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VINI (BONI) ANFORAM DEBERE DARE. Uno studio della convivialità nelle associazioni greco-romane attraverso l'analisi delle fonti epigrafiche e archeologiche (I-III sec. d.C.).

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VINI (BONI) ANFORAM DEBERE DARE

UNO STUDIO DELLA CONVIVIALITÀ NELLE ASSOCIAZIONI GRECO-ROMANE ATTRAVERSO L’ANALISI DELLE FONTI EPIGRAFICHE E ARCHEOLOGICHE

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INTRODUZIONE………..pag. 8-12

I. Le FONTI EPIGRAFICHE

I.1 ITALIA………pag. 14-30

I.2 PROVINCE OCCIDENTALI e AFRICA………... pag. 31-34

I.3 PROVINCE ORIENTALI………... pag. 35-42

I.4 Le FONTI EPIGRAFICHE A CONFRONTO……… pag. 43-53

II. I SITI ARCHEOLOGICI

II.1 Le SALE da BANCHETTO di OSTIA

II.1.1 Il CASEGGIATO DEI TRICLINI………pag. 54-56 II.1.2 La SEDE degli STUPPATORES………....……....pag. 57-59 II.1.3 La SCHOLA del TRAIANO………...…...….pag. 60-61 II.1.4 Il COMPLESSO DEL SERAPEO……….………pag. 62-63

II.2 Il SACELLO degli AUGUSTALI di MISENO………..…pag. 64-68

II.3 La CURIA AUGUSTIANA di ERCOLANO……….………..pag. 69-74

II.4 CONVIVIALITÀ e MITRAISMO: il MITREO di TIENEN……….pag.75-84

II.5 UNA SCHOLA a SAGALASSOS?: il caso di PQ2

II.5.1 Fase 1………pag. 87-88 II.5.2 Fase 2………..……..pag. 89-90 II.5.3 EVENTI CONVIVIALI a PQ2………pag. 92-99

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II.7 Una COMUNITÀ nel DESERTO: il caso di KHIRBET QUMRAN

II.7.1 Fase Ia-Ib………..…pag. 104-106 II.7.2 Fase II-Occupazione finale………...pag. 107 II.7.3 I PASTI COLLETTIVI della COMUNITÀ di KHIRBET QUMRAN…………pag. 108-114

II.8 Le SEDI ASSOCIATIVE a CONFRONTO……….pag. 115-123

III OSSERVAZIONI CONCLUSIVE

III.1 DOVE e in QUANTI si BANCHETTAVA?...pag. 124-125 III.2 COME e COSA si MANGIAVA? DOVE si CUCINAVA?...pag. 126-128 III.3 CHI BANCHETTAVA?...pag. 129 III.4 QUANDO e PERCHÉ si BANCHETTAVA………,……….……pag. 130-131

APPENDICE EPIGRAFICA………,……….pag. 132-181

LISTA ABBREVIAZIONI………,……….pag. 182 BIBLIOGRAFIA……….pag. 183-193

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PREMESSA

Questo lavoro nasce come prosecuzione di una ricerca avviata durante il corso di Classical

Archaeology seguito presso la Katholieke Universiteit di Leuven nel corso di uno scambio

Erasmus. In quel contesto chi scrive è entrato in contatto con il Sagalassos Archaeologial

Research Project, un progetto di ricerca condotto da questa università con lo scopo di studiare

l’antica città anatolica di Sagalassos. Nel corso di una serie di campagne di scavo condotte tra il 2011 e il 2014 gli archeologi hanno quindi messo in luce i resti di un edificio che è stato interpretato come sede di un’associazione di età romana, rinvenendo inoltre presso la struttura alcuni depositi di ceramica da mensa e ossa animali che sono stati identificati come resti di eventi conviviali.

In seguito a Ca’ Foscari si è deciso di approfondire ulteriormente il lavoro precedentemente svolto seguendo due criteri:

1) un’analisi diretta delle varie fonti epigrafiche che presentano dei riferimenti alle attività conviviali svolte da diverse tipologie di associazioni, utilizzando sia i testi menzionati nei diversi studi consultati sia conducendo una ricerca personale in diversi database epigrafici, in modo tale da comprendere che tipo di informazioni questi testi fossero in grado di fornire. 2) Partendo dallo specifico caso della ipotetica schola di Sagalassos si sono cercate attestazioni archeologiche di altre sedi associative che presentassero delle evidenze dello svolgimento di pratiche conviviali, prestando particolare attenzione ai contesti in cui sono stati rinvenuti anche depositi di ceramica o resti animali. Per la trattazione dei vari siti si sono quindi utilizzati prevalentemente le pubblicazioni degli scavi o comunque gli studi che presentassero il maggior numero di informazioni possibili sulle strutture e sui reperti rinvenuti al loro interno, in modo tale da fornirne una descrizione dettagliata.

Nel corso della ricerca epigrafica invece si è in primo luogo posta particolare attenzione ai casi in cui fossero presenti dei riferimenti ad eventi conviviali attribuibili ad associazioni di tipo religioso o professionale, definite genericamente in ambito accademico collegia, escludendo invece le grandi corporazioni statali quali il collegium pontificum, gli Augures, i

XVviri sacris faciundis, i VIIviri epulones, i Fetiales, i Fratres Arvales, così come la

partecipazione a banchetti pubblici degli Augustales in quanto argomento già ampiamente trattato e considerato non pertinente al contesto di Sagalassos.

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1) SPAZI in cui si svolsero i diversi eventi conviviali, cercando di comprenderne la forma e le dimensioni e se si trattasse di spazi aperti o chiusi, pubblici o privati;

2) TEMPI, in particolare se si trattava di eventi periodici o straordinari e a cosa erano connessi;

3) CIBI e BEVANDE consumati nelle varie occasioni;

4) NUMERO dei membri delle diverse associazioni e dei partecipanti alle diverse occasioni attestate;

5) TERMINI SPECIFICI che possedessero una connessione con la convivialità, quindi che identificassero un banchetto vero e proprio o il consumo collettivo di un particolare alimento.

Nel corso di questo lavoro di ricerca si è quindi entrati in contatto con numerose questioni inerenti la sfera semantica dei diversi termini impiegati per indicare banchetti o altre forme di consumo collettivo di derrate alimentari, così come delle valenze simboliche assunte da questi eventi in determinati contesti religiosi o sociali, le quali non sono state tuttavia oggetto di una trattazione dettagliata in quanto non strettamente connesse con la tematica oggetto di studio. Conseguentemente nel seguente elaborato termini quali ‘banchetto’ o ‘evento conviviale’ sono impiegati per trattare in generale il consumo in comune di un qualsiasi tipo di cibo da parte delle varie associazioni indicate, a prescindere dai valori assunti da queste parole nei diversi contesti.

L’indagine è stata condotta raccogliendo testi redatti sia in latino che in greco provenienti da diverse aree dell’impero allo scopo di ottenere la panoramica più ampia possibile su questo aspetto della vita comunitaria delle diverse associazioni; la decisione di analizzare anche le evidenze greche è motivata dalla posizione del sito di Sagalassos all’interno di un contesto geografico fortemente ellenizzato come l’Asia Minore, ma a causa della maggior dimestichezza dell’autore con la terminologia latina inerente la convivialità e delle difficoltà incontrate nel reperimento di evidenze epigrafiche utili alla seguente trattazione risultano maggiormente attestati i testi epigrafici redatti in lingua latina. Una volta raccolte le varie evidenze sono state ordinate ed esposte seguendo un criterio geografico procedendo da Occidente verso Oriente in base alla loro provenienza: per prime sono state presentate le attestazioni italiane, esponendo per primi i regolamenti, o leges collegiorum, di diverse associazioni per la ricchezza di informazioni in esse contenute, mentre le altre evidenze sono state suddivise in base al contenuto del documento, esponendo per primi i testi epigrafici riferibili ad eventi conviviali o distribuzioni di denaro e cibo avvenute in occasione di

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inaugurazioni di monumenti, seguiti dai documenti inerenti fondazioni funerarie e infine delle sole evidenze di spazi ed ambienti adibiti ad ospitare eventi conviviali. Nel caso dei testi provenienti da contesti provinciali invece la trattazione ha seguito un criterio geografico in quanto considerata più funzionale all’esposizione delle evidenze raccolte, in cui sono stati presentati per primi i casi occidentali seguiti da quelli africani e infine da quelli orientali. Le informazioni ricavate dalle diverse fonti epigrafiche sono state quindi commentate in un paragrafo conclusivo, in cui si sono compiuti dei confronti tra i vari tipi di documenti iniziando dai regolamenti associativi e proseguendo con le altre tipologie attestate cercando di evidenziarne le analogie e le differenze; per esempio si sono confrontate le informazioni contenute negli statuti associativi a proposito delle occasioni in cui erano previsti degli eventi conviviali con quelle presenti nelle fondazioni funerarie per verificare quali fossero straordinarie e quali periodiche, quali cibi erano consumati e in quali circostanze, dove si svolgevano i diversi eventi menzionati e quanti ne partecipassero, ecc.

Parallelamente allo studio delle evidenze epigrafiche sono stati ricercati contesti archeologici riferibili a sedi associative che da una parte possedessero dei depositi di ceramica da mensa e resti archeozoologici analoghi a quelli di Sagalassos e dall’altra che presentassero degli elementi in grado di testimoniare lo svolgimento di eventi conviviali come strutture architettoniche, decorazioni pavimentali o testi epigrafici; sono stati quindi esclusi dalle indagini gli ambienti conviviali presenti in edifici privati o in contesti pubblici in quanto non pertinenti al tema della seguente ricerca. Sono state quindi estratte informazioni a proposito di:

1) SPAZI in cui si svolsero degli eventi conviviali, valutando quindi se consistevano in ambienti appositamente concepiti a questo scopo o meno, le dimensioni e la posizione di questi rispetto agli edifici associativi e al contesto urbano in cui questi ultimi si trovavano; 2) NUMERI di commensali che sarebbero potuti essere ospitati nei vari ambienti,

affidandosi in questo alle stime proposte dai diversi studiosi per i singoli casi;

3) CIBI e BEVANDE consumati durante i banchetti; questa informazione si è potuta ottenere solamente nei casi in cui sono stati trovati depositi di rifiuti di pasti, dei quali si sono cercati riferimenti in merito ai loro contesti di rinvenimento, alle tipologie di cibi identificate, alle specie animali attestate e alla loro quantità e, se indicati, ai metodi di cottura delle pietanze;

4) AMBIENTI PER LA PREPARAZIONE dei CIBI, se presenti, e alla posizione in cui si collocavano rispetto agli spazi conviviali;

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5) TEMPI in cui si sarebbero svolti i vari banchetti, valutando se avvenissero periodicamente o saltuariamente.

I singoli siti sono stati quindi descritti il più dettagliatamente possibile in paragrafi appositamente dedicati trattando i vari punti sopraelencati, per poi essere successivamente messi a confronto in un capitolo riassuntivo in cui sono state inoltre formulate alcune ipotesi interpretative tra contesti presentanti delle affinità reciproche. Si sono per esempio raffrontati i casi in cui erano presenti degli ambienti adibiti al consumo di pasti per comprendere se presentavano degli elementi distintivi o meno, come decorazioni musive o strutture permanenti, così come quante persone sarebbero state in grado di ospitare, mentre nei contesti in cui sono stati rinvenuti dei depositi di ceramica da mensa e resti archeozoologici si sono cercate informazioni inerenti le occasioni in cui si svolsero, i cibi consumati ed eventualmente se gli studiosi avevano formulato delle ipotesi in merito alla preparazione dei cibi.

Infine le evidenze epigrafiche e quelle archeologiche sono state messe a confronto in un capitolo conclusivo suddivise in base alle tematiche emerse nel corso della ricerca, enucleate in una serie di interrogativi riguardanti il dove e in quanti si banchettava; in che modo si mangiava; quali pietanze erano consumate e come, insieme al dove, erano preparate; chi partecipava ai vari eventi; infine il quando e il perché si banchettava.

In seguito a questi confronti incrociati è emerso quindi che la convivialità associativa era influenzata da numerosi fattori, come il numero dei membri, le dimensioni e le forme dagli spazi in cui si riunivano o in cui si consumavano i pasti comunitari, delle occasioni in cui erano organizzati dei banchetti e della tipologia di associazione, così come è emerso che non in tutti i casi si consumavano gli stessi cibi; allo stesso tempo è stato constatato che non per tutte le associazioni l’aspetto conviviale ricopriva la stessa importanza e che ad essa erano attribuiti diversi valori e significati in base al contesto sociale e culturale in cui era praticata.

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INTRODUZIONE

Le radici del cosiddetto ‘fenomeno associativo’ risalgono ai periodi più antichi della storia della cultura greco-romana: riferimenti ad associazioni religiose e mercantili si trovano infatti già nelle leggi di Solone (638-558 a.C.) 1, mentre Plutarco (46-126 d.C.) riporta la tradizione secondo cui la nascita delle prime associazioni professionali a Roma sia da attribuire a Numa Pompilio, il quale nel 690 a.C. avrebbe concesso il diritto di costituire liberamente delle corporazioni di qualsiasi genere2. Tuttavia, nonostante le loro origini antiche esse non ebbero sempre la stessa diffusione e importanza. Gli storici latini per esempio diedero la propria attenzione a queste realtà sociali solo a partire dal II sec. a.C., in particolare a seguito dell’emissione del senatus consultum de Bacchanalibus del 186 a.C. in cui furono messe fuori legge le associazioni dionisiache3.

In età tardo-repubblicana esse furono quindi considerate causa di disordini ed instabilità politica, in quanto utilizzati dalla factio popularis per ottenere consensi o reclutare bande armate, diventando per questo oggetto di una prolifica produzione legislativa volta alla loro soppressione o regolamentazione. Nel 64 a.C. per esempio il Senato bandì le associazioni considerate contrarie alla costituzione romana, mentre nel 58 a.C. furono nuovamente legalizzate da Clodio. Svetonio scrisse che Cesare sciolse ‘tutte le associazioni eccetto quelle antiche’, mentre Augusto avrebbe reso obbligatoria l’autorizzazione da parte del Senato o dell’imperatore per la costituzione di nuove associazioni4. Questa riforma augustea sarebbe quindi rimasta in vigore anche in età imperiale, in quanto il giurista di Elio Marciano (II-III sec. d.C.) attesta la differenza tra collegia licita e illicita e considera illegali le associazioni che non avrebbero ricevuto l’autorizzazione del Senato o dell’imperatore per costituirsi5. Alcuni autori sono stati quindi portati a ritenere che lo Stato romano fosse sostanzialmente avverso all’esistenza di questi gruppi, tanto che contro di essi avrebbe attuato una politica repressiva o mantenuto un atteggiamento di tolleranza forzata6. Questa teoria è stata tuttavia largamente messa in discussione, poiché le associazioni in sé non furono considerate pericolose dalle autorità romane in assoluto, ma solo quando le rispettive attività assumevano connotazioni politiche o minacciavano il mantenimento dell’ordine pubblico; spesso infatti la

1 Van Nijf 1997, pag. 24; Kloppenborg 2002, pag. 17. 2 Waltzing 1895, pag. 62-83; Turcan 2006, pag. 2. 3 Liv. 39, 8-19.

4 Arnaoutoglou 2002, pag. 30-32. 5 Bendlin 2011, pag. 226.

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loro soppressione avvenne in occasione di rivolte o disordini, sia in periodo repubblicano che imperiale7.

Il fenomeno associativo nell’Oriente ellenizzato presenta invece delle problematiche differenti rispetto a quello occidentale: John Kloppenborg per esempio evidenzia come in Oriente le diverse associazioni proliferarono durante l’ellenismo e raggiunsero la loro massima diffusione durante la dominazione romana8, fatto che è stato interpretato da parte di alcuni studiosi come esito del decadimento dei valori della polis di età classica.Una tesi di Ferguson per esempio sosteneva che nella società ellenistica, in seguito allo sviluppo di un sentimento ‘individualista’, le associazioni private si sarebbero sostituite alla polis nel compito di fornire ai cittadini il senso di appartenenza ad una comunità, motivo per cui esse avrebbero assunto degli atteggiamenti di contrasto nei confronti della nuova realtà politica9. Philip Harland ha invece dimostrato come in realtà le istituzioni e i valori cittadini del mondo greco continuarono ad esistere anche durante l’ellenismo e la dominazione romana, e che le diverse associazioni parteciparono attivamente alla vita civica delle proprie comunità10. Il proposito di questo lavoro è quindi quello di approfondire un aspetto particolare della vita di questi gruppi che tra il I e il III sec. d.C. costituirono una delle componenti sociali più importanti dell’impero: quello conviviale. Questo argomento infatti, pur essendo conosciuto in ambito accademico, non è mai stato oggetto di una trattazione monografica, in quanto spesso considerato solamente come una delle molteplici attività comunitarie svolte da questi gruppi, come si può cogliere nella pioneristica opera di Jean Pierre Waltzing: Etude

Historique sur les corporations professionelles: qui essa è infatti inserita all’interno

dell’ambito religioso o è trattata come parte di quella che è stata definita ‘vita familiare’, cioè i momenti di svago dalla vita quotidiana trascorsi a fine giornata11. Questo approccio non è cambiato nemmeno in seguito all’affermarsi del prolifico filone di ricerca che ha proseguito gli studi su queste associazioni: i diversi autori si sono infatti spesso limitati ad approfondirne il rapporto con lo Stato romano e gli aspetti organizzativi e legali, concentrandosi peraltro solamente sulle evidenze provenienti dall’Italia e dalle province occidentali12.

Il primo a dedicare la propria ricerca ad un contesto diverso da quello tradizionalmente affrontato è stato Onno Van Nijf nel suo The civic world of professional associations in the

7 Harland 2013, pag. 141-151. 8 Kloppenborg 2002, pag. 17. 9 Harland 2013, pag. 72-73. 10 Ibidem, pag. 78-90.

11 Waltzing 1895, pag. 195-255; 256-300; 322-332. Perry 2011, pag. 499.

12 «I collegia sono stati studiati ampiamente… ma sempre nelle loro strutture, nel loro funzionamento, nei loro rapporti

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Roman East, il quale ha focalizzato l’attenzione della propria ricerca sul fenomeno associativo

nelle province orientali dell’impero, in cui dominava l’influenza culturale greca ed ellenistica. Egli è stato inoltre il primo ad affrontare la questione della convivialità associativa in un apposito capitolo dedicato a questo argomento, ma occupandosi soprattutto della partecipazione di varie tipologie di gruppi alla convivialità pubblica.

Questo tema è stato invece affrontato in maniera più estesa ed approfondita da studiosi del Primo Cristianesimo, in particolare da John Donhaue, Richard Ascough e Philip Harland: questi infatti per cercare di comprendere meglio l’organizzazione e l’ideologia delle prime comunità cristiane hanno compiuto dei confronti con le coeve associazioni greco-romane, compresi i modi in cui queste due diverse realtà concepivano il consumo di pasti all’interno dei rispettivi gruppi. Nel corso dei loro studi questi autori hanno quindi approfondito l’importanza ricoperta dalla convivialità nel mondo greco-romano in generale e nelle diverse associazioni in particolare, cercando peraltro in alcuni casi di classificarne le diverse tipologie applicando le categorie sviluppate dal sociologo francese Claude Grignon sulla commensalità nella Francia contemporanea13. È stato quindi in particolare da questi lavori che la seguente ricerca ha tratto le sue origini e da cui si sono sviluppate le principali chiavi di lettura per affrontare questo complesso argomento.

Tutti gli autori si sono tuttavia basati soprattutto sulle fonti scritte, in particolare quelle epigrafiche, per sviluppare le proprie considerazioni, limitandosi a menzionare contesti archeologici in maniera poco approfonditi. Alcuni di essi tuttavia, in particolare Ascough, hanno evidenziato come anche lo studio delle sedi di questi gruppi, chiamate generalmente

scholae/oikoi, potesse contribuire alla comprensione del modo in cui la convivialità era

vissuta da questi gruppi14. Si è deciso quindi di seguire in parte l’approccio tradizionale attraverso la presentazione di una serie di testi epigrafici provenienti da tutto l’impero, sia in latino che in greco, in cui vi siano riferimenti espliciti o indiziari sulle attività conviviali svolte da questi gruppi; la successiva parte dell’analisi sarà sviluppata invece trattando gli scavi archeologici condotti presso alcuni edifici identificati come scholae nei quali attraverso diversi approcci sono stati riconosciuti degli utilizzi conviviali. Una volta presentati i vari casi si cercherà quindi di fare un confronto tra le informazioni ricavate dalle due diverse tipologie di fonti, in modo tale da fornire un quadro il più ampio possibile su questo argomento.

13 I quali fanno riferimento al testo: C. Grignon, Commensality and Social Morphology: An Essay of Typology, in Food,

Drink, and Identity: Cooking, Eating, and Drinking in Europe since the Middle Ages, Oxford, 2001, pag. 23–33. Vedi Donahue 2003, pag. 423-441; Ascough 2008, pag. 33-45.

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Nelle varie fonti scritte sono impiegati numerosi termini per indicare diversi tipi di associazione, come collegium/sodalitas in ambito latino e una grande varietà di altri nomi per quello greco, tra cui thiasoi, koina, orgeones, eranoi, sunetheia, doumos, speira, kollegion15 ecc. Questi tuttavia rappresentano solo in minima parte la quantità di appellativi che i diversi gruppi si attribuivano, portando quindi diversi autori ad utilizzare delle formule generali che hanno dimostrato di presentare alcuni limiti: degli esempi lampanti sono rappresentati dai sopracitati lavori del Waltzing e del Van Nijf, i quali pur facendo nei rispettivi titoli espliciti riferimenti alle sole associazioni professionali trattano anche tipologie non strettamente riconducibili a questo ambito, come quelle fondate sull’aspetto religioso o sociale.

Per ovviare a questo problema alcuni studiosi hanno quindi optato per parlare di collegia in generale per indicare «le varie forme assunte dalla sociabilità privata nelle città greco-romane»16, i quali furono in un primo tempo suddivisi dal Waltzing in professionali, religiosi e funerari in base agli scopi di formazione17: i primi sarebbero stati costituiti sulla base della comune attività lavorativa svolta dai propri membri, mentre i secondi ruotavano intorno ad uno stesso culto. L’ultima categoria invece, costituita da quelli che sono stati definiti dagli studiosi collegia funeraticia, sarebbe stata composta dagli strati più poveri della società , definiti tenui dal giurista Elio Marciano, allo scopo di garantire ai propri associati una sepoltura dignitosa18, motivo per cui in ambito accademico si è ritenuto che questo tipo di associazione fosse quella maggiormente diffusa19. Questa lettura traeva tuttavia origine da una teoria del Mommsen che diversi autori hanno messo in discussione, tra i quali John Kloppenborg, sottolineando come non vi siano prove convincenti che dimostrino la loro essenza puramente funeraria, il quale ha quindi proposto di classificare questi gruppi eliminando il concetto di collegium funeraticium ed introducendo la categoria dei collegia

domestica, cioè dei gruppi che sarebbero state costituite dagli schiavi e dai liberti appartenenti

alla medesima famiglia20.

15 Kloppenborg 2002, pag. 17; Nigdelis 2010, pag. 14. 16 Cit. Van Nijf 1997, pag. 9.

17 Waltzing, pag. 161-256.

18 Dig. 47.22.1 praef. -1.1; vedi Bendlin 2011, pag. 223. 19 Harland 2013, pag. 23.

20 Kloppenborg 2002, pag. 20-23. Tuttavia, come Philip Harland ha evidenziato, queste suddivisioni coprono solo una

parte delle possibili attestazioni, proponendo quindi di integrarle con altri due tipi di associazioni, quelle costituite su base etnica e quelle cosiddette di ‘vicinato’. L’autore ha proposto inoltre di ampliare il concetto di associazione domestica, evidenziando come in esse non fossero compresi solo i membri di natura servile o libertina, ma anche quelli liberi Harland 2013, pag. 24-26.È tuttavia importante sottolineare che sono stati sollevati dei dubbi, in particolare da Andreas Bendlin, sull’utilità della ricerca di una classificazione in grado di comprendere tutte le varie tipologie di associazione del mondo romano, in quanto possono essere molteplici gli scopi che stanno alla base della formazione di un’associazione, i quali molto spesso coesistono senza necessariamente escludersi a vicenda. Bendlin 2011, pag. 217-218.

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Tuttavia anche l’utilizzo del termine collegium in senso generico si è rivelato problematico: in un articolo del Kloppenborg per esempio indica sia i più importanti sacerdozi pubblici, come il collegium pontificum, gli Augures, i XV viri sacris faciundis, i VII viri epulones, i

Fetiales, i Fratres Arvales e gli Augustales, sia le associazioni private, intese come prive di

funzioni pubbliche e non ufficialmente istituite dal Senato o dall’imperatore, assumendo quindi con un valore eccessivamente ampio, mentre nel caso del Van Nijf, pur chiarendo l’accezione che ha voluto assegnare, in ogni caso mal si adatta ad indicare anche le associazioni presenti nell’area grecofona dell’impero. Alcuni autori hanno allora proposto di utilizzare il concetto di ‘associazioni volontarie’21, ma anche in questo caso ha assunto dei valori contraddittori: Richard Ascough per esempio ha proposto di suddividere tutte le associazioni in ‘volontarie’ e ‘involontarie’, indicando con il primo termine quelle «formate da persone che decidono liberamente e deliberatamente di formare e che allo stesso modo scelgono di abbandonare», mentre con il secondo quelle basate sulla nascita o da qualche forma di costrizione, citando come esempi i demi e le fratrie di Atene o un esercito di coscritti, ma nel prosieguo della sua discussione l’autore torna a parlare di ‘associazioni volontarie’ riferendosi solamente alle associazioni private22. Risulta quindi evidente che parlare di associazioni volontarie limitatamente alle sole associazioni private può essere fuorviante, in quanto anche per le associazioni pubbliche l’adesione era libera23.

Nella letteratura di settore si sono dunque sviluppate delle nomenclature contraddittorie e discutibili, motivo per cui si è scelto di non utilizzare nessuna di queste denominazioni ma di limitarsi a chiamarle semplicemente associazioni greco-romane, scelta peraltro condivisa anche da Philip Harland.

21 Kloppenborg 2002, pag. 16-17.

22 «Associations can be divided into two basic categories: involuntary and voluntary. Involuntary associations have a

membership based on birth or compulsion.This was generally the case with the demes and phratries of ancient Athens. It is also true of a conscripted army. Voluntary associations, however, areformed by persons who freely and deliberately choose to join and who can likewise choose to resign. Examples would be a guild of actors or a gathering of Isis worshipers (…) This chapter will focus on three types of associations in the Greco-Roman world: (1) philosophical associations, which are sometimes called philosophical schools; (2) public religious associations, which are often called “mystery religions”; and (3) private religious and professional associations, which are usually referred to more generically as “voluntary” associations». Cit. Ascough 2002, pag.2-3.

23 «Définir les collèges romains comme des associations volontaires est d’usage courant. Le titre choisi par les auteurs

d’un ouvrage récent en est révélateur. L’association, dans le sens strict établi par les sociologues, est volontaire par nature». Cit. Tran 2006, pag. 4.

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I

L FONTI EPIGRAFICHE

Diverse associazioni hanno lasciato tracce della loro esistenza in una notevole quantità di materiale epigrafico, sia in latino che in greco. In questo contesto sono stati tuttavia selezionati solamente quei testi in cui vi siano espliciti o probabili riferimenti ad attività conviviali svolte da questi gruppi, i quali sono stati suddivisi in tre grandi categorie in base alla loro area di provenienza: Italia, Province Occidentali e Africa e Province Orientali.

Come punto di partenza della ricerca si sono utilizzati alcuni casi menzionati nei vari studi, dai quali si sono poi ricavate le parole chiave da inserire nei database epigrafici on-line EPIGRAPHIC DATABASE CLAUSS/SALBY (EDCS) ed EPIGRAPHIC DATABASE ROMA (EDR) per i testi latini, mentre per quelli greci si è utilizzato quello sviluppato dalla

Packard Humanities Institute (PHI). Sono state utilizzate parole riferibili ad eventi conviviali

o a derrate alimentari (es. epulum; vinum; δειπνον; οινον), ad edifici o stanze riferibili ad una qualche associazione (es. schola; triclinium; οικον; τοπος) e titoli (es. collegium; συνεδριον; συνοδος) per cercare ulteriori evidenze.

Le varie attestazioni sono state quindi ricercate all’interno dei più importanti corpora epigrafici, tra cui il Corpus Inscriptionum Latinarum (CIL), l’Inscriptiones Graecae (IG), il

Supplementum Epigraphicum Graecum (SEG) e l’Année Epigraphique (AE), per ottenere

bibliografia e informazioni aggiuntive su di esse.

È stato inoltre utilizzato il database on-line Associations in the Graeco Roman World: a

Companion to the Sourcebook (AGRW) sviluppato da Richard S. Ascough, John S.

Kloppenborg e Philip A. Harland nel quale sono state raccolte diverse fonti archeologiche, epigrafiche e papirologiche (con le rispettive traduzioni) inerenti le varie associazioni del mondo greco-romano.

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I.1 ITALIA

Dall’Italia provengono diverse epigrafi che sono in grado di fornire molte informazioni sui banchetti a cui le diverse associazioni private prendevano parte: il primo caso con cui si è scelto di iniziare la trattazione riguarda un collegium cultorum Dianae et Antinoi24 (App. Ep. 1) presente a Lanuvio verso la fine dell’età adrianea. Il nome assunto da questa associazione suggerisce che la sua natura principale fosse quella religiosa, della quale è giunto fino a noi il regolamento: nella prima parte dell’epigrafe sono indicati il tempio e il tetrastilo di Antinoo, nei quali si sono svolti diversi eventi, il primo dei quali consiste in una donazione di denaro fatta al collegium da un tale Lucio Cesennio Rufo, il quale ricopriva per la terza volta la carica di dictator ed era nello stesso tempo patrono della città, mentre nel secondo fu ratificata la lex

collegii, con la quale viene sancita la nascita dell’associazione stessa (col. I; rr. 1-9).

Alcune righe dopo ci si rivolge direttamente a chi ha intenzione di iscriversi invitandolo a leggere attentamente lo statuto dell’associazione (col. I; rr. 17-19), dal quale si possono cogliere numerosi riferimenti, sia impliciti che espliciti, alle pratiche conviviali svolte dal gruppo: un primo punto di estremo interesse riguarda la tassa d’iscrizione, fissata all’unanimità a cento sesterzi e a ‘un’anfora di buon vino’, mentre la quota mensile è di cinque assi (quisquis in hoc collegium intrare voluerit, dabit kapitularì nomine sestertium C nummum

et vini boni amphoram; item in menses singulos asses V) (col. I; rr. 20-21); è interessante

notare come l’ingresso nell’associazione sia vincolata anche all’offerta di vino, specificando peraltro che dovesse essere di buona qualità, suggerendo quindi che i banchetti costituissero un aspetto importante per l’associazione, e che il nuovo iscritto vi dovesse contribuire per farne veramente parte. Questa formula ripetuta in un’altra sezione dell’epigrafe, in cui si prescrive che anche quando uno schiavo viene liberato dall’associazione (servus ex hoc

collegio liber factus fuerit) questi avrebbe dovuto consegnare un’anfora di buon vino (col. II;

rr. 7), il che ci porterebbe ad ipotizzare infatti che questo evento fosse considerato dall’associazione un’occasione festiva, a cui il festeggiato stesso era tenuto a contribuire. Inoltre nella riga successiva (col. II; rr. 8-9) si legge che se la persona annualmente incaricata di occuparsi delle cenae associative non avesse adempiuto ai propri doveri avrebbe dovuto versare nella cassa comune trenta sesterzi (quisquis magister suo anno erit ex ordine albi

ad cenam faciendam, et non observaveriṭ neque fecerit, is arcae inferet sestertium XXX nummum); questo passo è particolarmente interessante perché innanzitutto attesta l’esistenza

di una magistratura associativa specificamente concepita per l’organizzazione dei banchetti

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del gruppo, la quale era peraltro ricoperta a turno dagli iscritti, suggerendo quindi che era considerata un onere che tutti gli associati erano tenuti a sostenere.

Altrettanto interessante è il fatto che nel testo si faccia riferimento a cenae, poiché questo termine è spesso menzionato in occasione di eventi pubblici ed è stato interpretato da diversi studiosi come un pasto formale estremamente esclusivo e prestigioso,25 mentre in questo caso è impiegato per indicare i banchetti organizzati dall’associazione stessa, dunque in un contesto privato, il che ci porterebbe ad ipotizzare che la scelta di questo termine sia da ricondurre alla volontà di conferire a questi eventi un tono ufficiale.

Questa interpretazione sarebbe supportata anche dal passo successivo, in cui si fa riferimento ad un ordo cenarum costituito da sei date: per prime sono indicate il 27 novembre, compleanno di Antinoo, e il 13 agosto, ovvero il compleanno di Diana e la data di fondazione del collegium; seguono quindi il 20 agosto e il 14 dicembre, che invece sono i compleanni di Cesennio Silvano, il già citato patrono del municipium di Lanuvio e benefattore dell’associazione, e di suo fratello; anche il compleanno della madre di questi personaggi sarebbe stato celebrato, ma non è sopravvissuta la data nella sua interezza (col. II; rr. 11-13). Si può notare come in queste occasioni siano celebrate la propria data di fondazione, i compleanni delle proprie divinità di culto, del benefattore e dei membri della sua famiglia, i quali sarebbero stati quindi degli eventi festivi estremamente importanti per l’associazione stessa.

Nella sezione successiva sono indicati quali erano gli obblighi dei magistri cenarum: questi erano tenuti a garantire la presenza di un’anfora di vino, pane per il valore di due assi, quattro sardine, la preparazione dei letti triclinari, l’acqua calda e il servizio (strationem, caldam cum

ministerio)26, interpretabili come porzioni individuali per i partecipanti ai banchetti (col. II; rr. 14-16).

È inoltre attestata l’esistenza di privilegi diversi a seconda del tipo di incarico ricoperto nell’associazione, poiché nelle righe seguenti si stabilisce che il quinquennalis, cioè il presidente dell’associazione27, aveva diritto a ricevere due porzioni ‘di ogni distribuzione’, mentre lo scriba, che ricopriva probabilmente la funzione di segretario del gruppo, e il

25 Generalmente offerte a decuriones, Seviri e Augustales. Van Nijf 1997, pag. 154; Donahue 2003, pag. 423; Bendlin

2011, pag. 269.

26 In Flambard 1987, pag. 233 è stato proposto di interpretare strationem come ‘condimento (molto probabilmente

legumi)’; Bendlin invece rifiuta questa interpretazione in favore della derivazione del sostantivo da sternere, che indica l’azione di «‘distendere’ una tovaglia o cuscini su un letto, o più generalmente di ‘preparare’ il letto per una cena (cena) o per un banchetto pubblico (epulum)», vedi Bendlin 2011, pag. 214-215, nota 13. La porzione individuale di acqua calda era funzionale alla mescita del vino, ibidem, pag. 215 nota 14. L’utilizzo dell’acqua calda per la mescita del vino è considerata una peculiarità della cultura romana. Dunbabin 2003, pag. 22. Il ministerium invece indica tutto ciò che ruota intorno al servizio di accompagnamento al pasto, dalla servitù alle stoviglie. Friggeri-Cianetti 2014, pag. 127.

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messaggero (viator) una e mezza (quisquis quinquennalis in hoc collegio factus fuerit, is á

sigillìs eius temporiṣ, quo quinquennalis erit, immunis esse debebit, et eì ex omnibus dìvìsionibus partes dupḷas darì. Item sc ̣rìbae et viatorì á sigillìs vacantibus partes ex omnì divisione sesquiplas dari placuit) (col. II; rr. 16-20). Il fatto che si parli di ogni distribuzione

ci portano ad ipotizzare che si tratti di un riferimento alle porzioni di cibo dei banchetti, non essendo menzionate sportulae di denaro da dividere tra gli associati.

Di seguito sono quindi indicate una serie di norme volte a garantire un sereno svolgimento delle attività conviviali del gruppo: si stabilisce per esempio che ‘se qualcuno volesse domandare o riferire qualcosa, lo riporti in occasione delle assemblee, affinché nei giorni solenni possiamo banchettare tranquilli e allegri’ (Si quis quid queri aut referre volet, in

conventu referat, ut quieti et hilares diebus sollemnibus epulemur) (col. II; rr. 23-24), mentre

sono puniti con pene pecuniarie chi causa litigi sottraendo il posto ad un altro convitato o offendendo altri membri (col. II; rr. 25-28). Queste norme di comportamento sono estremamente interessanti, in quanto trasmettono la volontà di godere dei piaceri del banchettare insieme senza essere disturbati da comportamenti incresciosi.

Nella sezione conclusiva dell’epigrafe infine si stabilisce che il quinquennalis nei giorni solenni (diebus sollemnibus) è tenuto a svolgere i propri incarichi vestito di bianco (albatus) e a fornire vino e incenso, il che potrebbe essere un riferimento a tutte le date precedentemente indicate, ma subito dopo si aggiunge che in occasione dei compleanni di Antinoo e Diana egli avrebbe dovuto fornire al collegio olio da utilizzare nei bagni pubblici ‘prima che si banchetti’ (antequam epulentur) (col. II; rr. 29-32), suggerendo quindi che queste due ultime ricorrenze erano considerate diverse rispetto alle altre.

Un altro punto di interesse è l’utilizzo del termine epulum: questo è stato infatti interpretato dagli studiosi come un banchetto pubblico analogo alla cena, ma meno prestigioso e più socialmente inclusivo rispetto ad essa28, mentre anche in questo caso sembra essere impiegato con il significato generico di ‘banchettare’ e sempre in riferimento ai pasti privati dell’associazione.

A questo punto sorge spontanea una domanda: dove si svolgevano questi eventi conviviali? Secondo Andreas Bendlin è molto probabile che essi avvenissero nel tempio o nel tetrastilo dedicati ad Antinoo, ma non è chiaro se questi edifici appartenessero effettivamente al

collegium o se fossero degli edifici pubblici. Egli è propenso a ritenere più plausibile la

seconda opzione, in quanto la presenza del patrono della città nel testo dell’epigrafe suggerisce che essa fosse esposta in un luogo di proprietà del municipium; inoltre è stato

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sottolineato che i tetrastili, cioè delle strutture quadrate costituite da quattro colonne che possono sostenere o meno una copertura, sono spesso realizzati in luoghi pubblici o sacri29. Questi banchetti avrebbero quindi assunto una connotazione semi-pubblica, in quanto essi, pur svolgendosi in spazi pubblici, erano riservati ai soli membri dell’associazione; in questo modo essi diventavano quindi visibili a tutta la comunità, e ciò rispondeva da una parte alla volontà dell’associazione di ostentare la propria condizione privilegiata, ma allo stesso tempo ne giovava Cesennio Rufo, il quale era periodicamente festeggiato insieme alla sua famiglia30. Un altro caso particolarmente interessante è quello del collegium Aesculapi et Hygiae di Roma (App. Ep. 2), il quale presenta alcune particolarità rispetto a quello precedente. Innanzitutto l’esatta natura di questa associazione non è chiara, in quanto l’esplicito riferimento a delle divinità suggerirebbe infatti che si tratti di un’associazione religiosa31, ma La Piana l’ha considerata un’associazione professionale formata da medici, vista la connessione con le divinità della medicina e della salute32.Inoltre il testo, pur essendo espressamente chiamato

lex collegii, è stato definito in modo più calzante da Jean-Marc Flambart «(…) un décret circostanciel voté pour régler l’emploi de des donations (…)»33, dunque sembrerebbe più affine ad un atto notarile che ad un regolamento associativo. Per prima cosa è infatti indicata la donazione da parte di una tale Flavia Marcellina, matrona dell’associazione, di un terreno posto tra il primo e il secondo miglio dalla città lungo la via Appia, nel quale è interessante notare sorgevano un tempietto cum pergula, una statua di Esculapio e uno spazio coperto, definito solarium tectum, nel quale l’associazione era solita banchettare (rr. 1-5).

È poi indicata una sostanziosa donazione in denaro che sarebbe dovuta essere divisa secondo modalità dettagliatamente descritte nelle righe successive tra i membri del collegio stesso, i quali tuttavia non potevano essere più di sessanta persone (rr. 6-13). Il 19 settembre per esempio, corrispondente al compleanno di Antonino Pio, presso il tempio del Divo Tito sul Palatino34 erano distribuite solamente sportulae di denaro, le quali cambiavano a seconda della carica ricoperta all’interno dell’associazione: a un tale Caio Ofilio Hermes, ‘presidente

29 Bendlin 2011, pag. 274-276. 30 Ibidem, pag. 277.

31 Cf. CIL III, 974, 985; CIL IX, 5823.

32 La Piana 1927, pag. 268-269. Cf. CIL V, 6790 per un’associazione di medici devota alle due divinità a Torino. Poteva

capitare infatti che delle associazioni professionali scegliessero come propria divinità patrona quella che consideravano più affine alle proprie attività lavorative, tanto da spingere il Waltzing ad ipotizzare il tipo di professione svolta dai membri dei diversi gruppi sulla base dei culti praticati; i mercanti si sarebbero per esempio posti sotto la tutela di Mercurio, gli armatori, i battellieri, mentre i pescatori sotto quella di Nettuno. Minerva sarebbe stata invece la patrona di coloro i quali si occupavano di arte, scienza e di attività produttive Vedi Waltzing 1895, pag. 198 e ss.

33 Cit. Flambard 1987, pag. 237. 34 La Piana 1927, pag. 269.

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a vita’ dell’associazione (quinquennalis perpetuus)35, alla già citata Flavia Marcellina e ad Elio Zenone, patrono dell’associazione, spettavano infatti tre denari; agli immunes e ai

curatores ne spettavano invece due, mentre ai semplici iscritti, chiamati genericamente populus, ne spettava uno (rr. 14-18). A partire dal 4 novembre invece, corrispondente

all’anniversario della fondazione del collegio, tutte le distribuzioni avvenivano presso la sede associativa (in scholam nostram), che chiaramente corrisponde al complesso di edifici precedentemente indicato, e comprendono sia denaro che cibo. In questo caso tuttavia le differenze gerarchiche del collegium sono marcate in modo differente: infatti alle autorità superiori spettavano sei denari, pane per un valore di tre assi e nove sextarii36 di vino, mentre agli immunes e ai curatores quattro denari, sei sextarii di vino e pane per un valore di tre assi; infine il populus ha diritto solamente a tre sextarii di vino (rr. 19-24). Invece in un’altra distribuzione prevista per il 4 gennaio le quote riprendevano quelle stabilite per il compleanno di Antonino Pio, ma è probabile che si riferiscano unicamente alle sportulae di denaro, non essendo menzionate distribuzioni di cibo per questa occasione (rr. 24-25).

Anche le successive donazioni consistevano in distribuzioni di denaro, pane e vino, ripartite tuttavia con il medesimo schema previsto per il 4 novembre: queste furono fissate al 23 febbraio, il cui significato resta sconosciuto, al 22 marzo e all’11 maggio, corrispondenti al

dies violaris e al dies rosae, entrambe festività in onore dei morti. Il 14 marzo era invece

prevista una cena che Caio Ofilio Hermeta si impegnò ad offrire annualmente, la quale poteva essere eventualmente sostituita da una distribuzione di denaro (rr. 27-31).

Questa lista è quindi conclusa con una clausola che imponeva la ripartizione tra i presenti delle parti di coloro che non avrebbero partecipato ai banchetti, con l’eccezione di quelli che si trovano in mare o impediti da infortuni permanenti (ea condicione qua in conventu placuit

universis ut diebus supra scriptis ii qui ad epulandum non convenissent sportulae et pane et vinu eorum venirent et praesentibus divideretur excepto eorum qui trans mare erunt vel qui perpetua valetudine detinetur) (rr. 31-34). Quest’ultima sezione è particolarmente importante

in quanto dimostra che le diverse quantità di cibo menzionate nelle distribuzioni costituivano delle porzioni consumate durante dei banchetti. Nell’ultima parte dell’epigrafe infine si indicano la donazione di un altro personaggio e le ultime indicazioni per il collegio, le quali non sono tuttavia direttamente riconducibili ad attività conviviali (rr. 34-46).

Possiamo notare quindi come anche in questo caso siano indicati sette eventi annuali corrispondenti alle ricorrenze importanti, o dies supremi, dell’associazione, uno dei quali si

35 Il titolo indicava molto probabilmente un titolo onorifico conferito ad ex-magistrati dell’associazione. Royden 1988,

pag. 15.

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svolgeva presso un edificio pubblico, che non a caso che corrispondeva al compleanno dell’imperatore, poiché costituiva un modo sia per i patroni che per l’associazione stessa di manifestare pubblicamente la propria fedeltà. Le distribuzioni di denaro che vi si svolgevano giovavano inoltre da una parte all’immagine pubblica dei patroni, che attraverso le loro donazioni avevano modo di ostentare la propria ricchezza, dall’altra all’associazione stessa, in quanto vedeva riconosciuta pubblicamente la propria esistenza.

Le restanti festività erano celebrate invece presso la sede associativa, che come è stato precedentemente indicato era costituito da un edificio sacro ed uno appositamente concepito per ospitare degli eventi conviviali; per queste occasioni erano quindi previste sia delle distribuzioni di denaro che di cibo, ed è possibile ipotizzare che le porzioni indicate fossero consumate in occasione di banchetti volti alla commemorazione, come è stato precedentemente illustrato, dell’anniversario della fondazione dell’associazione dei defunti degli associati. Dunque eventi si trattava di eventi strettamente connessi con l’associazione stessa che si svolgevano in un complesso privato, ma occorre tenere in considerazione anche del tipo di edificio in cui avevano luogo: infatti il solarium tectum menzionato consisteva in un edificio aperto analogo al tetrastilo di Lanuvio, il quale si trovava peraltro lungo una strada estremamente trafficata quale poteva essere la via Appia. È quindi plausibile che anche in questo caso si venisse a creare una situazione di semi-pubblicità analoga a quella attuata dai

cultores Dianae et Antinoi, in cui i banchetti dell’associazione erano facilmente visibili anche

alle persone estranee.

Un chiaro esempio di associazione professionale è invece rappresentato dai mercanti di avorio e cedro (negotiatores eborarii et citrarii) di Roma (App. Ep. 3)che anche in questo caso redasse uno statuto più simile ad un contratto in cui sono indicati gli obblighi dei contraenti, piuttosto che un vero e proprio regolamento, poiché è sempre il benefattore, in questo caso un tale Iulius Aelianus, a stabilire le norme a cui il collegio è tenuto ad attenersi. Si legge innanzitutto che questi diede all’associazione il diritto di istituire la propria sede (ius scholae) nel tetrastylum Augusti, che sulla base del luogo di rinvenimento dell’epigrafe è stato collocato nell’area di Trastevere, la regio più popolosa della città, in cui si concentravano inoltre numerose attività artigianali37.

Successivamente si stabilì che se i curatores avessero consentito a qualcuno che non fosse un mercante di avorio e cedro di iscriversi fraudolentemente all’associazione, essi sarebbero dovuti essere banditi dal collegio stesso (rr. 1-6), il che mostra chiaramente che questo gruppo era estremamente esclusivo. Anche in questo caso sono indicati i dies supremi

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dell’associazione: per il primo gennaio per esempio si stabilisce che i quattro curatores avrebbero dovuto procurare alloro, datteri, fichi secchi e pere per un valore di cinque denari tratti dalla cassa comune (rr. 6-9), mentre per il 25 gennaio, compleanno di Adriano, questi avrebbero dovuto fornire ‘a quelli che avrebbero banchettato nel tetrastilo’ pane, vino e acqua calda in abbondanza (a curatoribus praestari placuit panem et vinum et caldam passive iis

qui ad tetrastylum fuerint), così come per i compleanni del benefattore e del figlio, le cui date

non sono tuttavia indicate. Per l’anniversario dell’ascesa al trono di Adriano invece, l’11 agosto, è prevista una cena recta38.

Si può notare come in questo caso i banchetti fossero organizzati solamente in occasione di date direttamente connesse al benefattore o all’imperatore, mentre non ci sono riferimenti a celebrazioni di ricorrenze importanti per il collegium stesso, presenti invece nei precedenti regolamenti. È quindi possibile che i negotiatores, d’accordo con il proprio benefattore, abbiano scelto di evidenziare da una parte la propria fedeltà all’imperatore e dall’altra di celebrare il benefattore stesso per la propria generosità attraverso l’organizzazione di eventi conviviali. È inoltre importante sottolineare che anche in questo caso essi dovessero assumere una connotazione semi-pubblica, considerando la tipologia della struttura in cui si svolgevano e la sua posizione.

Evidenze di eventi conviviali si possono ricavare anche da altri tipi di testi epigrafici, i quali attestano un gran numero di situazioni diverse. Dei banchetti furono per esempio organizzati in occasione di inaugurazioni di monumenti o edifici, come a Segni, in Lazio, dove al

collegium dendrophororum cittadino furono offerte delle sportulae di denaro e un banchetto

(epulum) (App. Ep. 4) da Tito Iulio Euticheto, patrono e rettore dell’associazione, per l’inaugurazione di una statua in suo onore fatta realizzare dal collegio stesso (rr. 10-13). Si può constatare come, analogamente al collegium Aesculapi et Hygiae, il benefattore ricopra anche un ruolo di preminenza all’interno dell’associazione, suggerendo quindi che anch’egli ne facesse parte. In questo caso è inoltre importante sottolineare come non siano specificati il numero dei partecipanti, le eventuali porzioni individuali di cibo e il luogo in cui il banchetto si sarebbe svolto, il che impedisce quindi di comprenderne appieno l’entità. Il fatto che si tratti dell’inaugurazione di una statua suggerirebbe che possa essere avvenuto nei suoi pressi e che essa si collocasse nella proprietà dell’associazione, ma questo resta oggetto di speculazione.

38 Si tratterebbe generalmente di un evento pubblico offerto da imperatori e privati in cui erano offerti dei pasti completi

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In un’epigrafe di Pesaro (App. Ep. 5) invece si fa riferimento ad una generica donazione di pane, vino e denaro da parte dei patroni dell’associazione dei Cultores Iovis Latii per l’inaugurazione del collegio o del monumento su cui il documento doveva essere affisso (rr. 1-4)39, ma anche in questo caso non ci sono espliciti riferimenti agli spazi in cui è avvenuta la distribuzione. Rispetto a quello precedente tuttavia è presente l’album dell’associazione, il quale elenca almeno trentaquattro nomi, ma è importante sottolineare che è estremamente frammentario, il che significa che i membri dovevano essere di più. Inoltre è importante sottolineare che non sono presenti riferimenti espliciti ad attività conviviali, il che implica che potessero essere solamente delle razioni di cibo consegnate ai singoli iscritti ma che non fossero consumate in loco.

Da Ostia invece (App. Ep. 6) proviene un testo alquanto lacunoso dal quale è comunque possibile cogliere la menzione dell’offerta di un banchetto da parte di un membro di un collegio ai propri consociati in occasione di un’inaugurazione, ma la frammentarietà del testo impedisce di comprendere appieno i dettagli della donazione e la natura dell’associazione. Anche questo caso tuttavia si parla di un generico epulum senza che siano specificati luoghi e numero dei partecipanti, così come nel caso del collegium dendrophororum di Cuma40 (App. Ep. 7) un tale Lucius Ampius Stephanus, sacerdote della Mater Deum e quinquennalis del collegio stesso, offrì pane, vino e denaro senza specificarne la ripartizione in occasione di un’inaugurazione la cui natura non è tuttaviachiara41. Tuttavia l’epigrafe prosegue con una lista di ottantotto nomi senza che siano menzionati gli spazi in cui queste distribuzioni sono avvenute, ma il fatto che nel testo si specifichi che l’associazione sia stata fondata su autorizzazione di un senatus consultum e che si trovasse sotto la tutela dei quindecemviri

sacris faciundis suggerisce che esse si siano svolte in un luogo pubblico abbastanza ampio da

poter ospitare i vari partecipanti, ma quale esso fosse resta oscuro.

Un altro esempio, anche se frammentario, proviene da Ameria (App. Ep. 8), in Umbria, e consiste nella dedica di un monumento sconosciuto ad un personaggio cittadino molto importante, patrono dei seviri Augustali e prefetto dei collegi centonariorum,

39 Cresci Marrone-Mennella 1984, pag. 164-169.

40 L’identificazione della città di provenienza di questa epigrafe è stata oggetto di dibattito: il Van Haeperen infatti in un

primo tempo la attribuì Pozzuoli, ma questa ipotesi è stata poco dopo confutata da Camodeca. Vedi Van Haeperen 2010, pag. 259-266; Camodeca 2010, pag. 242-243.

41 Van Haeperen ipotizza che si tratti della dedica di una statuetta, basandosi su un suggerimento dell’Eck e sulla

considerazione che dedicatione huius non si possa concordare con dendrophori. Van Haeperen 2010, pag. 262, nota 28. Ciò tuttavia è difficilmente verificabile in quanto l’originale del testo non è sopravvissuto, impedendo di comprendere il tipo di monumento per cui era stato realizzato, vedi AE 2010, n. 281. Bisogna inoltre considerare che si parte del documento è costituita dall’album del collegio stesso, il che rende plausibile una sua esposizione presso un edificio associativo.

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scabillariorum42 e fabrum tignariorum, il quale offrì per la sua inaugurazione due banchetti (bis epula) e donò una somma tale da poter essere usata epulantibus in perpetuum in occasione del suo compleanno (rr. 9-12)43. Anche in questo caso non sono specificati né il luogo né il numero preciso dei beneficiari della donazione, ma considerando l’importanza ricoperta in ambito pubblico dalla personalità celebrata è probabile che all’inaugurazione stessa abbia partecipato un numero elevato di persone, ospitate probabilmente in un ampio spazio pubblico. Invece non si sa con precisione chi fosse tenuto a commemorarne in perpetuo la memoria, se solo le associazioni che lo coinvolgevano direttamente o l’intera comunità cittadina.

Ad Eboli invece (App. Ep. 9)44 è attestato il caso della dedica di una statua da parte del locale collegio dei dendrofori a Tito Flavio Silvano, personalità di spicco nel proprio municipium, il quale donò all’associazione stessa 8000 sesterzi affinché fossero utilizzati per organizzare dei banchetti (confrequentarentur) in occasione del suo compleanno (11 dicembre) (rr. 2-12)45. Nella seconda parte dell’epigrafe si legge inoltre che egli offrì un’elargizione pubblica in occasione dell’inaugurazione della statua stessa, ed è interessante notare che in questa occasione gli associati del collegium dendrophororum e del collegium fabrum ricevettero denaro e un banchetto (epulum), mentre alla plebe fu offerta la medesima quantità di denaro e una visceratio46, cioè una distribuzione gratuita di carne. Si può notare come siano delineate due circostanze estremamente diverse: da una parte i dendrofori sono incaricati di banchettare periodicamente in onore di questo personaggio, dall’altra è menzionato un evento pubblico in cui essi partecipano insieme all’intera comunità. Nel primo caso non è specificato il luogo in cui si sarebbero dovute svolgere queste celebrazioni, ma il fatto che sia coinvolta solamente questa associazione suggerirebbe di collocarle nella sua schola, ma non è certo se effettivamente possedesse uno spazio del genere. Nel secondo invece, poiché il monumento fu eretto su concessione dei decurioni (locus datus decreto decurionum), c’è la certezza che l’evento si sia svolto in uno spazio pubblico che doveva essere abbastanza ampio da ospitare l’intera comunità cittadina affinché ricevesse i donativi; inoltre doveva esserci abbastanza spazio per permettere di ospitare il banchetto a cui parteciparono dendrofori e fabri e la distribuzione di carne dei singoli plebei.

42 Lo scabillum era una calzatura dotata di un alto tacco che veniva usata per tenere il tempo musicale. Gli scabillarii

sarebbero quindi un’associazione di musicisti. Waltzing 1896, pag. 134.

43 Zuddas 2017, pag. 135.

44 Duncan-Jones 1974, pag. 179, n. 696.

45 AE 1981, n. 187; Aberson-Solin 1982, pag. 154. 46 Van Nijf 1997, pag. 155.

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Si può inoltre constatare come il tipo di pasto consumato sia utilizzato per marcare la differenza tra coloro che hanno ricevuto la donazione, e che queste associazioni cittadine fossero considerate diverse rispetto alla semplice plebe.

Un caso particolare è invece rappresentato da una base di statua proveniente da Aquileia47 (App. Ep. 10): qui si attesta che Lucio Domizio Epafrodito, decurione del collegium fabrum cittadino, finanziò per metà la realizzazione di una propria statua in argento comprensiva di base e di lancia, e che il 6 luglio diede (dedit) ai propri collegiati che erano in procinto di partire per mare pane, vino, nove prosciutti e altri cibi per un valore di otto sesterzi48. Queste potrebbero essere interpretate come derrate offerte in occasione di un banchetto, ma questa ipotesi non è supportata da altre evidenze, non essendo presente una terminologia direttamente riconducibile ad eventi conviviali. È quindi possibile che si tratti semplicemente di una distribuzione di derrate alimentari, probabilmente da interpretarsi come razioni da consumare in mare49. A prescindere dal significato attribuibile alla distribuzione, è possibile constatare come sia riservato solamente ad un gruppo estremamente ristretto di associati, costituito da un numero compreso tra le nove e le venti persone, se si considera il numero di prosciutti offerto. Sappiamo inoltre che questa associazione era costituita da almeno 25 decurie, ma non siamo a conoscenza della loro entità numerica né di quella dell’intero collegium50.

Diverse fonti attestano infatti che alcune associazioni erano suddivise al proprio interno in centurie o decurie, al cui vertice erano posti un centurione o un decurione51, ma che la loro entità variava a seconda dalle modalità di ripartizione decise dell’associazione stessa: per esempio sappiamo che il collegium fabrum et centonariorum di Milano era composto da 1200 membri suddivisi in dodici centurie, ognuna delle quali aveva al proprio interno dieci decurie52, mentre il collegium farbum tignariorum53 di Roma era suddiviso in sessanta decurie per un totale di 1500 associati, delle quali l’undicesima era formata da ventidue individui54,

47 Zaccaria 1995, pag. 291-307.

48 La Liu ha ipotizzato che i membri dell’associazione che sarebbero partiti per mare lo avrebbero fatto per affari; vedi

Liu 2009, pag. 153. Ciò suggerirebbe che l’associazione fosse formata da mercanti, ma se così fosse è più probabile che sarebbe stato utilizzato un termine diverso rispetto a fabri, per esempio mercatores o negotiatiores. Si potrebbe quindi ipotizzare che in questo caso si tratti di fabri navales, e che la partenza di alcuni di questi membri fosse legato a dei servizi da svolgersi a bordo delle navi. Infatti il ritrovamento in diversi relitti di età romana di numerosi attrezzi da carpenteria suggeriscono che operazioni di riparazione e manutenzione potessero essere svolte a bordo delle navi anche durante la navigazione. Vedi Beltrame 2012, pag. 149 e ss.

49 Zaccaria 1995, pag. 295. 50 Ibidem, pag. 296, nota 17. 51 Waltzing 1895, pag. 357-361.

52 CIL V, 5612; 5701; 5738; 5869; 5888. Ibidem, pag. 351, nota 2; pag. 358, nota 6.

53 La definizione dei fabri tignarii è attestata in Dig. 50, 16, 235, in cui si scrive: “Fabros tignarios dicimus non eos

dumtaxat, qui tigna dolarent, sed omnes qui aedificarent”. In Salamito 1990, pag. 164, nota 3. Essi sarebbero stati quindi sia carpentieri che costruttori edili. Liu 2009, pag. 9.

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ma per il caso di Aquileia è difficile immaginare che provenissero tutti dalla medesima decuria.

Diverse associazioni sono inoltre indicate come beneficiarie di fondazioni di diversa natura, in cui un benefattore offre una somma di denaro affinché esse ne celebrino la memoria. Sono frequenti per esempio le fondazioni funerarie, come nel caso di Como55 (App. Ep. 11), in cui un tale Publius Appius Eutyches fece delle donazioni in denaro ad un collegium

centonariorum e ad una schola vexillariorum affinché questi le utilizzassero per onorare la

moglie defunta. Nella prima parte dell’epigrafe si legge che alcune di queste donazioni furono fatte ai dirigenti dei centonari (magistri) affinché fossero utilizzate nel giorno del compleanno della moglie per dividere tra i presenti e a discrezione degli ufficiali stessi sportuale di denaro,

oleum56 e vino per organizzare dei brindisi (propinationem) in suo onore57, mentre in occasione dei parentalia, festività in onore dei parenti defunti che aveva luogo tra il 13 e il 21 febbraio, si sarebbero dovuti organizzare dei lectisternia (rr. 6-13). Dunque non tutta l’associazione partecipava a queste celebrazioni, ma solamente i propri ufficiali, il che significa un numero abbastanza ristretto di invitati, pur non conoscendone l’esatta entità. Anche l’associazione dei vexillarii ricevette una somma di denaro da utilizzare per onorare la moglie di Eutichiano, ma in modalità differenti rispetto ai centonarii: infatti i lectisternia dovevano essere organizzati presso la statua della defunta in occasione del suo compleanno, mentre le distribuzioni di denaro, vino e olio erano previste per rosam, cioè in occasione del giorno delle rose, che come è stato precedentemente esposto cadeva l’11 maggio.

In questo caso inoltre sembra che, al contrario dei centonarii, tutta l’associazione abbia partecipato ai festeggiamenti (rr. 19-24). L’epigrafe si conclude indicando che la stele era esposta sulla proprietà del collegio dei centonarii, suggerendo quindi che anche le varie feste indicate nel testo si svolgessero in questo luogo, non essendone specificati altri (rr. 25). Dunque le celebrazioni in onore della defunta si tenevano in luoghi diversi ed erano officiate da gruppi di persone di diversa entità numerica, ma consistevano tutte in distribuzioni di denaro e di derrate alimentari, delle quali solamente una è direttamente riconducibile ad un evento conviviale. Più complessa è invece la questione riguardante i lectisternia, poiché il termine indicherebbe delle cerimonie religiose in cui le divinità erano raffigurate distese su

55 Duncan-Jones 1974, pag. 175, n. D668; Sartori 1994, pag. 51-52.

56 La traduzione di oleum può essere ambigua: Sartori infatti lo traduce come ‘cosmetici’, proposta plausibile in quanto

in ambito funerario era diffusa la prassi di donare oli profumati ai defunti, che venivano posti presso le tombe. Ibidem. Tuttavia il fatto che oleum sia abbinato a propinationem potrebbe suggerire che si tratti di una distribuzione di olio come condimento oppure come alimentazione per le lucerne, e che quindi anch’esso possa essere stato utilizzato nel contesto conviviale. Toynbee 1971, pag. 61-63.

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dei letti come se banchettassero e alle quali venivano fatte delle offerte di cibo58. Inoltre in numerosi passi di Livio (59 a.C.-17 d.C.) questi eventi sono riferiti spesso a contesti pubblici59, alcuni dei quali peraltro connessi con calamità naturali60, prodigia e

supplicationes61, mentre in questo caso si tratta di onoranze funebri private. Cosa comportavano dunque in questo caso particolare? Si potrebbe ipotizzare che lo stesso trattamento riservato alle immagini delle divinità fosse riservato anche ad un’immagine della defunta, ma questa considerazione porta a sua volta a chiedersi, chi banchettava in queste occasioni? Solo la defunta o anche gli incaricati di officiarne il culto? Livio a questo proposito non scrive chiaramente se a mangiare fossero le sole divinità o anche gli offerenti, ma in almeno due casi (Liv. 5, 13, 6-8; 22, 1, 19-20) i lectisternia offerti agli dei sono accompagnati da dei banchetti consumati dall’intera comunità, suggerendo quindi che non sempre fossero le sole divinità a mangiare.

Da Ravenna (App. Ep. 12) 62 proviene invece la dedica di un tale Lucius Fanius alla moglie

Aconia in cui si attesta una donazione fatta a beneficio del collegium fabrum cittadino. Alcuni

autori hanno proposto di interpretare questa associazione, sulla base dei riferimenti ai

Neptunalia e al tempio di Nettuno, come costituita da fabres navales, cioè da carpentieri

navali63.Associazioni di questo genere sono attestate in diverse città portuali, tra cui Ostia, Pisa e Arles, il che rende molto plausibile la presenza di un’associazione di carpentieri navali nella città sede di parte della flotta imperiale64. Si trattava dunque di un importante associazione all’interno del panorama municipale.

Nel documento si legge che gli interessi della somma offerta dovevano costituire le sportulae di denaro da distribuire tra i decurioni del collegio presso il tempio di Nettuno in occasione di almeno quattro festività religiose (rr. 2-5): tra di essevi sono i giorni sacri a Cerere (12 aprile) e a Quirino (17 febbraio), rispettivamente dea dell’agricoltura e nume tutelare della città di Roma, mentre più difficili da interpretare sono i giorni sacri ‘a Talasio’ e apud Eleusinam deo

Baccho. Nel primo caso si può ipotizzare che si tratti di un riferimento ai matrimoni degli

associati, visto che ‘Talasio’ indica le urla festose emesse in occasione delle nozze e per

58 «(…) cérémonie consistant en repas servis à une ou plousiurs divinités d’origine exotique, matériellement représentées

par des images ou symboles qui figuraient au banquet sur des lits de parade garnis de coussins (lecti pulvinaria). La même cérémonie, avec substitution de sièges (sellae) aux lits, s’appelle sellisternium». Cit. Daremberg-Saglio 1969, pag. 1006.

59 Liv. 36, 1, 1-2; 40, 59, 7-8; 42, 30, 8. 60 Liv. 5, 13, 4-8; 7, 2, 1-2; 7, 27, 1; 8, 25, 1. 61 Liv. 21, 62; 22, 1, 8-20; 22, 11, 8-10. 62 Duncan-Jones 1974, pag. 177, n. 678. 63 Waltzing 1895, pag. 234; Liu 2009, pag. 132.

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questo diventato sinonimo di “matrimonio”65. Nel secondo invece potrebbe trattarsi di un riferimento a una festività connessa ai misteri eleusini di Bacco, Demetra e Kore, i quali sarebbero stati istituiti dal benefattore in persona66. L’ipotesi è resa plausibile dagli altri riferimenti ad entrambe le divinità presenti nel testo, tra cui la citazione di Bacco con il suo equivalente italico di ‘Libero’. È quindi interessante notare come si sia stabilito un accordo tra il benefattore e il collegio affinché quest’ultimo inserisse tra le proprie festività anche quelle care al benefattore stesso. Parte della quota doveva essere inoltre utilizzata per garantire ai decurioni delle 28 decurie di questo collegium67 altre sportulae annuali e per banchettare (epulentur) e offrire libagioni (libamenta) di mulsum, cioè una miscela di vino e miele, e tirsis al dio Libero, per decorare con rose la tomba della moglie posta nel mausoleo di famiglia insieme a quelle dei figli, infine per banchettare nei pressi del mausoleo stesso. Quest’ultima prassi è attestata da diversi ritrovamenti di triclinia o biclinia in muratura sia all’interno dei luoghi di sepoltura, come ad Ostia, che al loro esterno, come nel caso della tomba di Gneo Vibrio Saturnino a Pompei68. Bisogna tuttavia considerare che queste strutture permanenti potevano essere utilizzate solo per eventi di piccole dimensioni, probabilmente che non superassero la dozzina di invitati69. In questo caso invece l’incarico di effettuare le commemorazioni in onore della defunta, compresi quindi i banchetti, era assegnato ai soli decurioni dell’associazione, implicando quindi che a questi eventi abbiano partecipato almeno ventotto persone, le quali difficilmente sarebbero potute essere ospitate tutte all’interno del mausoleo dove si trovava la tomba di Aconia; è dunque probabile che i banchetti fossero ospitati anche al di fuori di esso, rendendoli quindi anche in questo caso degli eventi semi-pubblici.

A Truentum invece la locale associazione dei cultores Herculis (App. Ep. 13) decise di onorare la propria benefattrice stabilendo che ogni anno, in occasione del compleanno del figlio (8 febbraio), sarebbero stati celebrati nel tempio di Ercole dei culti e dei pasti collegiali in sua memoria (colerent vescerenturque) (rr. 1-4). In questo caso quindi i banchetti erano consumati all’interno di un edificio religioso che probabilmente fungeva anche da sede associativa per questa associazione. Alla fine dell’epigrafe si aggiunge inoltre che se il gruppo non avesse adempiuto agli obblighi stabiliti sarebbe stato sostituito dai cultores imaginum

Caesaris, dunque un’associazione legata al culto imperiale.

65 Liv., 1, 9, 12; Plut., Quest. Rom. 31; Catull. 61, 127.

66 Cf. CIL VI, 1780, in cui compare la formula sacrata apud Eleusinam deo Iacco. Vedi Kahlos 2002, pag. 62; 71. 67 Liu 2009, pag. 132.

68 Dunbabin 2003, pag. 125-129. 69 Ibidem, pag. 128.

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