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L'AUTORITA'NAZIONALE ANTICORRUZIONE:TRA CULTURA DELL'INTEGRITA' E DELLA TRASPARENZA E PROMOZIONE DI UN'EFFICIENTE CONTRATTUALISTICA PUBBLICA.

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UNIVERSITA’ DI PISA

Dipartimento di Giurisprudenza Scuola di dottorato in Scienze Giuridiche Programma di diritto pubblico e dell’economia

Tesi di dottorato

Settore scientifico disciplinare: IUS/10 – Diritto Amministrativo

L’AUTORITÀ NAZIONALE ANTICORRUZIONE:

TRA CULTURA DELL’ INTEGRITÀ E DELLA TRASPARENZA E PROMOZIONE DI UN’EFFICIENTE CONTRATTUALISTICA PUBBLICA

Tutor:

Chiar.ma Prof.ssa Giovanna Pizzanelli

Dottoranda:

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Indice

Introduzione

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Capitolo 1

Le autorità amministrative indipendenti: inquadramento generale e genesi nell’ordinamento giuridico italiano

1.1. Un diverso modello di amministrazione: le autorità amministrative

indipendenti 9

1.2. Le principali funzioni delle autorità amministrative indipendenti 25 1.3. Un doveroso distinguo all’interno del modello delle autorità

amministrative indipendenti 35

Capitolo 2

L’Autorità Nazionale Anticorruzione nel novero delle Authorities

2.1. Il nuovo volto dell’Autorità nazionale anticorruzione 46

2.2. Il sindacato giurisdizionale sugli atti dell’Autorità 60

Capitolo 3

L’ANAC: un’autorità per la cultura dell’ integrità e della trasparenza

3.1. Le funzioni dell’ANAC per promuovere l’integrità e

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3.2. Le funzioni di ANAC in materia di trasparenza 83

Capitolo 4

L’ANAC: un’Autorità per la promozione di un’efficiente contrattualistica pubblica

Parte I. Il potere regolatorio

4.1. La regolazione anticorruzione e la Convenzione di Merida 95

4.2. L’attività regolatoria di ANAC nei contratti pubblici 99 4.3. Gli strumenti di regolazione flessibile: le linee guida 104

4.3.1.Classificazione e natura giuridica delle linee guida 110

Parte II. I poteri di vigilanza e controllo

4.4. La vigilanza collaborativa 126

4.5. Il potere di raccomandazione vincolate e le relative criticità 139 4.6. Gli aspetti innovativi della funzione di vigilanza all’indomani

dell’entrata in vigore del Correttivo 154

Considerazioni conclusive 163

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Introduzione

Prendendo come riferimento l’indagine statistica “Corruption Perception

Index”, promossa da Transparency International, il nostro Paese è al

penultimo posto nella classifica dei paesi europei con il più alto grado di corruzione percepita.

Va detto, tuttavia, che “misurare” la corruzione, sia amministrativa che politica, intesa quest’ultima come abuso di ruoli e risorse per ottenere vantaggi personali, è un compito non certo agevole, vista l’affidabilità solo tendenziale degli indicatori utilizzati per quantificare la parte del fenomeno non emersa giudiziariamente. Tuttavia, rilevanti sono i costi legati al fenomeno corruttivo, e talvolta anche della sola percezione dello stesso.

Ma al di là dei costi, reali e percepiti, sul sistema economico, la corruzione ha degli effetti sociali di notevole rilievo. Infatti, se da una parte, genera la sfiducia dei cittadini nel modo di operare della pubblica amministrazione e nei meccanismi di legittimazione democratica, dall’altra, rappresenta un ostacolo alla piena realizzazione del principio di uguaglianza, non permettendo a ciascun cittadino di avere pari opportunità alla vita economica e sociale della comunità.

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5

In Italia, in virtù del crescente allarme sociale, a partire dagli anni Settanta del secolo precedente, la lotta alla corruzione ha visto l’introduzione da parte del legislatore di strumenti a carattere prevalentemente repressivo a cui hanno fatto seguito un ampliamento delle fattispecie penali ed un inasprimento delle correlative sanzioni.

Tuttavia, l’esperienza di quegli anni, ha insinuato il dubbio che il contrasto alla corruzione non potesse essere devoluto unicamente all’intervento, peraltro episodico, del giudice penale ma avrebbe dovuto essere inserito in un più ampio contesto ispirato ad una “cultura della legalità”.

In questo senso, la legge 6 novembre 2012, n. 190 recante “Disposizioni

per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione” ha segnato un profondo cambiamento dell’impostazione nella lotta alla corruzione, attribuendo rilevanza centrale al momento della prevenzione.

Un ruolo fondamentale in questa rinnovata impostazione è attribuito all’Autorità nazionale anticorruzione che si vede riconoscere compiti in materia di trasparenza e di lotta alla corruzione per poi, con il d.l. n. 90 del 2014, assumere una struttura di grande rilevanza con l’incorporazione in essa della più datata Autorità di vigilanza per i contratti pubblici (AVCP).

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6

La scelta di prendere ad oggetto del presente lavoro l’Autorità nazionale anticorruzione alla luce dei più recenti interventi normativi che l’hanno riguardata, vuole essere, così, l’occasione per esaminare il ruolo che oggi ANAC sta progressivamente venendo ad assumere nel nostro ordinamento.

A tal fine, dopo aver descritto il delinearsi e lo sviluppo delle autorità amministrative indipendenti nel nostro ordinamento e i loro tratti distintivi, l’attenzione nel secondo capitolo è rivolta all’evoluzione normativa che porta alla nascita di ANAC e all’esercizio delle sue funzioni sia in materia di prevenzione della corruzione nella pubblica amministrazione che in quella dei contratti pubblici. Nel terzo e quarto capitolo, infatti, si tenta di fornire un quadro sistematico del, per alcuni versi, convulso susseguirsi di interventi normativi che in un ristretto arco temporale hanno riguardato tali materie.

Nell’analisi dedicata alla cultura dell’integrità e della trasparenza, si pone l’accento sulla nuova competenza di ANAC ad adottare i Piani nazionali anticorruzione che, in quanto atti di indirizzo rivolti alle pubbliche amministrazioni, hanno tra le principali finalità il perseguimento di effettive misure di prevenzione della corruzione; mentre in materia di trasparenza, si sottolinea la portata innovativa dell’istituto dell’accesso civico generalizzato e del ruolo significativo affidato ad ANAC proprio a tutela della trasparenza nella pubblica amministrazione.

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Con riferimento, poi, alle novità in materia dei contratti pubblici, si affronta, da un lato, il tema dei poteri regolatori di ANAC tramite il ricorso agli strumenti di regolazione flessibile con le connesse problematiche circa la natura giuridica di tali atti e l’inquadramento nel sistema delle fonti e, dall’altro, le novità in tema di vigilanza, mettendo in risalto, in particolare, la portata innovativa della c.d. vigilanza collaborativa.

Le considerazioni conclusive, infine, vogliono essere uno spunto di riflessione sulla portata di tali interventi normativi e sulle implicazioni applicative che tali interventi hanno avuto sul ruolo che oggi riveste ANAC nel nostro ordinamento.

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8

Capitolo 1

Le autorità amministrative indipendenti: genesi e inquadramento

generale

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1.1. Un diverso modello di amministrazione: le autorità

amministrative indipendenti

Definire in modo unitario il fenomeno delle autorità amministrative indipendenti1 non è cosa semplice, posto che non si tratta di organismi creati dal legislatore in esecuzione di un preciso disegno e in adesione ad un determinato modello, ma di autorità istituite in base a contingenti esigenze di indipendenza e neutralità in specifici settori, per giunta in assenza di una disciplina comune e di un diretto riferimento costituzionale.

1

Sul tema la letteratura è molto vasta, si veda, ex multis, S. CASSESE, C. FRANCHINI (a cura di), I garanti delle regole, Il Mulino, Bologna, 1996, 217 ss.; C. FRANCHINI, Le

autorità amministrative indipendenti in Riv. trim. dir pubbl., 1988, 549 ss.; M.

BOMBARDELLI, Le autorità amministrative indipendenti Report annuale 2013-Italia, in

www.ius-publicum.com; G. GRASSO, Le autorità amministrative indipendenti della Repubblica. Tra legittimità costituzionale e legittimazione democratica, Giuffrè, Milano,

2006; G. MONTEDORO, Le amministrazioni indipendenti, in M. PELLEGRINI (a cura di)

Elementi di diritto pubblico dell’economia, Cedam, Padova, 2012; G.P. CIRILLO, R.

CHIEPPA (a cura di) Le autorità amministrative indipendenti, in G. SANTANIELLO (diretto da), Trattato di diritto amministrativo, Cedam, Padova, 2010, 27 ss; C. CELONE, La funzione di vigilanza e regolazione dell’Autorità sui contratti pubblici, Giuffrè, Milano,

2012, 152 ss.; M. MANETTI, Le autorità indipendenti, Laterza, Roma-Bari, 2007, 160 ss.; S. CASSESE, I rapporti tra stato ed economia all’inizio del XXI secolo, in Giornale di diritto

amministrativo, 2001, 98 ss; A. MASSERA, Autonomia e indipendenza nella amministrazione dello Stato, in Studi in onore di M.S. Giannini, Giuffrè, Milano, 1988; A.

PREDIERI, L’erompere delle Autorità amministrative indipendenti, Passigli, Firenze, 1997; V. CERULLI IRELLI, Premesse problematiche allo studio delle amministrazioni

indipendenti, in F. BASSI, F. MERUSI (a cura di), Mercati e amministrazioni indipendenti,

Giuffrè, Milano, 1993; M. PASSARO, Le amministrazioni indipendenti, Giappichelli, Torino, 1996; S. CRISCI, La proliferazione delle autorità amministrative indipendenti, in Consiglio di Stato, 1995, 788 ss.; N. LONGOBARDI, Autorità amministrative indipendenti e

sistema giuridico-istituzionale, Giappichelli, Torino, 2009; F. MERUSI, M. PASSARO, Le autorità indipendenti, Il Mulino, Bologna, 2003.

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Per comprendere meglio il fenomeno risulta indispensabile, tuttavia, partire dalle ragioni che hanno portato il legislatore a creare dette autorità indipendenti2.

Nell’ordinamento italiano iniziano a diffondersi a partire dall’ultimo ventennio del secolo scorso in concomitanza con i processi di privatizzazione e, in seguito, di liberalizzazione3.

L’apertura di settori prima dominati da monopoli, in specie pubblici, portava con sé la necessità che il nuovo mercato avesse una regolazione capace sia di evitare che il monopolista potesse riprendere il sopravvento sul mercato,

2

Le radici di tale fenomeno vanno individuate nel modello americano delle indipendent

regulatory agencies nate negli Stati Uniti alla fine dell’ottocento con lo scopo di attuare un

processo di regolazione pubblica nell’economia. Non è casuale che il fenomeno si sviluppi oltreoceano: anche laddove l’iniziativa economica privata si sviluppa con maggiore intensità, è avvertita l’esigenza di un intervento pubblico a tutela degli interessi generali, sottratto agli arbitri della maggioranza e della politica in generale. Le agenzie indipendenti nascono così per assicurare il “keeping out of politics” consentendo un processo decisionale basato sull’esperienza tecnica e sulla neutralità. Sul modello americano e sulle differenze con il modello europeo si veda M. D’ALBERTI, Autorità indipendenti (dir. Amm.), in Enc. Giur., vol. IV, Roma, 1995.

3

La stagione della liberalizzazione ha avuto, infatti, due fasi: una prima fase di privatizzazione formale, una seconda fase di privatizzazione sostanziale. La prima è stata caratterizzata dalla trasformazione degli enti pubblici in società pur continuando i primi a detenere il controllo maggioritario o totalitario della società stessa. Si parlò, pertanto, di privatizzazione solo formale in quanto sostanzialmente era l’ente pubblico ad operare in regime di monopolio. Nella seconda, invece, si è avuta la privatizzazione sostanziale, poi liberalizzazione, con cui c’è stato superamento del monopolio dei soggetti pubblici di determinati settori, operando al pari di altri operatori privati, sul mercato. Sui processi di privatizzazione in Italia e sulle difficoltà incontrate si vedano, tra gli altri, A. DI MAIO (a cura di), Le politiche di privatizzazione in Italia, Bologna, Il Mulino, 1989; M. CLARICH,

Privatizzazioni, in Digesto delle discipline pubblicistiche, XI, Torino, 1996, 568 ss; R.

COSTI, Privatizzazione e diritto della società per azioni, in Giur. comm., I, 1995, 77 ss.; G. MINERVINI, Contro il diritto speciale delle società per azioni, in Riv. soc., 1994, 740 ss.; P.G. JAEGER, Problemi attuali delle privatizzazioni in Italia, in Giur. comm., 1992, 989 ss.

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sia ad assicurare il rispetto degli obblighi di servizio pubblico, e garanzia dell’utenza, da parte di tutti gli operatori.

La regolazione diventava necessaria, quindi, non solo per assicurare l’accesso al mercato ai nuovi operatori che ne entravano a far parte, proteggendoli da comportamenti anticoncorrenziali, ma soprattutto era indispensabile in quei settori in cui continuava ad operare un’impresa totalmente o per la maggior parte, pubblica. In questi casi, infatti, non si riteneva possibile affidare allo stesso soggetto, lo Stato, il ruolo di imprenditore e di regolatore insieme, per l’evidente conflitto di interessi che ne sarebbe potuto derivare4.

Nascevano, in questo contesto, le autorità amministrative indipendenti che, con l’ausilio di un sistema normativo di riferimento, per la maggior parte di matrice comunitaria, avevano come scopo quello di garantire la concorrenzialità e la stabilità dei mercati, anche a tutela dei consociati, rivestendo una posizione neutrale rispetto alle dinamiche economiche regolate. Si affermava un modello di intervento pubblico nell’economia basato sulla regolazione indipendente delle attività economiche e dei mercati5.

4

Cfr. anche C. FRANCHINI, Le autorità indipendenti come figure organizzative nuove, in S. CASSESE, C. FRANCHINI, I garanti delle regole, cit., 69 ss.; S. CRISCI, La proliferazione

delle autorità amministrative indipendenti, cit.

5

Sulla regolazione indipendente vedi: C. CELONE, La funzione di vigilanza e regolazione

dell’Autorità sui contratti pubblici, op. cit., 54 ss.: “ Tale forma di regolazione indipendente

delle attività economiche è stata anche considerata come una nuova funzione amministrativa in divenire, che sembra spesso procedere, più per assestamenti successivi, anzichè secondo

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L’istituzione e lo sviluppo della autorità indipendenti si inseriva, pertanto, in un processo di alleggerimento dell’intervento pubblico6.

L’entrata di questi nuovi organismi nel tessuto ordinamentale italiano non fu, però, solo dovuto ad un’abdicazione dello Stato nell’intervento diretto dell’economia, avendo avuto un ruolo altrettanto importante un ulteriore aspetto: l’emersione di interessi e valori alla cui tutela gli apparati tradizionali erano evidentemente impreparati. La trattazione di particolari settori sensibili7, coinvolgenti la tutela di interessi di significativa rilevanza costituzionale, necessitava in modo evidente dell’apporto qualificato di organismi indipendenti di garanzia, scevri, cioè, da ogni forma di condizionamento

un disegno compiutamente prestabilito, anche a causa della stessa generalità e indeterminatezza degli obiettivi da perseguire, con un carattere spiccatamente adattivo e teleologico, in ragione sia della necessità di disciplinare i mutevoli aspetti della realtà sociale ed economica, sia della finalità immanente a tale funzione, consistente nel garantire –come è stato detto più volte- il corretto funzionamento del mercato secondo un principio concorrenziale, principalmente attraverso la predisposizione di regole generali ed individuali di condotta (di tipo conformativo e correttivo) e la garanzia della loro osservanza tramite strumenti di controllo continuo ( delle attività dei soggetti regolati) e di sanzione”.

6

Vedi L. TORCHIA, La regolazione dei mercati tra autorità indipendenti nazionali ed organismi europei, Relazione svolta al convegno Le autorità amministrative indipendenti. Bilancio e prospettive di un modello di vigilanza e regolazione dei mercati- Roma, Palazzo

Spada, 28 febbraio 2013 in

http.//www.irpa.eu//area-bibliografica/scritti/gli-scritti-di–luisa-torchia/. L’Autrice fa anche un cenno al modello di regolazione indipendente statunitense

che, a differenza dell’esperienza europea e, nello specifico, italiana, è stata caratterizzata da un’estensione dei confini dell’influenza pubblica attraverso anche l’introduzione di vincoli ed obblighi prima inesistenti.

7

In questo senso R. PEREZ, Autorità indipendenti e tutela dei diritti, in Riv. trim. dir. pubbl., 1996, 133 ss., definisce i settori sensibili come quei settori, nei quali sono stati individuati diritti che non possono essere violati in quanto, una volta violati, non sarebbe esercitabile da parte dei loro titolari alcuna forma di riparazione.

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politico, aventi l’obiettivo di agire per il perseguimento dell’interesse dell’ordinamento.

Le autorità amministrative indipendenti rappresentavano un modo di essere obbligato per lo Stato moderno, chiamato a dare risposte a problemi sempre più tecnici e socialmente sensibili, a fronte di un Parlamento e di un Governo che, nel dare riconoscimento alle singole Authorities, stavano ammettendo, in un certo qual modo, la propria incapacità nella disciplina e nella regolazione di particolari materie.

E proprio la marcata indipendenza8 dal potere esecutivo, uno dei profili che più caratterizza oggi queste Autorità e che consente di contraddistinguerle dalle pubbliche amministrazioni tradizionali. Gli enti pubblici parastatali o economici, infatti, pur se distinti dallo Stato centrale, svolgono funzioni statali e sono soggetti a controlli e direttive da parte dei Ministeri cui fanno capo. Nel caso delle autorità amministrative indipendenti, invece, il Governo non assume poteri di indirizzo e di controllo nei loro confronti quand’anche partecipi, come accade per talune di esse, alla nomina dei componenti9.

8

Sul carattere dell’indipendenza si veda: N. LONGOBARDI, Autorità amministrative

indipendenti e sistema giuridico-istituzionale, cit.; A. MASSERA, Autonomia e indipendenza nella amministrazione dello Stato, cit..

9

L’assenza nell’ordinamento italiano di una disciplina unitaria del fenomeno delle autorità indipendenti ha fatto sì che anche i criteri di nomina dei componenti siano diversi a seconda della singola autorità. In alcuni casi infatti il potere di nomina è attribuito ai Presidenti delle Camere, in altri casi alla Camera e al Senato, in altri ancora, al Governo.

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Proprio alla luce di quest’ultime considerazione, si è posta la questione della compatibilità costituzionale di tali Autorità. La previsione, cioè, di organismi indipendenti dal Governo, e per questo, irresponsabili, sembrerebbe porsi in contrasto con il dettato dell’art. 95 della Costituzione che sancisce la responsabilità dei Ministri “collegialmente degli atti del Consiglio dei Ministri ed individualmente degli atti dei loro dicasteri”. Da cui ne deriverebbe un

vulnus alla disciplina costituzionale10.

A ben vedere, però, è stato sostenuto11, l’art. 95 della Costituzione non scolpisce in modo inderogabile una regola di dipendenza dell’amministrazione dal Governo, ma si limita a prevedere che, laddove sia necessaria una dipendenza dell’Amministrazione dal Governo, i membri di quest’ultimo,

10

Sul punto G. PERICU, Brevi riflessioni sul ruolo istituzionale delle autorità

amministrative indipendenti, in Dir. amm., 1996 1 ss.; G. GRASSO, Spunti per uno studio sulle autorità amministrative indipendenti: il problema del fondamento costituzionale in Quad. reg., 1993, 1329 ss.; M. MANETTI, Poteri neutrali e Costituzione, Giuffrè, Milano,

1994.

11

V. F. CARINGELLA, Manuale di diritto amministrativo, Dike, Roma, 2015, 830 ss. che sulla dipendenza Governo-Amministrazione così si esprime: “Dipendenza che, all’evidenza, costituisce una forca caudina ineludibile per il Legislatore ordinario ove l’Amministrazione sia tale in senso sostanziale, ossia risulti, secondo il panorama conosciuto e supposto dell’ordito costituzionale, deputata all’effettuazione di scelte comparatrici di interessi funzionali all’interesse pubblico. In tal caso si staglia a tutto tondo la ratio della responsabilità governativa, ossia la necessità che il Governo risponda al Parlamento e al Paese, in ossequio ai principi di democrazia rappresentativa e sovranità popolare di cui all’art. 1 della Grundnorm, della congruità delle decisioni adottate e, soprattutto, della non disomogeneità delle medesime rispetto alle linee programmatiche poste alla base dell’investitura fiduciaria da parte delle assemblee parlamentari. Per converso detta dipendenza non è necessaria e, per certi versi, non ha senso ove l’Amministrazione non si occupi della gestione dell’interesse pubblico in rapporto alle direttive governative e, quindi, all’investitura parlamentare, ma attenda, nella dimensione paragiurisdizionale e neutrale di cui si è detto, a un controllo tecnicamente qualificato di legalità, anticipatore di quello giurisdizionale”.

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collegialmente o individualmente, sono chiamati a risponderne. Si passa, così, dal dogma della necessaria responsabilità governativa alle verifica del presupposto della stessa, ossia alla verifica circa l’esistenza della dipendenza Governo-Amministrazione.

Si arriva, cioè, a sostenere che l’elemento della dipendenza in alcuni casi, e per determinate situazioni, non è necessario, e non lo è soprattutto laddove l’Amministrazione non si occupi di gestire l’interesse pubblico sulla base di direttive governative, ma si prefigga piuttosto di far rispettare la legge.

Stando così le cose, se ne deduce che l’art. 95 della Costituzione possa rappresentare un limite invalicabile solo nel caso in cui le funzioni attribuite alle amministrazioni indipendenti comportino valutazioni discrezionali nel senso pieno del termine, inteso come potere di compiere delle scelte in vista della soddisfazione di specifici interessi pubblici. Solo in quest’ultimo caso, infatti, si richiede dagli organi che esercitano un simile potere di rispondere direttamente o indirettamente all’indirizzo politico e amministrativo del Governo12.

12

Sul punto si veda F. MERUSI, I rapporti tra governo ed amministrazione, in S. CASSESE, C. FRANCHINI (a cura di), L’ Amministrazione pubblica in Italia, Il Mulino, Bologna, 1994, 25 ss. Secondo l’A.:“ci sono dei settori i quali naturaliter, non sopportano l’indirizzo politico, ma richiedono di essere amministrati, che ci siano cioè degli organi amministrativi che garantiscano il rispetto delle regole proprie del mercato e l’intangibilità di determinati valori costituzionali”.

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Giova, inoltre, precisare che la fuoriuscita delle autorità suddette dal circuito democratico e della responsabilità politico-elettorale non ha soltanto investito la questione della compatibilità con l’art. 95 della Costituzione, ma anche quella, non di minore importanza, della loro legittimazione. Anche in questo caso, sono necessarie alcune significative considerazioni.

In primo luogo, pur mancando un esplicito riferimento nella Costituzione delle suddette Autorità, è stato loro ugualmente riconosciuto un rilievo costituzionale in virtù dei valori per la cui tutela agiscono, in particolare, quella di cui agli articoli 21, 41, 47 e 97 della Costituzione.

In secondo luogo, è stata riconosciuta ed evidenziata la loro rilevanza nell’ordinamento dell’Unione europea, rispetto al quale operano per la tutela di principi fondamentali posti dai Trattati tra cui, per esempio, la concorrenza, la libertà di circolazione e di stabilimento e la tutela del consumatore. In terzo luogo, dal punto di vista procedurale, è stato sottolineato come anche nella formazione degli atti di natura regolamentare, la partecipazione dei soggetti regolati possa contribuire alla loro legittimazione13. La partecipazione assume,

13

In particolare il Consiglio di Stato ha riconosciuto esplicitamente una legittimazione dal basso delle Autorità indipendenti:così in Cons. St., Sez. VI, 2 marzo 2010, n. 1215 si è affermato: “in assenza di responsabilità e soggezione nei confronti del Governo, l’indipendenza e la neutralità delle autorità può trovare fondamento dal basso, a condizione che siano assicurate le garanzie del giusto procedimento”. Ancora in modo significativo Cons. St., Sez. VI, 27 dicembre 2006, n. 7972 nella parte in cui si afferma che “l’esercizio di poteri regolatori da parte di Autorità, poste al di fuori della tradizionale tripartizione dei poteri e al di fuori del circuito di responsabilità delineato dall’art. 95 Cost., è giustificato

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cioè, sia un ruolo di garanzia14, assicurando al potere normativo delle autorità una legittimazione “dal basso” attraverso il coinvolgimento dei soggetti interessati, sia un significato collaborativo da parte degli stessi permettendo ai soggetti regolati di rendere disponibili le informazioni di cui dispongono in modo da ridurre anche lo squilibrio informativo spesso esistente tra l’autorità e i soggetti stessi.

Fugato, così, ogni dubbio di compatibilità costituzionale, si può ritenere che la scelta del legislatore non sia censurabile per il sol fatto di non aver dotato di previsione costituzionale15 organismi che, seppur non giudiziari16,

anche in base all’esistenza di un procedimento partecipativo, inteso come strumento della partecipazione dei soggetti interessati sostitutivo della dialettica propria delle strutture rappresentative”.Nello stesso senso si vedano anche Cons. St., Sez. VI, 20 aprile 2006, n. 2201; Cons. St., sez VI, 2 maggio 2006, n. 2444; TAR Lazio, Roma, sez. II, 13 dicembre 2011, n. 9710, tutte reperibili in www.giustizia-amministrativa.it.

14

F. MERUSI, Democrazia e autorità indipendenti, Il Mulino, Bologna, 2006; G. GRASSO,

Le autorità amministrative indipendenti della Repubblica: tra legittimità costituzionale e legittimità democratica, cit.

15

A tal proposito, giova ricordare tra le proposte legislative più importanti delle passate legislature, quella della Commissione parlamentare per le riforme istituzionali (“Commissione Bozzi”) costituita nella IX legislatura. L’art. 109 era dedicato proprio alla disciplina delle Autorità di garanzia, le quali assumevano la veste di organo costituzionalmente rilevante, al pari del Consiglio di Stato, della Corte dei Conti e dell’Avvocatura dello stato. Sulla previsione delle Autorità nella bozza di revisione costituzionale si vedano anche i lavori del seminario sulla revisione costituzionale, Le

autorità di garanzia e di vigilanza, incontro dell’ 8 maggio 1998, tenutosi alla LOUISS.

16

A seguito di un serrato dibattito intorno alla natura amministrativa o meno delle autorità indipendenti, la legge 21 luglio 2000, n. 205, recante “Disposizioni in materia di giustizia amministrativa” ha confermato la natura amministrativa di tali organismi sottoponendo i loro atti alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. In tal senso si veda anche Cons. St., Sez. VI, 12 febbraio 2001, n. 652: “l’istituzione di Autorità indipendenti risponde all’esigenza di dare corpo ad una funzione amministrativa di garanzia in ragione della quale è configurata l’indipendenza dell’organo”, una funzione che secondo l’attuale ordinamento costituzionale, “è incardinata nella funzione amministrativa”.

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sono deputati talvolta ad una funzione paragiurisdizionale, ovvero di tutela e garanzia, nonché dotati di una pari indipendenza.

A tal proposito, giova ricordare come il concetto di indipendenza sia stato oggetto di due distinte letture interpretative. Secondo un primo orientamento17, infatti, non è ammissibile che vi siano istituzioni completamente irresponsabili nei confronti del Governo e che quest’ultimo, a sua volta, non sia responsabile di esse nei confronti del Paese. Pertanto, per i sostenitori di tale impostazione, le autorità indipendenti, da una parte, dovrebbero dar conto all’esecutivo rendendo pubblici gli atti compiuti, le ragioni delle scelte e i criteri seguiti nello svolgere l’attività; dall’altra, il Governo dovrebbe essere responsabile, sotto il profilo della culpa in eligendo, rispetto all’attività delle stesse autorità. In tal modo, gli organismi indipendenti, pur non potendo considerarsi subordinati gerarchicamente, sarebbero, in qualche misura, tenuti a rispondere nei confronti del Governo18.

Altro e opposto orientamento, propende, invece, per un’impostazione volta a configurare in termini di massima intensità l’indipendenza delle suddette

17

F. CARINGELLA, Manuale di diritto amministrativo, cit. L’A. definisce tale orientamento “riduzionistico” sottolineando, altresì, l’incapacità dei fautori dello stesso di rinunciare al tasso di supremazia governativa.

18

Non manca chi ha sostenuto come tale orientamento poggi su dei punti molto opinabili. In primis, gioca un ruolo fondamentale l’incapacità di allontanarsi dalla tradizionale visione del rapporto Governo-Amministrazone, quasi a testimonianza di una sorta di supremazia governativa. E in secondo luogo, è stato ancora messo in evidenza, sembra emergere in modo chiaro una sfiducia generalizzata nel considerare le autorità amministrative indipendente come enti neutrali vista la loro attività di composizione di interessi pubblici e privati.

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autorità dall’organo esecutivo. I fautori di tale tesi19 partono dalla natura degli interessi a tutela dei quali tali organismi sono nati e dalle funzioni che sono chiamati a svolgere: la protezione dei cittadini rispetto agli abusi di potere delle amministrazioni e dei potenti gruppi di interessi privati. A tale connotazione teleologica, infatti, si ricollega la natura di tali organi e la loro stessa caratteristica distintiva ravvisata nella funzione di regolamentazione e tutela di interessi collettivi in ambiti della vita sociale nei quali, la conciliazione dei diversi interessi in gioco, si presenta particolarmente delicata. Ed è, infatti, proprio al fine di evitare condizionamenti del potere politico, della burocrazia, del potere economico o di quello di gruppi privati, che il legislatore ha ritenuto di dotare tali amministrazioni della necessaria autonomia e libertà da ingerenze dell’esecutivo20.

19

E’ la posizione, tra gli altri, di F. MERUSI, M. PASSARO, Le Autorità indipendenti, cit.

20

Giova precisare che l’indipendenza di cui devono godere le autorità indipendenti risulta essere ben diversa dall’autonomia che l’ordinamento riconosce ai diversi soggetti pubblici: il principio di autonomia assume rilievo in relazione a soggetti in rapporto tra loro, anche di equiordinazione, mentre l’indipendenza presuppone l’assenza di un tale rapporto e l’attribuzione di funzioni da svolgere senza condizionamenti. Pertanto, l’autonomia organizzatoria, contabile e finanziaria, di cui anche le autorità godono, rappresenta solo uno strumento per garantire l’indipendenza rispetto agli altri poteri. L’indipendenza, infatti, è garantita non solo da tali forme di autonomia ma anche, o soprattutto, dai criteri di nomina dei componenti delle autorità e dall’assenza della possibilità che le funzioni neutrali siano assoggettate ai poteri di indirizzo e ad ingerenze di carattere politico. Accanto ai requisiti che garantiscono la c.d. expertise tecnica, l’attribuzione della nomina dei componenti delle

authorities ad organi super partes o a maggioranze necessariamente bipartisan sono elementi

che possono contribuire al rafforzamento dell’indipendenza delle autorità. Altre garanzie di indipendenza sono poi la durata del mandato e la limitata revocabilità o rinnovabilità della carica in modo da depotenziare eventuali tentativi di condizionamento da parte del potere politico.

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20

Insieme al carattere dell’indipendenza, un altro aspetto distintivo di tali organismi è la neutralità intesa come assenza di invasività della politica nelle regole del gioco del mercato. Una neutralità che è diversa dall’imparzialità21. I due termini, infatti, pur se utilizzati per indicare la stessa idea, indicano due concetti tra loro eterogenei.

Il termine imparzialità, infatti, indica l’esigenza che l’amministrazione, pur agendo per il perseguimento dell’interesse pubblico primario, si comporti nei confronti dei destinatari dell’agere amministrativo in modo non discriminatorio. Ciò che viene chiesto all’operatore pubblico è che si comporti in modo equo nella valutazione degli altri interessi pubblici o privati, evitando sacrifici non imposti dal perseguimento dell’interesse pubblico primario. Imparzialità, quindi, non vuol dire disinteresse o indifferenza, quanto piuttosto, equità di condotta sulla premessa del carattere interessato dell’azione

21

Per quanto riguarda la distinzione tra neutralità e imparzialità come requisito proprio delle autorità indipendenti è efficacemente delineata da V. CAIANELLO, Le autorità indipendenti

tra potere politico e società civile, in Foro Amm., 1997, II, 368 ss. L’A. distingue la nozione

di neutralità da quella di imparzialità e indipendenza: “la prima indica l’indifferenza dell’organo dagli interessi in gioco. Mentre con imparzialità si vuole far riferimento all’esigenza di comportarsi nei confronti di tutti i soggetti destinatari dell’azione amministrativa senza discriminazioni arbitrarie (…) le esigenze dell’imparzialità e del tecnicismo appaiono dunque inidonee a giustificare di per se stesse la creazione delle autorità indipendenti, perché anche l’amministrazione in senso tradizionale potrebbe soddisfare quelle esigenze, se opportunamente potenziata sotto entrambi questi profili. La ragione che invece appare idonea a giustificare la creazione di queste nuove figure è che ad esse sono state attribuite funzioni neutrali, essenzialmente regolatorie di tutti gli interessi sui quali interferiscono e anche di quelli compresi nell’orbita pubblica, senza alcun condizionamento politico che potrebbe portare a preferire, nel libero gioco tra essi, gli uni o gli altri”.

(21)

21

amministrativa che, in quanto tale, è volta alla cura di interessi pubblici concreti.

Con il termine neutralità, invece, si vuole indicare una sorta di indifferenza dell’amministrazione indipendente rispetto agli interessi da comporre, assumendo, così, il ruolo di agente terzo rispetto agli stessi. Da qui ne deriva la veste di arbitro o, in alcuni casi di magistrato economico, non condizionato nella regolazione degli interessi che sono tutti sullo stesso piano, ivi compresi, quelli pubblici.

Quando si parla di autorità amministrative indipendenti, inoltre, non si può non far riferimento ad un’ulteriore aspetto peculiare, ovvero il loro inquadramento in un’ottica europea. Molte di esse, infatti, sono state istituite in attuazione di direttive europee, mentre altre sono ormai inserite in reti europee più o meno radicate e, talvolta, hanno assunto i connotati dell’indipendenza in vista di assestamenti ritenuti necessari in forza di precetti comunitari. Particolarmente interessante, a riguardo, è la posizione di Merusi secondo il quale, tranne qualche isolata eccezione, tutte le autorità amministrative indipendenti oggi esistenti in Italia derivano la loro funzione dalla normativa comunitaria o comunque si collocano “negli interstizi” della disciplina dell’Unione europea, tanto da far ritenere che la copertura di

(22)

22

determinati settori con autorità indipendenti sia addirittura necessitata in forza dell’ art. 11 della Costituzione22

.

In merito alla dimensione europea, occorre, tuttavia, fare ancora una precisazione. Il processo di integrazione europeo ha assunto, anche per quanto concerne la regolazione indipendente, una duplice valenza. Da una parte, infatti, le amministrazioni, così come le autorità indipendenti, sono state incaricate di applicare e attuare il diritto europeo dovendo rispondere tutte le volte in cui le decisioni e i comportamenti si pongono in contrasto con la normativa europea. Dall’altra, però, deve sottolinearsi, come la dimensione europea ha fornito alle amministrazioni nazionali una proiezione che va oltre i confini nazionali, sia per gli effetti dei provvedimenti, spesso non limitati all’ordinamento nazionale di provenienza, sia perché i regolatori nazionali sono organizzati in reti, alle quali partecipa, con un ruolo di volta in volta più o meno significativo, anche la Commissione europea.

E’ evidente come questa seconda linea di tendenza sia stata determinante per l’indipendenza degli organismi, in quanto l’uniformità, o quanto meno la convergenza delle regole europee, è più facilmente raggiungibile dall’attività di autorità nazionali dotate di indipendenza piuttosto che da quella di

22

Così F. MERUSI, Le leggi del mercato, Il Mulino, Bologna, 2002. L’A. ritiene che proprio la “derivazione comunitaria” costituisca, assieme all’esercizio dei poteri regolamentari e all’indipendenza del Governo, il vero segno distintivo per affermare l’identità di Autorità indipendente e, quindi, il vero discrimen rispetto a ciò che invece non può definirsi Autorità.

(23)

23

organismi condizionati da Governi e Parlamenti nazionali. Con l’ulteriore conseguenza per cui l’emersione di reti europee di regolatori nazionali se, da un lato, ha consentito la creazione di uno scambio e di una consuetudine tra gli stessi regolatori; dall’altro, ha anche contribuito a che la Commissione23 ed altri organismi tecnici rivestissero una posizione sempre più rilevante.

Deve aggiungersi, poi, che oggi, in alcuni casi, si è di fronte, ad un doppio livello di regolazione che prevede la contemporanea operatività di un regolatore comune, fatto di reti di regolatori nazionali, e di un regolatore europeo, che sta sempre più manifestando la tendenza ad inglobare al suo interno il regolatore comune24.

In altre parole, si sta passando da un sistema di regolazione composita, in cui i regolatori nazionali e la Commissione europea interagivano in modo particolarmente stretto mantenendo ferma la distinzione di attribuzioni e competenza, ad un sistema di regolazione integrata nel quale si supera il sistema duale a favore di un centro di imputazione unitario della regolazione europea di settore. Il principale vantaggio di quest’ultimo tipo di regolazione è stato ravvisato nella concentrazione, in capo al regolatore di settore, di un insieme di conoscenze e di capacità tecniche, di poteri esercitati a seguito di

23

Il ruolo della Commissione è peraltro molto differenziato a seconda dei settori, anche a seconda del livello di integrazione già raggiunto.

24

Per un quadro d’insieme si veda: C. IANNELLO, L’indipendenza delle autorità di

regolazione tra diritto interno e comunitario, in L. CHIEFFI (a cura di), Il processo di integrazione europea tra crisi di identità e prospettive di ripresa, Giappichelli, Torino, 2009.

(24)

24

consultazioni e verifiche con gli interessati che rendono il regolatore stesso meno esposto alle contingenze mutevoli che spesso condizionano le decisioni delle istituzioni politiche in senso stretto.

In questo senso, si è intravisto in questo sviluppo della regolazione indipendente nella dimensione europea la spia di una più generale tendenza di trasformazione nell’assetto dei pubblici poteri contemporanei e della loro collocazione negli ordinamenti democratici.

(25)

25

1.2. Le principali funzioni delle autorità amministrative indipendenti

E’ ormai pacifico che le funzioni attribuite alle autorità indipendenti25 non

siano sussumibili all’interno di un’unica categoria; il tratto distintivo del loro modo di essere si traduce in una sorta di deroga al principio classico della separazione dei poteri, in quanto titolari di funzioni che si sovrappongono, di volta in volta, al potere legislativo, esecutivo e giudiziario.

Da un lato, infatti, le Autorità sono titolari di poteri amministrativi in senso proprio (si veda, per esempio, il rilascio di titoli autorizzativi, l’irrogazione di sanzioni, l’adozione di provvedimenti di tipo ordinario) che in passato erano attribuiti ad apparati amministrativi tradizionali (come i Ministeri); dall’altro, vengono loro attribuite funzioni arbitrali, contenziose o semicontenziose, nel tentativo di creare filtri all’accesso alla giurisdizione in un’ottica deflattiva, ovvero di rafforzare la tutela effettiva dei singoli.

Passando ad esaminare tali funzioni più nel dettaglio, rientrano nelle funzioni amministrative26 delle Autorità, l’attività consultiva, l’attività di

25

Per una disamina sulle funzioni delle Autorità indipendenti cfr. G. VESPERINI, Le

funzioni delle autorità amministrative indipendenti, in Dir. Banche e Mercati finanziari,

1990, I, 419 ss.;

26

Si tratta di funzioni meramente ausiliarie che consistono in un’attività di moral suasion nei confronti del potere politico o dei privati e in funzioni provvedimentali. Le autorità cui sono affidate le funzioni amministrative sono definite “garanti”, in quanto esercitano elusivamente o prevalentemente attribuzioni che sono qualitativamente diverse dalle tradizionali potestà amministrative che comportano invece una valutazione di interessi e che determinano effetti redistributivi di risorse. E ciò proprio perché, a differenza del Governo e dei singoli Ministeri,

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26

segnalazione al Parlamento di problemi relativi ai rispettivi settori di competenza (c.d. advocacy), come pure la predisposizione di relazioni annuali sulle loro stesse attività. Rappresentano esercizio di funzioni amministrative anche gli interventi nel settore economico ad esse affidato attraverso l’adozione di atti e provvedimenti amministrativi di carattere generale e puntuale. Vi è da dire, tuttavia, che rispetto a quest’ultimi, i margini di valutazione discrezionale sono abbastanza ristretti, così che il ruolo delle Autorità si limita ad essere sempre più tecnico esaurendosi nella verifica circa l’esistenza di requisiti stabiliti dalla legge e nell’applicazione di regole tecniche.

Le amministrazioni indipendenti rivestono, inoltre, un ruolo importante nella disciplina di accesso ai mercati regolati; spetta a loro, infatti, decidere se rilasciare le autorizzazioni necessarie per l’ingresso nel mercato o per la variazione delle modalità di intervento nello stesso, così come spetta a loro emanare provvedimenti di determinazione delle tariffe ai fini di una regolazione puntuale delle attività delle imprese sul mercato.

In generale, poi, le autorità amministrative indipendenti nello svolgimento di attività di controllo, esercitano funzioni amministrative a cui si riconnettono

le autorità non sono inserite in modo diretto nel circuito politico rappresentativo e , per questo, sono prive di una legittimazione democratica che giustifichi la delega di poteri decisionali di tale natura. In tal senso si veda, inoltre, C. MALINCONCO, Le funzioni

amministrative delle Autorità indipendenti, in (a cura di) S. CASSESE, C. FRANCHINI, I garanti delle regole, cit. 37 ss.

(27)

27

due tipologie di poteri, generalmente attribuiti alle amministrazioni indipendenti dalla legislazione di settore, che sono i poteri di ispezione e quelli sanzionatori.

Quanto ai primi, essi consistono nella possibilità di chiedere notizie e informazioni, di convocare persone interessate alle attività controllate e di esaminare atti e documenti.

Per quanto concerne i poteri sanzionatori esercitabili d’ufficio27, invece, essi sono attribuiti alla competenza delle autorità e modellati sulla falsariga della legge 24 novembre 1981 n. 689, in tutto o in parte, richiamata dalle leggi istitutive delle singole Autorità e dai regolamenti da esse adottati. Si pensi, ancora, ai poteri ordinatori o di diffida che spesso possono essere esercitati in correlazione ai poteri sanzionatori in senso proprio. In questo tipo di procedimenti, il contraddittorio, sul piano funzionale, ha come scopo quello di assicurare al massimo grado la garanzia di difesa del soggetto nella cui sfera giuridica ricadono gli effetti dei provvedimenti emanati dall’Autorità. Le garanzie previste dalla legge 7 agosto 1990, n. 241 sono state rafforzate in alcune leggi istitutive delle Autorità stesse e nei regolamenti da esse adottati, per esempio, introducendo il principio del contradditorio orale, in larga parte estraneo alla nostra tradizione amministrativa.

27

Sui poteri sanzionatori delle autorità amministrative indipendenti: M. FRATINI, Le

(28)

28

Una seconda tipologia di funzioni ha natura giustiziale. Si tratta di funzioni strettamente correlate a situazioni giuridiche intercorrenti tra soggetti privati, rispetto alle quali il ruolo delle Autorità è quello di arbitro posto in posizione equidistante rispetto agli interessi coinvolti.

Emerge, in questo senso, il ruolo neutrale, o meglio “paragiurisdizionale” di tali organismi, i cui poteri non presuppongono una vera e propria ponderazione di interessi pubblici e privati, e sono privi del carattere della discrezionalità vera e propria. Alcuni Autori28, poi, hanno messo in evidenza come la cosiddetta natura paragiurisdizionale di tali organismi debba essere riconosciuta, più che all’organo in quanto tale, solo ad alcune funzioni svolte dallo stesso.

La neutralità di alcune funzioni, infatti, spiega anche perché molte Autorità abbiano adottato spontaneamente una struttura di redazione dei propri provvedimenti diversa da quella usualmente seguita dalle amministrazioni di tipo tradizionale. Quasi sulla falsariga dei provvedimenti giurisdizionali, le

28

Vedi M. CLARICH, Manuale di diritto amministrativo, Il Mulino, Bologna, 2015. L’Autore definisce l’espressione “paragiurisdizionale” controversa in quanto denota una sorta di assimilazione con il modo di operare degli organi giurisdizionali. Ciò vale, continua l’A., soprattutto per i procedimenti di tipo individuale per i quali sono previsti in molti casi la verbalizzazione, il contradditorio orale e, per alcune autorità indipendenti, persino la separazione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie,a garanzia di una maggiore imparzialità del soggetto decidente. Giova sottolineare,tuttavia, come la più recente giurisprudenza amministrativa abbia fornito un’ interpretazione molto rigorosa del principio del contraddittorio applicato alle autorità indipendenti. Cfr. anche F. CARINGELLA, Le

Autorità indipendenti tra neutralità e paragiurisdizionalità, in Il Consiglio di Stato, 2000, 3,

(29)

29

decisioni delle Autorità contengono spesso ampie premesse in fatto che danno conto dell’istruttoria svolta e delle posizioni espresse dalle parti con motivazioni molto più articolate rispetto allo standard minimo della sufficiente motivazione ritenuto necessario dalla giurisprudenza amministrativa.

Anche quest’ultimo aspetto appare un dato sintomatico di un orientamento volto ad un’amministrazione per fini, di impronta anglosassone, rispetto all’ortodossia procedurale e giurisdizionale della tradizione giuridica italiana e continentale.

L’attribuzione di funzioni normative29

costituisce l’aspetto più significativo dell’elemento dell’indipendenza, dal momento che si traduce nel riconoscimento della possibilità di determinare direttamente le modalità di espletamento dell’attività di regolazione e controllo dei settori alla cui salvaguardia gli organismi in questione sono preposti.

Il potere regolamentare è esplicato sia attraverso l’emanazione di regolamenti, aventi ad oggetto la propria auto-organizzazione che, in modo

29

Sul potere normativo delle autorità amministrative indipendenti, vedi CERULLI IRELLI,

Sul potere normativo delle autorità amministrative indipendenti, in www.astrid.it, 2009; F. MERUSI, Il potere normativo delle Autorità indipendenti in GITTI G. L’autonomia privata e

le autorità indipendenti, Il Mulino, Bologna, 2006, 8 ss.; F. POLITI, La potestà normativa delle autorità amministrative indipendenti: nuovi profili di studio, in N. LONGOBARDI, Autorità amministrative indipendenti e sistema giuridico-istituzionale, cit., 295 ss.; F.

ANGELINI, I poteri normativi delle autorità amministrative indipendenti, in AA. VV,

Associazione per gli studi e le ricerche parlamentari, Quad. 7, Seminario 1996, Torino,

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30

particolare, attraverso regolamenti intesi più propriamente a disciplinare all’esterno i singoli ambiti di operatività.

Dalla disamina delle singole leggi istitutive emerge con evidenza che, nell’attribuire tale potere regolamentare, il legislatore ha proceduto in assenza di un disegno unitario così che, non solo le diverse Autorità non vantano gli stessi poteri ma, a volte, risulta difficile ricondurre anche gli stessi poteri nelle tradizionali categorie.

Giova, ancora, sottolineare che, per quanto formalmente il potere normativo di tali soggetti indipendenti, in quanto di rango secondario sia subordinato alla legge, nella pratica la legge si limita alla sola attribuzione del potere, configurando i fini da perseguire ma non i contenuti né i limiti del potere stesso30.

Invero, si ritiene che quest’ultimo aspetto sia strettamente legato alle ragioni per cui si ricorre al modello delle autorità indipendenti. Una disciplina legislativa dettagliata, infatti, non solo determinerebbe un re-inserimento nel circuito Parlamento-Governo di quei settori che l’istituzione delle autorità indipendenti, vorrebbe mantenere da questo separati, ma metterebbe il Parlamento nella condizione di intervenire su materie ad alto contenuto

30 Cfr. sul punto M. CLARICH, Le autorità indipendenti tra regole, discrezionalità e controllo

giurisdizionale, in Foro amm., TAR, 2002, 11, 3858 ss. il quale richiama richiama l’attenzione sul fatto che i poteri normativi di talune autorità amministrative indipendenti sono attribuiti in assenza di parametri di riferimento sufficientemente determinati a livello di fonte legislativa primaria.

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31

tecnico, per la cui incapacità si è ritenuto di ricorrere all’esperienza di organismi specializzati31.

Con riferimento alla funzione di regolazione, infine, è bene precisare come la stessa si stia evolvendo lungo direttrici che stanno mettendo in crisi le classificazioni tradizionali in tema di fonti normative e di atti amministrativi32.

Una prima linea direttrice di tale evoluzione è rappresentata, per esempio, dalla cosiddetta soft law33 emersa nel mondo anglosassone ed in quello europeo. Essa consiste nell’insieme di atti, spesso informali (inviti, segnalazioni, comunicazioni, note informative, etc.) che hanno come scopo

31

A fronte delle varie posizioni avanzate dalla dottrina per giustificare tali poteri, una sembra essere quella prevalente: l’elemento che contribuisce a legittimare i poteri regolatori delle autorità indipendenti è costituito dalle garanzie procedimentali e dall’applicazione del giusto processo. Si instaura, cioè, una correlazione inversa tra legalità sostanziale e legalità procedurale: quanto meno è garantita la prima, per effetto dell’attribuzione alle Autorità indipendenti di poteri normativi e amministrativi in bianco, tanto maggiore è l’esigenza di rafforzare le forme di coinvolgimento di tutti i soggetti interessati nel procedimento volto all’assunzione di decisioni capaci di incidere sul mercato e sugli operatori. Per un maggiore approfondimento v. N. LONGOBARDI, Autorità amministrative indipendenti, cit. 281 ss.

32

S. VALAGUZZA, La regolazione strategica dell’Autorità Nazionale anticorruzione, in

Rivista della regolazione dei mercati, n. 1/2016, 15 ss.

33

Sulla definizione di soft law si veda M.R. FERRARESE, La governance tra politica e

diritto, Il Mulino, Bologna, 2010, 36 ss.: “C’è un relativo accordo sulla definizione della

‘soft law’ come una forma di diritto che implica alcuni obblighi o impegni, ma non li accompagna con sanzioni e che, nonostante questo, o forse proprio per questo, mira al raggiungimento di effetti pratici. Dunque la soft law è una presenza non solo irrituale, ma anche irritante per quanti pensano al diritto esclusivamente secondo i canoni hard che gli aveva impresso lo stato moderno”; E. MOSTACCI, la soft law nel sistema delle fonti: uno

studio comparato, Cedam, Padova, 2008, 2, secondo cui la soft law costituisce “un insieme

disomogeneo di atti e fatti normativi”. Per R. BIN, Il sistema delle fonti. Un’introduzione, in

Scritti in memoria di Giuseppe G. Floridia, Napoli, 2009, 27 ss.: “siamo in un mondo di

ectoplasmi normativi, riassunti nella comoda categoria del soft law, dotati di un potere regolativo più o meno intenso, laddove l’intensità non è da misurare con la maggiore minore efficacia di queste discipline, ma è determinata dal maggiore o minore impiego degli strumenti sanzionatori, rientranti nel tradizionale monopolio statale”.

(32)

32

quello di influenzare i comportamenti delle autorità amministrative così come degli amministrati. Il grado di effettività della soft law dipende essenzialmente dall’autorevolezza dell’organo da cui promana. E’ indubbio, tuttavia, che la

soft law metta in discussione il principio di tipicità delle fonti e degli atti

amministrativi che hanno valenza regolatoria e che sono essi stessi un’esplicazione del principio di legalità.

Una sottospecie di questa categoria può considerarsi un’altra forma di regolazione che si differenza dalla soft law per essere più moderna e con un grado di prescrittività e vincolatività più attenuato, e che va sotto il nome di

comply or explain. Il regolatore, in quest’ultimo caso, invece di imporre

soluzioni uguali per tutti, propone una soluzione che il destinatario può scegliere se seguire o non seguire. In tal caso, però, devono essere rese note le motivazioni per cui ha ritenuto di non seguire la soluzione proposta assumendosene anche le relative responsabilità.

Ancora, un altro approccio di regolazione flessibile34, che pure si sta diffondendo negli ultimi tempi, è quello proposto recentemente da una corrente

34

Per regolazione flessibile o soft regulation si intende una regolazione che si avvale di

strumenti basati più sulla capacità persuasiva della razionalità delle condotte suggerite che sulla cogenza di un sistema codificato. Sulla nozione di soft regulation si veda anche Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema “Autoregolamentazione e

(33)

33

di pensiero ispirata al cosiddetto “paternalismo libertario”35. Lo Stato, cioè,

anziché obbligare i soggetti privati a tenere determinati comportamenti, anche attraverso la minaccia di sanzioni, individua l’opzione che ritiene più idonea al fine di tutelare i reali interessi degli stessi soggetti privati senza per questo eliminare la loro libertà di scelta. L’opzione promossa dallo Stato si applica in modo quasi automatico, cioè, in mancanza di una diversa manifestazione di volontà esplicita del soggetto interessato. Si è dimostrato, infatti, anche tramite esperimenti di psicologia comportamentale, che spesso i privati, non avendo la capacità di valutare i propri interessi nel lungo periodo, soffrono di deficit cognitivi. Pertanto, spetta ai pubblici poteri promuovere le misure considerate più efficaci per la tutela degli interessi individuali e collettivi.

Come è stato sostenuto36, infine, l’accostamento dell’aggettivo “flessibile” alla parola regolazione, si rivela, solo prima facie, una contraddizione perché, se è vero, che il fenomeno del regolare implica l’introduzione di vincoli mentre la flessibilità è associata a comportamenti più o meno liberi, è altrettanto vero che, come precedentemente sottolineato, tale

35

Tale espressione si ritrova negli studi di Sunstein cui va riconosciuta la paternità della stessa. Per tutti si veda R. THALER - C. R. SUNSTEIN, Nudge: La spinta gentile. La nuova

strategia per migliorare le nostre decisioni su denaro, salute, felicità, Feltrinelli, Milano,

2009.

36Vedi S. VALAGUZZA, La regolazione strategica dell’Autorità nazionale anticorruzione, cit.

(34)

34

forma di regolazione non prescinde dalla spontaneità dell’adesione dei soggetti agli indirizzi del regolatore.

(35)

35

1.3. Un doveroso distinguo all’interno del modello delle autorità

amministrative indipendenti

Le autorità amministrative indipendenti sono state istituite dal legislatore

durante un arco temporale molto lungo e per finalità e con assetti organizzativi e funzionali non sempre omogenei37. Non è un caso, infatti, che, più volte negli ultimi anni, sono state avanzate proposte volte ad elaborare un minimo di regole comuni sebbene, ad oggi, questi tentativi di razionalizzazione non sembra abbiano avuto grande successo38.

Quanto alla loro classificazione, tre sono le tipologie principali individuate dalla dottrina39: le autorità di tipo generalista; le autorità di settore adibite alla vigilanza sulle imprese operanti su mercati concorrenziali; infine, le autorità preposte alla regolazione dei servizi pubblici (che, in realtà, possono considerarsi una sottocategoria della seconda).

37

Per una disamina completa delle singole autorità amministrative indipendenti vedi G.P. CIRILLO, R. CHIEPPA (a cura di), Le autorità amministrative indipendenti, in G. SANTANIELLO (diretto da), Trattato di diritto amministrativo, cit.

38

A tal proposito significativo è il Documento conclusivo dell’indagine conoscitiva sulle

autorità amministrative indipendenti approvato dalla I Commissione permanente della

Camera dei Deputati nella seduta del 16 febbraio 2012 (XVI legislatura, Doc. XVII, n.17).

39

In tal senso vedi anche F. CARINGELLA, Manuale di diritto amministrativo, cit., 819 ss. L’A. assume a criterio discretivo tra le autorità amministrative indipendenti il loro ambito di operatività dovendosi parlare di autorità di settore e autorità trasversali. A questa prima dicotomia l’Autore ne menziona anche un’altra avente ad oggetto il tipo di attività esercitata dovendosi parlare di Autorità di regolazione, per gli organismi legittimati a dettare regole comportamentali in un dato ambito, e di Autorità di vigilanza, per gli organismi tenuti a verificare il rispetto delle stesse regole comportamentali disponendo spesso di penetranti poteri sanzionatori.

(36)

36

Autorità appartenenti alla prima categoria sono l’Autorità garante della concorrenza e del mercato e il Garante per la protezione dei dati personali.

L’Autorità garante della concorrenza e del mercato40

, istituita con l. n. 287 del 1990 in ritardo rispetto ai principali Paesi europei, nasce dall’idea secondo cui per un mercato funzionante è necessaria, non solo una disciplina dettagliata su contratti, responsabilità e tutela giurisdizionale dei diritti, ma anche e soprattutto, un insieme di regole volte a sanzionare comportamenti anticoncorrenziali e a prevenire la formazione di monopoli.

Si può dire, infatti, che tutt’oggi i compiti primari dell’autorità Antitrust sono quelli relativi all’applicazione della disciplina della concorrenza nei confronti di imprese private e pubbliche operanti in tutti i mercati. A tal fine, l’Autorità detiene poteri di accertamento e di repressione delle violazioni che esercita attraverso provvedimenti inibitori, ordinatori e sanzionatori particolarmente incisivi e che, proprio in quanto paralleli a quelli dell’autorità giudiziaria ordinaria, evidenziano al massimo grado la connotazione paragiurisdizionale o, per meglio dire, di arbitro dei mercati.

40 Sulla natura e attribuzioni dell’Antitrust si rinvia, ex multis, M. DI BENEDETTO,

L’Autorità garante della concorrenza e del mercato, Il Mulino, Bologna, 2000; M.

CLARICH, Per uno studio dei poteri dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, in Dir. amm., 1993, 77 ss.; G. AMATO, Il potere e l’Antitrust, Il Mulino, Bologna, 1998, 105 ss; L. TORCHIA, Gli interessi affidati alla cura delle autorità indipendenti, in S. CASSESE, C. FRANCHINI (a cura di), I garanti delle regole, cit., 55 ss.; N. LONGOBARDI, Autorità

amministrative indipendenti e sistema giuridico istituzionale, cit. A. POLICE, Tutela della concorrenza e pubblici poteri, Giappichelli, Torino, 2007.

(37)

37

Come molte autorità di settore, anche l’Antitrust, non è titolare di poteri di regolazione in senso proprio, essendo i suoi interventi rivolti a comportamenti già posti in essere dalle imprese (si parla in questi casi di regolazione ex post); né di poteri di vigilanza su base continuativa sulle imprese.

L’Autorità è, invece, titolare di poteri di segnalazione, nei confronti del Parlamento e del Governo, di quelli che sono considerati comportamenti discorsivi della concorrenza a riprova di quella che è la sua principale funzione di promozione e tutela della concorrenza. Nel corso degli anni, il legislatore ha, inoltre, potenziato i suoi strumenti di azione fino ad arrivare, di recente, al riconoscimento del potere di impugnazione innanzi al giudice amministrativo di tutti i provvedimenti generali e individuali lesivi di norme a tutela della concorrenza (art. 21-bis l. n. 287/1990 introdotto dall’art. 35 d.l. 6 dicembre 2011, n. 201). La straordinarietà della legittimazione ad agire, pur in assenza della titolarità di una situazione giuridica, trova la sua giustificazione proprio nell’esigenza di tutelare l’interesse pubblico di tutela della concorrenza.

Il Garante per la protezione dei dati personali41, istituito nel 1996 in attuazione della direttiva 1995/46/CE, è preposto all’applicazione del Codice in materia di protezione dei dati personali (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196) ed

41

Per tutti si veda: G.P. CIRILLO, Il Garante per la protezione dei dati personali, in G. SANTANIELLO (a cura di), Trattato di diritto amministrativo, cit. 563 ss.

(38)

38

esercita i propri poteri sia nei confronti di soggetti privati che, entro certi limiti, di soggetti pubblici (artt. 18 ss.).

Si può affermare che tale Autorità rappresenta l’esempio più rilevante di tutela amministrativa dei diritti soggettivi, tra i quali vi rientra, a pieno titolo, il diritto alla riservatezza (privacy). La tutela amministrativa dei diritti è, infatti, senza dubbio meno costosa e più rapida ed efficace rispetto a quella giurisdizionale che, comunque, è garantita in quanto contro i provvedimenti del Garante può essere sempre proposto ricorso in opposizione innanzi al giudice ordinario. La giurisdizione del giudice ordinario e, non di quello amministrativo, deriva dalla natura della materia della privacy che involge essenzialmente diritti soggettivi pieni.

Oltre a poteri di tipo giustiziale, il Garante è poi titolare di poteri normativi e di poteri amministrativi in senso proprio. I primi si traducono nel prescrivere misure necessarie per rendere conforme il trattamento dei dati personali alla disciplina legislativa, nel promuovere la sottoscrizione dei codici di deontologia e nel verificare la conformità dei codici alle normative vigenti. I secondi, invece, consistono soprattutto nel rilascio di autorizzazioni al trattamento dei cosiddetti dati sensibili (relativi alla razza, religione, convinzioni politiche, sfera sessuale etc.), nel potere di imporre divieti e nel potere di irrogare sanzioni amministrative.

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39

Fanno parte della seconda tipologia di autorità, ossia di quelle preposte alla vigilanza e alla regolazione dei mercati finanziari, Banca d’Italia42, Consob43 e IVASS44. Tali organismi trovano tutti nella c.d. legge sul risparmio (28 dicembre 2005, n. 262) una disciplina minima unitaria che si aggiunge alle singole leggi di settore.

Giova precisare che l’esigenza di istituire autorità di regolazione nel settore finanziario nasce dalla convinzione per cui il rapporto tra i risparmiatori e le imprese che offrono le diverse forme di investimento sarebbe inficiato da asimmetrie informative, non essendo i primi in grado di valutare né il rischio delle operazioni proposte, né la solvibilità delle imprese a cui si rivolgono. In tale contesto, si spiega l’esigenza di una regolazione pubblica che deve assolvere due compiti: ridurre il divario informativo, grazie ad una maggiore trasparenza delle relazioni contrattuali; garantire la solidità patrimoniale e finanziaria delle imprese.

42

Per un quadro di riferimento si veda, da ultimo, E. GALANTI, La storia dell’ordinamento

bancario e finanziario italiano tra crisi e riforme, in E. GALANTI (a cura di), Diritto delle banche e degli intermediari finanziari, Cedam, Padova, 1 ss.; R. COSTI, L’ordinamento bancario, Il Mulino, Bologna, 2007, 44 ss.

43

Sulla Consob Cfr. E. CARDI, La CONSOB come istituzione, in Studi in onore di M.S. Giannini, Milano, 1993; S. CASSESE, La CONSOB e i poteri indipendenti, in Riv. Soc., 1994, 412 ss.

44

Sull’ISVAP si veda D. MARCHETTI, Natura e funzione dell’Isvap, in Giur. Comm., 1983, I, 627 ss.; M. NIGRO, La riforma della vigilanza sulle assicurazioni e la posizione

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