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La liberalizzazione e i diritti fondamentali tra utilità sociale e libertà economica

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Academic year: 2021

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Università di Pisa

DIPARTIMENTO DI GIURISPRUDENZA

Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

Tesi di laurea

LIBERALIZZAZIONI E DIRITTI FONDAMENTALI

TRA UTILITÀ SOCIALE E LIBERTÀ ECONOMICA

Relatore:

Ch.ma Prof. Michela Passalacqua

Candidato:

Grazia Milone

(2)

I

Indice- Sommario

Introduzione

Capitolo I

L’evoluzione del processo di liberalizzazione e la tutela

dei diritti fondamentali in Italia ed Europa

1. Il significato del termine liberalizzazione

2. Il rapporto tra la liberalizzazione e i diritti

fondamentali

3. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea e la tutela

del corretto funzionamento del mercato

4. Corti Nazionali e CEDU: la preminenza dei diritti

fondamentali

5. La teoria dei “controlimiti”

Capitolo II

Art. 41 Cost. e liberalizzazione: necessità di

bilanciamento tra utilità sociale e libertà di iniziativa

economica

1. Le proposte di riforma dell’art. 41 Cost

2. L’utilità sociale “in collegamento” tra diritti

(3)

II

3. Diritti sociali fondamentali vs libertà economiche

4. Il rapporto tra l’art. 41, le liberalizzazioni e la

concorrenza

5. La liberalizzazione dei servizi pubblici e il monopolio

legale

Capitolo III

La liberalizzazione di attività economiche: libertà,

responsabilità, deregulation dei mercati

1. Liberalizzazione dei servizi e mobilità del lavoratore

2. Professionista intellettuale e disciplina ad hoc

3. Liberalizzazione ed avvocatura

4. Liberalizzazione ed impresa

5. Le liberalizzazioni delle altre attività economiche:

deroghe nel settore farmaceutico

6. La tutela del consumatore all’interno del mercato

Conclusioni

Bibliografia

(4)

III

Introduzione

Il lavoro di tesi da me elaborato tratta del maggiore dei problemi che ogni Stato ha dovuto affrontare nel momento stesso in cui ha focalizzato l’attenzione sulla possibilità di espandere il proprio mercato.

In tutti gli ordinamenti, da sempre, si guarda al profitto, allo sviluppo economico volto soprattutto a facilitare le entrate e a valorizzare l’economica interna ed esterna, alla creazione di un mercato unico europeo, che possa agevolare la “sana” concorrenza.

Sia la valorizzazione dei servizi, che delle imprese, che del lavoro in generale, l’obiettivo è quello di permettere all’apertura dei mercati, di generare benefici per tutti. Ma a chi ci si riferisce affermando “tutti”?

Dal continuo parallelismo tra l’analisi di quello che è avvenuto all’interno del nostro ordinamento a “causa” o “grazie” agli obblighi imposti dall’Europa e la contrapposizione tra i principi della nostra Carta Costituzionale e quelli della Corte di Giustizia UE, non sempre in accordo, sarà incentrato il primo capitolo.

Successivamente alla progressiva apertura dei mercati, avvenuta con la nascita della Comunità Europea nel 1957 con il

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IV Trattato di Roma, che ha rappresentato un punto di svolta per gli Stati, i quali hanno riconosciuto la concessione di diritti esclusivi o speciali alle imprese e hanno stabilito, come obiettivo della comunità stessa, la creazione di un mercato comunitario.

Con il Trattato di Maastricht del 1992 si stabilirono gli obiettivi per il miglioramento della stabilità e della crescita economica e ciò ha rappresentato solo l’inizio (l’apice verrà raggiunto negli anni 90’) di quel processo evolutivo in continua espansione, definito “liberalizzazione”.

Mentre inizialmente l’intervento pubblico nell’economia era preponderante, col passare del tempo gli Stati membri dell’Unione Europea, si sono resi conto degli effetti positivi dell’abbattimento delle barriere, dell’eliminazione dei monopoli, delle concessioni a imprese pubbliche nazionali, della libera circolazione dei fattori produttivi come il lavoro o la tecnologia. Questi elementi nel loro complesso, insieme ad altri fattori produttivi, hanno contribuito alla realizzazione del mercato unico.

La politica economica avrebbe dovuto creare le condizioni ottimali affinchè questo meccanismo funzionasse nei modi più consoni per la salvaguardia della concorrenza e la tutela dei consumatori, con i mezzi posti in essere, ha raggiunto il fine prestabilito? Gli effetti negativi di questo tipo di politica, su cosa o su chi hanno avuto ripercussioni?

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V In questo contesto, che si esprime attraverso un “linguaggio prettamente economico”, il legislatore europeo ha preso in considerazione la tutela dei diritti fondamentali dell’uomo? Quali “strumenti” sono stati utilizzati per garantire che non “si perdano di vista” i valori di quei diritti che hanno poco a che vedere con la crescita del mercato?

L’unificazione della comunità europea, avvenuta in modo graduale, ha fatto dei progressi con il Trattato di Amsterdam nel 1997, il quale ha introdotto disposizioni importanti per la promozione dei diritti sociali. A livello Europeo, una maggiore garanzia per i “diritti non economici” è stata introdotta nel Trattato di Lisbona del 2009, all’interno del quale viene attribuita alla Carta dei diritti fondamentali dell’UE (c.d. Carta di Nizza), lo stesso valore giuridico dei trattati.

Tappa sicuramente importante quella raggiunta, ma che forse non ha assunto lo stesso valore all’interno della comunità europea come invece è avvenuto nel nostro ordinamento, il quale, nel bilanciamento tra valori differenti, ha più volte affermato la prevalenza dei diritti inviolabili dell’uomo, così com’è avvenuto nella sentenza della Corte Costituzionale n. 270 del 2010 (c.d. caso Alitalia).

Tra i principi e i vincoli da rispettare, è necessario trovare un ordine gerarchico dei diritti in gioco, che sembra quasi “invertito” a

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VI livello europeo, mentre all’interno del nostro ordinamento si cerca di dare una risposta più adeguata per bilanciare situazioni differenti, e allo stesso tempo, di rimanere al passo con l’evoluzione dei mercati della comunità europea.

Per la valenza dei suddetti motivi, ho concentrato la stesura del secondo capitolo sulla proposta di riforma dell’art. 41 Cost., punto di riferimento del nostro ordinamento dell’economia di mercato, secondo il quale si può intraprendere una qualsiasi attività economica di produzione di beni o servizi con il limite costituito dal rispetto dei diritti fondamentali.

La modifica dell’art. 41 Cost., è stata “richiesta indirettamente” dalla comunità europea, o per meglio dire, a causa del crescente processo di liberalizzazione, in modo tale da avvicinare maggiormente la possibilità di creare un mercato in linea con le istanze liberali.

All’interno del terzo capitolo, invece, ho spostato la mia attenzione sull’analisi di alcuni ambiti economici/lavorativi come le professioni intellettuali, l’avvocatura o il settore farmaceutico che hanno subito, in modo diverso, gli effetti delle liberalizzazioni.

La parte conclusiva del mio lavoro riguarda le ripercussioni di questo sviluppo sulle imprese e sul consumatore.

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VII Due sono le domande che emergono rilevanti da questa trattazione: che diritti bisogna “sacrificare” per permettere al mercato economico di espandersi come viene richiesto dall’Europa?

Il parametro dell’utilità sociale, cardine del nostro sistema economico, può bastare per bilanciare gli interessi contrapposti?

(9)

1

CAPITOLO I

L’EVOLUZIONE DEL PROCESSO DI LIBERALIZZAZIONE E LA TUTELA DEI DIRITTI

FONDAMENTALI IN ITALIA ED EUROPA

Sommario: 1. Il significato del termine liberalizzazione 2. Il rapporto tra liberalizzazione e diritti fondamentali 3. La corte di Giustizia dell’Unione Europea e la tutela del corretto funzionamento del mercato 4. Corti Nazionali e CEDU: la preminenza dei diritti fondamentali 5. La teoria dei “controlimiti”.

1. Il significato del termine liberalizzazione

Il termine liberalizzazione si è imposto agli inizi degli anni novanta e da quel momento viene utilizzato per indicare l’apertura del mercato attraverso la progressiva riduzione dei vincoli al suo funzionamento. Si intende la possibilità di svolgere attività economiche prima non accessibili a causa dell’esistenza di “barriere all’entrata” sul corrispondente mercato1.

Trattasi di un procedimento attraverso il quale, tramite un provvedimento legislativo, vengono eliminate le barriere che

1 E. BOSCOLO, La regolamentazione del commercio: barriere di ordine

territoriale e tecniche di liberalizzazione, in Riv. giur. Edilizia, Milano,

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2 impediscono a soggetti privati di intraprendere attività economiche svolte prevalentemente da enti pubblici o aziende pubbliche o società per azioni. In tal modo si concede alle imprese private la possibilità di entrare nel relativo mercato.

Le attività che hanno interessato questo processo sono sia quelle che riguardano i servizi di pubblica utilità, ma anche altri settori fondamentali per la competitività delle imprese europee, le quali con diverse misure, necessitavano di nuove riforme. Tra queste si possono enunciare le banche, le assicurazioni, i servizi professionali, la distribuzione commerciale, il settore farmaceutico. Si può definire la liberalizzazione come quell’insieme di misure poste in essere per agevolare l’ingresso dei privati nel mercato economico, in modo tale da provocare la creazione di un mercato libero ed efficiente.

Lo scopo di questo processo è la creazione di un mercato concorrenziale, il quale però deve rimanere soggetto al rispetto di determinate regole fissate dall’autorità pubblica. Quando in Italia si comincia a liberalizzare si parla un “linguaggio europeo”. L’ Europa nasce, sin dal Trattato istitutivo sul finire degli anni 50, su progetti informati a istanze liberali.

Le prime liberalizzazioni vengono accompagnate da misure di deregulation, cioè una eliminazione o riduzione di quelle disposizioni che garantivano privilegi, monopoli, diritti speciali,

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3 protezionismi, ma questo processo non richiede l’eliminazione di ogni regola, piuttosto l’esistenza di enti pubblici e gestione pubblica di talune attività essenziali per la collettività2.

La liberalizzazione infatti non è assenza di regole, ma se mai, codificazione di principi e di direttive liberali che disegnano i contorni entro i quali le libertà individuali possono esercitarsi. Esse convivono con la permanenza di un sistema di regole e controlli necessari proprio per garantire la concorrenza degli operatori economici, l’accesso al mercato, la qualità dei prodotti e dei servizi, la formazione di un prezzo giusto, la tutela del consumatore ed in specie della sua libertà di scelta che è parte integrante della tutela della concorrenza3.

Le liberalizzazioni, prepotentemente sostenute nel corso nel corso dell’ultimo cinquantennio, progressivamente penetrate nell’azione politica europea e nazionale e nella coscienza collettiva, giungono agli albori del XXI secolo cariche della loro eredità liberale e arricchite di contenuti che valorizzano la dimensione personalistica

2 L. ORGAGHI, Dall’istituzionalismo dei rapporti economici, politici e sociali

alla deregulation, voce della Enc. It. G. Treccani, Appendice 2000, vol. I,

Roma-Catanzaro, Ist. Enc. It. Treccani, 2005, p. 111.

3 G.F. DE VERGOTTINI, Liberalizzazione dei servizi nell’Unione europea, in

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4 degli utenti e dei consumatori, il loro essere anche, e forse in primo luogo, cittadini e persone4.

2. Il rapporto tra la liberalizzazione e i diritti fondamentali

La liberalizzazione al di là della sua funzione di promozione della produttività del lavoro, apertura dei mercati, assenza di quei limiti imposti a livello statale, sembra possa essere utile anche per edificare nuovi costumi, nuove strategie di educazione della persona idonee a creare le condizioni per migliorare l’esercizio delle libertà e diritti fondamentali.

È presente uno stretto collegamento tra la libertà dell’individuo di orientarsi consapevolmente, di preferire e decidere, non solo tra i prodotti di consumo o fra i servizi, ma fra i diritti fondamentali, diritti di scelta del cittadino, dal lavoro in ogni sua forma, alle cure mediche, alla scuola, territori nei quali in particolare l’etica riprende il suo posto accanto allo strictum ius5.

La liberalizzazione può essere uno strumento utile per trovare un punto di equilibrio tra collettività ed individuo, dove quest’ultimo

4 F. MACIOCE, Le liberalizzazioni tra libertà e responsabilità, in Riv.

Contratto e impr., Padova, Cedam, 2012, p. 989.

5 P. DEL DEBBIO, È fondamentale liberalizzare la società, in Atlantide,

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5 finisce per trovare la sua condizione di sopravvivenza nel regime di auto-responsabilità, che non è solo né tanto regola delle conseguenze e delle sanzioni, ma monito di una coscienza e consapevolezza rinnovate6.

Tutto questo però deve essere regolato dallo Stato stesso, il quale deve porre in essere delle misure, che vadano a tutelare il cittadino all’interno del mercato, considerato che quest’ultimo sarà sempre un soggetto esposto al rischio di esser messo in secondo piano rispetto alle esigenze del mercato.

Notare come la stessa Corte Costituzionale ritiene che sia dovuto un bilanciamento fra diritti fondamentali, e altri valori, non necessariamente costituenti valori fondamentali, in apparente contraddizione con una rigida concezione gerarchica delle fonti, ove i diritti fondamentali sono indiscutibilmente collocati al primo posto7.

In virtù della nostra Corte Costituzionale sembra che la distinzione tra i diritti fondamentali riconosciuti da quest’ultima, diritti dell’Unione Europea e diritti riconosciuti dalla CEDU sia sempre minore, anzi che gli stessi possono essere considerati coincidenti nel loro insieme.

6 L. MENGONI, Persona e iniziativa economica privata nella Costituzione, in

G. Vettori (a cura di), Persona e mercato, Padova, Cedam, 1996, p. 3.

7 L. DELLI PRISCOLI, Liberalizzazione e diritti fondamentali, Padova,

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6 Vi è una pluralità di interessi che devono essere bilanciati, nella consapevolezza che esiste una reciproca integrazione fra le fonti, fra le quali tende a prevalere quella che offre una maggiore tutela del diritto fondamentale8. In ogni ordinamento è sempre ravvisabile una

gerarchia di valori giuridici che garantisce la coerenza e l’unitarietà, al cui vertice gli ordinamenti costituzionali pongono la dignità della persona, che pertanto, assurge a valore giuridico supremo.

Anche per il diritto dell’Unione Europea, lungi dall’essere espressione della tecno-economia, appare fin dall’origine frutto di un disegno politico ispirato da ideali e valori tanto forti quanto difficili da realizzare, quali quelli della libertà, della giustizia e della pace9.

All’interno dei paesi membri dell’Unione, inoltre, è presente uno stretto collegamento tra la politica economica e commerciale comune alla difesa della pace e della libertà, nata nel Trattato di Roma istitutivo della Comunità Europea ( firmato a Roma il 25 Marzo 1957 ed entrato in vigore il 1° Gennaio 1958, adottato contemporaneamente al Trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica, Eurotam), all’interno del quale, nel preambolo vengono introdotte gli obiettivi da perseguire, tra cui il progresso

8 Corte Cost., 5 giugno 1984, n.170, in Giur. Cost., 1984, p. 327.

9 F. PROSPERI, I diritti fondamentali nel sistema integrato di protezione

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7 economico e sociale dei paesi aderenti e il rafforzamento dell’unità delle loro economie.

Il fine da perseguire è quello della creazione di un mercato comunitario e assicurare uno sviluppo armonioso riducendo le disparità presenti tra le diverse regioni, senza però tralasciare la tutela dovuta ai singoli soggetti. Anche se bisogna sottolineare che la comunità europea ha a lungo privilegiato la realizzazione di un mercato unico a discapito dei problemi sociali.

Inversione di tendenza che è avvenuta con l’atto unico europeo, che tra i propri obbiettivi ha anche quello di migliorare la situazione economica e sociale. La naturale evoluzione del processo di unificazione dell’unione, è avvenuta con il trattato di Maastricht sull’Unione europea del 1992, il quale ha rappresentato una scelta indispensabile sia per miglioramento della stabilità che per la crescita del mercato.

Il Trattato Ue, ma in particolare il Trattato di Amsterdam del 1997, smentiscono appunto, l’idea che il diritto dell’Unione europea sia interamente piegato però all’esigenze del mercato stesso, infatti quest’ultimo pur lasciando inalterati i quattro pilastri della libertà di circolazione (dei beni, dei capitali, dei servizi e del lavoro), ha mitigato l’originaria impostazione liberale del Trattato CEE

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8 attraverso l’introduzione di numerose ed importanti disposizioni volte alla tutela e alla promozione dei valori sociali10.

L’attenzione ai valori e diritti sociali, sempre a livello europeo, è stata ampliata e rafforzata nel Trattato di Lisbona, firmato il 13 dicembre 2007 ed entrato in vigore il 1° dicembre 200911, all’interno

del quale viene attribuita alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (c.d. Carta di Nizza), lo stesso valore giuridico dei Trattati( art. 6, comma 1°, TUE12). Inoltre l’art. 6, comma 3°, del

Trattato dell’Ue, così come modificato dal Trattato di Lisbona, prevede che “I diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e risultati dalle tradizioni costituzionali comuni agli stati membri, fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali”.

Ritornando invece sul regime delle liberalizzazioni, le norme che sono state poste in esser in questo campo, hanno ad oggetto soprattutto le imprese che gestiscono servizi di interesse economico generale, quali ad esempio luce, acqua, telefono e gas e sono pertanto dirette a conciliare da un lato la necessità (connotata da forti

10 Diritti fondamentali e non discriminazione, art.2, art. 3, valori sociali indicati

nei titoli VII, XI e XVII., Amsterdam 1997, in www.eur-lex.europa.eu/legalc.

11 In www.europeanrights.it.

12 G. ALPA, Dignità personale e diritti fondamentali, in Aa. Vv., Scritti in

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9 implicazioni pubblicistiche) di assicurare comunque a tutti la prestazioni di servizi ritenuti essenziali, anche in ipotesi in cui ciò non sia conveniente per l’impresa in termini di economicità13.

La liberalizzazione, dopo quanto sopra esposto quindi, deve trovare un compromesso all’interno degli stati tra le esigenze del mercato e la tutela dei diritti fondamentali dell’uomo, considerato che quest’ultimi assumono un’importanza consistente sia a livello statale, che a livello europeo, anche se la strada da percorre in tal senso non è stata priva di ostacoli e compromessi di vario genere. Bilanciamento dovuto tra valori differenti, i quali necessitano di una specifica attenzione.

3. La Corte di Giustizia dell’Unione europea e il corretto funzionamento del mercato

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea è tradizionalmente deputata alla tutela del mercato e con l’approvazione del Trattato di Lisbona, il nuovo art. 6 del Trattato sull’Unione europea, come sopra

13 L. DELLI PRISCOLI, Il limite dell’utilità sociale, Giurisprudenza

commerciale, fasc. 2, Milano, Giuffrè, 2014, p. 352. C.d. Servizio universale,

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10 esposto, afferma che i diritti fondamentali entrano a pieno titolo a far parte dei valori che la CGUE è tenuta a far rispettare14.

Prima di questa affermazione però, bisogna premettere che l’Unione europea aveva precedentemente trascurato la tutela dei diritti fondamentali, preferendo piuttosto, quando ancora la dicitura di tale istituzione era “Comunità economica europea”, porre la sua attenzione al mercato e all’integrazione economica15.

Venivano trascurati altri aspetti, tra cui un tentativo di creare una reale unione politica e dall’altro uno sforzo di imporre a tutti gli Stati membri il rispetto dei diritti fondamentali16.

Infatti l’interesse dell’Unione era volto più che altro a far valere il principio di libera circolazione delle persone, delle merci, dei servizi e dei capitali17. Anche se nel corso del tempo la portata

14 Trattato di Lisbona, che modifica il trattato sull’unione europea e il trattato

che istituisce la comunità europea, 2007/C 306/01, art. 6, 1° comma “L'Unione

riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati.”

15 Corte Giust. CEE, 5 febbrario 1963, C-26/62, nella sentenza Van Gend en

Loos, oltre a sancire l’efficacia diretta del diritto europeo, principio cardine, consentendo ai singoli di invocare direttamente lo stesso diritto dinanzi ai tribunali, fa riferimento anche ad un ulteriore scopo del Trattato CEE, quale appunto quello di istaurare un ”mercato comune”. In

www.eur-lex.europa.eu/legal.c.

16 L. DELLI PRISCOLI, Liberalizzazione e diritti fondamentali, cit., p. 6. 17 Corte Giust. UE, 8 aprile 2014, Digital Rights Ireland e Seitlinger (cause

riunite C-293/12 e C-594/12) ha dichiarato invalida la direttiva sulla conservazione dei dati, in quanto comporta “un’ingerenza di vasta portata e

particolare gravità nei diritti fondamentali al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati di carattere personale, non limitata allo stretto necessario.”

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11 dell’attenzione europea ai diritti fondamentali è aumentata, vi sono ancora in alcuni settori specifici delle carenze a livello di tutela, settori fondamentali tra l’altro, tra i quali la salvaguardia dell’integrità territoriale, mantenimento dell’ordine pubblico e tutela della sicurezza nazionale prevista all’interno dell’art. 4 comma 2 del Trattato sull’unione europea.

UE che lascia agli Stati membri il compito di salvaguardare e gestire tali settori, con la giustificazione che si tratta di ambiti dove si esprimono maggiormente le tradizionali prerogative della sovranità. Il monopolio statale riguarda l’uso della forza e l’organizzazione delle forze armate e della polizia. Sono ambiti nei quali lo Stato non ha ceduto porzioni della sua sovranità e all’interno dei quali, a livello anche europeo, non può dirsi raggiunta un’adeguata tutela.

Invece sembra meritare l’attenzione della Corte di Giustizia la tutela dell’occupazione (al pari della tutela delle condizioni sul lavoro), al fine riconducibile “dell’interesse generale”, ammesso dal diritto dell’UE a giustificazione del funzionamento delle dinamiche di mercato. E che sia così si è visto essere confermato dalla stessa giurisprudenza sui criteri di aggiudicazione degli appalti pubblici, ma nella logica dell’integrazione del mercato la tutela dell’occupazione non è garanzia della continuità della stessa 18.

18 G. ORLANDINI, Mercato unico dei servizi e tutela del lavoro, Milano,

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12 Corte di Giustizia che ritiene la liberalizzazione uno strumento utile per il corretto funzionamento del mercato e allo stesso tempo necessaria anche per promuovere l’occupazione. La conferma di ciò viene dalla giurisprudenza della Corte in materia di diritto antidiscriminatorio, nell’ambito della quale le finalità occupazionali vengono invocate non per rafforzare la stabilità del posto di lavoro, ma al contrario, come giustificazione per aumentare il grado di flessibilità del rapporto sia in entrata che in uscita19.

L’attenzione posta in essere dalla Corte di Giustizia per la tutela del mercato e l’esigenza di garantire un’applicazione efficace ed uniforme delle regole della concorrenza comunitaria è stata perseguita attraverso la predisposizione di meccanismi di cooperazione e introduzione dell’obbligo in capo ai giudici nazionali di conformarsi alla decisioni della Commissione Europea così come sancito all’interno della “Comunicazione della Commissione sulla cooperazione della rete delle autorità garanti della concorrenza (C-101/0420).

19 Corte Giust. UE, 16 ottobre 2007, Palacios de la Villa, e 9 febbraio 1999

Seymour-Smith causa C-411/O5, causa C-167/97, in G. ORLANDINI,

Mercato unico dei servizi e tutela del lavoro, cit., p. 21.

20 Comunicazione della Commissione sulla cooperazione nell’ambito della

rete delle autorità garante della concorrenza, C-101, 27 aprile 2004, “Il

Regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l'applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato istituisce un sistema di competenze parallele in base al quale la Commissione e le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri possono applicare l'articolo 81 e l'articolo 82 del trattato CE. La Commissione

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13 Le regole sul corretto funzionamento del mercato hanno primaria importanza per l’intera economia comunitaria, ed è significativo che la Corte di Giustizia abbia esplicitamente

riconosciuto all’art. 85 del Trattato CE (ora 101 TFUE21) il ruolo di

norma di ordine pubblico22.

È abbastanza evidente, quindi, come la Corte di Giustizia abbia dato, nel corso del tempo, un’importanza sicuramente più accentuata al mercato rispetto ad altri settori, ma tale presupposto viene messo

e le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri formano insieme una rete di pubbliche autorità: esse operano nell'interesse pubblico e cooperano strettamente per tutelare la concorrenza. La rete costituisce un foro di discussione e di cooperazione in materia di applicazione e di vigilanza sul rispetto della politica comunitaria della concorrenza. Essa costituisce il quadro nel quale si realizza la cooperazione tra le autorità europee garanti della concorrenza sui casi ai quali si applicano gli articoli 81 e 82 del trattato e rappresenta la base per instaurare e preservare una cultura comune in materia di concorrenza in Europa. La rete è denominata "European

Competition Network" (ECN).” In www.eur-lex.europa.eu/legal.

21 Linee direttrici sull’applicazione dell’art 81, paragrafo 3 del trattato, 27

aprile 2004, “L’articolo 101, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento

dell’Unione europea (TFUE) ((ex articolo 81, paragrafo 1, del trattato che istituisce la Comunità europea (TCE)) vieta tutti gli accordi fra imprese, decisioni di associazioni di imprese e pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra i paesi dell’UE e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza. In deroga a tale norma, l'articolo 101, paragrafo 3, del TFUE (ex articolo 81, paragrafo 3, del TCE) dispone che il divieto di cui all'articolo 101, paragrafo 1, del TFUE possa essere dichiarato inapplicabile in caso di accordi che contribuiscano a migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti o a promuovere il progresso tecnico o economico, pur riservando agli utilizzatori una congrua parte dell'utile che ne deriva, che non impongano restrizioni che non siano indispensabili per raggiungere tali obiettivi e che non diano alle imprese interessate la possibilità di eliminare la concorrenza per una parte sostanziale dei prodotti di cui trattasi.”

22 F. DI PORTO, Concorrenza e mercato. Antitrust, regulation, consumer,

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14 in discussione dalla stessa nel momento in cui i diritti “in gioco” sono diversi, o per meglio dire, riguardano la tutela della salute della persona.

La corte di Giustizia infatti ha ritenuto non incompatibile con le norme comunitarie in tema di concorrenza, la scelta di uno Stato membro (nel caso di specie il Belgio) di prevedere, in un atto legislativo, un divieto assoluto di pubblicità per alcuni operatori medici come i dentisti 23. Questo divieto di pubblicità viene

giustificato con la tutela della salute pubblica, che può ritenersi uno dei motivi per il quale è possibile restringere una delle principali libertà del trattato, quale appunto la libertà di circolazione, posta spesso al centro del Trattato stesso. Divieto creato per evitare che i prestatori di cure dentarie possano effettuare pubblicità delle loro prestazioni presso il pubblico ponendo in essere delle azioni propagandistiche capaci di compromettere la fiducia riscossa presso i pazienti. Un atteggiamento di questo tipo potrebbe pregiudicare la loro professione, mettendo a rischio la tutela dell’assistenza prestata.

Secondo la Corte di Giustizia ha quindi rilevanza anche il mantenimento del decoro professionale, che, in caso di deregulation (posta in essere a favore della liberalizzazione) e di libertà assoluta

23 Corte Giust., 13 marzo 2008, C-446/05, in Guida dir., 2008, n. 13, p. 116,

con nota ricognitiva di M. CASTELLANETA, il divieto di pubblicità imposto

ai dentisti non viola le regole sulla libera concorrenza, in www.eur-lex.europa.eu/legal.

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15 nella trasmissione di messaggi pubblicitari, potrebbe compromettere la dignità della professione24. Solo che la stessa Corte di Giustizia ha

disposto una deroga sulla libera circolazione delle merci per motivi di tutela della salute e della vita delle persone, la quale può effettuarsi solo se conforme al principio di proporzionalità, ossia solo se è necessaria per il raggiungimento perseguito e solo se quest’ultimo non potrebbe essere raggiunto attraverso divieti o limitazioni di minore portata o che colpiscano in minor misura il commercio intracomunitario25.

Tale divieto riguardava la possibilità per tutti gli Stati di importare bevande alcooliche per evitare che i più giovani diventassero consumatori, ed è stato ritenuto contrario ai principi comunitari in tema di libertà della circolazione delle merci perché tale principio subiva una compressione eccessiva rispetto agli incerti ed ipotetici vantaggi in termini di miglioramento delle condizioni di salute della collettività26.

Con la sentenza Omega del 14 ottobre 2004, causa C-36/02 la Corte di giustizia ha precisato che vi sono quindi delle libertà che sono ritenute da quest’ultima, prevalenti rispetto alla libera circolazione delle merci, altre che invece vengono compresse a causa

24 L. DELLI PRISCOLI, Liberalizzazione e diritti fondamentali, cit., p. 59. 25 Corte Giust., 5 giugno 2007, C-170/04, Guida dir., 2007, n. 25, p. 99. 26 L. DELLI PRISCOLI, Liberalizzazione e diritti fondamentali, cit., p. 60 ss.

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16 del principio secondo il quale il mercato, la concorrenza e l’ordine pubblico possono assumere un’importanza maggiore27.

A prescindere dal settore di riferimento quindi, è necessario predisporre un bilanciamento tra diritti fondamentali e valori espressi dal mercato, dove almeno per quanto riguarda le linee di giudizio poste in essere dalla Corte di Giustizia, sembra che vengano sacrificati i primi.

In un’occasione che nello specifico riguarda l’Italia, la Corte ha evidenziato lo stretto collegamento tra il corretto funzionamento del mercato e dei meccanismi concorrenziali da un lato e la possibilità per i cittadini di usufruire di libertà fondamentali quali quella al pluralismo dell’informazione dall’altro28.

Per bilanciare le esigenze del marcato e della concorrenza con i diritti fondamentali il nostro Stato ha dovuto fare uno sforzo in più, il quale è avvenuto con il d.lgs. 31 marzo 1998, n. 114.

27 Corte Giust., 14 ottobre 2004, C-36/02, Guida dir., 2004, n. 1, p. 23, “la

nozione di “ordine pubblico” nel contesto comunitario e, in particolare, in quanto giustificazione di una deroga alla libertà di prestazione dei servizi dev’essere intesa in senso restrittivo, di guisa che la sua portata non può essere determinata unilateralmente da ciascuno Stato membro senza il controllo delle istituzioni comunitarie. Ne deriva che l’ordine pubblico può essere invocato solamente in caso di minaccia effettiva ed abbastanza grave ad uno degli interessi fondamentali della collettività.”

28 Corte Giust., 31 gennaio 2008, C-380/05, Guida dir., 2008, n. 7, p. 85.

Secondo la Corte di Giustizia, il regime italiano di assegnazione delle frequenze radiotelevisive non risponde ai criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati richiesti dalla normativa comunitaria.

(25)

17 Il decreto legislativo riguarda la disciplina relativa al settore del commercio, stabilendo i principi e le norme generali sull’esercizio dell’attività commerciale, quali nello specifico: libertà d’impresa nel rispetto della concorrenza, dei diritti del consumatore, dell’ambiente, della salute e del diritto al lavoro (artt. 1-6). Tutto questo è avvenuto grazie alle spinte della comunità europea, la quale come si è potuto notare nel corso del tempo, ha ritenuto che era necessario introdurre delle regole di concorrenza efficaci e ben sviluppate, per far si che il mercato europeo funzionasse correttamente e offrisse ai consumatori i vantaggi del libero mercato.

L’UE punisce i comportamenti anticoncorrenziali, controlla le concentrazioni di imprese e incoraggia la liberalizzazione, ma ciò non significa che questi obiettivi debbano sovrastare la tutela di altri diritti dell’uomo, ed ecco perché un contemperamento fra esigenze diverse è più che dovuto, assolutamente necessario.

4. Corti Nazionali e CEDU: la preminenza dei diritti fondamentali

I diritti fondamentali sono stati “protagonisti” di una lunga e faticosa conquista, al di là di un loro formale riconoscimento, spesso

(26)

18 sono stati sacrificati o per lo meno i criteri di giudizio nei loro confronti, si sono rilevati non di rado contraddittori.

La Corte Costituzionale si è espressa in termini di “nucleo irrinunciabile”, indefettibile” o “essenziale” per spiegare che i diritti fondamentali sono in realtà “violabili”, affinchè questo sacrificio sia dettato da esigenze particolarmente meritevoli di tutela- ossia dalla necessità di bilanciare, contemperare, tali diritti con altri- e purchè appunto non sia intaccato il nucleo irrinunciabile29. Infatti non son

venuti a mancare nel corso del tempo esempi, giurisprudenziali e legislativi, di bilanciamento fra le esigenze di mercato e della concorrenza e diritti fondamentali.

La corte Costituzionale Italiana si è nel tempo dovuta confrontare con intensità sempre maggiore con il problema dell’espansione del mercato, della sua dimensione giuridica e costituzionale e a maggior ragione del rapporto tra politica ed economica valorizzando in un primo tempo la libertà di concorrenza, poi i principi del diritto dell’Unione Europea e la ripartizione di competenze tra Stato e Regioni. Declinando alla fine la concorrenza nella sua dimensione oggettiva come un interesse di rango costituzionale30.

29 Z. CAVALLA, Osservazioni sulla commerciabilità dei diritti della

personalità, in Contratto e impr., Padova, Cedam, 2010, p. 31.

(27)

19 In merito la Corte Costituzionale con la sentenza n. 270 del 2010 (c.d. caso Alitalia), mediante lo strumento della ragionevolezza, che trova il suo fondamento nell’art. 3 Cost.,31 è giunta alla

conclusione che tra diversi valori quali art. 41, co.1 Cost. 32

(concorrenza), 41, co. 2 cost. (utilità sociale) e 4 Cost. (lavoro), dovessero prevalere gli ultimi due elencati rispetto alla concorrenza33.

La Consulta ha deciso di “salvare” l’impresa Alitalia (sottoposta ad amministrazione straordinaria) poiché svolgeva un

“principio generale della liberalizzazione” tra Stato e regioni, in www.rivistaaic.it, 2012, p. 1.

31 Cost. art. 3 “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti

alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinione politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”

32 Cost. art. 41 “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in

contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.”

33 Corte Cost., 22 luglio 2010, n. 270, in Riv. giuridica dei servizi pubblici,

2010, “La corte costituzionale rileva che all’art. 41, co 2 e 3, consente una

regolazione strumentale a garantire la tutela anche di interessi diversi rispetto a quelli correlati all’assetto concorrenziale del mercato garantito. La disposizione censurata costituisce una norma-provvedimento, tuttavia essa, non è irragionevole, in quanto il bilanciamento di una molteplicità di interessi impone una scelta caratterizzata da una connotazione di politica economica e di regolazione del mercato imposta da una situazione eccezionale e, per altro verso, non è sproporzionata, in quanto la soluzione realizzata per garantire la tutela degli interessi generali costituzionalmente rilevanti, anche alla luce delle peculiarità della fase economica e del servizio pubblico espletato da imprese coinvolte nella concentrazione, resiste al necessario test di proporzionalità”.

(28)

20 servizio pubblico essenziale del quale doveva essere garantita la continuità, onde evitare delle distorsioni ed interruzioni che avrebbero avuto delle ricadute in ulteriori comparti.

L’azienda è stata “salvata” anche e soprattutto per scongiurare una grave crisi occupazionale. Se si fosse lasciata fallire l’impresa ci sarebbero state delle ricadute di rilevanti dimensioni e la dispersione del valore aziendale. In questo caso quindi, è prevalso il diritto fondamentale del lavoro rispetto alle norme della concorrenza, impedendo la fusione tra Alitalia e Air One in quanto integrava una “concentrazione anti-concorrenziale”34.

Tale principio è stato ribadito anche all’interno della sentenza n. 238 del 2014 (che verrà trattata successivamente in merito alla teoria dei “controlimiti”), la quale afferma anch’essa che i principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale e i diritti inalienabili della persona devono essere tutelati maggiormente rispetto ad altri, anche di derivazione comunitaria.

La stessa Corte di Cassazione nella sentenza a Sezioni Unite n. 5172 del 1979 pone in essere un’ulteriore differenziazione, che in questo caso non ha nulla a che vedere con il il mercato, né la concorrenza, ma differenzia i diritti fondamentali dai diritti soggettivi, dove quest’ultimi possono essere degradati da un provvedimento

(29)

21 ammnistrativo, mentre i primi sono insuscettibili di affievolimento e sempre nella giurisdizione del giudice ordinario.

All’interno dei diritti fondamentali possiamo far rientrare anche i “diritti umani”, “diritti inviolabili”, entrambi declinazioni dello stesso nucleo di diritti che vengono tutelati nel nostro ordinamento con maggiore intensità rispetto ad altri e che stanno ad indicare diritti che dovrebbero essere riconosciuti ad ogni individuo in quanto tale, come sancito all’interno dello stesso art. 2 Cost. che attribuisci i diritti “all’uomo” e non al “cittadino”35.

Il riconoscimento di tali diritti inviolabili è affidato al controllo di costituzionalità delle leggi affidato alla Corte Costituzionale. É necessario che gli stessi diritti inviolabili vengano bilancianti con altri valori, considerate anche le diverse sensibilità giuridiche che nel corso del tempo hanno assunto importanza.

Bisogna però sottolineare che la Corte Costituzionale ha sempre prestato molta attenzione al tema dei diritti fondamentali.

Si tratta di un campo molto vasto e in continua evoluzione. I diritti dell’uomo sono posti al centro anche dell’azione dell’Unione Europea, costituendo il loro perseguimento l’obiettivo

35 Cost. art. 2 “La Repubblica riconosce e garantisce o diritti inviolabili

dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.”

(30)

22 stesso del mercato interno (art. 3 comma 3° TUE36), soprattutto per

aver attribuito alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (c.d. Carta di Nizza37) lo stesso valore giuridico dei trattati (art. 6,

comma 1°, TUE)38.

La carta contiene un capo (IV rubricato “solidarietà) all’interno del quale compaiono numerosi diritti sociali come per esempio, “il diritto di accesso alle prestazioni di sicurezza sociale e ai servizi sociali” (art.34), il diritto di ogni lavoratore a una “limitazione della durata massima del lavoro e a periodi di riposo giornalieri settimanali e a ferie annuali retribuite ( art. 31)” e infine, il diritto d’accesso “ai servizi d’interesse economico generale(art.36)39”.

I diritti sociali sono dunque posti per la prima volta sul medesimo piano dei diritti civili all’interno dell’Unione Europea, novità che ha inciso positivamente sull’attività della Commissione al parlamento Europeo, che oltre al compito originario di custode delle

36 TUE, art. 3, comma 3° (Art 2 TUE) “[…] L’unione combatte l’esclusione

sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e la protezione sociali, la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore”.

37 Testo approvato a Strasburgo il 12 dicembre 2007, che ha introdotto

modifiche soltanto marginali a quello approvato a Nizza il 7 dicembre 2000.

38 G. ALPA, Dignità personale e diritti fondamentali, in Aa.Vv., scritti in

onore di Franco Modugno, I, Napoli, Editoriale scientifica, 2011, p. 46 ss.

39 F. SORRENTINO, I diritti fondamentali in Europa dopo Lisbona

(31)

23 regole della libertà di mercato, si è sentita investita anche del compito di tutelare i diritti fondamentali e i valori sociali40.

Sembra quindi che bisogna considerare il mercato e la protezione sociale come due concetti indissolubili per la crescita economica e il corretto funzionamento del mercato. Equiparazione al diritto comunitario da parte del Trattato di Lisbona del 1° dicembre 2009 della carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea approva a Nizza che ha accentuato l’attenzione verso i diritti fondamentali, considerato che prima non era formalmente entrata in vigore, anche se aveva assunto importanza nel momento stesso in cui l’Europa, con il progredire del diritto moderno ha prestato più attenzione ad un’economia sociale dello stato piuttosto che alla sovranità del mercato.

Un altro dei motivi che ha dato più importanza ai diritti fondamentali è stato l’introduzione nel primo comma dell’art. 117 Cost.41 del limite per il legislatore statale al rispetto degli obblighi

internazionali che ha inciso sulla giurisprudenza della stessa.

40 F. PROSPERI, I diritti fondamentali nel sistema integrato di protezione

Europeo, in Contratto e impr., Padova, Cedam, 2012, p. 37.

41 Cost. art. 117 “La podestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle regioni

nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”.

(32)

24 Infatti all’interno delle sentenze n. 348 e 349 del 200742 si

afferma non solo la validità delle norme interne nel rispetto della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, ma anche l’interpretazione di questa agli ordinamenti della Corte di Strasburgo.

Con l’approvazione successiva avvenuta nel 2009 del Trattato di Lisbona vengono ampliate le prospettive della protezione dei diritti fondamentali, attribuendo un significato valoriale fondante al rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, del pluralismo, della non discriminazione, della tolleranza, della giustizia e della solidarietà.

42 La Corte costituzionale risolve un primo contrasto con la Corte europea dei

diritti dell’uomo ed interpreta l’art. 117 della Costituzione. I fatti all’interno delle citate sentenze n. 348, 349 avevano ad oggetto la legge italiana sull’occupazione acquisitiva e l’indennità di espropriazione, le quali non erano in contrasto con il testo costituzionale, ma lo sarebbero state se interpretate con i principi posti alla base della giurisprudenza della Corte di Strasburgo. Il problema alla base era che la misura dell’indennizzo per l’occupazione acquisitiva e l’indennità di esproprio venivano valutate in modo differente dalle due Corti. I motivi posti in essere dalla Corte facevano riferimento al presupposto secondo il quale la CEDU non era assimilata al diritto comunitario, ma aveva un rapporto disciplinato diversamente in base a ciascun ordinamento nazionale. Quindi non avrebbe potuto vincolare lo Stato, non essendo un ordinamento giuridico sovranazionale, i giudici nazionali non erano tenuti disapplicare le norme interne in contrasto. La questione è stata risolta sottolineando che se è vero che le due corti (Costituzionale e di Strasburgo) condividevano lo stesso obiettivo di tutela dei diritti fondamentali, allo stesso modo della nostra Corte, non si sarebbero lesi i principi della Costituzione stessa. Inoltre la Corte Costituzionale ha affermato che la CEDU sia una norma di rango sub-costituzionale, quindi come norma interposta, subordinata alla Costituzione, ma non alla legge e quindi ciò rende operativo il parametro dell’art. 117.

(33)

25 I diritti garantiti dalla CEDU, quindi, dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, sono entrati a far parte integrante dell’ordinamento europeo, quali principi generali e gli Stati membri dell’Unione e della Convenzione ne sono vincolati. Questi vincoli saranno presi in considerazione sia quando danno attuazione al diritto europeo, sia quando operano al di fuori dalle materie di competenza dell’Unione Europea, con l’unica differenza che la competenza della Corte di Giustizia ad assicurarne il rispetto è ravvisabile soltanto nel primo caso, ferma restando la giurisdizione esercitata dalla Corte di Strasburgo sugli Stati aderenti alla Convenzione Europea43.

Rinnovato sistema Europeo, all’interno del quale la stessa Corte Costituzionale, in virtù dell’art. 6TUE, afferma che i diritti umani sono garantiti da una triplice tutela: Carta dei diritti fondamentali (c.d. Carta di Nizza); CEDU, come conseguenza della sua adesione da parte dell’Unione; infine dai “principi generali” secondo lo schema dell’art. 6, adesso par. 3, comprendono i diritti sanciti dalla stessa CEDU e quelli risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri44.

Anche se di queste fonti sembra impossibile definire quale prevale, considerata l’impossibilità di individuare un ordine

43 F. PROSPERI, Contr. e impr., Padova, Cedam, 2012, nota sentenza Corte

EDU, 18 febbraio 1999, Mattheus c. Regno Unito, in Riv. dir. Internaz., 1999, p. 1060.

(34)

26 gerarchico delle fonti, rivestendo i diritti fondamentali della persona il rango di principi generali dell’Unione europea, il giudice nazionale che deve assicurare la tutela di un determinato diritto potrà rifarsi alternativamente o cumulativamente sia alla Carta di Nizza, alla CEDU e alle tradizioni costituzionali degli Stati membri.

In un quadro così delineato, è facile notare come all’interno nella comunità europea sia fondamentale la tutela dei diritti fondamentali, apportando una maggiore attenzione rispetto a quanto previsto dal livello standard espresso dal diritto degli Stati nazionali. Sono previste anche due clausole di salvaguardia all’interno dell’art 53 della CEDU e 52, comma 3°, della Carta dei diritti fondamentali, la prima “nessuna delle disposizioni della presente Convenzione può essere interpretata come recante pregiudizio o limitazione ai diritti e alle libertà fondamentali che possano essere riconosciute in base a leggi di qualunque Stato contraente o da altri accordi internazionali di cui tale Stato sia parte.”, la seconda “ il diritto dell’Unione può concedere una protezione più estesa di quella prevista dalla Convenzione.” Abbiamo in tal modo un’apertura alla massima tutela dei diritti dell’uomo, diritti che meritano quest’attenzione.

5. La teoria dei “controlimiti”

La Corte Costituzionale italiana, nella lunga, complessa e mutevole evoluzione della sua giurisprudenza, che muovendo dalla negazione

(35)

27 del primato del diritto comunitario su quello nazionale (sentenza del 7 marzo 1964 n. 1445), è pervenuta, con la sentenza dell’8 giugno

1984 n. 170, a conclusioni opposte, coincidenti, con i risultati enunciati dalla Corte di Giustizia46.

All’interno della sentenza pocanzi enunciata nasce la teoria dei “controlimiti”, che pone al vertice della gerarchia delle fonti i diritti fondamentali, collocati su una scala di valori più alta rispetto al diritto comunitario, che però a sua volta si pone su un piano superiore rispetto alle norme costituzionali.

La Costituzione Italina ritiene che ci siano dei principi supremi che non possono essere modificati nel loro nucleo essenziale, neanche da leggi di revisione costituzionale o altre leggi costituzionali. Sono i principi supremi del nostro ordinamento, per i quali la stessa Costituzione prevede dei limiti assoluti, come avviene per esempio la forma repubblicana (art.139 Cost.).

Questi principi supremi fanno parte di quei valori sui quali si fonda l’ordinamento costituzionale, anche se rimane la possibilità del

45 La Corte Costituzionale all’interno di questa sentenza, antecedente alla

pronuncia della Corte di Giustizia che affermò il primato del diritto comunitario, nella sentenza n. 232 del 1975, ritenne che “l’eventuale contrasto

fra regolamento comunitario e legge nazionale dovesse essere risolto sollevando la questione di costituzionalità”, sicchè le norme interne

incompatibili con le norme comunitarie avrebbero dovuto essere dichiarate incostituzionali per violazione indiretta dell’art 11 della Costituzione, in

www.mulino.it.

46 F. SALMONI, La Corte Costituzionale e la Corte di giustizia delle

(36)

28 controllo di costituzionalità del diritto comunitario per violazione dei principi fondamentali e dei diritti inviolabili della persona. La prima affermazione dell’impossibilità di mettere in discussione questo nucleo di valori protetti, è contenuta nella sentenza del 27 dicembre 1965 n. 98, con la quale la Corte dichiarò che gli effetti interni dell’attività della comunità vanno determinati senza pregiudizio del singolo alla tutela giurisdizionale. Ma è nella sentenza successivamente emanata che la teoria dei “controlimiti” assume maggior rilievo, cioè quella del 27 dicembre 1973 n. 183 (Frontini)47 .

In questa sentenza dopo aver ribadito ancora una volta che l’art. 11 Cost.48 legittima le limitazioni dei poteri dello Stato, allo stesso

tempo pone in essere un confine a tali limitazioni di sovranità. La Corte Costituzionale cede dei poteri alla comunità europea, ma non va oltre i principi che fanno parte del nucleo essenziale dei valori posti alla base dell’ordinamento stesso. E la prova di questa fermezza nella tutela di quei principi supremi “supercostituzionali”, dove è stata data dalla stessa Corte che ha concretizzato

47 Nella sentenza Frontini, la Corte ha posto l’accento sul fatto che

ordinamento nazionale e ordinamento comunitario sono autonomi e distinti, pur se coordinati a messo di una precisa articolazione di competenze. E quindi eventuali conflitti vanno risolti in base al criterio della competenza, perché si tratta di norme di ordinamenti diversi.

48 Cost. art. 11 “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà

degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente in condizioni di parità con altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.”

(37)

29 l’applicazione della teoria dei “controlimiti”, dichiarando incostituzionale una norma UE49.

Sembra che la Consulta voglia “lasciare una porta aperta”, nel caso in cui ritenga che vi sia un’incompatibilità del diritto comunitario con quello interno, facendo un elenco di quei diritti fondamentali che non potranno essere scalfiti neanche da una norma dell’Unione Europea. La categoria più ampia ed organica di principi operanti quali controlimiti è rappresentata, peraltro, da quelli che tutelano i diritti inalienabili della persona umana, i quali appaiono più suscettibili di venire in rilievo rispetto a disposizioni comunitarie.

La ricorrente riaffermazione dei principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale e dei diritti umani, quali limite insormontabile da parte del diritto comunitario, è stata fatta, solitamente, in termini generali e astratti, quasi si direbbe, in via “cautelativa” e a “futura memoria”, senza però scendere ad una valutazione di una specifica questione di incompatibilità fra disposizioni comunitarie e tali principi o diritti fondamentali50.

49 L. DELLI PRISCOLI, Liberalizzazione e diritti fondamentali, cit., nota

Cons. di Stato, 8 agosto 2005, n. 4207 in materia di privatizzazione delle farmacie comunali, la quale, non disapplicando la norma di una legge italiana contrastante con delle disposizioni del Trattato CE perché tale norma (art. 8 l. n. 362 del 1991) era stata oggetto di una sentenza additiva della Corte Costituzionale la quale l’aveva modificata per assicurare la tutela del diritto fondamentale alla salute, ha fatto concreta applicazione della teoria dei controlimiti.

50 U. VILLANI, I “controlimiti” nei rapporti tra diritto comunitario e diritto

(38)

30 È presente quindi un quadro rassicurante della tutela dei diritti umani, confermato dalla dalla clausola contenuta nell’art 53 della Carta di Nizza51 , volto a garantire il livello massimo di tutela, nei

rapporti sia con le norme internazionali, sia con le costituzioni degli Stati membri.

Capitolo II

ART. 41 COST. E LA LIBERALIZZAZIONE: NECESSITÀ DI BILANCIAMENTO TRA UTILITÀ SOCIALE E LIBERTÀ

DI INIZIATIVA ECONOMICA

Sommario: 1. Le proposte di riforma dell’art. 41 Cost. 2. L’utilità sociale “in collegamento” tra diritti fondamentali e mercato 3. Diritti fondamentali vs libertà economiche 4. Il rapporto tra l’art. 41, le liberalizzazioni e la concorrenza 5. La liberalizzazione dei servizi pubblici e il monopolio legale.

51 Carta di Nizza art. 53 “nessuna disposizione della Carta può essere

interpretata in senso limitativa o lesiva dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali riconosciuti, nel rispettivo ambito di applicazione, dal diritto dell’Unione, dal diritto internazionale, dalle convenzioni internazionali delle quali l’Unione, la Comunità o tutti gli Stati membri sono parti contraenti, in particolare la Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, a dalle Costituzioni degli Stati membri.”

(39)

31

1. Le proposte di riforma dell’art. 41 Cost.

Il diritto di iniziativa economica nel nostro ordinamento, disciplinato all’interno dell’art. 41 Cost., è ascrivibile alla categoria dei principi fondamentali dello Stato repubblicano e per tale motivo andrebbe escluso (art. 139 Cost.), da qualsiasi forma di revisione costituzionale e potrebbe essere riformato soltanto ricorrendo all’Assemblea costituente, unico organo dotato di poteri sovrani.

La riforma dell’art. 41 Cost. potrebbe, quindi, essere compiuta solo tramite il procedimento 138 Cost., lasciando ogni discrezionalità sul merito delle scelte applicate alla Consulta, la quale ne verificherebbe la legittimità. Recentemente, a causa anche dell’evoluzione, all’interno dell’Unione Europea, della concezione di un sistema economico più aperto alla possibilità di rendere il mercato “libero”, si è cercato di intervenire, partendo proprio dalla revisione dell’art. 41, quale principio cardine del sistema economico Italiano.

Il Disegno di Legge Costituzionale, approvato dal Consiglio dei Ministri n. 125 del 9 febbraio 2011, aveva lo scopo di generalizzare il sistema di autocertificazione, a discapito dei meccanismi di autorizzazione necessari per l’esercizio di un’attività d’impresa52.

52 M. BARTOLOMENI, Riflessioni ed esercizi di stile sulla “riscrittura”

(40)

32 L’obiettivo doveva essere conseguito con due distinte modifiche, una per ciascuno dei due commi dell’art. 41, nonché la completa modifica del 3° comma.

Lo scopo del disegno di legge non è stato raggiunto e i motivi per i quali l’art. 41 non è stato novellato si trovano all’interno dei principi fondamentali del nostro ordinamento. È risaputo che, ogni qualvolta nella Costituzione si parla di iniziativa economica, ci si riferisce a qualsivoglia attività non immediatamente destinata al consumo personale del soggetto privato.

Il suddetto DDL avrebbe voluto modificare il primo comma dell’art. 41 con la nuova dicitura “L’iniziativa e l’attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge”53. Tuttavia l’idea che individui e formazioni sociali esercitino attività economiche nei limiti prescritti dall’ordinamento è connaturata al manifestarsi dello stesso fenomeno giuridico e non è affatto oggetto di negoziazione politica. Ogni vicenda umana, infatti, è suscettibile di produrre rapporti potenzialmente conflittuali e, in quanto tali, necessitano di essere regolamentati54. Risulta, quindi, ininfluente la modifica che voleva

essere apportata.

53 L. DELLI PRISCOLI, Liberalizzazione e diritti fondamentali, Padova,

Cedam, 2016, p. 70.

54 M. BARTOLOMENI, Riflessioni ed esercizi di stile sulla “riscrittura”

(41)

33 La regolazione preventiva dell’iniziativa economica risolve i potenziali conflitti con gli altri diritti fondamentali, consentendo di calcolare gli oneri cui l’impresa dovrà sottostare per rispettarli. Quanto sopra detto, costituisce la disciplina generale preventiva che viene posta in essere per assicurare la certezza del diritto55.

La seconda modifica necessaria al conseguimento dell’obiettivo in oggetto, era quello di bilanciare i diritti fondamentali con altri principi/diritti anch’essi rilevanti nel testo costituzionale, utilizzando i parametri di necessità, sufficienza e proporzionalità imposti dalla stessa Costituzione. Considerato che all’interno del DDL, se da una parte, si voleva ampliare il diritto di iniziativa economica, dall’altra comunque, si doveva fare attenzione a non intaccare quei valori supremi prescritti all’interno del secondo comma56, quali appunto i criteri concernenti la sicurezza, la libertà e

la dignità umana.

Per ristabilire adeguati assetti normativi fra i diritti fondamentali contemplati dalla Costituzione, la giurisprudenza avrebbe potuto operare una diretta applicazione dell’art. 2 Cost. Si tratta di un filone giurisprudenziale, ormai prevalente, alla cui stregua

55 G. DI GASPARE, Diritto dell’economia e dinamiche istituzionali, Padova,

Cedam, 2015, p. 85.

56 Cost. art 41, secondo comma “Non può svolgersi in contrasto con l’utilità

sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.”

(42)

34 l’art. 2 Cost. viene utilizzato per decodificare il tenuto prescrittivo del principio di buona fede nell’ambito dei rapporti contrattuali a cui partecipi almeno un imprenditore, senza alcun ausilio fornito dall’espressa previsione di cui all’art. 41, comma 2, Cost57. Questo

meccanismo permette all’ordinamento di evolversi a Costituzione invariata.

Ciò che avrebbe potuto destare problemi era l’eliminazione del criterio di utilità sociale, criterio presente al terzo comma, in quanto l’applicazione di tale principio assicura che il diritto di iniziativa economica non vada in contrasto con la tutela di situazioni di carattere oggettivo nella sfera economica-concorrenziale e tutela dell’ambiente. Tali questioni si sono rilevate ancora più difficili da superare rispetto alle precedenti.

Quindi la riforma dell’art. 41 non è stata approvata, da una parte a causa della mancanza dei tempi tecnici previsti, e dall’altra per la presenza di ostacoli normativi di non facile risoluzione.

Nonostante le complessità dell’intervento in materia, sono stati posti in essere altri progetti, i quali dopo una serie di decreti legge, sono stati convertiti in legge, e ciò ha permesso il conseguimento

57 M. BARTOLOMENI, Riflessioni ed esercizi di stile sulla “riscrittura”

dell’art. 41 della Costituzione, cit., p. 395. Principio sancito all’interno delle

sentenze della Cass., sez. I, 6 agosto 2008, n. 21250; Cass., sez. I, 23 settembre 2002, n. 13823; Cass., sez. I, 14 luglio 2000, n. 9321; Cass., sez. I, 21 maggio 1997, n. 4538.

(43)

35 degli obiettivi perseguiti. Con l’art. 1 della legge 24 marzo 2012, n. 27 (di conversione del D.L. 24 gennaio 2012, n.1) si afferma il piano di liberalizzazione richiesto a livello di strategia governativa, in coerenza con l’idea di agevolare lo sviluppo dell’economia tramite l’eliminazione di barriere e limiti posti all’avvio di nuove attività, l’alleggerimento degli oneri procedurali e di autorizzazione richiesti dall’amministrazione, al fine di facilitare il rilancio dell’intero sistema.

Viene così ribadita l’idea che la libertà economica, la riduzione dei vincoli e dei condizionamenti amministrativi allo svolgimento della attività economiche, possa avere come conseguenza positiva, la possibilità di avere più imprese in concorrenza tra di loro e quindi maggior occupazione e miglior offerta a beneficio dei consumatori.

Più concorrenza insieme ad un panorama regolatore più coerente con l’art. 41 della Costituzione e con le norme del trattato dell’Unione Europea, sarebbero quindi in grado di assicurare più utilità sociale complessiva, con conseguenti risvolti positivi per gli indicatori economici generali58. Questa linea di liberalizzazione,

avente ad oggetto le condizioni generali di accesso ai mercati, si

58 E. BOSCOLO, Il decreto legge liberalizzazioni, Leggi d’Italia, Urbanistica

(44)

36 muove in parallelo con la consolidata composizione soggettiva dei mercati stessi, con riduzione dei monopoli ed apertura a nuovi attori59.

L’intervento normativo descritto rappresenta solo l’ultimo degli atti legislativi promossi dal Governo, prima di questo, infatti ,con l’art. 3 del D.L. 13 agosto 2011 n. 138, convertito in L. 14 settembre 2011, n. 148 è stato introdotto il principio secondo il quale “L’iniziativa e l’attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge nei soli casi di: vincoli imposti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali; contrasto con i principi fondamentali della Costituzione; danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana e contrasto con l’utilità sociale; disposizioni indispensabili per la protezione della salute umana, la conservazione delle specie animali e vegetali, dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio culturale; disposizioni nelle relative alle di attività di raccolta di giochi pubblici ovvero che comportano effetti nella finanza pubblica60”. Non è stato l’unico provvedimento, perché poco dopo in merito, è stato emanata in un’ulteriore legge, la quale con l’art. 34 del D. L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in L. 22 dicembre 2011, n. 214 ha

59 G. CORSO, Liberalizzazione amministrativa ed economica, S. CASSESE (a

cura di), in Diz. Dir. Pubbl., Milano, Giuffrè, 2006, p. 3092.

60 Art. 3, Testo del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, coordinato con la

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