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L’Autorità Nazionale Anticorruzione nel novero delle Authorities

2.2. Il sindacato giurisdizionale sugli atti dell’Autorità

Anche gli atti di regolazione di ANAC, al pari di quelli delle altre autorità amministrative indipendenti, sono soggetti al sindacato del giudice amministrativo66.

Prima, però, di affrontare il complesso tema di quali sono i caratteri di tale sindacato, un breve cenno, si deve fare, in merito ai rapporti tra la funzione consultiva esercitata dal Consiglio di Stato sulle linee guida di ANAC e la ben diversa funzione giurisdizionale sollecitata dai ricorsi con cui si possono impugnare le stesse linee guida unitamente ai rispettivi atti applicativi.

Occorre precisare, cioè, che anche nel caso in cui nel parere consultivo su una deliberazione approvativa di linee guida, non venissero sollevati profili di legittimità, ciò non ne precluderebbe il riscontro in sede giurisdizionale, con relativo annullamento dell’atto, o della parte di esso, ritenuta viziata.

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Sull’importanza del controllo giurisdizionale sugli atti delle Autorità amministrative indipendenti si veda M. ZARRO, Poteri indipendenti e rapporti civili, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2015, 7 ss. Secondo l’A.: “L’ingresso delle Autorità amministrative indipendenti nel nostro ordinamento ha messo a dura prova quell’equilibrio istituzionale al raggiungimento del quale tanto faticosamente aveva lavorato l’Assemblea costituente; ad un tempo incidendo sullo stesso principio di legalità, letto alla luce della sovranità popolare e della divisione dei poteri. Ed atteso che,per garantire la tutela dell’ordine pubblico costituzionale, non può prescindersi dalla verifica che i principi fondamentali ai quali uno Stato si ispira trovino concreta applicazione, né dall’idea che il diritto sia l’unico terreno possibile sul quale poggiare le fondamenta di qualsivoglia potere, diventa primario il tema dell’effettività del controllo giurisdizionale, condotto alla luce dei diritti fondamentali, quale strumento utile ad allontanare lo spettro dell’arbitrio nelle sue più varie coniugazioni”.

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Va inoltre precisato che per le stesse ragioni il mancato accoglimento di un’osservazione formulata nel parere non vincolerebbe il giudice a qualificarlo necessariamente come vizio di legittimità.

Si riportano alcune delle argomentazioni elaborate a supporto: “a) il

giudice investito dell’impugnazione delle linee guida è vincolato, per il principio della domanda, all’esame delle censure dedotte a sostegno del ricorso e non può omettere di pronunciarsi su di esse sulla base del rilievo (del tutto inidoneo a neutralizzare l’esercizio del diritto costituzionale di difesa) che il Consiglio di Stato aveva omesso di rilevare in sede consultiva, il vizio dedotto dalla parte ricorrente; b) la concreta articolazione della vicenda amministrativa dedotta in giudizio potrebbe svelare profili di irragionevolezza non agevolmente intuibili nella disamina astratta formulata con il parere; c) l’analisi della sequenza atto generale-provvedimento applicativo costringe il giudice ad esaminare la legittimità delle linee guida sotto il profilo (del tutto estraneo all’analisi svolta in sede consultiva) della loro effettiva appropriatezza funzionale al perseguimento dell’obiettivo di ottimizzazione della gestione delle procedure o, comunque, della descrizione di un assetto regolativo chiaro ed efficace; d) le due funzioni sono ontologicamente e funzionalmente diverse, autonome ma non sovrapponibili, nella misura in cui quella consultiva serve ad esaminare, in astratto, la coerenza formale

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dell’atto, sotto un profilo sistematico e ordina mentale, e la sua efficacia “normativa”, sotto il profilo della sua idoneità a produrre i risultati attesi della regolazione, mentre quella giurisdizionale serve a scrutinare la sua legittimità, in relazione alla (e in coerenza con la) pretesa di annullamento formulata da una parte privata destinataria dei suoi effetti”67.

Fatta questa premessa, è doveroso, al fine di entrare nel merito della tematica, esaminare i caratteri del sindacato sulle linee guida di ANAC.

A tal proposito, giova ricordare che il parere reso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi del Consiglio di Stato ha precisato che esistono almeno due categorie principali di linee guida. La prima è quella delle linee guida vincolanti68, previste da disposizioni del codice che hanno un contenuto preciso; la seconda, è quella delle linee guida, che ancorchè obbligatorie, non hanno carattere vincolante69.

Per quanto concerne le linee guida vincolanti, infatti, è stato precisato che la formulazione, alle volte discorsiva delle stesse, non è tale da precluderne un

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C. DEODATO, Nuove riflessioni sull’intensità del sindacato del giudice amministrativo. Il

caso delle linee guida dell’ANAC, in www.federalismi.it, n. 2/2017; M. RAMAJOLI, Potere

di regolazione e sindacato giurisdizionale, in Dir. proc. amm., 2006, 80 ss; M. RESCIGNO, Autorità indipendenti e controllo giurisdizionale: un rapporto difficile, in Le Società, 2005.

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Si veda, ad esempio, l’art. 31, comma 5, a proposito del responsabile del procedimento; l’art.38 comma 6 e ss. a proposito dei sistemi di qualificazione delle imprese; l’art. 78 a proposito dei criteri per essere nominati componenti delle commissioni aggiudicatrici.

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Si veda, ad esempio, l’art. 36, comma 7, a proposito del supporto da dare alle stazioni appaltanti in merito alla scelta dei contraenti dei contratti sottosoglia; l’art. 71, a proposito dei bandi tipo, l’art. 80, comma 13, relativamente al modo in cui accertare le carenze nell’esecuzione dei precedenti contratti ai fini dell’esclusione dal procedimento.

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controllo di legittimità. Anche uno stile lessicale più alla portata degli operatori e, per questo diverso da quello proprio degli atti normativi, non ne deve mettere in discussione il contenuto normativo degli atti né la loro forza cogente70.

In altri termini, se da una parte formulare la regola di azione contenuta nelle linee guida con uno stile chiaro e univoco è utile a facilitarne la comprensione da parte di tutti coloro che operano nel settore; dall’altra, la stessa formulazione non può andare esente da un sindacato giurisdizionale che potrebbe ravvisare nell’utilizzo di tale espressioni un vizio di legittimità dell’atto.

A tale conclusione si perviene sulla base del seguente ragionamento: avendo le linee guida vincolanti la funzione di integrare la normativa primaria, una loro formulazione, caratterizzata da espressioni incapaci di chiarirne la portata precettiva, potrebbe risultare affetta dal vizio della disposizione legislativa di rango primario, nella misura in cui potrebbe inficiarne l’operatività. Non solo, ma l’uso di locuzioni ambigue o equivoche si porrebbe in frizione anche con i principi generali in virtù dei quali, la normativa secondaria, in combinato disposto con quella primaria, deve fornire un quadro chiaro e puntuale della disposizione.

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Un’ ulteriore precisazione deve essere fatta relativamente all’ampiezza del sindacato su tali atti, sindacato che presenta connotati diversi rispetto a quello relativo agli atti delle altre autorità di regolazione71.

Il punto centrale della questione si rinviene nella considerazione per cui, essendo i poteri di quest’ultime autorità, conferiti principalmente da norme comunitarie e dovendo quest’ultime, dettare una regola che concerne questioni particolarmente tecniche, accade che le stesse norme comunitarie si rifacciano a concetti giuridici indeterminati e che si riferiscano ad analisi tecnico- economiche che ben poco hanno di giuridico.

Questo ha permesso che gli atti di regolazione in questione venissero, di frequente, assimilati ai casi di discrezionalità tecnica72 per arrivare, invero,altre volte ad essere ricompresi nel c.d. merito amministrativo insindacabile.

Tuttavia, deve essere ricordato come la giurisprudenza amministrativa73 non abbia condiviso in modo assoluto l’assimilazione tra merito insindacabile

71Sul punto vedi anche F. DENOZZA, Discrezione e deferenza. Il controllo giudiziario sugli

atti delle autorità indipendenti regolatrici, in Merc. Conc. Reg., 2000, 469 ss.; R. CHIEPPA, Il controllo giurisdizionale sugli atti delle autorità indipendenti, in Dir. proc. amm, 4-2004,

1019 ss; A. LALLI, Indipendenza e controllo giurisdizionale, in D’ALBERTI, A. PAJNO (a cura di), Arbitri e mercati. Le Autorità indipendenti e l’economia, Il Mulino, Bologna, 2010, 153 ss.

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Vedi S. BACCARINI, Giudice amministrativo e discrezionalità tecnica, in Dir. Proc.

Amm., 2001, pagg. 80 ss.; S. VENEZIANO, Il controllo giurisdizionale sui concetti giuridici a contenuto indeterminato e sulla discrezionalità tecnica in Italia, testo della relazione

italiana all’XI Convegno di diritto amministrativo “Concetti giuridici a contenuto

indeterminato e giurisdizione amministrativa” tenutosi a Palermo il 14 ottobre 2005, in www.giustizia-amministrativa.it.

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e discrezionalità tecnica prevalendo l’idea che debba essere comunque esercitato un adeguato controllo di proporzionalità e ragionevolezza anche alla luce delle norme tecniche, su tali atti di regolazione.

Nonostante quanto detto, non si può negare che vi sia, per questa tipologia di atti di regolazione uno spazio in cui queste valutazioni tecniche restano insindacabili. Pertanto, con riferimento a tale ipotesi, si tratta di un sindacato che è solo parzialmente sostitutivo74.

Diverso il discorso per le linee guida di ANAC.

Se gli atti di regolazione delle altre autorità sono caratterizzati dalla tecnica, lo stesso non può dirsi per le linee guide di ANAC che trattano, per la maggior parte, questioni di diritto senza che vi sia alcun riferimento a concetti opinabili o strettamente tecnici.

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Emblematico in questo senso Cons. St., sez. VI, 9 aprile 1999, n. 601 in cui si afferma il principio secondo cui il controllo della legittimità degli atti connotati da discrezionalità tecnica richiede la “verifica diretta dell’attendibilità delle operazioni tecniche sotto il profilo

della loro correttezza quanto a criterio tecnico e a procedimento applicativo”.

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Va precisato inoltre che relativamente all’intensità del controllo giurisdizionale sulla regolazione indipendente, il giudice amministrativo ha sempre cercato di trovare un punto di equilibrio tra l’effettività della tutela giurisdizionale e la natura tecnica e scientifica della regolazione indipendente. A fronte di un’iniziale posizione basata su un controllo di tipo estrinseco volto, cioè, a valutare la semplice linearità dell’iter logico del ragionamento seguito dall’Autorità indipendente, si è poi passati ad un modello di sindacato intrinseco a doppia intensità. Più in particolare si parlava di sindacato “forte” nei casi in cui gli atti di regolazione non contenevano valutazioni tecnico-scientifiche e di sindacato “debole” nei casi in cui gli atti di regolazione contenevano tali valutazioni. In quest’ultimo caso il sindacato era volto a verificare la logicità e la ragionevolezza del provvedimento, nonché il rispetto delle garanzie procedimentali. Tale dicotomia oggi è stata superata dalla giurisprudenza amministrativa che è approdata alla posizione per cui il giudice svolge un controllo intrinseco sull’operato delle autorità indipendenti volto a vagliare la correttezza e la coerenza dell’attività e del modello di regolazione alla base del provvedimento.

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Stando così le cose, non vi è alcun particolare limite a che il sindacato giurisdizionale su di essi sia in tutto equiparabile a quello che si opera sui regolamenti e, più in generale, sugli atti normativi di rango secondario75.

Vaglio di legittimità che, come è stato acutamente precisato76, non dovrà limitarsi solo ad un controllo di legittimità dell’atto, e cioè al rapporto tra norma secondaria e norma primaria, dovendo, invece, procedere anche ad un sindacato intrinseco di ragionevolezza circa i limiti al potere regolamentare, e in questo caso al potere di ANAC.

Tale tendenza, si è ancora precisato, trova probabilmente la sua ragion d’essere nell’esercizio da parte dello stesso Consiglio di Stato della funzione consultiva sugli atti normativi che consiste nel vigilare, in modo particolare,

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R. GIOVAGNOLI, Autorità indipendenti e tecniche di sindacato giurisdizionale, relazione tenuta al Convegno “Le Autorità amministrative indipendenti. Bilancio e prospettive di un

modello di vigilanza e regolazione dei mercati”, tenutosi presso la sede del Consiglio di

Stato, il 28 febbraio 2013. 76

In questo senso C. DEODATO, Nuove riflessioni sull’intensità del sindacato del giudice

amministrativo, cit. in merito al sindacato del g.a. sui regolamenti: “è necessario, tuttavia, che

lo scrutinio giurisdizionale dei profili di ragionevolezza resti circoscritto alla verifica di manifeste deviazioni dai canoni di razionalità e proporzionalità ai quali rimane soggetta anche l’attività normativa secondaria, chè altrimenti produrrebbe l’inaccettabile effetto di consentire al giudice di sostituirsi all’autorità titolare del potere regolativo nella scelta dell’opzione di intervento liberamente giudicata più opportuna. Ma, con l’esclusione della patologica ipotesi da ultimo menzionata, l’analisi della ragionevolezza della scelta regolatoria, pur nel rispetto dei vincoli recati dalla disposizione legislativa di riferimento, non può intendersi preclusa al giudice amministrativo, dovendo, anzi ritenersi naturalmente compresa nell’oggetto del giudizio, nella misura in cui attiene direttamente al controllo del corretto esercizio della funzione pubblica giudicata (ancorchè avente carattere normativo)”. Vedi anche F. CINTIOLI, Il sindacato del giudice amministrativo sulle linee guida di ANAC,

testo provvisorio della relazione tenuta al Convegno L’Amministrazione pubblica nella

prospettiva del cambiamento: il codice dei contratti e la riforma “Madia”, Lecce, 28 e 29

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sul fondamento del potere regolamentare e sul suo rapporto con la legge. Tale esercizio, si è detto, potrebbe in parte condizionare anche la funzione giurisdizionale che il Consiglio di Stato esercita sulle linee guida.

In merito alle linee guida non vincolanti, occorre da subito far presente come, in questo caso, vi sia una disposizione ad hoc attributiva di un potere di regolazione flessibile77.

A questo punto vien da chiedersi quali siano i limiti, se presenti, del sindacato del giudice su questa tipologia di linee guida.

Si può iniziare affermando che si tratta di un sindacato, senza dubbio, diverso da quello esaminato in precedenza per le linee guida vincolanti. Mentre per quest’ultime, si è fatto riferimento ad un sindacato intenso volto a verificare la coerenza dell’intervento regolatorio con la norma primaria di riferimento, spingendosi fino ad un controllo di ragionevolezza sui limiti di tale potere, nel caso delle linee guida non vincolanti, il sindacato è più debole e avrà ad oggetto la rispondenza delle stesse ai criteri stabiliti dalla legge.

Tale diversità, tuttavia, lungi dal voler dire preclusione di un qualsivoglia sindacato, è sinonimo di un sindacato volto a vagliare la capacità della regola d’azione contenuta nelle linee guida che è quello di soddisfare l’interesse regolativo voluto dalla norma primaria.

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Detto ciò, rimane da capire se, e in che termini, le linee guida non vincolanti siano impugnabili. L’art. 213 nella parte in cui prevede “resta

ferma l’impugnabilità delle decisioni e degli atti assunti dall’ANAC innanzi ai competenti organi di giustizia amministrativa”, assume, anche non tanto

implicitamente, la possibilità di un’efficacia lesiva delle stesse78.

Pertanto, anche il sindacato giurisdizionale su tali atti verterà sulla verifica della “promozione della concorrenza”, dello “sviluppo delle migliori pratiche”, nonchè sulla “qualità delle stazioni appaltanti”, che rappresentano senza dubbio le ragioni della potestà regolativa ma, nello stesso tempo, anche i limiti al loro corretto esercizio79. Così, a titolo esemplificativo, si può dire che se una raccomandazione o un’istruzione contenuta in una linea guida non vincolante dovesse creare delle difficoltà applicative che, anziché promuovere l’efficienza la rallentino, non sarebbe difficile pensare che la stessa sarebbe considerata illegittima.

Anche in questo caso, però, occorre distinguere all’interno della categoria delle linee guida non vincolanti due diverse tipologie: le linee guida che contengono istruzioni operative e i cui destinatari sono direttamente le stazioni

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Cfr. G. MORBIDELLI, Linee guida dell’ANAC: comandi o consigli?,cit. in cui l’A. precisa come il significato di tale disposizione non può che essere quello del carattere lesivo di ogni categoria di atti di regolazione anche a prescindere da atti applicativi, per la ragione che comunque determinano obblighi.

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C. DEODATO, Nuove riflessioni sull’intensità del sindacato del giudice amministrativo, cit.

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appaltanti, e le linee guida che si limitano ad essere meramente esplicative dell’interpretazione della norma di legge.

Le prime, pur essendo prive di espressioni cogenti, hanno lo scopo di far adeguare le amministrazioni al contenuto della linea guida, così che l’amministrazione che intenda disattendere l’istruzione ivi contenuta, avrà l’onere di motivare tale decisione assumendosene il rischio, dato dal fatto che il discostarsi dalla regola di azione sarà oggetto di un giudizio di illegittimità per eccesso di potere; le seconde, al contrario, sembrerebbero prive di una vera e propria efficacia giuridica esterna.

Per vero, si deve dare atto che sono stati sollevati alcuni dubbi in merito al fatto che quest’ultime linee guida non siano produttive di effetti lesivi e che quindi non possano essere impugnate.

Mentre nel caso in cui l’atto esecutivo si discosta dalla linea guida, non vi è dubbio che la stessa produca degli effetti; nel diverso caso, in cui l’atto esecutivo si conformi alla linea guida, si potrebbero prospettare due opzioni. La prima opzione è quella di ritenere che la linea guida esaurisca i suoi effetti nell’atto applicativo; la seconda opzione, invece, è quella di ritenere che la linea guida conservi la sua efficacia in quanto distinta dall’atto che ne dà esecuzione.

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Così ragionando, quindi, accogliendo la prima opzione si potrà ritenere la linea guida non lesiva e di conseguenza, non impugnabile; seguendo la seconda, invece, essendo la linea guida, atto efficace potrà produrre un effetto lesivo e, per questo, essere impugnata unitamente all’atto esecutivo.

Soffermandoci, ora, sul primo tipo di linee guida non vincolanti, ossia quelle che contengono mere istruzioni applicative rivolte alle stazioni appaltanti, ci si è chiesti fino a che punto possa/debba spingersi la motivazione dell’amministrazione che intenda derogare le stesse e quali sono i caratteri del sindacato del giudice amministrativo a fronte di una simile ipotesi.

Per rispondere a tale interrogativo, due sono i modelli a cui si è fatto riferimento. Nel primo, si ammette, che la stazione appaltante possa derogare sulla base di elementi di fatto, senza con questo mettere in alcun modo in discussione la fondatezza giuridica delle indicazioni contenute nelle linee guida in oggetto. Nell’altro modello, diversamente, si consente alla stazione appaltante di derogare alle indicazioni poste nelle linee guida non più sulla base di meri elementi di fatto, bensì in punto di diritto, mettendo così in discussione l’intrinseca correttezza delle linee guida medesime80

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Giova ricordare, inoltre, che la previsione di una motivazione della stazione appaltante che possa disattendere la fondatezza delle linee guida, sembra porsi sulla stessa lunghezza d’onda del caso in cui l’amministrazione, in quanto direttamente destinataria delle norme comunitarie, abbia il potere-dovere di disapplicare la norma interna, qualora ravvisi un contrasto della stessa con la disciplina comunitaria.

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Rispetto ad una linea di demarcazione così netta tra i due modelli, non è da escludere che si possa configurare anche una terza possibilità, ovvero, che la deroga poggi sia su elementi di fatto che di diritto.

Si può dire, quindi, in conclusione, che il sindacato giurisdizionale, anche degli atti normativi di secondo grado, si può e si deve estendere, non solo al controllo sugli elementi di fatto, ma anche ad un controllo che possa valutare le coerenza delle scelte dispositive con la causa del potere esercitato. E ciò vale, in modo particolare per quegli atti, quali le linee guida di ANAC, che provengono da un’Autorità priva della legittimazione democratico- rappresentativa.

Si deve, pertanto, guardare con sospetto, ogni interpretazione che miri a restringere l’ampiezza di tale sindacato in quanto volto a sottrarre gli atti di formazione secondaria ad un controllo giurisdizionale in ordine alla loro coerenza con il perseguimento degli interessi sottesi al potere regolamentare e che, per questa ragione, non può limitarsi ad una mera verifica formale della legge attributiva del potere stesso.

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Capitolo 3

L’ANAC: un’Autorità per la cultura dell’integrità e della