• Non ci sono risultati.

L'equity crowdfunding, una possibile soluzione al credit crunch. Analisi della piattaforma inglese Seedrs.

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "L'equity crowdfunding, una possibile soluzione al credit crunch. Analisi della piattaforma inglese Seedrs."

Copied!
130
0
0

Testo completo

(1)

INDICE

Introduzione

Capitolo I: Il Crowdfunding, panoramica ed introduzione al fenomeno 1.1. Descrizione del fenomeno

1.2. I diversi modelli del crowdfunding

1.2.1. Donation-based crowdfunding 1.2.2. Reward-based crowdfunding 1.2.3. Lending-based crowdfunding 1.2.4. Equity-based crowdfunding

1.4. Vantaggi e rischi delle piattaforme di crowdfunding 1.5. Tutti i numeri del fenomeno crowdfunding

Capitolo II: La disciplina normativa del crowdfunding 2.1. Il contesto economico e legislativo

2.2. La disciplina italiana

2.2.1. Breve panoramica delle start-up in Italia 2.2.2. Il Decreto Legge n.179/2012

2.2.2.1. Le start-up innovative

2.2.2.1.1. Agevolazioni e deroghe alla normativa societaria 2.2.2.1.2. Disposizioni in materia di assunzioni

2.2.2.1.3. Agevolazioni fiscali per gli investitori 2.2.2.2. Gli incubatori certificati

2.2.3. Il Regolamento Consob

2.2.3.1. Le responsabilità dei gestori della piattaforma 2.2.3.1.1. Gli obblighi di condotta

2.2.3.1.2. Gli obblighi di informativa 2.2.3.2. Provvedimenti sanzionatori o cautelari 2.2.3.3. L’investitore sponsor

2.2.4. Le novità introdotte dal recente Decreto Legge n.3/2015 2.3. Normative relative al crowdfunding in Paesi diversi dall’Italia

2.3.1. La situazione statunitense 2.3.2. La situazione europea

(2)

2.3.2.1. La Gran Bretagna

2.3.2.2. La Francia

2.3.2.3. La Germania

Capitolo III: Il crowdfunding in Italia

3.1. Breve storia del crowdfunding in Italia 3.2. Il mercato italiano del crowdfunding 3.3. I principali casi di successo

3.4. Le piattaforme di crowdfunding presenti sul mercato nazionale

Capitolo IV: Seedrs: la prima piattaforma ad ospitare una campagna intercontinentale di equity crowdfunding

4.1. Skins: storia del marchio e prospettive di sviluppo 4.2. Il portale inglese di equity crowdfunding Seedrs

4.2.1. Informazioni per gli investitori

4.2.1.1. Come diventare un investitore

4.2.1.2. Il periodo post-investimento e le agevolazioni fiscali in UK 4.2.2. Informazioni sulla pianificazione di una campagna di crowdfunding 4.2.2.1. La creazione di una campagna di raccolta fondi

4.2.2.2. L’esecuzione di una campagna di raccolta fondi 4.2.2.3. La vita dopo il finanziamento

4.2.3. I principali casi di successo finanziati attraverso Seedrs

Conclusioni

Bibliografia

(3)

Introduzione

Il crowdfunding è una nuova forma di finanziamento, nata per combattere il fenomeno del credit crunch, consistente in un processo di raccolta fondi di tipo collettivo realizzato tramite portali online, per sostenere una serie di progetti o iniziative. Il crowdfunding, che può essere tradotto letteralmente in italiano come “finanziamento della folla” consente ai singoli soggetti di richiedere finanziamenti ad un pubblico indistinto di persone (“crowd=folla”).

Il fenomeno è divenuto oggetto di discussione a seguito dell’emanazione del Decreto Legge 18 ottobre 2012 n.179 (Decreto Crescita bis) convertito in Legge n.221 del 17 dicembre 2012, e successivamente con il Regolamento Consob di cui alla delibera n.18592 del 26 giugno 2013, che hanno consentito all’Italia di essere il primo Paese in Europa a regolamentare il modello equity-crowdfunding.

Nella prima parte dell’elaborato si procederà innanzitutto ad una descrizione generale del fenomeno, della sua nascita e dei diversi modelli che si sono affermati: donation-based,

reward-based, lending-based e equity-based; inoltre si cercherà di individuare e

descrivere sia i benefici e i rischi di cui devono essere a conoscenza gli investitori e le imprese che fanno ricorso alle piattaforme di crowdfunding, sia i numeri raccolti fino ad oggi dall’industria mondiale del crowdfunding.

Il secondo capitolo rappresenta il focus centrale dell’elaborato dove la disciplina viene scomposta in primaria (Decreto Crescita bis) e secondaria (Regolamento Consob), per poi procedere ad una analisi da un punto di vista legislativo, mettendo in evidenza le critiche alla normativa e le possibili soluzioni o modifiche che potrebbero migliorare o rendere più semplici le procedure necessarie. Infine è risultato interessante condurre un’analisi comparativa con le normative di altri stati europei e degli Stati Uniti, paese con il quale si è deciso di procedere ad un confronto più approfondito per il suo primato nel numero di transazioni di crowdfunding.

Nel terzo capitolo l’obiettivo è quello di comprendere, da un punto di vista quantitativo, lo sviluppo del crowdfunding in Italia; partendo da un’analisi delle principali tappe che lo hanno portato a guadagnarsi un così grande successo, si arriverà a capire nel dettaglio quella che è, ad oggi, la composizione del mercato italiano del crowdfunding. Il capitolo terminerà con una breve descrizione delle principali campagne di crowdfunding di successo che sono state condotte in questi ultimi anni e con un’elencazione delle

(4)

piattaforme di crowdfunding, raggruppate per modello, attualmente presenti sul web italiano.

Ai fini di una corretta comprensione dell’equity crowdfunding non si può prescindere dallo studio di un caso specifico, ed è per questo che l’elaborato terminerà con un capitolo interamente dedicato all’analisi sul funzionamento del portale inglese Seedrs. Partendo da una descrizione generale della campagna intercontinentale Skins, ci si propone di analizzare le peculiarità e le modalità operative di Seedrs, con particolare attenzione all’iter che le imprese devono seguire per la pubblicazione di un progetto e alle fasi che invece caratterizzano il percorso dell’investitore per aderire ad un’offerta pubblicata sul portale. Seedrs infatti, oltre ad essere uno dei maggiori portali

equity-based presenti nel Regno Unito, vanta un primato a livello mondiale; infatti è il primo e

unico portale che, assieme alla piattaforma neo-zelandese Equitise, ospita la prima campagna intercontinentale di equity crowdfunding in Europa e Oceania, la campagna

Skins.

Il capitolo termina con una panoramica delle principali campagne di crowdfunding che sono state finanziate con successo attraverso Seedrs.

(5)

Capitolo I: Il Crowdfunding, panoramica ed introduzione al fenomeno

1.1.  

Descrizione del fenomeno

Il concetto fondamentale quando vengono trattati argomenti come quello del crowdfunding, del crowdsourcing e di qualsiasi genere di finanziamento che avviene attraverso donazioni da parte di molte persone consiste nella partecipazione collettiva e nel senso di appartenenza ad una causa, sia essa umanitaria, di beneficienza oppure con dichiarati scopi di guadagno. Dal termine, che racchiude le informazioni basilari e necessarie per comprenderne il funzionamento, si evince che è un fenomeno che prevede due pilastri fondamentali: una folla, un insieme di persone (crowd) che, attraverso una donazione (funding), partecipano alla realizzazione di un progetto.

Questa definizione non racchiude pienamente un fenomeno che ha portato con sé non solo grandi cambiamenti da un punto di vista economico e legislativo, ma anche di carattere sociologico, fondati sul crescente coinvolgimento delle masse nella partecipazione alla vita sociale, economica e civile, attraverso il web.

Tuttavia, il fenomeno del crowdfunding, che adesso viene imprescindibilmente collegato ad internet, è nato in realtà molto prima che la rete divenisse il principale flusso di informazioni, proprio perché ha, come fondamento, la condivisione di un’idea. A conferma di questa affermazione Piattelli1, all’interno della sua trattazione2, sostiene che il primo esempio di raccolta fondi attraverso il finanziamento collettivo sia avvenuto nel 1884 negli Stati Uniti, in occasione della costruzione del piedistallo per la Statua della Libertà. Per riuscire a completare questa costruzione, che l’American Commitee3 non era in grado di finanziare in toto, si adoperò Joseph Pulitzer, editore di un famoso giornale di New York, il quale promise a chiunque avesse donato qualche dollaro, una menzione all’interno della pubblicazione.

                                                                                                               

1 Umberto Piattelli è un avvocato, abilitato nel 1996, che fornisce assistenza ai clienti che operano prevalentemente nel settore finanziario e industriale. È autore di numerose pubblicazioni e partecipa, in qualità di relatore, a seminari ed eventi sia in Italia che all’estero; è stato il primo a pubblicare un testo giuridico a commento della normativa che ha regolato l’equity crowdfunding.

2 Piattelli U., Il Crowdfunding in Italia, Giappichelli Editore, 2013, p.3.

3 “Organizzazione senza scopo di lucro, dedicata ad educare la nazione sulle minacce attuali che si ritiene stiano affrontando gli Stati Uniti, con particolare riferimento alla lotta contro l’estremismo islamico”, da www.wikipedia.com.  

(6)

Questo far leva sul senso di appartenenza dei cittadini e sul riconoscimento morale delle donazioni permise di raggiungere in poco tempo la somma necessaria al completamento dell’opera; questo è ciò che ad oggi continua ad accadere in modo amplificato e trasmesso non più attraverso la carta stampata, ma attraverso la rete. Da questa esperienza emerge, sin da subito, l’enorme potenziale del pubblico e del suo coinvolgimento, cioè quello di essere una risorsa di idee e contributi innovativi per lo scenario economico e non solo. Proprio su questo aspetto si fonda il crowdsourcing, il quale dà valore al personale contributo di qualsiasi soggetto interessato a partecipare e a condividere le proprie capacità artistiche e creative.

Il termine crowdsourcing, definito come “la raccolta di contributi da parte di molti

individui per raggiungere un obiettivo”4, è stato usato per la prima volta nel 2006 da Jeff Howe e Mark Robinson nell’articolo dal titolo “The Rise of Crowdsourcing” pubblicato su Wired Magazine, all’interno del quale si spiega come sia cambiato il ruolo della massa, prima timida e restia a condividere, adesso ansiosa di aggregarsi sul web e di riconoscersi in gruppi partecipando così, attivamente, a molti progetti interessanti.

Il crowdfunding è considerato come un’evoluzione in termini monetari proprio del crowdsourcing e la letteratura ha cercato di darne delle definizioni che fossero al contempo concise e chiare. Belleflamme, Lambert e Schwienbacher, riportando le parole di Kleeman, lo definiscono come “un invito aperto per lo più attraverso internet, per la

fornitura di risorse finanziarie sia in forma di donazione o in cambio del futuro prodotto o una qualche forma di ricompensa e/o diritti di voto”5, delimitando l’uso di questa definizione solo ad alcuni casi; Kappel lo descrive invece come “l’atto di generare e

distribuire informalmente fondi, di solito online, da gruppi di persone per specifiche ragioni sociali, personali, di intrattenimento o per altri scopi”6.

                                                                                                               

4 “Collecting contributions from many individuals to achieve a goal”. Rosenberg T., Crowdsourcing a Better World, in “The New York Times”, 28 Marzo 2011, disponibile su www.nytimes.com.

5 “an open call mostly through the Internet , for the provision of financial resources either in form of donation or in exchange for the future product or some form of reward and/or voting rights”. Belleflamme P., Lamberte T., Schwienbacher A., Crowdfunding: tapping the right crowd, CORE Discussion Paper, 2011, p. 5-6.

6 “the act of informally generating and distributing funds, usually online, by groups of people for specific social, personal, entertainment or other purposes”. Kappel T., Ex Ante Crowdfunding and the Recording Industry: A Model for the U.S., Loy L.A. Ent. L. Rev., 2009, vol.29, p. 375.

(7)

Tuttavia nessuna delle due sembra essere sufficientemente esaustiva come la definizione utilizzata all’interno del Jobs Act, che riesce a specificare quale mezzo venga utilizzato, la dimensione modesta dei finanziamenti e il numero consistente dei finanziatori, ovvero i tre pilastri fondamentali per una descrizione definitoria dello strumento: “Il

crowdfunding consiste nell’uso di internet per la raccolta di denaro tramite piccoli contributi da molti investitori”7.

Soffermandosi sul valore e sulla fondamentale importanza del mezzo di comunicazione sopra citato, ovvero Internet, occorre evidenziare come lo sviluppo delle tecnologie Web 2.0 ha reso lo scambio delle informazioni in rete interattivo, creando un pubblico che non solo potesse fruire delle informazioni, ma che potesse contribuire anche alla loro costruzione e al loro scambio e, quindi, alla loro veicolazione.

Questo ha estremamente agevolato la possibilità di far convergere gli interessi di imprenditori e finanziatori, raccolti in community grandi e composite. Nello studio condotto da Agrawal, Catalini e Goldfarb8 si trova la conferma della varietà di finanziatori che potrebbero interessarsi ad un progetto di crowdfunding. Ciò che viene messo in risalto è proprio la composizione del gruppo, formato da soggetti uniti da un interesse comune ma geograficamente posizionati in aree molto diverse.

Occorre a questo punto capire quali siano le motivazioni per cui si è reso necessario trovare un canale di finanziamento alternativo a quelli tradizionali. Secondo Lerro9, la nascita di questo fenomeno è imputabile alla difficoltà di reperimento di capitale, che può essere ricondotto a tre precise ragioni: la mancanza di controvalore sufficiente a garantire l’investimento, le difficoltà a convincere gli investitori e la dimensione ridotta del progetto. Questo significa sollecitare la folla anziché i singoli investitori specializzati, ponendo attenzione su quello che potrebbe suscitare interesse, attrazione e voglia di partecipare. Difatti, la figura dell’investitore privato si concentra, oltre che sul lato economico dell’operazione, anche sul coinvolgimento in un programma che potrebbe far scaturire dei benefici, non solo di tipo monetario.

                                                                                                               

7 All’interno dello “Jumpstart Our Business Startup Act”, legge americana del 5 aprile 2012, si trova la definizione del fenomeno.

8 Agrawal A.K., Catalini C., Goldfarb A., The Geography of crowdfunding, in National Bureau of economic research, http://www.nber.org./papers/w16820, febbraio 2011.

9 Lerro A.M., Equity crowdfunding: investire e finanziare l’impresa tramite internet, Gruppo 24Ore, 2013, p.12.

(8)

1.2. I diversi modelli di crowdfunding

Le piattaforme online che si sono sviluppate negli ultimi anni sono il cuore del fenomeno e ne hanno determinato le diverse modalità di sviluppo, operando come «vetrine» nelle quali esaminare i singoli progetti, riducendo i costi di transazione, affrontando i problemi legati alla legislazione applicabile e diventando il luogo di visita dei finanziatori. Quando un determinato progetto viene pubblicato nella piattaforma online vengono indicati anche l’ammontare minimo delle somme richieste e il tempo entro il quale queste devono essere raccolte. Le piattaforme utilizzano principalmente due metodi: il «tutto o niente» dove il progetto viene finanziato solo se si raggiunge l’importo prefissato e il metodo «prendi tutto» dove il progetto è finanziato a prescindere dalla somma raccolta. Recentemente si è sviluppato un ulteriore modello, in forza del quale i finanziatori vengono remunerati con una percentuale sul prezzo delle vendite del prodotto; quindi il finanziatore verrà remunerato solo se il prodotto sarà venduto sul mercato e in base all’importo finanziato10. Esistono diverse classificazioni delle piattaforme online, ma la principale è sicuramente quella che le distingue in base al tipo di ritorno che viene attribuito ai finanziatori dei progetti. Occorre tuttavia tener presente che, proprio per la nuova portata del fenomeno e dello sviluppo che ha avuto negli ultimi anni, si potrebbero avere nuove tipologie di piattaforme online.

Una prima tipologia di crowdfunding appoggia il modello del patronato (donation based), ponendo i finanziatori nella posizione di veri e propri donatori, in quanto non si aspettano nessun ritorno diretto dal loro contributo.

Il secondo modello, il reward based, prevede che i finanziatori ricevano una ricompensa o un premio, i quali possono essere immateriali come un semplice ringraziamento sul sito web o materiali come la pre-vendita del prodotto non ancora sul mercato11; nella maggior parte dei casi la piattaforma lascia ai finanziatori la scelta tra diverse ricompense, che salgono di valore all’aumentare della donazione.

Il terzo modello, è quello del prestito (lending based), dove i fondi sono offerti dai finanziatori come prestiti, con l’aspettativa di un certo tasso di remunerazione delle somme investite; in tale categoria si possono trovare anche dei prestiti che sostengono                                                                                                                

10 Applicato dalla piattaforma Starteed vedi: http://www.starteed.com/.

11 La pre-vendita consiste nel mettere un nuovo prodotto nel mercato on-line prima della sua produzione e chiedere ai sostenitori del progetto (backers) di finanziarlo pagando in anticipo, con uno sconto rispetto al prezzo di vendita.

(9)

l’idea della micro-finanza, dove il finanziatore può essere più interessato al bene sociale promosso dall’impresa che al ritorno generato dal prestito.

Il quarto modello, l’equity based, reso accessibile nel 2012 in America con il Jobs Act e in Italia con il decreto legge 18 ottobre 2012 n.179, qualifica i finanziatori come veri e propri investitori, a tal punto che il loro contributo andrà a formare il capitale sociale dell’impresa rendendoli soci a tutti gli effetti.

Al di là di questa distinzione possono essere rinvenuti degli elementi comuni a tutti i tipi di piattaforme web, ossia i metodi di pagamento e le «fee» o commissioni dovute alle piattaforme. Tra i sistemi di pagamento la soluzione più comune è quella di ricorrere a soggetti autorizzati ad operare come istituti di moneta elettronica quali Paypal, Amazon Payments ecc.; soltanto alcuni siti accettano le soluzioni più tradizionali come i bonifici bancari o i pagamenti con carte di credito, con deposito dei fondi in un escrow account12. La retribuzione delle piattaforme sotto forma di commissioni o «fee» viene determinata in funzione di una percentuale dell’ammontare raccolto per ciascun progetto, che può variare da un 2% a un 25%; in altri casi le commissioni possono prevedere una quota fissa. Secondo il Massolution Report13, le commissioni corrisposte alle piattaforme di crowdfunding sono generalmente più basse in Nord America e in Europa (in media 7%) che in altre nazioni (in media 8%), molto probabilmente a causa di una maggiore competizione.

1.2.1. Donation-based crowdfunding

Questo modello “prevede la raccolta di fondi per iniziative non a scopo di lucro in cui

non è prevista una forma di rimborso delle somme versate, né un ritorno o un premio a favore dei sostenitori del progetto”14. Tale tipologia viene solitamente utilizzata per le campagne di beneficienza e per iniziative sociali e, proprio per questa sua natura si distingue nettamente dagli altri modelli di base elencati precedentemente. Non esistono,

                                                                                                               

12 Il termine anglosassone escrow individua un accordo scritto fra due soggetti in forza del quale somme di denaro o titoli di proprietà oggetto del contratto vengono depositate presso una terza parte a titolo di garanzia, e rilasciate poi all’avveramento di determinate condizioni espressamente stabilite dalle parti. 13 Massolution, 2013 CF – The Crowdfunding Industry Report, disponibile su www.slideshare.net, 2013. 14 Castrataro D., Pais L., Analisi delle piattaforme italiane di crowdfunding, aggiornamento semestrale maggio 2014, in www.italiancrowdfunding.org.

(10)

infatti, limiti minimi di investimento da raggiungere, né limiti alla durata della raccolta, forse proprio per aumentare le probabilità di successo dell’iniziativa promossa.

I primi a sfruttare il donation based furono gli artisti, che cominciarono a chiedere ai propri fan dei finanziamenti per la loro musica o tour; un esempio è dato da un gruppo inglese, i Marillon, che riuscirono nel 1997 a raccogliere 60.000 sterline per finanziare un loro tour in America. In modo simile anche le associazioni di beneficienza cominciarono ad intravedere il potenziale del web e della folla, e cosi nel 2000 nacque

JustGiving che in 11 anni raccolse più di 700 milioni di sterline per circa 12.000

associazioni di beneficienza.

In Italia esistono 13 piattaforme di questo tipo, tutte con lo scopo di supportare organizzazioni no-profit e di creare un network di solidarietà che poi potrà essere essere rivolto verso più iniziative; tra le due più famose troviamo IoDono e ShinyNote.

Il punto di particolare innovazione di queste piattaforme, è proprio sulla sfera personale, in quanto il donatore può scegliere direttamente la causa sociale da sostenere ed effettuare subito la donazione online. Questa tipologia di crowdfunding non necessita di apposita regolamentazione, né della particolare attenzione da parte delle Autorità di vigilanza che, come si vedrà, si è resa necessaria per l’equity crowdfunding.

1.2.2. Reward-based crowdfunding

Questo secondo modello presuppone che per il finanziamento di un progetto, i sostenitori dell’iniziativa ricevono una ricompensa, la quale può essere la più diversa, dalla pre-vendita dell’oggetto che si va a finanziare, allo sconto diretto su questo, fino ad un semplice «grazie» sul sito web15.

Tale modello, come confermato dalla ricerca realizzata dall’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, con il contributo di Tim e il supporto tecnico di Starteed, è ad oggi quello più noto e più diffuso (le piattaforme reward-based sono ben 31 nel nostro Paese)16 ed è utilizzato principalmente per il finanziamento di progetti artistici e creativi, specialmente in campo musicale e pittorico, ma ricoprono un ruolo importante anche le iniziative imprenditoriali; tali iniziative trovano la possibilità di realizzarsi e far sì che si                                                                                                                

15 Lerro A.M., Equity crowdfunding: investire e finanziare l’impresa tramite internet, Gruppo 24Ore, 2013, p.28.

16 Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Pais I., Il Crowdfunding in Italia – Report 2015, report completo disponibile su www.economyup.it.

(11)

realizzi anche il finanziatore, ricompensato, in questo caso, non più con la sola soddisfazione e il coinvolgimento emotivo, ma anche con utilità che sostituiscano il ritorno economico nel senso strettamente monetario.

Come accennato in precedenza, nella maggior parte dei casi la piattaforma reward-based lascia scegliere tra diversi livelli di ricompense a seconda dell’importo della donazione effettuata.

Una prima opzione riguarda l’offerta di un piccolo premio, magari un gadget, che vada ad aggiungersi alla soddisfazione della partecipazione per l’investitore. Questa tipologia, per quanto concerne l’ordinamento italiano, ricade nella cosiddetta “donazione modale”, regolata dall’art 793 c.c. La raccolta dei fondi avviene come nel modello donation-based, con una differenza fondamentale: si aggiunge infatti un onere (il reward) che viene considerato non come corrispettivo della donazione ricevuta, ma come una specifica obbligazione del donatario. Infatti, in caso di inadempimento dell’onere, il donante può agire nei confronti del donatario e revocare la donazione17.

Una seconda opzione prevede la possibilità di fare una pre-vendita del prodotto oggetto della raccolta: in tal modo è possibile mettere un nuovo servizio o prodotto online, prima della produzione, e chiedere ai sostenitori di finanziare il progetto, comprando in anticipo, con uno sconto rispetto a quello che sarà il prezzo di mercato, il prodotto ancora da realizzare. Ciò prende il nome di pre-purchase model, ed è prediletto dalle società di nuova costituzione che necessitano di fondi e di testare quanto il prodotto possa essere gradito sul mercato18.

La pre-vendita rientra nella fattispecie dei contratti a distanza e, per tali ragioni, il modello in questione è sottoposto alla normativa sul commercio elettronico e al Codice del Consumo19. Nella maggior parte dei casi verrà utilizzato un modello reward-based “all

or nothing”, che pone il successo dell’iniziativa, ovvero il raggiungimento del plafond

dichiarato, come condizione necessaria per procedere al finanziamento effettivo e, quindi, al finanziamento del progetto; più raramente verrà utilizzato un modello reward-based

                                                                                                               

17 Lerro A.M., Equity crowdfunding: investire e finanziare l’impresa tramite internet, Gruppo 24Ore, 2013, p.29.  

18 Castrataro D., Wright T., The future of crowdfunding, ottobre 2013, in www.slideshare.net, p.24. 19 Lerro A.M., Equity crowdfunding: investire e finanziare l’impresa tramite internet, Gruppo 24Ore, 2013, p.29.

(12)

“keep it all”, che permette al founder di trattenere tutti i finanziamenti anche nel caso

non sia stato raggiunto il plafond preposto.

In questo contesto può essere citato il caso della Start up Pebble Technology, che nella primavera del 2012 ha superato la soglia dei 10 milioni di dollari, abbattendo tutti i record di raccolta fondi con questa tipologia di approccio20. Gli inventori di Pebble Watch volevano creare un orologio che gestisse tutte le informazioni del proprio smartphone senza estrarre questo dalla tasca. Dopo i primi prototipi era chiaro che l’idea fosse funzionante e di alto potenziale, ma necessitavano di fondi per far partire il progetto. Sicuramente ricorrendo ad un ventur capitalist21 o ad un business angel22 avrebbero trovato finanziamenti, ma hanno voluto ricorrere al crowdfunding attraverso la piattaforma Kickstarter perché trattasi di un modello più potente rispetto ai classici modelli di seed financing23. Questo perché un progetto finanziato, ad esempio, attraverso un venture capitalist deve intraprendere una faticosa via per ottenere l’attenzione del finanziatore e quindi la cifra necessaria per il lancio; inoltre la start up dovrà anche spendere altri fondi in campagne di marketing per far conoscere il prodotto al grande pubblico, correndo il rischio che non sia apprezzato. Al contrario le piattaforme di crowdfunding eliminano tutte queste fasi, mettendo direttamente l’intero ciclo del prodotto nelle “mani del mercato”. Kickstarter è una delle piattaforme più famose nel mondo, fornisce un servizio che permette di presentare il proprio progetto al popolo del web permettendo ai visitatori di partecipare alla raccolta fondi per la sua realizzazione. Kickstarter opera attraverso il modello “all or nothing”, quindi fissa una soglia che deve essere raggiunta e la data entro la quale deve essere raccolta; se non si raggiunge l’obiettivo i finanziatori verranno rimborsati. Coloro che lanciano il prodotto devono

                                                                                                               

20 Wortham J., Start-Ups Look to the Crowd, in www.nytimes.com, 29 aprile 2012.

21 Il Venture Capital è l’attività di investimento nel capitale di rischio di imprese non quotate, con l’obiettivo della valorizzazione dell’impresa oggetto dell’investimento, ai fini della sua dismissione entro un periodo di medio-lungo termine. L’apporto di capitale di rischio da parte dell’investitore è focalizzato sulla fase di avvio o sulla fase di crescita di un’attività in settori ad elevato potenziale di sviluppo. I soggetti che effettuano tali operazioni sono chiamati Venture Capitalist.

22 I Business Angel nella maggior parte dei casi sono manager in pensione o titolari di impresa o liberi professionisti dediti alle sfide imprenditoriali, che acquistano parti di società rischiose che operano principalmente in business innovativi, con il fine di realizzare nel medio/lungo termine delle plusvalenze. 23 I modelli di seed finance sono i classici canali di finanziamento ai quali un imprenditore accede per lanciare una nuova attività, quali ad esempio quelli erogati da banche commerciali.

(13)

trovare il sistema di incentivare il pubblico a finanziare il progetto. Ad esempio la convenienza per il finanziatore di Pebble Watch stava nell’acquistare l’orologio a 99 dollari, quindi ad un prezzo di favore, dato che poi il suo prezzo di mercato è stato 150 dollari24. La piattaforma si trattiene il 5% dei fondi raccolti nelle campagne che sono andate a buon fine. Ma bisogna sottolineare che non è detto che le persone che propongono i progetti e che poi vengono effettivamente finanziati dalla “folla” portino effettivamente a termine il progetto con successo e la piattaforma non fa controlli in questo senso, ma consiglia ai singoli donatori di usare il buonsenso al momento di sostenere un progetto e avverte che coloro che propongono un progetto potrebbero essere citati per danni legali qualora non portassero a termine il progetto nei modi e nei termini indicati. In questo caso dunque il ruolo della piattaforma è di semplice “vetrina” e gli importi a sostegno dei progetti ricadono nella semplice donazione quando la ricompensa è data da un piccolo oggetto simbolico. Invero se si utilizza la prevendita, si rientra nel singolo contratto disciplinato dal codice civile «della vendita» ed in particolare si applica l’articolo 1472 c.c., vendita di cose future; quindi per questa tipologia, come per il

donation crowdfunding, non si vede la necessità di una disciplina dedicata come quella

emanata dalla Consob nell’anno 2013 per l’equity crowdfunding e come quella che necessita il lending based.

Come sottolinea Piattelli25, l’applicabilità di questo modello risulta interessante per l’imprenditore che “può rimanere indipendente e non ha bisogno di aprire il capitale

sociale a terzi per finanziare la propria attività”.

La terza opzione prevede la possibilità che venga offerto un premio, ma in questo caso di natura finanziaria, corrispondente ad una quota dei ricavi o degli utili dell’attività finanziata, pagabile a certe condizioni e per un certo periodo di tempo. Questo modello viene definito come profit sharing o royalty based e si tratta di una soluzione che viene adottata da quelle aziende che non hanno i requisiti per accedere all’equity crowdfunding o che “non vogliono aprire la loro compagine sociale a terzi estranei, pur essendo

disponibili a riconoscere loro una partecipazione agli utili ed, eventualmente, un ruolo

                                                                                                               

24 Wortham J., Success of Crowdfunding Puts Pressure on Entrepreneurs, in www.nytimes.com, 17 settembre 2012.

(14)

consultivo”26.

La necessità di reperire capitali e la consapevolezza della difficoltà, a volte, dei rapporti con essi sono due problematiche che vengono sopite proprio dall’applicazione di questo modello, che permette di limitare il finanziamento ad un solo caso o ad una sola linea di prodotto, ad esempio, riuscendo così a non intaccare l’incertezza e la solidità dell’azienda e limitando i rapporti economici con terzi al minimo. Se si utilizza questa terza opzione si rientra nel concetto dell’associazione in partecipazione, regolato dagli articoli 2549 e ss. del c.c., per il quale l’associante attribuisce all’associato una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari verso il corrispettivo di un determinato apporto, specificatamente finanziario. È necessario, in virtù di questi articoli, che si stabiliscano adattamenti al caso specifico, concordati da entrambe le parti.

1.2.3. Lending-based crowdfunding

Questo terzo modello è nato come conseguenza della crisi economica globale e per la sempre più carente fiducia nel sistema bancario, e prevede che venga realizzato un sistema di prestiti tra privati attraverso una piattaforma web27. La modalità di supporto al progetto non avviene in termine di partecipazione azionaria ma in una delle sue forme più prossime, cioè quella del “credito”.

Prestando denaro ad una azienda in cui crede, l’individuo si sente ad essa molto vicino e ove la piattaforma lo consenta, può analizzare il progetto, valutare il rischio e se poi decide di finanziarlo ne continua a seguire la crescita e lo sviluppo.

Trattasi di un modello molto utilizzato in Italia. Secondo la ricerca realizzata dall’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, con il contributo di Tim e il supporto tecnico di Starteed, è utilizzato nel 43% dei casi di progetti finanziati attraverso il

crowdfunding28. Ciò lo si deve alla struttura del mercato italiano, dato che la maggior parte delle imprese sono di piccole dimensioni. Inoltre trattandosi di intermediazione creditizia, l’attività è sottoposta alla normativa sul credito e quindi è sotto la vigilanza

                                                                                                               

26 Lerro A.M., Equity crowdfunding: investire e finanziare l’impresa tramite internet, Gruppo 24Ore, 2013, p.31.

27 Bradford C.S., The new federal crowdfunding exemption: promise unfulfilled, in Securities regulation law journal, 2012, p.20.

28 Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Pais I., Il Crowdfunding in Italia – Report 2015, report completo disponibile su www.economyup.it.

(15)

della Banca d’Italia29.

Possono essere individuati tre modelli30: •   Modello micro-lending;

•   Modello peer-to-peer lending o social lending; •   Modello peer-to-business.

Il modello micro-lending è un modello totalmente intermediato dalla piattaforma di crowdfunding. Il finanziamento viene raccolto da un intermediario locale, il quale provvede ad erogare il credito ai vari clienti, che in genere sono rappresentati da persone con bassi redditi, inclusi semplici consumatori e lavoratori in proprio che tradizionalmente non hanno accesso a servizi bancari e finanziari.

Un esempio è dato dalla piattaforma statunitense Kiva31, la quale provvede a pubblicare sul proprio sito i progetti di piccoli imprenditori affinché i contributori possano scegliere quale progetto finanziare e con quale importo, mandando il loro contributo attraverso

Paypal che, in seguito ad un accordo stretto con Kiva, rinuncia alle tariffe che applica

normalmente. Kiva, a sua volta, si occupa di far arrivare i contributi presso i richiedenti attraverso degli istituti di microcredito locali, detti Field Partners, che fungono da intermediari, i quali stringono direttamente accordi con gli imprenditori locali. Tali accordi prevedono il pagamento di interessi, non beneficiati da Kiva, ma che vengono trattenuti dai Field Partners. L’attività di Kiva è supportata da donazioni facoltative pari al 15% del taglio di prestito da effettuare, necessarie per coprire gli alti costi di gestione e funzionamento. Entro la scadenza contrattuale, l’imprenditore è tenuto a restituire il prestito e il relativo tasso di interesse applicato e trattenuto dal Field Partner, il quale a sua volta restituirà la somma a Kiva, che la accrediterà sul conto del contributore32. Il modello peer-to-peer lending o social lending è stato individuato, fin da subito, dagli istituti di microfinanza come un valido strumento operativo, specialmente per quanto riguarda la fase della raccolta.

Macchiavello, nella sua approfondita analisi, definisce il peer-to-peer lending (P2P) o

social lending come “il credito (di regola di limitato ammontare) ad un certo soggetto, derivante dalla raccolta di piccole somme messe a disposizione da parte di diverse ed

                                                                                                               

29 Piattelli U., Il Crowdfunding in Italia, Giappichelli Editore, 2013, p.128.

30 Castrataro D., Wright T., The future of crowdfunding, ottobre 2013, in www.slideshare.net. 31 www.kiva.org

(16)

innumerevoli persone, ma tali, complessivamente, da risultare più che utili a finanziare un progetto”33. Esso si basa sulla creazione di una community dove coloro che necessitano di un prestito e coloro che investono le proprie disponibilità prestandolo ad altri possono interagire tra di loro, senza ricorrere ad intermediari, ottenendo cosi condizioni migliori per entrambi: tassi più bassi per i richiedenti e interessi più alti per i prestatori.

I due più famosi esempi in Italia sono Smartika, di titolarità di Smartika s.p.a., e Prestiamoci, di titolarità di Agata s.p.a..

La piattaforma Smartika34 viene descritta come “un mercato online che consente a

prestatori e a richiedenti di mettersi in contatto tra loro35”, limitando le sue funzioni a quelle di un istituto di pagamento quale è, regolamentato ai sensi dell’art 114-sexies del t.u.b.36 e registrato presso l’albo degli istituti di pagamento. È proprio nella gestione dei trasferimenti di denaro tra richiedenti e prestatori che risiede l’attività principale di questa piattaforma, svolta attraverso l’apertura di conti di pagamento presso la Banca Intesa San Paolo. Tali conti sono finalizzati all’esecuzione delle operazioni di pagamento e sono di piena e assoluta titolarità del cliente. Tale società è riuscita ad operare per circa un anno, prima di essere sospesa dalla Banca d’Italia37. La problematica riscontrata riguardava la gestione dei fondi dove giacevano e transitavano le cifre dei prestatori, con l’accusa di acquisizione della titolarità e della disponibilità dei fondi da loro conferiti.

Smartika pone il limite minimo 1.000€ e quello massimo di 15.000€ per quanto riguarda le somme ottenibili dai richiedenti, mentre da 100€ a 50.000€ per i prestatori. Il tasso di interesse si distanzia sostanzialmente da quello bancario, essendo di circa l’8,9% quello pagato dai richiedenti e del 6,8% quello a favore dei prestatori. Il tasso viene scelto dal prestatore, ma dipende dalla classe di rischio assegnatagli in base al profilo creditizio della piattaforma stessa.

Il ruolo della piattaforma Smartika è quello di agire, anche se in maniera ben distaccata, in tre momenti: prima delle transazioni, esaminando il merito creditizio dei richiedenti,                                                                                                                

33 Macchiavello E., Una nuova frontiera del settore finanziario solidale: microfinanza e peer-to-peer lending, Banca Impresa Società, a. XXXII, 2012, n.2, p.277.

34 www.smartika.it.

35 Punto 1.1. principi Smartika, www.smartika.it/principi_smartika.

36 Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, D.lgs 1.9.1993, n.385, agg. D.lgs. 12.5.2015, n.72, art 114-sexies “Disciplina dei servizi di pagamento”.

(17)

durante, trasferendo sia somme che informazioni e gestendo i rapporti contrattuali con

essi e post transazione, occupandosi di ritardi, pratiche di sollecito e recupero crediti per conto dei prestatori. Smartika, come precisa nelle documentazioni relative al contratto Prestatore38, all’art 8, non è da considerarsi parte integrante dei prestiti, conclusi “del tutto

discrezionalmente dai soggetti registrati sulla piattaforma le cui rispettive esigenze si incontrano” e, inoltre, “non può essere ritenuta responsabile della solvibilità dei soggetti finanziati sulla piattaforma e dei prestiti erogati dal cliente sulla piattaforma”.

Smartika, come gestore del portale, applica una commissione pari allo 0,5%-2,25%, in base alla classe di merito creditizio stabilita inizialmente, mentre, per i prestatori questa ammonta all’1% della somma versata. Con Smartika il prestatore può scegliere tra dodici mercati che raggruppano i richiedenti in base a due fattori: il rischio e la durata del prestito.

Prestiamoci, invece, è nata nel 2009 ed è gestita da Agata s.p.a, intermediario finanziario autorizzato ai sensi dell’ex art.106 del t.u.b. Questa piattaforma è sicuramente quella che più si avvicina al microcredito diretto, per diverse ragioni. Innanzitutto per il limite massimo del prestito, pari a 25.000€, corrispondente a quello fissato a livello europeo per la classificazione come microcredito e inoltre, sia per la presenza di microimprenditori tra i richiedenti, sia per la scelta di aderire alla rete italiana di microfinanza (RITMI) e di collaborare con gli istituti di microfinanza. Nonostante queste ragioni, Prestiamoci non fornisce credito solo a coloro che altrimenti avrebbero difficoltà a reperirlo. Il funzionamento di Prestiamoci è analogo a Smartika e, come essa, anche Prestiamoci è coinvolta in tutte le fasi del processo di finanziamento.

Occorre sottolineare che in data 22 settembre 2014, Prestiamoci ha visto una crescita esponenziale del proprio business con un aumento di capitale di 450.000€ da parte di

Digital Magics, un incubatore di start-up insieme ad altri finanziatori nazionali e

internazionali; ciò non è altro che un segnale di fiducia verso la società ma indirettamente anche verso lo strumento del web, che è ancora guardato con sospetto dalle autorità di vigilanza ma anche dal pubblico investitore.

Il modello peer-to-business (P2B) è un modello il cui funzionamento è analogo al                                                                                                                

38 Il contratto Prestatore è solo un aspetto della documentazione legale prodotta da Smartika. Esso, che riguarda le condizioni generali che regolano i prestiti tra prestatori e la piattaforma, si aggiunge al contratto Richiedente e alle Condizioni di prestito, rispettivamente condizioni generali tra prestatori e richiedenti e tra richiedenti e Smartika.

(18)

modello peer-to-peer, con la differenza che in questo caso i piccoli risparmiatori si trovano a prestare denaro a piccole e medie imprese o start-up.

Le piattaforme P2B permettono alle imprese di trovare prestiti da molte persone diverse, a basso costo e in modo veloce, e agli investitori di ottenere ritorni migliori, eliminando il costo e la complessità del mondo bancario, ma anche di spalmare il rischio prestando a molte imprese. A causa delle regolamentazioni ristrette in molto Paesi, le piattaforme

peer-to business non sono molte nel mondo. La più grande piattaforma è FundingCircle39

e si trova nel Regno Unito. In Italia, il social-lending per le imprese è arrivato solo recentemente con il lancio, nel settembre 2015, della piattaforma peer-to-business BorsadelCredito40; si tratta di una piattaforma di proprietà di Business Innovation Lab s.r.l., che a sua volta fa capo per il 30,95% a BC Investment s.r.l. e per il resto a soci privati41.

1.2.4. Equity-based crowdfunding

Quarto e ultimo modello, l’equity-based crowdfunding consiste nella formazione di capitale attraverso l’acquisto di azioni o quote di una società da parte di un pubblico indistinto (c.d. “folla”); in tale modello ricadono coloro che vogliono sostenere i progetti di vari imprenditori, versando denaro per acquistare una partecipazione al capitale sociale della società. Proprio per la sua modalità di raccolta online del capitale di rischio, si crea un legame tra investitori e imprenditore stesso, il quale è disposto a condividere l’idea di business ma anche ad aprire le porte della sua società, condividendo successi e insuccessi anche da un punto di vista strettamente economico. Come nel caso del lending-based, nel quale la parola chiave era il “credito”, qui la parola chiave diventa il “capitale di rischio”, poiché chi decide di investire in un progetto di equity crowdfunding ne diventa parte integrante in qualità di socio.

Se negli altri modelli si trova solo una condivisione dei principi, qui ha luogo una condivisione degli obiettivi e una convinzione che siano effettivamente redditizi, non solo per l’imprenditore, ma anche e soprattutto per i soci che decidono di andare ad ampliare                                                                                                                

39 www.fundingcircle.com 40 www.borsadelcredito.it

41 Allegreni F., Investire nell’economia reale: arriva anche in Italia il peer to peer lending per le aziende: è arrivato finalmente anche in Italia il social lending per le imprese: i privati possono prestare denaro direttamente alle PMI selezionate dalla piattaforma BorsadelCredito, 25 settembre 2015, su www.crowdfundingbuzz.it.  

(19)

la compagine dell’azionariato. Con questo non si intende mettere in secondo piano l’importanza e il valore, anche e soprattutto sociale, degli altri modelli ma è in quest’ultimo che effettivamente si intravede una crescita, uno sviluppo, un progetto che potrebbe cambiare le sorti di un’economia in fase di recessione. Tale modello, oltre ad essere quello più complesso, è anche l’unico che è stato direttamente normato dalla legge italiana col Decreto Legge 18 ottobre 2012, n.179, noto come “Decreto crescita bis”, poi convertito con la Legge 221/2012: l’Italia è stato il primo Paese ad avere una regolamentazione completa su tale argomento.

L’unico Paese che si è mosso assieme all’ Italia in tale direzione è l’America, in quanto il 5 aprile 2012 è stato promulgato il Jumpstart Our Business Startup Act (JOBS Act), il quale ha introdotto alcune deroghe alle norme sull’offerta al pubblico di prodotti e servizi e attività di investimento42.

Il funzionamento di questo modello prevede che i creatori del progetto definiscano una somma target e un periodo di tempo entro il quale raccoglierla. La somma target viene poi suddivisa in migliaia di parti uguali che vengono poi offerte nella piattaforma; una volta raggiunta la somma target, inizia la fase di investimento.

Le piattaforme di equity crowdfunding attualmente presenti sul mercato italiano43 sono 13 e sono suddivise in due categorie:

•   Modello cooperativa (c.d. anche modello holding o veicolo); •   Modello club.

Nel modello cooperativa o veicolo gli investitori acquisiscono una partecipazione in una società veicolo, appositamente costituita dalla piattaforma web per ciascuna società da finanziare, e non direttamente nella società da finanziare; la società veicolo funge come una sorta di società di investimento cooperativa che, a sua volta, investe poi nella società privata che deve essere finanziata. In questo modo la crowd può accedere all’investimento costituendo un unico ente44. Tale modello caratterizza ad esempio l’olandese Symbid45 e

                                                                                                               

42 Alvisi P., Equity crowdfunding: uno sguardo comparatistico, in “Rivista di Diritto Bancario”, marzo 2014.

43 Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Pais I., Il Crowdfunding in Italia – Report 2015, report completo disponibile su www.economyup.it.

44 Italian Crowdfunding Network, L’equity-based crowdfunding: modelli, esempi e numeri, 9 luglio 2013, disponibile su www.italiancrowdfunding.tumbir.com.

(20)

la francese Wiseed46, o la italiana SiamoSoci47.

Il modello club, secondo cui opera ad esempio la britannica Crowdcube48, consiste nel reclutamento da parte della cooperativa di potenziali investitori per andare a costituire un

club di investimento chiuso; in tal modo l’offerta non viene fatta al “pubblico”, ma solo

ai componenti del club.49 Focalizzandoci sul funzionamento della piattaforma

Crowdcube, notiamo che l’investitore diventa per prima cosa socio, senza diritto di voto,

della società Crowdcube Ventures Limited e, una volta divenuto socio, questi può scegliere quale investimento effettuare tra quelli pubblicati sulla piattaforma e la sua somma non verrà versata alla società target fino a quando non verrà sottoscritto l’intero ammontare della raccolta.; una volta raggiunto il plafond stabilito e predisposta tutta la documentazione legale e societaria da parte di Crowdcube, ad ogni socio verrà rilasciato il certificato azionario rappresentativo dell’investimento e il suo denaro sarà trasferito cosi alla società target.

Come già detto, in Italia, una regolamentazione vera e propria per questa tipologia di finanziamento è stata introdotta solo nel 2012, ma tuttavia già da qualche anno vi erano delle piattaforme che operavano in questo campo, come AngelList50 e CircleUp51, le quali però vengono escluse dalla definizione di piattaforme equity-based in quanto sono piattaforme angel investment e quindi non offrono i prodotti finanziari al pubblico, ma si rivolgono ad un basso numero di investitori accreditati (c.d. Business Angel).

La notorietà di questa tipologia è dovuta ai cambiamenti della legislazione, non tanto italiana, ma soprattutto americana, in quanto se prima l’equity-based negli Stati dell’Unione Europea era possibile, seppur aggirando delle norme, in America era del tutto vietata.

1.4. Vantaggi e rischi delle piattaforme di crowdfunding

Prima di poter avviare un progetto di crowdfunding devono essere compiute delle scelte che possono essere riepilogate nei seguenti step: il primo passo da seguire consiste nella                                                                                                                

46 www.wiseed.com. 47 www.siamosoci.com. 48 www.crowdcube.com.  

49 Cowdfuture – the future of crowdfunding: le piattaforme di crowdfunding in Italia e nel mondo, 2013, disponibile su blog.crowdfuture.net.

50 www.angel.co 51 www.circleup.com  

(21)

definizione dell’obiettivo del progetto, condividendolo con il team che porterà il progetto

alla realizzazione.

Il secondo passo è la scelta della piattaforma: ciascuna di esse propone un proprio pacchetto di prodotti e servizi e occorre essere bravi nello scegliere tra le varietà quello che fa al caso proprio. La responsabilità di guidare una campagna ricade in primis sul progettista; inoltre le piattaforme offrono spazio e servizi ma è il progettista che deve coinvolgere la comunità e promuovere l’iniziativa.

Terzo passo consiste nella scelta delle giuste ricompense: si tratta di uno step molto difficile perché l’ideale sarebbe avere delle ricompense differenziate e di diverso valore con lo scopo di attirare la più ampia gamma di potenziali contribuenti e investitori. Si passa poi alla costruzione del pitch; il lancio del prodotto è considerato come uno dei primi elementi con cui entra in contatto il potenziale finanziatore e deve pertanto essere costruito in modo da suscitare interesse.

La diffusione del progetto avviene per il tramite della rete sociale del proponente, al fine di innescare l’effetto viralità per diffonderlo ulteriormente. Per realizzare ciò è importante scegliere su quali canali veicolare il proprio progetto (Facebook, Twitter o LinkedIn). Successivamente occorre mantenere viva l’attenzione del proprio pubblico: è necessario pubblicare periodicamente lo stato di avanzamento del progetto, pubblicare commenti o integrazioni al progetto per chiarire aspetti precedentemente omessi e ringraziare chi, in un modo o nell’altro entra in contatto con il progetto.

L’ultima fase è il monitoraggio: prevedere un set di indicatori che consentano di avere dei feedback sullo stato di avanzamento del progetto, sulla sua diffusione e sulla sua visibilità è fondamentale per mettere in atto azioni correttive durante il periodo di raccolta fondi.

In ultima analisi, il progettista nello stabilire se affidarsi o meno ad una campagna di

crowdfunding, dovrà valutare i possibili vantaggi e rischi a cui va incontro.

Tra i principali vantaggi che il crowdfunding riesce a fornire, e che non sono riscontrabili in nessun altra forma di finanziamento troviamo52:

-   misurazione della domanda. Visto che nel crowdfunding gli investitori e consumatori sono quasi sempre la stessa persona, l’impresa ricevente la                                                                                                                

52 Lara R., Il Crowdfunding e i vantaggi di farsi finanziare i progetti collettivamente – Finanziare i progetti con il Crowdfunding: tutti i benefici del sistema di finanziamento collettivo, 3 novembre 2015, in www.danea.it.

(22)

sovvenzione può comprendere quanto davvero la proposta piaccia al pubblico prima del suo lancio ufficiale nel mercato, valutando il numero di persone propense a investire il proprio denaro per promuovere l’idea: se viene apprezzata da un consistente gruppo di investitori, significa che l’articolo in questione ha tutte le carte in regola per riscuotere successo tra i consumatori.

-   coinvolgimento del pubblico nel processo di progettazione. Essendo i finanziatori le prime persone interessate a fare sì che il prodotto sovvenzionato ottenga il favore del pubblico, sono anche disposti a partecipare attivamente al suo processo di progettazione per renderlo più prestante ed usabile: il vantaggio primario di tale meccanismo consiste dunque nel fatto che il prototipo di un determinato articolo viene migliorato, potenziato e reso perfetto proprio grazie ai preziosi suggerimenti forniti dai vari investitori.

-   ottenimento di feedback. Anche se, generalmente, per ottenere i feedback e le opinioni dei consumatori su un nuovo prodotto, bisogna investire consistenti somme di denaro in test e sondaggi di genere vario, con il crowdfunding questi costi vengono completamente azzerati, perché chi sceglie di finanziare i progetti si occupa direttamente (e gratuitamente) di dare la propria valutazione per massimizzare il più possibile l’usabilità e le prestazioni degli articoli sovvenzionati: un risparmio notevole che consente al produttore di destinare i soldi messi da parte all’ulteriore sviluppo della propria azienda.

-   utilizzo dei reclami per il miglioramento del prodotto. Il finanziamento collettivo è lo strumento ideale anche per capire cosa, di un articolo prossimo al lancio nel mercato, non funzioni a dovere; partendo dal presupposto che, di solito, ogni prodotto finito è il risultato di una lunga serie di costosi test nei quali vengono riscontrate le più diverse anomalie, con il crowdfunding la versione beta di un certo bene viene provata e messa in discussione direttamente dai finanziatori, che supportano il produttore a titolo completamente gratuito, ponendogli tutte le lamentele del caso e stimolando a risolvere le problematiche riscontrate.

-   valutazione e promozione del prodotto finale. Il crowdfunding rappresenta tra le varie cose anche un’importante strumento di valutazione e promozione del prodotto finale: dato che la piattaforma nella quale viene contenuto questo particolare sistema di ricerca finanziamenti è aperta ad un elevato numero di investitori, tutti gli iscritti hanno modo di conoscere, analizzare e sponsorizzare un determinato articolo garantendogli incredibile visibilità e mettendo il

(23)

produttore nella condizione di non dover sborsare denaro per le attività di marketing.

-   fidelizzazione del pubblico. Se, come già detto nel punto precedente, con questo genere di finanziamento collettivo è possibile promuovere e sponsorizzare gratuitamente un certo prodotto sfruttando la visibilità concessa proprio dal portale crowdfunding, nella fase successiva rispetto all’inserimento dell’articolo nella piattaforma ed alla raccolta fondi, il produttore può anche fidelizzare gli iscritti al sito che hanno manifestato interesse nei confronti del suo bene, continuando a tenerli aggiornati sui risultati raggiunti con la vendita dello stesso. I potenziali rischi di cui il progettista, che intende investire in una campagna di crowdfunding, deve essere a conoscenza sono53:

-   assenza di garanzie sul raggiungimento dell’obiettivo. Come per qualsiasi altra impresa d’affari vi è il rischio di non farcela, in quanto se non viene raggiunto l’obiettivo di raccolta fondi, il denaro raccolto dovrà essere restituito agli investitori.

-   sottostima dei costi. Accade di frequente che si sottovaluti il tempo e le risorse che il crowdfunding richiede, in quanto alcune forme di crowdfunding possono comportare dei costi addizionali, come nel caso del crowdfunding azionario dove i costi amministrativi possono aumentare ad ogni emissione di azioni. Si potrebbe inoltre non disporre di sufficienti capacità per trattare con i nuovi investitori, fornire continui aggiornamenti sul progetto in corso o gestire i diritti societari degli azionisti.

-   la proprietà intellettuale diventa di dominio pubblico. Le idee imprenditoriali girano online e sono visibili a tantissime persone e c’è il rischio che la propria proposta possa essere copiata.

-   danno alla reputazione. In virtù dell’estrema competitività del mercato, gli investitori esamineranno con attenzione la proposta imprenditoriale e ogni esempio di trascuratezza, errore o insufficiente preparazione avrà ripercussioni negativa sull’immagine dell’imprenditore e del progetto o iniziativa imprenditoriale.

                                                                                                               

53 Commissione Europea, Il crowdfunding: cosa è – una guida per le piccole e medie imprese, 2015, disponibile su http://ec.europe.eu, p.10-11.

(24)

-   violazione di legge. La legislazione relativa al crowdfunding è ancora in corso di evoluzione e molti potrebbero averne poca esperienza. Occorre quindi informarsi accuratamente sulle pertinenti normative dell’UE e nazionali per non rischiare di violarle senza saperlo.

-   questioni legate alle responsabilità verso gli investitori e dinamiche degli

investitori. Trattare con un pubblico ampio e potenzialmente diversificato solleva

diverse questioni, aspettative ed esigenze. Se non si conoscono i diritti di un investitore, se non si sanno gestire i reclami o non si conoscono i meccanismi legali si possono incontrare problemi, soprattutto nel caso del crowdfunding azionario che comporta una certa perdita di controllo dell’impresa.

1.5. Tutti i numeri del fenomeno crowdfunding

Il crowdfunding sta accelerando a un ritmo senza precedenti e impatta la politica dei governi, spingendo l’innovazione delle imprese e cambiando il ruolo delle istituzioni finanziarie di tutto il mondo. Per misurare la portata complessiva di questo fenomeno e dei flussi finanziari legati al crowdfunding, è di fondamentale importanza analizzare l’ultimo rapporto pubblicato da Massolution, una società di ricerca specializzata nei settori del crowdsourcing e del crowdfunding. Si tratta di un report pubblicato nel 2015 contenente tutti i dati disponibili, al 31 dicembre 2014, sulle cifre e i numeri del crowdfunding a livello globale e fornisce un indicatore utile per desumere i trend del settore.54

Lo studio si basa sui dati raccolti da 1.250 piattaforme di crowdfunding attive in tutto il mondo, di cui 600 solo in Europa e 375 in Nord America, e su ulteriori ricerche di approfondimento.

I risultati rilevano che le Crowdfunding Platforms hanno raccolto 16,2 miliardi di dollari nel 2014, un incremento del 167% rispetto ai 6,1 miliardi di dollari del 2013. Il Nord America rappresenta ancora il mercato maggiore, ma il 2014 ha visto l’Asia sorpassare l’Europa, ancorché di poco. Poiché i dati relativi al 2015 sono ancora in fase di elaborazione, Massolution, sulla base delle proiezioni dei dati, ha previsto che questa tendenza sia aumentata nel 2015, con il delta tra Asia ed Europa arrivato a oltre 4 miliardi

                                                                                                               

54 Massolution, 2015 CF – The Crowdfunding Industry Report, dati di riepilogo disponibili su www.italiancrowdfunding.it e www.crowdfundingbuzz.it, 2015.

(25)

di dollari; a tal punto la quota di mercato dell’Europa, pari al 20,1% per il 2014, si prevede sia scesa al 18,8% del mercato mondiale nel 2015.

A livello complessivo, si prevede che nel 2015 il mercato sia aumentato ancora una volta più del doppio, arrivando a raccogliere circa 34,4 miliardi di dollari. Una cifra esorbitante se si pensa ai volumi registrati solo qualche anno fa e al fatto che parliamo di un volume più che raddoppiato rispetto agli anni precedenti. Si tratta di una crescita che sembra inarrestabile ed è difficile ora prevedere quando raggiungerà il suo livello di assestamento.

La forte crescita nel 2014 è stata dovuta in buona parte all’ascesa dell’Asia come nuova grande area per il crowdfunding. I volumi asiatici sono cresciuti del 320%, arrivando a 3,4 miliardi di dollari raccolti. Il che pone il continente leggermente davanti all’Europa (3,26 miliardi di dollari), qualificandolo come il secondo più grande dietro il Nord America. USA e Canada infatti continuano ad essere i leader con una crescita del 145% e una raccolta totale di 9,46 miliardi di dollari.

Fonte: Elaborazione personale (dati tratti da 2015 CF – The Crowdfunding Industry Report, 2015)

Tra i modelli di crowdfunding più utilizzati nel 2014 c’è il lending-based che conferma il suo primato con 11,08 miliardi di dollari raccolti (pari al 68,4% della raccolta totale), seguito dal modello donation-based con 1,94 miliardi di dollari, reward-based con 1,33

ASIA 21% EUROPA 20% NORD/AMERICA 59%

DISTRIBUZIONE/VOLUMI/CROWDFUNDING/

ASIA EUROPA NORD+AMERICA

(26)

miliardi di dollari (di cui il 92% solo negli Stati Uniti, dove risiedono le maggiori piattaforme come Kickstarter, Indiegogo e GoFundMe) e l’equity-based con 1,11 miliardi di dollari (di cui 787 milioni di dollari solo in Nord America e solo 177 milioni in Europa). Sebbene l’equity crowdfunding sia una modalità di finanziamento ancora poco diffusa per le imprese, risulta essere comunque uno strumento in rapida crescita, soprattutto per quanto riguarda le start-up. Le piattaforme online che si occupano della pubblicazione di offerte equity crowdfunding nel mondo sono 236 e si stima che il volume di finanziamento annuo equity-based sia passato da quota 1,11 miliardi di dollari nel 2014 a 2,56 miliardi di dollari nel 2015.

Fonte: Elaborazione personale (dati tratti da 2015 CF – The Crowdfunding Industry Report, 2015)

La categoria che attira più finanziamenti è la Business and Entrepreneurship, che avendo raccolto 6,7 miliardi di dollari nel 2014 (pari al 41,3% del totale) conferma l’andamento dell’anno precedente. Questo dato dimostra quanto il crowdfunding possa essere sempre più uno strumento adatto ed efficiente per fare business con ovvi riscontri in termini occupazionali. A completare il quadro delle prime cinque categorie per volume di raccolta troviamo le campagne di raccolta fondi per cause sociali (3,06 miliardi di dollari), per le

produzioni culturali e cinematografiche (1,97 miliardi di dollari), di investimento immobiliare (1,01 miliardi di dollari) e, infine, di promozione e produzione musicale (0,7

0 2 4 6 8 10 12

LENDING-BASED DONATION-BASED REWARD-BASED EQUITY-BASED

MI LI AR D I9D I9$

UTILIZZO9DEI9MODELLI9CROWDFUNDING9NEL9MONDO

(27)

miliardi di dollari). Un’importante novità rispetto al 2013 è il netto calo del settore

Science e Tech e l’ascesa del settore immobiliare (Real Estate) che per il 2015 si prevede

possa aver raggiunto il miliardo di dollari solo in Europa, grazie anche alle offerte transfrontaliere.

Fonte: Elaborazione personale (dati tratti da 2015 CF – The Crowdfunding Industry Report, 2015)

L’Italia, in questo panorama di fermento e crescita ha ancora un peso irrisorio, dovuto principalmente al freno posto dal regolamento Consob allo sviluppo dell’equity-

crowdfunding e alle insormontabili barriere poste da Bankitalia e dalle leggi alla apertura

di piattaforme lending-crowdfunding per le imprese (P2B lending).

6,7 3,06 1,97 1,01 0,7 0 1 2 3 4 5 6 7 8 AFFARI0E0IMPRENDITORIALITÀ CAUSE0SOCIALI FILM0E0SPETTACOLI IMMOBILI MUSICA MILIARDI0DI0$

CATEGORIE0PROGETTI0FINANZIATI0TRAMITE0

CROWDFUNDING

Riferimenti

Documenti correlati

L’errore  sorge  nel  momento  in  cui  la  ragione  avendo  definito  un  proprio  campo  di  applicazione  riduce  ciò  che  eccede  ad  errore.  La 

e non resta che aprirsi come un loto per scoprire cosa si nasconde dentro di noi..

mente temporanei dei gruppi di livello (qui starei molto attento a non far rientrare dalla finestra ciò che è stato cacciato dalla por- ta [l’idea delle classi particolari da cui

Le difficoltà da questo punto di vista sono molteplici e non sono mai state ad oggi risolte, in parte per la difficoltà del legislatore ad entrare in un ruolo di comprensione

L’Appaltatore si dichiara edotto del contenuto nel piano comunale di prevenzione della corruzione redatto ai sensi della L.190/2012, per effetto del quale, durante

I Comparenti della cui identità personale, capacità e veste giuridica io Segretario Rogante.. UNO, della superficie catastale complessiva di mq. del Comune di

35, € 103,03 è stata trasferita in proprietà ai Sig.ri Venturelli Roberto e Zanotti Silvia, pre- vedendo in atto apposita procura a favore della Co- operativa per la

Insieme al fatto che i primi esemplari siano databili all‟ultimo quarto del XIII secolo, cioè a circa un secolo dalla composizione dell‟ultimo romanzo di Chrétien,