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Parte I. Il potere regolatorio

4.1. La regolazione anticorruzione e la Convenzione di Merida

Se si guarda alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata a Merida dall’Assemblea Generale dell’Onu il 31 ottobre 2003, con risoluzione n. 58/4 (nota come Convenzione di Merida) e ratificata in Italia con la legge 3 agosto 2009, n. 116, emerge come l’obiettivo perseguito fosse il contrasto ai fenomeni connessi alla corruzione107. Da qui, l’origine internazionale delle politiche ‘anticorruzione’108.

Pertanto, non deve meravigliare come la stessa attività svolta da ANAC acquisisca, per il tramite della Convenzione di Merida e con riferimento agli atti regolatori dotati di precise finalità anticorruttive, una propria legittimazione internazionale109; ragion per cui si può sostenere che il lavoro svolto da ANAC ma, prima ancora dalla CIVIT e dall’ AVCP, è stato dettato

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Gli Stati firmatari hanno proceduto nella convinzione, come si legge nel preambolo della Convenzione di Merida, che “la corruzione non sia più una questione locale ma un fenomeno transnazionale che colpisce tutte le società e tutte le economie”.

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Si fa riferimento alla Convenzione penale sulla corruzione, sottoscritta a Strasburgo il 27.1.1999 e ratificata dalla l. n.110/2012; alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall’Assemblea generale dell’Onu il 31.10.2003 e ratificata dalla l. n.116/2009 e alla Convenzione OCSE sulla lotta alla corruzione del 1997 ed entrata in vigore con la l. n. 300/2000.

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Significativo a tal riguardo è l’art. 6 della Convenzione secondo cui ciascuno degli Stati aderenti assicura “conformemente ai principi fondamentali del proprio sistema giuridico, l’esistenza di uno o più organi, secondo quanto necessario, incaricati di prevenire la corruzione mediante mezzi quali: a) l’applicazione delle politiche di cui all’art 5 della presente Convenzione e, se necessario, la supervisione e il coordinamento di tale applicazione; b) l’accrescimento e la diffusione delle conoscenze concernenti la prevenzione della corruzione”.

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dall’esigenza per il nostro Paese, in quanto firmatario della suddetta Convenzione, di dare attuazione ai contenuti ivi previsti110.

Analizzando più da vicino la Convenzione di Merida si deve ritenere che l’esistenza di un’Autorità anticorruzione, quale organismo indipendente con compiti di regolazione del mercato dei contratti pubblici, oltre che di funzioni di prevenzione della corruzione, non si basa solo su decisioni ascrivibili alla politica nazionale ma rappresenta la risposta ad una strategia di più ampio respiro111.

Da ciò ne deriva un’altra significativa considerazione, ovvero, posto che la presenza di ANAC nel settore dei contratti pubblici si fonda, non solo sulla legislazione nazionale che evidentemente la istituisce e ne stabilisce compiti ed attività, ma anche su atti che sono il risultato di un’importante cooperazione internazionale e che indicano proprio le autorità indipendenti come destinatarie dei compiti e delle finalità ivi previste, l’esistenza delle stesse autorità, trova

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A titolo esemplificativo, va ricordato, che l’adozione dei Piani di Prevenzione della corruzione e dei Codici etici, cui sono tenuti gli enti pubblici e i soggetti privati in mano pubblica, deriva, non dalla legislazione nazionale, bensì dalla necessità di dare attuazione all’art. 8 della citata Convenzione che ha promosso e previsto codici di condotta per incentivare l’integrità, l’onestà e la responsabilità sia dei funzionari pubblici che di coloro che rivestono funzioni di interesse generale.

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Il ricorso a strumenti quali linee guida o bandi-tipo, ad esempio, rappresenta un’attuazione del sistema previsto dall’art. 9 della Convenzione, così come le forme di consultazione pubblica che ANAC impiega prima di adottare gli atti di regolazione risponde al principio della c.d. “partecipazione della società” sancito dall’art. 13 della Convenzione medesima.

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una legittimazione direttamente dal diritto internazionale. E ciò vale ancor di più quando si tratti di fenomeni corruttivi e di meccanismi volti a prevenirli.

In questa nuova dinamica, a fronte dell’inevitabile sacrificio dell’investitura elettiva, che pure ha rappresentato la consacrazione tradizionale delle Autorità dotate di compiti normativi, si fa strada una diversa connotazione del principio di democraticità legato al rispetto dei canoni della cooperazione tra gli Stati. Con ciò non si vuole dire che il diritto internazionale rifiuti il principio di legalità ma, piuttosto, che conferisce allo stesso principio una nuova e diversa accezione112.

Come si è già ricordato, infatti, il deficit di legittimità è sempre stato considerato un aspetto particolarmente controverso in merito al ruolo assunto dalle autorità amministrative indipendenti, soprattutto con riferimento ad organismi con importanti poteri regolatori come nel caso di ANAC.

Si può dire, allora, che rinvenire nel diritto internazionale la base della legittimazione di una determinata Autorità e dei suoi poteri, rappresenti un passo in avanti anche rispetto ai molteplici tentativi fatti dalla giurisprudenza

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Si veda, in questo senso, Cons. St., Sez. VI, 1 ottobre 2014, n. 4874; Cons. St., Sez. VI, 20 marzo 2015, n. 1532; Cons. St., Sez. VI, 2 maggio 2012, n. 2521 in cui si è ritenuto come il temperamento del principio di legalità imponga, come contraltare, il rafforzamento delle garanzie di legalità in senso procedimentale che si concretizza nella previsione di rafforzate forme di partecipazione degli operatori del settore al procedimento di formazione degli atti regolamentari. Cfr. anche G. GRASSO, Le autorità amministrative indipendenti della

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amministrativa113, come si è avuto modo di ricordare nelle pagine precedenti, volti a riconoscere alla legalità sostanziale, ossia nella partecipazione dei cittadini al procedimento regolatorio, sanzionatorio o di controllo, una valida alternativa alla carenza di legalità formale.

Alla luce di quanto precede, si può dire che il potere regolatorio di ANAC, in qualità di organismo deputato a prevenire e combattere la corruzione nel settore pubblico, è dotato di una propria legittimazione nel diritto internazionale e, per questo, non è privo di una base legale.

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Con riferimento ai poteri delle autorità indipendenti, i giudici del Consiglio di Stato hanno ammesso la compatibilità del meccanismo dei poteri impliciti, dal momento, hanno sostenuto, che una predeterminazione legislativa eccessivamente dettagliata rischierebbe di rappresentare un ostacolo agli scopi che le autorità devono raggiungere.

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