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L’art. 211 rubricato (Pareri di precontenzioso dell’ANAC) oggi così recita:

“Su iniziativa della stazione appaltante o di una o più delle altre parti,

l’ANAC esprime parere, previo contraddittorio, relativamente a questioni insorte durante lo svolgimento delle procedure di gara, entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta. Il parere obbliga le parti che vi abbiano preventivamente acconsentito ad attenersi a quanto in esso stabilito. Il parere obbliga le parti che vi abbiano preventivamente acconsentito ad attenersi a quanto in esso stabilito. Il parere vincolante è impugnabile innanzi ai competenti organi della giustizia amministrativa ai sensi dell’articolo 120 del codice del processo amministrativo. In caso di rigetto del ricorso contro il parere vincolante, il giudice valuta il comportamento della parte ricorrente ai sensi e per gli effetti dell’articolo 26 del codice del processo amministrativo.

1-bis. L’ANAC è legittimata ad agire in giudizio per l’impugnazione dei bandi, degli atti generali e dei provvedimenti relativi a contratti di rilevante impatto, emessi da qualsiasi stazione appaltante, qualora ritenga

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che essi violino le norme in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture.

1-ter. L’ANAC, se ritiene che una stazione appaltante abbia adottato un provvedimento viziato da gravi violazioni del presente codice, emette, entro sessanta giorni dalla notizia della violazione, un parere motivato nel quale indica specificamente i vizi di legittimità riscontrati. Il parere è trasmesso alla stazione appaltante; se la stazione appaltante non vi si conforma entro il termine assegnato dall’ANAC, comunque non superiore a sessanta giorni dalla trasmissione, l’ANAC può presentare ricorso, entro i successivi trenta giorni, innanzi al giudice amministrativo. Si applica l’articolo 120 del codice del processo amministrativo di cui l’allegato 1 annesso al decreto legislativo 2 luglio 2010, n.104.

1-quater. L’ANAC, con proprio regolamento, può individuare i casi o le tipologie di provvedimenti in relazione ai quali esercita i poteri di cui ai commi 1-bis e 1-ter”.

Sulla scorta delle indicazioni del Consiglio di Stato, si attribuisce all’ANAC un potere analogo a quello che l’art. 21-bis, l. n. 287/1990 attribuisce all’AGCM196, ovvero un potere di impugnare i provvedimenti

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Si tratta, per vero, di un modello di vigilanza collaborativa che aveva già superato il vaglio di costituzionalità, v. Corte Cost., 14 febbraio del 2013, n. 20. Si veda R. DE NICTOLIS, I poteri dell’ANAC dopo il correttivo, cit.: “ Secondo la Corte è inesatto parlare

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amministrativi illegittimi, previo parere motivato con cui si invita l’amministrazione a emendare i vizi di legittimità.

Il parere motivato, così concepito, svolge una duplice funzione; da una parte, mira a sollecitare la p.a. a rivedere quanto statuito, attraverso un esercizio del potere di autotutela, anche in virtù della particolare rilevanza dell’interesse pubblico coinvolto, dall’altra, tutelando tale interesse all’interno della stessa p.a., considera il ricorso al giudice amministrativo soltanto come via residuale.

Il vero aspetto innovativo, però, è rappresentato da una nuova legittimazione “straordinaria” di ANAC basata, non già sulla titolarità di un interesse legittimo, concreto e attuale alla rimozione dell’atto, bensì su un interesse pubblico e generale alla legalità dell’azione pubblica197.

di ‘nuovo e generalizzato controllo di legittimità’ laddove la norma- integrando i poteri conoscitivi e consultivi già attribuiti all’Autorità garante dagli artt. 21 ss., l. 287/1990- prevede un potere di iniziativa finalizzato a contribuire ad una più completa tutela della concorrenza e del corretto funzionamento del mercato (art. 21, comma 1) e, comunque, certamente non generalizzato, perché operante soltanto in ordine agli atti amministrativi ‘che violino le norme a tutela della concorrenza e del mercato’ (norma censurata, comma 1). Esso si esterna in una prima fase a carattere consultivo (parere motivato nel quale sono indicati gli specifici profili di violazioni riscontrate), e in una seconda (eventuale) fase di impugnativa in sede giurisdizionale, qualora la pubblica amministrazione non si conformi al parere stesso”.

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Si tratta di un modello che introduce una legittimazione ad agire pubblicistica davanti al giudice amministrativo ma che, tuttavia, non connota il processo amministrativo come un processo officioso, continuando a presentare, anche nel caso di legittimazione straordinaria, i connotati di un processo di parti.

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Scopo dell’istituto, quindi, è assicurare la legittimità dell’azione amministrativa, anche a prescindere da un’iniziativa privata o di un’autotutela “spontanea” della stazione appaltante.

Entrando nel dettaglio della nuova disciplina, va subito detto che il comma 1-bis dell’art. 211 riconosce all’ANAC una legittimazione attiva straordinaria non contro qualunque atto, ma solo avverso bandi, atti generali e provvedimenti relativi a contratti di rilevante impatto.

Per il vero, giova sottolineare che, con riferimento a quest’ultimo requisito, ci si è chiesti cosa dovesse intendersi per “rilevante” potendo rilevare sia sotto un profilo quantitativo che qualitativo198.

Qualche perplessità è stata sollevata anche in merito al rapporto tra il comma 1-bis e il comma 1-ter dell’art. 211: il primo, infatti, riconosce all’ANAC una legittimazione in relazione ad atti specifici, anche a prescindere dalla sussistenza di una grave violazione; il secondo, prevede la legittimazione di ANAC solo in presenza di “ violazioni gravi”, senza nulla dire in merito alla tipologia degli atti.

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Da un punto di vista quantitativo, si tratterà di contratti di importo pari o superiore alla soglia europea, o di importo, ben più elevato. Sotto il profilo qualitativo, si tratterà di contratti che riguardano opere o servizi di particolare importanza per il Paese, e quindi, opere infrastrutturali o appalti legati a grandi eventi (v. EXPO).

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Due, quindi, le possibili letture interpretative: ove si ritenesse che il comma 1-bis non abbia portata autonoma, e si consideri riferito ai soli casi previsti dal comma 1-ter, la legittimazione straordinaria dell’ANAC, richiederà non solo che si tratti di bandi, atti generali, provvedimenti relativi a contratti di rilevante impatto, ma anche che vi siano gravi violazioni; se, invece, si accedesse ad una lettura diversa, si dovrebbe ritenere che, avendo i due commi ambiti di applicazione differenti, il comma 1-bis abbia una portata diversa e autonoma. In virtù di quest’ultima lettura, sussistendo i presupposti di cui al comma 1-bis, l’ANAC potrebbe agire in via immediata e diretta, senza cioè emettere parere motivato e attendere l’adeguamento spontaneo della stazione appaltante.

Tanto chiarito, giova soffermarsi su quelli che sono i tratti distintivi del parere motivato di cui al comma 1-ter che sostituisce la tanto discussa raccomandazione vincolante.

In primo luogo, è fuor di dubbio, che la scelta normativa di subordinare la proposizione del ricorso giurisdizionale all’emissione del parere motivato, è espressione di una precisa scelta volta a garantire uno spazio di dialogo preventivo tra Autorità e stazione appaltante che ha adottato l’atto ritenuto illegittimo, al fine di favorire un adeguamento spontaneo da parte dell’amministrazione.

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A differenza di quanto accadeva con lo strumento della raccomandazione vincolante, infatti, nella nuova disciplina il ricorso di ANAC all’impugnativa giurisdizionale è considerato come extrema ratio; in tal caso il legislatore ha mostrato di preferire modalità che favoriscono la leale collaborazione tra pubbliche amministrazioni.

L’emanazione del parere da parte di ANAC199, infatti, segna l’inizio di un

vero e proprio dialogo che si apre tra questa e l’amministrazione interessata la quale ha di fronte a sé un ventaglio di possibilità: decidere di conformarsi al parere esercitando i propri poteri di autotutela decisoria; decidere di non conformarsi indicando le ragioni del rifiuto; adeguarsi solo parzialmente, ovvero rifiutarsi di adeguarsi tout court. Nel caso in cui la stazione appaltante decida di conformarsi, quest’ultima dovrà rimuovere o modificare l’atto esercitando il potere di autotutela e dandone avviso agli interessati200; al contrario, nel caso in cui decida di non conformarsi al parere, non andrà

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L’ANAC emette entro sessanta giorni dalla notizia della violazione, un parere motivato nel quale indica specificamente i vizi di legittimità riscontrati. Tale parere è trasmesso alla stazione appaltante.

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Va evidenziato, tuttavia, che in tal caso si pone un problema di coordinamento tra i tempi e le valutazioni dell’autotutela e il termine assegnato dall’ANAC, che non può eccedere i 60 giorni, per conformarsi al parere. Entro tale termine, infatti, la stazione appaltante dovrebbe avviare e concludere un procedimento di autotutela nel rispetto dei parametri previsti dall’art. 21-nonies, l. n. 241/90. Si è posta, quindi, la questione se il complessivo procedimento delineato dall’art. 211, comma 1-ter, si inserisca o meno nella fattispecie di cui all’art. 21-

nonies l. n. 241/1990. Se la risposta è affermativa, ne consegue che l’annullamento dell’atto

non si basa solo sulla sussistenza di “gravi violazioni” ma richiede che vi sia anche un interesse pubblico concreto ed attuale. Al contrario, se la risposta è negativa, si tratterebbe di un’azione a tutela dell’astratta legittimità dell’azione amministrativa, in presenza di gravi violazioni.

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incontro ad alcun procedimento sanzionatorio, ma piuttosto potrà cercare di far desistere ANAC dal proposito di impugnare attraverso controdeduzioni che contengano elementi provanti la legittimità dell’atto. Allo stesso modo, potrà impugnare il parere o, ancora, aspettare che sia ANAC ad impugnare l’atto amministrativo e, solo in quella sede, contro dedurre sul parere e sul ricorso.

Infatti, qualora l’amministrazione non si conformi al parere entro il termine assegnato dall’ANAC, che non deve essere superiore a sessanta giorni dalla trasmissione, l’ANAC potrà presentare ricorso, nei successivi trenta giorni201, innanzi al giudice amministrativo con applicazione dell’art. 120 c.p.a.

Una novità significativa è rappresentata dal fatto che il ricorso di ANAC è solo facoltativo, potendo, quindi, ANAC anche ravvedersi circa la non conformazione e considerarla legittima; al tempo stesso, però, non è da escludere che vi sia la possibilità che l’Autorità decida di agire in giudizio

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Tale termine sembra decorrere dalla scadenza di quello assegnato alla stazione appaltante per conformarsi al parere di ANAC. Sul punto, tuttavia, viene richiamata la giurisprudenza formatasi sull’analogo art. 21-bis, l. n. 287/1990. Secondo un primo orientamento, infatti, il termine di trenta giorni per il ricorso dell’Autorità decorre dalla scadenza del termine di sessanta giorni (assegnato alla stazione appaltante per conformarsi al parere dell’Autorità) che segna la conclusione della fase precontenziosa, e ciò anche quando, la stazione appaltante abbia manifestato e comunicato anche prima dei sessanta giorni l’intento di non conformarsi al parere. Secondo diverso e più restrittivo orientamento, invece, il parere motivato che l’Autorità emette entro sessanta giorni, qualora ritenga che una pubblica amministrazione abbia emanato un atto lesivo, costituisce un presupposto processuale per poter agire in giudizio. Tuttavia, né il dato testuale, né tanto meno la ratio ad esso sottesa, portano a concludere che lo scadere del termine di sessanta giorni sia, sempre e di per sè solo, il dies a

quo affinchè l’Autorità possa adire, entro i successivi trenta giorni, il giudice amministrativo;

dovendosi ritenere che tale termine inizia a decorrere o dall’atto definitivo di non conformazione (in sé lesivo quand’anche immotivato e pretestuoso) da parte della stazione appaltante, o dal silenzio della stessa in caso di sua inerzia a fronte del parere negativo.

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anche a fronte di un adeguamento solo parziale. In altre parole, ad ANAC viene riconosciuto un potere di agire non solo facoltativo, ma anche del tutto discrezionale, non essendovi per questo alcun automatismo tra il non adeguamento dell’amministrazione e l’impugnazione da parte di ANAC.

Vi è da chiedersi, a questo punto, quale sia il rapporto intercorrente tra il parere precontenzioso di ANAC di cui al comma 1 dell’art. 211 e la legittimazione straordinaria di cui al comma 1-bis e al comma 1-ter della medesima disposizione.

Si può dire, tuttavia, che prima facie la previsione del parere precontenzioso sembrerebbe poco efficace. In altre parole, richiesto il parere, ANAC può emettere tale parere entro trenta giorni dal momento della richiesta. Tale intervallo di tempo, però, non impedisce il decorso dei termini per il ricorso giurisdizionale, né costituisce motivo di esonero dall’onere di impugnazione tempestiva. Pertanto, potrebbe facilmente accadere che, nel momento in cui arriva il parere di ANAC, i termini dei trenta giorni per proporre il ricorso giurisdizionali siano scaduti, rendendo vana l’emissione dello stesso parere. Ma non è tutto, perché anche laddove il parere venga emesso prima che siano scaduti i termini per proporre ricorso giurisdizionale e tale parere risulti favorevole al privato, nulla garantisce che la stazione

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appaltante si adegui allo stesso, ragion per cui neanche in questo caso, il privato potrà evitare la proposizione della via giurisdizionale.

Del resto, come è stato correttamente osservato202, che motivo avrebbe ANAC di ricorrere ad un parere precontenzioso, quando, visti i commi 1-bis e 1-ter, potrebbe emettere un parere motivato di sollecito all’autotutela a seguito del quale impugnare i provvedimenti della stazione appaltante?

Non sembra, pertanto, così difficile pensare che le raccomandazioni vincolanti prima, e il parere motivato oggi, abbiano reso l’istituto in questione in qualche misura meno efficace e, quindi, utilizzabile con minor frequenza.

Alla luce di quanto sin qui esaminato, sembra evincersi una volontà di ripensare ai poteri di ANAC al fine di valorizzarne la funzione di prevenzione della corruzione. Non è un caso, infatti, che sia l’istituto di vigilanza collaborativa, di cui all’art. 213, e l’introduzione del parere motivato, di cui all’art 211, vadano proprio nella direzione di riconoscere ad ANAC poteri di intervento efficaci e concentrati nella fase antecedente l’adozione di atti potenzialmente illegittimi al fine, cioè, di prevenire la corruzione prima che la stessa si pratichi.

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