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Analisi comparata dei flussi finanziari nel settore delle Telecomunicazioni: casi Telecom Italia e Wind

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Academic year: 2021

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INDICE

INTRODUZIONE 5

CAPITOLO I

STRUMENTI DI RAPPRESENTAZIONE DELLA DINAMICA

D’IMPRESA: IL RENDICONTO FINANZIARIO 7

I.1 L’IMPORTANZA DEL RENDICONTO FINANZIARIO: DEFINIZIONE E FINALITA’ 7

I.2 I DESTINATARI DEL RENDICONTO FINANZIARIO 9

I.3 MODELLI DI RENDICONTO FINANZIARIO 10

I.4 INTERNATIONAL ACCOUNTING STANDARDS 7 13

I.4.1 LA RISORSA FINANZIARIA DI RIFERIMENTO 14

I.4.2 CLASSIFICAZIONE DEI FLUSSI FINANZIARI 14

I.4.2.1 Interessi, dividendi, imposte e flussi in valuta estera 16

I.5 PRESENTAZIONE DEI FLUSSI FINANZIARI 17

I.5.1 Flussi finanziari derivanti dall’attività operativa 17

I.5.2 Flussi finanziari derivanti dall’attività di investimento e finanziamento 20

I.5.3 Informazioni integrative 22

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I.6.1 IL RENDICONTO FINANZIARIO PERCENTUALIZZATO E INDICI DI

COMPOSIZIONE 23

CAPITOLO II

IL SETTORE DELLE TELECOMUNICAZIONI:

EVOLUZIONE STORICO – NORMATIVA E SCENARIO

COMPETITIVO ATTUALE 25

II.1 EVOLUZIONE NORMATIVA: DAL PROCESSO DI

LIBERALIZZAZIONE AI PRINCIPALI INTERVENTI NORMATIVI

II.1.1 MONOPOLIO E AVVIO DEL PROCESSO DI LIBERALIZZAZIONE 25 II.1.2 PROCESSO DI REGOLAMENTAZIONE: PRINCIPALI INTERVENTI

NORMATIVI 28

II.1.3 L’AUTORITA’ PER LE GARANZIE NELLE TELECOMUNICAZIONI: AGCOM 32 32

II.2.1 LO SCENARIO COMPETITIVO ATTUALE 36 II.2.2 CONTESTO COMPETITIVO NELLE TELECOMUNICAZIONI FISSE 39 II.2.3 CONTESTO COMPETITIVO NELLE TELECOMUNICAZIONI MOBILI 43 II.3 IN PROSPETTIVA: PROPOSTA DI REGOLAMENTO EUROPEO CONNECTED CONTINENT E L’ AGENDA DIGITALE 50

CAPITOLO III

ANALISI ECONOMICO – FINANZIARIA DEL GRUPPO

TELECOM ITALIA 56

III.1 GRUPPO TELECOM ITALIA: STRUTTURA SOCIETARIA E MODELLO DI BUSINESS 56

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III.2 BREVI CENNI STORICI. 61

III.3 ANALISI ECONOMICO – FINANZIARIA 66

III.3.1 PRINCIPALI DATI ECONOMICO – FINANZIARI CONSOLIDATI 68

III.3.2 DATI PATRIMONIALI CONSOLIDATI 74

III.3.3 INDICATORI ALTERNATIVI DI PERFORMANCE: EBIT E EBITDA 77

III.3.4 PRINCIPALI INDICI REDDITUALI 81

III.4 PRINCIPALI DATI ECONOMICI ED OPERATIVI A LIVELLO DI BUSINESS UNIT 83

III.5 ANALISI DEI FLUSSI FINANZIARI: IL RENDICONTO FINANZIARIO 91

III.6 INTERPRETAZIONE DEL CASH FLOW: ANALISI DEI MARIGINI E RENDICONTO FINANZIARIO PERCENTUALIZZATO 97

III.6.1 INTERPRETAZIONE DEI MARGINI 98

III.6.2 RENDICONTO PERCENTUALIZZATO E INDICI DI COMPOSIZIONE 120

III.7 EVOLUZIONE PREVEDIBILE DELLA GESIONE PER L’ESERCIZIO 2015 126

CAPITOLO IV

ANALISI ECONOMICO - FINANZIARIA GRUPPO WIND 128

IV.1 GRUPPO WIND: STRUTURA SOCIETARIA E MODELLO DI BUSINESS 128

IV.2 BREVI CENNI STORICI 131

IV.3 PRINCIPALI DATI OPERATIVI 133

IV.4 PRINCIPALI DATI ECONOMICI E PATRIMONIALI 138

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4

IV.6 ANALISI DELLA DINAMICA FINANZIARIA: IL RENDICONTO

FINANZIARIO 146

IV.7 INTERPRETAZIONE DEL CASH FLOW: ANALISI DEI MARIGINI E RENDICONTO FINANZIARIO PERCENTUALIZZATO 151

IV.7.1 ANALISI DEI MARGINI 152

IV.7.2 RENDICONTO FINANZIARIO PERCENTUALIZZATO 164

CAPITOLO V

ANALISI COMPARATA DEI FLUSSI FINANZIARI : GRUPPO

TELECOM ITALIA E GRUPPO WIND 172

V.1 PREMESSA 172

V.2 ANALISI DELLE FONTI 177

V.3 ANALISI DEGLI IMPIEGHI 184

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE 188

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5

INTRODUZIONE

Quello delle telecomunicazioni è un settore molto complesso, i cui andamenti macro-economici sono fortemente influenzati da una molteplicità di aspetti.

La dinamica competitiva dei prezzi, l’impatto dell’intervento regolatorio che ha prodotto una riduzione delle tariffe di terminazione, la condizione macroeconomica sfavorevole che ha ridotto la capacità di spesa delle famiglie, sono solo alcuni elementi che vanno a comporre il quadro di complessità.

Il mercato italiano, in particolare, continua ad essere caratterizzato da una forte pressione competitiva con un significativo ricorso alla leva prezzo, che negli anni ha portato ad un fisiologico impoverimento delle componenti di servizio tradizionali, prima fra tutti la voce. In tale contesto, il principale elemento di evoluzione del mercato permane l’ulteriore aumento della penetrazione del Broadband, in particolare Mobile, abilitato anche dall’aumento della penetrazione dei terminali di nuova generazione. Lo sviluppo del BroadBand ha comportato l’evoluzione dello scenario competitivo verso un contesto di maggiore complessità, con l’aumento dell’interrelazione tra player di mercati diversi, che si declina in un’apertura del Mercato TLC alla concorrenza degli operatori non tradizionali (in particolare Over the Top-OTT e produttori di Devices/Consumer Electronics), nonché nella possibilità per gli operatori di telecomunicazioni di sviluppare nuovi servizi cosiddetti “Network based” (principalmente in ambito IT e Media).

Per gli operatori di telecomunicazioni, oltre alla “core competition” focalizzata sugli altri operatori storici del settore, si aggiunge l’“invasione di campo” da parte di Over the Top e produttori di Device, che sfruttano la piena comprensione dell’evoluzione dei modelli di consumo, della Consumer Electronics e del mondo del software, ed operano appieno nel nuovo mondo digitale, basandosi su logiche competitive completamente diverse da quelle dei player di TLC.

Sulla base di questi spunti, il presente lavoro si propone di effettuare un’analisi economico – finanziaria di due principale operatori delle telecomunicazioni che

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operano principalmente nel mercato italiano, soffermandosi prevalentemente sulla dinamica dei flussi finanziari, attraverso lo strumento del rendiconto finanziario.

Il modello di riferimento, è afferente ai principi contabili internazionali, in particolare lo IAS 7, il quale va a caratterizzare il primo capitolo della trattazione. Definizione, finalità, modelli di rendiconto, con un maggior dettaglio riservato proprio al cash flow statement.

Nel secondo capitolo si vuole dare una dettagliata descrizione del settore delle telecomunicazioni: evoluzione storico – normativa che prende avvio con il monopolio, il processo di liberalizzazione, sino ai più recenti interventi normativi; la definizione dell’ AGCOM, autorità garante delle telecomunicazioni; la delineazione dello scenario competitivo attuale.

Il capitolo terzo, si concentra sulla prima delle realtà aziendali prese in considerazione, il Gruppo Telecom Italia. Dopo un riferimento alla struttura organizzativa, modello di business adottato e brevi cenni storici, la trattazione si arricchisce di dati economici, dati patrimoniali, indicatori alternativi di performance, prima di soffermarsi sulle dinamiche finanziarie: rendiconto finanziario, analisi dei margini, rendiconto percentualizzato e indici di composizione i principali strumenti adottati.

Tale struttura va a caratterizzare anche il capitolo successivo, il quarto, che va ad analizzare il secondo soggetto economico in esame, il Gruppo Wind.

L’analisi comparata dei flussi finanziari, a completamento della trattazione, va a caratterizzare l’intero capitolo quinto.

Col presente elaborato si vuole approfondire l’andamento delle dinamiche finanziarie e i risvolti strategici, in riferimento ai due principali operatori del mercato italiano, afferenti ad un periodo storico compreso tra il 2009 ed il 2014, immediatamente successivo al sorgere della crisi economica globale nell’ambito di un settore complesso, quale quello delle telecomunicazioni.

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CAPITOLO I

STRUMENTI DI RAPPRESENTAZIONE DELLA DINAMICA

D’IMPRESA: IL RENDICONTO FINANZIARIO

I.1 L’IMPORTANZA DEL RENDICONTO FINANZIARIO: DEFINIZIONE E FINALITA’

Il rendiconto finanziario è uno strumento di analisi e di comunicazione che ha la funzione di indicare l’origine e le modificazioni intervenute nelle fonti finanziarie e nelle relative destinazioni (impieghi). L’equilibrio generale della gestione aziendale si ottiene se all’equilibrio economico (costi-ricavi) si affianca l’equilibrio finanziario (entrate-uscite). Anzi, mentre l’equilibrio finanziario rappresenta una delle condizioni fondamentali per l’esistenza dell’equilibrio economico, è molto difficile il contrario. L’utilità del rendiconto finanziario è proprio nel fatto che si ha la coincidenza fra gli andamenti economici e gli andamenti finanziari e monetari della gestione , ed è per questo che costituisce una fonte autonoma di informazioni, oltre che un documento per la migliore interpretazione del bilancio di esercizio. Mentre nel conto economico si rilevano i riflessi reddituali delle scelte gestionali e lo stato patrimoniale mette in luce la consistenza quantitativa del capitale di funzionamento, il rendiconto è il documento fondamentale per cogliere tutte le relative dinamiche. Lo stato patrimoniale mostrando i valori alla fine di ogni esercizio (valori-fondo), permette la comparazione di inizio e di fine periodo, creando le variazioni; la lettura del rendiconto determina le cause di tali variazioni, generando il flusso (valori flusso). Al rendiconto finanziario sono legate molteplici finalità che ne motivano la sua redazione e la sua analisi; tutte investono le basi strutturali

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8 dell’azienda e ne potenziano la solidità:

- valutare l’esistenza di produzione di risorse finanziarie attraverso l’attività tipica al fine di verificare se la gestione economica assorbe risorse anziché generarle.

- valutare le cause che hanno migliorato o peggiorato la situazione finanziaria e monetaria di ogni singola area gestionale;

- definire la composizione delle fonti e degli impieghi, verificandone l’equilibrio e individuando le opportune leve gestionali di intervento;

- individuare le aree che hanno maggiormente assorbito risorse e che le hanno generate, misurando i possibili effetti di una loro futura contrazione;

- valutare il grado di rigidità e di flessibilità delle fonti e degli impieghi;

Al fine di poter costruire e leggere questo documento è necessario scegliere una risorsa finanziaria di riferimento, cioè un oggetto di osservazione della dinamica finanziaria. La risorsa è il punto di riferimento dal quale tutti i flussi finanziari e monetari sono conseguenti. La risorsa finanziaria che rende la qualità dell’informazione molto espressiva ed efficace ai fini informativi e comunicativi, è la liquidità o “Disponibilità monetaria netta” (cassa e banca a breve attiva e passiva). Negli ultimi anni la scelta della liquidità come risorsa nel rendiconto finanziario è stata nettamente preferita rispetto al capitale circolante netto che ha costituito il punto cardine nelle analisi finanziarie degli anni ’70-’80. I motivi della sua preferenza sono nettamente sostanziali:

- la liquidità risulta essere una grandezza finanziaria oggettivamente determinabile; il capitale circolante netto , per alcune poste, subisce il limite per la sua determinazione della scelta di un criterio di valutazione. I rendiconti fondati sul capitale circolante netto sono particolarmente influenzati dalle scelte valutative mentre quelli che utilizzano la liquidità non ne risentono.

- la liquidità è un valore finanziario e come tale non è collegato alla sfera operativa; il capitale circolante netto invece ha una diretta conseguenza di generazione/assorbimento finanziario (incassi-pagamenti) con l’area economica

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9 della gestione.

Attraverso la risorsa di riferimento quindi si ha la chiave di lettura per interpretare ed analizzare le cause delle variazione finanziarie/monetarie in un definito intervallo temporale.

I.2 DESTINATARI DEL RENDICONTO FINANZIARIO

I destinatari del rendiconto posso essere interni od esterni. Le esigenze informative del destinatario impongono le modalità ed i contenuti della rendicontazione.

Nel caso di un modello di rendiconto basato sulla distinzione analitica, in sei aree gestionali, dei flussi finanziari, l’orientamento è rivolto ad utilizzi interni per finalità gestionali.

Nell’ottica della rendicontazione esterna, cosi come ci sottolinea il principio contabile statunitense US GAAP 95, il rendiconto finanziario, insieme alla nota integrativa ed altri prospetti, ha il compito di aiutare investitori creditori e altri stake – holder a compiere una serie di valutazioni legate in primo luogo alla capacità delle imprese di generare flussi di cassa futuri positivi e la capacità dell’impresa di far fronte al pagamento dei debiti, all’erogazione di dividendi e soddisfare le esigenze legate al finanziamento esterno.

Inoltre, tale prospetto finanziario, permette di valutare le cause delle differenze tra utile e flussi di cassa operativi ( ovvero tra un dato che risente delle valutazioni di management e un dato ritenuto oggettivo) e di valutare gli effetti sullo stato patrimoniale delle transazioni finanziarie legate agli investimenti e ai finanziamenti durante il periodo considerato. Non trascurando la possibilità per il lettore esterno, di una corretta valutazione dei rischi finanziari dell’azienda.

Il rendiconto finanziario assume grande rilevanza nell’ambito della comunicazione economico – finanziaria d’impresa ed è al centro dell’attenzione dei destinatari.

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Il destinatario principale ed il maggior fruitore dell’informativa economico – finanziaria è rappresentato dai portatori del capitale di rischio, distinguibili tra detentori del capitale di comando dagli azionisti di minoranza. Questi ultimi, privi di accesso al sistema informativo aziendale, sono interessati ad ogni informazione utile a prendere decisioni di convenienza economica sull’investimento effettuato in titoli azionari.

Per lo IASB ( International Accounting Standard Board ), l’informativa economico – finanziaria ha il compito di valutare la capacità dell’impresa di generare flussi di cassa o cash equivalent, i tempi di manifestazione dei flussi, il livello di incertezza connesso e deve altresì rendicontare l’operato del management per quanto riguarda il raggiungimento degli obiettivi, l’uso efficiente delle risorse e la salvaguardia del patrimonio aziendale. Parimenti lo IASB ritiene che l’investitore sia il modello di destinatario sul quale plasmare la comunicazione economico – finanziaria: il conferente di capitale di rischio attuale e potenziale, i conferenti capitale di credito, i fornitori , i clienti, i dipendenti, la pubblica amministrazione.

Da quanto poc’anzi evidenziato, si evince l’importanza del rendiconto finanziario per gli utenti esterni all’azienda. Completa le informazioni sia di breve che di lungo termine, integrando le informazioni agli stock patrimoniali con informazioni sui flussi finanziari, rilevando la capacità dell’azienda di tradurre la redditività in flussi di cassa. Assume, poi, particolare rilevanza per le aziende quotate, poiché i mercati finanziari sono influenzati dalla capacità dell’azienda di generare flussi di cassa positivi, in termini di minore costo del capitale.

I.3 MODELLI DI RENDICONTO FINANZIARIO

Nella sua fondamentale importanza per le analisi interne e le comunicazioni esterne, la redazione del rendiconto finanziario attualmente non è resa

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obbligatoria dall’attuale normativa italiana e ciò non ha consentito l’“istituzionalizzazione” di un unico modello. Solo dal 2005 nei bilanci consolidati delle aziende quotate nel mercato regolamentato italiano (Borsa), in seguito all’applicazione degli International Accounts Standard (IAS/IRFS), il rendiconto finanziario costituirà un documento obbligatorio da presentare ai fini informativi esterni insieme al Bilancio e alla Nota Integrativa. La disciplina anglosassone, che fonda le sue caratteristiche su concetti finanziari di liquidità e di flussi di cassa, prevede l’inscindibilità informativa del rendiconto finanziario dal bilancio, rendendo obbligatoria la sua redazione (IAS 7). La carenza della nostra legislazione ha comportato l’introduzione di una varietà di modelli proposti dai vari organismi nazionali e internazionali, attraverso l’emanazione di principi contabili; ciò ha conseguentemente creato difformità negli schemi di modelli, nella scelta di risorsa finanziaria di riferimento e nella terminologia usata, comportando una vera difficoltà di orientamento e una non agevole comparazione di analisi fra risultati aziendali.

La molteplicità degli schemi di modello proposti non costituisce solo un problema di struttura e quindi di forma, ma un problema sostanziale di difformità nelle caratteristiche e nelle chiavi di lettura, queste ultime legate in particolare al tipo di risorsa usata a riferimento. Sicuramente uno degli scopi informativi principali del rendiconto è la ricerca di indicazioni sul grado di capacità dell’impresa di produrre risorse attraverso le operazioni di gestione: la determinazione del “flusso reddituale” nelle diverse configurazioni è spesso elaborata non riconoscendo la comunanza delle stesse operazioni caratteristiche, fornendo quindi risultati di flusso diversi. Tutte le configurazioni, seppur con alcune varianti al loro interno, propongono la suddivisione della gestione aziendale in tre aree: caratteristica o reddituale, degli investimenti e dei finanziamenti; nella maggioranza delle configurazioni la risorsa usata, e ritenuta ottimale ai fini della comunicazione e delle analisi, è la liquidità. Inoltre esiste la caratteristica comune della differente trattazione per la collocazione degli interessi (attivi e passivi), delle imposte e dei dividendi distribuiti.

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Allegato I e II – documento n. 12 Principi Contabili CNDR-CNR: propone

una forma a sezioni sovrapposte Fonti-Impieghi; la risorsa di riferimento è il Capitale Circolante Netto (Allegato I) e la “Liquidità” intesa come la somma dei c/ cassa e banca attiva (Allegato II);

Allegato III – documento n. 12 Principi Contabili CNDR-CNR: propone una

forma scalare con i risultati dei flussi delle tre aree gestionali; la risorsa di riferimento è il “Flusso di cassa complessivo” inteso come la somma dei c/cassa e banca;

Assonime – Circolare n. 12 del 31/01/1989: è il modello che si avvicina di più a quelli utilizzati nel mondo anglosassone ed è quello che attribuisce in maniera più precisa i flussi delle singole operazioni all’interno della propria area di appartenenza. Il modello è in forma scalare e la struttura comprende quattro aggregati; la risorsa di riferimento è la “Disponibilità monetaria netta”, intesa come la somma dei c/cassa e banca.

Assonime – Circolare n. 14 mod. 1 e n. 2 del 11/02/1986: propone una forma a

sezioni sovrapposte Fonti-Impieghi con due aggregati in ogni sezione che esplicitano le fonti interne da quelle esterne e gli impieghi in investimenti e in rimborsi finanziari; il dettaglio per la determinazione della liquidità prodotta dalla gestione, denominata “Flusso Monetario delle Operazioni”, è esplicitata separatamente in una tavola a forma scalare; la risorsa di riferimento è la “Disponibilità monetaria”, cioè c/cassa e banca attivi (mod. 1) e la “Posizione finanziaria netta”, c/cassa e banca attivi e passivi (mod. 2);

IAS 7 – metodo diretto e indiretto: La disciplina anglosassone attraverso i

principi contabili internazionali (IAS), pur non imponendo alcun modello, richiede che i flussi della gestione siano ricondotti alle tre aree gestionali: reddituale, di investimento e finanziaria. I due modelli presentati sono strutturati in forma scalare con le tre aree aggregate e divergono l’uno dall’altro solo nella metodologia (diretta o indiretta) con la quale si ottiene la determinazione del flusso di liquidità della gestione operativa (operating activities); la risorsa di

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13 riferimento è la “Disponibilità liquida” .

Ai fini della presente trattazione faremo riferimento al modello ascrivibile ai principi contabili internazionali, cui le realtà aziendali prese in esame, fanno riferimento. Il metodo utilizzato è quello indiretto.

I.4 INTERNATIONAL ACCOUNTING STANDARDS 7

Tra i principi contabili internazionali dello IASC ( International Accounting StandardsCommittee) ve n’è uno dedicato specificatamente alla redazione del rendiconto finanziario. Si tratta dello IAS 7, intitolato “Cash Flow Statement.” Il principio si caratterizza per il fatto di non indicare uno schema vincolante di rendiconto finanziario, ma di delineare i principi da rispettare nella sua redazione, offrendo solo nell’appendice alcuni schemi a titolo di esempio.

Le caratteristiche che vengono definite dal principio internazionale riguardano la risorsa di riferimento da utilizzare per la costruzione del rendiconto finanziario, la classificazione dei flussi finanziari, la posizione di particolari voci.

Lo IAS 7 riferisce come le informazioni sui flussi finanziari consentano agli utilizzatori di bilancio di assumere un ampia gamma di decisioni economiche, basate sulla valutazione della capacità di un’entità di generare disponibilità liquide, della tempistica e del grado di certezza della loro generazione.

Il principio segnala, inoltre, come sia maggiormente efficace una comparazione tra aziende sulla base dei flussi di cassa, in particolar modo quelli operativi, rispetto a quella che considera i risultati operativi, eliminando cosi, di fatto, gli effetti dell’impiego di trattamenti contabili differenti per i medesimi fatti e operazioni.

Prevede inoltre che il rendiconto finanziario sia parte integrante del bilancio redatto secondo principi contabili internazionali IAS/IFRS, assieme allo Stato patrimoniale, al Conto economico e al prospetto delle variazioni del patrimonio netto.

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I.4.1 LA RISORSA FINANZIARIA DI RIFERIMENTO

La risorsa finanziaria di riferimento indicata per la redazione del rendiconto è formata dalla moneta e dai suoi sostituti più immediati. In particolare si fa riferimento a:

- Denaro ( cash), che comprende sia il denaro disponibile che i depositi liberamente prelevabili

- Equivalenti del denaro ( cash equivalents), che vengono definiti come investimenti a breve termine, altamente liquidi, che siano prontamente convertibili in un ammontare definito di moneta, e siano soggetti ad un insignificante rischio di cambiamento di valore.

Si precisa poi che vengono considerati equivalenti del denaro solo quegli investimenti che hanno una durata, dalla data di acquisizione, intorno a tre mesi o inferiore. Restano quindi esclusi investimenti a titoli azionari, a meno che essi non siano nella sostanza degli equivalenti del denaro, ad esempio azioni privilegiate destinate ad essere rimborsate ad una data precisa e che siano acquistate poco tempo prima del loro rimborso. I prestiti ricevuti dalle banche vengono generalmente classificati tra le attività di finanziamento e dovrebbero quindi restare esclusi dalla risorsa finanziaria di riferimento. Viene, tuttavia, distinto il caso di quei paesi nei quali lo scoperto dei conti correnti bancari costituisce parte integrante della gestione della liquidità dell’impresa, registrando frequenti spostamenti del saldo dei conti tra l’attivo e il passivo. In tal caso lo scoperto dei conti bancari viene incluso tra i componenti della risorsa finanziaria di riferimento

I.4.2 CLASSIFICAZIONE DEI FLUSSI FINANZIARI

Lo IAS 7, quanto ai flussi finanziari, prevede una classificazione del rendiconto finanziario tra attività operativa, di investimento e di finanziamento.

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È interessante sottolineare sin da subito che nell’area operativa rientrano sia l’area caratteristica aziendale, costituita dal suo core business, sia l’area accessoria o extra-caratteristica. Nello IAS 7 il flusso di cassa dell’attività operativa esprime l’intero flusso di cassa della gestione reddituale, ovvero l’equivalente monetario di tutto il conto economico. Esempi di flussi generati dall’attività operativa sono i individuabili in incassi dalla vendita di prodotti e dalla prestazione di servizi; incassi e pagamenti comunque legati all’attività operativa, ad esempio premi assicurativi, provvigioni e affitti; incassi da royalties, commissioni e altri ricavi; pagamenti a fornitori di merci e servizi; pagamenti a lavoratori dipendenti e altri collaboratori.

L’ammontare dei flussi finanziari derivanti dall’attività operativa indica la capacità di generare flussi finanziari necessari per rimborsare prestiti, pagare dividendi e per effettuare nuovi investimenti, senza ricorrere a fonti di finanziamento esterne all’entità.

Per quel che concerne le attività di investimento, lo IAS 7, fa riferimento alle attività che comprendono l’acquisto e la cessione di attività di lungo periodo e gli altri investimenti finanziari, non rientranti nelle disponibilità liquide equivalenti ( partecipazioni, titoli, obbligazioni e crediti di finanziamento). Esempi di flussi finanziari derivanti dall’attività di investimento sono dati da pagamenti per acquistare immobili, impianti e macchinari, beni immateriali e altre attività immobilizzate, compresi i pagamenti relativi ai costi di sviluppo capitalizzati e a immobili, impianti e macchinari di costruzione interna; pagamenti per l’acquisizione di partecipazioni, titoli e obbligazioni; entrate dalla vendita di immobili, impianti e macchinari, attività immateriali e altre attività immobilizzate; incassi dalla vendita di strumenti rappresentativi di partecipazioni, titoli e obbligazioni; crediti di finanziamento concessi e rimborsati.

Le attività di finanziamento cui riferisce lo IAS 7, rappresentano le attività che modificano l’ammontare e la composizione del capitale proprio versato e dei finanziamenti ottenuti dall’entità. Rappresentano flussi ascrivibili a tale area, incassi derivanti dall’emissione di azioni; incassi derivanti dall’emissione di

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obbligazioni, cambiali, mutui e altri finanziamenti a breve e lungo termine;pagamenti ai soci per acquistare le azioni dell’entità ( rimborsi di capitale); pagamenti derivanti dal rimborso di obbligazioni, cambiali, mutui e altri finanziamenti a breve e lungo termine; pagamenti per leasing finanziario. La presentazione dei flussi parte sempre dall’area operativa, seguita dall’area degli investimenti e dei finanziamenti.

I.4.2.1 Interessi, dividendi, imposte e flussi in valuta estera

Per la classificazione di alcune particolari categorie di movimenti finanziari, vanno adottate specifiche modalità di esposizione. Lo IAS 7, in particolare, prevede l’obbligo di separata indicazione e più opzioni di classificazione per gli interessi e dividendi, imposte e flussi in valuta estera.

Per gli interessi e dividendi, sia pagati che incassati, si prevede che sia sempre data separata evidenziazione. Per la loro classificazione son però consentite soluzioni diverse. In particolare gli interessi passivi pagati potrebbero essere classificati come flussi relativi ad attività operative poiché influiscono nella determinazione del reddito d’esercizio, ma potrebbero essere ricondotti anche alle attività di finanziamento, visto che rappresentano il costo sostenuto per il reperimento delle risorse finanziarie. Parimenti gli interessi attivi e i dividendi incassati potrebbero essere anch’essi classificati come flussi relativi alle attività operative, poiché influiscono nella determinazione del reddito di esercizio, ma potrebbero essere ricondotti anche alle attività di investimento, dato che ne rappresentano i frutti.

I dividendi pagati dall’impresa la classificazione è prevista all’interno delle attivitò di finanziamento, in quanto remunerazione del capitale acquisito dai soci, ma resta la possibilità di classificarli tra le attività operative. Questa seconda alternativa risponderebbe allo scopo di far percepire ai lettori del rendiconto finanziario, quale sia l’attitudine dell’impresa a distribuire dividendi attingendo alle risorse finanziarie generate dai flussi operativi.

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I movimenti finanziari relativi al pagamento o al rimborso di imposte sul reddito, secondo lo IAS 7 devono essere esposti separatamente e classificati tra i movimenti che derivano dalle attività operative, a meno che essi non si possano specificatamente ricondurre ad attività di finanziamento o di investimento. Se i movimenti finanziari relativi alle imposte sono assegnati a più di una categoria, nel rendiconto va comunque segnalato, l’ammontare complessivo di imposte pagate.

Per quanto riguarda i flussi finanziari derivanti da operazioni in valuta estera, questi devono essere iscritti nella valuta funzionale dell’entità che redige il bilancio, applicando all’ammontare in valuta estera il tasso di cambio tra la valuta funzionale e la valuta estera del giorno in cui avviene il flusso finanziario. Gli utili e le perdite derivanti da variazioni nei cambi in valuta estera non realizzati non rappresentano flussi finanziari. Possono essere, tuttavia, presentati nel rendiconto finanziario per riconciliare il valore delle disponibilità liquide e mezzi equivalenti all’inzio e alla fine del periodo.

I.5 PRESENTAZIONE DEI FLUSSI FINANZIARI

I.5.1 Flussi finanziari derivanti dall’attività operativa

La rappresentazione dei flussi finanziari derivanti dall’attività operativa, si esplicano, secondo lo IAS 7, sulla base del metodo diretto e del metodo indiretto.

I dati possono essere desunti dalle registrazioni contabili dell’impresa, che rappresenta la soluzione più immediata, oppure attraverso una rettifica dei ricavi di vendita e del costo del venduto con le variazioni delle scorte e dei crediti e debiti operativi, e considerando le altre poste non monetarie ( ad esempio accantonamenti ed ammortamenti) e le poste i cui effetti finanziari vanno ricondotti ai flussi relativi agli investimenti e finanziamenti ( vedi le

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plusvalenze). In pratica ogni elemento del conto economico viene rettificato per eliminare ciò che non influenza l’entità dei mezzi finanziari (si rettificano, ad esempio, le vendite per la variazione dei crediti per calcolare le entrate da clienti e il costo del venduto per la variazione delle rimanenze e dei debiti verso fornitori per calcolare i pagamenti operativi) o per eliminare ciò che non viene considerato nell’area operativa.

Per questione di praticabilità, si ritiene preferibile il secondo dei due metodi considerati, che rende di fatto più conveniente la preparazione del rendiconto. Nell’esempio sotto riportato l’aggregato disponibilità liquide generate dalle

operazioni ci indica il flusso di cassa della gestione operativa squisitamente

caratteristica; sotto di esso flussi che corrispondono ad elementi di costo di natura finanziaria e alle imposte sul reddito.

Tab: 2.1 - Metodo diretto

Flussi finanziari derivanti da attività operative 201X

Entrate per incassi da clienti ….

Uscite per pagamenti a fornitori e lavoratori dipendenti ….

Disponibilità liquide generate dalle operazioni ….

Interessi corrisposti ….

Interessi ricevuti ….

Proventi incassati da partecipazioni ( dividendi ricevuti) ….

Imposte sul reddito corrisposte ….

Disponibilità liquide derivanti dall’attività operativa ….

Fonte: Allegrini, Giorgetti, Greco – 2014

Il metodo indiretto, invece, fa riferimento all’utile o la perdita di periodo, determinando i flussi finanziari sulla base di rettifiche per effetto di: variazioni delle rimanenze e dei crediti e debiti, ovvero del capitale circolante netto operativo; di elementi non monetari quali l’ammortamento e gli accantonamenti; di imposte, utili e perdite di cambio non realizzati, proventi e

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oneri finanziari; di altri elementi i cui effetti monetari sono flussi finanziari dall’attività di investimento o di finanziamento.

Tab 2.2 : Metodo indiretto

Flussi finanziari derivanti da attività operative 201X

Utile prima delle imposte ….

Rettifiche per:

Perdite su cambi ….

Interessi passivi ….

Proventi incassati da partecipazioni ( dividendi ricevuti) ….

Ammortamenti ….

Minusvalenza da cessione immobilizzazioni materiale ….

Totale rettifiche ….

Flusso di capitale circolante ….

Incremento dei crediti commerciali e diversi ….

Decrementi nelle rimanenze ….

Decrementi nei debiti verso fornitori ….

Disponibilità liquide generate dalle operazioni ….

Interessi corrisposti ….

Imposte sul reddito corrisposte ….

Disponibilità liquide derivanti dall’attività operativa ….

Fonte: Allegrini, Giorgetti, Greco - 2014

Esiste anche una terza alternativa per il calcolo del flusso finanziario derivante dall’attività operativa. Si tratta di una variante del metodo indiretto, che espone le voci di conto economico che configurano entrate e spese operative ( trascurando quindi gli ammortamenti che non rappresentano una spesa) e rettifica la loro differenza con le variazioni delle scorte e dei crediti e debiti operativi. Tale metodologia è, tuttavia, scarsamente applicata nella prassi delle aziende.

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I.5.2 Flussi finanziari derivanti dall’attività di investimento e finanziamento

I movimenti finanziari da ricondurre alle attività di investimento sono i pagamenti o gli incassi che derivano dalla negoziazione delle risorse dalle quali ci si attendono i futuri redditi e i futuri flussi finanziari. Esempi che vengono citati sono pagamenti per l’acquisizione (anche attraverso la costruzione in economia) di immobili. Impianti e attrezzature, di beni intangibili e altre immobilizzazioni, compresi i costi di sviluppo capitalizzati; incassi dalla vendita di immobili, impianti e attrezzature, di beni intangibili e altre immobilizzazioni; pagamenti per l’acquisizione di azioni o titoli di credito di altre imprese i interessenze in joint ventures; anticipazioni di denaro e prestiti fatti a terzi; incassi per il rimborso di anticipazioni di denaro e prestiti fatti a terzi; pagamenti ed incassi per contratti futures, forward, options e swap.

Le attività di finanziamento, invece, sono quelle che modificano la grandezza e la composizione del capitale proprio e dei debiti dell’impresa. Tra gli esempi di flussi finanziari derivanti da attività di finanziamento, annoveriamo gli incassi derivanti dall’emissione di azioni o altri strumenti di reperimento del capitale proprio; pagamenti ai possessori delle azioni per il loro acquisto o per redimerle ; incassi derivanti dall’emissione di obbligazioni, titoli di credito e per l’accensione di debiti, prestiti ipotecari ed altri finanziamenti a breve o a lungo termine; rimborsi delle somme ricevute in prestito.

Per quanto concerne la presentazione dei flussi derivanti dall’attività di investimento e di finanziamento, la prescrizione dello IAS 7 è quella di presentare distintamente le principali categorie di incassi e pagamenti lordi, senza cioè presentare saldi netti tra voci di incasso e pagamento.

Da tenere in considerazione che vi sono operazioni di investimento e di finanziamento che non richiedono l’impiego di disponibilità liquide o mezzi equivalenti. Tali operazioni devono essere escluse dal rendiconto finanziario,

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ma devono essere fornite tutte le informazioni significative in altre aree del bilancio poiché, pur non avendo impatto sulle risorse finanziarie aziendali, incidono in modo significativo sul capitale e sulla struttura dell’attivo e del passivo dell’azienda.

Tab. 2.3:Rendiconto finanziario con flussi dell’area di investimento e di finanziamento

Flussi finaziari derivanti da attività operative ….

Utile prima delle imposte ….

Rettifiche per:

Perdite su cambi ….

Interessi passivi ….

Proventi incassati da partecipazioni ( dividendi ricevuti) ….

Ammortamenti ….

Minusvalenza da cessione immobilizzazioni materiali ….

Totale rettifiche ….

Flusso di capitale circolante ….

Incremento dei crediti commerciali e diversi ….

Decrementi nelle rimanenze ….

Decrementi nei debiti verso fornitori ….

Disponibilità liquide generate dalle operazioni ….

Interessi corrisposti ….

Imposte sul reddito corrisposte ….

Disponibilità liquidie derivanti dall’attività operativa ….

Flussi finanziari derivanti dall’attività di investimento ….

Acquisizione della controllata X ….

Uscite per acquisto di immobili, impianti e macchinari ….

Entrate per la vendita di macchinari ….

Interessi attivi ….

Dividendi ricevuti ….

Disponibilità liquide nette impiegate in attività di investimento …. Flussi finanziari derivanti da attività di finanziamento ….

Apporti di capitale azionario ….

Accensioni di finanziamenti a lungo termine ….

Pagamenti per leasing finanziari ….

Dividendi corrisposti ….

Disponibilità liquide nette impiegate in attività di finanziamento

….

Flusso totale netto di disponibilità liquide e mezzi equivalenti …. Disponibilità liquide e mezzi equivalenti all’inizio dell’esercizio ….

Disponibilità liquide e mezzi equivalenti alla fine dell’esercizio ….

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I.5.3 Informazioni integrative

Lo IAS 7 prevede una serie di informazioni integrative, a partire dall’indicazione, nella relazione sulla gestione, dell’ammontare dei saldi significativi di disponibilità liquide e mezzi equivalenti posseduti dall’impresa ma non utilizzabili liberamente ( somme soggette a sequestro oppure disponibili in Paesi dove sono previste particolari restrizioni legali per utilizzo o trasferimento di denaro).

Sono altresì richieste nella relazione sulla gestione, altre informazioni, il cui riferimento è raccomandato, quali: l’importo delle aperture di credito disponibili per future attività operative e per estinguere impegni di capitale, con indicazione di eventuali restrizioni, all’utilizzo di queste aperture di credito; l’importo dei flussi finanziari derivanti dall’attività operativa, di investimento e di finanziamento per ciascun settore oggetto di informativa; importi complessivi dei flussi finanziari di ciascuna attività operativa, di investimento e di finanziamento relativi a partecipazioni in joint venture presentati usando il consolidamento proporzionale.

I.6 INTEREPRETAZIONE DEL RENDICONTO FINANZIARIO

Ai fini dell’interpretativi, un importante strumento è dato dai margini, ossia dai risultati parziali, che troviamo in un rendiconto finanziario opportunamente riclassificato per aree gestionali. Cash flow caratteristico corrente, degli investimenti caratteristici, extra-caratteristico, dei finanziamenti, con i soci, straordinario, tributario. La somma algebrica di tali elementi determina il cash flow netto globale.

In relazione alla composizione del flusso netto globale, si può giungere ad un giudizio completamente differente. Laddove, infatti, l’incidenza del cash flow caratteristico è molto elevata, si può ipotizzare che l’azienda in esame dimostra, a parità di condizioni, di avere capacità di autofinanziamento e,

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pertanto, una dinamica finanziaria equilibrata. Viceversa, nei casi in cui la liquidità generata deriva sostanzialmente dall’area straordinaria, si solleva più di un dubbio sulle effettive capacità dell’azienda di replicare il medesimo risultato negli esercizi successivi.

Dunque il cash - flow caratteristico corrente dovrebbe manifestare un segno positivo ed una elevata incidenza sul cash - flow globale netto.

Discorso diverso per il cash - flow degli investimenti, laddove per certi versi possiamo fare un ragionamento inverso. Si considera difatti funzionale e fisiologico un flusso degli investimenti negativo, poiché tale impiego di liquidità può rivelare un’azione di espansione dei fattori produttivi strutturali o di rinnovo.

Il cash – flow lo extra-caratteristico, in relazione alle proprie finalità lucrative e non propriamente strategiche, ci aspettiamo abbia un segno non negativo. Più complessa l’interpretazione del cash - flow sui finanziamenti. La finanza è al servizio della gestione operativa, per cui se l’area operativa e l’area degli investimenti assieme generano fabbisogno di liquidità, il cash flow dei finanziamenti dovrebbe assicurare idonea copertura finanziaria.

In ultimo il cash – flow dei soci dovrebbe agire in via residuale. I soci rischiano sia a livello economico, sia a livello finanziario; dunque il cash – flow dovrebbe approssimare la sommatoria del cash flow caratteristico corrente, degli investimenti, dei finanziamenti, ma con segno opposto. Precisiamo che in alcuni contesti il prelievo dei soci è dettato da esigenze extra-aziendali e l’ammontare dei dividendi diviene, paradossalmente, una variabile quasi indipendente rispetto alle dinamiche finanziarie ed economiche dell’esercizio.

I.6.1 IL RENDICONTO FINANZIARIO PERCENTUALIZZATO E INDICI DI COMPOSIZIONE

Un utile strumento per avere una percezione immediata della dinamica finanziaria e delle correlazioni tra le varie classi di flussi, è il prospetto

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definito rendiconto finanziario sintetico percentualizzato, distinguendo in due diverse sezioni le aree che generano liquidità, da quelle che la assorbono. In ogni sezione, i flussi vengono rappresentati in classi le cui dimensioni riflettono le relative percentuali di incidenza sul totale della sezione stessa. Tali percentuali non sono altro che indici di composizione.

Tab. 1.6: Rendiconto finanziario sintetico percentualizzato Interpretazione del rendiconto finanziario e del cash flow

Descrizione Valori assoluti Valori percentuali

IMPIEGHI

Cash flow Investimenti Cash flow Finanziamenti Cash flow tributario Cash flow neto globale Totale Impieghi 16.318.829 479.366.463 18.259.414 926.214.989 1.440.159.695 1% 33% 1% 64% 100% FONTI

Cash flow Caratteristico corrente

Cash flow Extracaratteristico Cash flow Straordinario TotaleFonti 35.826.650 271.830.575 1.132.502.470 1.440.159.695 2% 19% 79% 100%

Fonte: Allegrini, Giorgetti, Greco – 2014 0% 20% 40% 60% 80% 100% IMPIEGHI FONTI Cash flow caratteristico corrente Cash flow Extracaratteristico Cash flow Straordinario

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CAPITOLO II

IL SETTORE DELLE TELECOMUNICAZIONI:

EVOLUZIONE STORICO – NORMATIVA E SCENARIO

COMPETITIVO ATTUALE

2.1 EVOLUZIONE NORMATIVA: DAL PROCESSO DI

LIBERALIZZAZIONE AI PRINCIPALI INTERVENTI NORMATIVI

2.1.1 MONOPOLIO E AVVIO DEL PROCESSO DI LIBERALIZZAZIONE

L’industria delle telecomunicazioni `e stata storicamente caratterizzata in tutti i paesi sin dalla sua nascita dalla presenza di un’unica impresa, un monopolista, verticalmente integrato che generalmente produceva gli elementi della rete di telecomunicazione, installava e gestiva l’infrastruttura di rete, e infine forniva tutti i servizi di telecomunicazione.

Si andava insomma dal finanziamento della ricerca, alla produzione degli apparecchi telefonici, alla fornitura di servizi di comunicazione anche accessori, come elenchi telefonici, meteo ed oroscopo. I motivi della presenza di un'unica impresa possono essere individuati nella presenza di rilevanti economie di scala e di scopo in molti stadi della produzione (rete locale, commutazione, long distance) e dall'importanza del coordinamento tra le diverse attività che più facilmente veniva assolto all'interno dell'azienda rispetto al mercato. Il settore tendeva a caratterizzarsi nella sua complessità come un monopolio naturale. Parliamo di monopolio naturale quando la

domanda per un particolare bene o servizio è soddisfatta in maniera più efficiente da una sola impresa piuttosto che da due o più imprese. In altre parole avremo un

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monopolio naturale quando il costo di produrre la quantità richiesta dal mercato è più basso quando una sola impresa produce l'intera quantità piuttosto che due o più imprese. Nel caso delle telecomunicazioni, la presenza di economie di scala, di scopo e di densità, la presenza di costi fissi diconnessione e la rilevanza di costi di investimento irrecuperabili, come ad esempio quelli disinstallazione ed interramento dei cavi, sono stati indicati come la giustificazione principale per la presenza di un monopolio. L'elevatissimo grado di integrazione verticale è stato spiegato anche da motivi di efficienza in quanto l'integrazione verticale in settori monopolistici evita il problema della doppia marginalizzazione.

Un'altra caratteristica del settore è la presenza di esternalità di rete. Le esternalità di rete sono un caso particolare di esternalità positiva nel consumo per il quale il valore derivante dalla scelta di entrare in una rete di comunicazione dipende dal numero di utenti che fanno parte della rete. Nel caso della rete di telecomunicazioni il valore di avere la connessione telefonica per un utente dipende dal numero di altri utenti che possono essere contattati e da cui si può essere contattati. Si pensi al caso estremo di un unico utente di un servizio di comunicazione: costui non avrà alcun beneficio dal servizio in quanto non sarà possibile contattare nessun altro. Questo significa che più grande è il network maggiore è il beneficio dientrare.

La presenza di esternalità è causa di fallimento del mercato. Infatti un individuo che deve scegliere se entrare o meno in una rete prende la propria decisione confrontando il proprio beneficio privato derivante dall'utilizzo del servizio con il prezzo da pagare. Tuttavia la sua decisione influenzerà tutti gli altri utenti, ma questo beneficio esterno" della scelta di consumo non è preso in considerazione dall'individuo. Si determina così un livello sub-ottimale di adesioni al network. Un monopolista è, a differenza di un mercato competitivo, in grado di internalizzare questa esternalità favorendo la membership di nuovi utenti in quanto è in grado di appropriarsi del surplus così generato.

Questi elementi hanno fatto si che il mercato delle telecomunicazioni, in particolare telefoniche, si sia caratterizzato per le presenza di un monopolio verticalmente integrato che ha assunto le caratteristiche di un'impresa privata

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regolamentata negli Stati Uniti, mentre in Europa è prevalso il modello dell'impresa monopolista pubblica.

Una caratteristica del monopolio naturale è perciò che esso non permane necessariamente per qualsiasi livello di produzione e quindi una crescita sostenuta della domanda può portare all'esaurimento delle economie di scala nella produzione. Allo stesso modo, la saturazione del mercato che avviene quando pressoché tutti i possibili utenti sono entrati nella rete può portare all'esaurimento delle esternalità di rete. Questi elementi, congiuntamente all'evoluzione tecnologica che ha modificato anche le caratteristiche infrastrutturali della rete, con l'introduzione dei commutatori digitali (che hanno fortemente ridotto i costi fissi di commutazione) e, soprattutto, con l'introduzione delle microonde per le comunicazioni a lunga distanza (che hanno ridotto drasticamente i costi fissi delle telefonate interurbane) hanno portato all'esaurimento delle economie di scala in diversi stadi della produzione dei servizi di telecomunicazione.

Questo ha portato alla possibilità di introdurre la concorrenza a diversi livelli: inizialmente introdotta nel settore della produzione degli apparecchi telefonici ed in generale nella produzione degli elementi infrastrutturali della rete, è stata estesa ai servizi telefonici, prima le telefonate interurbane poi quelle urbane, i servizi Internet ed i servizi accessori. Attualmente solo le reti locali (l'ultimo miglio) delle reti telefoniche e di quelle broadband sono considerati elementi con le caratteristiche del monopolio naturale.

Nonostante l'introduzione della concorrenza permangono ancora caratteristiche che possono giustificare la regolamentazione; si possono citare la residuale presenza di reti locali con caratteristiche di monopolio naturale, la necessità di garantire l'accesso a queste infrastrutture essenziali, la necessità di garantire la compatibilità tra le reti al fine di promuovere l'interconnessione tra le medesime, l'inerzia nei consumatori dovuta alla difficoltà di cambiare provider, l'importanza delle esternalità di rete per lo sviluppo delle reti di nuova generazione (ultra-broad band).

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2.1.2 PROCESSO DI REGOLAMENTAZIONE: PRINCIPALI

INTERVENTI NORMATIVI

La regolamentazione ha accompagnato l'evoluzione della struttura dell'industria delle telecomunicazioni. Si è passati dalla regolamentazione delle tariffe per gli utenti alla regolamentazione dell'accesso alle infrastrutture essenziali al fine di proteggere e sostenere la concorrenza tra operatori diversi. Inoltre, in presenza di esternalità di rete e concorrenza tra diversi operatori con reti proprie, il problema dell'interconnessione è di fondamentale importanza.

Le comunicazioni elettroniche sono un’attività economica sottoposta a controllo da parte dei pubblici poteri. La quantità e la qualità delle regole di diritto amministrativo riguardanti il settore in questione si sono profondamente modificate nell’arco dell’ultimo secolo. Come è noto, si e` passati da un regime di riserva (monopolio) ad un’ampia liberalizzazione. Quest’ultima, in realtà, non ha reciso l’ancoraggio al vecchio regime di ‘‘servizio pubblico’’ delle comunicazioni elettroniche (prima scomposte in telecomunicazioni e radiotelevisione, pur se ancora non del tutto ‘‘convergenti’’); il persistente diritto amministrativo, peraltro, assume sembianze diverse, che ricadono sotto la denominazione ‘‘regolazione’’. Quest’ultima, per quanto qui rileva, ha un’origine prevalentemente comunitaria, ma la concreta dimensione è largamente determinata a livello nazionale; necessita di continui aggiustamenti, in funzione di maggiore aderenza al contesto economico e tecnologico di riferimento, ma anche di correzione ai difetti del precedente quadro normativo; serve per liberalizzare, ma finisce per produrre nuove regole. In tale ambito, a fine novembre 2009, è stata introdotta una nuova disciplina comunitaria delle comunicazioni elettroniche. Essa si compone di due direttive (2009/136/Ce e 2009/140/Ce), un regolamento (Ce n. 1211/2009) e prevede l’adozione di una ulteriore raccomandazione da parte della Commissione.

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Tali provvedimenti, nel complesso, non mirano a costituire una nuova disciplina, inserendosi semmai in un processo di revisione periodica previsto dal precedente quadro regolatorio del 2002, al fine di assicurarne la persistente rispondenza a criteri già stabiliti dal legislatore comunitario.

Prima di approfondire le modifiche recenti, è opportuno fare un rapidissimo riferimento al contesto nel quale si inserisce la riforma comunitaria.

A partire dagli anni Novanta del secolo scorso, il settore delle telecomunicazioni è stato interessato da un articolato processo di liberalizzazione, ispirato da direttive comunitarie (cd. di ‘‘prima generazione’’) di volta in volta trasposte in sede nazionale.

Tale riforma è favorita dall’evoluzione delle tecnologie, che, consentendo la duplicazione delle reti (non più monopolio naturale) e l’offerta di nuovi servizi di telecomunicazione, apre la strada al progressivo allargamento dei mercati nel rispetto dell’interesse generale alla fornitura diffusa e abbordabile dei servizi basilari (il cd. servizio universale). Più in particolare, vengono aboliti i diritti speciali e esclusivi concernenti i servizi e le reti di telecomunicazioni (e dunque le leggi di riserva esistenti); si sostituisce il sistema di accesso ai mercati, basato su concessioni, con autorizzazioni non discrezionali; le funzioni di regolazione sono affidate ad un organismo indipendente dagli operatori di settore (autorità nazionale di regolazione - Anr), che vigila anche sulla fornitura dei servizi essenziali. Questi interventi hanno avuto un impatto formidabile sulla disciplina giuridica tradizionale, modificando i confini tra diritto pubblico e diritto privato.

Negli anni più recenti, l’avvento della tecnologia digitale, attraverso la quale telefono, televisore e computer vengono supportati da un’unica piattaforma trasmissiva, rende possibile la revisione del quadro regolamentare del settore, culminato con il pacchetto delle direttive adottate dal Parlamento europeo e dal Consiglio il 7 marzo 2002, volte a definire una disciplina uniforme per tutte le reti e i servizi di ‘‘comunicazioni elettroniche’’ (da tale convergenza, però, resta esclusa la disciplina dei contenuti). Tale complesso normativo - siamo alla ‘‘seconda generazione’’ di direttive comunitarie in materia - ha

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aspirazione di stabilità, perdendo il carattere transitorio della precedente disciplina, prevalentemente attenta a liberalizzare più che a garantire il libero gioco concorrenziale.

Ma più che l’ispirazione complessiva di tale secondo pacchetto - nelle sue linee generali non troppo dissimile dal precedente processo normativo, che viene soprattutto razionalizzato dal punto di vista quantitativo - sono le strumentazioni che supportano il raggiungimento degli obiettivi prefissati (concorrenza, funzionamento del mercato interno, tutela dei consumatori; il tutto in maniera omogenea nel contesto comunitario) a presentare carattere innovativo.

In tale direzione, va evidenziata l’introduzione di meccanismi di coordinamento procedimentale e organizzativo di controllo sul settore, e in particolare la procedura composta, alla quale prendono parte la Commissione Europea e le Anr, di analisi dei mercati. Con tale strumentazione, dal punto di vista regolamentare, si passa da un controllo ex post a meccanismi normativamente procedimentalizzati di controllo ex ante, ossia volti ad impedire o disincentivare determinate condotte prima che i privati le pongano in essere, ma solo in presenza di rischi concorrenziali concreti. Infine, il pacchetto del 2002 riconferma gli istituti dell’autorizzazione generale e del servizio universale. La trasposizione di tali direttive a livello nazionale (in Italia con il d.lgs. 1 agosto 2003, n. 259, recante ‘‘Codice delle comunicazioni elettroniche’’) e la concreta prassi regolamentare non hanno garantito integralmente i risultati sperati a livello comunitario. A tale proposito, e` sufficiente citare la direttiva 2009/140/Ce stessa (di seguito anche direttiva n. 140), nella quale si evidenzia come «l’aspetto più importante da affrontare e` la persistente mancanza di un mercato unico delle comunicazioni elettroniche », in quanto «la frammentazione normativa e le discrepanze nelle attività delle varie autorità nazionali di regolamentazione mettono in pericolo non solo la competitività del settore, ma anche i significativi vantaggi che la concorrenza transnazionale può apportare ai consumatori».

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Di qui, dunque, il tentativo di ridurre a maggiore unità normazione e azione amministrativa nelle comunicazioni elettroniche in Europa.

Con le prime due generazioni di direttive comunitarie, dunque, non appare conseguito un sufficiente livello di omogeneità del mercato europeo delle comunicazioni elettroniche. Di conseguenza, pur se le dinamiche concorrenziali, rispetto agli altri servizi pubblici a rete, risultano molto avanzate, l’incumbent - con intensità diverse nei vari paesi europei - continua a rimanere dominante nei principali mercati.

Di qui la necessità di un nuovo intervento comunitario, in funzione del rafforzamento dei meccanismi di coordinamento procedimentale e organizzativo di controllo sul settore, oltre che di rimozione degli ulteriori ostacoli al perseguimento dell’obiettivo della convergenza e della maggiore liberalizzazione del settore. Anche nel terzo pacchetto comunitario del 2009, gli obiettivi generali rimangono gli stessi del precedente quadro normativo; tendenzialmente, anche le strumentazioniper perseguire tali finalità non cambiano rispetto al 2002 (rimane la regolamentazione ex ante, disposta su un procedimento composto Commissione-Anr), ma si tenta di ricomporle all’interno di un più omogeneo quadro amministrativo, spostando complessivamente l’equilibrio dei poteri dalla periferia al centro, rafforzando il ruolo del ‘‘direttore’’ nel ‘‘concerto’’ regolamentare europeo delle telecomunicazioni. Tuttavia, tra le proposte iniziali della Commissione e i testi finali adottati vi sono significative discrasie, tant’è che alcune delle principali misure di riforma progettate o non hanno visto la luce (si pensi alla mancata creazione di una autorità europea per il mercato delle comunicazioni elettroniche), o hanno fatto spazio a soluzioni compromissorie (in relazione, ad esempio, all’estensione dei poteri di veto della Commissione nelle procedure di analisi dei mercati).

In tale dimensione, le principali innovazioni adottate si rinvengono nelle norme sulla organizzazione del controllo, sulla procedura di analisi dei mercati e su alcuni meccanismi volti all’ampliamento o alla garanzia della concorrenza nel settore. Vi sono poi numerose modifiche minori, volte a consolidare il

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mercato unico, ad accelerare i procedimenti di analisi di mercato, a rafforzare gli interessi dei consumatori e degli utilizzatori, a migliorare la sicurezza ed eliminare le disposizioni divenute obsolete.

2.1.3 L’AUTORITA’ PER LE GARANZIE NELLE

TELECOMUNICAZIONI: AGCOM.

L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni è un'autorità indipendente, istituita dalla legge 249 del 1997. Indipendenza e autonomia sono elementi costitutivi che ne caratterizzano l'attività e le deliberazioni.

L'Agcom è innanzitutto un'autorità di garanzia: la legge istitutiva affida all'Autorità il duplice compito di assicurare la corretta competizione degli operatori sul mercato e di tutelare i consumi di libertà fondamentali degli utenti.

L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni è un'autorità "convergente". In quanto tale svolge funzioni di regolamentazione e vigilanza nei settori delle telecomunicazioni, dell'audiovisivo, dell'editoria e, più recentemente, delle poste. I profondi cambiamenti determinati dalla digitalizzazione del segnale, che ha uniformato i sistemi di trasmissione dell'audio (inclusa la voce), dei video (inclusa la televisione) e dei dati (incluso l'accesso a Internet), sono alla base della scelta del modello convergente, adottato dal legislatore italiano e condiviso da altre Autorità di settore, quali Ofcom in Gran Bretagna e Fcc negli Stati Uniti.

Al pari delle altre autorità previste dall'ordinamento italiano, l'Agcom risponde del proprio operato al Parlamento, che ne ha stabilito i poteri, definito lo statuto ed eletto i componenti

Sono organi dell'Autorità: il Presidente, la Commissione per le infrastrutture e le reti, la Commissione per i servizi e i prodotti, il Consiglio.

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Le Commissioni e il Consiglio sono organi collegiali. Fanno parte della Commissione per le Infrastrutture e le reti il Presidente e due Commissari; la Commissione per i servizi e i prodotti è composta dal Presidente e da due Commissari . Il Consiglio è costituito dal Presidente e da tutti i Commissari.

I mercati sottoposti alla disciplina regolamentare dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, ossia i mercati dei servizi di telecomunicazione, dei servizi audiovisivi, editoriali e - dal 2012 - dei servizi postali, afferiscono a settori industriali che presentano caratteristiche, quali l'uso di un'infrastruttura di rete per la fornitura dei servizi, la presenza di forti economie di scala o di altre barriere all'ingresso o, ancora, di una struttura di mercato a due versanti. È proprio a causa della presenza di tutte o anche solo di alcune delle caratteristiche sopra elencate che i mercati disciplinati dall'Autorità sono stati tradizionalmente caratterizzati da un certo livello di concentrazione se non dalla presenza di una singola impresa operante in regime di monopolio. Ciò ha risposto anche all'esigenza di soddisfare gli obiettivi legati alla natura di pubblica utilità dei servizi (e, quindi, a garantire la massima diffusione territoriale dei servizi e la massima accessibilità delle condizioni economiche) e ad affrontare gli ingenti investimenti necessari a realizzare le infrastrutture di rete.

Benché il progresso tecnologico abbia ridotto il livello delle barriere all'ingresso consentendo l'apertura alla concorrenza di numerosi segmenti delle industrie sopra elencate, l'attività regolamentare dell'Autorità si esplica in tutti i casi in cui il solo intervento ex post non è in grado di assicurare, da un lato, la concorrenzialità dei mercati delle comunicazioni e, dall'altro lato, la diversità culturale ed il pluralismo dei media. Gli strumenti che, sulla base della normativa nazionale e comunitaria, l'Autorità utilizza per analizzare i mercati ed attuare la propria regolamentazione sono: i) le analisi di mercato, per il settore delle comunicazioni; ii) l'Informativa Economica di Sistema, l'Osservatorio sulla domanda di pubblicità classica e di below the line da parte

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degli inserzionisti e l'Osservatorio sulla domanda e sull'accesso ai mezzi di comunicazione da parte dei consumatori, per il settore dei media.

L'Autorità svolge funzioni di regolamentazione, vigilanza e sanzionatorie in materia di:

1. servizi all'ingrosso relativi all'interconnessione e all'accesso in materia di reti di comunicazione elettronica;

2. gestione delle risorse scarse: piani di numerazione e piani delle frequenze;

3. servizi al dettaglio di telefonia e trasmissione dati e contabilità regolatoria;

4. incarico e finanziamento del servizio universale per i servizi di comunicazione elettronica.

Per ciò che riguarda le funzioni di regolamentazione, l'Autorità svolge una serie di interventi di c.d. regolamentazione "orizzontale" ovverossia rivolta a tutte le imprese di comunicazione elettronica indipendentemente dalla loro situazione di mercato e dalla individuazione o meno, in capo agli stessi, di "significativo potere di mercato" (SMP) in uno o più mercati di comunicazione elettronica. Sono esempi di regolamentazione orizzontale la definizione degli obblighi relativi alla portabilità del numero sia in ambito di rete mobile (Mobile NumberPortability, MNP) sia di rete fissa (NumberPortability, NP), delle procedure di passaggio dell'utenza su rete fissa (attivazioni e migrazioni), dei piani delle risorse scarse (numerazione e frequenze).

Le attività di vigilanza sono rivolte alla verifica del rispetto, da parte degli operatori di comunicazione elettronica, degli obblighi imposti dalla regolamentazione, indipendentemente dal fatto che siano derivanti dalla regolamentazione orizzontale o da quella adottata nei confronti dei soli operatori SMP. In tale contesto assume di rilievo la vigilanza sulle misure atte a garantire la non discriminazione (c.d. equivalence) nell'offerta dei servizi regolati.

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Nell'ambito della funzione di vigilanza è svolta anche l'attività di risoluzione delle controversie tra operatori di comunicazione elettronica, secondo quanto previsto dall'art. 23 del Codice delle Comunicazioni Elettroniche.

Infine, la funzione sanzionatoria è svolta nei confronti degli operatori per i quali, in fase di vigilanza, è stato accertato il mancato rispetto degli obblighi regolamentari imposti. La funzione sanzionatoria include anche lo svolgimento dei procedimenti sanzionatori nei quali gli operatori si avvalgono della facoltà, prevista dal decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, di assumere impegni, di natura preminentemente comportamentale, al fine di sanare le contestazioni rivolte nel corso dei procedimenti sanzionatori e ripristinare e migliorare le corrette condizioni di mercato, negativamente influenzate dalle violazioni regolamentari accertate.

Lo sviluppo del sistema delle comunicazioni non può avvenire a danno dei cittadini, che, per primi, devono poter beneficiare delle accresciute possibilità offerte dalla concorrenza. Per questo, l'Autorità vigila affinché i diritti degli

utenti siano pienamente garantiti.

Nel settore delle telecomunicazioni, in particolare, a una maggiore quantità di proposte immesse sul mercato non deve corrispondere una peggiore qualità dei servizi. Al fine di assicurare un elevato livello di protezione dei consumatori nei loro rapporti con i fornitori, l'Autorità verifica, quindi, le modalità di distribuzione dei prodotti e di erogazione dei servizi, come pure la trasparenza

delle comunicazioni rivolte al pubblico,

L'Autorità promuove, inoltre, gli interessi dei cittadini attraverso iniziative volte a diffondere la conoscenza delle condizioni di uso dei servizi così da garantire la massima trasparenza, la concorrenzialità dell'offerta e la possibilità di scelte migliori e consapevoli da parte degli utenti. Compito dell'Autorità è, anche, quello di salvaguardare la prestazione dei servizi essenziali a tutti gli utenti e di accertare che i servizi siano erogati nel rispetto del principio di non-discriminazione in modo che tutte le ragionevoli esigenze degli utenti siano soddisfatte, comprese quelle degli anziani e dei disabili.

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