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Il rapporto tra l’art 41, le liberalizzazioni e la concorrenza

DI INIZIATIVA ECONOMICA

4. Il rapporto tra l’art 41, le liberalizzazioni e la concorrenza

Il nostro ordinamento, nel corso del tempo, si è dovuto confrontare con la dimensione di un mercato in continua espansione, il quale necessita, sotto per il profilo giuridico e costituzionale, di una regolamentazione in linea con le esigenze dei consumatori e delle politiche economiche nazionali e comunitarie.

78 C. TOMBA, Libera prestazione dei servizi ed esigenze di tutela dei diritti

sociali nella normativa belga in materia di lavoratori autonomi distaccati: la Corte di giustizia può ancora ignorare Lisbona? in Leggi d’Italia, Argomenti dir. Lav., 2013, Milano, Ipsoa, p. 3.

52 La tutela della concorrenza ha fondamento costituzionale all’interno dell’art. 41 Cost. unitariamente considerato79, materia che

coinvolge più norme, da quelle volte a liberalizzare il mercato, a quelle che allo stesso tempo, si occupano della tutela del consumatore.

Il valore del principio della concorrenza è presente soprattutto nelle norme dell’Unione Europea, la quale considera il raggiungimento e il mantenimento di una situazione di concorrenza sui mercati, un obiettivo primario (artt. 101, 102 e 106 TFUE).

Soprattutto all’interno del nostro ordinamento, il principio sopra esposto, deve essere bilanciato con la tutela dei beni costituzionalmente protetti, presupposto che può generare ostacoli alle dinamiche economiche e consequenziale pregiudizio per gli interessi degli operatori sul mercato, dei consumatori e quindi degli stessi lavoratori, i quali si vedono condizionati nelle loro attività e tali limiti quindi, potrebbero generare inutili danni alla stessa utilità sociale.

Sembra più che dovuto trovare un corretto bilanciamento degli interessi in gioco, tramite l’eliminazione di superflui oneri regolamentari, mantenendo al contempo, quelli necessari alla tutela di superiori beni costituzionali.

79 G. OPPO, Costituzione e diritto privato nella “tutela della concorrenza”,

53 Significativa in merito alla questione, la sentenza della Corte Costituzionale n. 270 del 2010 sul c.d. “caso Alitalia”, all’interno della quale si afferma che “la libertà di concorrenza costituisce la manifestazione della libertà di iniziativa economica privata, che, ai sensi del secondo e terzo comma dell’art. 41, è suscettibile di limitazioni giustificate da ragioni di “utilità sociale” e da “fini sociali”.

I principi appena enunciati, vengono garantiti ancora prima della libertà di concorrenza, la quale, anche se è un valore posto alla base della libertà di iniziativa economica, tutela gli interessi della collettività e dei consumatori.

Libertà di concorrenza che non può e non deve, in ogni caso, pregiudicare la posizione di quei contraenti più deboli.

Questa sentenza è posta in relazione alla giurisprudenza che affronta il tema della regolazione del mercato e va alla ricerca dei principi costituzionali che ispirano, limitano e, al contempo, legittimano l’intervento pubblico in economia e che difficilmente può, in qualsiasi forma esso si verifichi, essere considerato neutrale, connotandosi piuttosto per un carattere intrinsecamente politico80.

80 F. SAITTO, La corte costituzionale, la tutela della concorrenza e il

“principio generale della liberalizzazione” tra Stato e regioni, in Riv. AIC, n.

54 In un'altra occasione la Corte Costituzionale, invece, sembra andare anche contro al proprio precedente lavoro (sentenza n. 270 del 2010), prospettando una capacità prescrittiva in parte inedita per il principio di concorrenza, in particolare attraverso il richiamo al c.d. “principio generale della liberalizzazione”81.

La sentenza in commento è la n. 200 del 2012, all’interno della quale, la Corte Costituzionale afferma “Il principio della liberalizzazione delle attività economiche rientra nell’ambito della competenza statale in tema di “tutela della concorrenza”. Il concetto di concorrenza ha un contenuto complesso in quanto ricomprende non solo l’insieme delle misure antitrust, ma anche azioni di liberalizzazione, che mirano ad assicurare e a promuovere la concorrenza “nel mercato” e “per il mercato”, secondo gli sviluppi ormai consolidati nell’ordinamento europeo e internazionale e più volte ribaditi dalla giurisprudenza di questa Corte. Sicché, la liberalizzazione, intesa come razionalizzazione della regolazione, costituisce uno degli strumenti di promozione della concorrenza capace di produrre effetti virtuosi per il circuito economico.” La sentenza in esame, aveva tra l’altro, come giudizio in via principale il riferimento all’art. 117 Cost., comma 2, lett. e82), il quale fa

81 F. SAITTO, La corte costituzionale, la tutela della concorrenza e il

“principio generale della liberalizzazione” tra Stato e regioni, cit., p. 3.

82 Legislazione esclusiva dello Stato ,117 Cost., comma 2, lett. e) “moneta,

55 riferimento alla competenza statale in materia, ma la Corte non ha perso invece l’occasione di sottolineare il principio di liberalizzazione, quale strumento per la promozione della concorrenza (implicitamente riferendosi all’art. 41comma 2, 3 Cost.) con la specificazione dei limiti in esso rientranti (superiori beni costituzionali).

Tornando sulla domanda principale, la Corte sancisce il principio secondo il quale sono le Regioni che dovranno adeguare la loro legislazione al principio generale della liberalizzazione, poiché lo Stato si limita a porre un principio e non delle regole, definendo in maniera esplicita piuttosto, gli ambiti della competenza esclusiva.

Il raggiungimento del fine della tutela del mercato è valutato da una parte come limite alla competenza regionale e dall’altra parte come obiettivo costituzionale dello Stato.

L’introduzione del termine concorrenza nell’art. 117 Cost. fa riferimento solo riparto delle competenze fra Stato e Regioni.

Anche se la decisione della Corte sembra quantomeno disincentivare l'emanazione di norme regionali e provinciali di principio volte a condizionare e limitare i percorsi di liberalizzazione avviati dallo Stato, ciò non toglie che l'assetto di interessi e competenze prefigurato dalla sentenza non precluda in assoluto gli

valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; armonizzazione delle risorse finanziarie”.

56 interventi normativi delle autonomie territoriali. Soprattutto a fronte di leggi poste a tutela degli interessi generali cui fa riferimento lo stesso art. 31, comma 2, D.L. n. 201/2011 (tutela della salute, dei lavoratori, dell'ambiente e dell'ambiente urbano e dei beni culturali, riconducibili ad esigenze di tutela dell'utilità sociale a sensi dell'art. 41, comma 2, Cost.) ed ai motivi imperativi di interesse generale cui fa riferimento la stessa normativa comunitaria intervenuta in materia.

Nella maggioranza dei casi, le singole leggi speciali affideranno alle pubbliche amministrazioni territorialmente competenti una serie di funzioni e poteri volti ad assicurare, in concreto, la protezione dei menzionati interessi.

In questa prospettiva, il problema si sposta dal riparto di competenze normative fra Stato, Regioni e Province autonome alla disciplina dei poteri amministrativi variamente volti a limitare, quantomeno a condizionare, la libera iniziativa economico-privata83.

Il valore attribuito al principio della concorrenza e della libertà economica, oltre ad essere sottoposto alla stretta attenzione del nostro ordinamento, come sopra citato, è soprattutto presente nelle norme dell’Unione Europea, dove all’interno del Trattato di Roma del 25 marzo 1957, gli art. 101 e 102 vietano, rispettivamente, le intese restrittive della concorrenza e gli abusi di posizione dominante posti

83 A. CASSATELLA, La liberalizzazione del commercio e i suoi attuali limiti,

57 in essere da imprese e suscettibili di arrecare pregiudizio al commercio degli Stati membri.

L’art. 106 prevede inoltre che gli Stati membri non adottino, nei confronti delle imprese pubbliche e delle imprese titolari di diritti speciali o esclusivi, misure che restringano la concorrenza in contrasto con le norme comunitarie84.

In questo campo assume molta importanza la liberalizzazione e il decreto legislativo n.1 del 2012, con lo scopo di dare attuazione al principio secondo il quale l’iniziativa economica è libera (art.41, co. 1, Cost.), l’art 1 abroga tutte le norme che prevedano limiti o autorizzazioni per l’esercizio dell’attività stessa.

Come affermato dalla sentenza n. 200 del 2012, confermando l’impianto normativo del disegno di legge n. 138 del 201185, “la

liberalizzazione, intesa come razionalizzazione della regolazione, costituisce uno degli strumenti di promozione della concorrenza capace di produrre effetti virtuosi per il circuito economico 86”.

Si ritiene, principalmente a livello soprattutto Europeo, ma anche nazionale, che una nuova regolamentazione potrebbe aumentare il livello di concorrenza nei mercati, poichè la presenza di

84 Normativa antitrust comunitaria, in www.agcm.it., 2011, p. 1.

85 C.d. ''Manovra bis'' (Decreto Legge 13 agosto 2011, n. 138 recante ''Ulteriori

misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo'' ) coordinato

con la legge di conversione 14 settembre 2011, n. 148, pubblicata nella G.U. 16 settembre 2011, n. 216.

58 troppe regole genera ostacoli inutili alle dinamiche economiche, mantenendo al contempo, la tutela necessaria dei superiori beni costituzionali.

I principi della costituzione che devono essere bilanciati con la liberalizzazione delle attività economiche, come richiesto dall’art.41 Cost., sono legati alla salute, all’ambiente, al patrimonio culturale e alla finanza pubblica, senza ovviamente tralasciare in particolar modo la tutela della sicurezza, della libertà e della dignità umana.

Per essere in linea con la tutela dei principi fin qui trattati, è indispensabile (come affermato sempre all’interno della sentenza della Corte Costituzionale n. 200 del 2012) che il principio della liberalizzazione possa trovare una “razionalizzazione della regolazione”, all’interno della quale, se da un lato è necessario rimuovere le barriere al libero esercizio dell’attività economica per incrementare il mercato, dall’altro queste non devono essere svolte in contrasto con l’utilità sociale e allo stesso tempo devono tutelare i soggetti agenti all’interno del mercato stesso.

Nella sentenza precedentemente enunciata, si fa riferimento alla “soppressione” delle normative statali che impediscono la liberalizzazione delle attività economiche, ma questo presupposto sembra delineato in maniera troppo generica per trovare un riscontro nella realtà giuridica, anche perché impraticabile in concreto. Quest’esigenza era stata avvertita anche dal Consiglio di Stato

59 all’interno della sentenza del 19 gennaio 2010 n.183 “La formulazione e specificazione del principio di coesistenza tra colture transgeniche, biologiche e convenzionali, rappresenta il punto di sintesi fra i divergenti interessi, di rilievo costituzionale, costituiti da un lato dalla libertà di iniziativa economica dell’imprenditore agricolo e dall’altro dall’esigenza che tale libertà non sia esercitata in contrasto con l’utilità sociale87.”

Molti sono stati gli sforzi dello Stato per bilanciare esigenze diverse, già a partire dalla fine degli anni ottanta il legislatore aveva avvertito tale necessità.

Lo Stato, in merito alla questione, con il d.lgs. del 31 marzo 1988, n. 114 è intervenuto per creare un corpus normativo atto ad indicare i principi generali ai quali deve sottostare l’esercizio dell’attività commerciale, in particolare, riguardo la tutela del consumatore in riferimento all’informazione.

Le politiche a tutela del consumatore, nel corso del tempo si sono avvicinate per natura al tessuto sociale, parallelamente alla tutela della concorrenza.

Il decreto legislativo del 24 gennaio 2012, n.1, sulle liberalizzazioni, nel predisporre misure volte a contrastare la crisi ed a favorire la concorrenza, ha previsto novità di rilievo anche nella

87 Cons. Stato, sez. V, 19 gennaio 2010, sentenza n. 183, in

60 tutela dei diritti dei consumatori, intervenendo nel Codice del consumo con l'introduzione del nuovo art. 37bis la cui funzione è di informativa/trasparenza nei confronti dei consumatori e di deterrenza nei confronti dell'imprenditore88.

In conclusione, si può affermare come vi sia una stretta correlazione tra l’art. 41, la liberalizzazione e la concorrenza, principi che non è facile coordinare senza che almeno uno di essi non possa esser messo in secondo piano rispetto agli altri due.