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L’anno 2016 ha rappresentato un punto di svolta e, nello stesso tempo, una sfida per ANAC che si è vista aumentare i propri poteri sia per effetto del d.lgs. n. 50 del 2016 nel settore dei contratti pubblici, che del d.lgs. 97 del 2016 in materia di prevenzione della corruzione e di trasparenza.

Per un verso, in materia di normativa sulla trasparenza, il d.lgs. n. 97 del 2016 ha riconosciuto ad ANAC funzioni di primaria importanza al fine di vigilare sul comportamento delle pubbliche amministrazioni; funzioni corredate di poteri di indirizzo, ispettivi e sanzionatori.

Per altro verso, in materia di contratti pubblici, il d.lgs. n. 50 del 2016, ha attribuito ad ANAC importanti e variegate funzioni in forza delle quali è chiamata ad intervenire ex ante come autorità di regolazione attraverso l’adozione di atti vincolanti e non vincolanti ed ex post attraverso poteri di vigilanza (eccezion fatta per la vigilanza collaborativa), ispettivi e sanzionatori.

Pertanto, l’attuale concentrazione delle funzioni amministrative in capo ad ANAC se da un lato, rappresenta l’espressione di un disegno razionale che mira a garantire un rapido adattamento della disciplina regolatoria ai mutamenti del contesto di riferimento, dall’altro, porta a chiedersi se tale

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“profluvio” di funzioni possa essere un efficace antidoto contro i fenomeni corruttivi o piuttosto non rischi di essere un boomerang.

In altre parole, tale concentrazione di funzioni in capo all’ANAC, per quanto abbia la finalità di promuovere una lotta sistemica alla corruzione e di favorire il controllo sociale sull’operato delle amministrazioni pubbliche, attribuisce all’Autorità in esame dei connotati in grado di renderla un caso anomalo tra le Authorities previste nel nostro ordinamento.

Si tratta, peraltro, di una scelta da parte del legislatore italiano che rischia di condurre ad un’alterazione egli interessi in gioco. Le regole in materia di contratti pubblici, infatti, servono non solo a prevenire la corruzione, come peraltro è giusto che sia in un Paese dove le pratiche illecite continuano ad essere così diffuse, ma anche ad assicurare valori quali la parità di concorrenza tra gli operatori economici, la migliore allocazione delle risorse pubbliche nonché la puntuale esecuzione dei lavori.

E che in alcuni casi vi sia stata una distorsione del peso degli interessi pubblici in gioco, ne può essere testimonianza la recente vicenda relativa all’abrogazione della norma che consentiva ad ANAC di rivolgere una “raccomandazione vincolante” alle amministrazioni aggiudicatrici al fine di annullare in autotutela gli atti di gara sospettati di legittimità. Si trattava, in

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verità, di una disposizione su cui anche il Consiglio di Stato era intervenuto più volte evidenziandone le criticità.

Il potere dell’ANAC, così congegnato, contrastava, infatti, con il principio di legalità e la norma rischiava di essere impugnata con successo dinanzi alla Corte Costituzionale. Ma soprattutto tale potere, che pure veniva descritto come uno strumento veloce di lotta alla corruzione, in realtà, non permetteva, considerata la tempistica prevista per l’adozione della raccomandazione vincolante, di bloccare velocemente gli atti di gara ritenuti illegittimi.

Nonostante ciò, l’abrogazione della stessa, avvenuta con il primo decreto correttivo al nuovo Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 56 del 2017), è stata subito interpretata, in primis dal Presidente dell’ANAC Raffaele Cantone, come un segnale di arretramento nella lotta alla corruzione nei contratti pubblici.

Per il vero, occorre ricordare che per arrivare alla decisione di assorbire la precedente Autorità di vigilanza sui contratti pubblici nella neo-istituita ANAC, una significativa rilevanza l’hanno avuta alcune vicende di cronaca collegate alla cattiva gestione di grandi eventi e realizzazione di opere pubbliche; contesti che hanno confermato la necessità di introdurre nella materia dei contratti pubblici, poteri e misure con finalità anticorruttiva.

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Giova ricordare, infatti, che precedentemente, la materia era dominata da un differente approccio: la funzione di vigilanza esercitata dall’AVCP era finalizzata soprattutto al riscontro di irregolarità amministrative, senza che vi fossero riferimenti espliciti all’anticorruzione e, di conseguenza, i poteri dell’Autorità erano sicuramente meno estesi.

Non si può neppure escludere, del resto, che a fronte di una certa insoddisfazione verso l’operato dell’Autorità per la vigilanza dei contratti pubblici, ne sia derivata anche l’esigenza di rivederne il funzionamento.

E’ possibile, quindi, che l’esigenza fortemente sentita di innovare l’autorità di vigilanza del settore, unitamente a quella di rafforzare controlli e sanzioni in una materia fortemente implicata da fenomeni illeciti e la necessità di rispettare obblighi di natura internazionale, siano stati i fattori determinanti perché in un’unica istituzione (ANAC) si venissero a concentrare ambiti differenti (contratti pubblici e anticorruzione) e funzioni eterogenee.

Tuttavia, dal punto di vista operativo, i poteri di ANAC lasciano aperte delle questioni. Tra queste, una delle più rilevanti è quella riguardante la qualificazione delle linee guida e il loro rapporto con il principio di legittimazione democratica nella produzione del diritto.

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La discrasia nominalistica ed ontologica tra la nozione di linee guida e il carattere vincolante assegnato ad alcune di esse, infatti, ha sin da subito messo in evidenza la complessità della loro classificazione nel sistema delle fonti del diritto. Anche sulla questione della legittimazione democratica nella produzione del diritto, poi, le posizioni di dottrina e giurisprudenza non sono unanimi. A fronte della tesi per cui si ritiene di poter superare il deficit di legalità sostanziale e legittimazione democratica, valorizzando gli aspetti relativi alla c.d. legalità procedimentale, si contrappone quella per cui si continua a sostenere che l’introduzione nell’ordinamento di norme giuridiche, destinate a regolare i rapporti tra cittadini e tra essi e le pubbliche amministrazioni, non possa che restare riservata ad autorità democraticamente legittimate a limitare le posizioni soggettive dei consociati.

In questo senso si riportano le parole del Consigliere di Stato Deodato secondo cui: “si tratta, in altri termini, di un processo di progressiva erosione della

sfera della regolazione autoritativa, formale e costituzionale, in favore di strumenti di formazione flessibile, atipica e concertata, che si pongono ai margini del perimetro di operatività del principio di legalità e che rischiano, in definitiva, di minare (paradossalmente) proprio le garanzie dello Stato liberale”.

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Pertanto, anche alla luce di tali ultime considerazioni, si ritiene di poter dire che i tempi sono maturi per una razionalizzazione della materia.

A tale proposito diverse le proposte avanzate: alla previsione di un’Autorità con una seconda testa costituita da un secondo collegio composto da esperti di mercati e contratti, al fine di riequilibrare poteri e procedure in modo da assicurare la virtuosa convivenza tra cultura della legalità e quella dell’efficienza, si è affiancata la prospettiva di un più generale intervento sull’intera disciplina dei controlli con la relativa adozione di un codice dei controlli delle risorse pubbliche che assicuri un collegamento più diretto tra i risultati del controllo e la produzione degli effetti.

Probabilmente, nell’attuale contesto, si avverte soprattutto la necessità di stabilità che, è bene precisare, non vuol dire immobilismo, ma piuttosto consolidamento delle regole.

La stessa Autorità nazionale anticorruzione, definita bonariamente dal Presidente di Sezione del Consiglio di Stato, Patroni Griffi, “organismo geneticamente modificato”, può dare molto in termini di efficienza e legalità, soprattutto nel settore dei contratti pubblici, ma deve poter contare su un contesto di regole chiare e stabili (laddove il compito di fissarle spetta in

primis al Governo e al Parlamento) e di un contesto di riferimento in cui le

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delle fonti e divisione dei poteri devono poter essere coerenti anzitutto con il quadro costituzionale.

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