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I PASTI COLLETTIVI della COMUNITÀ DI KHIRBET QUMRAN È stata sottolineata dagli studiosi la peculiare natura del sito di Khirbet Qumran, in cu

II I SITI ARCHEOLOGIC

II.7 Una COMUNITÀ nel DESERTO: il caso di KHIRBET QUMRAN

II.7.3 I PASTI COLLETTIVI della COMUNITÀ DI KHIRBET QUMRAN È stata sottolineata dagli studiosi la peculiare natura del sito di Khirbet Qumran, in cu

l’organizzazione dello spazio dell’insediamento sarebbe stato caratterizzato soprattutto dall’aspetto comunitario piuttosto che da quello insediativo.

Vi sono numerose prove di questa vocazione comunitaria, a partire dal numero di cisterne presenti, che sembra suggerire la necessità di fornire acqua potabile ad una quantità piuttosto elevata di persone in una zona desertica. Inoltre la maggior parte degli edifici non presenta una connotazione domestica, ma è piuttosto indirizzata verso lo svolgimento di attività collettive o economiche. Particolarmente significative a questo proposito sono le due sale riunione (loci 4-30) individuate nella parte centrale dell’insediamento: per il locus 4 è stato proposto un utilizzo come sala per una sorta di concilio ristretto, mentre per il locus 30 come sala riunione per delle riunioni più ampie, probabilmente dell’intera comunità.

Molto interessante è invece il caso del locus 77 (fig. 32): si tratta di una struttura rettangolare di 22x4.50 m con orientamento O-E con due ingressi, uno nell’angolo N-O e l’altro in quello S-E. Questo edificio è il più grande dell’intero insediamento, e gli archeologi hanno ipotizzato che il suo utilizzo principale fosse per il consumo di pasti collettivi. Gli indizi che suggeriscono questa interpretazione sono piuttosto convincenti: in primis nell’angolo S-O dell’edificio si trova una stanza (loci 86-89; fig. 4) al cui interno sono stati rinvenuti più di mille manufatti ceramici (fig. 33)266. I tipi attestati sono stati considerati come parte di un «servizio da tavola completo», formato da brocche per servire l’acqua, olle per bollire le pietanze, ciotole larghe per servire i pasti e infine piatti e ciotole che dovevano costituire una dotazione individuale, portando ad interpretare la stanza come il deposito del vasellame da mensa dell’intera comunità267.

266 In De Vaux 1956, pag. 542 ne sono indicati 1080. È importante sottolineare tuttavia che questo enorme deposito è

stato rinvenuto al di sotto del pavimento della Fase II dell’insediamento, il che ha suggerito che i vasi siano rimasti sotterrati in seguito al crollo del soffitto dei loci 86-89 durante il terremoto del 31 a.C. Vedi De Vaux 1961, pag. 9.

Fig. 32

Sala da pranzo (locus 177) di Khirbet Qumran (daDe Vaux 1956)

Fig. 33

Ambiente annesso al Sala da pranzo (loci 86-89) e deposito di vasellame

Questa stanza presentava una caratteristica peculiare: il pavimento risulta leggermente inclinato verso la parte posteriore dell’edificio, mentre lungo la parete settentrionale, nei pressi dell’ingresso N-O, è stato rinvenuto un foro apribile e richiudibile collegato ad una canaletta, a sua volta connessa alla condotta principale dell’acqua. È stato ipotizzato quindi che questo sistema servisse a lavare rapidamente e facilmente la stanza, e che ciò avvenisse molto frequentemente, probabilmente in conclusione dei banchetti collettivi268. Tuttavia è stato nello stesso tempo osservato che l’edificio mantenne questa organizzazione fino al momento del terremoto della Fase Ib. Nel periodo successivo infatti vengono apportate alcune modifiche: nella stanza annessa alla sala da pranzo (loci 86-89) venne realizzato un nuovo piano di calpestio al di sopra del crollo che aveva coperto il deposito ceramico, venendo poi rimpicciolita costruendo un muro all’altezza del pilastro centrale269. Il rifacimento pavimentale della sala da pranzo eliminò quindi la pendenza della fase precedente, rendendo nello stesso tempo inutile l’apparato idraulico ad esso connesso. Queste modifiche tuttavia non cambiarono la natura dell’edificio, che continuò ad essere usato come luogo di aggregazione per i pasti comunitari270. Con la conquista romana cessò di esistere il gruppo che risiedette nell’insediamento, e con esso le proprie attività.

Si può quindi affermare che il periodo in cui le strutture collettive rimasero attive fu compreso tra la seconda metà del II sec. a.C. e il 68 d.C., e che il complesso conviviale costituito dalla sala da pranzo stessa (Locus 77) e dall’ambiente ad esso connesso (Locus 86-89) cambiarono la propria conformazione originaria in seguito al terremoto del 31 a.C.

In alcuni punti del sito sono stati inoltre trovati diversi resti archeozoologici (loci 23-73-80- 92-130-132-135), i quali erano conservati in cattivo stato di conservazione all’interno di pentole ceramiche coperte con i rispettivi coperchi, alcune delle quali sono state rinvenute leggermente interrate, altre appena affioranti dal suolo, mentre altre ancora sembrano essere state semplicemente depositate a terra (fig. 34)271. La maggior parte di questi depositi appartiene alla Fase I dell’insediamento. Attraverso il Numero Minimo di Individui sono state riconosciute le seguenti specie: 5 capre; 5 montoni; 26 caprovini non chiaramente identificati; 10 agnelli/capretti; 4 buoi/mucche; 6 vitelli. È stato inoltre notato che in generale le ossa delle capre appartenevano ad animali ‘non adulti’272.

Alcune di esse presentano una colorazione bianca, mentre altre risultano essere calcinate; questo ha fatto comprendere che le prime sono state bollite, mentre per le seconde non c’è 268 Ibidem, pag. 8-9. 269 Ibidem, pag. 20. 270 Ibidem, pag. 21. 271 De Vaux 1956, pag. 549. 272 Duhaime 1977, pag. 247.

accordo tra gli studiosi: De Vaux sostiene che siano state sicuramente grigliate273, mentre Zeuner ritiene possibile che le ossa siano state prima bollite e successivamente bruciate274. Sono tuttavia concordi nell’interpretare questi resti come i rifiuti di pasti collettivi raccolti dalla cucina o in seguito alle pulizie della sala da pranzo275.

I vari studiosi hanno discusso sulla natura dei pasti collettivi consumati in questo contesto; la maggior parte ha riconosciuto il valore religioso attribuito ai resti animali, intuito dal trattamento riservato alle ossa animali dopo il loro consumo276, mentre alcuni si sono spinti a riconoscere in essi dei resti di sacrifici277. Altri studiosi hanno inoltre tentato di attribuire questi resti a particolari festività ebraiche: J. T. Milk per esempio li riconduce alla festa annuale del Rinnovamento dell’Alleanza, mentre J. Kaplan ritiene che siano sacrifici degli animali primogeniti278.

Tuttavia il valore religioso di queste deposizioni non è stato accettato all’unanimità: Johan Claeys per esempio ha sottolineato come la varietà dei trattamenti riservati alle ossa animali suggerisca un accumulo casuale di questi resti, così come la loro distribuzione ricorda le modalità di formazione dei cumuli di rifiuti diffusi nell’antichità, in cui era pratica comune gettare gli scarti nei pressi di «ruined buildings, in cul-de-sacs and on street corners». Ciò ha portato quindi ad escludere la natura religiosa dei depositi animali e a considerarli semplicemente gli scarti dei vari pasti comunitari consumati presso la sala da pranzo279.

273 De Vaux 1956, pag. 550; De Vaux 1961, pag. 11. 274 Vedi Duhaime 1977, pag. 247, nota 11.

275 Duhaime 1977, pag. 247.

276 De Vaux 1956, pag. 550; De Vaux 1961, pag. 11.

277 In particolare F. M. Cross. Tuttavia De Vaux ha sottolineato come questa ipotesi contrasti con i precetti rituali giudaici.

Vedi F. M. Cross in The Ancient Library of Qumran and Modern Biblical Studies, 1958, pag. 51-52, nota 2.

278 Duhaime 1977, pag. 250. 279 Claeys 2016, pag. 286.

Il riconoscimento della comunità che occupò l’insediamento di Khirbet Qumran tra il II sec. a.C. e il 68 d.C. è stato in un primo tempo basato sulle fonti scritte, in particolare la Naturalis

Historia di Plinio il Vecchio280. Questi infatti afferma che lungo la costa occidentale del Mar Morto vivessero delle comunità di Esseni, una delle diverse correnti ebraiche principali insieme ai Sadducei e ai Farisei. L’attribuzione di questo insediamento ad una comunità essena è stata quindi sostenuta, oltre che da diversi indizi provenienti dalle fonti letterarie, dall’assenza di attestazioni di resti abitativi altrettanto importanti nell’area compresa tra Gerico e Ain Gedi281, in cui secondo Plinio essi avrebbero abitato.

Altri indizi provengono anche da Giuseppe Flavio, il quale afferma che questi gruppi svolgevano frequenti bagni purificatori, informazione che si integrerebbe positivamente con l’elevato numero di cisterne idriche attestate nell’insediamento282.

Questa ipotesi è stata tuttavia rivalutata da Yizar Hirschfeld, il quale ha proposto di interpretare il sito piuttosto come un centro produttivo-agricolo fortificato, definito Manor

House nella letteratura di settore. Questo perché Khirbet Qumran mostrerebbe una

conformazione analoga ad altri insediamenti attestati in Palestina, caratterizzati per la loro collocazione in posizioni strategiche e la concomitante presenza di strutture difensive, produttive ed abitative. Questi centri, sarebbero quindi stati dei punti di controllo del territorio e delle attività produttive della classe dominante giudaica, nei quali viveva stabilmente un gruppo ristretto di persone, costituito probabilmente dagli stessi proprietari terrieri o dai propri incaricati insieme alla manodopera necessaria per mantenere in efficienza il complesso, i quali

280 Per una trattazione dettagliata vedi Milk 1959. 281 Ibidem, pag. 56.

282 De Vaux, 1961, pag. 98. Pratica confermata anche dal cosiddetto ‘Documento di Damasco’ e dalla ‘Regola della

Comunità’ rinvenuti all’interno delle grotte di Qumran. Fig. 34

Deposito di ceramica e resti animali presso locus 132 (daDe Vaux 1956)

sarebbero stati in grado di ospitare stabilmente dalle 50 alle 70 persone283. L’autore ha quindi ipotizzato che la sala da pranzo fosse utilizzato da questi ultimi o dai lavoratori stagionali che frequentavano il sito284. 283 Hirshfeld 1998, pag. 181. 284 Ibidem, pag. 182.