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II I SITI ARCHEOLOGIC

II.5 UNA SCHOLA a SAGALASSOS?: il caso di PQ

II.5.3 EVENTI CONVIVIALI a PQ

Riassumendo, nella Fase 1 l’edificio è caratterizzato dall’esistenza di un unico grande ambiente, in cui la fontana, e di conseguenza l’acqua, sembra ricoprire un ruolo importante per i frequentatori della struttura; nella Fase 2 invece la situazione cambia, per cui l’ edificio viene innanzitutto ingrandito e dotato di un secondo ingresso, la grande sala viene suddivisa in diversi ambienti più piccoli e la fontana, per quanto rimanga in uso, sembra perdere quel ruolo di preminenza precedentemente ricoperto; infine la fontana, con le ultime modifiche dell’organizzazione dello spazio interno, perde definitivamente il suo utilizzo come fonte di acqua corrente, pur continuando ad essere utilizzata in qualche modo.

Lungo la parete orientale dell’edificio è stato quindi messo in luce un grande deposito di ceramica e ossa animali che è stato oggetto di un dettagliato studio statistico e archeozoologico. La ceramica rinvenuta consiste in maggioranza di vasellame per servire e consumare cibo prodotta nella cosiddetta SRSW Phase 4, datata alla seconda metà del II sec. d.C., mentre le tipologie riconosciute appartengono in particolare a ciotole 1B150/1B170/ 1B190-1 (fig. 26), piatti1C100/1C120-3/1C190-1 (fig. 27) e un contenitore tipo 1F150 (fig. 28), che è stato classificato come cratere o lekanè.Quest’ultimo costituisce la percentuale maggiore tra le altre tipologie attestate (22%) e poteva avere una funzione multiuso, in particolare per servire le pietanze o come coppa per il consumo di cibo e bevande e poteva essere utilizzato da più persone; segue la tipologia 1C100 (21%), un piatto poco profondo adatto a porzioni individuali di cibo; vi sono poi i tipi 1B150, 1B170 e 1B190-1 (rispettivamente 15%; 13%; 18%), ciotole adatte al consumo individuale sia di liquidi che di cibi solidi; le tipologie meno attestate sono infine le 1C120-3 e 1C190-1 (4%; 5%), corrispondenti a piatti larghi adatti ad essere utilizzati da più persone. Questo ha portato gli autori a interpretare questi resti come vasellame da mensa atto al servizio e al consumo di pasti243. È stato inoltre sottolineato come i manufatti siano di seconda qualità, in particolare a causa della verniciatura «non spessa e lucida, com’è frequente nella contemporanea ceramica a vernice rossa di Sagalassos, ma sottile e sbiadita, che porta ad una colorazione meno uniforme del manufatto»244.

243 De Cupere 2015, pag. 186-187, Tavola 5. 244 Cit. Ibidem, pag. 187.

Fig. 26

Ciotole tipo 1B150, 1B170, 1B190

provenienti dalla fossa presso il muro orientale (da Poblome 1999)

Fig. 27

Piatti tipo 1C100, 1C120-3, 1C190-1

provenienti dalla fossa presso il muro orientale (da Poblome 1999)

Fig. 28

Contenitore tipo 1F150

proveniente dalla fossa presso il muro orientale (da Poblome 1999)

I resti archeozoologici appartengono invece a bovidi (58%), capridi (14%) e suini (27%); di questi la maggior parte appartengono a parti apprezzate dell’animale, come gli arti inferiori, vertebre, mandibole e le parti della testa con maggior apporto nutritivo; queste ultime sono state trovate anche per i maiali, insieme a frammenti di cranio, mandibola, arti inferiori e costole. Per i caprovini sono state trovate mandibole, costole e le parti con maggior apporto di carne245.

È stato tuttavia notato che gli animali furono uccisi tutti ad un’età avanzata246, suggerendo quindi che si sia trattato di carne di seconda scelta. Sulle ossa bovine sono state inoltre notate tracce di macellazione legate alla disarticolazione, alla rimozione della carne e alla frammentazione delle ossa stesse; tuttavia l’assenza di epicondili laterali e mediali dell’omero e di teste del femore tra l’assortimento delle epifisi rinvenute ha fatto comprendere agli studiosi che la macellazione degli animali avvenne altrove e che le ossa giunsero sul sito già prive della carne247. Queste considerazioni, insieme all’osservazione dell’alta percentuale di frammentazione delle ossa, hanno fatto ipotizzare agli studiosi che i resti animali siano stati bolliti per la preparazione di zuppe o brodi. Queste pietanze erano infatti cucinate facendo bollire le epifisi e i frammenti di ossa al fine di ottenere il grasso in esse contenuto248. È stato quindi sottolineato che riferimenti questi piatti sono ricollegabili a contesti sociali umili, in particolare alle classi lavoratrici. Tutte queste considerazioni hanno dunque fatto ipotizzare che nella seconda metà del II sec. d.C. in questo edificio venissero frequentemente consumati dei pasti collegiali da persone di umile estrazione249.

È stato scoperto inoltre un altro grande deposito di ceramica e resti animali, il quale tuttavia non è ancora stato oggetto di uno studio dettagliato quanto il precedente250.

Esso è stato trovato all’interno dell’edificio, precisamente negli ambienti Room 1, Room 2 e

Space 4, ed è costituito da una serie di buche riempite di vasellame da mensa, resti animali e

frammenti di vetro e coperte da un unico spesso strato di terra e rifiuti.

Il vasellame è stato rinvenuto integro o in una condizione di anatomical order, come è stato definito da Johan Claeys (fig. 29 a). È stato quindi calcolato un Numero Minimo di Individui di 13 ciotole, 18 piatti e 52 piccole coppe. A questi elementi si aggiungono inoltre un gran numero di lucerne, diversi oggetti in osso, tra cui due cucchiai e diversi aghi e spilloni crinali (fig. 29 b), infine due oggetti in pietra che sono stati interpretati come pedine da gioco (fig. 245 De Cupere 2015, pag. 178. 246 Ibidem, pag. 182-183. 247 Ibidem, pag. 191-192. 248 Ibidem, pag. 192-194. 249 Claeys 2016, pag. 267-268.

29 c). Le ossa animali sono state invece trovate omogeneamente mescolate con la ceramica, in alcuni casi ancora contenuti nei rispettivi recipienti, ma meno conservate rispetto a quelle rinvenute nella fossa lungo il muro orientale; sono state inoltre rinvenute nove monete che coprono un periodo compreso tra il 160 e il 270 d.C., permettendo di individuare nella fine del III sec. d.C. il terminus post quem per la loro deposizione251.

Tutte queste osservazioni hanno portato gli studiosi a ritenere che il contenuto delle buche sia stato deposto nell’arco dello stesso evento, il quale sarebbe consistito in un banchetto che sarebbe avvenuto probabilmente di notte o all’interno dell’edificio stesso, data la massiccia presenza di strumenti di illuminazione. Ad esso vi avrebbero partecipato almeno 75 persone ca., ognuna delle quali avrebbe ricevuto una ciotola, un piatto e una coppa come corredo personale per mangiare; infine, alla conclusione dell’evento, gli invitati avrebbero buttato la propria dotazione personale insieme ai resti del pasto. Questo banchetto avrebbe quindi sancito l’abbandono dell’edificio, non essendo state trovate prove di un suo utilizzo negli anni successivi, portando gli archeologi a definirlo ‘banchetto finale’252.

L’attestazione di questo grande evento conviviale ha portato quindi gli studiosi a fare un confronto con il deposito scoperto all’esterno dell’edificio. È stato notato che il rapporto ceramica/ossa animali nei due contesti è differente:nel caso della fossa vicino alla parete orientale infatti è stata riscontrata una netta sproporzione a favore dei resti animali (ca. 46 Kg totali di ossa contro i ca. 20 Kg. dei frammenti ceramici)253, mentre in quello del ‘banchetto finale’ la differenza sarebbe stata meno drammatica, anche se mancano dati certi a cui affidarsi254. Ciò ha fatto ipotizzare quindi che la fossa rinvenuta all’esterno dell’edificio sia da considerare una discarica dei diversi pasti collettivi che hanno avuto luogo nella struttura, e che il vasellame presente sia da ricollegare a delle rotture incidentali255.

251 Claeys 2016, pag. 277-278; Claeys-Poblome 2017, pag. 26. 252 Claeys 2016, pag. 270-278.

253 Ibidem, pag. 269, tavole 7.1-7.2. 254 Ibidem, pag. 274, nota 938. 255 Ibidem, pag. 274.

Fig. 29

Oggetti rinvenuti all’interno delle fosse del cosiddetto ‘banchetto finale’

In conclusione, come è stato evidenziato dagli autori stessi, la schola di PQ2 nel corso del II secolo mutò la propria forma originale per rispondere a delle nuove esigenze, le quali sarebbero state in qualche modo legate al consumo dei pasti collettivi degli occupanti. L’edificio avrebbe quindi mantenuto questa sua natura fino al momento del suo abbandono, segnato da un ultimo grande banchetto. Questo non deve tuttavia portare a ritenere che questo fosse il suo uso esclusivo: infatti l’assenza di strutture permanenti al suo interno suggerisce che essa potesse essere utilizzata per ospitare anche le attività non strettamente riconducibili alla convivialità, e che quindi possedesse una natura polifunzionale.

È probabile che questi banchetti si svolgessero su tavoli e sedie movibili, che quando non erano necessari erano riposti in altri ambienti. È inoltre molto probabile che il ‘banchetto finale’ si sia svolto anche all’esterno dell’edificio stesso, in quanto difficilmente sarebbe stato in grado di ospitare tutti gli invitati al suo interno256, il che suggerisce che molto probabilmente in questo edificio potesse mangiasse abitualmente un gruppo piuttosto esiguo di persone.

II.6 La ‘SALA DELLE PANCHE’ di PERGAMO: una sede DIONISIACA