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Empatia ed Alessitimia nell'assistenza infermieristica: indagine nell'Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale

Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell’Area Critica Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina

e Chirurgia

CORSO DI LAUREA IN INFERMIERISTICA

Presidente: prof. Lorenzo Ghiadoni

Empatia ed Alessitimia nell’assistenza infermieristica:

indagine nell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana

Relatore

Prof.ssa Rosalinda Bastillo

Candidato

Roman Hoydan

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(3)

Abstract

L’Empatia (capacità di vedere il mondo come gli altri lo vedono, di non essere giudicanti e comprendere i sentimenti degli altri) e l’Alessitimia (inabilità di comprendere e descrivere i sentimenti dell’altro, di identificare i sentimenti e di comunicarli, e di orientare il proprio pensiero all’esterno) sono due concetti che possono risultare determinanti nella qualità dell’assistenza infermieristica al paziente. È stato condotto uno studio volto a valutare i livelli di Empatia e di Alessitimia in diversi setting all’interno dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana. Per studiare le variabili parametriche è stato utilizzato il T-test; per le congruenze di più di due gruppi, è stata utilizzata l’analisi della varianza (ANOVA). Per le congruenze di gruppi su variabili categoriali è stato utilizzato il test del Chi-quadrato di Pearson; per congruenze di singoli items a due gruppi è stato utilizzato il test di Mann-Whitney e per congruenze di singoli items a più di due gruppi sono stati utilizzati il test di

Friedman e i confronti post-hoc.

Sono stati utilizzati due questionari differenti: il Jefferson Scale of Physician Empathy:

Health provider (JSPE-HP) e la Toronto Alexithymia Scale (TAS-20), somministrati a

97 infermieri (dei quali hanno risposto in 89). Il campione è stato distinto in base al sesso, all’età, agli anni di servizio svolti, al tipo di istruzione, all’Unità Operativa frequentata e ai corsi di aggiornamento eventualmente svolti.

Non sono state riscontrate differenze statisticamente significative per i livelli di Empatia e di Alessitimia nella valutazione globale del nostro campione. Differenze significative sono emerse in relazione a singoli items dei questionari somministrati, spesso mostrando elevati livelli tanto di Empatia quanto di Alessitimia (per quest’ultima, particolari evidenze sono emerse nella categoria del Pensiero orientato all’esterno).

È emersa una certa tendenza a trovare numerosi soggetti empatici e numerosi soggetti alessitimici nelle medesime categorie, a dimostrazione del fatto che questo sia il risultato di numerosi fattori intrinseci ed estrinseci propri dell’individuo, ciascuno dotato di un suo peso specifico nella determinazione del livello finale di Empatia ed Alessitimia.

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Indice

Abstract ... 3

Indice delle figure ... 6

Indice delle tabelle ... 7

Introduzione ... 9

CAPITOLO 1: Il significato e l’interpretazione del termine Empatia ... 10

1.1 Etimologia del termine Empatia ... 10

1.2 Empatia nella psiche ... 11

1.3 “Circuito dell’Empatia” ... 12

1.3.1 Il lobulo parietale inferiore e il sistema dei neuroni specchio[4] ... 15

1.3.2 “Effetto camaleonte” ... 16

CAPITOLO 2: L’Empatia nella comunicazione ... 17

2.1 Perché un infermiere dovrebbe essere empatico? ... 17

2.2 La comunicazione ... 17

2.3 Comunicazione ed intelligenza emotiva ... 19

CAPITOLO 3: Il ruolo dell’Empatia nella Sanità ... 23

3.1 Empatia nella professione infermieristica ... 23

3.1.1 Art. 4 – Relazione di cura ... 23

3.1.2 Art. 17 – Rapporto con la persona assistita nel percorso di cura ... 23

3.1.3 “Come se” ... 24

3.2 Testimonianze e riflessioni sul tema dell’Empatia ... 25

3.2.1 L’Empatia dal punto di vista di una paziente ... 25

3.2.2 L’Empatia dal punto di vista di una studentessa di Scienze Infermieristiche ... 26

3.3 Empatia di base e avanzata ... 27

3.4 To care: aver cura ... 28

3.4.1 Le due categorie di cura ... 28

3.4.2 Qualità di cura ... 30

3.4.3 Sentire il “sentire dell’altro” ... 31

CAPITOLO 4: Indagine dell’impatto di Empatia e Alessitimia nell’assistenza infermieristica nell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana ... 32

4.1 Obiettivi dello studio ... 32

4.2 Materiali e metodi ... 33

4.3 Risultati ... 39

4.3.1 Statistica descrittiva di popolazione ... 39

4.3.2 JSPE-HP: statistica descrittiva ... 41

4.3.3 JSPE-HP: confronto in base al sesso ... 43

(5)

4.3.5 JSPE-HP: confronto in base al tipo di istruzione ... 50

4.3.6 JSPE-HP: confronto in base agli anni di servizio ... 52

4.3.7 JSPE-HP: confronto in base all’Unità Operativa ... 56

4.3.8 JSPE-HP: confronto in base ai corsi di aggiornamento ... 58

4.3.9 TAS-20: statistica descrittiva ... 60

4.3.10 TAS-20: confronto in base al sesso ... 61

4.3.11 TAS-20: confronto in base alle fasce di età ... 65

4.3.12 TAS-20: confronto in base al tipo di istruzione ... 68

4.3.13 TAS-20: confronto in base agli anni di servizio ... 71

4.3.14 TAS-20: confronto in base all’Unità Operativa ... 75

4.3.15 TAS-20: Confronto secondo partecipazione a corsi di aggiornamento ... 81

4.3.16 Correlazioni JSPE-HP e TAS-20 ... 84

4.4 Discussione ... 96

4.5 Valutazione psicologica dei risultati ... 102

4.6 Limiti dello studio ... 106

4.7 Prospettive future ... 107

4.8 Conclusioni ... 108

Bibliografia ... 109

(6)

Indice delle figure

Figura 1: il sistema dei neuroni specchio. ... 15 Figura 2: Azione, Contesto, Intenzione - le aree coinvolte nel sistema dei neuroni specchio. ... 16 Figura 4: la comunicazione efficace. ... 19 Figura 3: la rappresentazione grafica del concetto di empatia e delle connessioni che essa stabilisce. ... 20

(7)

Indice delle tabelle

Tabella 1: il questionario JSPE-HP. ... 37

Tabella 2: il questionario TAS-20. ... 39

Tabella 3: panoramica della popolazione in esame. ... 40

Tabella 4: statistica descrittiva JSPE-HP. ... 41

Tabella 5: valori di media ± deviazione standard, mediana, minimo e massimo relativi all'indagine col questionario JSPE-HP. ... 42

Tabella 6: confronto con i valori di riferimento. ... 42

Tabella 7: percentuali dei gruppi ottenuti dal confronto col valore di riferimento. .. 42

Tabella 8: confronto tra Maschi e Femmine (JSPE-HP). ... 43

Tabella 9: test per campioni indipendenti (JSPE-HP). ... 43

Tabella 10: tavola di contingenza in base al sesso (JSPE-HP). ... 44

Tabella 11: Chi-quadrato in base al sesso (JSPE-HP). ... 45

Tabella 12: valori relativi agli items significativi in base al sesso (JSPE-HP). ... 45

Tabella 13: confronto in base alle fasce di età (JSPE-HP). ... 46

Tabella 14: tavola di contingenza in base alle fasce di età (JSPE-HP). ... 47

Tabella 15: Chi-quadrato in base alle fasce di età (JSPE-HP). ... 47

Tabella 16: confronto tra fasce di età per gli items statisticamente significativi (JSPE-HP). ... 49

Tabella 17: confronto in base al tipo di istruzione (JSPE-HP). ... 50

Tabella 18: tavola di contingenza in base al tipo di istruzione (JSPE-HP). ... 50

Tabella 19: Chi-quadrato in base al tipo di istruzione (JSPE-HP). ... 51

Tabella 20: confronto in base agli anni di servizio (JSPE-HP). ... 52

Tabella 21: ANOVA univariata (JSPE-HP). ... 53

Tabella 22: tavola di contingenza in base agli anni di servizio (JSPE-HP). ... 54

Tabella 23: Chi-quadrato in base agli anni di servizio (JSPE-HP). ... 54

Tabella 24: differenze per anni di servizio in relazione agli items significativi (JSPE-HP). ... 55

Tabella 25: confronto in base all'Unità Operativa (JSPE-HP). ... 56

Tabella 26: differenze tra le Unità Operative per gli items significativi (JSPE-HP). 58 Tabella 27: confronto in base ai corsi di aggiornamento (JSPE-HP). ... 58

Tabella 28: differenze per corsi di aggiornamento effettuati in base agli items significativi (JSPE-HP). ... 59

Tabella 29: statistica descrittiva TAS-20. ... 60

Tabella 30: valori di media ± deviazione standard, mediana, minimo e massimo relativi all'indagine col questionario TAS-20. ... 60

Tabella 31: le tre classi di alessitimia (TAS-20). ... 61

Tabella 32: confronto tra Maschi e Femmine (TAS-20). ... 61

Tabella 33: test per campioni indipendenti (TAS-20). ... 62

Tabella 34: Chi-quadrato in base al sesso (TAS-20). ... 62

Tabella 35: valori significativi per la categoria del pensiero orientato all'esterno (TAS-20). ... 63

Tabella 36: tavola di contingenza in base al sesso (TAS-20). ... 63

Tabella 37: valori relativi all'item significativo in base al sesso (TAS-20). ... 64

(8)

Tabella 39: tavola di contingenza in base alle fasce di età (TAS-20). ... 66

Tabella 40: Chi-quadrato in base alle fasce di età (TAS-20). ... 67

Tabella 41: confronto tra fasce di età per gli items statisticamente significativi (TAS-20). ... 67

Tabella 42: confronto in base al tipo di istruzione (TAS-20). ... 68

Tabella 43: test per campioni indipendenti (TAS-20). ... 69

Tabella 44: tavola di contingenza in base al tipo di istruzione (TAS-20). ... 69

Tabella 45: Chi-quadrato in base al tipo di istruzione (TAS-20). ... 70

Tabella 46: confronto in base agli anni di servizio (TAS-20). ... 71

Tabella 47: ANOVA univariata in base agli anni di servizio (TAS-20). ... 72

Tabella 48: tavola di contingenza in base agli anni di servizio (TAS-20). ... 73

Tabella 49: Chi-quadrato in base agli anni di servizio (TAS-20). ... 74

Tabella 50: confronto in base all'Unità Operativa (TAS-20). ... 75

Tabella 51: ANOVA univariata in base all'Unità Operativa (TAS-20). ... 76

Tabella 52: confronti multipli per la categoria del Pensiero orientato all'esterno (TAS-20). ... 77

Tabella 53: riepilogo dei confronti multipli (TAS-20). ... 78

Tabella 54: tavola di contingenza in base all'Unità Operativa (TAS-20). ... 79

Tabella 55: Chi-quadrato in base all'Unità Operativa (TAS-20). ... 80

Tabella 56: confronto per singoli items e Unità Operative (TAS-20). ... 80

Tabella 57: confronto in base ai corsi di aggiornamento (TAS-20). ... 81

Tabella 58: test per campioni differenti secondo la partecipazione ai corsi di aggiornamento (TAS-20). ... 82

Tabella 59: tavola di contingenza in base ai corsi di aggiornamento effettuati (TAS-20). ... 82

Tabella 60: Chi-quadrato in base ai corsi di aggiornamento effettuati (TAS-20). ... 83

Tabella 61: correlazioni JSPE-HP e TAS-20 globali. ... 84

Tabella 62: correlazioni JSPE-HP e TAS-20 per il sesso Maschile. ... 85

Tabella 63: correlazioni JSPE-HP e TAS-20 per il sesso Femminile. ... 86

Tabella 64: correlazioni JSPE-HP e TAS-20 per coloro che hanno il diploma. ... 87

Tabella 65: correlazioni JSPE-HP e TAS-20 per coloro che hanno la laurea. ... 88

Tabella 66: correlazioni JSPE-HP e TAS-20 per 1-10 anni di servizio. ... 89

Tabella 67: correlazioni JSPE-HP e TAS-20 per 11-20 anni di servizio. ... 90

Tabella 68: correlazioni JSPE-HP e TAS-20 per >20 anni di servizio. ... 91

Tabella 69: correlazioni JSPE-HP e TAS-20 per l'U.O. Anestesia e Rianimazione Trapianti. ... 92

Tabella 70: correlazioni JSPE-HP e TAS-20 per l’U.O. Geriatria. ... 93

Tabella 71: correlazioni JSPE-HP e TAS-20 per l’U.O. Endocrinochirurgia. ... 94

(9)

Introduzione

L’idea di questo elaborato è nata durante il mio tirocinio in ospedale, quando ho notato che più pazienti mi ringraziavano per il solo fatto di aver dedicato loro tempo per ascoltarli. Lo scopo di questa tesi è di esaminare come il semplice atto di ascoltare e l’empatia per i pazienti possano essere un potenziale strumento di trattamento per migliorarne la compliance, aumentando l'efficacia della terapia e migliorando l’outcome del paziente.

Il motivo che ci ha spinto a effettuare lo studio è proprio il fatto che io abbia molto a cuore l’aspetto umano nella sanità e sono fermamente convinto, anche analizzando la letteratura scientifica attualmente disponibile, che l’outcome del paziente possa solo trarre beneficio dall’empatia: se un professionista della salute viene definito come tale, per me deve esserci alla base delle sue qualità proprio l’aspetto umano. Ogni giorno sempre più infermieri dicono che non si sentono più tali.

Un bravo medico o infermiere può conoscere molte nozioni e tecniche pratiche, ma se non c’è questo occhio di riguardo sulla comunicazione più adeguata per il paziente e l’interesse allo stesso come persona, ancora prima che come paziente propriamente detto, uomo o donna che sia, non potrà mai definirsi tale in maniera completa.

Il fine ultimo di tutti i professionisti, in particolar modo degli infermieri, è quello di garantire un’assistenza tempestiva, globale, continua e soprattutto efficace.

Non c’è comprensione se non c’è la capacità di percepire il “sentire dell’altro”, e affinché ci sia comprensione è necessaria che ci sia empatia.

(10)

CAPITOLO 1: Il significato e l’interpretazione del termine

Empatia

1.1 Etimologia del termine Empatia

Empatia (termine derivato dal greco ἐν, "in", e -πάθεια, dalla radice παθ- del verbo

πάσχω, "soffro", sul calco del tedesco Einfühlung), si intende la capacità di

comprendere lo stato d'animo e la situazione emotiva di un'altra persona, in modo immediato e talvolta senza far ricorso alla comunicazione verbale. Il termine viene anche usato per indicare quei fenomeni di partecipazione intima e di immedesimazione attraverso i quali si realizzerebbe la comprensione estetica.

Empatia è la capacità di una persona di immedesimarsi in un'altra fino a coglierne i sentimenti, gli stati d'animo e i pensieri.

Correva l’anno 1909 quando Titchener coniò il termine empathy (in italiano “empatia”). Questo sostantivo fu usato «come traduzione del termine tedesco

Einfülung (sentire dentro)».[1]

L'esplorazione dei contenuti e dei processi empatici avviene per la prima volta nell'ambito della fenomenologia, costituendo un passo decisivo per superare una concezione meramente razionale della comunicazione interpersonale e, segnatamente, della capacità di comprendere l'altro. In particolare, E. Stein (1917) ne individuò il fondamento in quella condizione esistenziale che è l’”essere-in-un-mondo-comune” (Mitwelt). In questo contesto, l'empatia viene considerata come un atto originario che, da un lato, consente al soggetto di vivere gli altri come dal loro interno e, dall'altro, porta a maturazione ciò che in noi è latente oppure diverso: in altri termini, con l'empatia il soggetto mette in atto un processo che gli consente di aprire lo sguardo sui valori sconosciuti della propria persona.

Un altro significato che può essere associato a questo termine è quello attribuito dal

(11)

di partecipare o di avere un’esperienza vicaria dei sentimenti, delle intenzioni o delle idee e talvolta dei movimenti di un’altra persona, al punto di eseguire con il corpo movimenti che li rispecchiano».[1]

1.2 Empatia nella psiche

Freud descrive questa capacità di immedesimazione come una sorta d'intuizione, che consente l'accesso agli ambiti della vita psichica altrui, di per sé estranei alla propria esperienza.

R.R. Greenson (1978) approfondisce la delimitazione dell'empatia come spazio nel quale è possibile raggiungere l'obiettivo della comprensione dell'altro mediante una condivisione, sia pur temporanea, dei suoi sentimenti: questa partecipazione ai sentimenti altrui si riferisce non all’intensità degli stessi ma alla qualità, non alla quantità ma alla loro natura. Greenson inoltre distingue accuratamente l'empatia da altre dinamiche psichiche sia inconsce, sia preconsce. Anzitutto, essa si differenzia dalla simpatia, perché non implica quell'essere “d'accordo”, quel “vivere assieme” che è, invece, essenziale della simpatia: la dimensione empatica viene cioè attivata per lo più da un'iniziativa consapevole unilaterale. Neppure l'imitazione o la mimesi - processi che si presentano, per qualche verso, come configurazioni analogiche - equivalgono all'empatia, in quanto esse fanno riferimento alle sole caratteristiche esterne e comportamentali di una persona. È anche necessario distinguere accuratamente l'empatia dal processo di identificazione, essendo quest'ultimo un fenomeno essenzialmente inconscio e permanente, finalizzato al superamento dell'angoscia e non - come invece l'empatia - alla comprensione e all'ampliamento della coscienza.

L’aspetto relazionale è parte integrante della cura e del prendersi cura propri delle professioni sanitarie, ovvero una competenza specifica che non può non esserci: sarebbe come dire che un chirurgo è tanto bravo ad aprire il paziente e asportare un

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tumore ma non è capace di ricucire, per cui l’orribile cicatrice è qualcosa che gli si può perdonare.

Ad avvallare questo pensiero troviamo l’Organizzazione Mondiale della Sanità che definisce la salute “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non la

semplice assenza dello stato di malattia o di infermità” (OMS, 1948) dando all’essere

umano, che si rivolge agli esperti della salute, un valore molto più ampio che non quello di “oggetto rotto da aggiustare”.

1.3 “Circuito dell’Empatia”

Le emozioni sono risposte complesse dell’organismo a stimoli adeguati, che si manifestano con uno specifico repertorio di azioni e con modificazioni dello stato interno, che è possibile osservare e misurare.

Sono considerate emozioni primarie le seguenti: • paura; • rabbia; • sorpresa; • tristezza; • disgusto; • felicità.

(13)

La percezione dello stimolo emotivo genera una serie di risposte complesse da parte dell’organismo che si esplicano attraverso l’attivazione di diverse strutture cerebrali:

• risposte ormonali attraverso l’attivazione dell’ipotalamo;

• risposte vegetative attraverso il sistema autonomo simpatico e parasimpatico, messi in funzione dall’ipotalamo;

• risposte motorie;

• risposte relative all’esperienza, attraverso la corteccia del cingolo anteriore; • risposte sociali attraverso il lobo frontale.

Numerose strutture corticali e sottocorticali sono coinvolte nella regolazione delle emozioni, nella motivazione e nell’associazione degli stati emozionali con ricordi e sensazioni: si fa riferimento, infatti, ad un “circuito dell’empatia”.

Grazie alla risonanza magnetica funzionale (RMF o fMRI, Functional Magnetic

Resonance Imaging) i neuroscienziati tracciano un quadro chiaro delle aree cerebrali

che si attivano e che sono fondamentali nel campo dell’empatia. Essi concordano che nell’empatia non è coinvolto l’intero cervello, ma una decina di regioni del cervello tra loro interconnesse.

Quindici anni di studi delle neuroscienze hanno portato alla conclusione che il fenomeno si snodi in tre componenti:[2]

• l’empatia emozionale, che pone al centro la condivisione dei sentimenti; • l’empatia cognitiva, la quale rappresenta la capacità di riflettere sugli altrui

sentimenti e di comprenderli;

• la preoccupazione o compassione, che è ciò che ci spinge a fare qualcosa per la sofferenza dell’altro[3].

(14)

L’empatia cognitiva, come già detto, si fonda sulla capacità di riflettere sui sentimenti altrui e di comprendere il suo stato d’animo. Essa vede coinvolti il solco temporale superiore, i poli temporali e la giunzione temporo-parietale, e compare nei bambini prima che compiano un anno, continuando a svilupparsi fino all’età adulta.

La terza componente, ossia la comprensione, attiva aree cerebrali diverse e si crea, in tal modo, una fitta rete di connessioni che, nel complesso, danno vita a quella che poi chiamiamo “empatia”.

(15)

1.3.1 Il lobulo parietale inferiore e il sistema dei neuroni specchio[4]

Figura 1: il sistema dei neuroni specchio.

Un’altra area cerebrale molto importante è rappresentata dall’opercolo frontale e dal giro frontale inferiore (collegati al lobulo parietale inferiore), che fa parte del sistema dei neuroni specchio [Figura 1]: tale sistema è costituito da quelle parti del cervello che si attivano sia quando si esegue un’azione, sia quando si osserva qualcun altro che esegue quella stessa azione.

I neuroni specchio rappresentano un gruppo di cellule localizzate nella zona fronto-parietalee possiedono la capacità di guidare un’azione ma, nel contempo, anche di “pensare” un atto potenziale.

È molto importante precisare che l’esistenza ed il funzionamento del sistema dei neuroni specchio sono stati verificati attraverso registrazioni di singole cellule in relazione ad alcune azioni, per cui sono solo dei tasselli che concorrono alla manifestazione dell’empatia [Figura 2].

(16)

Figura 2: Azione, Contesto, Intenzione - le aree coinvolte nel sistema dei neuroni specchio.

1.3.2 “Effetto camaleonte”

Il sistema dei neuroni specchio è coinvolto nella mimica, come accade quando si imbocca un bambino (quando questi apre la bocca, l’apriamo involontariamente anche noi) o quando qualcuno, sbadigliando, ci fa sbadigliare.

Il rispecchiamento delle azioni di un altro si verifica in genere senza pensare consciamente allo stato emotivo di quella persona. Questo è quello che alcuni psicologi chiamano “effetto camaleonte”.

(17)

CAPITOLO 2: L’Empatia nella comunicazione

2.1 Perché un infermiere dovrebbe essere empatico?

Perché un dottore o un infermiere dovrebbe essere empatico? Chi ci dice che farebbero meglio il loro lavoro? Su questo il dibattito può diventare ampio: è

necessario mettere a confronto una relazione empatica e comprensiva con una comunicazione, invece, vuota di ogni sentimento, priva di emozioni umane e di comprensione, una semplice comunicazione tecnica.

Oggi l’infermiere è il professionista sanitario che, con il suo campo proprio di attività, assiste, cura e si prende cura dell’assistito in maniera globale, instaurando con esso una relazione di fiducia. È un professionista laureato che, iscritto all’ordine professionale, svolge funzioni di prevenzione, assistenza, educazione alla salute, educazione terapeutica, gestione, formazione e ricerca. [D.M. 739 1994]

2.2 La comunicazione

Il termine “comunicazione” deriva dal verbo “comunicare” [co-mu-ni-cà-re] (comùnico, -chi, comùnicano; comunicànte; comunicàto), ossia:

1. Trasmettere, rendere noto: c. una notizia; c. un'informazione (far pervenire un provvedimento o un atto giudiziario al diretto interessato);

2. Estens. Infondere, trasfondere, spec. un sentimento, uno stato d'animo: c. sicurezza. (www.dizionari.hoepli.it)

L’uomo è un animale sociale, cioè vive di relazione e comunicazione: l’uomo senza altri uomini non vive o vive male. La comunicazione, dunque, è un processo che

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necessita di almeno due entità, che si scambiano qualcosa in un fenomeno di trasmissione.

Il primo degli assiomi della comunicazione è che è impossibile non comunicare, perché lo scambio non è fatto solo di parole ma anche di gesti, sguardi, sospiri, emozioni e silenzi. In sanità, poi, la comunicazione è fatta anche di assenze.

In realtà non esiste un modello giusto di comunicazione e nemmeno modelli più efficaci di altri in senso assoluto; esistono modelli di comunicazione più o meno efficaci a seconda delle situazioni e degli obiettivi.

In ambito medico si è visto che una comunicazione efficace aumenta la compliance, termine inglese che significa “accettazione, osservanza” in conformità a qualcosa, ma che in ambito sanitario sta ad indicare l’adesione del paziente al percorso terapeutico: una buona comunicazione col paziente fa sì che quest’ultimo “segua le indicazioni” del medico e renda la cura più efficace. Non solo: pare che la compliance sia anche in grado di ridurre i tempi di permanenza in ambulatorio e il numero delle visite. [5] Inoltre, Roberti, Bellotti e Caterino, citando una indagine dell’ANIA (Associazione Nazionale Imprese Assicuratrici), scrivono «[...] gli esposti per responsabilità professionale sono passati da 3.159 nel 1994 a 7.700 (+ 148%) nel 2002 e, nello stesso periodo, quelli per responsabilità delle strutture sanitarie da 5.100 a 6.700 (+31%).»: tutto questo poteva essere evitato, dal momento che la medesima indagine ha individuato, come elemento principale della proliferazione delle denunce, non l’errore della diagnosi, bensì una comunicazione tra medico e paziente sterile, nel contesto della quale sono mancati la possibilità e/o il tempo di rendere tale comunicazione funzionale ad una piena comprensione reciproca [Figura 4, pagina seguente].

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Comunicazione efficace

Comprensione e fiducia da parte del paziente

Adesione al trattamento (compliance)

Efficacia del trattamento

Soddisfazione del paziente Figura 3: la comunicazione efficace.

2.3 Comunicazione ed intelligenza emotiva

La competenza relazionale può essere suddivisa in tre ulteriori competenze differenti[6]:

• relazionarsi in modo adeguato con gli altri; • cooperare;

• gestire i conflitti.

Sabatano[6] suddivide ulteriormente la capacità di relazionarsi in modo adeguato con gli altri in tre sottovoci:

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• saper gestire consapevolmente le proprie emozioni; • saper ascoltare.

Esistono numerosissimi studi relativi all’empatia che ne hanno esplorato le molteplici definizioni: il primo aspetto che emerge dalla letteratura riguarda la dubbia condizione dell’empatia, definita talvolta come stato, come processo, come abilità o come sentimento.

Nella letteratura scientifica infermieristica il dibattito relativo all’empatia inizia negli anni ’60 e, proprio sulla base delle molteplici sfaccettature, Kunyk and Olson nel 2001[7], nella loro analisi della letteratura sull’argomento, affermano che il concetto non è ancora maturo per essere definito univocamente.

Tra le varie definizioni coniate si prende come riferimento quella di Rogers: l’empatia

è la capacità di utilizzare gli strumenti della comunicazione verbale e non verbale per mettersi nei panni dell’altro, identificandosi parzialmente nel suo mondo soggettivo nel contesto di un’accettazione autentica e non giudicante. Sono determinanti, a

questo proposito, i concetti di ascolto (per l’accettazione autentica) e di comprensione del mondo soggettivo dell’altro, che implica un’approfondita conoscenza innanzitutto di sé [Figura 3].

(21)

Come altri autori, Bruzzone[8] sostiene che la comprensione della vita emotiva altrui non possa avvenire senza l’ascolto e la comprensione di se stessi: proprio questo principio è uno degli aspetti determinanti che Goleman inserisce tra le cinque caratteristiche fondamentali dell’intelligenza emotiva. L’autore di fatto riprende il pensiero di alcuni teorici precedenti:

• innanzitutto, la teoria sostenuta da Gardner sulle intelligenze multiple e quindi la definizione di una intelligenza emotiva composta a sua volta da una intelligenza intrapersonale e una intelligenza interpersonale;

• Salovey e Mayer definiscono nel 1990 l’intelligenza emotiva come “la

capacità che hanno gli individui di distinguere e dominare le proprie emozioni in determinate situazioni e quelle degli altri, discriminando tra vari tipi di emozione ed usando questa informazione per incanalare pensieri ed azioni”.[9]

Goleman quindi sostiene che gli elementi che caratterizzano l’intelligenza emotiva sono:

• la conoscenza delle proprie emozioni;

• l’auto-consapevolezza – in altre parole, la capacità di riconoscere un sentimento nel momento in cui esso si presenta: consente di distinguere e denominare le proprie emozioni in determinate situazioni, riconoscere i segnali fisiologici che indicano il sopraggiungere di un’emozione e comprenderne le cause.

Lo sviluppo dell’intelligenza emotiva diventa quindi determinante per l’infermiere, mentre è più dibattuta la strategia didattica che meglio consente lo sviluppo della competenza.

Bruzzone a questo proposito sostiene che il difficile compito di accompagnare qualcuno nei territori inospitali della fragilità, della solitudine, della malattia, esige una maturazione personale e una competenza emotiva che non s’improvvisano e che non si trovano nei libri: essa si guadagna vivendo e pensando ciò che si è vissuto. La

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riflessione, dunque, viene considerata come il miglior strumento per l’acquisizione di questa competenza.

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CAPITOLO 3: Il ruolo dell’Empatia nella Sanità

3.1 Empatia nella professione infermieristica

Il significato della parola “empatia” entra nel vocabolario professionale attraverso l’infermieristica, perché è una qualità essenziale per un infermiere[10]: due sono gli articoli che è opportuno citare per definire al meglio il ruolo dell’empatia nella professione dell’infermiere.

3.1.1 Art. 4 – Relazione di cura

«Nell'agire professionale l’Infermiere stabilisce una relazione di cura, utilizzando

anche l'ascolto e il dialogo. Si fa garante che la persona assistita non sia mai lasciata in abbandono coinvolgendo, con il consenso dell’interessato, le sue figure di riferimento, nonché le altre figure professionali e istituzionali. Il tempo di relazione è tempo di cura.»

3.1.2 Art. 17 – Rapporto con la persona assistita nel percorso di cura

«Nel percorso di cura l’Infermiere valorizza e accoglie il contributo della persona, il

suo punto di vista e le sue emozioni e facilita l’espressione della sofferenza. L’Infermiere informa, coinvolge, educa e supporta l’interessato e con il suo libero

(24)

consenso, le persone di riferimento, per favorire l’adesione al percorso di cura e per valutare e attivare le risorse disponibili.»

3.1.3 “Come se”

Si parla di empatia definendola come l’abilità per la quale sentiamo quello che l’altro sente, vediamo il mondo come lo vede l’altro mettendoci nei suoi panni, come se fossimo Lui/Lei e dove questo “come se” ci permette di non fonderci o confonderci con l’altro, ci permette di non identificarci con l’altro, mantenendo quello sguardo esterno anch’esso necessario nella relazione di aiuto.

Purtroppo, non molti pazienti hanno esperienza di infermieri o medici empatici e si può ipotizzare che questo avvenga anche perché l’empatia non si apprende in modo teorico, bensì con la pratica, con i tirocini, con le supervisioni, cosa ancora in parte mancante nella maggior parte della formazione e nella vita professionale di medici ed infermieri[10]. Quello che succede, e che si può constatare anche dalla letteratura, è che in un primo momento ci si fonde con quello che accade all’altro e allora, per sopravvivere ad emozioni, sensazioni, molteplicità di punti di vista spesso difficili da sopportare, col tempo tendiamo a creare una corazza, ci manteniamo lontani dalla relazione o, al contrario, si “soccombe”, ci bruciamo. Eppure, quel “come se” è possibile impararlo ed acquisirlo con corsi di aggiornamento mirati e con una preparazione più focalizzata sulla comunicazione e sull’ascolto – cosa che la letteratura evidenzia e sottolinea, visti gli ottimi risultati raggiunti in molte realtà ospedaliere.

(25)

3.2 Testimonianze e riflessioni sul tema dell’Empatia

Di seguito si riportano due riflessioni che mettono in risalto l’importanza dell’empatia nel rapporto “personale sanitario-assistito”.

3.2.1 L’Empatia dal punto di vista di una paziente

«Alcuni anni fa ho avuto dei problemi di salute che mi hanno portata ad innumerevoli visite e consulti. In uno di questi incontri (svoltosi in Svizzera), se così si possono definire, un illustre primario in quindici minuti mi ha visitata e mi ha comunicato che non aveva idea di cosa esattamente fosse successo alla mia colonna vertebrale, ma era necessario fare un intervento risolutivo cambiandone alcuni “pezzetti”, altrimenti sarei rimasta su una sedia a rotelle tra i trenta e i trentacinque anni – nulla di complicato, a parte una degenza di un paio di mesi in clinica e un annetto ferma a letto. […] Quello che mi preme sottolineare è che in quindici minuti non ha chiesto nulla di me: lavoro,

stato civile, difficoltà economiche o altro. Non mi ha mai guardata negli occhi per vedere se piangevo o altro, mi ha solo stretto la mano alla fine dell’incontro dicendomi

“ci vediamo in clinica”. Io mi sono più volte immaginata un incontro con un po’ più di empatia, con un medico che, prima di dirmi tutto ciò, mi dicesse una frase del tipo “la situazione è complessa e a mio parere richiederebbe un intervento di sostituzione di alcuni elementi della colonna vertebrale e che le descriverò con esattezza nel caso decidesse di farlo, lei cosa fa adesso nella vita...ha qualcuno che la possa sostenere in un caso del genere, che comporta una degenza lunga e una lunga convalescenza?... Ha delle cose da chiedermi, vuole sapere qualcosa su quello che a mio parere potrebbe essere il decorso della sua malattia?”. È chiaro che ci sarebbe voluto un po’ più di un quarto d’ora, ma non sono certa che fosse solo questo il problema: forse quel medico non era in grado di supportare e sopportare eventuali paure, emozioni o idee differenti

(26)

dalla sua. In me l’effetto è stato di rifiuto totale della possibilità da lui propostami senza nessuna ulteriore indagine. In questo caso un po’ più di empatia da parte sua mi avrebbe permesso di riflettere meglio, indagare meglio la proposta prima di rifiutarla (o forse accettarla, non so) prendendomi comunque più in carico la mia salute.»

3.2.2 L’Empatia dal punto di vista di una studentessa di Scienze Infermieristiche

«Nella mia esperienza di tirocinio presso il reparto Malattie Infettive di Reggio Emilia ho imparato davvero tanto da un punto di vista tecnico ma, sopra ogni altra cosa, da un punto di vista umano e relazionale. Dopo alcuni giorni che ero nel reparto, perfetta e austera come si conviene a una professionista, un ragazzo ricoverato per una “sovra-infezione in soggetto con HIV”, mentre mi avvicinavo per cambiare la flebo mi ha chiesto “ce l’hai con noi perché siamo ex tossici o perché abbiamo l’AIDS?”. Ovviamente io ho risposto che non ce l’avevo con loro, non mi sembrava di essere stata scortese e me ne sono andata scocciata dalla stanza. Ho passato due giorni d’inferno, mi sentivo frustrata, incapace, volevo cambiare reparto. Poi il caso ha voluto che al mio rientro in reparto il paziente fosse stato trasferito in camera singola, segno di aggravamento e – questo lo sapevo perfettamente – di entrata in quella fase che si dice terminale. Non voglio annoiare coi dettagli, ma sta di fatto che mi sono trovata ad un certo punto sola con lui nella stanza, completamente indifesa e col terrore che mi chiedesse qualcosa delle sue condizioni: con l’intento di cambiare discorso, ho detto “a proposito della domanda dell’altro giorno, mi dispiace se ti ho offeso, non mi sono resa conto di essere stata scortese”. Lui mi ha risposto in un modo che debbo dire porterò sempre con me, “non sei stata scortese, è che non solo non hai mai sorriso,

ma non mi hai chiesto nulla, neppure il mio nome”. Sono stata in quella stanza quasi

(27)

ammettendo che li detestavo perché si erano drogati e adesso tutti soffrivano per loro, ma sapendo anche che quello era un problema mio e non loro. I giorni successivi ho sperimentato emozioni di una potenza incredibile, ho lavorato sentendomi sicura come mai fino allora mi era capitato e alla fine di quel tirocinio ho richiesto di potere svolgerne un secondo in quello stesso reparto. Dunque, l’apertura empatica non solo

è stata utile alle persone che dipendevano dalle mie cure, ma è stata utile a me come professionista, perché ho lavorato meglio.»

3.3 Empatia di base e avanzata

Molti autori ritengono che, in ambito sanitario, una umanizzazione dei professionisti porterebbe ad un miglioramento del servizio, e considerano l’empatia tra le abilità di base per tale umanizzazione.

Dawn Freshwater distingue una empatia di base ed una empatia avanzata: “L’empatia

di base è associata con l’inizio di una relazione di aiuto e la costruzione della fiducia. L’empatia avanzata di solito viene sperimentata quando la relazione è stata instaurata e implica una considerevole profondità nella comprensione tra i due individui.”[11]

Più avanti Freshwater scrive: “gli infermieri vedono i pazienti come oggetti per

riuscire ad affrontare l’ansia intensa che una relazione così intima potrebbe causare.”[11]

L’ansia alla quale fa riferimento Freshwater è reale, come è vero che non possiamo affrontare innumerevoli lutti ed uscirne indenni. Dunque, l’esercizio di quel “come se” è indispensabile, così come è indispensabile avere un luogo (che i counselor chiamano “supervisione”) dove depositare tutto ciò che non riusciamo più a tenere dentro. Quando la relazione è empatica e autentica, l’accettazione dell’altro è molto più semplice perché, come sorprendente conseguenza, molto spesso l’altro diviene più tollerante e comprensivo del nostro essere semplicemente umani.

(28)

Ricorre spesso una domanda nei corsi di aggiornamento: perché

sempre noi dobbiamo andare incontro agli altri? Perché noi

dobbiamo essere empatici, autentici e accettanti quando ci troviamo

di fronte a gente che ci aggredisce, dubita di noi, mente, e ci tratta

male?

Perché noi siamo i professionisti (non semplicemente i lavoratori stipendiati): noi abbiamo scelto quello che facciamo e abbiamo la responsabilità di andare verso l’altro, abbiamo la responsabilità di aiutare. Anche su questo concetto, dunque, è importante riflettere nel corso della vita professionale.

3.4 To care: aver cura

La cura è una pratica mossa dall’intenzione di procurare beneficio all’altro e il principio di benevolenza identifica l’essenza etica della cura; la cura per l’altro presuppone la preoccupazione per il suo benessere, per questo essa si qualifica innanzitutto come assunzione di responsabilità verso “l’essere” dell’altro, che si attualizza in modi relazionali che attestano rispetto/reverenza e premura/sollecitudine.

3.4.1 Le due categorie di cura

La cura può essere suddivisa in due categorie: la ricettività e la responsività.

La ricettività viene intesa come il “fare posto dentro la propria mente all’essere dell’altro”: si esprime essenzialmente nell’attenzione, dove “l’attenzione non è altro che la ricettività portata all’estremo”[12] ovvero è un disporre la mente a ricevere il massimo di realtà possibile.

(29)

Prestare attenzione, considerare l’altro e avere considerazione per l’altro, tenerlo nello sguardo sono tutti elementi che rappresentano il primo atto di cura. L’attenzione come gesto di cura non è un semplice guardare, ma “uno sguardo paziente e amorevole rivolto all’altro.”: tanta è l’importanza dell’attenzione che la cura viene definita anche come “lavoro di attenzione.”

L’attenzione è mossa dall’interesse che la persona sente per qualcosa e la sua funzione consiste nel portare quella cosa alla piena presenza; quindi l’attenzione, in quanto atto intenzionale, è deciso dal grado di valore che si assegna a un fenomeno, e il grado di valore di un ente è qualcosa che si apprende nella comunità culturale in cui si vive: “presto attenzione all’altro perché il suo viso mi parla”,ovvero racconta il suo dolore e le sue attese, le sue paure e le sue speranze. Bisogna dunque capire che, per comprendere davvero quello che intende comunicare, la nostra attenzione deve essere sensibile e ricettiva perché, anche se il viso ci interpella, non è immediata la comprensione del modo in cui l’altro manifesta se stesso. L’attenzione sensibile non è intellettualistica, ma partecipata: è attenzione dalla mente e dal cuore.

Iris Murdoch definisce questo modo di intendere l’attenzione come “uno sguardo

giusto e amorevole diretto a una specifica realtà individuale”: così intesa, l’attenzione

è la caratteristica propria di un agente morale. Per agire moralmente c’è bisogno di una chiara visione e solo una continua, intensa e sensibile attenzione rende possibile uno sguardo lucido sulle cose.

La seconda categoria, la responsività, viene intesa come il mettere in atto azioni concrete a favore dell’altro. Inoltre, essenziale dell’agire con cura è l’intenzione di comprendere il vissuto dell’altro, dove la comprensione costituisce un fenomeno esistenziale fondamentale: l’essere umano avverte la necessità di capire ciò che accade non solo nella sua esistenza ma, in quanto essere relazionale, anche nell’esistere degli altri. È il rivolgersi all’altro secondo l’intenzione di comprenderlo che rende possibile la relazione, poiché consente di gettare un ponte ontologico fra sé e l’altro.

(30)

3.4.2 Qualità di cura

Il concetto di qualità si presta a definizioni, usi e interpretazioni tutt’altro che univoci. La qualità non è una proprietà assoluta, intrinseca e indipendente dalle nostre percezioni: dipende da chi la guarda/osserva/valuta/prova, è un fenomeno dinamico e multidimensionale.

Negli anni '60 A. Donabedian, il pioniere della qualità nel mondo sanitario, definisce la qualità dell'assistenza come "il grado con cui l'assistenza è in conformità con gli

attuali criteri di buona assistenza".

Nel 1988 Palmer da un'altra definizione: “La qualità di cura consiste nella sua

capacità di migliorare lo stato di salute e di soddisfazione di una popolazione nei limiti concessi dalle tecnologie, dalle risorse disponibili e dalle caratteristiche dell’utenza.”

La qualità di un sistema sanitario ha lo scopo di garantire che ciascun paziente riceva l’insieme degli interventi diagnostici, terapeutici e educativi più indicati, al costo minore possibile per lo stesso risultato, con il rischio minore possibile di complicazioni iatrogene e con la sua soddisfazione rispetto agli interventi ricevuti, ai contatti umani con il personale ed agli esiti.

(31)

3.4.3 Sentire il “sentire dell’altro”

Non c’è comprensione se non c’è la capacità di sentire il “sentire dell’altro”: affinché ci sia comprensione bisogna dunque essere capaci di empatia. La sensibilità è lasciarsi mettere in causa dall’alterità dell’altro. Se si accetta di pensare che l’esperienza dell’essere sensibile è sempre incarnata, allora avere sensibilità per il vissuto del paziente significa sentire nella carne il suo stato d’essere: è questo sentire incarnato a rendere possibile una vera comprensione.

Sentire il “sentire dell’altro” significa comprendere la qualità del suo dolore quando questi sta soffrendo: forse è proprio per questo che chi è capace di empatia spesso manifesta la sua vicinanza all’altro in modo silenzioso. Resta al fianco dell’altro che soffre, ascolta, ma poche sono le parole che pronuncia: infatti, se è vero che “quando non si soffre si fa presto a dare consigli”, chi conosce la sofferenza dell’altro si trattiene dal pronunciare troppe parole; proprio perché l’empatia costituisce l’accesso privilegiato alla qualità del reale, si qualifica come componente essenziale di un’azione di cura che sa realmente agire a favore dell’altro.

(32)

CAPITOLO 4: Indagine dell’impatto di Empatia e

Alessitimia nell’assistenza infermieristica nell’Azienda

Ospedaliero-Universitaria Pisana

4.1 Obiettivi dello studio

In letteratura, vari studi hanno mostrato una forte correlazione tra empatia e miglioramento dell’outcome del paziente; è stato visto anche come la diminuzione delle capacità empatiche aumenti il rischio di stress per l’infermiere e di disumanizzazione nei confronti del paziente.

In particolare, mettendo a confronto alcuni studi, si evince che la media dell’empatia risulta essere 102,85[13].

Con questa indagine si vuole verificare l’andamento di alcuni prerequisiti che consentono la relazione, così come sono descritti da un’ampia letteratura. In particolare:

• confrontare la media dell’empatia prefissata a 102,85 con la media dell’empatia derivante dal nostro studio;

• verificare l’andamento dei livelli di empatia che diverse ricerche dimostrano abbassarsi nel personale di assistenza (questionario JSPE-HP);

• verificare l’andamento dei livelli di consapevolezza emotiva posseduti dall’infermiere, elemento indispensabile per una conoscenza di sé che consenta di affrontare situazioni ad alto impatto emotivo (questionario TAS-20);

• verificare eventuali correlazioni con i dati socio-anagrafici e con gli ambiti di lavoro frequentati, sia per l’empatia che per l’alessitimia:

(33)

B. C’è un’influenza dell’anzianità di servizio sull’empatia?

C. Ci sono Unità Operative dove abbiamo infermieri più empatici? D. La scolarità è un fattore che influisce in maniera positiva?

E. Aver frequentato corsi di aggiornamento sulla comunicazione influisce? • verificare se l’alessitimia ha qualche correlazione con i gradi di empatia.

4.2 Materiali e metodi

La ricerca è stata condotta attingendo a banche dati online, quali Medline e PubMed, visionando articoli scientifici specifici che abbiano preso in esame quanto stiamo analizzando; le parole chiave per la ricerca sono state: empatia, infermiere e burnout. Sono stati selezionati studi sperimentali, osservazionali e revisioni di letteratura.

Abbiamo utilizzato le seguenti definizioni:

• empatia: capacità di vedere il mondo come gli altri lo vedono, di non essere giudicanti e comprendere i sentimenti degli altri[14];

• burnout: sindrome dettata dagli stress correlate all’impiego e caratterizzata da esaurimento emotivo, depersonalizzazione e scarso senso di realizzazione personale[15];

• alessitimia: inabilità di comprendere e descrivere i sentimenti dell’altro[16], di identificare i sentimenti e di comunicarli, e di orientare il proprio pensiero all’esterno.

L’indagine statistica del nostro studio primario esplorativo è stata realizzata grazie al ricorso delle seguenti metodiche:

(34)

• per le congruenze di più di due gruppi, è stata utilizzata l’analisi della varianza (ANOVA);

• per le congruenze di gruppi su variabili categoriali è stato utilizzato il test del

Chi-quadrato di Pearson;

• per congruenze di singoli items a due gruppi è stato utilizzato il test di

Mann-Whitney;

• per congruenze di singoli items a più di due gruppi sono stati utilizzati il test

di Friedman e i confronti post-hoc.

Lo studio è stato impostato seguendo la struttura PICO:

• P = Problem = misurare l’empatia e alessitimia negli infermieri in setting diversi;

• I = Intervention = rilevazione attraverso due questionari JSPE e TAS-20 in quattro Unità Operative;

• C = Comparation = Comparazione tra dati ottenuti nelle quattro Unità Operative ed eventuali correlazioni socio-anagrafiche;

• O = Outcome = differenza statistica tra le quattro Unità operative e tra differenze socio-anagrafiche.

L’indagine è stata svolta presso l’Ospedale Cisanello di Pisa; sono stati intervistati gli infermieri di quattro Unità Operative, selezionate cercando di scegliere setting diversi per intensità e tipologia di cura:

1. U. O. Anestesia e Rianimazione Trapianti; 2. U. O. Endocrinochirurgia;

3. U. O. Neurologia; 4. U. O. Geriatria.

Sono stati utilizzati due strumenti differenti convalidati nella letteratura: il Jefferson

Scale of Physician Empathy: Health provider (JSPE-HP) e la Toronto Alexithymia Scale (TAS-20).

(35)

La JSPE-HP è un test sviluppato dai ricercatori del Centre for Research in Medical

Education and Health Care al Jefferson Medical College, Philadephia, USA. Lo

strumento si compone di 20 items, ognuno costituito da una scala Likert (Massimo accordo = 7, Massimo disaccordo = 1) e richiede un tempo massimo di compilazione di 10 minuti. All’interno della scala sono presenti 10 frasi negative che presuppongono un punteggio ribaltato. Il punteggio minimo è pari a 20, mentre il punteggio massimo è pari a 140. Un punteggio elevato presuppone un miglior orientamento o un comportamento empatico più marcato da parte dell’infermiere. L’analisi fattoriale della scala ha messo in evidenza tre fattori principali: “coinvolgimento emotivo”, “cogliere la prospettiva del paziente”, e “mettersi nei panni del paziente” che costituiscono i tre elementi determinanti dell’empatia. La scala fa riferimento più precisamente all’empatia intesa come attributo cognitivo, per questa ragione 7 dei 20 items fanno riferimento alla “comprensione”.

Dai 20 items contenuti nel questionario si estrapolano tre categorie d’indagine: • perspective taking: capacità di fare deduzioni riguardo lo stato affettivo altrui; • compassionate care: capacità di fornire cure compassionevoli;

• stand in patient’s shoes: capacità di immedesimarsi e mettersi nei panni del paziente.

La Toronto Alexithymia Scale nasce dal gruppo di ricerca di Toronto guidato dal Graeme Taylor e la versione attuale della Toronto Alexithymia Scale TAS-20, composta da 20 items, è un questionario di autovalutazione basato su una scala Likert a 5 punti. Si possono ottenere punteggi da un minimo di 20 a un massimo di 100. I soggetti vengono suddivisi in:

• Non Alessitimici con punteggi inferiori a 51; • Borderline con punteggi compresi tra 51 e 60; • Alessitimici con punteggi superiori o uguali a 61.

(36)

Delle 20 domande del test si riassumono i risultati sotto forma dei seguenti tre fattori: • fattore 1 – DIF: difficoltà di identificare i sentimenti (R score 5-35);

• fattore 2 – DCF: difficoltà di comunicare i sentimenti (R score 5-25); • fattore 3 – EOT: pensiero orientato all’esterno (R score 5-40).

(37)

Il JSPE-HP è il seguente questionario:

Valuti ciascuna frase assegnandole un punteggio che va da 1 (massimo disaccordo) a 7 (massimo accordo).

1 La comprensione dello stato emotivo dei pazienti e dei loro familiari da parte dei professionisti sanitari non influisce sull’esito delle cure

1 2 3 4 5 6 7

2 I pazienti si sentono meglio quando i professionisti sanitari comprendono i loro stati emotivi.

1 2 3 4 5 6 7 3 Per un professionista sanitario è difficile vedere le cose dal punto di

vista dei pazienti 1 2 3 4 5 6 7 4 Nella relazione tra professionista sanitario e paziente la comprensione

del linguaggio del corpo è tanto importante quanto la comunicazione verbale

1 2 3 4 5 6 7

5 Il senso dell’umorismo del professionista sanitario contribuisce ad un migliore risultato clinico

1 2 3 4 5 6 7 6 Poiché le persone sono diverse, è difficile vedere le cose dal punto di

vista dei pazienti 1 2 3 4 5 6 7 7 Durante il colloquio con i pazienti non è importante prestare attenzione

ai loro stati emotivi 1 2 3 4 5 6 7 8 L’attenzione nei confronti delle esperienze personali dei pazienti non

influisce sull’esito delle cure 1 2 3 4 5 6 7 9 I professionisti sanitari dovrebbero provare a mettersi nei panni dei

pazienti quando si prendono cura di loro

1 2 3 4 5 6 7 10 I pazienti apprezzano la comprensione del loro stato emotivo da parte

del professionista sanitario in quanto tale comprensione è terapeutica di per sé

1 2 3 4 5 6 7

11 Le malattie possono essere curate solo con trattamenti mirati; pertanto i legami emotivi tra professionisti sanitari e pazienti non hanno

un’influenza significativa sugli esiti delle cure

1 2 3 4 5 6 7

12 Chiedere ai pazienti che cosa stia accadendo nelle loro vite personali

non è d’aiuto per la comprensione dei loro problemi di salute 1 2 3 4 5 6 7 13 I professionisti sanitari dovrebbero provare a comprendere che cosa

sentono e pensano i loro pazienti prestando attenzione ai loro messaggi non verbali ed al linguaggio del corpo

1 2 3 4 5 6 7

14 Credo che l’emozione non abbia posto nel trattamento delle malattie 1 2 3 4 5 6 7 15 L’empatia è un’abilità terapeutica senza la quale il successo di un

professionista sanitario è limitato

1 2 3 4 5 6 7

16 Una componente importante della relazione tra professionisti sanitari e i loro

pazienti è la comprensione del loro stato emotivo e di quello dei loro familiari

1 2 3 4 5 6 7

17 I professionisti sanitari dovrebbero provare a pensare come i loro pazienti per

poter fornire un’assistenza migliore

1 2 3 4 5 6 7

18 I professionisti sanitari non dovrebbero permettere a sé stessi di farsi influenzare dai forti legami personali tra i pazienti ed i componenti delle loro famiglie

1 2 3 4 5 6 7

19 Non mi piace la letteratura non medica e non amo l’arte 1 2 3 4 5 6 7 20 Credo che l’empatia sia un fattore importante nell’assistenza dei

pazienti 1 2 3 4 5 6 7

(38)

Il TAS-20 è il seguente questionario:

Seguendo le istruzioni sottoelencate indichi quanto è d’accordo o no con ciascuna delle seguenti affermazioni segnando una x sopra il numero corrispondente. Segnare una sola risposta per ciascuna frase.

1 = non sono per niente d’accordo 2 = non sono molto d’accordo

3 = non sono né in accordo né in disaccordo 4 = sono d’accordo in parte

5 = sono completamente d’accordo

1 Sono spesso confuso/a circa le emozioni che provo 1 2 3 4 5 2 Mi è difficile trovare le parole giuste per esprimere i miei sentimenti 1 2 3 4 5 3 Provo delle sensazioni fisiche che neanche i medici capiscono 1 2 3 4 5 4 Riesco facilmente a descrivere i miei sentimenti 1 2 3 4 5 5 Preferisco approfondire i miei problemi piuttosto che descriverli

semplicemente

1 2 3 4 5

6 Quando sono sconvolto/a non so se sono triste, spaventato/a o arrabbiato/a

1 2 3 4 5

7 Sono spesso disorientato dalle sensazioni che provo nel mio corpo 1 2 3 4 5 8 Preferisco lasciare che le cose seguano il loro corso piuttosto che

capire perché sono andate in quel modo

1 2 3 4 5

9 Provo sentimenti che non riesco proprio ad identificare 1 2 3 4 5 10 È essenziale conoscere le proprie emozioni 1 2 3 4 5 11 Mi è difficile descrivere ciò che provo per gli altri 1 2 3 4 5 12 Gli altri mi chiedono di parlare di più dei miei sentimenti 1 2 3 4 5 13 Non capisco cosa stia accadendo dentro di me 1 2 3 4 5 14 Spesso non so perché mi arrabbio 1 2 3 4 5 15 Con le persone preferisco parlare di cose di tutti i giorni piuttosto che

delle loro emozioni

1 2 3 4 5

16 Preferisco vedere spettacoli leggeri, piuttosto che spettacoli a sfondo psicologico

1 2 3 4 5

(39)

18 Riesco a sentirmi vicino ad una persona, anche se ci capita di stare in silenzio

1 2 3 4 5 19 Trovo che l’esame dei miei sentimenti mi serve a risolvere i miei

problemi personali 1 2 3 4 5 20 Cercare significati nascosti in films o commedie distoglie dal piacere

dello spettacolo

1 2 3 4 5

Tabella 2: il questionario TAS-20.

Agli item 1, 2, 3, 6, 7, 8, 9, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 20, si attribuisce 1 punto se la risposta è “1”, 2 punti se la risposta è “2”, 3 punti se la risposta è “3”, 4 punti se la risposta è “4”, 5 punti se la risposta è “5”; agli item 4, 5, 10, 18, 19, l’attribuzione dei punteggi è invertita: 1 punto se la risposta è “5”, 2 punti se la risposta è “4”, 3 punti se la risposta è “3”, 4 punti se la risposta è “2”, 5 punti se la risposta è “1”.

Alcune informazioni aggiuntive sono state richieste agli infermieri attraverso la compilazione di una scheda anagrafica, per permettere il confronto dei risultati con eventuali raggruppamenti. I dati richiesti riguardavano:

• Età: 20-39 __ 40-49__ >49__ • Sesso: M____ F_____

• Scolarità: Diploma___ Laurea____

• Anni di servizio: 1-10 ____ 11-20 ___ >20____

• Corsi di aggiornamento riguardanti la comunicazione/empatia Sì___ No___

4.3 Risultati

4.3.1 Statistica descrittiva di popolazione

Sono stati selezionati 4 setting presso l’ospedale Cisanello di Pisa: Anestesia e Rianimazione Trapianti, Geriatria, Endocrinochirurgia e Neurologia; all’interno di queste Unità Operative sono stati presi in considerazione tutti gli infermieri, escludendo OSS, personale OTA e medici.

(40)

Sono stati somministrati 97 questionari, dei quali 8 sono pervenuti in bianco.

Nella tabella seguente [Tabella 3] è mostrata la panoramica della popolazione coinvolta nel nostro studio.

Variabili Valore (%) p Sesso M 26 (29,2%) >0,05 F 63 (70,8%) Età 20-39 31 (34,8%) 40-49 38 (42,7%) >49 20 (22,5%) Anni di servizio 1-10 28 (31,5%) 11-20 39 (43,8%) >20 22 (24,7%)

Titolo di studio Diploma 19 (21,3%)

Laurea 70 (78,7%) Corsi di aggiornamento Eseguiti 28 (31,5%) Non eseguiti 61 (68,5%) Unità Operativa Anestesia e Rianimazione Trapianti 31 (34,8%) Geriatria 20 (22,5%) Endocrinochirurgia 23 (25,8%) Neurologia 15 (16,9%)

(41)

4.3.2 JSPE-HP: statistica descrittiva

Come prima cosa abbiamo preso in considerazione il JSPE-HP e abbiamo fatto uno studio cumulativo a gruppi, considerando anche la media dell’empatia di riferimento dalla letteratura, pari a 102,85.

Perspective taking Compassion ate care Stand in patient’s shoes Totale Validi 89 89 89 89 Mancanti 0 0 0 0 Media 56,30 34,78 14,04 105,12 Mediana 58,00 37,00 14,00 109,00 Deviazione standard 8,954 8,751 3,215 16,215 Asimmetria -,875 -,743 -,006 -,635

Errore standard dell'asimmetria ,255 ,255 ,255 ,255

Minimo 24 7 6 53 Massimo 69 49 21 138 Percentili 25 51,00 29,00 12,00 94,50 50 58,00 37,00 14,00 109,00 75 63,00 41,50 16,50 117,00

Tabella 4: statistica descrittiva JSPE-HP.

Dalla Tabella 4 emerge come valore minimo 53 e come valore massimo 138; la media è stata 105,12.

(42)

Nella tabella seguente [Tabella 5] si presenta lo schema che mette a confronto i valori di media ± deviazione standard (SD), mediana, minimi e massimi.

Categorie Mean ± SD Mediana MIN- MAX

Perspective taking 56,30 ± 8,95 58,00 24-49

Compassionate care 34,78 ± 8,75 37,00 7-49

Stand in patient’s shoes 14,04 ± 3.22 14,00 6-21

Totale 105,12 ± 16,22 109,00 53-138

Tabella 5: valori di media ± deviazione standard, mediana, minimo e massimo relativi all'indagine col questionario JSPE-HP.

Valore oggetto del test = 102.85

t df p Differenza fra medie

Intervallo di confidenza per la differenza al 95% Inferiore Superiore

Totale 1,323 88 ,189 2,274 -1,14 5,69

Tabella 6: confronto con i valori di riferimento.

Da quanto emerge dalla Tabella 6, la differenza tra il valore di riferimento (102,85) e il valore ottenuto nel nostro studio (105,12) non è statisticamente significativa (p>0,05).

La seguente tabella [Tabella 7] mostra la distribuzione della popolazione confrontando il gruppo che ha mostrato un valore superiore a 102,85 col gruppo che ha mostrato un valore inferiore. Frequenza Percentuale (%) Percentuale valida (%) ≤102,85 32 36,0 36,0 >102,85 57 64,0 64,0 Totale 89 100,0 100,0

Tabella 7: percentuali dei gruppi ottenuti dal confronto col valore di riferimento.

Nella popolazione in esame è emerso che, rispetto al nostro cut-off di 102,85, il 64% mostra una media superiore e il 36% mostra una media inferiore o uguale.

(43)

4.3.3 JSPE-HP: confronto in base al sesso

Sesso N Media Deviazione

standard Errore standard Media Perspective taking M 26 55,35 7,756 1,521 F 63 56,70 9,433 1,188 Compassionate care M 26 33,69 8,356 1,639 F 63 35,22 8,936 1,126

Stand in patient’s shoes M 26 13,73 3,584 ,703

F 63 14,17 3,072 ,387

Totale M 26 102,77 16,829 3,300

F 63 106,10 15,991 2,015

Tabella 8: confronto tra Maschi e Femmine (JSPE-HP).

Le medie per le singole categorie che possiamo vedere nella Tabella 8 non mostrano differenze statisticamente significative tra i due gruppi presi in esame (Maschi e Femmine).

Tabella 9: test per campioni indipendenti (JSPE-HP).

Test di Levene di

uguaglianza delle varianze Test t di uguaglianza delle medie

F Sig. t df P

Perspective taking

Assumi varianze uguali ,711 ,401 -,646 87 ,520

Non assumere varianze

uguali -,701 56,371 ,486

Compassionate care

Assumi varianze uguali ,020 ,887 -,748 87 ,456

Non assumere varianze

uguali -,769 49,704 ,445

Stand in patient’s shoes

Assumi varianze uguali ,703 ,404 -,590 87 ,557

Non assumere varianze

uguali -,553 40,941 ,583

Totale

Assumi varianze uguali ,024 ,877 -,879 87 ,382

Non assumere varianze

(44)

Come mostra la Tabella 9, non vi sono differenze statisticamente significative per le tre categorie considerate.

totJSPEcutMean Totale 0 1 Sesso M Conteggio 12 14 26 Conteggio atteso 9,3 16,7 26,0 % entro Sesso 46,2% 53,8% 100,0% % entro totJSPEcutMean 37,5% 24,6% 29,2% F Conteggio 20 43 63 Conteggio atteso 22,7 40,3 63,0 % entro Sesso 31,7% 68,3% 100,0% % entro totJSPEcutMean 62,5% 75,4% 70,8% Totale Conteggio 32 57 89 Conteggio atteso 32,0 57,0 89,0 % entro Sesso 36,0% 64,0% 100,0% % entro totJSPEcutMean 100,0% 100,0% 100,0%

Tabella 10: tavola di contingenza in base al sesso (JSPE-HP). 0 indica un punteggio inferiore a quello di

riferimento (102,85); 1 indica un punteggio superiore a quello di riferimento.

Le percentuali che possiamo vedere nella Tabella 10 mostrano valori differenti tra loro in maniera non statisticamente significativa per i due gruppi presi in esame (Maschi e Femmine).

Nella tabella a pagina seguente [Tabella 11] si mostrano i risultati del test del Chi-quadrato, dal quale non emergono differenze statisticamente significative.

(45)

Valore df Sig. asint. (2 vie) Sig. esatta (2 vie) P Chi-quadrato di Pearson 1,659 a 1 ,198 Correzione di continuitàb 1,092 1 ,296 Rapporto di verosimiglianza 1,630 1 ,202 Test esatto di Fisher ,230 ,148 Associazione lineare-lineare 1,640 1 ,200 N. di casi validi 89

Tabella 11: Chi-quadrato in base al sesso (JSPE-HP). a) 0 celle (,0%) hanno un conteggio atteso inferiore a 5;

il conteggio atteso minimo è 9,35. b) calcolato solo per una tabella 2x2.

Ricorrendo al Mann-Whitney U Test abbiamo analizzato ogni singolo item del JSPE-HP confrontando Maschi e Femmine [Tabella 12]: da questa analisi è emersa una differenza statisticamente significativa, con risultati maggiori per le Femmine negli items 1 (La comprensione dello stato emotivo dei pazienti e dei loro familiari da parte

dei professionisti sanitari non influisce sull’esito delle cure), 7 (Durante il colloquio con i pazienti non è importante prestare attenzione ai loro stati emotivi) e 19 (Non mi piace la letteratura non medica e non amo l’arte)

Tabella 12: valori relativi agli items significativi in base al sesso (JSPE-HP).

Items Sesso N Mean ± SD p

Item 1 M 26 4,73±2,10 0,053 F 63 5,60±1,98 Item 7 M 26 5,46±1,90 0,033 F 63 6,13±1,64 Item 19 M 26 5,19±1,60 F 63 5,81±1,72

(46)

4.3.4 JSPE-HP: confronto in base alle fasce di età

Tabella 13: confronto in base alle fasce di età (JSPE-HP).

Confrontando le medie totali per fascia di età [Tabella 13], si evince che non vi siano differenze statisticamente significative.

N Media Deviazione standard Errore standard Perspective taking 20-39 31 56,06 8,771 1,575 40-49 38 54,58 10,048 1,630 >49 20 59,95 5,763 1,289 Totale 89 56,30 8,954 ,949 Compassionate care 20-39 31 36,00 7,933 1,425 40-49 38 35,34 9,239 1,499 >49 20 31,80 8,758 1,958 Totale 89 34,78 8,751 ,928

Stand in patient’s shoes

20-39 31 13,68 3,439 ,618 40-49 38 14,61 3,201 ,519 >49 20 13,55 2,856 ,639 Totale 89 14,04 3,215 ,341 Totale 20-39 31 105,74 15,558 2,794 40-49 38 104,53 18,640 3,024 >49 20 105,30 12,553 2,807 Totale 89 105,12 16,215 1,719

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