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Mandato d'arresto europeo e garanzie difensive. Un itinerario nella recente giurisprudenza sovranazionale e interna

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Giurisprudenza

Corso di Laurea in LMG/01 classe delle

lauree magistrali in giurisprudenza

Titolo

Mandato d’arresto europeo e garanzie difensive. Un

itinerario nella recente giurisprudenza sovranazionale e

interna

Candidato Relatore

Baroncini Benedetta Galgani Benedetta

(2)

INDICE

Capitolo 1

Il mandato di arresto europeo e il diritto di difesa

nell’Unione europea

1. Introduzione ... 5

2. L’evoluzione della cooperazione nel contesto

eurounitario ... 6

3. La decisione quadro 2002/584/GAI istitutiva del

MAE: profili introduttivi ... 17

4. Le modifiche alla decisione quadro istitutiva del

MAE ... 24

ad opera della decisione quadro 2009/299/GAI ... 24

5. Lo statuto europeo del diritto di difesa ... 30

6. Compatibilità delle disposizioni del MAE relative al

diritto di difesa con le garanzie sovranazionali. ... 51

Capitolo 2

Le garanzie difensive previste nella disciplina

eurounitaria del mandato d’arresto europeo alla luce

della recente giurisprudenza delle Corti europee

1. Introduzione ... 58

2. Le sentenze Melloni e Radu ... 58

3. Il mandato d’arresto europeo ed il diritto a comparire

personalmente al processo ... 68

4. Il diritto al difensore nella sentenza AT C.

Lussemburgo e Huzuneanu C. Italia ... 74

5. La nozione di «processo terminato con

decisione»………...82

6. Il diritto all’assistenza difensiva il caso Beuze c.

Belgio ... 93

(3)

7. Una garanzia preliminare per l’esercizio del diritto di

difesa: il diritto ad un giudice indipendente ed imparziale

nella giurisprudenza della CGUE ... 97

8. La mancata menzione della pena accessoria può

legittimare il rifiuto dell’esecuzione del MAE? ... 113

9. Le restrizioni della libertà personale nel MAE .... 115

10.

Il diritto al difensore secondo la CGUE: il caso

VW………..119

11.

Il diritto all’ informazione nelle procedure di

consegna: la decisione IR ... 123

Capitolo 3

Mandato d’arresto europeo e diritto di difesa nella

legislazione italiana di implementazione

1. Introduzione ... 127

2. La legge 69/2005 ... 128

3. L’attuazione delle direttive sul diritto di difesa

nell’ordinamento italiano ... 142

4. I Principi costituzionali sul diritto di difesa ... 152

5. Compatibilità della normativa di attuazione del

MAE con lo statuto interno del diritto di difesa ... 164

Capitolo 4

Le garanzie difensive previste nella disciplina nazionale

di implementazione del MAE alla luce della recente

giurisprudenza interna

1. Introduzione ... 171

2. La disciplina delle decisioni emesse in absentia nella

giurisprudenza della Suprema Corte ... 172

3. La portata del diritto al difensore nella

giurisprudenza della Cassazione... 179

4. Il contenuto del MAE e le conseguenze dell’omessa

allegazione della relativa documentazione. ... 198

(4)

5. Una garanzia preliminare all’esercizio del diritto di

difesa: il diritto ad un giudice indipendente ed

imparziale. ... 213

Conclusioni ... 225

Bibliografia ... 230

Sitografia ... 238

(5)

Capitolo 1

Il mandato di arresto europeo e il diritto di difesa

nell’Unione europea

SOMMARIO 1. Introduzione 2. L’evoluzione della cooperazione nel

contesto eurounitario 3. La decisione quadro 2002/584/GAI istitutiva del MAE: profili introduttivi 4. Le modifiche alla decisione quadro istitutiva del MAE ad opera della decisione quadro 2009/299/GAI 5. Lo statuto europeo del diritto di difesa 6. Compatibilità delle disposizioni del MAE relative al diritto di difesa con le garanzie sovranazionali.

1. Introduzione

Il mandato di arresto europeo (MAE), istituito con la decisione quadro 2002/584/GAI, ha sostituito il precedente meccanismo dell’estradizione per facilitare la procedura di consegna fra gli Stati membri. All’indomani dell’attentato delle Torri gemelle, infatti, gli Stati hanno avvertito l’esigenza di creare uno strumento per combattere congiuntamente gravi crimini transnazionali come, per l’appunto, il terrorismo e, in particolare, per facilitare la procedura di consegna dei soggetti accusati o condannati al fine, rispettivamente, dell’esercizio dell’azione penale o dell’esecuzione delle sentenze di condanna. Il tutto, secondo un nuovo approccio nella gestione della

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cooperazione basato sulla fiducia reciproca e sul principio del mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie.

Ripercorse le tappe che hanno condotto alla nascita e al successivo sviluppo della cooperazione giudiziaria in materia penale nel contesto eurounitario, l’obiettivo del presente lavoro è, dunque, quello di analizzare la più recente giurisprudenza sovranazionale e interna relativa al mandato d’arresto europeo con particolare riferimento ad un tema, quello delle garanzie difensive, che ha fatto e continua a far discutere, come emerge anche dalle novità introdotte dal legislatore dell’Unione.

2. L’evoluzione

della cooperazione nel contesto

eurounitario

La cooperazione giudiziaria e di polizia in ambito europeo ha radici risalenti per la maggior parte dei Paesi europei. In particolare, è negli anni ’70, che si hanno le prime iniziative in materia, in virtù di una presa di coscienza della portata transnazionale di alcune tipologie di crimini e in particolare della minaccia terroristica.1 Inizialmente la cooperazione ebbe natura intergovernativa e si sviluppò al di fuori del quadro istituzionale comunitario; questo modus operandi fu infatti alla

1 KOSTORIS R. E., Manuale di procedura penale europea, 4a ed., Giuffrè, Milano,

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base del gruppo Trevi, costituito a Roma nel 1975 dai ministri degli Interni, che ha rappresentato la base della cooperazione di polizia in seno all’ Unione Europea.

Nell’ambito dei Consigli Europei del 1976,1977 e 1978 nacque l’idea di uno “spazio giudiziario penale europeo”. In questo senso, è ormai celebre la dichiarazione del Presidente francese Giscard D’Estaing: ‘‘I

trattati di Parigi e di Roma hanno gettato le basi di uno Spazio economico, del Mercato comune e anche di uno Spazio Commerciale. La costruzione dell’Europa dovrebbe arricchirsi di un nuovo concetto, quello di Spazio giudiziario”.2 Nello specifico, tale progetto constava

di cinque tappe: l’elaborazione di una convenzione di estradizione semplificata, il miglioramento e la semplificazione della procedura di assistenza giudiziaria penale internazionale tra gli Stati; il riconoscimento delle sentenze penali e l’uniformizzazione della procedura di trasferimento dei detenuti tra gli Stati membri.

Inoltre, questo processo di trasformazione riguardava sia le convenzioni già concluse, che quelle in corso di elaborazione in seno al Consiglio d’Europa, ma non ebbe l’esito auspicato. Nella seconda metà degli anni ’80, un punto di svolta fu rappresentato dalle misure compensative che avrebbero riguardato la cooperazione nell’ambito della giustizia e degli affari interi (GAI) per evitare che l’eliminazione dei controlli delle frontiere andasse a vantaggio delle organizzazioni

2 Cfr. KOSTORIS R. E., Manuale di procedura penale europea, 4a ed., Giuffrè,

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criminali nella commissione dei crimini, dell'immigrazione clandestina e comportasse un deficit di sicurezza.3 Inizialmente gli Stati membri più interessati alla cooperazione furono Francia, Belgio, Lussemburgo, Germania e Paesi Bassi che conclusero fra di loro gli accordi di Schengen comprensivi dell’Accordo di Schengen del 14 giugno 1985 e della Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen del 19 giugno 1990 ed entrata in vigore il 26 marzo del 1995 (CAAS).

A tale riguardo, non si può fare a meno di osservare come anche in questo caso si trattasse di iniziative basate su una concezione strettamente intergovernativa della cooperazione. Con il trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992 ed entrato in vigore il 1° novembre 1993, venne istituita una struttura “a pilastri” dell’Unione Europea4 affiancando al primo pilastro, costituito dai trattati sulle comunità europee, due nuovi pilastri: il secondo dedicato alla politica estera e alla sicurezza comune, ed il terzo che inglobava le varie attività legate alla cooperazione GAI a simboleggiare la nuova realtà istituzionale che l’Unione Europea era divenuta.5

3 Cfr. KOSTORIS R. E., Manuale di procedura penale europea, 4a ed., Giuffrè,

Milano, 2019, p. 210.

4 Con il trattato di Maastricht, altrimenti denominato il Trattato dell’Unione Europea,

vengono inglobate all’interno dell’Unione Europea le comunità europee ai trattati istitutivi dell’unione europea, viene tolto l’aggettivo ‘‘economica’’ a simboleggiare la nuova e più ambia portata dei fini dell’Unione. Viene creata una struttura basata su tre pilastri: comunitario, disciplinato dal trattato delle comunità europee; politica estera e sicurezza comune al secondo pilastro; al terzo giustizia e affari interni.

5 Cfr. KOSTORIS R. E., Manuale di procedura penale europea, 4a ed., Giuffrè,

(9)

Il Trattato, pur portando ad una centralizzazione e razionalizzazione dell’attività in materia, continuava a basarsi su una logica prettamente intergovernativa. Ed invero, la regola del voto all'unanimità in seno al Consiglio dell'Unione Europea garantiva agli Stati membri un potere di veto e rifletteva la loro reticenza ad impegnarsi in questo ambito. Del resto, proprio la preminenza assegnata all’organo istituzionale appena menzionato rappresentava un elemento caratteristico della logica intergovernativa che permeava il terzo pilastro. Un altro aspetto caratterizzante la suddetta logica consisteva nella scarsa effettività degli elementi giuridici a disposizione, essendo precluso in questo ambito l'utilizzo dei regolamenti e delle direttive.6 Non si può fare a meno di sottolineare, poi, che gli ambiti della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale erano considerati lo ‘‘zoccolo duro’’7 della sovranità nazionale.8 Alla vigilia della conferenza intergovernativa che avrebbe portato al trattato di Maastricht erano stati prodotti molti atti normativi ma la loro portata e rilevanza era

6 I regolamenti ex art. 288 sono uno dei principali atti che possono essere adottati

dalle Istituzioni dell’ UE ed anno tre caratteristiche principali: hanno portata generale, ossia non hanno un numero limitato di destinatari e vincolano tutti i soggetti che si trovano nella situazione giuridica disciplinata all’interno del regolamento medesimo, sono obbligatori in tutti i loro elementi, il che implica che sono applicati in modo completo ed integrale, sono direttamente applicabili in quanto non hanno bisogno di un atto interno di adattamento mediante cui lo Stato proceda all’adattamento del proprio ordinamento rispetto a quanto disposto dal regolamento medesimo. Le direttive invece non hanno portata generale perché i destinatari della direttiva sono solamente gli Stati membri, non sono obbligatorie in tutti i loro elementi e non sono direttamente applicabili in quanto devono essere attuate attraverso un atto interno di adattamento.

7 Lo zoccolo duro è un’espressione spesso utilizzata per indicare la reticenza degli

Stati nel cedere porzioni della loro sovranità alla competenza dell’Unione Europea.

8 Cfr. KOSTORIS R. E., Manuale di procedura penale europea, 4a ed., Giuffrè,

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limitata. Essi erano sprovvisti di valore vincolante e di conseguenza l’efficacia e l’effettività della cooperazione veniva a dipendere dalla volontà dei singoli Stati membri, i quali, peraltro potevano adeguarvisi con ampi margini di discrezionalità. Un ulteriore passo venne compiuto con il trattato di Amsterdam, firmato a Vienna il 2 ottobre 1997 ed entrato in vigore il 1° maggio 1999, che introduceva quattro novità fondamentali nell'ambito della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale.

Anzitutto, venne fissato un nuovo obiettivo all'Unione Europea, ovvero quello di stabilire e mantenere uno spazio di libertà, sicurezza

e giustizia scindendo il settore GAI in due distinti gruppi. Il primo,

concernente il superamento delle frontiere esterne degli Stati membri, l'immigrazione e la politica verso i cittadini dei Paesi terzi, nonché la cooperazione giudiziaria in materia civile, venne trasferito dal terzo al primo pilastro. Il secondo, riguardante la cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale, venne mantenuto nel Terzo Pilastro.9

Nonostante la logica intergovernativa permeasse ancora le materie riguardanti il Terzo Pilastro, furono introdotti degli elementi di ispirazione comunitaria fra cui l’attribuzione alla Commissione di un diritto di iniziativa in materia, seppur condividendo con gli Stati membri; l’ampliamento della competenza della Corte di giustizia; e, soprattutto, la possibilità di ricorrere alla tecnica della c.d.

9 Cfr. KOSTORIS R. E., Manuale di procedura penale europea, 4a ed., Giuffrè,

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“passerella”, in virtù della quale, su iniziativa della Commissione o di uno Stato membro, il Consiglio poteva deliberare all’unanimità di ‘‘comunitarizzare’’10 alcune di queste materie trasferendole al Primo

Pilastro.11 Si rinvengono in questo periodo atti normativi con l’attuazione del medesimo modus operandi in settori diversi riguardanti il congelamento dei beni, la confisca, il riconoscimento delle sentenze di condanna e delle decisioni limitative della libertà non custodiali, nonché lo scambio e l’ammissibilità reciproca delle prove. Attraverso il modello della cooperazione rafforzata12, agli articoli 43-47 TUE, venne istituzionalizzata la possibilità per alcuni Stati di procedere autonomamente allo sviluppo della cooperazione senza essere frenati dalle resistenze di altri Stati.13 Successivamente, il Consiglio europeo di Tampere, del 15 e 16 ottobre 1999, ha rappresentato il primo incontro dei capi di Stato e di Governo dedicato alla materia della giustizia e degli affari interni. Esso confermava la decisione di istituire come obiettivo generale dell’Unione uno ‘‘spazio

10 Secondo la logica intergovernativa le decisioni del Consiglio vengono prese

all’unanimità e rinveniamo un ruolo veramente consultivo del parlamento europeo un ruolo ridotto della Corte di Giustizia il metodo comunitario si caratterizza al contrario per il potere di iniziativa legislativa della Commissione europea la regola del voto a maggioranza qualificata in seno al Consiglio e il Parlamento europeo che svolge una funzione di controllo in quanto unica istituzione europea ad essere eletta dai suoi cittadini.

11 Cfr. KOSTORIS R. E., Manuale di procedura penale europea, 4a ed., Giuffrè,

Milano, 2019, p. 216.

12 La cooperazione rafforzata viene considerato un nuovo modello di cooperazione

per il quale alcuni Stati membri possono essere liberi di sviluppare autonomamente una cooperazione che permettesse di accelerare i tempi per la realizzazione di uno

“spazio di libertà, sicurezza e giustizia” senza essere essere bloccati dagli altri Stati

non ancora pronti a seguirli.

13 Cfr. KOSTORIS R. E., Manuale di procedura penale europea, 4a ed., Giuffrè,

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di libertà, sicurezza e giustizia’’. Si inaugurava un modo di concepire

la cooperazione giudiziaria in materia penale, secondo un approccio del tutto innovativo basato sul principio del mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie14.

Il programma dell’Aia, adottato in seno al Consiglio europeo di Bruxelles del 4 e 5 novembre del 2004, subentrando alle conclusioni del consiglio europeo di Tampere, mise in atto un programma di lavoro quinquennale in materia di spazio, di libertà, sicurezza e giustizia proponendo di sviluppare la nozione di spazio penale.

Dal punto di vista normativo, non si può fare a meno di rilevare come l’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam abbia portato ad una proliferazione delle iniziative in materia tramite l’utilizzo dello strumento delle decisioni quadro15, tra le quali si annovera quella relativa al MAE secondo un modus operandi del tutto innovativo in quanto basato sulla fiducia e sul principio del mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie.16 Gli sforzi profusi non riguardarono solo

14 Il principio del mutuo riconoscimento trova fondamento nella fiducia reciproca

fra stati e comporta che le decisioni e i provvedimenti giudiziari emessi dalle competenti autorità degli stati membri possano essere riconosciuti ed eseguiti nel territorio dello stato, l’autorità giudiziaria può richiedere alle competenti autorità degli altri Stati membri l’esecuzione dei propri provvedimenti e decisioni.

15 Le decisioni quadro ex art. 34 sono strumenti adottati dal TUE per il

conseguimento della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, sono volte al riavvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri, sono vincolanti per gli stati membri per quanto riguarda il risultato da tenere, salva restando la competenza delle autorità nazionali in merito alla forma e ai mezzi e non hanno efficacia diretta. L’iniziativa per l’adozione della decisione quadro spetta alla Commissione e ai singoli Stati membri e per l’adozione è necessaria l’unanimità. Esse rappresentano una novità introdotta dal Trattato di Amsterdam nella disciplina della cooperazione nell’ambito del terzo pilastro.

16 Cfr. KOSTORIS R. E., Manuale di procedura penale europea, 4a ed., Giuffrè,

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il piano repressivo: sin dagli anni 2000 la Commissione avviò infatti un processo di consultazione diretto ad individuare i diritti fondamentali per i quali era necessario adottare strumenti normativi per accrescere la visibilità, assicurare la concretezza ed effettività di tali garanzie fondamentali.17

Nei primi mesi del 2002, la Commissione elaborò un Libro Verde18 sulle garanzie procedurali a favore di indagati ed imputati nel quale si concentrò su quelle ritenute prioritarie: il diritto all’assistenza legale e alla difesa, il diritto a farsi assistere da un interprete e/o traduttore competente e qualificato, la protezione degli imputati vulnerabili e la conoscenza da parte dell’imputato dei propri diritti.

A seguito di questa iniziativa venne presentata una proposta di decisione quadro19 in materia di diritti processuali all’interno dei procedimenti penali nel territorio dell’Unione. Essa non mirava a creare nuovi diritti, ma a rafforzare l’effettività di quelli già esistenti in modo che fossero garantiti in maniera equivalente nel territorio

17 GIALUZ M., L' assistenza linguistica nel processo penale. Un meta-diritto fondamentale tra paradigma europeo e prassi italiana, Cedam, p.83, 2018. 18Il Libro verde è un atto adottato dalla Commissione all’ interno del processo di

consultazione volto a stabilire norme o livelli minimi di garanzie processuali all’ interno degli Stati membri, a seguito di un’analisi concernente aspetti dei procedimenti giudiziari riguardanti l’accesso all’assistenza legale, sia nella fase pre-processuale che in quella pre-processuale, l’accesso al servizio di un interprete traduttore, la notifica ad indagati ed imputati dei lori diritti, la garanzia di un’adeguata protezione per indagati ed imputati appartenenti a categorie vulnerabili, l’assistenza consolare a stranieri fermati o arrestati.

19 La proposta di decisione quadro è volta a stabilire norme minime per i diritti

processuali in procedimenti penali nel territorio UE, in ossequio all’ art. 6 TUE che vincola gli Stati membri al rispetto dei diritti fondamentali sanciti nella CEDU per il rafforzamento dei diritti processuali di indagati ed imputati e il riconoscimento di eguale tutela agli stessi.

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dell’Unione. In altri termini, ispirandosi alle garanzie riconosciute dalla CEDU e dalla relativa giurisprudenza, l’intento non era quello di duplicare i diritti, bensì di aggiungere valore a quelli già esistenti.20 Altro punto cruciale nel percorso della cooperazione fu il Trattato di Lisbona, firmato il 13 dicembre 2007 ed entrato in vigore il 1° dicembre 2009, che portò all’abolizione del Terzo pilastro e del metodo intergovernativo.

In particolare, il suddetto trattato si inserisce nel solco di una linea già inaugurata dal trattato costituzionale21 per cui le materie dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia sono raccolte nel titolo V del Trattato Sul Funzionamento dell’Unione Europea, nuova denominazione del vecchio Trattato istitutivo della comunità europea. Quest’ultimo è suddiviso in cinque capi di cui tre riguardano in particolare lo spazio penale europeo: il primo contiene le regole comuni, il quarto è dedicato alla cooperazione giudiziaria in materia penale, il quinto alla cooperazione di polizia. L’eliminazione del terzo pilastro e l’inserimento della cooperazione nel titolo quinto del TFUE comporta il loro assoggettamento al metodo comunitario, talché si assiste al passaggio verso il regime della codecisione che implica la regola della maggioranza qualificata e l’assegnazione di un ruolo decisionale

20 Cfr. GIALUZ M., L' assistenza linguistica nel processo penale. Un meta-diritto fondamentale tra paradigma europeo e prassi italiana, Cedam, 2018, p.83. 21 Il Trattato costituzionale, approvato dal Consiglio europeo del 17 e 18 giugno

2004 e firmato a Roma il 29 ottobre 2004, aveva come obbiettivo una Costituzione per l’Europa. Vi furono però due referendum di Francia e Paesi Bassi nella primavera del 2005 che portarono alla bocciatura del testo del Trattato.

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anche al Parlamento nell’applicazione degli strumenti e dei principi comunitari in materia, nonché l’ampliamento del controllo della Corte di Giustizia.

In virtù dell’innovativo modo di concepire la cooperazione, momento cruciale fu il percorso di rafforzamento delle garanzie con il programma di Stoccolma, programma quinquennale elaborato dal Consiglio europeo del 10 e 11 dicembre 2009, che ha ripreso le iniziative già avanzate nel 2004 ed è subentrato alle conclusioni di Tampere e del programma dell’Aia.

Pur essendosi rivelato timido per quanto riguarda il rafforzamento delle agenzie europee, ha rivolto una particolare attenzione al riavvicinamento delle legislazioni nello specifico settore della procedura penale, focalizzandosi soprattutto sugli aspetti dei diritti delle vittime, degli imputati e degli indagati elaborando tabelle di marcia per il loro rafforzamento.22

Attraverso il suddetto programma di Stoccolma vennero elaborate sette direttive nell’ambito dell’ex Terzo pilastro: la direttiva 2012/29 riguarda la tutela delle vittime del reato e sostituisce la precedente decisione quadro del 2001; le altre sei concernono i diritti processuali degli imputati e degli indagati e rappresentano l’attuazione della tabella di marcia suddetta. Esse sono la direttiva 2010/64 UE sul diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali, la

22 Cfr. KOSTORIS R. E., Manuale di procedura penale europea, 4a ed., Giuffrè,

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direttiva 2012/13 UE sul diritto all’informazione nei procedimenti penali, la direttiva 2013/48 UE sul diritto al difensore, la direttiva 2016/343 sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto a presenziare al processo, la direttiva 2016/800 sulle garanzie procedurali per i minori indagati e imputati, la direttiva 2016/1919 sull’ammissione al gratuito patrocinio a spese dello Stato per indagati, imputati e per le persone ricercate nell’ambito di procedimenti di esecuzione del mandato di arresto europeo. La ratio di queste direttive viene ribadita anche dalle strategic guidelines per il quinquennio 2015-2020 elaborate durante il consiglio di Ipres, del 26 e 27 giugno 2014, dove si ribadisce che: ‘‘la priorità generale è quella

di assicurare una trasposizione coerente, una messa in opera effettiva e il consolidamento degli strumenti giuridici, delle misure esistenti”.

Viene ribadita la necessità di adottare nuove misure per implementare i diritti degli indagati e degli imputati nei procedimenti penali per rafforzare la protezione delle vittime e per consolidare il mutuo riconoscimento in materia civile e penale.23

23 Cfr. KOSTORIS R. E., Manuale di procedura penale europea, 4a ed., Giuffrè,

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3. La decisione quadro 2002/584/GAI istitutiva del

MAE: profili introduttivi

Il mandato d’arresto europeo si inserisce nell’ambito applicativo della precedente procedura estradizionale per facilitare la cooperazione giudiziaria in materia penale nel solco del principio del mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie e della fiducia reciproca accordata agli Stati membri. Entrambi gli strumenti hanno uno scopo comune, ma diverse modalità per raggiungerlo. Con riferimento al mandato d’arresto europeo troviamo la presenza di due autorità giudiziarie, una di emissione ed una di esecuzione, riguardo la procedura relativa all’arresto e la consegna di una persona ricercata ai fini dell’esercizio dell’azione penale o dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privativa della libertà personale. Tale procedura viene completamente depurata da qualsiasi forma di discrezionalità politica , tratto caratterizzante dell’estradizione; ai rappresentanti dei governi viene infatti tolto ogni potere di veto o di impulso di cui precedentemente disponevano affidandoli semplicemente compiti di mera assistenza amministrativa volta a supportare gli organi giudiziari nella trasmissione e nella ricezione dei mandati e della corrispondenza ufficiale ad essi afferente, come

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espressamente ribadito nel considerando 9 alla decisione quadro.24 La decisione quadro 2002/584/GAI prevede l’esistenza di due autorità giudiziarie, una di emissione l’altra di esecuzione, come sancito dall’art. 6 della decisione quadro 2002/584 GAI che rimette agli Stati membri la possibilità di definire che cosa possa, nel loro ordinamento interno, rientrare nella nozione di “autorità giudiziaria”.

Tale definizione, proprio per questo, è da considerarsi laconica lasciando un ampio margine di discrezionalità agli Stati membri motivo per cui la Corte di Giustizia ha, negli ultimi tempi, attraverso i rinvii pregiudiziali più volte affrontato la questione dell’indipendenza e dell’imparzialità dell’autorità di emissione, come analizzeremo nel capitolo successivo. 25

Pare opportuno, in questa sede, sottolineare che la questione dell’indipendenza e imparzialità dell’autorità giudiziaria è da considerarsi preliminare a tutte le altre garanzie poste a tutela dell’indagato e dell’imputato. Tale requisito del giudice, infatti, deve sussistere sia in astratto che in concreto; il Pubblico Ministero, infatti rientra nella nozione di “autorità giudiziaria emittente” in quanto, a

24 DELLA MONICA G., linee guida della normativa transnazionale il mandato d’arresto europeo, Giappichelli, Torino 2012, p. 11.

25 SACHETTI V. La nozione di autorità giudiziaria nel mandato d’arresto europeo, tra mutuo riconoscimento e tutela dei diritti fondamentali in aisdue.eu

«aisdue.eu/sachetti-la-nozione-di-autorita-giudiziaria-nel-mandato-darresto-europeo-tra-mutuo-riconoscimento-e-tutela-dei-diritti-fondamentali», 2 ottobre 2019.

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differenza delle autorità di polizia, non è soggetto alle immediate direttive del potere esecutivo.

È sufficiente che vi sia anche solo una astratta possibilità di intromissione per precludere che l’autorità giudiziaria venga considerata indipendente ed imparziale; indipendenza che quindi deve necessariamente sussistere non solo in concreto, ma anche in potenza. Si necessita quindi di un’uniforme nozione di autorità giudiziaria emittente per permettere che la cooperazione giudiziaria funzioni nel solco della mutua fiducia che è alla base del MAE.26

Uno degli elementi caratterizzanti la decisione quadro è la previsione di ipotesi di diniego obbligatorio e facoltativo dell’esecuzione del mandato. Nelle prime si possono rinvenire ai sensi dell’art. 3 diverse ipotesi: l’esecuzione del mandato deve essere negata se il reato per cui si procede è coperto da amnistia nello stato richiesto, sempre che risulti accertata la competenza anche di tale Stato a perseguire l’illecito secondo la propria legge penale; se la persona ricercata è stata già giudicata per lo stesso fatto con sentenza definitiva in altro Stato membro diverso da quello di emissione, condizione che, nel caso di condanna, la sanzione sia stata eseguita o sia in corso di esecuzione oppure non sia eseguibile in base alle norme vigenti nel Paese dove è stata pronunciata la sentenza. Altra ipotesi di rifiuto obbligatorio si

26 GUELLA F. Indipendenza “concreta ma in astratto” dell’ufficio di procura: la separazione tra politica e magistratura quale prerequisito di leale cooperazione nel mandato d’arresto europeo in DPCE online, 9 ottobre 2019

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configura se la persona ricercata, secondo la legge dello Stato di esecuzione, non può essere ancora considerata penalmente responsabile a causa della minore età. L’art. 4 invece disciplina le ipotesi di rifiuto facoltativo sancendo che è consentito non dare esecuzione alla consegna se: il reato oggetto del mandato non è compreso nella lista di cui all’art. 2 e manca il requisito della doppia incriminazione, se la persona ricercata è sottoposta a processo nello Stato di esecuzione per lo stesso fatto che è alla base del mandato d’arresto, se l’autorità giudiziaria dello Stato di esecuzione chiamata a pronunciarsi sul medesimo fatto prima dell’emissione del mandato di arresto ha ritenuto insussistenti i presupposti per l’esercizio dell’azione penale, oppure se anche in un diverso Stato dell’unione è intervenuta una sentenza definitiva che preclude la riapertura del processo per lo stesso reato a carico della persona ricercata, se in base alle norme vigenti nello Stato di esecuzione il reato oggetto del mandato rientra nella competenza di tale Stato e risulta estinto per prescrizione, se la persona ricercata è stata giudicata per lo stesso fatto con sentenza definitiva in uno Stato estraneo all’Unione, a condizione che nel caso di condanna la sanzione sia stata eseguita sia in corso di esecuzione oppure non sia più eseguibile in forza delle leggi vigenti nel paese dove è stata pronunciata sentenza; se il mandato di arresto emesso per l’esecuzione di una pena detentiva o di una misura di sicurezza limitative della libertà personale e lo Stato cui viene richiesto la consegna si impegna ad eseguire tale pena o misura di sicurezza

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conformemente al suo diritto interno, in quanto la persona ricercata è cittadina, ivi risiede o dimora; se la consegna è richiesta per reati che dalla legge dello Stato di esecuzione non sono considerati commessi in tutto o in parte nel territorio o in un luogo adesso assimilato dello Stato di esecuzione; se il reato oggetto del mandato d’arresto è stato commesso al di fuori del territorio dello Stato di emissione e la legge dello Stato di esecuzione non consente di perseguire tale reato in casi analoghi, laddove cioè risulti interamente consumato oltre i confini nazionali. 27. Un riferimento ai diritti fondamentali si può certamente rinvenire nei considerando annessi al testo della decisione quadro. Nel dodicesimo considerando si sancisce il rispetto da parte della decisione quadro dei diritti fondamentali, di cui all’art. 6 del trattato sull’Unione Europea e contenuti nella CDFUE. Inoltre, nel medesimo considerando si afferma che «nessun elemento della presente decisione quadro può essere interpretato nel senso che non sia consentito rifiutare di procedere alla consegna di una persona che forma oggetto di un mandato d'arresto europeo qualora sussistano elementi oggettivi per ritenere che il mandato d'arresto europeo sia stato emesso al fine di perseguire penalmente o punire una persona a causa del suo sesso, della sua razza, religione, origine etnica, nazionalità, lingua, opinione politica o delle sue tendenze sessuali oppure che la posizione di tale persona possa risultare pregiudicata per

27Cfr. DELLA MONICA G., Il mandato d’arresto europeo, Giappichelli, Torino

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uno di tali motivi». Inoltre, il tredicesimo considerando pone in capo, tanto allo Stato di emissione, quanto a quello di esecuzione un obbligo di verificare i rischi di violazione della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo con la conseguenza che entrambi potrebbero venire condannati per violazione ove estradassero o prestassero il consenso a tale consegna.28 Passando all’esame delle disposizioni relative alle garanzie difensive, prima di tutto appare opportuno fare riferimento al diritto ad essere informato del mandato d’arresto e del suo contenuto, alla facoltà di acconsentire alla propria consegna (art. 11 Par. 1), al diritto all’assistenza di un difensore e/o di un interprete, alla possibilità di esprimere consapevolmente il consenso alla consegna o la rinuncia al principio di specialità, il diritto di ottenere dopo l’arresto la libertà provvisoria secondo le disposizioni vigenti nello stato di esecuzione.29 L’autorità giudiziaria dello Stato di esecuzione, infatti, può procedere all’arresto della persona segnalata tramite il SIS. L’arrestato va infatti informato in una lingua a lui comprensibile del mandato d’arresto, del suo contenuto, della facoltà di nominare un difensore di fiducia e della possibilità di accedere all’assistenza di un interprete; se l’arrestato non provvede alla nomina di un difensore di fiducia, la polizia giudiziaria si attiva per la nomina di un difensore d’ufficio. A differenza di quanto previsto precedentemente con riferimento all’estradizione si richiede,

28 BARBE E. Il preambolo della decisione quadro istitutiva del mandato di arresto europeo, in BARGIS M., SELVAGGI E., Il Mandato di arresto europeo dall’estradizione alle procedure di consegna, Giappichelli, Torino, 2005 p. 123. 29 Cfr. DELLA MONICA G., Il mandato d’arresto europeo, Giappichelli, Torino

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come disposto al considerando 8, un controllo sufficiente dell’autorità giudiziaria dello Stato di esecuzione in quanto, pur prendendo atto dell’elevato livello di fiducia reciproca concordemente al nuovo modo di concepire la cooperazione giudiziaria, si pone particolare attenzione alla prevenzione di violazioni dovute alla consegna automatica come previsto al sopracitato considerando 13.30 È opportuno considerare il diverso valore cogente attribuito alle disposizioni normative, in quanto i considerando assolvono una funzione volta a indicare principi generali, ragioni e scopi dello strumento in esame e ad orientare l’interpretazione del testo da parte del legislatore nazionale tenuto a conformarsi agli obiettivi dell’Unione. È opportuno ricordare che lo strumento della decisione quadro è volto ad un riavvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri e divengono vincolanti fermo restando l’autonomia dell’autorità nazionale nella forma e nei mezzi da utilizzare per il raggiungimento degli scopi fissati dagli organismi sovranazionali. Proprio per questo è sempre stata considerata necessaria un’opera di armonizzazione dei sistemi giuridici nazionali.

30 Cfr. DELLA MONICA G., Il mandato d’arresto europeo, Giappichelli, Torino

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4. Le modifiche alla decisione quadro istitutiva del MAE

ad opera della decisione quadro 2009/299/GAI

Si può certamente ritenere che per quanto riguarda il rafforzamento dei diritti di difesa, la decisione quadro 2009/299/GAI relativa ai processi in absentia abbia assunto un ruolo preminente. La ragion d’essere della decisione quadro risiedeva nella necessità di rimediare alla disomogeneità degli strumenti con cui venivano trattate le richieste di riconoscimento relative a decisioni giudiziarie pronunciate in absentia. Ed invero, ad avviso del Consiglio, suscitavano particolare insoddisfazione le soluzioni divergenti che le decisioni quadro prospettavano nei casi in cui non fosse possibile informare l’interessato dell’esistenza di un provvedimento a suo carico al punto che, in alcuni casi, risultava difficile sapere con esattezza quando l’esecuzione della decisione poteva essere rifiutata. Tale difetto di coordinamento era imputabile al divario temporale che separava questi testi impedendo così la corretta attuazione del principio del mutuo riconoscimento e, conseguentemente, il buon andamento della cooperazione giudiziaria stessa. La decisione quadro 2009/299/GAI ha il fine quindi di definire l’obiettivo comune per consentire il

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riconoscimento e l’esecuzione di decisioni giudiziarie emessi all’esito di un processo svolto in assenza dell’imputato.31

Nel considerando n. 8 della decisione quadro si garantisce espressamente l’esercizio del diritto a comparire personalmente al processo; esso presuppone che l’interessato ne sia al corrente. La conoscenza del processo deve essere garantita da ciascuno Stato membro in conformità al rispettivo diritto interno, fermo restando i requisiti dettati dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali come interpretati dalla Corte di Strasburgo. Nel “Considerando” n.15 viene ribadito il diritto ad un equo processo.32

Il nuovo art. 4 bis della decisione quadro 2009, sostituendo l’originario art 5 della decisione quadro 2002/584/GAI, sancisce che l’autorità di esecuzione può rifiutare l’esecuzione del mandato se l’interessato non è comparso personalmente al processo, salvo che il mandato indichi che la persona ricercata sia stata a tempo debito personalmente citata o ufficialmente informata con altri mezzi della data e del luogo fissati per il processo o abbia conferito mandato ad un difensore di ufficio o di fiducia che l’abbia effettivamente patrocinato in giudizio ovvero dopo aver ricevuto notifica della decisione e l’informativa di un suo diritto ad un nuovo processo o al ricorso in appello abbia dichiarato

31 ZANETTI E., Processo penale e regole europee: atti, soggetti, diritti e decisioni,

Giappichelli, Torino, 2017, p.95.

32 DE AMICIS G. Mandato d’arresto europeo: prassi e problemi applicativi, in

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comunque di non opporvisi o comunque non abbia esercitato quei diritti entro il termine stabilito.

Per quanto riguarda l’ipotesi di un conferimento di un mandato difensivo, attraverso una interpretazione autentica, si potrebbe affermare che la condizione in questione potrà ritenersi soddisfatta non solo quando in caso di assenza dell’imputato egli abbia conferito un mandato, ma è necessario che l’assenza sia giustificata dal fatto che egli ha scelto di non partecipare al giudizio e di essere rappresentato nel corso del processo dal difensore.33

Il quattordicesimo considerando chiarisce che la decisione quadro non si pone come obiettivo quello di armonizzare le legislazioni penali nazionali, ma quello di stabilire motivi chiari e comuni di non riconoscimento delle decisioni pronunciate in absentia.

Si realizza così una scorciatoia verso l’armonizzazione inducendo i legislatori degli Stati membri ad uniformare le loro discipline nazionali.34

Il catalogo di garanzie previste nella decisione quadro prevede, in realtà, garanzie alternative fra di loro in quanto si stabilisce che l’imputato doveva essere citato personalmente e informato della data e del luogo fissati per il processo in modo da ritenere

33 CHELO A. Le “istruzioni sovranazionali” sui limiti al processo in absentia: dalle pronunce della Corte europea dei diritti dell’Uomo al diritto di partecipare al processo nella normativa dell’Unione europea in Arch.pen. p. 11.

34 CAMALDO L. La decisione quadro 2009/299/GAI: i motivi comuni di non riconoscimento delle decisioni pronunciate in absentia in Il giudizio in assenza

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inequivocabilmente che egli fosse al corrente del processo, l’imputato inoltre deve essere informato anche che la decisione poteva essere emessa anche in caso di sua mancata partecipazione al giudizio.35 Attraverso tale decisione si considerano fungibili la partecipazione al processo e la possibilità di rimedio restitutorio in grado di assicurare la riapertura del procedimento, si può quindi ritenere che, nonostante la decisione del 2009 assicuri un riesame nel merito tuttavia l’informazione di questa possibilità può indistintamente collocarsi prima o dopo la consegna per questo alcuni autori ritengono non solo che vi sia un rischio per il diritto di libertà dell’imputato che può vedersi posto in stato di detenzione in attesa di avvio di un giudizio restitutorio con la sola possibilità di vedersi riconosciuto in sede di revisione la possibilità di ottenere una sospensione o interruzione della detenzione; ma anche che tale decisione quadro non fosse tanto volta al rafforzamento dei diritti dell’imputato, ma ad una rimozione di qualsiasi ostacolo che si frapponga all’effettiva realizzazione dello strumento di cooperazione giudiziaria costruita sotto l’egida del mutuo riconoscimento.36

In modo da garantire i diritti di difesa, infatti, la Corte di Giustizia, ha rilevato che la citazione consegnata ad un soggetto terzo che si impegna a trasmettere all’interessato, ancorché non convivente di

35 ROMBI N. Il diritto alla presenza processuale, Cedam settembre 2020 da p. 79 a

p. 85.

36 ARASI S. Verso il rafforzamento delle garanzie difensive nei procedimenti in absentia: la decisione quadro 2009/299/GAI in Proc.pen.giust. fasc. 1, 2017.

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quest’ultimo. Il leitmotiv delle eccezioni individuate dalla decisione quadro ha come caratteristica principale le ipotesi in cui la natura contumaciale della sentenza da eseguire non è di ostacolo all’accoglimento della richiesta estera perché ritenuta espressione di una rinuncia consapevole a comparire da parte dell’imputato. Viene espressamente ribadito che l’imputato è stato a tempo debito informato personalmente della data e del luogo del processo fissato con riguardo alle procedure relative al mandato, viene fatta salva l’ulteriore evenienza in cui l’interessato in caso di mancata tempestiva notifica personale della decisione riceva senza indugio la comunicazione delle informazioni relative ai diritti conseguenti, fra cui quello ad un ricorso in appello in cui sarà possibile riesaminare il merito della causa.37Al secondo comma dell’art. 4 bis si consente all’interessato di chiedere, qualora non sia stato informato in modo ufficiale dell’esistenza di un procedimento penale a suo carico, che gli sia trasmessa, prima della consegna, copia della sentenza. La trasmissione di tale copia non può però né ritardare il corso della procedura di consegna, né far decorrere i termini per l’eventuale richiesta di un nuovo processo. Le autorità competenti di esecuzione ed emissione dovrebbero procedere ad una reciproca consultazione sulla necessità e sulle possibilità esistenti di

37 Cfr. ZANETTI E., Diritti e processo in absentia in RUGGERI F. a cura di Processo penale e regole europee: atti, soggetti, diritti e decisioni, Giappichelli

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fornire all’interessato una traduzione della sentenza o delle sue parti essenziali in una lingua a lui comprensibile.

La decisione quadro in esame pur non proponendosi di armonizzare le legislazioni processuali degli Stati membri e limitandosi a precisare la definizione di un nuovo motivo di rifiuto facoltativo, obbliga comunque i vari sistemi nazionali ad un’opera di “uniformazione” degli standard e delle condizioni per il riconoscimento e l’esecuzione delle sentenze in absentia tra le quali spiccano in particolare quelle relative al diritto dell’interessato a un nuovo processo, ovvero ad un ricorso volto a garantire i diritti di difesa sulla base di alcuni punti espressamente indicati: il diritto di presenziare al processo, il riesame del merito della causa, la possibilità di riforma dell’originaria decisione giudiziaria pur lasciando comunque ampio margine di discrezionalità agli Stati membri circa le modalità per raggiungere i risultati della procedura.38

La decisione quadro 2009/299/GAI ha, in conclusione, il fine di facilitare la cooperazione giudiziaria in materia penale migliorando il reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie tra gli Stati attraverso un’armonizzazione dei motivi di non riconoscimento delle decisioni pronunciate al termine del processo a cui l’interessato non è comparso personalmente consentendo all’autorità di esecuzione di

38 Cfr. ZANETTI E., Processo pensale e regole europee: atti, soggetti, diritti e decisioni, Giappichelli Editore, Torino, febbraio 2017, p.102.

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eseguire la decisione nonostante l’interessato non sia presente al giudizio pur rispettando pienamente il diritto di difesa.39

5. Lo statuto europeo del diritto di difesa

Passando all’ esame dello statuto europeo del diritto di difesa che viene sancito nella Cedu e nella Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea conviene muovere dall’art. 47 che sancisce che «ogni individuo ha diritto ad un ricorso effettivo dinanzi a un giudice,

a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un temine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Ogni individuo ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare e per coloro che non dispongono di mezzi sufficienti è stato istituito un patrocinio a spese dello Stato per garantire un accesso effettivo alla giustizia». 40

Dalla lettura dell’art. 47 si riscontra che esso richiama l’art. 6.1 della CEDU, a mente del quale «ogni persona ha diritto ad un’equa e pubblica udienza entro un termine ragionevole davanti a un tribunale indipendente e imparziale costituito per legge, al fine della

39 DE AMICIS G. All’incrocio tra diritti fondamentali, mandato d’arresto europeo e decisioni contumaciali: la Corte di Giustizia e il «caso Melloni» in www.forum

costituzionali.it

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determinazione sia dei suoi diritti e dei suoi doveri di carattere civile, sia della fondatezza di ogni accusa penale che gli viene rivolta».41 L’art. 6.1 CEDU ricomprende un catalogo aperto di garanzie che sono riconducibili alla buona amministrazione della giustizia, la correttezza ed alla lealtà processuale e per di più alla cosiddetta fairness. «La

Corte di Strasburgo ha moltiplicato le implicazioni dell’equo processo sancendo in via giurisprudenziale una pluralità di diritti: quello al contraddittorio, quello della parità delle armi tra le parti, la conoscibilità del dossier processuale, la motivazione delle decisioni, il diritto alla prova e la stessa garanzia della certezza del diritto». 42

Inizialmente i diritti fondamentali non erano previsti nei trattati istitutivi della comunità europea e venivano riconosciuti nella giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea come principi generali del diritto dell’Unione Europea risultanti dalla CEDU e dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri. I diritti e le libertà fondamentali sono ora sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea divenuta giuridicamente vincolante come diritto primario nel dicembre 2009 a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona. Ai sensi dell’art. 53, rubricato interpretazione della Carta, nessuna disposizione della Carta può essere interpretata come limitativa o lesiva dei diritti umani

41 Cfr. KOSTORIS R. E., Manuale di procedura penale europea, 4a ed., Giuffrè,

Milano, 2019, p. 122.

42 Cfr. KOSTORIS R. E., Manuale di procedura penale europea, 4a ed., Giuffrè,

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riconosciuti nel loro rispettivo ambito di applicazione dal diritto dell’Unione, dal diritto internazionale, da quello pattizio di cui l’Unione o tutti gli Stati membri siano parti «in particolare dalla CEDU» nonché da quello delle Costituzioni degli Stati membri. Si tratta cioè di un limite che il diritto primario dell’Unione pone a se stesso rispetto a fonti esterne di tutela.43 Il sistema di tutela della Carta viene collegato con regimi di tutela diversi che comprendono anzitutto i diritti della CEDU ossia quelli corrispondenti a quelli contenuti nella Carta di cui si occupa l’art. 52.3, quelli sanciti dalle Costituzioni nazionali affinché questo coordinamento avvenga necessariamente con il fine della maggior tutela, ossia che in caso di compresenza delle garanzie debba sempre prevalere quella di livello più alto.44

Le due principali implicazioni del diritto di accesso alla giustizia45 sono il diritto ad un equo processo e il diritto ad un ricorso effettivo.46 L’art. 6 della CEDU ha un ambito di applicazione limitato applicandosi solamente alle controversie concernenti accuse penali, diritti civili e doveri riconosciuti nell’ordinamento interno. L’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea si applica a

43 Cfr. KOSTORIS R. E., Manuale di procedura penale europea, 4a ed., Giuffrè,

Milano, 2019, da p. 90 a p.93.

44 Cfr. KOSTORIS R. E., Manuale di procedura penale europea, 4a ed., Giuffrè,

Milano, 2019, p. 88.

45 Il diritto di accesso alla giustizia si può configurare come il diritto di ciascun

individuo ad adire un tribunale per far valere i propri diritti. Esso incorpora una serie di diritti fondamentali come il diritto ad un equo processo e il diritto ad un ricorso effettivo.

46Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali e Consiglio d’Europa, Manuale di diritto europeo in materia di accesso alla giustizia, Gennaio 2016,

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tutti i diritti e le libertà riconosciuti dal diritto dell’Unione che comprendono anche i diritti economici, sociali e culturali. Mentre l’art. 6 si applica a tutte le situazioni ascrivibili ad accuse penali o diritti e doveri civili, l’art. 47 CDFUE è applicabile solamente allorché gli Stati membri attuino il diritto dell’Unione Europea.47

L’art. 47 si coordina inoltre con l’art. 13 della CEDU poiché quest’ultimo sancisce il diritto ad un ricorso effettivo, il primo invece prevede un ricorso davanti ad un giudice assicurando così una tutela più estesa. La CEDU attraverso l’art. 6 si occupa di tutte le garanzie riguardati la vicenda processuale. L’art. 6.1 della CEDU sancisce il diritto di accesso al giudice e, per quanto concerne l’accusato, il diritto ad ottenere una decisione basata sulla fondatezza dell’accusa mossa a suo carico e il divieto del bis in idem come specifica garanzia del processo equo.48 Vengono inoltre individuati dall’art. 6.1 CEDU e dall’art. 47.2 Carta di Nizza, tre requisiti essenziali del giudice: l’indipendenza, l’imparzialità e la precostituzione per legge dello stesso. La prima racchiude tre principali caratteristiche: le procedure di nomina, la durata del mandato e la predisposizione di adeguate garanzie contro pressioni esterne. La seconda consiste in una

47 Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali e Consiglio d’Europa, Manuale di diritto europeo in materia di accesso alla giustizia, gennaio 2016,

«fra.europa.eu», p.24.

48 Cfr. KOSTORIS R. E., Manuale di procedura penale europea, 4a ed., Giuffrè,

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valutazione sia oggettiva che soggettiva del comportamento del giudice. 49

Altri corollari dell’equo processo previsti dall’art. 6.1 sono: la pubblicità del processo; il principio della ragionevole durata, che si configura come un diritto soggettivo individuale immediatamente azionabile; l’uguaglianza delle armi, per cui per essere paritaria una procedura giudiziaria deve presentare il carattere del contraddittorio (per il quale ciascuna parte deve avere la facoltà di introdurre in

giudizio gli elementi necessari per l’accoglimento delle sue domande la possibilità di conoscere e discutere tutti gli argomenti di prova e le argomentazioni che l’altra parte abbia presentato, in grado di influire sulla decisione del giudice); l’obbligo di motivazione dei

provvedimenti giurisdizionali emessi dai magistrati professionali. Mentre non vengono previste come garanzie dall’art. 6.1 CEDU: il diritto di difendersi provando e il diritto a un doppio grado di giudizio in materia penale. 50

Focalizzandosi sui diritti che si riferiscono specificamente all’accusato previsti dall’art. 6.2 e 3 CEDU e dall’art. 48 della Carta di Nizza, viene prevista la presunzione d’innocenza come principio applicabile a tutto il giudizio; implica che l’individuo è innocente fino a quale la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata. Mentre

49 Cfr. KOSTORIS R. E., Manuale di procedura penale europea, 4a ed., Giuffrè,

Milano, 2019, p. 126-127.

50 Cfr. KOSTORIS R. E., Manuale di procedura penale europea, 4a ed., Giuffrè,

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l’art. 6.2 sancisce la presunzione di innocenza e prevede una serie di diritti intesi come specificazioni del diritto di difesa, ossia quelli descritti nell’analisi direttive che seguiranno, l’art. 48 si limita a sancire la presunzione di innocenza e a stabilire che «il rispetto dei diritti di difesa è garantito ad ogni imputato». 51

Passando ad un’analisi dettagliata degli atti di diritto derivato cui si è fatto cenno nel paragrafo 2, occorre, anzitutto, appuntare l’attenzione sulla direttiva 2010/6452 relativa al diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali. Questi diritti non erano inizialmente previsti nella decisione quadro istitutiva del mandato di arresto europeo. L’art. 82 TFUE prevede la possibilità di introdurre norme minime riguardanti i diritti dell’imputato con riferimento agli aspetti della procedura penale che siano necessari a facilitare la cooperazione giudiziaria nelle materie penali aventi natura transnazionale tenendo conto della natura e della tipologia del reato, nonché dell’autore dello stesso. Gli art. 2 e 3 rappresentano specificazioni del diritto all’interpretazione e alla traduzione e all’assistenza dell’interprete.

Essa è infatti prevista durante gli interrogatori e le udienze, nonché nei principali colloqui con il difensore volti alla preparazione della strategia difensiva. Il successivo art. 4 assicura invece una traduzione

51 Cfr. KOSTORIS R. E., Manuale di procedura penale europea, 4a ed., Giuffrè,

Milano, 2019, p. 136.

52 GIALUZ M., L' assistenza linguistica nel processo penale. Un meta-diritto fondamentale tra paradigma europeo e prassi italiana, Cedam, 2018.

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dei documenti fondamentali, fra cui sono inseriti ex lege le decisioni che privano una persona della propria libertà, gli altri atti contenenti capi di imputazione e le sentenze. È precisato che l’interpretazione e la traduzione fornite devono essere di qualità sufficiente a tutelare l’equità del procedimento. Vi è inoltre la possibilità per l’indagato e l’imputato di contestare la qualità dell’assistenza linguistica, come accade per esempio se l’accusato resta privo dell’interprete durante un interrogatorio, oppure se la sentenza non viene tradotta. Viene ribadito inoltre che nessuna disposizione della direttiva può essere interpretata in modo da limitare o derogare i diritti e le garanzie procedurali assicurate ad imputati ed indagati. È infatti garantito il diritto ad un ricorso effettivo in caso di violazione dell’art. 13 CEDU e dell’art. 47.1 della Carta di Nizza. Le disposizioni di questa direttiva si coordinano con quelle della direttiva 2012/13 in cui si sancisce innanzitutto che l’autodifesa è uno dei capisaldi della difesa penale perché in un sistema preordinato ad applicare le pene non può considerarsi ammissibile la relegazione ai margini del processo di chi rischia di subirle, in quanto ad esso deve essere garantito di interloquire con pari, se non con maggior titolo, di chi esprima l’interesse alla punizione del colpevole.53 Come precedentemente

sottolineato con la modifica della decisione quadro 2002/584/GAI da

53 CIAMPI S., Diritto all’informazione nei procedimenti penali: il recepimento low profile della direttiva 2012/13/UE da parte del d.lgs. 1° luglio 2014 n. 101, in Dir. pen. cont., 24 Settembre 2014, p .1

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parte della decisione quadro 2009/299/GAI, non è solamente necessaria la presenza dell’interessato al processo ma la sua concreta partecipazione attiva; il diritto di difesa deve avere valore effettivo, l’interlocuzione sopracitata non deve essere solamente a mezzo del difensore, ma anche con contatti diretti, immediati e funzionali alla esplicazione quantomeno dei contenuti minimi del diritto di difesa e la previsione di mezzi idonei a rendere edotto l’imputato sia dell’esistenza di un procedimento a suo carico, sia del fatto che gli è attribuito. Nella medesima logica si inserisce la discovery del materiale probatorio su iniziativa della parte pubblica delle attribuzioni spettanti all’interessato. Il diritto all’informazione consta di tre diverse accezioni: diritto a conoscere gli estremi dell’addebito, diritto all’informazione su prerogative processuali e diritto di accesso al materiale probatorio. Questa direttiva rientra nel contesto della road

map del 2009, finalizzata al rafforzamento dei diritti processuali degli

indagati o imputati in procedimenti penali. Le garanzie assicurate, sia alle persone sospettate che a quelle formalmente accusate, hanno come fine preminente l’esercizio effettivo del diritto e devono comprendere: il diritto ad avvalersi dell’assistenza tecnica di un difensore, l’enunciazione delle condizioni per beneficiare del gratuito patrocinio, il diritto di essere informato degli estremi dell’addebito secondo i canoni illustrati all’art. 6 della direttiva, il diritto di ottenere l’assistenza linguistica di un interprete e la traduzione degli atti, il diritto a rimanere in silenzio. Quest’insieme di diritti rappresenta uno

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standard minimo essenziale insuscettibile di essere compresso, ma è sempre possibile l’applicazione di garanzie maggiori nei confronti dell’interessato in sede di attuazione. All’interno delle garanzie informative pare opportuno ricordare che all’art. 4 si rinviene la cosiddetta ‘‘Letters of Rights’’ da consegnarsi in forma scritta alle persone che nel corso del procedimento si trovino in stato di arresto o detenzione che potranno, per tutto il periodo di privazione della libertà, conservare. All’interno di essa deve essere specificato il diritto ad accedere alla documentazione rilevante, il diritto riconosciuto di informare le autorità consolari ed un’altra persona, il diritto di beneficiare in caso di necessità di assistenza medica urgente, il numero massimo di ore o di giorni in cui l’indagato o l’imputato può permanere nello stato privativo della libertà prima di essere condotto davanti all’autorità giudiziaria, delle possibilità previste dal diritto nazionale di contestare la legittimità dell’arresto, il diritto di ottenere un riesame del provvedimento restrittivo o di presentare una domanda di libertà provvisoria.54 Il profilo garantista viene ribadito anche all’art. 9 che disciplina la rinuncia al diritto di difesa prescrivendo che le informazioni sul contenuto di tale diritto o sulla conseguente rinuncia ad esso siano date in un linguaggio semplice e comprensibile riferendosi alla necessità «dell’accessibilità ai profani del linguaggio

54 Cfr. CIAMPI S., Diritto all’informazione nei procedimenti penali: il recepimento low profile della direttiva 2012/13/UE da parte del d.lgs. 1° luglio 2014 n. 101, in Dir. pen. cont., 24 Settembre 2014, p 10-11

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dei chierici».55 La direttiva precisa che i responsabili della formazione dei giudici, procuratori, personale di polizia e tutto il personale genericamente coinvolto nelle dinamiche procedimentali penali devono aver ricevuto una formazione adeguata rispetto agli obiettivi stabiliti dalla direttiva in questione. Lo spettro applicativo di tale direttiva riguarda l’intero procedimento penale fin dalla fase iniziale fino ai gradi di impugnazione e al giudicato. Viene poi ribadita la necessità che le informazioni siano fornite alle persone indagate ed imputate, se necessario, garantendo le traduzioni o l’interpretazione in una lingua a loro comprensibile conformemente alle norme di cui alla direttiva 2010/64.56

Passando all’analisi della direttiva 2013/48 riguardante il diritto di avvalersi di un difensore, la base giuridica si può rinvenire nell’art. 82/TFUE. In merito al diritto di difesa possiamo certamente affermare che si è assistito ad un progressivo ampliamento e rafforzamento delle garanzie accordate rispetto al contenuto minimale originariamente previsto all’art. 11 della decisione quadro 2002/584/GAI, rubricato diritti del ricercato, in cui si prevedeva esclusivamente il diritto ad essere informato da parte dell’autorità giudiziaria di esecuzione in conformità con il proprio diritto interno del mandato, del suo

55 BUBULA F. A., La direttiva 2013/48/UE sul diritto al difensore e a comunicare con terzi e autorità consolari in caso di privazione della libertà personale, in Dir.

pen.cont, 29 novembre 2013.

56 Cfr. CIAMPI S., Diritto all’informazione nei procedimenti penali: il recepimento low profile della direttiva 2012/13/UE da parte del d.lgs. 1° luglio 2014 n. 101, in Dir. pen. cont., 24 settembre 2014, p. 4.

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contenuto, della possibilità di acconsentire alla propria consegna all’autorità giudiziaria emittente e il diritto ad essere assistito da un consulente legale e da un interprete, conformemente al diritto dello Stato membro di esecuzione ed inoltre si prevede, congiuntamente ad esso, all’art. 14, il diritto all’audizione del ricercato a cura dell’autorità giudiziaria di esecuzione. Il fine preminente di questa direttiva è quello di garantire il diritto con tempi e modalità di esercizio tali da rendere la difesa concreta ed effettiva in modo da evitare ogni indebita restrizione. Nella suddetta direttiva si rinviene, anzitutto, una declinazione del diritto ad un avvocato enunciato nella direttiva 2012/13. All’art. 3 e all’art. 4 vengono delineati i contenuti minimi di questo diritto, mentre all’art. 8 e all’art. 9 vengono disciplinate le deroghe temporanee e la rinuncia al diritto stesso.57 I termini e le modalità per l’esercizio del diritto devono, come detto poc’anzi, essere tali da rendere la difesa concreta ed effettiva all’art. 3 par. 2, si prevede infatti che il diritto debba essere esercitato prima che gli indagati e gli imputati siano interrogati dalla polizia o da altra autorità di contrasto o giudiziaria, quando le autorità inquirenti o le altre autorità competenti procedono ad atti investigativi o ad altri atti di raccolta delle prove. Tale garanzia deve essere assicurata senza indebito ritardo dopo la privazione della libertà personale, qualora siano stati chiamati

57 Cfr. BUBULA F. A., La direttiva 2013/48/UE sul diritto al difensore e a comunicare con terzi e autorità consolari in caso di privazione della libertà personale, in Dir. pen.cont, 29 novembre 2013.

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a comparire dinanzi a un giudice competente in materia penale a tempo debito prima che compaiano dinanzi a tale giudice. È possibile sottolineare che la nozione di interrogatorio a cui fa riferimento tale direttiva è una nozione da intendersi in senso sostanziale concordemente alla ratio garantistica della direttiva ed al fine di tutelare, a maggior ragione, chi si trovi privato della libertà personale. Viene precisato nel suddetto articolo che «non rientrano nella

presente direttiva gli interrogatori, non rientrano tra gli interrogatori le domande preliminari effettuate dalla polizia od altra autorità di contrasto finalizzate a identificare l’interessato, verificarne il possesso di armi o accertare altre questioni analoghe relative alla sicurezza o a determinare se le indagini debbano essere avviate, per esempio nel corso di un controllo su strada o durante controlli periodici su base casuale qualora un indagato o un imputato non siano ancora stati identificati». È opportuno richiamare l’art. 10 dove

si ribadisce la necessità di un’assistenza legale sia nello Stato di emissione, sia nello Stato di esecuzione ponendo a carico di entrambi gli obblighi informativi. È senz’altro garantita inoltre la riservatezza per quanto concerne l’effettuazione delle comunicazioni e degli incontri con il difensore per cui le disposizioni che regolamentano la partecipazione agli atti investigativi o alla raccolta di prove non dovrebbero pregiudicare un esercizio effettivo del diritto. Relativamente alle deroghe temporanee al diritto di difesa, a differenza della direttiva 2012/13 che ne prevedeva soltanto una relativa al diritto

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di accesso alla documentazione delle indagini, qui si possono rinvenire due disposizioni particolari: la prima riguardante la lontananza geografica, mentre la seconda relativa alla pienezza del diritto al difensore a cui è possibile derogare solamente in circostanze eccezionali e solamente nella fase che precede il processo e quando sia giustificato alla luce di particolari circostanze. Ad esempio quando vi sia la necessità impellente di evitare gravi conseguenze negative per la vita, la libertà o l’integrità fisica di una persona, o quando vi sia la necessità indispensabile di un intervento immediato delle autorità inquirenti per evitare di compromettere in modo sostanziale il procedimento penale.58 Tali deroghe sono inoltre sottoposte a un controllo giurisdizionale e sono caratterizzate dal criterio della proporzionalità, sono limitate nel tempo e non devono comunque pregiudicare l’equità complessiva del procedimento. Successivamente la disposizione in esame fa riferimento al diritto di informare un terzo riguardo alla privazione della libertà personale, quello di avere contatti con i terzi durante lo stato di privazione della libertà personale, di informare le autorità consolari; all’art. 5 viene infatti stabilito che l’informazione deve essere data senza indebito ritardo quando non

58 BUBULA F. A., La direttiva 2013/48/UE sul diritto al difensore e a comunicare con terzi e autorità consolari in caso di privazione della libertà personale, in Dir.

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