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È a questo punto possibile mettere a confronto le evidenze emerse dalle diverse fonti epigrafiche che, come è stato possibile constatare, sono estremamente ricche di informazioni inerenti gli aspetti conviviali della vita associativa del mondo romano.

I testi maggiormente dettagliati sono i regolamenti, i quali espongono diversi punti di interesse per la seguente trattazione: quello dell’associazione dei cultores Dianae et Antinoi (App. Ep. 1) per esempio menziona esplicitamente gli edifici in cui il gruppo si riuniva, che consistono in un tempio e in un tetrastilo, ma non c’è modo di sapere con certezza in quale di questi si svolgessero i banchetti comunitari. Lo stesso discorso vale anche per il sunodos degli

Eraclistei di Paiana (App. Ep. 30), del quale si sa solamente che si trovava en tais Limnais

senza alcuna informazione in merito al tipo di struttura che li ospitava, e per gli Iobaccoi di Atene (App. Ep. 29), anche se quest’ultimo caso costituisce un’eccezione per via del ritrovamento della propria sede. La Curia Iovis di Simittus (App. Ep. 28) rappresenta invece un caso a sé per via della sua probabile natura pubblica, il che comporta che i vari eventi collettivi si svolgessero in luoghi abbastanza ampi da ospitare un numero elevato di persone. Al contrario negli statuti del collegium di Esculapio ed Igia (App. Ep. 2) e dei mercanti di avorio e cedro (App. Ep. 3) sono espressamente indicati gli spazi in cui si svolgevano i banchetti e consistono entrambi in edifici aperti, uno dei quali risulta peraltro espressamente concepito per scopi conviviali. Strettamente connessa agli spazi è la questione del numero dei membri di queste associazioni: di queste solamente quella di Esculapio ed Igia ne stabilisce chiaramente un numero massimo, mentre i vincoli di vario genere imposti dagli altri gruppi suggeriscono che difficilmente essi potessero superare il centinaio di iscritti.

Quasi tutti gli statuti menzionano inoltre le diverse occasioni in cui erano previsti degli eventi conviviali: il collegio dei cultores di Diana ed Antinoo e quello di Esculapio ed Igia per esempio elencano sei date, mentre i negotiatores eborarii et citrarii ne menzionano almeno cinque, ma è importante sottolineare che corrispondono tutti a celebrazioni di eventi particolarmente significativi come: 1) le date di fondazione dei gruppi; 2) i compleanni dei benefattori e dei suoi familiari; 3) ricorrenze connesse con l’autorità imperiale e festività in onore dei defunti; lo statuto degli Iobaccoi di Atene rappresenta invece un caso interessante poiché menziona sia occasioni periodiche strettamente legate all’ambito cultuale sia celebrazioni straordinarie di eventi importanti per i singoli associati, rendendo quindi questa associazione quella che in assoluto presenta il maggior numero di eventi conviviali.

In tutti i documenti sono inoltre esplicitamente menzionati gli alimenti consumati durante i banchetti, tra i quali è interessante notare l’onnipresenza del vino (App. Ep. 1; 2; 3; 28; 29; 30), che nel regolamento degli Iobaccoi (App. Ep. 29) è addirittura l’unico cibo indicato, mentre in diversi casi è accompagnato da pane (App. Ep. 1; 2; 3) e solamente in due contesti sono menzionati cibi quali pesce (App. Ep. 1) o carne (App. Ep. 30). La Curia Iovis costituisce tuttavia ancora una volta un’eccezione, in quanto pur essendoci ripetuti riferimenti al vino esso non è mai espressamente menzionato all’interno di un contesto conviviale. Gli alimenti sono inoltre citati come mezzo di pagamento, come nel caso delle tasse di iscrizione citate nei regolamenti dei cultores Dianae et Antinoi, degli Iobaccoi e degli Eracliastai (App. Ep. 1; 29; 30), che nei primi due casi era affiancata da un versamento in denaro. Nel caso della Curia

Iovis questa pratica si estendeva addirittura alle tariffe per l’ottenimento di cariche pubbliche

e alle sanzioni, mentre in quello del collegium Dianae et Antinoi la consegna di un’anfora di vino era richiesta anche in occasione di un evento importante quale la liberazione di uno schiavo appartenente all’associazione.

Questi regolamenti, pur essendo estremamente dettagliati, rappresentano tuttavia la parte minoritaria all’interno del panorama epigrafico raccolto, costituito invece per la maggior parte da testi riconducibili ad inaugurazioni di monumenti, fondazioni funerarie, distribuzioni pubbliche ecc. Di questi solamente sedici (App. Ep. 11; 12; 13; 14; 18; 19; 20; 21; 22; 24; 31 36; 39; 40; 42; 46; 50) menzionano esplicitamente edifici o spazi in cui si sarebbero svolti degli eventi conviviali, sette dei quali sono riferibili a delle vere e proprie sedi associative o ad ambienti ad esse riconducibili (App. Ep. 19; 20; 21; 22; 31; 33; 36; 50); in alcuni di essi sono inoltre indicati degli ambienti espressamente concepiti per ospitare eventi conviviali e sono definiti in modi diversi, come triclinium115, ἑστιατορείον/στιβας116, διπνητήριον117 o

locus118, mentre nei casi dei cultores Silvani di Roma e degli ιεραφόροι συνκλὶται di Tessalonica sono le stesse sedi associative ad assumere questa funzione119; il caso di Cos (App. Ep. 33) è invece particolarmente interessante in quanto consiste nell’unica iscrizione in cui si faccia riferimento ad una cucina (µαγειρεῖον) e quindi agli spazi in cui venivano preparati i pasti associativi. Negli altri casi sono invece menzionati monumenti funerari, templi o statue come luoghi in cui si svolsero degli eventi conviviali in cui si celebravano

115 App. Ep. 20, rr. 3. 116 App. Ep. 29.

117 App. Ep. 31, rr. 36-37; App. Ep. 50. 118 App. Ep. 19, rr. 4-8.

119 App. Ep. 21, rr. 7-14; App. Ep. 36, rr. 1-4. Questi casi tuttavia pongono innanzi il problema di che tipo di banchetti si

periodicamente i compleanni dei propri benefattori o festività legate alla sfera funeraria come i parentalia e i rosalia120.

Solamente una manciata di epigrafi consente di fare una stima dell’entità numerica delle varie associazioni (App. Ep. 5; 7; 10; 12; 16; 17; 34; 35; 36): quattro di queste sono costituite dagli

alba delle rispettive associazioni121, ma poiché alcune delle iscrizioni sono frammentarie non è possibile sapere con certezza quale fosse il loro numero esatto; in altre due invece è la menzione della magistratura dei seviri Augustales che consente di conoscere il numero degli appartenenti al gruppo122; infine i collegia dei fabri menzionati nelle ultime iscrizioni123 risulterebbero essere le associazioni con in assoluto il maggior numero di membri tra quelle riscontrate124.

Numerosi casi inoltre menzionano, come nei regolamenti precedentemente esposti, diversi tipi di alimenti, tra i quali il vino costituisce ancora una volta il bene maggiormente attestato, costituendo in alcuni casi l’unico alimento offerto (App. Ep. 5; 7; 10; 11; 12; 22; 27; 28; 31; 46; 58); sono menzionati inoltre pane (App. Ep. 5; 7; 10; 24; 28; 58), carne di vario genere (App. Ep. 10; 24; 25; 31; 44) e olio (App. Ep. 11; 15; 23; 25; 29), tenendo comunque a mente che esso potesse essere utilizzato anche come strumento di illuminazione o dono funerario. Tuttavia se per alcuni casi è possibile interpretare le diverse derrate indicate come porzioni consumate in occasione di eventi conviviali (App. Ep. 11; 12; 27; 44; 45a-b; 46; 58), per altri questo non è possibile per via dell’assenza di termini direttamente riconducibili ad essi125. Dal punto di vista lessicale è infatti possibile constatare come nei vari testi epigrafici siano impiegati diversi termini per riferirsi a diverse attività conviviali, che in alcuni casi identificano dei veri e propri banchetti, tra cui epulum, cena e vescere, mentre altre si limitano ad indicare il consumo di un particolare alimento, come propinationem, visceratio, οἰνοπόσιον e ἀρτοκρέας.

Tra di essi epulum e i suoi derivati costituiscono le attestazioni maggiori, e come è stato precedentemente indicato è stato generalmente definito come banchetto pubblico. Tuttavia non sempre questa definizione può essere applicata: nei vari regolamenti per esempio epulum

120 App. Ep. 11, rr. 19-24 (statuam); App. Ep. 12 (in aede Neptuni; mausoleum); App. Ep. 13, rr. 5 (in templo Herculis);

App. Ep. 14 rr. 8-9 (ad rogum); App. Ep. 18, rr. 7-12 (statuam) App. Ep. 24, rr. 4 (in templo); App. Ep. 39 (ad monumentum); App. Ep. 40 (ad monumentum eorum), App. Ep. 42 (ad monumentum suum).

121 App. Ep. 5: 35 nomi; App. Ep. 7: 88 nomi; App. Ep. 34-35: 35-40 nomi; App. Ep. 36: 13 nomi. 122 App. Ep. 16-17; Royden 1988, pag. 23.

123 App. Ep. 10-12.

124 Moltiplicando le rispettive decurie per il numero dei componenti dell’undicesima decuria dei fabri tignarii di Roma si

ottiene per i fabri di Aquileia un totale di 550 membri (25x22), mentre a Ravenna vi sarebbero stati più o meno 620 iscritti (28x22). È tuttavia importante sottolineare che questi calcoli hanno solamente lo scopo di rendere comprensibile l’entità numerica di questi due gruppi, dunque non hanno alcun valore scientifico.

(App. Ep. 1; 2; 3) assume il significato generico di ‘banchettare’ in riferimento ai pasti associativi126, così come in altri (App. Ep. 4; 6; 9; 12; 24; 26) indica dei banchetti a cui partecipano solo specifiche associazioni, dunque è utilizzato anche in contesti privati.

Anche vescere sembra indicare delle occasioni conviviali private (App. Ep. 14; 15; 16; 17; 18; 38; 39; 40), assumendo però in alcuni casi una sfumatura particolare: per esempio nel caso della donazione di Tito Fundilio Gemino (App. Ep. 14) si è utilizzato vescere per indicare i banchetti che i suoi compagni avrebbero dovuto organizzare per celebrarne il compleanno, mentre un epulum è offerto al popolo per l’inaugurazione della statua in suo onore; in quello del collegium Silvani di Roma invece (App. Ep. 19) sia vescere che epulare sono stati utilizzati per indicare il banchettare associativo, il che suggerisce che i due termini abbiano accezioni diverse. Sulla base di queste due evidenze si potrebbe quindi ipotizzare che vescere identifichi un evento riservato soli membri dell’associazione e forse informale, mentre epulum indicherebbe un banchetto ufficiale, ma queste considerazioni non sono sufficientemente supportate e necessitano di ulteriori confronti.

Riferimenti a cenae sono presenti invece in soli tre testi (App. Ep. 1; 2; 3): nel primo caso la parola è utilizzata per indicare l’elenco delle ricorrenze ufficiali celebrate con dei banchetti, mentre negli altri identifica degli eventi diversi rispetto a quelli indicati con epulum/epulare, in quello del collegio di Esculapio ed Igia per esempio costituisce un’offerta fatta dal presidente, mentre nel caso dei commercianti di avorio e cedro corrisponde all’anniversario dell’ascesa al trono di Adriano, quindi una ricorrenza estremamente importante. Sembrerebbe quindi, anche sulla base delle osservazioni formulate da diversi studiosi127, che il termine cena sia utilizzato per indicare un tipo di banchetto particolarmente importante e più prestigioso rispetto a quelli indicati con altri termini.

Questi casi dimostrano quindi come le varie parole assumano significati diversi a seconda del contesto in cui si collocano, rendendo quindi difficile riuscire a fornirne una definizione precisa in grado di comprendere tutte le differenti sfaccettature128, ma è importante tenere a mente che la discussione sulle scelte terminologiche compiute dalle varie associazioni e sugli

126 Per esempio il passo del regolamento dei cultores Dianae et Antinoi in cui si trova la formula ut quieti et hilares diebus

sollemnibus epulemur (App. Ep. 1, col. II, rr. 23-24) suggerirebbe che si faccia riferimento alle cenae organizzate nelle ricorrenze ufficiali dell’associazione, così come in alcune sezioni degli statuti del collegium Aesculapi et Hygiae (App. Ep. 2, rr. 32-34) e dei negotiatores eborarii et citrarii (App. Ep. 3, rr. 10-17).

127 Vedi supra, nota 26.

128 «(…) les études consacrées au lexique ont montré que la terminologie employée pour désigner les différents types de

repas collectifs romains (cena, convivium, epulum ecc.) est loin d’être strictement codifiée, de sorte que l’on ne peut faire correspondre à un mot un espace, privé ou publique, ni même un type de convives». Cit. Dubouloz-Robert, 2016, pag. 59-84.

specifici aspetti semantici assunti dai vari termini nelle diverse occasioni esula dagli scopi precipui di questa trattazione.

Le viscerationes sarebbero state invece delle distribuzioni pubbliche di carne poco prestigiose, vista la loro attribuzione alla sola plebe (App. Ep. 9, rr. 18), ma della carne è offerta anche ai

fabri di Aquileia (App. Ep. 10) e ai Kaisariastai di Mostenai (App. Ep. 49), così come nel

regolamento degli Eraclistei costituisce uno dei cibi consumati nel corso dei banchetti, e dunque non è chiaro quale valore assuma la carne nei diversi contesti; nelle fondazioni funerarie di Como ed Efeso (App. Ep. 11; 46) e nella distribuzione pubblica di Istro (App. Ep. 44) invece sono menzionati degli eventi in cui sembrerebbe essere stato consumato solamente vino, chiamati in latino propinationes e in greco οἰνοπόσια, suggerendo quindi che non sempre si mangiasse e bevesse nel medesimo contesto. Tuttavia l’unico testo che fornisce informazioni precise sugli spazi in cui questi eventi si svolgevano è quello di Como, in cui è stabilito che i brindisi in onore della moglie del benefattore si sarebbero dovuti svolgere presso il suo monumento funerario, mentre per gli altri si possono solamente formulare delle ipotesi: nel caso di Eboli per esempio il fatto che la visceratio si stata offerta al populus in occasione di una distribuzione pubblica suggerirebbe che si sia svolta nel foro, ma non vi sono evidenze concrete a riguardo129, così come nella distribuzione pubblica di Istro pur essendo indicate le componenti sociali che hanno beneficiato dell’οἰνοπόσιον non è specificato dove esso avvenne né se il vino distribuito fu consumato in loco o altrove130. Un discorso analogo vale anche per l’iscrizione di Efeso (App. Ep. 46), poiché pur trattandosi chiaramente di una fondazione funeraria non sono presenti dettagli in merito al tipo di spazio in cui i membri dell’associazione avrebbero dovuto brindare in onore del defunto: si trattava di una statua o di una tomba di famiglia? Si trattava di un semplice monumento o di un mausoleo? Il fatto che oltre al benefattore siano indicati anche altri parenti suggerirebbe che si tratti di una tomba di famiglia, ma non vi sono elementi che comprovino questa teoria.

È inoltre possibile constatare come la convivialità accomunasse associazioni di diversa natura, per le quali ricopriva quindi un importante ruolo nella vita associativa, come si può cogliere da diversi casi tra quelli esposti: tra di essi un ruolo di preminenza è ricoperto dai collegia dei

129 colḷ(egii) [patr(onis) sing(ulis)] ((sestertios)) XX n(ummos) et / q(uin)q(uennaliciis), IIvir(aliciis) aedilic(iis)

s[ing(ulis) ((sestertios)) XX] n(ummos) et cete=/ṛis condec(urionibus) sing(ulis) ((sestertios)) [n(ummos) XVII?]I s(emis?), s(ingulis) Augu[s]=/talib(us) ((sestertios)) XII n(ummos) coll(egiis) dend[r]o̲phoṛ(orum) et / fab(rum) sing(ulis) ((sestertios)) millenos n(ummos) ẹṭ epulụm / p̲l̲ebeis sing(ulis) ((sestertios)) [---] ṇ(ummos) et viscerationem. App. Ep. 9, rr. 13-18. 130 (…) πρῶτον µὲν εὐθὺς τὰς πρώτας / προσόδους καὶ θυσίας καὶ εὐχὰς τοῖς θεοῖς ποιου-/µένη τὴν τοῦ ἔτους ἀρχὴν µετ’ εὐφροσύνης καὶ εὐ-/ωχίας µεγαλοπρεποῦς ἐποιήσατο τοῖ[ς µὲ]ν γὰρ / βουλευταῖς πᾶσιν καὶ γερουσιασταῖς καὶ Ταυ- /ριασταῖς καὶ ἰατροῖς καὶ παιδευταῖς καὶ τοῖς ἰδίᾳ / καὶ ἐξ ὀνόµατος καλουµένοις ἐκ δύο κατ’ ἄνδρα / δηναρίων διανοµήν, ἣν οὔπω τις ἄλλη πρότερον / ἔδωκεν τοῖς δὲ ἐ[ν] ταῖς φυλαῖς κατὰ πεντηκονταρ-/χίαν διανενεµηµένοις, ἔτι µὴν καὶ ὑµνῳδοῖς καὶ τέ-/κτωσιν καὶ ἱεροπ[λα]τείταις καὶ Ἡρακλειασταῖς οἰ-/νοπό[σ]ιον (…). App. Ep. 44, rr. 22-33.

fabri, dei centonarii e dei dendrophori (App. Ep. 4; 7; 8; 9; 10; 11; 12; 14; 15; 18; 23; 24;

25), mentre altre associazioni professionali attestate sono quelle dei mercanti (App. Ep. 3; 31; 45 a-b), che nel caso di Mantinea sono inoltre caratterizzati dalla omogenea composizione etnica, degli insegnanti e dei medici (App Ep. 2; 44; 45 a-b; 55; 57), la cui importanza nella società greco-romana è stata spesso sottolineata131. Numerose sono inoltre le associazioni religiose sia pubbliche che private (App. Ep. 5; 13; 32; 34; 35; 36; 37; 38 39; 40; 41; 42; 44; 46; 51; 52 a-b), così come gruppi direttamente legati al culto imperiale sono presenti sia in Occidente che in Oriente (App. Ep. 13; 45b; 49).

Diversi casi suggeriscono inoltre che per molti di questi gruppi la convivialità dovesse ricoprire una certa importanza: spesso è riportata infatti la clausola in cui si specifica che ha diritto a ricevere la propria parte solo chi è fisicamente presente ai banchetti, come nel caso del regolamento del collegio di Esculapio ed Igia (App. Ep. 2), in cui si stabilisce che la porzione di denaro e cibo degli assenti debba essere suddivisa tra i presenti ad eccezione di chi fosse impedito da motivazioni importanti, così come nel regolamento dei mercanti di avorio e cedro (App. Ep. 3), in cui si utilizza la formula ‘quelli che avranno banchettato presso il tetrastilo’, o in quelli di Como, Bevagna e Rieti (App. Ep. 11; 14; 16).

Tuttavia è possibile che in questi casi particolari le ragioni siano piuttosto da ricondurre all’esigenza dei benefattori e dei patroni stessi di essere ricordati e di ostentare la propria ricchezza e status132, piuttosto che alla volontà di combattere comportamenti considerati anti- sociali, ragionamento che si può d’altronde applicare anche quando sono dei semplici associati a finanziare le spese per l’organizzazione di banchetti per il proprio gruppo o per realizzare degli spazi ad essi dedicati (App. Ep. 6; 14; 17; 19).

Sono inoltre numerose le sanzioni indicate in diversi regolamenti volte a contrastare comportamenti sentiti come disturbatori della vita collettiva, siano essi litigi per la sottrazione del posto assegnato o l’inadempienza delle diverse figure incaricate di occuparsi dei banchetti collegiali: nel caso dei cultores Dianae et Antinoi per esempio (App. Ep. 1) i magistri cenarum che sono venuti meno ai loro obblighi istituzionali sono multati in denaro, così come gli Ἡρακλιστεις di Paiana (App. Ep. 30), mentre in quelli della Curia Iovis di Simittus (App. Ep. 28) sono sanzionati con derrate alimentari. È inoltre interessante osservare come nel regolamento dei cultores di Diana e Antinoo (App. Ep. 1) si specifichi di riservare le lamentele o le richieste alle riunioni in modo tale da godere appieno dei pasti comuni, così come nel

131 Nutton 1977, pag. 191-226; Van Nijf 1997, pag. 171-176.

132 magistri coll(egi) quodannis] die natal(is) / eius III die id[us ---] sportul(as) / ex ((denariis)) CC in[ter praesentes

arbit]ratu suo divid(ant) / oleum et propin(ationem). App. Ep. 9, rr. 9-12; ne minus / homines XII ad rogum suum vescerentur. App. Ep. 14, rr. 7-9; die natali suo IIII K(alendas) Febr(uarias) /praesentes vescerentur. App. Ep. 16, rr. 8- 9; Vittori 1992, pag. 21-22.

regolamento degli Iobaccoi (App. Ep. 29) la menzione di un responsabile incaricato vigilare sul comportamento durante gli incontri del gruppo trasmette la volontà di ricerca dell’ordine (ευκοσµὶα) e della concordia tra gli associati, anche se non bisogna sottovalutare il timore di incorrere nelle azioni repressive delle autorità pubbliche.

Tuttavia è comunque importante sottolineare che per alcuni gruppi religiosi i momenti conviviali avrebbero ricoperto un ruolo cardine nella propria ritualità, poiché il banchetto consumato in un giorno di festa sarebbe stato considerato il modo migliore per onorare la propria divinità133, creando quindi una contaminazione tra socialità, religiosità e convivialità. Questo si può riscontrare per esempio nei casi in cui diverse associazioni adottarono titoli quali τρικλεινάρχος o συνκλίτης (App. Ep. 34; 35; 36; 37; 38), i quali sono direttamente riconducibili a contesti religiosi in cui, come è già stato illustrato precedentemente, la convivialità sacra avrebbe costituito un punto centrale delle proprie pratiche cultuali.

Non per tutti sembra tuttavia essere stato così: per esempio il culto di Attis e della Magna

Mater/Cibele era fortemente legato alla morte e all’ambito funerario. La morte sarebbe infatti

il tema alla base della sua mitologia e ritualità sin dalle sue prime attestazioni134, mentre nella festa dell’Arbor Intrat, evento che faceva parte di una serie di festività in onore di Attis istituite al tempo di Claudio e celebrato il 22 marzo, venivano commemorate l’auto- castrazione e la morte di Attis, motivo per cui sembra che non fossero previsti degli eventi conviviali, data la forte connotazione luttuosa dell’evento135. Questi si sarebbero piuttosto svolti in occasione degli Hilaria, celebrati il 25 marzo, in cui venivano compiuti i taurobolia per festeggiare la risurrezione di Attis136.

Queste considerazioni rimandano inevitabilmente alla questione dei dendrofori: è possibile che per questa associazione l’aspetto conviviale non rappresentasse un elemento cardine delle

133 «The fact that banqueting activities could be viewed as means of honoring or communing with deities further suggests

caution in reducing the purposes of associations to the social in the way that Nilsson and others do. The inseparable character of feasting and honoring the gods is illustrated in Dio of Prusa’s remarks: “What festivity could delight without the presence of the most important thing of all [friendship]? What symposium could please without the good cheer of the guests? What sacrifice is accettable to the gods without those celebrating the feast?” (Orations, 3.97). It is important to note that, for virtually all associations and guilds, sacrifice or libations accompained or preceded the banquet. (…) For some groups food and drink or the meal itself could be an essential element in the myth and ritual of the deity in question. How could a worshipper of Dionysos, for example, appropriately honor or identify with the god of wine without drinking as a central practice?». Cit. Harland 2013, pag. 62.

134 Lancellotti 2002, pag. 152-153.

135 «On 22 March, a pine had to be cut before the end of the night, and a ram sacrificed, its blood bathing the roots of

the tree. The felling (ektomè in Greek) took place in a wood sacred to Cybele. The procession (pompè) went through Rome, like a funeral cortege, to the sound of canticles intonated by the dendrophori and probably taken up by the mass of worshippers thronging the streets. In concert with the galli, the weeping devotees deat their breasts. Once the sanctuary was reached, the pine was exposed to the adoration of the crowds (prothesis). An image of Attis had been attached to it, decorated with the violets that his blood had caused to grow, according to the legend. On that day (dies violae), people went to lay flowers to the tombs». Cit. Turcan 1996, pag. 44-45.

proprie pratiche religiose, al contrario di culti come quello dionisiaco o serapiaco in cui grande importanza era riservata alla convivialità? D’altronde gli unici banchetti che i membri di questo collegium avrebbero consumato (App. Ep. 4; 9; 18) sono riconducibili a donazioni o a commemorazioni dei propri patroni, ma ciò basta ad escludere la possibilità che si svolgessero eventi conviviali più strettamente connessi con la propria cultualità? Per rispondere a questa domanda sarebbe tuttavia necessario condurre un’ulteriore ricerca focalizzata solamente su questa associazione, cosa che esula dagli scopi di questo lavoro, motivo per cui ci si limiterà quindi ad esporre il problema.

Altro elemento che non è sempre indicato dalle diverse fonti è il modo in cui erano consumati i pasti, con le eccezioni dei lectisternia di Como (App. Ep. 11), del triclinium della sede dei