, ormai conclamate, quali la ludopatia.

La complessità della materia e la “pericolosità” della stessa hanno da sempre giustificato un intervento penetrante dello Stato, cresciuto esponenzialmente con l’evoluzione del fenomeno e di nuove forme di gioco.

L’attenzione dello Stato si rivolge particolarmente al carattere economico e finanziario del settore dei giochi e delle scommesse, poggiando più volte le fondamenta di nuove manovre, proprio sulle entrate derivanti da tali attività.

In regime di Monopolio quindi, cresce l’importanza del diritto amministrativo: gli interessi succitati impongono una disciplina alquanto stringente nei confronti dei privati che operano sul mercato, limitando così l’impatto dei principi di concorrenza e liberalizzazione

1 Relazione ministeriale sul progetto di codice penale del 1887, n. CXCVI 2 Fedele A., Giuoco o scommessa?, in Riv. Dir. Comm., Piccin, 1948, pagg. 1-2

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sanciti dall’Unione Europea, e riservando ampi poteri allo Stato per il tramite di una potestà legislativa esclusiva.

L’Amministrazione si trova ad operare in un complesso sistema di fonti eterogenee frutto anche dell’ampio utilizzo dello strumento della delegificazione.

La pluralità di fonti, la contraddizione tra queste, l’eccesso di

discipline derogatorie e transitorie, l’esistenza di decreti ministeriali o direttoriali che esprimono principi, a volte più importanti di quelli sanciti da fonti superiori, comporta profonda incertezza in tutti coloro che operano nel settore: siano essi i giudici nazionali, europei, i privati o gli studiosi.

Con tale elaborazione si tenta di esporre quali siano i caratteri

fondamentali di tale complessa disciplina, il regime vigente, il sistema di fonti, nazionale e non, e i risvolti problematici, inerenti il sistema concessorio e monopolistico nostrano, con riferimento agli operatori privati ed in particolare alla vicenda, ormai annosa dei cosiddetti CTD (Centri Trasmissione Dati) della Stanleybet International Betting Ltd., leader europeo nel settore delle scommesse sportive da oltre 50 anni.

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CAPITOLO 1: IL QUADRO NORMATIVO. 1.1. Inquadramento sistematico del settore.

Le definizioni di gioco e scommessa sono distinte, ma come

sottolineato da gran parte della dottrina tra cui Fedele2, tale distinzione risulta pressoché inutile dal momento che si tratta di istituti che fanno parte della medesima disciplina.

Il gioco può essere definito come “una competizione con finalità ricreativa che si conclude con la vittoria di singoli o di gruppi secondo determinate regole3”. Dunque, due o più persone puntano una somma di denaro o un diverso bene, che corrisponde alla posta, che in base all’esito della gara una parte deve all’altra.

La scommessa è “la promessa di una somma di denaro o di altro bene a chi preveda esattamente un evento futuro o incerto4” e tale evento può anche corrispondere all’esito vittorioso di un gioco poiché, in questo caso, la somma dovuta è riscossa per l’indovinata previsione

dell’evento e non come premio per la partecipazione vittoriosa all’attività del gioco. Le parti quindi si accordano su una somma di denaro o altro bene, che funge da posta, sulla verità di un fatto del cui esito non si ha certezza.

In base a tale prima dottrina maggioritaria, che prende ad esame l’elemento oggettivo, la differenza basilare risiede nel fatto che il gioco si differenzia dalla scommessa poiché i giocatori sono anche competitori, mentre nella scommessa i soggetti azzardano sul risultato rimanendo estranei alla competizione5.

2 Fedele A., Giuoco o scommessa?, in Riv. Dir. Comm., Piccin, 1948, pagg. 1-2 3 Bianca M., Diritto Civile, Milano, Giuffrè, 1990, p. 796, cit.

4 Bianca M., Diritto Civile, Milano, Giuffrè, 1990, p. 796, cit.

5 Calesini G., Leggi di pubblica sicurezza e illeciti amministrativi, Roma, Laurus

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Per una seconda dottrina è l’elemento soggettivo che distingue le due categorie: secondo Bolaffio, chi gioca vuole divertirsi e/o guadagnare, chi scommette vuole aver ragione6.

Secondo un’ultima dottrina la distinzione tra gioco e scommessa si evince dalla natura dell’evento, secondo cui: si considera gioco se l’evento posto in condizione è un gioco in senso tecnico, altrimenti è una scommessa7.

Data tale prima distinzione fondamentale, il passaggio allo studio della disciplina della materia dei giochi, risulta molto complesso per alcuni motivi.

Il primo elemento di criticità riguarda l’assenza di un codice o di un testo unico e quindi la conseguente presenza, nell’ordinamento, di una pluralità di fonti eterogenee, a volte contradditorie tra loro.

In aggiunta alla normativa generale del settore, l’ordinamento prevede poi una vasta disciplina di dettaglio che regola ogni singolo gioco esistente in Italia, in base alla tipologia, secondo quanto dispone l’art. 3 del d.P.R. 18 aprile 1951, n. 581 che stabilisce che ogni gioco o concorso debba essere disciplinato da “apposito regolamento”. Il secondo motivo riguarda gli scopi che le norme statali perseguono. Tramite tale disciplina, per lungo tempo trascurata, lo Stato vuole non solo disciplinare e regolamentare il gioco e le scommesse in concreto, ma anche soddisfare altri interessi di carattere generale che

s’intersecano con le esigenze di questa materia: dall’individuazione di nuove fonti d’introiti per lo Stato, dalla protezione dei cittadini da possibili disturbi o patologie legate al gioco, alla repressione delle attività criminali. Ne è derivata una sconfinata produzione normativa, per il tramite di strumenti, a volte anche molto diversi tra loro, come provvedimenti anticrisi, decretazione d’urgenza e manovre finanziarie che hanno comportato un sistema eterogeneo e poco uniforme.

6 Bolaffio L., Deposito preventivo delle poste nel giuoco o nella scommessa, in Giur.

It., Torino, UTET, 1923.

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Un’ulteriore complicazione è data dalla situazione attuale della materia dei giochi. La pratica dei giochi e delle scommesse è in evoluzione e costantemente in diffusione, con un aumento del numero dei giocatori e dei gestori. A questo, si lega dunque una maggiore necessità di liberalizzazione e una riduzione dell’intervento dello Stato, derivante anche dall’esigenza di seguire i principi che l’Unione Europea tende a voler garantire: un mercato unico, senza discriminazioni, un’adeguata tutela concorrenziale e la promozione della libertà d’impresa.

Infine, l’evoluzione tecnologica, con l’avvento di internet, ha accresciuto le potenzialità dei giochi e delle scommesse rendendone meno agevole le operazioni di controllo: tramite l’utilizzo di tale strumento non si ha la certezza di sapere chi si celi dietro l’utente che sta effettivamente effettuando la scommessa, impedendo in concreto, la tutela dei soggetti più deboli e dei minori.

Proprio in considerazione di tali novità, con la capacità di queste nuove tecnologie di abbattere il concetto di territorialità statale, si è fatta più pregnante la necessità di disciplinare l’ingresso di soggetti stranieri nel mercato nazionale.

Da questi elementi si desumono le difficoltà per gli operatori del diritto di approcciarsi, in modo incisivo ed efficace, a tale disciplina per la necessità di coordinare norme anche molto recenti e testi molto datati che, con modifiche, sono ancora oggi vigenti: è il caso delle norme del TULPS (Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza)8 e delle

disposizioni del codice penale9.

1.2. Principi costituzionali

All’interno della Carta Costituzionale non troviamo un articolo o una disposizione che faccia espressamente riferimento alla materia dei giochi e delle scommesse, ma è comunque possibile osservare come

8 R.d., 18 giugno 1931, n. 773

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alcuni diritti siano evidentemente a questa collegati: il diritto alla salute (32 Cost.), libertà di iniziativa economica (41 Cost.).

Riferimenti possono esser fatti anche al principio di uguaglianza (3 Cost.), al diritto al lavoro (4 Cost.), alla tutela del risparmio (47 Cost.). L’attività di esercizio dei giochi può essere considerata come una forma di attività economica privata per la quale è prevista una tutela costituzionale ai sensi dell’art. 41 Cost., comma 1: “L’iniziativa economica privata è libera”.

I commi successivi tuttavia, il 2 e il 3, pongono due limiti stringenti: l’attività deve essere esercitata in modo da non essere contraria all’utilità sociale, non deve recar danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana10 ed è altresì previsto che sia la Legge a determinare i programmi e i controlli affinché l’attività economica sia indirizzata e coordinata a fini sociali11.

Proprio in virtù di tali limiti, l’iniziativa privata appare esclusa nel settore dei giochi, anche se sembra necessario effettuare una distinzione tra gioco lecito e gioco d’azzardo.

La Corte Costituzionale ha difatti affermato, con sentenza 30 ottobre 1975, n. 237 che “Il divieto posto dalle norme penali (gli artt. 718 e 720 c.p.) impugnate non oltrepassa il limite che l'art. 41 consente di porre all'iniziativa economica privata. In effetti le norme in questione concorrono a far sì che l'iniziativa economica privata non si svolga in contrasto con quella utilità sociale che sta a fondamento del precetto costituzionale. Questa Corte ha già, in più pronunce, riconosciuto che non contrastano con l'autonomia e l'iniziativa economica privata quei limiti che a, queste, la legge ponga in funzione della utilità sociale e per impedire che possa derivarne danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana, elementi con i quali mal si concilia, per gli aspetti che gli sono propri, il giuoco d'azzardo”.

La pratica del gioco d’azzardo è quindi proibita dalla legge penale

10 Art. 41, comma 2, Cost. 11 Art. 41, comma 3, Cost.

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perché espone al pericolo la sicurezza dell’uomo e la sua dignità. Simili considerazioni sorgono in merito all’esercizio dei giochi leciti per i quali, in virtù dell’utilità sociale, il d.lgs. 496/1948 esclude

l’iniziativa privata in tutti quei giochi di abilità o pronostici per il quale si preveda una ricompensa di qualsiasi natura e per la cui

partecipazione sia richiesto un pagamento in denaro. Infatti l’organizzazione e l’esercizio di tali attività è sottoposto a riserva statale12.

Ecco che, se il gioco d’azzardo è sempre punito ai sensi del codice penale, alla gestione del gioco lecito può accedervi solo chi sia in possesso di un titolo amministrativo idoneo e necessario: la concessione.

Si sviluppa quindi un quadro in cui l’iniziativa economica privata non è esclusa in maniera assoluta ma subordinata al rilascio di un titolo amministrativo, in un settore che lo Stato, ai sensi dell’art. 43 Cost., ‘preferisce’ sottoporre a riserva originaria “a fini di utilità generale”. La liceità di tale operazione non è così scontata, considerata la complessità degli interessi in gioco.

La giurisprudenza del Consiglio di Stato, sez. IV, con la sentenza 1 marzo 2006, n. 962, afferma che la riserva statale in materia “persegue non solo lo scopo di assicurare un congruo flusso di entrate all’erario, quanto quello di garantire, a fronte della espansione del settore, l’interesse pubblico alla regolarità e moralità del servizio e, in particolare, la prevenzione della sua possibile degenerazione criminale”13.

Quindi, se da un lato l’ordinamento si preoccupa di evitare che le organizzazioni criminali si impongano in questo settore, la riserva punta anche alla tutela della salute, costituzionalizzata all’art. 32 Cost.: negli ultimi anni sta emergendo un fenomeno preoccupante di malattie

12 Art. 1, d.lg. 1948, n. 496.

13 Tale sentenza richiama sullo stesso punto la Cass. Pen., sez. un., sentenza del 26

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connesse al gioco, come le ludopatie o di gioco d’azzardo patologico (GAP), consistenti nel non riuscire a limitare il proprio impulso a giocare. Nonostante il GAP, nell'edizione di maggio 2013 del DSM14 sia stato inquadrato nella categoria delle cosiddette "dipendenze comportamentali", non mancano tuttavia opinioni, come quella di Razzante, che ritengono che la ludopatia sia un falso problema poiché “chi non vuol giocare non lo fa e chi non ne ha le possibilità

economiche non gioca”15. Di diverso avviso è il Fanelli, Direttore dei giochi di AAMS, che intervenendo allo stesso Convegno, ha

evidenziato come in un settore in così grande espansione come quello dei giochi e delle scommesse, la tutela dei minori o dei soggetti deboli, deve essere preminente rispetto ad ogni altro interesse16.

L’articolo 32 della Costituzione quindi contribuisce alla formazione di un ulteriore ostacolo all’esercizio dell’attività imprenditoriale.

Gli operatori del settore devono garantire la prevenzione e la cura di malattie connesse al settore del gaming, impedendo il gioco a tutti quei soggetti che la Legge esclude17 e vigilare su coloro che, pur

giuridicamente legittimati all’attività, devono svolgerla in maniera in maniera responsabile.

Le riserva statale nel settore quindi persegue un duplice scopo: la necessità di assicurare un flusso costante di entrate all’erario; garantire la prevalenza degli interessi pubblici coinvolti, evitando il pericolo di turbative dell’ordine pubblico e della salute pubblica18.

14 Il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, noto anche con la sigla

DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders), è uno dei sistemi nosografici per i disturbi mentali o più utilizzati nel settore medico e sanitario, tanto nel campo clinico che nella ricerca.

15 Razzante R., intervento al convengo “Finanza, gioco e legalità”, Roma, 27

novembre 2012, www.gioconews.it

16 Fanelli R., intervento al convengo “Finanza, gioco e legalità”, Roma, 27

novembre 2012, www.gioconews.it

17 L’art. 24, comma 20 del d.l. 6 luglio 2011, n. 98 stabilisce il divieto nei confronti

dei minori degli anni diciotto di poter partecipare a giochi con vincita in denaro.

18 Maschio F., Alea iacta est. La disciplina delle scommesse online ed il dialogo

istituzionale sulla libertà di concorrenza e la regolazione del mercato, in Corriere giuridico, 1/2011

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La limitazione all’attività economica quindi non si riferisce solo alle modalità di accesso al settore ma anche alle modalità di esercizio di tale attività: una volta ottenuto il titolo, il concessionario deve seguire le norme dettate dal Legislatore.

A questi valori abbiamo detto come, secondo parte della dottrina, se ne possano affiancare altri: la riserva costituzionale tutelerebbe il valore fondamentale del lavoro all’art. 4 Cost. e il valore

dell’incoraggiamento della tutela del risparmio ex art. 47 Cost. Altra parte della dottrina critica fortemente questa impostazione, eccessivamente protezionistica del Legislatore: secondo Notaro19 la giustificazione costituzionale del gioco d’azzardo

nell’incoraggiamento e la tutela del risparmio (art. 47 Cost.), nonché nel valore fondamentale del lavoro (art. 4 Cost.) così come sostenuto da Pubusa20, non pare condivisibile.

Secondo Notaro, queste norme costituzionali, avendo un valore sostanzialmente programmatico e quindi non produttivo di cogenza giuridica verso lo Stato, non possono averla, a maggior ragione, neanche verso i cittadini: il singolo è anche libero di non lavorare, e tale sua scelta, per quanto antisociale, non è sanzionabile; come non appare da una lettura della Carta un obbligo costituzionale al

risparmio: “l’uso del verbo ‘incoraggia’ rinvia alla libera scelta di chi ha a disposizione delle sostanze patrimoniali, mentre l’altro verbo ‘tutela’ si riferisce a chi, in virtù di una libera scelta, ha deciso di risparmiare i propri averi, onde già alla luce dell’interpretazione letterale, non ci pare che possa giustificarsi l’imposizione di non impiegare i propri averi; diversamente argomentando, si finirebbe con il legittimare un’inaccettabile lesione della libertà d’iniziativa

economica privata”.

19 Notaro G., Giochi d'azzardo e diritto penale: brevi riflessioni di politica criminale,

2000, reperibile su www.diritto.it

20 Pubusa F., Giuoco d'azzardo – Dir. pubbl., in Enc. giur. Treccani, XV, Roma,

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L’ultimo profilo da analizzare riguarda la disciplina della potestà legislativa. È necessario individuare, ai sensi dell’art. 117 Cost., se tale settore sia di esclusiva competenza dello Stato o concorrente delle Regioni, giacché la disposizione enuclea un elenco tassativo nel quale non ritroviamo il settore dei giochi21.

La soluzione per la quale vi sarebbe in materia una competenza legislativa residuale delle Regioni, appare poco condivisibile22. È la Corte Costituzionale che afferma che “tutte le prescrizioni attengono chiaramente alla materia dell’ordine pubblico e pubblica sicurezza, che l’art. 117, secondo comma, lettera h), Cost. attribuisce alla potestà legislativa esclusiva dello Stato”23.

La materia dei giochi rientra nella più vasta materia dell’ordine pubblico perché “si riferisce all’adozione delle misure relative alla prevenzione dei reati e al mantenimento dell’ordine pubblico”24, intendendosi per ‘ordine pubblico’ quel complesso di beni giuridici fondamentali e di interessi pubblici primari “su cui si regge la civile convivenza nella comunità nazionale”25.

La competenza esclusiva dello Stato riguarda sia i giochi leciti che quelli illeciti: infatti “rientra (nella competenza) non solo la disciplina dei giochi d’azzardo, ma, inevitabilmente, anche quella relativa ai giochi che, pur presentando un elemento aleatorio e distribuendo vincite, non sono ritenuti d’azzardo”26.

Lo Stato ha così competenza esclusiva in materia di giochi illeciti perché riguardano l’ordinamento penale, quindi l’art. 117 comma 2

21 Art. 117, comma 2, Cost.

22 Mataluni F., La disciplina italiana in materia di giochi e scommesse, in Fidone G.-

Linguiti A. (a cura di), La disciplina dei giochi in Italia tra monopolio pubblico e mercato, Milano, Giuffrè, 2013, p. 68-69

23 C. Cost., sentenza 26 febbraio 2010, n. 72, cit. 24 C. Cost., sentenza 22 giugno 2006, n. 237, cit. 25 C. Cost., sentenza 7 febbraio 2011, n. 35, cit. 26 C. Cost., sentenza 22 giugno 2006, n. 237

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lett. l) Cost., e sui giochi leciti in forza della garanzia dell’ordine pubblico previsto dall’art. 117 comma 2 lett. h) Cost.27

Tale impostazione è stata in parte modificata dal Giudice della Corte Costituzionale che ha ridisegnato il rapporto tra interessi statali e regionali in materia di ordine pubblico e sicurezza riguardo all’apertura delle sale da gioco, analizzata successivamente. Il Decreto Balduzzi28 determina molteplici effetti con riguardo al rapporto tra potestà legislativa statale e regionale, nel quadro del Titolo V della Costituzione.

L’art. 7, ai commi 4, 4-bis, 5 e 6 disciplina una competenza esclusiva in materia di pubblicità sui giochi valida su tutto il territorio nazionale. Ai commi 9 e 10 dello stesso articolo vengono dettate le misure di pianificazione e controllo e riallocazione degli esercizi di gioco con apparecchi di intrattenimento con vincite in denaro e agenzie di scommesse.

Le attività di controllo e di pianificazione sono affidate all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli29: lo svolgimento di tali attività richiede la fissazione di criteri generali, contenuti in un apposito decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze in concerto con il Ministro della salute, previa intesa raggiunta in sede di Conferenza unificata e validi in modo omogeneo per tutto il territorio nazionale.

Il metodo designato dal decreto propone un procedimento unico a livello statale anche per l’esercizio delle funzioni amministrative in deroga al principio di sussidiarietà ex art. 118 Cost.

La ragione di tale scelta sembra risiedere nella necessità di un esercizio unitario della funzione amministrativa, frutto del bilanciamento degli interessi pubblici ex art. 117, comma 3, Cost.

27 Art. 117 comma 2, lettere l) e h) Cost.

28 D.l. 13 settembre 2012, n. 158 modificato dalla l. di conv. 8 novembre 2012, n.

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1.2.1. Il riparto delle competenze tra Stato ed enti locali.

Al dibattito che si è incentrato sull’accertamento dell’esistenza in capo alle amministrazioni degli enti locali di uno specifico potere

d’intervento nel settore, è intervenuto Cino Benelli che affronta le problematiche nascenti dall'intreccio dei molteplici ed eterogenei interessi presenti nel settore dei giochi pubblici con particolare

riferimento al riparto di competenze, funzioni e potestà amministrative tra i diversi livelli istituzionali, anche a seguito del c.d. decreto

Balduzzi30.

Negli ultimi anni si è assistito al proliferare di contenziosi in sede amministrativa, dove i giudici sono stati chiamati a decidere

preliminarmente sulla sussistenza di un potere specifico in capo alle amministrazioni, sia sulla legittimità dei provvedimenti finalizzati alla limitazione degli orari di apertura o chiusura degli esercizi, sia sulle limitazioni circa la localizzazione dei nuovi esercizi allo scopo di tutelare le fasce più deboli dai rischi connessi al gioco.

Connesso a questo ultimo problema il Tar Piemonte aveva adottato l’ordinanza del 18 settembre 2012, n. 990 con la quale aveva

sottoposto alla Corte Costituzionale la questione relativa alla presunta incostituzionalità dell’assetto normativo che escludeva la potestà regolatoria dei Comuni riguardo la pianificazione del proprio territorio. Secondo i giudici amministrativi “il vuoto normativo emerge dalla osservazione che al momento dell’adozione degli atti impugnati difetta un atto normativo dedicato alla materia del gioco d’azzardo sul

presupposto di verifiche e di studi volti a stabilire gli esatti confini dell’incidenza del mercato del gioco sulla popolazione locale, con particolare riferimento ai giovani e agli anziani e, più in generale, agli indigenti: ciò al fine di evidenziare l’esistenza dei presupposti per

30 Benelli C., Dal caos all’ordine delle competenze in materie di giochi pubblici??,

relazione al Convegno “Comunità versus Giochi: la proposta del Comuni Italiani” organizzato il 16 novembre 2012 a Firenze da ANCI, ANCI Toscana e ANIT, con la collaborazione di Lexgiochi,), in www.lexgiochi.it

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approvare criteri di programmazione territoriale utili a contenere la diffusione indiscriminata di attività che presentano profili di rischio non indifferenti. In questo contesto le limitazioni relative agli orari di esercizio o alla localizzazione introdotte dall’azione amministrativa riconosciuta agli Enti locali, che una lettura della normativa vigente sopra richiamata costituzionalmente orientata o dichiarata in parte qua incostituzionale, si prefiggerebbero l’obiettivo di arginare la

disponibilità illimitata delle occasioni di gioco in ambiti territoriali ed in fasce della giornata in cui frequenti sono i fenomeni di devianza sociale”.

Il sistema è stato rivoluzionato dall’art. 7 del d.l. 13 settembre 2012, n. 158 convertito in legge con modificazioni dall’art. 1 comma 1, della l. 8 novembre 2012, n.189 (c.d. decreto Balduzzi) nel quale sono state appunto introdotte specifiche disposizioni concernenti la dislocazione su territorio dei punti di rete fisica di raccolta del gioco.

Questo intervento legislativo attribuisce al Ministero dell’Economia e delle Finanze il potere di adottare per decreto (entro il termine di centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge di

conversione, di concerto con il Ministero della Salute e previa intesa sancita in Conferenza unificata31), con il quale saranno definiti, al netto degli interessi pubblici di settore, i criteri relativi alle distanze da istituti di istruzione primaria e secondaria, da strutture sanitarie ed ospedali, da luoghi di culto, da centri socio-ricreativi e sportivi. In un secondo momento l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli provvederà a pianificare la riallocazione dei punti della rete fisica di raccolta del gioco tramite apparecchi di cui all’articolo 110, comma 6, lett. a) del TULPS più vicini ai luoghi sopra menzionati.

31 La Conferenza unificata è un organismo statale italiano, istituito dal d.lgs. 28

agosto 1997 n. 281. Si compone della Conferenza Stato-Regioni e della Conferenza Stato-Città ed autonomie locali e mira a favorire la cooperazione tra l'attività dello Stato e il sistema delle autonomie, esaminando le materie e i compiti di comune interesse.

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In questa operazione sarà tenuto conto anche delle proposte motivate dei Comuni o delle loro rappresentanze regionali e nazionali e di un ”Osservatorio”32: istituzione nella quale fanno parte non solo esperti individuati dai Ministeri coinvolti ma anche rappresentanti dei Comuni stessi, utile all’individuazione delle misure più efficaci a contrastare la diffusione del gioco d’azzardo e della dipendenza grave.

Il tema del riparto delle competenze nel comparto della raccolta dei giochi e delle scommesse viene affrontato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 300 del 10 settembre 2011. Nella pronuncia i giudici, hanno ribadito che in base alla consolidata giurisprudenza, la materia dell’ordine pubblico e sicurezza attiene “alla prevenzione dei reati e al mantenimento… del complesso dei beni giuridici fondamentali e degli interessi pubblici primari sui quali si regge la civile convivenza della comunità nazionale”33.

È quindi un’interpretazione restrittiva della nozione di “ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale”, di cui all’art. 117, comma 2, lettera h), della Costituzione, in conformità con le precedenti pronunce: ad esempio nella sentenza del 28 gennaio 2010, n. 21 il Giudice della Corte aveva stabilito come la materia riguardi il diritto alla sicurezza comprensivo dell’interesse generale all’incolumità delle persone della lotta alla criminalità, quindi di interessi che necessitano di un coordinamento e di una gestione unica su tutto il territorio, come ribadito anche dal Tar di Trento, sez. IV, nella sentenza del 21 febbraio 2013, n. 63.

Le disposizioni non incidono in maniera diretta sull’installazione dei giochi leciti ma su fattori, come ad esempio la prossimità di

determinati luoghi o la pubblicità, che potrebbero indurre un pubblico

32 Inserito all’art. 7 comma 10,del d.l. 13 settembre 2012, n. 158 convertito in legge

con modificazioni della l. 8 novembre 2012, n.189.

33 Dello stesso avviso la giurisprudenza amministrativa: Tar Lombardia, sez. IV, 9

novembre 2005, n. 3951, Cons. Stato, 23 febbraio 2004, n. 676 e Cons. Stato sez. IV, 14 ottobre 2005, n. 5802.

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psicologicamente più immaturo o comunque vulnerabile a giocare e quindi influire sulla viabilità e l’inquinamento acustico delle aree interessate.

Le disposizioni quindi si concentrano sul costruire un “sistema di prevenzione sociale”.

Secondo Angelini34, la Corte Costituzionale ha ben chiaro che accanto alla strategia di controllo dei giochi leciti, che è affidata allo Stato, è opportuna anche una strategia di “contenimento” della diffusione di tali esercizi: rispetto alla quale sembra necessario un intervento degli enti territoriali, i soli a conoscenza delle esigenze locali e della struttura economica e sociale del territorio.

Le amministrazioni locali hanno dato vita ad interventi in tal senso che, sostanzialmente, si sono esplicati attraverso due specifici strumenti rappresentati da:

-­‐ attivazione del potere riconosciuto ai sensi del comma 7 dell’articolo 50 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, in tema di disciplina degli orari degli esercizi commerciali e dei pubblici esercizi;

-­‐ attivazione del potere disciplinata dal comma 4 dell’articolo 54 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, in tema di adozione di

ordinanze “contingibili ed urgenti” finalizzate alla prevenzione ed eliminazione di gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana35.

Quindi compete al Sindaco disciplinare l’orario delle sale pubbliche del gioco, dovendosi far rientrare nella nozione di “pubblico

34 Angelini F., Quando non bastano le regole del gioco: la Corte fa ordine. Note a

margine della sentenza n. 300 del 2011, in Riv. tel. giur. dell’Ass. Italiana dei Costituzionalisti, n. 1 del 2012.

35 La sentenza del Tar Toscana, Firenze, sez. II, 18 novembre 2011, n. 1784 ha

analizzato una fattispecie in cui il Sindaco ha utilizzato i poteri all’art. 50 comma 5 TUEL. Il sindaco può adottare “ordinanze contingibili e urgenti in caso di emergenze sanitarie o igiene pubblica a carattere locale” non solo per rimediare i danni già verificatisi ma anche per prevenire una situazione di effettivo pericolo di danno grave e imminente per l’incolumità pubblica, non fronteggiabile con gli ordinari strumenti di amministrazione attiva.

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servizio”36 anche le attività di intrattenimento esercitate all’interno di queste ultime. La Giurisprudenza amministrativa ha poi definito, presupposti e limiti che riguardano l’esercizio di tale potere: a livello generale i relativi provvedimenti amministrativi devono rispettare i principi di ragionevolezza e congruità. Il provvedimento in questione non può avere una portata illimitata, che consenta l’esercizio di tale potere per un qualsiasi tipo di interesse che gli amministratori locali ritengano di proteggere. Il Tar Torino, sez. II, con sentenza del 20 maggio 2011, n. 513 ha annullato il regolamento approvato con delibera del consiglio comunale, con il quale veniva imposta la disattivazione degli apparecchi entro un certo orario: il fondamento di tale ingerenza non può essere ritenuta la disposizione di legge di cui all’art. 50, comma 7, del d.lgs. n. 267 del 2000, che consente al Sindaco di poter fissare gli orari degli esercizi pubblici “al fine di armonizzare l’espletamento dei servizi con le esigenze complessive generale degli utenti”, ma quello di intervenire per finalità inerenti la sicurezza pubblica, di competenza dello Stato. Il Tar Lombardia, sez. I, con sentenza del 9 maggio 2013 n. 1182 quindi afferma come

esulerebbero dal compito del Sindaco le “finalità di tutela

dell’incolumità, salute, della quiete pubblica” visto che, a fronte di tali esigenze, ha la facoltà di utilizzare l’ordinanza contingibile e urgente qualora ne sussistano gli estremi.

L’art. 31 del d.l. n. 201 del 2011, il cd. Decreto Salva-Italia, sancisce la liberalizzazione degli orari di apertura e chiusura degli esercizi

commerciali: tale disciplina non può considerarsi applicabile ai ‘pubblici servizi’.

36 Il Tar Lombardia pubblico servizio al quale si applica esclusivamente (in assenza

di una specifica regolamentazione comunale), il T.U. 18 giugno 1931, n. 773 e il relativo regolamento di esecuzione approvato con r.d. 6 maggio 1940, n. 635.”, sez. I, 31 gennaio 2013, n. 296 ha sottolineato come la Corte di giustizia nella sentenza 11 settembre 2003, C-6/01, ha precisato che i giochi di sorte o d’azzardo costituiscono attività economiche ai sensi dell’articolo 2 CE.

(20)

Il secondo strumento utilizzato prevede il potere di adottare, da parte del Sindaco, ordinanze “contingibili e urgenti”37, allo scopo di

prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità e la sicurezza pubblica38.

I giudici amministrativi hanno escluso che nei singoli casi analizzati, sussistano i requisiti prescritti dal legislatore ai fini dell’adozione legittima di tali provvedimenti extra ordinem: il Tar Lombardia39 ha annullato il provvedimento con cui il Sindaco di Varese ha esercitato i propri poteri per prevenire le conseguenze dannose, connesse alla ludopatia, senza che sia stata però chiarita la situazione esistente nel Comune di Varese (i pericoli concreti senza una regolazione restrittiva, la necessità di un provvedimento come quello impugnato); il Tar Campania40 ha annullato due ordinanze ex art. 54, comma 4, con le quali il Comune di Florio aveva adottato una dottrina dei giochi leciti che si sovrapponeva parzialmente alla disciplina statale poiché il potere sindacale di ordinanza ex art. 54 d.lgs. 267/00 non può avere una valenza “creativa” ma deve limitarsi a prefigurare misure che assicurino il rispetto di norme ordinarie volte a tutelare l’ordinata convivenza civile, tutte le volte in cui, dalla loro violazione, possano derivarne gravi pericoli per la sicurezza pubblica.

1.3. I principi fondamentali dell’Unione Europea.

Nonostante l’importanza del settore dei giochi e delle scommesse (non solo da un punto di vista meramente economico), non si riscontra nella normativa europea una disciplina comune e univoca per tutti gli Stati membri.

37 Comma 4, art. 54 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267.

38 Benelli C., Gli orari di apertura e chiusura degli esercizi in cui si praticano giochi

pubblici dopo il c.d. Decreto “Salva-Italia”, in www.lexgiochi.it

39 Tar Lombardia, Milano, sez. III, 13 settembre 2012, n. 2308. 40 Tar Campania, Napoli, sez. III, 15 febbraio 2011, n. 952.

(21)

Le norme che si riferiscono a tale settore si ritrovano inserite in atti, dove la materia viene marginalmente trattata: ne è un esempio la direttiva 98/34/CE, modificata dalla direttiva 98/48/CE, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle

regolamentazioni tecniche.

Le attività dei giochi e delle scommesse sono così escluse da alcune norme e non citate all’interno di altre, entro le quali, astrattamente, potrebbero confluire.

La direttiva n. 2006/123/CE (c.d. Direttiva Bolkenstein) del

Parlamento europeo e del Consiglio, relativa ai servizi del mercato interno sancisce all’art. 2, comma 2, lettera h) che la stessa non si applica “(al)le attività di azzardo che implicano una posta di valore pecuniario in giochi di fortuna, comprese le lotterie, i giochi d’azzardo nei casinò e le scommesse”.

Anche la direttiva n. 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del giugno 2000, relativa ad alcuni aspetti dei servizi della società dell’informazione ed in particolare al commercio elettronico, nel mercato interno (c.d. Direttiva sul commercio elettronico) esclude, all’art. 1, comma 5, lettera d) l’applicabilità “(a)i giochi d’azzardo che implicano una posta pecuniaria, in giochi di fortuna comprese le lotterie e le scommesse”.

A queste si aggiungono:

• la direttiva 92/50/CEE del Consiglio del 18 giugno 199241 che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti di pubblici servizi;

• la direttiva 93/38/CEE del Consiglio delle Comunità europee del 14 giugno 1993, modificata dalla dir. 98/4/CE, che disciplina gli appalti ma in settori speciali;

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• le direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE che disciplinano le procedure di discipline di aggiudicazione degli appalti di lavori, forniture e servizi nei settori “ordinari” e “speciali”. Altre direttive, entro le quali il settore dei giochi sarebbe potuto rientrare, in materia di appalti pubblici di lavori, forniture di servizi non lo disciplinano.

L’inesistenza di una normativa europea favorisce l’autonomia degli Stati Membri nel disciplinare e regolare l’attività del gioco: è pratica diffusa in Austria, Belgio, Cipro, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi e Slovacchia la proibizione del gioco d’azzardo sul territorio statale, tramite sanzioni penali, salvo nei casi previsti dalla legge.

Anche in Italia si ha una disciplina simile: ma, se da una parte non è impedita la prestazione internazionale dei servizi quanto alla mobilità del destinatario, visto che non è vietato il compimento di tali attività all’estero, purché per il principio della territorialità, tali attività

vengano svolte interamente all’estero42; dall’altra si pone un freno allo sviluppo della libera prestazione dei servizi e alla libertà di

stabilimento.

Imporre discipline restrittive nei confronti del gaming comporta una chiusura dei mercati nazionali all’operatore transfrontaliero che voglia accedervi e l’indebolimento di quei principi e quelle libertà

rintracciabili nella normativa europea.

L’assenza di una disciplina europea unica non esonera gli Stati

Membri dal rispetto della normativa comunitaria contenuta nei Trattati e dei principi enunciati dalla Corte di Giustizia, pur ammettendo possibili restrizioni: ai sensi dell’art. 51 TFUE e il l’art. 52 TFUE,

42 Secondo Beltrani S., La disciplina penale dei giochi e delle scommesse, Milano,

Giuffrè, 1999, 381 ss. Poiché il locus commissi delicti ricade nel territorio italiano anche se l’azione è stata realizzata solo in parte nel territorio italiano, vi rientrano la raccolta in Italia di prenotazioni o ricevute di giocata relativa ad attività sportiva con trasmissione dei dati ad un allibratore legalmente esercente all’estero; e la raccolta di puntate per partite o altri avvenimenti su mandato di società estere legalmente operanti negli stati di appartenenza.

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giustificano le restrizioni alla libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi, in base al fatto che le limitazioni avvengano tramite l’esercizio di pubblici poteri o siano giustificate da motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica.

Il ruolo della Corte di Giustizia e della Commissione Europea si è rivelato talvolta quasi sostitutivo del legislatore europeo: il primo organo, in particolare, ha una funzione fondamentale in tutti quei casi in cui il giudice nazionale effettui un rinvio pregiudiziale, ai sensi dell’art. 267 TFUE, non avendo o credendo di non avere i mezzi giuridici per decidere nel merito una controversia43.

Qualora le attività concernenti il settore dei giochi e delle scommesse, siano identificabili come “servizi di interesse economico generale”44 o aventi carattere di monopolio fiscale, ad esse può essere applicato il par. 2 dell’art. 106 TFUE, dedicato alle regole di concorrenza: tali imprese quindi devono operare nel rispetto dei Trattati, a patto che tali norme, non influiscano sulla loro specifica missione affidata.

La Corte evidenzia come tale settore sia da far rientrare all’interno delle “attività economiche” ex art. 2 del Trattato UE45: considerandole tali, l’Unione si prefigge l’obiettivo di eliminare tutte le barriere esistenti e gli ostacoli alla libertà di operare sul mercato, venendo anzitutto in rilievo i principi fondamentali dei Trattati, concernenti la libera circolazione delle merci, la libertà di stabilimento e di

prestazione dei servizi.

Per ciò che attiene la libera circolazione dei servizi, l’art 57 TFUE recita: “Ai sensi dei trattati, sono considerate come servizi le prestazioni fornite normalmente dietro retribuzione, in quanto non siano regolate dalle disposizioni relative alla libera circolazione delle

43 Agnes M., Giudice Amministrativo e diritto comunitario, in Riv. trim. dir. pubbl.,

1999, 331 ss.

44 Cerulli Irelli V., Impresa pubblica, fini sociali, servizi di interesse generale, in

Riv. It. Dir. Pubbl. Comunit., 2006, 5, p 747 e ss.

45 Cfr. Sent. C. Giust. CE, 11 settembre 2003, Associaòão Nacional de Operadores

de Máquinas Recreativas, C-6/01, punto 44-48. L’articolo è stato successivamente abrogato e sostituito dall’art. 3 TUE.

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merci, dei capitali e delle persone. I servizi comprendono in

particolare: a) attività di carattere industriale; b) attività di carattere commerciale; c) attività artigiane; d) attività delle libere professioni. Senza pregiudizio delle disposizioni del capo relativo al diritto di stabilimento, il prestatore può, per l'esecuzione della sua prestazione, esercitare, a titolo temporaneo, la sua attività nello Stato membro ove la prestazione è fornita, alle stesse condizioni imposte da tale Stato ai propri cittadini”.

Elemento distintivo di tale libertà rispetto alle altre è l’occasionalità della prestazione resa nel Paese diverso da quello di origine, che non presuppone perciò, un insediamento duraturo e continuativo nel Paese UE diverso da quello di origine46. Come per la libera circolazione delle persone vige la regola del trattamento nazionale per cui la “prestazione è fornita, alle stesse condizioni imposte da tale Stato ai propri

cittadini”47.

È importante ricordare che nel 2006 la Commissione, a seguito della richiesta del Parlamento Europeo e del Consiglio ha escluso i servizi di gioco d’azzardo dall’ambito di applicazione della sua proposta

modificata di direttiva sui servizi48.

Vista l’assenza di una normativa derivata in materia, l’attenzione si è spostata sull’applicazione del diritto primario: ciò ha comportato una serie di procedimenti d’infrazione a seguito delle denunce contro restrizioni transfrontaliere ai danni di cittadini europei, pervenute alla Commissione.

La Corte di Giustizia ha nel tempo sviluppato una serie di principi che hanno ispirato i Paesi, contro i quali era stata avviata una procedura

46 Cfr. Sent. C. Giust. CE, 21 ottobre 1999, Questore di Verona c. Zenatti, causa

C-67/98, punto 27, cit. secondo cui “il carattere temporaneo delle attività considerate deve essere anche valutato, non solo in rapporto alla durata della prestazione, ma anche tenendo conto della frequenza, periodicità o continuità della prestazione”.

47 Art. 57, par. 3, del TFUE. 48 COM (2006) n. 160 del 4 aprile.

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d’infrazione, a dotarsi di riforme in materia d’azzardo in linea con la direttiva 98/38/CE.

Quindi, mentre la Corte considera le attività in materia di giochi e scommesse come “servizi”, alle quali si rendono applicabili gli artt. da 56 a 62 del TFUE, non sempre essa ritiene applicabile al settore anche gli artt. dal 28 al 37 TFUE, relativi alla libera circolazione delle merci49.

Per quanto riguarda questo tale ultimo aspetto, l’atteggiamento della Corte non è sempre stato costante, mutando più volte, anche in base a necessità legate all’evoluzione del settore.

Nella sentenza Schindler50, la Corte ha deciso che l’organizzazione e l’esercizio delle lotterie non possono essere ricondotte tra le norme del TFUE relative alla libera circolazione delle merci, delle persone o dei capitali dovendo ricevere una qualificazione di servizi. Questo perché “l’importazione e la diffusione di oggetti non sono fini a se stesse, ma esclusivamente destinati alla partecipazione alla lotteria degli abitanti degli Stati Membri in cui detti oggetti sono importati e diffusi”. La Corte ha successivamente confermato tale orientamento,

qualificando come servizi sia l’attività di gestione ed esercizio degli apparecchi automatici per il gioco d’azzardo51, sia le attività di booking (effettuate tramite intermediario).

Questo approccio della Corte nell’escludere le norme relative alla libera circolazione delle merci si basa sul fatto che, in tale ambito, l’importazione e l’esportazione di una “merce”, poiché strettamente connesse e finalizzate a alla prestazione di un servizio, finiscono per

49 La nozione di merce che rileva ai fini del diritto comunitario, comprende tutti i

prodotti valutabili in denaro e idonei ad essere oggetto di transazione in denaro. Cfr. Sent. C. Giust. CE, 10 dicembre 1968, Comm. c/ Italia, causa C-7/68, dove si ricostruisce una nozione economica di merce e non giuridica.

50 C. Giust. CE, 24 marzo 1994, Schindler, causa C-275/92.

51 Sent. C. Giust. CE, 11 settembre 2003, Associaòão Nacional de Operadores de

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essere assorbite nel servizio stesso e quindi non rientrano nella disciplina degli artt. dal 28 al 37 TFUE52.

Con altre pronunce la Corte ha affermato la necessità di procedere all’esame della prevalenza o della secondarietà di una o dell’altra libertà fondamentale, quando un provvedimento nazionale si riferisca sia alla libera prestazione di servizi che alla libera circolazione delle merci.

In altri casi, invece, la Corte di Giustizia ha ritenuto che si dovessero applicare anche al settore in questione gli artt. 28 e ss. del TFUE. In un’importante pronuncia53 che riguarda gli apparecchi automatici per giochi d’azzardo, infatti la Corte oltre a sottolineare l’applicabilità delle norme relative alla libera circolazione dei servizi, evidenzia che “la circostanza che una merce importata sia destinata alla prestazione di un servizio non vale di per sé a sottrarla alle norme in materia di libera circolazione”.

Il capo 2 del Titolo IV del TFUE, dedicato alla libertà di circolazione delle persone, tutela il diritto e quindi la libertà di stabilimento di lavoratori autonomi e persone giuridiche, che hanno la facoltà di esercitare un’attività non salariata in un altro Stato membro attraverso l’insediamento di una propria sede, succursale o filiale.

Sostanzialmente sono due le forme di stabilimento tutelate: a titolo principale, quando l’attività del cittadino UE si svolge totalmente nel territorio di un diverso Stato; a titolo secondario, viene tutelata la posizione di chi crei e conservi più di un centro di attività in altri Stati Membri UE.

Tale libertà comporta lo svolgimento di un’attività economica, per un tempo indeterminato, grazie all’insediamento in pianta stabile in un Paese membro.54

52 Sent. C. Giust. CE, 23 ottobre 1997, Comm. c/Rep.it, causa C-158/94, punti 15-20 53 Sent. C. Giust. CE, 21 settembre 1999, Läärä e altri, causa C-124/97 punto 24, cit. 54 Sent. C. Giust. CE, 25 luglio 1991, Factorame, causa C-221/89, punto 20

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Principio cardine della libertà di stabilimento è quello previsto in generale per la libertà di circolazione delle persone: l’accesso alle attività deve avvenire alle condizioni definite dal paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini.

Secondo la giurisprudenza della Corte, la nozione di stabilimento è molto ampia e implica la possibilità per un cittadino di partecipare in maniera stabile e continuativa alla vita economica di un Paese Membro e di trarne vantaggio, favorendo l’interpenetrazione economica e sociale all’interno della Comunità55.

Per ciò che riguarda il settore dei giochi e delle scommesse, assume rilevanza nel momento in cui una società, con sede in uno Stato Membro, effettui attività di prenotazione o raccolta di scommesse con l’intermediazione di un’organizzazione di agenzie o dei cc.dd. “Centri di Trasmissione Dati”, dovendosi poi verificare se valgono le norme sulla libertà di stabilimento o quelle sulla libera prestazione di servizi. Dato non secondario riguarda il fatto che, tale libertà si riferisce non solo a coloro che il servizio lo prestino, ma anche a chi lo riceva.56 Con le sentenze dei casi Lindman e Fischer57 , la Corte statuisce che l’art. 49 del Trattato UE (ora 56 TFUE) si oppone alla normativa di uno Stato membro, secondo cui le vincite che provengono da giochi d’azzardo organizzati in altri Stati membri, sono assoggettabili all’imposta sui redditi, mentre le stesse che provengano dallo Stato membro, non sono imponibili, verificandosi così una violazione del ‘principio di non discriminazione’.

Tale principio è un corollario del principio di uguaglianza sancito all’art. 2 TUE e agli artt. 8 e 10 del TFUE che impone il trattamento di situazioni analoghe in modo diverso e/o situazioni diverse allo stesso modo, a meno che quel trattamento non sia obiettivamente giustificato.

55 Sent. C. Giust. CE, 30 novembre 1995, Gebhard, causa C-55/94, punto 23 56 Sent. C. Giust. CE, 6 novembre 2003, Zenatti, causa c-243/01, punto 55

57 Sent. C. Giust. CE, 13 settembre 2003, Lindman, causa C-42/02 o Sent. C. Giust.

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Secondo la direttiva sul commercio elettronico58, il luogo di

stabilimento è il luogo in cui la società, che offre servizi tramite siti internet, esercita l’attività economica: né il luogo dove si trova la tecnologia di supporto del sito, né il luogo dove il sito è accessibile. Nel caso in cui la determinazione del luogo sia difficile, il luogo è quello in cui la società ha il centro delle sue attività per ciò che riguarda il servizio.

1.4. Le leggi ordinarie e la riserva statale dell’attività di gioco e scommessa.

Dall’epoca prefascista sino alla fine degli anni ’90 si possono

enucleare solo poche leggi in materia di giochi e scommesse mentre, negli ultimi anni, vi è stata una proliferazione normativa frammentata ed eterogenea.

La prima regolazione sistematica del comparto dei giochi e delle scommesse si ha solo nel 1948 quando viene adottato il d.lgs. del 14 aprile, n. 496 intitolato “Disciplina delle attività di giuoco”. Con questo decreto viene istituito il monopolio dello Stato nel settore dei giochi e delle scommesse per cui “l’organizzazione e l’esercizio di giuochi di abilità e di concorsi pronostici, per i quali si corrisponda una ricompensa di qualsiasi natura e per la cui partecipazione sia richiesto il pagamento di una posta in denaro, sono riservati allo Stato”59. Lo Stato risulta quindi detentore per legge del monopolio del gioco pubblico ed è per questo che secondo De Falco si può parlare di monopolio statale legale o di diritto60.

Lo Stato agisce per il tramite del Ministero delle Finanze che

organizza e gestisce i giochi, direttamente o indirettamente, affidando

58 Dir. 2000/31/CE.

59 Art. 1, d.lgs. 14 aprile 1948, n. 496.

60 De Falco V., Riserve statali nei servizi di gestione e raccolta di scommesse ippiche

e fattori di convergenza con l’ordinamento comunitario, in Dir. Pubb. Comp. Eur., 1/2008, 429.

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l’esercizio dell’attività a un concessionario (persona fisica o giuridica) che possa dare “adeguata garanzia di idoneità”61.

Secondo Cassese, circa la compatibilità della riserva statale con l’art. 41 della Cost. “si è in presenza di un’attività che può essere assunta, quanto all’esercizio, dallo Stato, oppure può essere conferita, con concessione, dallo Stato ai privati, i quali non hanno libertà di

iniziativa economica privata in ordine a questa attività, poiché possono svolgerla soltanto se hanno tale concessione. In definitiva, i privati possono accedere grazie al possesso di una concessione. Poiché in questo settore diversamente da altri le concessioni sono ‘non esclusive’, ne discende ‘la presenza di più di un privato’”62. Eccezioni a tale organizzazione si ritrovano all’art. 6 dello stesso decreto: analogo potere di organizzazione ed esercizio è riconosciuto al Comitato Nazionale Olimpico Italiano (CONI) e all’Unione

Nazionale Incremento Razze Equine (UNIRE), nel solo caso in cui tali attività siano connesse con manifestazioni sportive organizzate o svolte sotto il controllo degli enti predetti.

Tra le ragioni che hanno spinto il Legislatore alla costituzione di una riserva nel comparto dei giochi vi è sicuramente quella di assicurare cospicue entrate finanziarie per l’erario: ecco che tale regime ricade nell’ambito dei monopoli fiscali63, rientrando a sua volta nelle previsioni dell’art. 43 della Costituzione64, che giustifica le riserve costituite a tutela di un “interesse generale preminente”65.

61 Art. 2, d.lg. 14 aprile 1948, n. 496

62 Cassese S., Il regime giuridico del gioco e la sentenza Gambelli, Relazione alla

tavola rotonda su “I nuovi orientamenti della UE in materia di gioco pubblico: il principio della riserva di legge da parte dello Stato e i riflessi sul libero mercato” organizzata dalla Scuola Superiore dell’economia e delle finanze – Ministero dell’economia e delle finanze, Roma, 10 maggio 2004, Forum della pubblica amministrazione, consultabile in

http://archive.forumpa.it/forumpa2004/convegni/relazioni/810-sabino-cassese/810-sabino-cassese.pdf.

63 De Sena E., Monopoli fiscali, in Dig. Disc. Priv. Sez. comm., X, Torino 1994, 52

ss.

64 Cassese S., Il regime giuridico del gioco e la sentenza Gambelli, Relazione alla

tavola rotonda su “I nuovi orientamenti della UE in materia di gioco pubblico: il principio della riserva di legge da parte dello Stato e i riflessi sul libero mercato”

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La legittimità costituzionale del monopolio viene sancita dalla

giurisprudenza amministrativa che afferma come la ratio della riserva risieda negli interessi coinvolti nel gioco e nelle scommesse: essi riguardano le esigenze di contrasto alla criminalità organizzata e più in generale, l’ordine pubblico, la fede pubblica, la tutela del

consumatore/giocatore e il controllo di un settore economico dove esiste il rischio che gli ingenti capitali che vi circolano, siano illeciti. “Si tratta quindi di un’attività che lo Stato ha sempre ritenuto di proprio esclusivo monopolio ex art. 43 della Costituzione e sulla quale ha escluso la libertà di iniziativa economica (…)”66.

Sembra quindi che, l’esistenza di una titolarità esclusiva nel settore dei giochi e delle scommesse, sia lo strumento più efficace a combattere tali fenomeni, piuttosto che un regime di completa apertura67 e, “al contempo, consentono di prevenire eventuali ‘pericoli di turbativa dell’ordine pubblico’, assicurando ‘allo Stato entrate finanziarie da destinare a fini di utilità generale’”68.

Sebbene il regime di privativa sembri contrastare con i principi di parità, non discriminazione e libertà nell’ambito delle attività economiche (di chiara derivazione europea), si può notare come l’istituto della riserva presenti uno spiccato dinamismo, con un contenuto variabile in ragione del recente aumento dell’offerta dei

organizzata dalla Scuola Superiore dell’economia e delle finanze – Ministero dell’economia e delle finanze, Roma, 10 maggio 2004, Forum della pubblica amministrazione, consultabile in

http://archive.forumpa.it/forumpa2004/convegni/relazioni/810-sabino-cassese/810-sabino-cassese.pdf.

65 Art. 43 Cost., cit.: “A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente

o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di

monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale”.

66 Tar Lazio, sez. II, n. 4269/2005

67 Di Nitto T., I giochi e le scommesse, in Franchini C. (a cura di), I contratti con la

pubblica amministrazione, Torino, UTET, 2007.

68 Di Nitto T. I giochi e le scommesse, in Trattato di diritto amministrativo. Diritto

amministrativo speciale, III, a cura di Cassese S., Milano, Giuffrè, 2003, 3147, cita Priasco S., Lotto e giochi organizzati, in D. disc. pubbl., IX, Torino, UTET, 1994

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giochi pubblici in Italia, soprattutto grazie alla diffusione del gioco telematico.

Ogni singolo gioco richiede una disciplina completa che ne regoli il concreto funzionamento, i soggetti coinvolti, i compiti e le diverse responsabilità tenendo presente la norma fondamentale del settore, il d.lgs. 496/1948.

E’ quindi un regime che investe tutte le fasi del gioco pubblico, dalla concessione, alla gestione, all’organizzazione del settore.

Oggi l’organizzazione e l’esercizio dei giochi sono gestite dall’AAMS (Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato) che con il decreto 27 giugno 2012 n. 87, convertito in legge 7 agosto 2012, n. 135 è stata assorbita dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.

Il gioco e la raccolta delle scommesse possono quindi essere svolte direttamente dallo Stato o tramite concessionari, individuati

dall’autorità dei Monopoli. I privati che hanno tali compiti di gestione, assumono funzioni di controllo e governo delle reti, ottenendo così il ruolo di “incaricati di pubblico servizio”.

Il Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS), è contenuto nel r.d. 18 giugno del 1931, n. 733, e contiene alcune disposizioni molto importanti per l’organizzazione del settore dei giochi: sono di fondamentale importanza gli articoli 86, 88 e 110, modificati a più riprese, soprattutto nell’ultimo decennio.

Gli interventi statali che si sono susseguiti hanno riguardato i singoli giochi o singoli aspetti del settore, senza che si sia mai assistito ad una sistemazione organica vera e propria di tutto il settore.

I concorsi pronostici hanno una prima base normativa risalente al d.P.R. n. 581 del 1951.

Nel 1982 si è tentato un riordino del gioco del lotto, e successivamente è stato adottato un regolamento a seguito di delegificazione della

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materia delle manifestazioni a premio alla fine degli anni ’90. Le scommesse invece sono state riordinate nel 199669.

Un intervento significativo è rappresentato dalla l. 13 dicembre 1989, n. 401 che, come da titolo, interviene nel settore del giuoco e delle scommesse clandestine e tutela la correttezza nello svolgimento delle manifestazione sportive.

Secondo Beltrani70, tale legge aveva il triplice obiettivo di: - introdurre aspre sanzioni penali per il gioco illegittimo;

- punire la fattispecie delle frodi in competizioni sportive al fine di assicurarne il regolare svolgimento;

- prevenire la violenza connessa agli eventi.

Questa normativa ha caratteri sostanzialmente di rilievo penale e si aggiunge alle disposizioni già presenti nel codice penale.

All’art. 1, comma 1, la legge prevede la definizione di frode sportiva che punisce “chiunque offre o promette denaro o altra utilità o

vantaggio a taluno dei partecipanti ad una competizione sportiva (…) al fine di raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della competizione, ovvero compie altri atti fraudolenti al medesimo scopo”.

Al comma 3 dello stesso articolo è prevista una aggravante, nel caso in cui essa sia realizzata alterando il risultato di una competizione

“influente ai fini dello svolgimento di concorsi pronostici e scommesse regolarmente esercitate”.

Sotto il profilo sanzionatorio, l’art. 4, comma 1, della L. n. 401 del 1989 punisce penalmente chiunque, in assenza di concessioni, autorizzazioni e licenze “esercita abusivamente l’organizzazione” di scommesse che la legge riserva allo Stato od al CONI.

A partire dagli anni ’90 si diffonde quindi l’idea che il settore dei giochi e delle scommesse possa essere disciplinato da leggi di carattere

69 Cfr. Art. 78, c, 3 della l. n.662/1996

70 Beltrani S., La disciplina penale dei giochi e delle scommesse, Milano, Giuffrè,

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finanziario, inserendovi all’interno disposizioni che lo riguardino: questo accade con le leggi finanziarie del 199671 e del 199772,

unitamente alle norme contenute nella l. n.133 del 1999, in materia di perequazione, razionalizzazione e federalismo fiscale.

Queste norme introducono nuove scommesse a totalizzatore e a quota fissa rinviando, la loro regolazione a decreti ministeriali, ex art. 17, comma 3, della l. n. 400/1988.

Altre innovazioni furono introdotte con la legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria 2001) che modificò l’articolo 8873 del

T.U.L.P.S. ed introdusse due nuovi commi al citato articolo 4 della legge n. 401 del 1989.

La prima normativa che tenta un riordino della materia, è la l. 18 ottobre 2001, n. 383.

L’art. 12, al 1° comma, rinvia ad un decreto del Presidente della Repubblica per l’individuazione di un ente a cui attribuire la gestione, l’organizzazione dei giochi, delle scommesse e dei concorsi a premi. Vengono quindi adottati il d.P.R. 33/2002 e il d.l. 138/2002, convertito nella l. 8 agosto 2002, n.178.

Mentre il primo conferisce l’esercizio delle funzioni statali nel settore dei giochi al Ministero dell’Economia e delle Finanze, che in base

71 È la l. 28 dicembre 1995, n. 549: con la quale si stabiliva che la raccolta delle

giocate del lotto e dei concorsi pronostici dovesse essere effettuata direttamente presso le ricevitorie autorizzate, senza alcuna possibilità di intermediazione (articolo 3, comma 228). Veniva attribuita al CONI la facoltà di affidare la gestione delle scommesse ad esso riservate a persone fisiche, società od altri enti che offrissero adeguate garanzie (articolo 3, comma 229). L’articolo 3, comma 231, inoltre, destinava al C.O.N.I determinate quote di prelievo sull’introito lordo delle

scommesse, al netto dell’imposta unica e delle spese, con l’obbligo a carico dell’Ente di destinare una quota di questi proventi netti alla diffusione delle attività sportive, mediante la realizzazione di infrastrutture sportive, anche scolastiche, nonché allo sviluppo delle attività dei settori giovanili e dei vivai relativamente alle attività agonistiche federali

72 Un sistema analogo fu poi previsto dall’articolo 3, comma 78, della legge 23

dicembre 1996, n 662 (legge finanziaria 1997) per la gestione delle scommesse relative alle corse dei cavalli.

73 In particolare, l’articolo 88 del T.U.L.P.S. viene riformulato tenendo conto del

fatto che nel sistema delle scommesse la concessione ai privati non costituisce più un’eccezione; pertanto, la norma viene riscritta prevedendo la necessità della licenza di polizia come regola generale, collegata al sistema delle concessioni, anziché come deroga a un divieto.

(34)

all’art. 1, le esercita tramite l’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato (AAMS), il secondo trasferisce a quest’ultima le funzioni di regolazione, indirizzo, coordinamento e di controllo del gioco pubblico relativamente ai giochi, alle scommesse e ai concorsi pronostici.

Rimane comunque vigente la riserva del Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI), prevista dall’art. 6 d.l. 14 aprile 1948, n. 496, che riserva la possibilità di gestire le scommesse legate alle manifestazioni sportive. Tuttavia è lo stesso d.l. 138/2002 che attribuisce anche tali funzioni all’AAMS74.

Il d.P.R. 33/2002 ha quindi unificato le competenze in materia di giochi che prima erano ripartite tra Ministro delle Finanze, CONI e l’UNIRE, affidandole all’AAMS.

Il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 31 maggio 2002, in attuazione del decreto ministeriale 15 febbraio 2001, n.156 si è invece occupato delle scommesse in via telematica.

La legislazione degli ultimi dieci anni è esplicativa di una tendenza volta a disciplinare la materia con singole disposizioni sparse

all’interno di leggi più generali: esempio ne sono le leggi finanziarie e di stabilità (dal 2003 a 2015), le leggi comunitarie del 2008, i decreti legge ed altri decreti.

La l. 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria 2003) tocca

essenzialmente due aspetti del settore dei giochi: da una parte modifica l’art. 110 TULPS, nella parte in cui è sottoposta ad autorizzazione dell’AAMS anche la “produzione, l’importazione e la gestione degli apparecchi e congegni da divertimento e intrattenimento, come tali idonei per il gioco lecito”75, dall’altra si occupa del trasferimento delle concessioni.

Riguardo all’ultimo punto tale trasferimento “è consentito previo assenso del Ministero dell’economia e delle finanze –

74 Art. 4, d.l. 138/2002.

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Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato di concerto con il Ministero delle politiche agricole e forestali”76.

L’assenso è subordinato a due condizioni:

• chi richiede la concessione deve avere la disponibilità di locali “idonei all’uso”

• i locali abilitati devono essere distribuiti su territorio nazionale in maniera razionale tenuto conto del rapporto tra densità e composizione demografica e capacità di raccolta delle scommesse.

La legge finanziaria del 2005 prescrive all’AAMS di provvedere a dettare nuove regole su eventi diversi dalle corse dei cavalli, assicurando la possibilità che la raccolta venga posta in essere da operatori degli altri Stati Membri e la creazione di nuovi punti vendita, nel rispetto dei limiti sulla loro collocazione e sul loro numero, da assegnare con gare pubbliche.

Il legislatore prescrive quindi i criteri entro cui l’Amministrazione si deve muovere.

Tra questi vi è l’attivazione di punti vendita per l’attività di giochi e scommesse a seguito di nuove procedure aperte, la loro distribuzione, rispettando le distanze minime, evitando una proliferazione incoerente e disorganizzata.

Riconosce la possibilità della raccolta del gioco a distanze e inoltre viene riconosciuta all’AAMS la raccolta del gioco su base ippica. Il Decreto Bersani-Visco77 prevede all’art. 38 alcune misure di contrasto al gioco illegale, dettando prescrizioni del tutto innovative. Per contrastare il gioco illegale, l’elusione e l’evasione fiscale e

tutelare il giocatore è richiesto al Ministro delle Finanze di adottare dei regolamenti, “nelle materie di competenza del Ministro o di autorità

76 Art. 22, comma 8, l. 27 dicembre 2002, n. 289

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