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Professionista intellettuale e disciplina ad hoc

DEREGULATION DEI MERCAT

2. Professionista intellettuale e disciplina ad hoc

La disciplina delle liberalizzazioni assume sfumature diverse nel campo delle professioni intellettuali, dove il rapporto tra la tutela della concorrenza e i diritti fondamentali sembra in contrasto tra le valutazioni della giurisprudenza della CGUE e le Corti nazionali.

Il problema è alla base, poichè la disciplina legislativa italiana è molto diversa da quella europea. In Italia il professionista intellettuale svolge un’attività di tipo professionale/lavorativa connotata da risorse di tipo intellettuale, tramite l’esercizio di capacità che attengono alla sfera intellettiva.

Il nostro legislatore prevede ipotesi diverse in base ai connotati caratterizzanti della attività posta in essere. Innanzitutto questo soggetto svolge la sua prestazione in conseguenza alla nascita di un’obbligazione di risultato, che genererà nei suoi confronti il diritto ad un corrispettivo.

La figura del professionista intellettuale viene disciplinata agli art. 2229-2238 del codice civile all’interno del quale vengono disciplinati alcuni presupposti: la legge determina le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi o elenchi (ex. Art. 2229, 1° comma c.c.); il potere di disciplinare sugli iscritti sono demandati alle associazioni professionali, sotto la vigilanza dello Stato, salvo che la legge

77 disponga diversamente (Art. 2229, 2° comma c.c. e art. 33, 5° comma, Cost.); è la legge che determina quali attività sono destinate alla professione intellettuale.

L’esecuzione della prestazione da parte di chi non è iscritto agli apposti albi, comporta la nullità assoluta del rapporto tra professionista e cliente e conseguentemente si esclude il pagamento della prestazione (Art. 2231 c.c.). Vi sono altre cautele che riguardano anche le modalità di esecuzione dell’attività poiché: la prestazione del professionista intellettuale è qualificata come personale; deve essere realizzata direttamente dal soggetto in questione.

Il professionista può avvalersi comunque di sostituti o di ausiliari che operano sotto la sua direzione e la sua responsabilità, a condizione che “sia consentito dal contratto o dagli usi e non vi siano incompatibilità con l’oggetto della prestazione” (art. 2232 c.c.). All’interno del codice civile non viene trascritto il presupposto secondo il quale il professionista intellettuale sia un lavoratore dipendente, né che sia esente da un rapporto di subordinazione, come avviene nella libera professione, anche se è proprio quest’ultima caratteristica gli viene generalmente attribuita. Tuttavia è pacifico intendere che il professionista intellettuale sia colui il quale svolge la sua attività in via continuativa, caratterizzata dall’attività del singolo e che può prestare la sua opera anche in posizione subordinata, purchè

78 abbia sufficienti margini di discrezionalità senza i quali non si può parlare di prestazione d’opera intellettuale.

Disciplina ad hoc del professionista intellettuale, che viene distinta da quella dell’imprenditore (2082 c.c. ss.111), perchè basata

sul principio della personalità della prestazione, sulla sua non fallibilità, sull’assenza di un obbligo di iscrizione del registro delle imprese e di tenuta delle scritture contabili, su di una giurisprudenza che addossa l’onore della prova della non diligenza sul cliente112.

Questa distinzione posta in essere dal nostro ordinamento però non sembra ontologicamente condivisibile.

L’evoluzione dell’esercizio dell’attività professionali, ha portato le attività intellettuali a diventare sempre più corredate dagli stessi caratteri previsti dall’art. 2082 c.c. poichè trattano entrambe di attività produttive, le quali sono finalizzate alla produzione di un servizio, sono connotate da economicità (essendoci spesso scopo lucrativo), la professionalità è presente come elemento qualificante, l’abitualità della prestazione è un altro requisito necessario richiesto dalla legge e perfino l’elemento dell’organizzazione può essere presente anche all’interno delle professioni intellettuali. Sembra

111 Art. 2082 c.c. “E’ imprenditore chi esercita professionalmente una attività

economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi”.

112 L. DELLI PRISCOLI, Liberalizzazione e diritti fondamentali, Padova,

79 quindi non ci sia nulla che possa escludere la possibilità di integrare entrambe le fattispecie. Queste considerazioni si nel nostro ordinamento si scontrano con l’art. 2238 c.c.113, il quale rinvia alle

norme relative all’impresa nel caso in cui l’esercente di una professione intellettuale utilizza dei sostituti nella sua attività. In questo caso l’enunciato normativo è chiaro poiché pone un’alterità tra attività d’impresa e attività intellettuale anche dove sussistano i requisiti.

In questa scelta del legislatore vi è una logica di trattamento referenziale di favore nei confronti delle attività produttive che abbiano carattere intellettuale. Differenziazione creata in ossequio ad una visione tradizionale nata nel codice civile del 1942, all’interno della quale il professionista intellettuale rispetto all’imprenditore ha una condizione di privilegio concessa dalla legge. Distinzione che però oggi è venuta meno in ambito comunitario, all’interno del quale il professionista intellettuale è assimilato all’imprenditore.

Nell’UE le professioni costituiscono una categoria ampia ed eterogenea e le due figure sopra citate vengono assimilate. Si tratta di soggetti che vendono beni o servizi sul mercato a fini di lucro e come

113 Art. 2238 c.c. “Se l’esercizio della professione costituisce elemento di

un’attività produttiva organizzata in forma di impresa, si applicano anche le disposizioni del titolo II. In ogni caso, se l’esercente una professione intellettuale impiega sostituti o ausiliari, si applicano le disposizioni delle sezioni II, III e IV del capo I titolo II.”

80 tali vanno assoggettati in condizioni di parità e alle stesse regole di concorrenza114.

Dal dato testuale emergente, il legislatore utilizza una varietà di espressioni quali “libere professioni, professioni regolamentate, professioni liberali, professioni intellettuali”. Con la nozione “professioni regolamentate”, il legislatore comunitario fa riferimento all’insieme delle attività il cui svolgimento è subordinato, in forza di norme statali, legislative, regolamentari o amministrative, al possesso di determinate qualifiche professionali, che possono essere attestate mediante titoli di formazione, diplomi ed altri certificati, esperienza professionale, tirocini115.

Nell’ambito dell’ampia categoria delle professioni regolamentate, rientra e assume specifico rilievo comunitario la nozione della categoria interna delle “professioni liberali”, espressione utilizzata per la prima volta dal legislatore comunitario nella direttiva 2005/36/CE.

A ben vedere è del tutto differente la normativa comunitaria, la quale disciplina in maniera unitaria le professioni, mentre all’interno

114 L. DELLI PRISCOLI, Liberalizzazione e diritti fondamentali, cit., p.138. 115 Art. 3, co. 1, lett. a), Direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del

Consiglio, del settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali; art. 4, pt. 11, Direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno.

81 del nostro ordinamento rimane quella disciplina “speciale” e “agevolata” per le professioni intellettuali.