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Le informazioni provenienti dalla Pars Occidentis dell’impero sono piuttosto scarse rispetto a quelle italiche, e alcune province non ne hanno fornito nessuna. Tuttavia anch’esse contribuiscono a fornire un quadro più completo sul rapporto tra le varie associazioni e la convivialità.

Diverse epigrafi sono giunte per esempio da Cemenelum, l’odierna Cimiez, nella provincia delle Alpes Maritimae: una di esse (App. Ep. 22) consiste in una dedica al magister collegii

dendrophororum da parte degli stessi consociati per aver finanziato la realizzazione di un

altare e del pavimento della propria schola, il quale in cambio donò ad ognuno dei membri una sportula di un denario e offrì del vino da dividere ‘senza regola’ (passim)83. In questo caso è attestata l’esistenza della sede associativa di questa associazione di dendrofori, ma non sono presenti elementi che suggeriscano un consumo collettivo del vino donato e che quindi possano essersi svolti al suo interno degli eventi conviviali.

In un altro caso (App. Ep. 23) si fa riferimento invece alla dedica di un monumento da parte della cittadinanza ad un duoviro, il quale offrì a sua volta ai decurioni e ai seviri un banchetto, mentre diede ai tria collegia e a tutto il popolo olio84, ma non si sa con precisione in che spazio si sia svolto questo evento, anche se è plausibile che si sia svolto in un’area pubblica aperta, visto il numero di partecipanti.

In un altro caso ancora (App. Ep. 24) una matrona offrì al collegium centonariorum cittadino un banchetto in occasione dell’inaugurazione della statua del figlio, ed è interessante notare come questo fatto sia definito ex more, poiché suggerisse che per questa comunità fosse comune in queste occasioni offrire dei pasti. Si legge inoltre che la benefattrice donò una somma di denaro da utilizzare nel giorno del compleanno del medesimo figlio (9 aprile) per celebrarne la memoria attraverso il sacrificio di un’oca85, di una focaccia e con un banchetto da tenersi in un tempio non specificato, utilizzando anche in questo caso la formula ex more, ma non è chiaro se riferito alle celebrazioni in sé o al fatto che l’associazione fosse solita utilizzare il tempio per consumare i propri pasti (sacrificium facerent ansare et libo et in

83 La formula significa che il benefattore non pose dei vincoli prestabiliti su come dividere le porzioni.

84 Donhaue 2004, pag. 127. Con tria collegia si intendono le tre associazioni più importanti di una città, che non

necessariamente erano i fabri, i centonari e i dendrophori, come invece era opinione diffusa in ambito accademico. Liu 2009, pag. 52.

85 Ansare=ansere. Vedi Thesaurus cultus et rituum antiquorum, pag. 284, n. 85; Linsday, 1894, pag. 201; Duncan-Jones

templo ex more epularentur). In ogni caso, è significativo il fatto che anche qui sia attestato

l’uso di banchettare all’interno di edifici religiosi.

Infine il patrono-decurione di un collegio di utricularii86 (App. Ep. 25) distribuì agli associati

dei collegia utriculariorum, fabrum e centonariorum olio e sportulae in occasione dell’inaugurazione di un busto di Mercurio, ma anche in questo caso non sono indicati termini che suggeriscano un evento conviviale, probabilmente per ragioni analoghe a quelle già delineate per il caso di Sarsina.

Dalla Dalmazia (App. Ep. 26) proviene invece un’epigrafe incompleta in cui la magistra di un collegium non specificato offrì ai propri associati un banchetto (epulum) per l’inaugurazione di un monumento in onore della figlia, il quale doveva trovarsi probabilmente in un luogo pubblico (locus datus decreto decurionum).

Dall’Africa giungono invece due epigrafi estremamente interessanti, la prima delle quali da

Castellum Elephantum in Numidia (App. Ep. 27). Qui si legge che una tale Clodia Donata, in

occasione dell’inaugurazione di una statua in onore del Genio cittadino, donò ad ogni abitante

sporulae di denaro, mentre per mezzo dei collegi cittadini distribuì vino per banchettare (ad epulandum). Il fatto che non siano specificate le associazioni coinvolte suggerisce che abbiano

tutte partecipato a questa inaugurazione, e che esse siano state quindi utilizzate dalla benefattrice come intermediarie tra lei e l’intera comunità cittadina. Ciò evidenzia quindi l’importanza che questi gruppi ricoprivano a livello sociale.

L’altra invece proviene da Simittus, in Africa Proconsularis (App. Ep. 28), in cui si fa riferimento ad una Curia Iovis. La natura di questa associazione tuttavia non è chiara: il Waltzing per esempio la definisce «una curia municipale organizzata come un collegio funerario»87,implicando quindi che si tratti dell’assemblea cittadina. Donhaue invece afferma che le curie Africane erano delle «associazioni plebee simili a delle assemblee popolari, comprendenti non l’intera cittadinanza ma gruppi con un numero limitato di appartenenti, ammontanti in genere a dieci o undici per città»88. Ciò significherebbe quindi che si tratti di un gruppo indipendente rispetto alle istituzioni cittadine,ipotesi resa plausibile dal fatto che sono attestati diversi casi in cui curia è utilizzata come sinonimo di schola da alcune associazioni private89. In questo caso specifico è tuttavia più plausibile l’ipotesi del Waltzing, per via dell’esplicito riferimento nel testo ad un decretum publicum e quindi ad una delibera dell’intera cittadinanza.

86 Le ipotesi maggiormente accreditate interpretano questi come produttori di contenitori di cuoio o come trasportatori

via terra di vino e olio. Liu 2009, pag. 135-137.

87 Cit. Waltzing 1895, pag. 278. 88 Cit. Donahue 2004, pag. 136.

A prescindere dalla sua natura tuttavia questo documento è particolarmente interessante in quanto elenca una serie di norme che ricordano molto da vicino i regolamenti delle altre associazioni precedentemente incontrate. Per esempio si stabilisce che se qualcuno desidera diventare flamen deve versare tre anfore di vino insieme a pane, sale e cibaria; se invece si desidera diventare magister due anfore di vino; infine per diventare questore è richiesto il versamento di due denari (rr. 3-5). È interessante notare come l’elenco delle magistrature e delle corrispettive tariffe sembri seguire la loro l’importanza e che per le prime cariche fosse richiesto un pagamento in derrate alimentari, il che potrebbe suggerire un loro utilizzo per organizzare dei banchetti, probabilmente per celebrare l’ottenimento della carica desiderata. Successivamente sono indicate una serie di sanzioni: una di esse stabilisce che se qualcuno avesse insultato o colpito un flamen sarebbe stato multato per tre denari, mentre se un magister avesse ordinato ad un questore di fare qualcosa e quest’ultimo non lo avesse eseguito avrebbe dovuto consegnare un’anfora di vino; se invece non si fosse presentato chi era tenuto a presiedere un’assemblea ne avrebbe dovuto versare un congio (rr. 5-7).

In un’altra ancora si legge che se qualcuno fosse andato ad una distribuzione di vino per poi allontanarsene ne avrebbe dovuto riconsegnare il doppio, così come una multa della medesima entità è prescritta a chi, silentio quaestoris, avesse donato a qualcun altro la propria porzione e lo avesse poi negato (si quis at vinum inferendum ierit et abalienaverit dare debebit duplum,

si quis silentio quaestoris aliquit donaverit et negaverit dare debebit duplum) (rr. 9-10).

Queste ultime norme suggeriscono l’intenzione di evitare situazioni sgradevoli che avrebbero potuto causare litigi o tensioni durante le distribuzioni.

Si può notare quindi come vi siano diversi punti in comune con il regolamento dei cultores

Dianae et Antinoi: in entrambi per esempio sono indicate delle derrate alimentari come

strumento di pagamento, così come sono presenti sanzioni volte a contrastare comportamenti considerati lesivi per le rispettive comunità, anche se indicate in modi diversi: nel caso africano per esempio alcune delle sanzioni erano da versare sotto forma di vino, mentre in quello di Lanuvio invece sono tutte indicate in denaro.

Vi sono delle analogie anche con i regolamenti di Roma, sia quelli del collegio di Esculapio ed Igia sia quello dei mercanti di avorio e cedro, in particolare in merito all’importanza attribuita alla presenza fisica degli invitati agli eventi conviviali, con la differenza che nei casi italiani essa era legata anche all’esigenza dei rispettivi benefattori di essere celebrati, mentre quello africano sembrerebbe implicare la volontà di evitare comportamenti considerati anti- sociali.

A questo punto è possibile affermare che questo documento sia estremamente importante in quanto attesta l’esistenza di esigenze comuni ad associazioni private e civiche in due aree diverse dell’impero, in cui grande importanza era riservata alle attività comunitarie, in particolare a quelle conviviali.