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Parte II. Il potere di vigilanza e controllo

4.5. Il potere di raccomandazione vincolante e le relative criticità.

Nella direzione di una vigilanza collaborativa sembra andare anche l’art. 211 del Codice dei contratti soprattutto alla luce delle recenti novelle di cui è stato oggetto. Tuttavia, prima di esaminare il dettato normativo attuale, sembra doveroso, anche per meglio comprenderne l’effettiva portata innovativa, soffermarsi sulla formulazione originaria.

L’art. 211, al comma 2, così prevedeva: “Qualora l’ANAC,

nell’esercizio delle proprie funzioni, ritenga sussistente un vizio di legittimità in uno degli atti della procedura di gara invita mediante atto di raccomandazione la stazione appaltante ad agire in autotutela e a rimuovere altresì gli eventuali effetti degli atti illegittimi, entro un termine non superiore a sessanta giorni. Il mancato adeguamento della stazione appaltante alla raccomandazione vincolante dell’Autorità entro il termine fissato è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria entro il limite minimo di 250 e il limite massimo di euro 25.000, posta a carico del dirigente responsabile. La sanzione incide altresì sul sistema reputazionale delle stazioni appaltanti, di cui all’art. 36 (rectius: art. 38) del presente codice. La raccomandazione è

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impugnabile innanzi ai competenti organi di giustizia amministrativa ai sensi dell’articolo 120 del codice del processo amministrativo”178

.

Tale strumento, previsto dal legislatore per attribuire ad ANAC la possibilità di intervenire direttamente sulle illegittimità poste in essere dalla stazione appaltante durante le procedura di gara, aveva suscitato non poche perplessità.

In particolare, il Consiglio di Stato già nel parere n. 855 del 2016 aveva espresso l’idea di costruire la disciplina della fattispecie in esame sulla falsariga di quella prevista dall’articolo 21-bis della legge n. 287/1990 in ordine alla legittimazione processuale dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato179. In tal modo l’ANAC, dopo aver sollecitato la stazione

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Si tratta del c.d. potere di raccomandazione vincolante distinto dalle funzioni di vigilanza e controllo dell’Autorità di cui all’art. 213 in cui si fa riferimento al potere di raccomandazione non vincolante. Distinzione quest’ultima espressamente contemplata nel Regolamento che la stessa ANAC ha adottato con Atto del 15 febbraio 2017 disciplinante i casi, le modalità e il procedimento per l’esercizio dell’attività di vigilanza e, in particolare, del potere di adottare raccomandazioni.

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Il Consiglio di Stato in sede di parere, 1 aprile 2016, n. 855, in www.giustizia- amministrativa.it così si esprimeva: “la formulazione attuale presenta significative criticità: a) sul piano della compatibilità con il sistema delle autonomie, in quanto introduce un potere di sospensione immediata e uno di annullamento mascherato che esorbitano dai meccanismi collaborativi ammessi dalla Consulta con la sentenza 14 febbraio 2013, 20, pronunciatasi sull’art. 21 bis della legge n. 287/1990; b) sul crinale della ragionevolezza e della presunzione di legittimità degli atti amministrativi, in quanto la sanzione colpisce il rifiuto di autotutela, ossia un provvedimento amministrativo di cui è da presumere la legittimità fino a prova contraria. Si crea in questo modo una sorta di responsabilità da atto legittimo. E’ da preferire allora una riformulazione in chiave di controllo collaborativo, ispirata alla disciplina dettata dall’art. 21-bis della legge n. 287/1990, compatibile con i principi costituzionali e con i limiti della legge delega, che parla di “controllo” al fine di giustificare il potere dell’ANAC, usando una locuzione coincidente con la qualificazione usata dalla Consulta con riguardo alla

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appaltante ad agire in autotutela, avrebbe, più correttamente, potuto impugnare la decisione motivata dell’amministrazione di non rimuovere l’atto illegittimo, ma avrebbe potuto anche prenderne atto evitando così l’apertura del procedimento sanzionatorio e un successivo giudizio.

Stando alla lettera della norma, invece, l’Autorità, dopo aver accertato la sussistenza di un atto illegittimo, non si limitava a segnalare tale circostanza all’amministrazione interessata, ma la invitava ad intervenire in autotutela. L’aspetto più controverso, tuttavia, era dato dal fatto che la raccomandazione di cui al comma 2 dell’art. 211, lungi dal rappresentare una sorta di “suggerimento qualificato”, cui avrebbe dovuto seguire un momento di confronto tra ANAC e stazione appaltante in ordine agli eventuali correttivi da adottare per restituire alla procedura il carattere della legittimità, finiva per essere una sorta di aut aut rivolto alla stazione appaltante180.

Non a caso, il mancato adeguamento dell’amministrazione alla raccomandazione, avrebbe fatto scattare l’irrogazione della sanzione a carico del dirigente responsabile, con le ricadute del caso anche sul sistema reputazionale della stazione appaltante inadempiente.

legittimazione processuale conferita dall’art. 21 bis all’Autorità garante della concorrenza e del mercato”.

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Sul tema, F. FRANCONIERO, Con i pareri vincolanti e le raccomandazioni si rafforza

la funzione giusdicente dell’Anac. Commento all’art. 211 del nuovo Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 50/2016), in F. CARINGELLA, M. PROTTO (a cura di), Il nuovo Codice dei contratti pubblici , op. cit.

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Alla luce di tale quadro normativo, una della prime questioni dibattute in dottrina181, ha riguardato il peculiare ricorso all’istituto dell’ autotutela nella fattispecie in esame.

Una prima linea interpretativa, infatti, sottolineava come l’invito dell’ANAC all’esercizio del potere di autotutela nei confronti della stazione appaltante si sarebbe tradotto nel riconoscimento alla stessa Autorità del potere di imporre alla stazione appaltante la propria valutazione in merito alla necessità di rimuovere gli atti viziati182.

Il Consiglio di Stato, infatti, nel parere n. 2777 del 2016 sullo schema di regolamento ANAC relativo all’esercizio del potere di vigilanza, aveva espresso ancora una volta forti dubbi sull’attribuzione ad ANAC di un sostanziale potere di annullamento di cui, peraltro, non si rinveniva alcun riferimento neppure all’art. 1, co. 1, lett. t) della legge delega183 n. 11 del

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Tra i rilievi critici, v. R. DE NICTOLIS, Il nuovo codice dei contratti pubblici, in Urb. e

App., 5/2016, 503 e ss.; M. LIPARI, La tutela giurisdizionale e “precontenziosa” nel nuovo Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 50/2016), in www.federalismi.it, 10/2016; S. TUCCILLO, Le raccomandazioni vincolanti dell’ANAC tra ambivalenze sistematiche e

criticità applicative.(Riflessioni a margine del Regolamento ANAC sull’esercizio dell’attività di vigilanza in materia di contratti pubblici), in www.federalismi.it, 6/2017.

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E. D’ALTERIO, Regolare, vigilare, punire, giudicare: L’ANAC nella nuova disciplina dei

contratti pubblici, in Giorn. dir. amm., 4/2016, 499 ss. in cui osserva:“l’ANAC, che esercita

effettivamente il potere, impone alla stazione appaltante di dare esecuzione alla sua decisione annullando un atto di procedura di gara. Chi (materialmente) è obbligato ad annullare l’atto è soggetto diverso da quello che ne apprezza l’illegittimità e decide che l’atto è da eliminare”

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L’art. 1, comma 1, lett. t) riconosceva, infatti, ad ANAC l’attribuzione “di più ampie

funzioni di promozione dell’efficienza, di sostegno dello sviluppo delle migliori pratiche, di facilitazione di scambio di informazioni tra stazioni appaltanti e di vigilanza nel settore degli

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2016, ovvero la norma fondante il potere di raccomandazione vincolante di ANAC.

Si legge, infatti, nel parere: “non si può trascurare il principio generale che vige in materia di annullamento d’ufficio e, cioè, che il relativo potere, come prevede l’art. 21-nonies, comma 1, della l. n. 241 del 1990, può essere

esercitato solo dall’organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge, mentre la legge delega non contiene alcuna espressa attribuzione

all’ANAC di un sostanziale potere di annullamento, seppure nella forma della ‘raccomandazione vincolante’”.

Giova dare atto, tuttavia, che accanto a tale opzione interpretativa dell’art. 211, comma 2, se ne provò a dare anche un’altra più aderente al dettato normativo e meno in contrasto con i principi dell’ordinamento. Si provò ad affermare, cioè, che il rinvio all’esercizio del potere di autotutela, non poteva leggersi solo ed esclusivamente come annullamento d’ufficio, rientrando nell’autotutela, oltre a poteri di tipo eliminatorio, anche poteri di carattere conservativo che, in linea generale, sarebbero sempre dovuti essere preferiti ai primi.

appalti pubblici e dei contratti di concessione, comprendenti anche poteri di controllo, raccomandazione, intervento cautelare, di deterrenza e sanzionatorio”.

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Ancora, si sostenne, che pur volendo leggersi nella disposizione in oggetto un rinvio all’autotutela nella modalità del solo potere di annullamento d’ufficio, ci si sarebbe dovuti scontrare con la natura stessa di questo istituto. E più in particolare, l’art. 21-nonies della legge n. 241/90 annovera, tra i presupposti necessari ai fini dell’esercizio del potere di annullamento, l’illegittimità dell’atto come uno degli elementi che devono sussistere, unitamente al requisito del bilanciamento tra interessi contrapposti e a quello del tempo ragionevole (che nel caso di provvedimenti attributivi di vantaggi economici non può essere superiore a 18 mesi)184.

Diversamente opinando, infatti, varrebbe l’automatismo per cui l’annullamento d’ufficio equivale al ripristino della legalità violata, equazione quest’ultima, ormai pacificamente rifiutata dalla giurisprudenza185.

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Come previsto alla luce della recente modifica apportata dalla legge 7 agosto 2015, n. 124, con cui il legislatore è intervenuto sulla disciplina dell’annullamento d’ufficio di cui all’art. 21 nonies della l. 241/90. Giova ricordare, infatti, che prima di tale modifica le amministrazioni pubbliche potevano esercitare l’annullamento in autotutela «entro un termine ragionevole», da quantificare di volta in volta in relazione alla natura del provvedimento da rimuovere, agli interessi pubblici coinvolti, alle posizioni giuridiche degli interessati e dei controinteressati, nonché in rapporto agli effetti che medio tempore sono prodotti dallo stesso.

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A riprova di tale consolidato orientamento si veda Consiglio di Stato, sez. I, 25 gennaio 2017, n. 294, in www.giustizia-amministrativa.it; dello stesso avviso e di poco successiva la pronuncia del Consiglio di Stato, sez. VI, 27 gennaio 2017, n. 341 in cui si afferma che “l’interesse pubblico specifico alla rimozione dell’atto illegittimo deve essere integrato da ragioni differenti dalla mera esigenza di ripristino della legalità” e che “ l’apprezzamento del presupposto in questione non può neanche risolversi nella tautologica ripetizione degli interessi sottesi alla disposizione normativa la cui violazione ha integrato l’illegittimità dell’atto oggetto del procedimento di autotutela”.

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Tale precisazione era utile per affermare che, a fronte di una segnalazione qualificata da parte di ANAC circa la sussistenza di vizi di legittimità degli atti di gara, sull’amministrazione sarebbe gravato un dovere di attivarsi, pur senza esaurire l’esercizio della discrezionalità. Sarebbe rimasta, cioè, nella discrezionalità della stazione appaltante la scelta dello strumento più idoneo per rispondere alla raccomandazione dell’Autorità186.

Da qui ne derivava la considerazione per cui l’invito all’autotutela avrebbe dovuto essere configurato come un’ipotesi di autotutela doverosa187, ma il cui esito non sarebbe dovuto necessariamente essere quello dell’annullamento.

Quest’ultimo approdo interpretativo, tuttavia, mal si conciliava, con la previsione dell’irrogazione automatica della sanzione per il mancato adeguamento alla raccomandazione, in quanto tale meccanismo riportava

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Tale lettura interpretativa si riteneva fosse in linea anche con quanto previsto dal precedente regolamento ANAC sull’esercizio dei poteri di vigilanza secondo cui il mero comportamento attivo della stazione appaltante rispetto alla segnalazione da parte dell’Autorità rilevava al fine dell’esclusione dell’irrogazione della sanzione.

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Sulla questione della compatibilità di un’ autotutela doverosa con la tradizionale qualificazione del potere di riesame come discrezionale, va precisato che già esistono nel nostro ordinamento ipotesi di autotutela vincolate anche nel quomodo. Nell’ordinamento tedesco, poi, è possibile individuare nella disciplina dell’autotutela, casi in cui è la stessa legge a lasciar presumere che la discrezionalità amministrativa sia esercitata in un determinato senso piuttosto che in un altro. Sul punto si veda, tra gli altri, S. TUCCILLO,

Autotutela:potere doveroso?, in www.federalismi.it, 16/2016; G. MANFREDI, Doverosità

dell’annullamento vs. annullamento doveroso, in Dir. proc. amm., 2011, 316 ss; F.

FRANCARIO, Riesercizio del potere amministrativo e stabilità degli effetti giuridici,Relazione al Convegno AIPDA, Antidoti alla cattiva amministrazione: una sfida per le riforme, Roma 7-8 ottobre 2016, in www.diritto-amministrativo.org.

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inevitabilmente alla mente l’idea che la raccomandazione imponesse un vincolo nell’esercizio della discrezionalità anche nel quomodo.

Anche in merito a questo punto, il Consiglio di Stato aveva espresso

importanti riserve rimaste inascoltate dal legislatore. In particolare, le questioni che continuavano a rimanere aperte ruotavano intorno al tipo di potere che la stazione appaltante avrebbe dovuto esercitare su invito di ANAC e al rapporto intercorrente tra le diverse modalità di adeguamento dell’amministrazione a tale invito e il potere sanzionatorio dell’Autorità.

Soffermarsi su tali punti risultava necessario per meglio capire se il potere esercitato dall’ANAC attraverso le raccomandazioni vincolanti si dovesse ascrivere alla categoria della vigilanza vera e propria o, piuttosto, a quella della potestà sanzionatoria tout court188.

Tale incertezza interpretativa, infatti, era tanto più evidente con riferimento alle modalità attraverso le quali in concreto la stazione appaltante poteva adeguarsi alla raccomandazione. L’art 22 del regolamento sull’attività di vigilanza dell’ANAC prevedeva, infatti, che il dirigente, una volta ricevuta la raccomandazione, comunicasse le “sue determinazioni” e “gli atti

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Sul punto, M. TRIMARCHI, Funzione di regolazione e potere sanzionatorio delle

Autorità indipendenti, in www.giustamm.it, 2013; M. ALLENA, La sanzione amministrativa

tra garanzie costituzionali e principi CEDU: il problema della tassatività-determinatezza e la prevedibilità, in www.federalismi.it, 4/2017; M.A. SANDULLI, Sanzioni amministrative e

principio di specialità: riflessioni sull’unitarietà della funzione afflittiva, in www.giustamm.it, 7/2012.

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eventualmente adottati” e nonostante ciò, il procedimento sanzionatorio si sarebbe attivato sia nel caso in cui il dirigente avesse omesso qualsiasi tipo di riscontro in merito all’atto dell’Autorità, sia nella diversa ipotesi in cui avesse deciso di non adeguarsi. Con l’unica differenza che, mentre nel primo caso la sanzione sarebbe stata quella di cui all’art. 213, comma 13189, nel secondo, e

cioè nel caso di mancato adeguamento, la sanzione sarebbe stata quella di cui all’art. 211, comma 2, secondo periodo.

Nulla, però, si diceva, nel caso di un adeguamento soltanto parziale della stazione appaltante; un vuoto questo, da cui si faceva discendere l’ulteriore considerazione per cui, qualsiasi fosse stata la comunicazione del dirigente responsabile, si sarebbe avviato il procedimento per l’irrogazione della sanzione. Pertanto, seguendo questo ragionamento, se anche la stazione

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Secondo il quale: “L’Autorità ha il potere di irrogare sanzioni amministrative pecuniarie nei confronti dei soggetti che rifiutano od omettono, senza giustificato motivo, di fornire le informazioni o di esibire i documenti richiesti dalla stessa e nei confronti degli operatori economici che non ottemperano alla richiesta della stazione appaltante o dell’ente aggiudicatore di comprovare il possesso dei requisiti di partecipazione alla procedura di affidamento, entro il limite minimo di euro 250 e il limite massimo di euro 25.000. Nei confronti dei soggetti che a fronte della richiesta di informazioni o di esibizione di documenti da parte dell’Autorità, forniscono informazioni o esibiscono documenti non veritieri e nei confronti degli operatori economici che forniscono alle stazioni appaltanti o agli enti aggiudicatori o agli organismi di attestazione, dato o documenti non veritieri circa il possesso dei requisiti di qualificazione, fatta salva l’eventuale sanzione penale, l’Autorità ha il potere di irrogare sanzioni amministrative pecuniarie entro il limite minimo di euro 500 e il limite massimo di euro 50.000” Va precisato, inoltre, che questa tipologia di sanzioni per omesse informazioni o informazioni non veritiere era già contemplata nella precedente disciplina dei procedimenti sanzionatori dell’AVCP. Sul punto C. CELONE, I procedimenti sanzionatori

dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, di lavori, servizi e forniture, in M.

ALLENA, S. CIMINI, (a cura di), Il potere sanzionatorio delle Autorità amministrative

indipendenti, RULES (Research Unit Law and Economics Studies), Paper No. 2013-2015, in Il diritto dell’economia, n. 1/2013, 289 e ss.

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appaltante avesse adottato un comportamento collaborativo, accogliendo solo parzialmente l’invito dell’ANAC, non sarebbe comunque rimasta esente dalla sanzione190.

Rebus sic stantibus, risultava difficile comprendere per quale ragione

ANAC e stazione appaltante dovessero porsi in una logica antagonista, dal momento che l’interesse primario avrebbe dovuto essere condiviso e che la stazione appaltante avrebbe potuto conservare il potere di scegliere come tutelare gli interessi di cui è portatrice (che, peraltro, sono ulteriori e diversi rispetto a quelli alla cui salvaguardia è preposta ANAC).

Ma ancor più difficile era comprendere e, sollevare da potenziali dubbi di incostituzionalità, il rapporto esistente tra la sanzione irrogata a seguito del mancato adeguamento della stazione appaltante alla raccomandazione, e che nella specie avrebbe colpito il dirigente responsabile, e la norma primaria da tutelare attraverso il procedimento sanzionatorio stesso. Infatti, un regime sanzionatorio che anziché basarsi sulla violazione di una norma si basi sull’inosservanza di un atto dalla dubbia qualificazione rischia, oltre di essere

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Significativo a tal proposito l’art 22 del regolamento che in tema di raccomandazioni vincolanti prevede, in caso di omesso riscontro, l’avvio di un procedimento sanzionatorio comune a tutte le ipotesi di omissione (art.213, c.13 del Codice), mentre, a fronte della comunicazione da parte del dirigente della volontà di non adeguarsi, o di adeguarsi solo in parte, è prevista comunque l’irrogazione di una sanzione volta, in questo caso, a punire il dissenso della stazione appaltante.

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fragile e incerto, anche di porsi in contrasto con i principi di certezza ed effettività oltre che di tassatività e predeterminazione191.

Non si poteva negare, infatti, che la sanzione rivolta al dirigente, oltre a presentare profili di dubbia legittimità quanto al rapporto di immedesimazione organica, potesse rappresentare un maggior aggravio per il fatto di non essersi adeguati pienamente all’invito dell’Autorità.

Era chiaro, quindi, come nella fattispecie in esame mancasse uno dei tratti distintivi dell’autotutela, ovvero il necessario bilanciamento tra interessi sotteso alla valutazione discrezionale della p.a.; discrezionalità che, nel caso di specie, si esauriva nell’unica alternativa tra accettare la sanzione, tenendo così in piedi gli atti di gara ed esercitare l’autotutela secondo le indicazioni di ANAC riconoscendo, di conseguenza, l’effettiva gravità del vizio e dando per scontato la prevalenza dell’interesse indicato nella raccomandazione medesima.

Non furono, però, solo queste le obiezioni mosse all’istituto di cui all’art. 211, comma 2. Infatti, nonostante le raccomandazioni vincolanti fossero descritte come “uno strumento veloce di lotta alla corruzione”, non è mancato

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V. M. ALLENA, La sanzione amministrativa tra garanzie costituzionali e principi CEDU,

cit.; N. LONGOBARDI, L’Autorità Nazionale Anticorruzione e la nuova normativa sui contratti pubblici,in www.giustamm.it, n. 6/2016.

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il contributo della dottrina192 volto a non ritenere vincente ed efficace la scelta del legislatore.

L’art. 211, comma 2, infatti, non avrebbe attribuito all’ANAC, in caso di gravi vicende corruttive, il potere di bloccare in modo tempestivo gli atti di gara. Secondo quanto previsto dalla disposizione normativa, l’ANAC, attraverso la raccomandazione, avrebbe invitato l’amministrazione ad annullare l’atto e quest’ultima avrebbe potuto decidere di non farlo, limitandosi a pagare la sanzione (fino a 25.000 euro) ritenuta irrisoria rispetto ad appalti di cifre consistenti. Con la conseguenza per cui se esisteva realmente collusione tra amministrazione e aggiudicatario, la prima, avrebbe di gran lunga preferito pagare 25.000 euro e salvare l’appalto piuttosto che adeguarsi alla raccomandazione dell’ANAC.

Del resto, a fare da deterrente ad un effettivo contrasto alla corruzione, vi era anche un ulteriore elemento: la decisione di ANAC di non esercitare il potere di raccomandazione vincolante se fosse iniziata l’esecuzione del contratto. Tale presa di posizione, però, sembrava non tener conto del fatto che le collusioni, il più delle volte, si scoprono non quando la gara è in corso, ed è quindi sotto la lente di ingrandimento dei concorrenti oltre che dei contenziosi giudiziari, bensì ad esecuzione iniziata.

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Vedi, ex multis, R. DE NICTOLIS, I poteri dell’ANAC dopo il correttivo, Incontro di studio sul correttivo al codice dei contratti pubblici, Palermo, 30 giugno 2017.

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Ma soprattutto, vi è da dire, non si presentava affatto come uno strumento tempestivo e non lo poteva essere per una ragione: l’ANAC doveva attivare davanti a sé un procedimento in contradditorio con stazione appaltante, RUP, aggiudicatario, garantire termini a difesa, formalizzare la raccomandazione, aspettare 60 giorni per far adeguare l’amministrazione ed, infine, attivare un ulteriore procedimento sanzionatorio nel caso l’amministrazione non si fosse adeguata. Sulla base della tempistica scandita dal regolamento dell’ANAC sulla vigilanza, il procedimento per l’adozione della raccomandazione vincolante avrebbe potuto durare dai 180 a 210 giorni, senza considerare poi i successivi ed ulteriori 60 giorni che si sarebbero attesi affinchè la stazione appaltante si adeguasse. Se, invece, non si fosse adeguata, sarebbe stato necessario avviare un altro procedimento sanzionatorio. Un ulteriore