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II I SITI ARCHEOLOGIC

II.8 Le SEDI ASSOCIATIVE a CONFRONTO

Conclusa la trattazione dei singoli siti è possibile proporre alcuni confronti tra i vari contesti in modo tale da formulare alcune osservazioni in merito agli spazi della convivialità associativa. Innanzitutto è possibile constatare come dal punto di vista planimetrico le varie sedi associative siano tutte caratterizzate da una pianta quadrangolare, ognuna delle quali è a sua volta suddivisa in diversi ambienti, alcuni dei quali appositamente concepiti per ospitare degli eventi conviviali. Non tutte le stanze sono però realizzate nello stesso modo: alcune per esempio presentano delle decorazioni pavimentali mosaicate, come ad Ostia i casi del Caseggiato di Bacco e Arianna, della la Schola del Traiano e del Sacello degli Augustali di Miseno, mentre altri attestano l’esistenza di strutture permanenti realizzate specificamente per banchettare, come i letti triclinari in muratura del Caseggiato dei Triclini e della ‘Sala delle Panche’ di Pergamo; è probabile che delle strutture simili fossero presenti anche nel mitreo di Tienen ma realizzate in materiale deperibile, essendone state trovate solamente le tracce (fig. 15.4). Nel caso di Khirbet Qumran invece il riconoscimento della funzione del locus 177 è stato possibile grazie al ritrovamento del grande deposito di ceramica nell’ambiente adiacente a quello principale, mentre in quello della sede degli stuppatores di Ostia non sono menzionati elementi che dimostrino la natura di sala per i banchetti attribuita al cosiddetto cenatorium, così come i diversi autori non forniscono delle spiegazioni in merito a come si sia giunti a questa conclusione, suggerendo quindi che essi si siano basati semplicemente sulla forma della stanza stessa per comprenderne la funzione.

La supposta schola di Sagalassos invece rappresenta un caso a parte, poiché in nessuna delle sue fasi edilizie fu realizzato uno spazio appositamente concepito per ospitare dei banchetti: in origine infatti l’edificio era costituito da un unico ambiente il cui punto focale era rappresentato dalla fontana, così come nella successiva espansione e suddivisione in diversi ambienti non ci sono degli spazi chiaramente identificabili come sale da banchetto; un discorso analogo vale per la Curia Augustiana di Ercolano, in quanto anche qui non sono presenti degli ambienti appositamente concepiti per ospitare dei pasti collettivi. In tutti e due i casi vi sono tuttavia delle evidenze che attestano lo svolgimento di eventi conviviali nei rispettivi edifici: per Sagalassos queste consistono nei ritrovamenti delle fosse contenenti depositi di ceramica da mensa e di resti archeozoologici, mentre l’epigrafe rinvenuta all’interno della sede degli Augustali di Ercolano dimostra che questi parteciparono ad almeno un banchetto.

Il fatto che questi edifici non posseggano degli ambienti espressamente concepiti per consumare i pasti collegiali è tuttavia significativo poiché, come ha sottolineato Annapaola Zaccaria Ruggiu, «il banchetto, in quanto attività sociale, si riflette nella predisposizione e nella organizzazione architettonica degli spazi collettivi, siano essi quelli pubblici della città, civici o religioso-cultuali, oppure quelli degli edifici domestici»285; questa considerazione suggerirebbe quindi che per i frequentatori della supposta schola di Sagalassos e per gli Augustali di Ercolano l’aspetto conviviale non dovesse ricoprire un ruolo cardine nella propria organizzazione degli spazi associativi. Nel caso di Ercolano tuttavia sembrano esserci state diverse ragioni che hanno motivato questa scelta: gli studiosi hanno infatti messo in evidenza come la costruzione dell’edificio sia stata guidata dalla volontà degli Augustali di realizzare la propria sede associativa in una posizione ben precisa all’interno di un’area particolarmente importante286; questa decisione avrebbe però comportato dei compromessi tra le proprie esigenze e gli spazi effettivamente a disposizione per la realizzazione dell’edificio, poiché esso si inseriva nello spazio compreso tra strutture preesistenti quali erano il Cardo III e la ‘Casa del colonnato tuscanico’. È quindi probabile che gli Augustali optarono per realizzare una struttura polifunzionale in grado di soddisfare molteplici esigenze, il che ci porta ad ipotizzare che una medesima logica potrebbe aver guidato anche i fruitori della ipotizzata

schola di Sagalassos: anch’essi infatti, pur attuando delle modifiche alla pianta dell’edificio,

non ritennero il caso di realizzare uno spazio esclusivamente dedicato alle attività conviviali privilegiato piuttosto l’opzione di utilizzare le diverse stanze in modo più versatile.

Diverse sedi associative si trovano inoltre in contesti particolarmente frequentati, come nei pressi di edifici e spazi pubblici o di assi viari: ad Ostia per esempio il Caseggiato dei Triclini confinava ad est con il cosiddetto ‘Foro della statua eroica’, mentre gli ingressi della Schola del Traiano e della Curia Augustiana di Ercolano si aprivano lungo i Decumani Massimi delle rispettive città; il mitreo di Tienen e il sito di PQ2 di Sagalassos erano invece posti tra due assi viari che attraversavano le aree artigianali delle rispettive periferie, mentre il Sacello degli Augustali di Miseno e la ‘Sala delle Panche’ di Pergamo si affacciavano su delle piazze. È tuttavia importante sottolineare che alcune sale da banchetto si trovavano all’interno della sede associativa, il cui ingresso si apriva generalmente su peristili o cortili, come nel caso del Caseggiato dei Triclini, della Schola del Traiano e della sede degli stuppatores, mentre il

biclinium del Caseggiato di Bacco e Arianna era posto sotto un porticato che si affacciava

sullo spiazzo antistante.

285 Cit. Zaccaria Ruggiu 2003, pag. 60. 286 Laird 2015, pag. 114-115.

Gli ambienti interpretati come spazi conviviali sono di dimensioni varie, i più ampi dei quali sono la ‘Sala delle Panche’ di Pergamo (240 m2) e la Curia Augustiana di Ercolano (180 m2), anche se per quest’ultima è importante tenere in considerazione lo spazio occupato dal sacello di età neroniana, il quale avrebbe ridotto la superficie effettivamente utilizzabile (155 m2); seguono poi la presunta schola di Sagalassos (Space 4+Room 3: 130 m2) e la sala da pranzo di Khirbet Qumran (100 m2), mentre gli altri casi attestano misure comprese tra i venti e gli ottanta metri quadrati287; per alcuni di questi ambienti gli studiosi hanno ipotizzato il numero di persone che sarebbero stati in grado di ospitare, tra cui il Caseggiato dei Triclini di Ostia, il mitreo di Tienen e della ‘Sala delle Panche’ di Pergamo288. Per la supposta schola di Sagalassos invece gli archeologi non hanno proposto delle stime sulla capacità dell’edificio, ma è importante sottolineare che è stata esclusa la possibilità che sia stato in grado di ospitare tutti i settantacinque partecipanti al ‘banchetto finale’, ipotesi plausibile se si considera che per la ‘Sala delle Panche’ di Pergamo è stata stimata una capienza di settanta persone e che occupa in assoluto la superficie maggiore tra i vari siti esposti, il che suggerisce che il numero dei frequentatori abituali dell’edificio fosse piuttosto esiguo.

Nei casi del Caseggiato dei Triclini, della sede degli stuppatores di Ostia, del sito di PQ2 e di Khirbet Qumran sono state inoltre individuate le cucine dei rispettivi edifici, ma tra di esse sono presenti alcune differenze: nei primi tre contesti per esempio questi ambienti si collocano generalmente nei pressi delle sale da banchetto, posizione evidentemente legata all’esigenza di servire rapidamente le pietanze preparate; si può inoltre notare che nei casi di Ostia gli ambienti per la preparazione dei cibi sono posti all’interno della sede associativa, mentre a Sagalassos la cucina consiste in una stanza realizzata all’esterno dell’edificio principale, le cui ragioni risiedono probabilmente nella posizione topografica delle diverse scholae all’interno dei rispettivi contesti urbani: infatti il sito di PQ2 si trova in un’area del Suburbium in cui non sono presenti altri edifici o infrastrutture nelle immediate vicinanze, permettendo quindi ai frequentatori dell’edificio di realizzare un ambiente esterno alla sede associativa vera e propria, opzione che invece ad Ostia sarebbe stata preclusa. Un altro punto di interesse a proposito della cucina della ipotetica schola di Sagalassos riguarda la scelta di dove realizzare la struttura: è stato infatti evidenziato che l’area era già in precedenza utilizzata per preparare dei cibi, probabilmente con strutture in materiali deperibili, suggerendo quindi che per gli occupanti dell’edificio fosse normale cucinare all’esterno della sede associativa.

287 Caseggiato di Bacco e Arianna: 26 m2; Caseggiato dei Triclini: 36 m2 (x4); mitreo di Tienen: 42 m2; sede degli

stuppatores: 50 m2; Sacello degli Augustali: 55 m2; Schola del Traiano: 76 m2.

Il caso di Qumran (loci 38-41) si pone invece in netto contrasto con quanto affermato a proposito degli altri spazi adibiti alla preparazione dei pasti, in quanto si trova dalla parte opposta rispetto alla sala da pranzo, le cui ragioni risiedono probabilmente nel fatto che nello stesso ambiente venivano preparati sia i cibi che sarebbero stati serviti presso la torre, in cui avrebbero risieduto il proprietario terriero o il proprio incaricato con le rispettive famiglie289, sia i pasti dei servitori e dei lavoratori agricoli, suggerendo quindi che si sia preferito collocare la cucina il più vicino possibile alla ‘parte nobile’ dell’insediamento; quest’ultimo contesto testimonia inoltre un ambiente in cui erano conservate le stoviglie impiegate durante i pasti collettivi.

Alcuni di questi siti consentono inoltre di ottenere informazioni in merito alle occasioni in cui le strutture conviviali erano utilizzate: a questo proposito il Sacello degli Augustali di Miseno rappresenta un caso unico, in quanto sono attestati sia un ambiente chiaramente identificabile come sala per banchetti sia delle evidenze epigrafiche che hanno confermato l’effettivo svolgimento di precisi eventi conviviali, così come nei casi del mitreo di Tienen, della ‘Sala delle Panche’ di Pergamo, della supposta schola di Sagalassos e della sala da pranzo di Khirbet Qumran è dimostrato un frequente consumo di pasti comunitari nei rispettivi edifici associativi, anche se riconducibili ad ambiti diversi: nei primi due per esempio si sarebbero svolti dei banchetti strettamente collegati con le proprie attività cultuali, in quanto sia nelle pratiche rituali mitraiche che in quelle dionisiache era riservata grande importanza alla convivialità, mentre per Khirbet Qumran la sala da pranzo sarebbe stata semplicemente utilizzata per i pasti quotidiani dei lavoratori e dei servitori che lavoravano presso la tenuta. Per Sagalassos invece non è possibile comprendere appieno in che occasioni si svolgessero i banchetti non conoscendo la natura dell’associazione che risiedeva nella ipotetica schola, ma il deposito di rifiuti rinvenuto all’esterno della parete orientale e la realizzazione della cucina suggeriscono che l’edificio dovesse essere utilizzato frequentemente per consumare dei pasti collettivi, se non addirittura regolarmente. È inoltre importante sottolineare che questo sito insieme a quello di Tienen non testimoniano solamente lo svolgimento di banchetti periodici ma anche di occasioni straordinarie, poiché in entrambi i casi sono stati scoperti i resti di importanti eventi festivi quali la celebrazione del solstizio d’estate e il ‘banchetto finale’ che ha sancito l’abbandono della presunta schola. Questi ritrovamenti sono inoltre importanti in quanto hanno previsto il seppellimento rituale del vasellame utilizzato e dei rifiuti dei pasti, che nel caso di Tienen sarebbe stata una pratica comune290 mentre in quello di Sagalassos

289 Hirschfeld 1998, pag. 180.

290 Marleen Martens ha infatti sottolineato che nelle province occidentali il seppellimento dei resti di feste, inclusi quelli

rappresenterebbe un’eccezione291, il che sottolinea l’importanza simbolica ricoperta da questo evento per l’associazione che occupava l’edificio di PQ2. D’altronde anche a Khirbet Qumran sono stati trovati dei depositi di vasellame da mensa e di resti archeozoologici a cui è stato in primo tempo attribuito un valore simbolico, ma attualmente si è propensi ad escludere questa interpretazione e a considerare i resti rinvenuti semplicemente come i rifiuti dei pasti consumati all’interno della sala da pranzo.

Dal punto di vista archeologico solo il mitreo di Tienen, la ‘Sala delle Panche’ di Pergamo, la supposta schola di Sagalassos e il sito di Khirbet Qumran sono stati in grado di fornire informazioni in merito a ciò che poteva essere consumato in questi banchetti: in tutti i casi sono attestati i resti di bovidi, mentre i suini sono assenti dai depositi di Qumran sicuramente a causa della fede ebraica professata dagli abitanti e dai lavoratori dell’insediamento, così come nel sito di PQ2 non è attestato pollame, ma in quest’ultimo caso non è possibile spiegarne le ragioni; tra i resti archeozoologici di Pergamo inoltre non sono menzionati resti di ovini, contrariamente agli altri contesti, mentre Tienen rappresenta l’unico caso in cui è attestata chiaramente la presenza di pesce, garum e olio, mentre il rinvenimento di numerose lucerne presso la presunta schola di Sagalassos dimostra la sua presenza anche in questo sito, almeno come fonte di illuminazione; in tutti i siti sono invece assenti elementi concreti che attestino la presenza di vino, anche se almeno nei casi del mitreo di Tienen e della ‘Sala delle Panche’ se ne potrebbe ipotizzare il consumo, nel primo caso per via del rinvenimento della coppa decorata con la scritta ‘PROPINO TIBI’, nel secondo per la frequentazione dell’edificio da parte di un’associazione dionisiaca; in alcuni casi sono inoltre attestati i metodi di cottura dei cibi consumati: sia a Qumran che a Sagalassos per esempio è attestata la bollitura delle ossa animali, che in quest’ultimo caso sarebbe stata finalizzata ad ottenere delle zuppe, mentre sussistono delle incertezze in merito alla grigliatura di alcuni resti animali presso Qumran. A questo punto, conclusa la sezione riassuntiva delle evidenze emerse dai diversi contesti, una prima questione su cui occorre riflettere riguarda l’effettiva fruibilità dei diversi spazi in si sarebbero svolti dei pasti comunitari, poiché in diversi casi gli ambienti espressamente concepiti per banchettare risultano essere chiaramente insufficienti a contenere tutti i membri delle rispettive associazioni. L’esempio più eclatante è rappresentato dal Caseggiato dei Triclini, in cui non solo le sale da pranzo ma anche il peristilio interno difficilmente sarebbero stati in grado di ospitare più di trecentocinquanta persone, così come il triclinio del Sacello degli Augustali di Miseno non avrebbe potuto ospitare interamente un centinaio di commensali; tuttavia in quest’ultimo caso le fonti epigrafiche attestano una serie di eventi

conviviali svoltisi nei pressi della sede associativa, il che porta quindi in che modo questi ambienti fossero utilizzati. È stato quindi ipotizzato che sia stata utilizzata anche la piazza antistante il Sacello stesso, considerazione che si può d’altronde applicare anche per i grandi eventi festivi che si svolsero a Tienen e a Sagalassos, poiché anch’essi si svolsero utilizzando l’area che circonda le rispettive sedi associative. Questi casi dimostrano quindi che all’occorrenza potevano essere utilizzati altri spazi non necessariamente concepiti per ospitare eventi conviviali, in alcuni casi sfruttando addirittura il suolo pubblico. Tuttavia per il caso di Miseno permane il dubbio su chi effettivamente utilizzasse il triclinio in queste occasioni, ma è già stato sottolineato come in questo caso l’ipotesi più plausibile è che siano stati gli ufficiali dell’associazione e gli eventuali ospiti importanti ad esservi ospitati. Tuttavia è importante sottolineare che questi eventi sono riconducibili a circostanze straordinarie, come inaugurazioni o festività, alle quali avrebbe quindi partecipato un numero eccezionale di persone, il che porta dunque a chiedersi se i diversi ambienti potessero essere utilizzati in modo più frequente. I resti rinvenuti nelle fosse all’esterno del muro orientale di Sagalassos292, i frammenti di ossa rinvenuti nei diversi strati del pavimento della ‘Sala delle Panche’ di Pergamo293 e i depositi sparsi in diversi punti di Khirbet Qumran294 per esempio hanno portato a concludere che i diversi siti ospitassero regolarmente degli eventi conviviali, mentre nel caso di Tienen è possibile ipotizzare che nel mitreo si siano svolti periodicamente i banchetti legati al culto della divinità o alle celebrazioni delle diverse ricorrenze religiose, ipotesi che si può d’altra parte estendere anche al Caseggiato di Bacco e Arianna vista l’importanza ricoperta dalla convivialità nel culto di Serapide. Al contrario per gli altri siti non vi sono indizi che permettano di ipotizzare un utilizzo periodico delle sale da banchetto, in quanto sia a Miseno che ad Ercolano sono attestati solamente eventi straordinari; questo fatto ci potrebbe quindi suggerire che le rispettive sedi associative non fossero stabilmente occupate ma utilizzate forse solamente per occasioni di rappresentanza o per ospitare eventi ufficiali, ma questa ipotesi necessiterebbe di ulteriori evidenze.

Diversi casi attestano inoltre che ai vari banchetti non avrebbero partecipato sempre le stesse persone: a Miseno per esempio sembrerebbe essere esistita una suddivisione dei membri del

collegium degli Augustali in due diversi gruppi295, uno dei quali avrebbe potuto partecipare solo se espressamente invitato, come suggerirebbe l’iscrizione che commemora l’inaugurazione del pronao del Sacello, mentre ad Ercolano è attestata una cena a cui

292 Vedi supra, nota 255. 293 Vedi supra, nota 258 294 Vedi supra, nota 275; 279. 295 Vedi supra, nota 177.

parteciparono sia gli Augustali stessi che i decurioni, quindi poteva capitare che in alcuni eventi conviviali mangiassero insieme associati ed invitati esterni al gruppo stesso; nel caso degli eventi periodici che si tenevano nel mitreo di Tienen si può affermare che fossero limitati agli iniziati, data la forte riservatezza di questo culto, mentre per Sagalassos non è possibile esserne certi, non conoscendo l’identità dei frequentatori del sito di PQ2; in entrambi i casi tuttavia i gruppi che frequentavano i rispettivi edifici non erano particolarmente numerosi, date le dimensioni degli ambienti associativi, mentre in occasione dei due eventi festivi avrebbero partecipato molte più persone, probabilmente estranee alle associazioni stesse: il ‘banchetto finale’ di Sagalassos a questo proposito è particolarmente interessante in quanto attesterebbe la presenza di donne, ma non vi sono altre informazioni a riguardo; è invece molto improbabile che al banchetto del Solstizio d’estate vi sia stata una partecipazione femminile, vista la forte esclusività di genere che caratterizza il culto mitraico.

Anche per questo evento sussistono tuttavia dei dubbi in merito all’identità di chi vi prese parte e gli autori non forniscono ipotesi concrete a riguardo, ma data la forte valenza religiosa della festa è probabile che si trattasse di persone in qualche modo legate a questa associazione, pur non essendo chiaro in che modo. A prescindere da queste considerazioni i vari casi menzionati sono importanti in quanto testimoniano da una parte l’esistenza di eventi strettamente riservati ai membri di un gruppo, che in alcuni casi potevano essere addirittura preclusi a certe categorie di associati, e dall’altra di occasioni in cui avrebbero partecipato anche persone estranee al ristretto gruppo dei membri.

Vi sono invece diverse attestazioni di spazi dedicati alla preparazione dei cibi, alcuni dei quali posti all’interno delle rispettive sedi associative, come il Caseggiato dei Triclini e la sede degli

stuppatores, mentre in altri casi sono degli ambienti autonomi rispetto agli edifici conviviali,

come a Sagalassos e a Khirbet Qumran. Questi due tipi di evidenze sollevano alcuni spunti di riflessione: si può infatti constatare che nei primi due casi le sedi associative si trovano in contesti urbani circondate da strutture preesistenti, mentre il sito di PQ2 si colloca, come è già stato sottolineato, in un contesto suburbano privo di ostacoli nelle immediate vicinanze, mentre il caso di Qumran consiste in un insediamento rurale i cui edifici vennero costruiti in diversi periodi seguendo un certo criterio logico. Queste considerazioni ci portano ad ipotizzare che da una parte i frequentatori delle scholae di Ostia furono vincolati nelle loro scelte edilizie dai contesti in cui si inserivano, costringendoli quindi a realizzare questi ambiente all’interno della sede associativa, mentre a Sagalassos e a Qumran ci fu la possibilità di collocarli nelle posizioni desiderate, le quali sembrano seguire ragioni diverse: per il primo caso infatti non si fece altro che ‘monumentalizzare’ un’area che già precedentemente era

utilizzata con il medesimo scopo, mentre nel secondo la posizione era probabilmente vincolata a ragioni pratiche e, secondariamente, notabili, in quanto la collocazione nei pressi della torre