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2.2. La disciplina italiana

2.2.1. Breve panoramica delle start-up in Italia

Start-up è un termine americano che oltre a racchiudere in sé un mondo nuovo che può

approccio culturale che va insegnato, spiegato, diffuso, supportato e utilizzato per contribuire a rilanciare il sistema Paese in generale, e i territori in particolare.

“Con il termine start-up s’identifica l’operazione e il periodo durante il quale si avvia un’impresa. Nella start-up possono avvenire operazioni di acquisizione delle risorse tecniche correnti, di definizione delle gerarchie e dei metodi di produzione, di ricerca di personale, ma anche studi di mercato con i quali si cerca di definire le attività e gli

indirizzi aziendali61”

Con questa definizione fornita da Wikipedia si riesce a comprendere il significato di questo termine che sempre più spesso leggiamo e che viene citato dai media.

Quando si parla di start-up si tende a pensare unicamente al settore high-tech, all’informatica, alle imprese che lavorano in internet. Non è cosi, anche se è vero che l’informatica è ormai pervasiva in ogni attività che intraprendiamo e la rete ci permette di oltrepassare i confini fisici del territorio in cui nasce l’impresa, la start-up. Quindi la tecnologia è una componente ormai irrinunciabile per fare impresa. Ma le start-up possono originarsi dai settori più diversi e a volte mai considerati. Da qualche tempo, anche nel nostro Paese, si sta acquisendo consapevolezza su quest’aspetto62.

Più in particolare l’universo delle start-up è composto da aziende che versano nella fase cosiddetta di “early stage”, a sua volta costituita dalla fase di seed financing, ossia il finanziamento dell’idea di un progetto in fase di sperimentazione, la cui validità tecnica è ancora da dimostrare, e la fase di start-up financing, cioè finanziamento dello sviluppo della fase iniziale di nuove imprese, già costituite ma generalmente con meno di un anno di vita e con notevoli carenze di pianificazione, controllo e gestione.

Le start-up rappresentano quella componente, anche se numericamente minoritaria, del tessuto produttivo italiano caratterizzata da maggiore dinamicità e da maggiore importanza in termini di potenzialità prospettiche.

Analizzando più da vicino il panorama delle start-up occorre sottolineare come a settembre 2015, le start-up innovative iscritte alla sezione speciale del Registro delle imprese sono oltre 4.500, esattamente 4.569, e sono cresciute del 76% rispetto al 201463.

                                                                                                               

61 Definizione tratta da www.wikipedia.com.

62 Che cosa vuol dire startup e perché l’Italia ha tutte le carte in regola per investire nel suo futuro, disponibile su www.thebizloft.com, 24 febbraio 2014.

63 Dati tratti da Rivista Digitalic, La mappa delle startup in Italia – 2015, disponibile su www.digitalic.it, 26 ottobre 2015.

In questi numeri non sono comprese tutte le start-up, ma quelle che la normativa italiana definisce come “start-up innovative”, i cui requisiti verranno analizzati in modo dettagliato nei paragrafi successivi.

La maggior parte delle start-up, oltre 3.000, sono state costituite dopo l’entrata in vigore del Decreto Crescita 2.0; in particolare il 18% è stato costituito nel 2015, il 35% nel 2014, il 23% nel 2013 e solo il 24% prima del 2013. In media ogni settimana, da Milano a Palermo, 40 nuove imprese innovative vanno ad alimentare la sezione speciale del Registro, accedendo al regime delle agevolazioni.

La forma giuridica prevalente è quella della società a responsabilità limitata: quasi l’80% delle start-up innovative è costituito in questa forma; un ulteriore 16,7% ha scelto la forma giuridica della S.r.l. semplificata, compreso quella con socio unico e a capitale ridotto, il 2,1% nella forma della società cooperativa e, infine, l’1,4% è nella forma della società per azioni.

Il fenomeno sta assumendo dimensioni interessanti anche sotto il profilo occupazionale: secondo i dati di fonte camerale, al 30 giugno 2015, le start-up innovative impiegavano quasi 20.800 lavoratori (16.861 soci, presumibilmente coinvolti direttamente nell’attività d’impresa come soci lavoratori, e 3.924 dipendenti), circa 2.900 unità in più rispetto al trimestre precedente e 5.800 in più rispetto a fine 2014, quando i soci erano 14.862 e i dipendenti 3.025.

Da un’indagine prodotta nel 2015 dal Politecnico di Milano, circoscritta peraltro al solo comparto manifatturiero, si evince come i fondatori delle start-up abbiano un grado di istruzione elevato (il 37% ha conseguito un dottorato di ricerca), prevalentemente in ambito tecnico (il 58% ha una laurea magistrale in materie-tecnico scientifiche) e, in media, abbiano già maturato una considerevole esperienza lavorativa in ambiti affini a quello della start-up (in media 11 anni).

Analizzando più a fondo il fattore capitale umano, secondo i dati pubblicati dal sistema camerale con la relazione sul secondo trimestre 2015, si osserva che un quarto dell’universo complessivo delle start-up presenti nel Registro è costituito da imprese giovanili (under 35). Si tratta di un valore più che doppio rispetto al peso percentuale riscontrabile nel totale imprese (12%) e pari a quattro volte il dato relativo alle società di capitale (7%). Tale gap si amplifica notevolmente qualora si osservino tutte le società in cui è presente almeno un giovane nella compagine dei soci o nell’organo amministrativo (41% per le start-up, contro il 13,6% per le società di capitali).

Delle 4.569 start-up attive, dal punto di vista settoriale oltre l’80% delle start-up innovative opera nel settore dei servizi privati alle famiglie e alle imprese. Se si escludono i comparti del turismo e del commercio, emerge che il 76% delle start-up italiane fornisce servizi alle imprese. In particolare, le attività nettamente prevalenti sono quelle relative alla consulenza informatica e alla produzione di software (circa il 42% del totale start- up). Seguono le attività di ricerca scientifica e sviluppo e le attività professionali e tecniche (28%). Solo il 18% delle start-up innovative opera nei settori dell’industria manifatturiera e delle costruzioni; infine il commercio incide soltanto per il 4% del totale64.

All’interno del manifatturiero prevalgono le fabbricazioni di computer e prodotti di elettronica e ottica, di macchinari ed apparecchiature e di apparecchiature elettriche ed apparecchiature per uso domestico non elettriche.

Fonte: Elaborazione personale (dati tratti da Relazione annuale startup e PMI innovative, 2015)

Questa voglia di fare impresa emerge sia dai dati ufficiali della sezione speciale del Registro delle imprese delle Camere di commercio, sia da una specifica indagine                                                                                                                

64 Camere di commercio d’Italia, Infocamere, Cruscotto di indicatori statistici, report con dati strutturali, I trimestre 2015, disponibile su www.startup.registroimprese.it, 6 aprile 2015.

42% 28% 6% 18% 4% 2%

STARTUP-INNOVATIVE-NEI-PRINCIPALI-SETTORI-

ECONOMICI

SERVIZI'INFORMATICA'E'SOFTWARE SERVIZI'R&S'E'ATTIVITÀ' PROFESSIONALI' E'TECNICHE ALTRI'SERVIZI'ALLE'IMPRESE INDUSTRIA'E'COSTRUZIONI COMMERCIO ALTRO

promossa da Unioncamere e Ministero del Lavoro nell’ambito del Sistema informativo Excelsior65.

La distribuzione territoriale delle start-up innovative rispecchia gli equilibri che, a più ampio raggio, caratterizzano il panorama produttivo nazionale: il Mezzogiorno ospita oggi il 22,3% delle start-up innovative del Paese, le regioni del Centro il 21,4%, quelle del Nord il 56,3% (30,7% Nord-ovest, 25,6% Nord-est).

Fonte: Elaborazione personale (dati tratti da Relazione annuale startup e PMI innovative, 2015)

La regione italiana che ospita la quota più elevata di start-up innovative è la Lombardia (21,8%), dove peraltro opera il maggior numero di imprese attive italiane (18,3% del

                                                                                                               

65 Excelsior è il Sistema informativo realizzato da Unioncamere insieme al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, giunto ormai all’ottava edizione, che analizza periodicamente le previsioni di assunzioni e i fabbisogni professionali delle imprese italiane. Unioncamere, attraverso l’indagine Excelsior, intervista ogni anno oltre 100mila imprese con almeno un dipendente di tutti i settori economici e di tutte le tipologie dimensionali, per chiedere informazioni analitiche sul proprio fabbisogno di occupazione per l’anno in corso. L’indagine si riferisce alla domanda di lavoro dipendente, ad esclusione delle forme di collaborazione continuativa. 0,0% 5,0% 10,0% 15,0% 20,0% 25,0% LOMBARDIA EMILIA0ROMAGNA LAZIO VENETO PIEMONTE TOSCANA CAMPANIA SICILIA MARCHE PUGLIA TRENTINO0ALTO;ADIGE SARDEGNA FRIULI0VENEZIA;GIULIA CALABRIA ABRUZZO LIGURIA UMBRIA BASILICATA MOLISE VALLE;D'AOSTA CLASSIFICA'DELLE'REGIONI'ITALIANE'PER'PESO'PERCENTUALE' DELLE'STARTUP'INNOVATIVE'SUL'TOTALE

totale), seguono l’Emilia-Romagna con l’11,9% delle start-up, il Lazio con il 9,8% delle start-up, il Veneto con il 7,5% e il Piemonte con il 7,1%.

Tra le regioni del Mezzogiorno spiccano la Campania e la Sicilia che si collocano al settimo e all’ottavo posto della classifica nazionale, rispettivamente, con il 5,8% e il 4,3% delle start-up totali66.

È interessante segnalare come la distribuzione territoriale delle start-up innovative in rapporto alle imprese complessivamente attive nelle regioni italiane rifletta, almeno in parte, la distribuzione dei laureati in discipline tecniche e scientifiche in rapporto a mille giovani residenti di età compresa tra 20 e 29 anni.

Il fenomeno sembra indicare, coerentemente con i risultati delle indagini illustrate in precedenza, come la tipologia di laurea conseguita dai giovani possa essere correlata con l’attitudine ad intraprendere un’attività imprenditoriale di tipo innovativo da parte dei laureati di età compresa tra 20 e 29 anni.

Nella maggior parte delle regioni, con l’eccezione del Trentino Alto Adige e della Valle D’Aosta, i valori dei due indicatori sono allineati. In particolare, si osservano valori sensibilmente inferiori alla media italiana, per entrambi gli indicatori elaborati, nelle regioni meridionali della dorsale adriatica e in Sardegna.