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Il drafting nelle autonomie locali La qualità degli atti normativi e amministrativi

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Academic year: 2021

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INDICE

INTRODUZIONE...4

PARTE PRIMA

CAPITOLO PRIMO

DRAFTING NORMATIVO NEL SISTEMA DELLE

AUTONOMIE TERRITORIALI

1. Il drafting a "livello locale"...8 2. Le principali vicende storiche sulle riforme costituzionali italiane...11 3. La riforma costituzionale nell'attuale XVII legislatura...18 4. Il disegno di legge costituzionale Renzi- Boschi: le modifiche al Testo costituzionale...21 5. Nuovo sistema delle autonomie territoriali alla luce della

riforma costituzionale Renzi – Boschi...37 5.1. Le proposte di revisione nell'ordinamento regionale...37 5.2. Nuovo assetto degli enti territoriali...43 6. Referendum costituzionale del 4 dicembre 2016: dalle prospettive al risultato...52

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CAPITOLO SECONDO

REGOLE DI DRAFTING NELLE FONTI DEGLI ENTI

LOCALI

1.

La necessità delle regole di drafting negli atti normativi delle

autonomie territoriali...55

2.

Il principio di autonomia...57

3.

Potestà statutaria e potestà regolamentare degli enti locali...61

4.

Le fonti degli enti locali: Statuto e regolamenti...64

4.1. Lo Statuto...66

4.2 I regolamenti...69

5.

Le regole di tecnica legislativa negli atti normativi locali...72

5.1. Aspetti generali sul procedimento di formazione dell'atto normativo...72

5.2. L'attività di drafting...75

PARTE SECONDA

CAPITOLO TERZO

DRAFTING E COMUNICAZIONE PUBBLICA

1.

La comunicazione pubblica nel nuovo modello di pubblica amministrazione...89

2.

Il drafting negli atti amministrativi: il valore giuridico e il valore comunicativo...92

3.

L'evoluzione normativa della comunicazione pubblica nella riforma della pubblica amministrazione...94

3.1. Il principio di semplificazione...96

(3)

CAPITOLO QUARTO

LA QUALITA' DELL'ATTO AMMINISTRATIVO

1.

La qualità degli atti amministrativi della pubblica

amministrazione...106

2.

L'atto amministrativo e le sue classificazioni...109

3.

I provvedimenti amministrativi e il procedimento di formazione...119

4.

Regole di drafting per la redazione degli atti e dei provvedimenti amministrativi...124

5.

Elementi formali e procedimentali dei provvedimenti amministrativi...136

Schema di deliberazione del Consiglio comunale Schema di deliberazione della Giunta comunale Schema di determinazione con impegno di spesa Schema di determinazione senza impegno di spesa Schema di ordinanza del Sindaco Schema di decreto del Sindaco

RIFLESSIONI CONCLUSIVE...162

BIBLIOGRAFIA...165

SITOGRAFIA...170

(4)

INTRODUZIONE

"La Costituzione deve essere, più che è possibile, breve, semplice e chiara; tale che tutto il popolo la possa comprendere."

Tratto dalla Relazione al progetto della Costituzione, presentata dal Presidente della Commissione On. Meuccio Ruini all'Assemblea Costituente il 6 febbraio 1947.

L'importanza della "buona scrittura" emerge già in sede dei lavori dell'Assemblea Costituente per redigere il testo della Costituzione italiana: un documento breve, semplice, chiaro e comprensibile.

Sono queste quelle che potremmo definire come le "parole chiave" che caratterizzano il cosiddetto drafting normativo, una disciplina fondamentale che "insegna" regole da applicare per una corretta stesura di atti normativi e amministrativi.

E a tal proposito, il testo della Costituzione risulta un documento esemplare di altissima qualità normativa, proprio perchè grazie alla sua semplicità e chiarezza presenta un elevato grado di comprensività per ogni cittadino, «un modo per farlo coscente dei propri diritti e dei propri doveri».1

Il dovere costituzionale di farsi capire è tratto da alcuni articoli della Costituzione: l'art. 3 che garantisce il principio di uguaglianza e gli articoli 97 e 98 che prevedono rispettivamente i principi di buon andamento e imparzialità dei pubblici uffici e che gli impiegati pubblici sono a servizio esclusivo della Nazione.2

Pertanto l'amministrazione pubblica nel rispetto della Costituzione ha il dovere di adottare un linguaggio corretto e comprensibile (nel linguaggio comune si direbbe "alla portata di tutti") per agevolare i

1 Così R. Libertini, Un manuale per la redazione degli atti amministrativi, in

www.osservatoriosullefonti.it, fasc. 2/2010, p. 1. 2 R. Libertini, Un manuale per la redazione, cit., p. 2.

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rapporti tra Stato e cittadino.

Il presente elaborato propone l'obiettivo di trattare il tema del drafting normativo in riferimento alle autonomie territoriali.

E' un argomento che ho deciso di analizzare non solo per l'interesse nello studio di questa materia, ma anche in considerazione della mia esperienza lavorativa come impiegata presso una Pubblica Amministrazione Comunale, realtà molto vicina ai cittadini, che con il tempo mi ha condotto a nutrire l'esigenza e la curiosità di approfondire le conoscenze anche in tema di drafting.

Grazie a questo lavoro di studio e ricerca, ho avuto la possibilità di rendermi conto di come l'applicazione di tecniche legislative risultino rilevanti per ottenere un documento di qualità, sia dal punto di vista formale che sostanziale.

Uno degli aspetti fondamentali che tengo a sottolineare, soprattutto perchè si pone a fondamento dell'importanza di questa materia, è il collegamento tra il drafting e la comunicazione pubblica, nel senso che grazie ad atti normativi (fonti) e amministrativi qualitativamente ben redatti, il "linguaggio" utilizzato riesce a mettere in comunicazione i cittadini e la pubblica amministrazione, nell'ottica di una democrazia più partecipativa.

La tesi è strutturata in due parti, la prima delle quali dedicata all'aspetto normativo, cercando di circoscrivere l'argomento del drafting nell'ambito delle autonomie territoriali.

Nel primo capitolo, dopo una breve premessa e un excursus storico sulle riforme costituzionali avvenute in Italia, vengono illustrate le modifiche al Testo della Costituzione proposte dalla riforma costituzionale Renzi – Boschi, nonostante non abbia raggiunto una sua attuazione a seguito dell'esito negativo del referendum costituzionale tenutosi in data 4 dicembre 2016. Particolare attenzione sarà dedicata alle modifiche riformatrici, riguardanti l'assetto delle autonomie

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territoriali.

L'intento è quello di capire l'influenza del drafting anche a livello locale, in cui vi è sempre più necessità di semplificazione e trasparenza, specie in un periodo di trasformazioni istituzionali che stanno interessando il nostro Paese ad ogni livello territoriale.

Nel secondo capitolo viene messo in risalto il principio di autonomia garantito dalla Costituzione e vengono analizzate le fonti normative degli enti locali, al fine di illustrare le regole di tecnica legislativa necessarie per la corretta stesura dell'atto normativo.

La seconda parte della tesi è suddivisa in altri due capitoli, il primo dei quali è dedicato ad approfondire il tema del drafting in relazione all'aspetto della comunicazione pubblica. Questa parte della trattazione rappresenta l'obiettivo di questo lavoro, che è quello di focalizzare l'attenzione sul rapporto tra cittadino e Pubblica Amministrazione attraverso il linguaggio.

L'ultimo capitolo è di fondamentale importanza perchè permette di dimostrare quanto sostenuto nella tesi, infatti ho scelto di presentare l'analisi dei provvedimenti amministrativi di un ente locale, redatti nel rispetto delle regole di tecnica legislativa, in applicazione delle quali ho predisposto uno schema generale per ciascun tipo di provvedimento, con l'intento di mettere in risalto l'aspetto qualitativo e comunicativo di ogni atto.

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CAPITOLO PRIMO

DRAFTING NORMATIVO NEL SISTEMA

DELLE AUTONOMIE TERRITORIALI

“Il progetto di Costituzione italiana” […] “rappresenta, in certo senso, un tipo nuovo e intermedio, che, mentre si informa storicamente alle realtà concrete e attuali, si vuol ricongiungere ai principi ideali in base ai quali risorge e si avvia a forme nuove la democrazia italiana”.

Tratto dalla Relazione al progetto della Costituzione, presentata dal Presidente della Commissione On. Meuccio Ruini all'Assemblea Costituente il 6 febbraio 1947.

1. Il drafting a "livello locale".

Quando parliamo del concetto di drafting3 normativo, facciamo

riferimento alle regole di tecnica legislativa sia formali che sostanziali, necessarie per una corretta redazione dei testi normativi.

Una migliore formulazione dell'atto normativo permette di raggiungere un alto "valore comunicativo", fondamentale anello conduttore tra cittadino e pubblici poteri, per quanto riguarda la trasparenza e la conoscibilità delle decisioni legislative4.

3 Nella sua definizione più generale applicabile a una pluralità di discipline, il

drafting è l'insieme delle regole di tecnica legislativa necessarie per «perseguire

una "buona" qualità della legislazione», E. Albanesi, Teoria e tecnica legislativa

nel sistema costituzionale, Editoriale Scientifica, Napoli, 2013, p. 6.

Il drafting normativo è sia formale, intendendo le regole stilistiche e grafiche per redigere correttamente i testi normativi, sia sostanziale, che consiste nella traduzione in norma giuridica di indicazioni politiche che necessitano di un intervento normativo., cfr. nota contenuta in E. Albanesi, Teoria e tecnica

legislativa nel sistema costituzionale, Editoriale Scientifica, Napoli, 2013, p. 3.

4 Cfr. G. Pastore, Il valore delle regole di tecnica legislativa nel discorso del

legislatore, Tigor: rivista di scienze della comunicazione – A.I (2009) n. 1

(9)

La presente trattazione si propone di analizzare il tema del drafting normativo a livello locale, prendendo quindi in riferimento la realtà legislativa degli enti territoriali, scalino gerarchico istituzionale più vicino ai cittadini.

Tale scelta permette di riflettere sui valori delle regole di tecnica legislativa, che se ben applicate nei discorsi del legislatore (nel nostro caso locale) mettono in evidenza la capacità degli amministratori pubblici di dare risposte adeguate ai bisogni della comunità5.

In tale premessa ho ritenuto opportuno utilizzare il termine "discorso" del legislatore, per sottolineare la connessione logica dell'atto con il diritto: così come il diritto è un fenomeno linguistico, anche l'atto normativo è linguistico. Infatti «la legge è un discorso, è il discorso del legislatore, composto da una serie infinita di enunciati. Gli enunciati contenuti in una fonte di diritto costituiscono le disposizioni che compongono l'atto normativo, le norme invece sono i significati ad essi attribuiti mediante interpretazione»6. Da ciò emerge l'importanza delle regole di scrittura, le quali apportano qualità all'atto adottato dall'amministrazione, riducendo nello stesso tempo il rischio di un'interpretazione diversa rispetto a quella voluta dal legislatore7.

Alla luce di questo ragionamento si può affermare che dialogare con il cittadino è condizione fondamentale per una maggiore efficienza dell'azione amministrativa, in un'ottica di semplificazione e velocizzazione dei meccanismi di decisione8, in un sistema democratico "rinnovato", caratterizzato da una partecipazione più

5 Cfr. F. Pizzetti, La legge Delrio: una grande riforma in un cantiere aperto. Il

diverso ruolo e l'opposto destino delle città metropolitane e delle province, in www.rivistaaic.it, n. 3/2015, p. 3.

6 Così G. Pastore, Il valore delle regole di tecnica legislativa nel discorso del

legislatore, Tigor: rivista di scienze della comunicazione – A.I (2009) n. 1

(gennaio – giugno), in www.openstarts.units.it, p. 13. 7 G. Pastore, Il valore delle regole, cit., p. 13.

8 Cfr. S. Panizza, Il procedimento di revisione costituzionale nell'esperienza

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attiva, comunicativa e relazionale del cittadino nella sfera pubblica9. La pianificazione legislativa anche a livello locale, deve svolgersi nel rispetto dei principi della Costituzione, «tesi a garantire la certezza del diritto» attraverso l'uniformità di applicazione della norma10.

Ma in riferimento al rapporto tra i livelli territoriali (statale, regionale e comunale) le tecniche legislative devono dare attuazione al fondamentale principio di autonomia, sancito all'art. 5 della Costituzione e ribadito nel Titolo V della parte II della Costituzione, delineando «la più significativa delle posizioni di autonomia, quella degli enti territoriali»11.

In questa prospettiva è possibile inquadrare lo studio della materia del drafting normativo "locale" all'interno della trattazione dei recenti processi di riforma costituzionale che hanno interessato anche l'assetto del sistema delle autonomie territoriali della nostra Repubblica italiana. Riguardo ai profili tematici oggetto di riforma (attualmente in corso di attuazione), il progetto riformatore della riorganizzazione degli enti territoriali è apparso "secondario", ma di grande impatto sia in riferimento agli enti sia alle funzioni.

Per questi motivi ho scelto di approfondire proprio questo aspetto della riforma costituzionale (nonostante non sia giunta ad attuazione), ma che può essere proposto come il quadro normativo più idoneo per trattare il tema del drafting a livello locale e per mettere in luce l'obiettivo di questo lavoro di tesi, che consiste nel dimostrare, in tutte le sue sfaccettature, che la comunicazione pubblica, grazie all'applicazione delle regole di tecnica legislativa si afferma come

9 Cfr. La comunicazione nella pubblica amministrazione, Dipartimento della funzione pubblica per l'efficienza delle amministrazioni, Corso multimediale, p. 6.

10 Vedi G. Pastore, Il valore delle regole di tecnica legislativa nel discorso del

legislatore, Tigor: rivista di scienze della comunicazione – A.I (2009) n. 1

(gennaio – giugno), in www.openstarts.units.it, p. 21.

11 Così F. Merloni, Le autonomie nella Costituzione repubblicana, in www.astrid-omline.it, p. 1.

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elemento di collegamento tra i processi modificativi dell'assetto territoriale e il soddisfacimento dei bisogni della collettività.

2

.

Le principali vicende storiche sulle riforme

costituzionali italiane.

Per comprendere gli aspetti che hanno caratterizzato il tema delle riforme costituzionali nella presente legislatura, è possibile ripercorrere, soffermandosi sulle vicende storiche principali, il percorso riformatore che ha interessato fino ad oggi la nostra Carta costituzionale12.

L'intento è quello di analizzare il disegno "costituente", così come prospettato dalla riforma, soprattutto in relazione ai contenuti che disciplinano le autonomie territoriali, cercando di individuare le ragioni della riforma, o meglio quale sia la necessità di realizzare una riorganizzazione territoriale nel nostro Paese13.

Occorre premettere che un processo di razionalizzazione dell'assetto territoriale e della loro organizzazione amministrativa potrebbe permettere di sviluppare condizioni favorevoli alla crescita economica, attraverso l'adozione di politiche mirate, «in grado di valorizzare al meglio le peculiarità e le risorse territoriali»14.

Inoltre la disomogeneità delle realtà territoriali, dovuta sia riguardo alla popolazione sia all'estensione dei territori e la mancanza di risorse

12 Cfr. S. Panizza, Il procedimento di revisione costituzionale nell'esperienza

dell'attuale legislatura, in www.dirittifondamentali.it, 2014, p. 1.

13 Cfr. G. Marchetti, Alcune considerazioni sul recente processo di riforma del

sistema delle autonomie territoriali, giugno 2014, in www.centrostudisulfederalismo.it .

14 Ancora G. Marchetti, Alcune considerazioni sul recente processo di riforma del

sistema delle autonomie territoriali, giugno 2014, in www.centrostudisulfederalismo.it .

(12)

per garantire adeguati servizi ai cittadini, rischiano di creare situazioni di disparità di trattamento tra i cittadini, aspetti negativi sempre più frequenti in questo periodo di crisi economica.

Per questi motivi emerge «la necessità di individuare modalità organizzative, da parte delle autonomie locali, che agevolino la stima dei bisogni espressi nelle varie realtà territoriali»15.

Per tale scopo è opportuno trovare «un punto di equilibrio tra l'esigenza di differenziare, a livello territoriale, l'erogazione dei servizi sulla base di specifiche esigenze» e «rispettare una soglia minima di uniformità sul territorio regionale»16.

Di conseguenza una riforma razionale dell'amministrazione, "dovrebbe" garantire un'effettiva tutela dei diritti dei cittadini, nel rispetto dei principi sanciti dalla Costituzione17.

Nelle stagioni riformatrici che hanno interessato le modifiche della nostra Carta costituzionale, il tema degli enti territoriali sembra avere avuto un trattamento diverso rispetto ai contenuti delle "altre" proposte di riforma; infatti mentre queste ultime «sono rivolte verso il futuro, prefigurando nuovi aspetti e rapporti, le riforme degli enti locali sono state largamente influenzate dalle riforme in progress della legislazione ordinaria»18.

Più specificatamente, il disegno di legge costituzionale presentato dal Governo Renzi19, si è inserito in un percorso di tentate riforme costituzionali che, almeno per quanto riguarda le modifiche della parte II del Testo costituzionale, mirava a completare la riforma avviata dalla legge costituzionale n. 1/1997, succeduta, con ulteriori vicende, nelle

15 G. Marchetti, Alcune considerazioni, cit. 16 G. Marchetti, Alcune considerazioni, cit. 17 G. Marchetti, Alcune considerazioni, cit.

18 Vedi E. Catelani, S. Panizza, R. Romboli (A cura di), Profili attuali di Diritto

Costituzionale, Pisa University Press, 2015, pp. 418-419.

19 Il disegno di legge costituzionale di iniziativa del Governo Renzi (d.d.l. n. 2613-D, approvato dal Parlamento il 12 aprile 2016 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale italiana del 15 aprile 2016, è stato oggetto del referendum confermativo in data 4 dicembre 2016.

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leggi di revisione costituzionale n. 1/1999 e n. 3/200120.

A questo punto della trattazione merita di effettuare con più chiarezza, anche se in sintesi, una ricostruzione delle principali tappe storiche dell'iter della riforma costituzionale italiana.

Nella storia costituzionale italiana gli enti locali hanno sempre assunto un ruolo fondamentale, in quanto prima forma di aggregazione delle popolazioni insediate sui territori. Enti a fini generali cioè competenti a provvedere alla cura degli interessi delle popolazioni allocate su di un territorio, hanno in questo modo diffuso una cultura municipalistica21, con la quale si stavano affermando nuovi principi democratici, già nel periodo di vigenza dello Statuto Albertino22.

L'avvento della solenne Costituzione italiana del 1948 invece, con la sua posizione di vertice nel sistema delle fonti, impediva al legislatore di effettuare scelte discrezionali. In secondo luogo, la Costituzione modificava radicalmente struttura e contenuto del precedente assetto; infatti il nuovo ordinamento costituzionale riconosceva agli enti locali un'elevata protezione, garantita dalla natura rigida23 del Testo costituzionale, che ne tutelava l'autonomia24.

Il principio di autonomia trovava (e trova tutt'oggi) il suo fondamento all'art. 5 della Costituzione, secondo il quale: "La

20 Cfr. P. Bilancia, Regioni, enti locali e riordino del sistema delle funzioni

pubbliche territoriali, in www.rivistaaic.it, n. 4/2014, p. 1.

21 Cfr. F. Pinto, Diritto degli enti locali, Giappichelli, Torino, 2012, pp. 2-3.

22 Come è noto lo Statuto Albertino fu il Testo costituzionale adottato nel 1848 nel Regno di Sardegna dal re Carlo Alberto di Savoia. Era la legge fondamentale della Monarchia, ma di rango non superiore alla legge ordinaria; in seguito divenuta la Carta fondamentale del Regno d'Italia fondato nel 1861 e in vigore per tutto il periodo della sua esistenza.

Lo Statuto Albertino riconosceva il primato del monarca in un'organizzazione dello Stato costituita da organi distinti: Sovrano, Senato e Camera dei deputati e regolava solo i diritti e i doveri civili fondamentali.

23 Le Costituzioni "rigide" sono quelle che «ai fini della loro revisione, prevedono una procedura aggravata rispetto al procedimento legislativo ordinario (Revisione costituzionale), nonchè, secondo la maggior parte della dottrina, anche un organo chiamato a sindacare l'eventuale violazione della Costituzione stessa da parte del legislatore ordinario» (Corte Costituzionale), Costituzioni rigide (voce), in

www.treccani.it .

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Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento".

Con l'approvazione della Costituzione l'Assemblea Costituente aveva affermato nel nostro ordinamento il nuovo modello delle autonomie territoriali che costituiva il naturale completamento della nuova organizzazione della Repubblica su base regionale25.

L'art. 5 Cost. conteneva anche il principio del decentramento (sancito a tutt'oggi), elemento qualificante di una "nuova forma" di democrazia, caratterizzata da una molteplicità di centri di imputazione del potere statale.

In questo contesto si era però verificata una mancata attuazione della Costituzione, nonostante il Testo contenesse disposizioni "programma" che richiedevano di portare a compimento i valori ispiratori introdotti dal Costituente26.

I primi significativi interventi riformatori della Costituzione si svilupparono tra gli anni '60 e '70 del secolo scorso, periodo nel quale la Carta costituzionale veniva revisionata per ciò che riguardava la parte delle istituzioni, per risolvere le disfunzioni emerse.

In questi anni fino agli anni '90 «l'attività di revisione costituzionale era consistita essenzialmente nella modificazione di singole disposizioni o istituti, allo scopo soprattutto di adeguarli alle mutate esigenze della società»27.

Nel 1983 fu istituita la Commissione bicamerale presieduta dall'on. Bozzi (da cui trae il nome), la quale aveva il compito di formulare proposte di riforma costituzionali e legislative, pur nel rispetto del

25 Vedi F. Pinto, Diritto degli enti locali, Giappichelli, Torino, 2012, p. 11.

26 Cfr. S. Panizza, Il procedimento di revisione costituzionale nell'esperienza

dell'attuale legislatura, in www.dirittifondamentali.it, 2014, p. 1.

27 Così S. Panizza, Il procedimento di revisione costituzionale nell'esperienza

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procedimento di revisione disciplinato dall'art. 138 Cost28. Le modifiche avevano ad oggetto la composizione di Camera e Senato, il procedimento legislativo, il Titolo V e alcune disposizioni della parte I della Costituzione.

Nelle legislature che si erano succedute a partire dagli anni '90, la Costituzione fu soggetta a riforme settoriali o addirittura radicali, volte a modificare intere parti del Testo costituzionale.

La stagione riformatrice degli anni '90 si caratterizzava per un'intervento di revisione normativa sul Testo costituzionale «da parte della legislazione ordinaria (L. 142/90, 265/99, TUEL) e poi anche a livello costituzionale»29, con l'ambizioso obiettivo di innovare i rapporti tra Stato e autonomie territoriali.

In riferimento alle leggi costituzionali è doveroso ricordare la l.cost. n. 1/93 approvata da un'apposita Commissione parlamentare per le riforme istituzionali, istituita con deliberazione di Camera e Senato.

Tale legge «rappresenta un elemento di vera e propria rottura

28 L'art. 138 Cost. prevede che: "Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione.

Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi.

Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti.

29 Vedi P. Milazzo, L'impatto del d. d. l. Costituzionale "Renzi – Boschi" sul sistema

degli enti locali e sulle funzioni locali, in www.osservatoriosullefonti.it, n. 2/2014, p. 1.

La legge n. 142/90 rappresentava una riforma che aveva segnato il passaggio tra vecchio e nuovo sistema degli enti locali; infatti oggetto della nuova legge era una nuova organizzazione degli enti locali. Le disposizioni di questo testo normativo sono confluite nel TUEL (Testo Unico degli Enti Locali), cfr. F. Pinto,

Diritto degli enti locali, Giappichelli, Torino, 2012, p. 14; la legge n. 265/99

delegava il governo all'emanazione del Testo Unico degli Enti Locali approvato nel 2000, in modo da riordinare, anche con modifiche, la normativa esistente eliminando incertezze e contraddizioni, cfr. di nuovo F. Pinto, Diritto degli enti

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costituzionale, poichè istitutiva di una procedura con carattere temporaneo e derogatorio rispetto all'art. 138 Cost.»30.

Il progetto riformatore contenuto nella l. Cost. n. 1/93 non arrivò a compimento a causa dello scioglimento anticipato delle Camere nel 1994, per problematiche connesse a inchieste della Magistratura, alto numero dei parlamentari indagati, della crisi dei partiti e della riforma del sistema elettorale di Camera e Senato del 1993 attuata a seguito di referendum.

In seguito una nuova riforma fu intrapresa con la l. Cost. n. 1/97 «istitutiva di una nuova Commissione parlamentare bicamerale per le riforme costituzionali»31, la quale prevedeva l'applicazione di una procedura derogatoria all'art. 138 Cost. La Commissione (nota come "d'Alema" dal nome del Presidente) giunse nel giugno 1997 all'approvazione di un progetto di riforma dell'intera parte II della Costituzione32.

Negli anni seguenti l'iter riformatore era proseguito con l'approvazione da parte della Commissione d'Alema, della riforma del Titolo V della Costituzione, «ossia le leggi costituzionali n. 1 del 1999 e n. 3 del 2001 (la prima approvata con maggioranza dei due terzi e quindi immediatamente promulgata, l'altra invece con maggioranza assoluta e sottoposta a referendum costituzionale nella legislatura successiva)»33.

La modifica del Titolo V Cost. aveva inciso sui rapporti tra Stato, Regioni e enti locali, in quanto era stata definita una "Repubblica delle

30 Così S. Panizza, Il procedimento di revisione costituzionale nell'esperienza

dell'attuale legislatura, in www.dirittifondamentali.it, 2014, p. 3. La procedura derogatoria in oggetto prevedeva la sottoposizione obbligatoria del progetto di legge costituzionale al referendum popolare, anzichè solo eventuale (se non è raggiunta la maggioranza dei 2/3 e solo se richiesto). La Commissione parlamentare competente era nota come "De Mita - Iotti", dai nomi dei Presidenti che si sono succeduti nell'incarico.

31 S. Panizza, Il procedimento, cit., p. 4. 32 S. Panizza, Il procedimento, cit., p. 4.

33 Così E. Catelani, S. Panizza, R. Romboli (A cura di), Profili attuali di Diritto

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autonomie", che secondo il riformato art. 114 Cost. è articolata in Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni e Stato.

Il nuovo Titolo V costituzionalizzava il principio di autonomia e quello di sussidiarietà nelle funzioni amministrative (art. 118 Cost.); altra novità rilevante riguardava «il nuovo assetto delle fonti che regolavano l'organizzazione e il funzionamento degli enti locali»34.

Nelle legislature successive le discussioni parlamentari sulle riforme costituzionali si sono sempre più accentuate; in breve si sono succeduti: il progetto di riforma cosiddetto "bozza di Lorenzago" (durante il governo Berlusconi nella XIV legislatura), che fu approvato dal Parlamento «ma poi non promulgato perchè il referendum popolare, successivamente richiesto, non ha dato esito favorevole»35; il testo di riforma cosiddetto "bozza Violante" che incise nei progetti successivi, ma abbandonato a causa della caduta del Governo Prodi; nella XVI legislatura (2008-2013) caratterizzata dalla caduta dell'Esecutivo nel 2011 e l'instaurarsi del Governo Monti, il tema della riforma costituzionale fu accantonato dalle forze politiche, per dedicare l'attenzione sulla grave crisi economico – finanziaria36.

La conseguenza di questo lungo percorso di riforme durato oltre trent'anni, è stata quella di un indebolimento della Costituzione, principalmente dovuto all'accentuarsi della differenza tra le parti I e II della Costituzione: la prima parte non può essere modificata, eccetto semplici correzioni; la II parte invece soggetta a sostanziali mutamenti nella forma di Governo e nella sua ripartizione territoriale, per adeguarla ai cambiamenti in atto37.

34 Così F. Pinto, Diritto degli enti locali, Giappichelli, Torino, 2012, p. 37.

35 Vedi E. Catelani, S. Panizza, R. Romboli (A cura di), Profili attuali di Diritto

Costituzionale, Pisa University Press, 2015, p. 367.

36 Cfr. S. Panizza, Il procedimento di revisione costituzionale nell'esperienza

dell'attuale legislatura, in www.dirittifondamentali.it, 2014, p. 6. 37 S. Panizza, Il procedimento, cit., p. 7.

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3. La riforma costituzionale nell'attuale XVII legislatura.

L'attuale legislatura ha avuto inizio nella primavera 2013 e si è da subito caratterizzata per la complessità delle procedure con le quali è stato affrontato il tema delle riforme costituzionali.

Inizialmente, a causa delle difficoltà di formare un nuovo Governo, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha deciso di accettare la rielezione38, in particolare per portare avanti il processo di riforma costituzionale e l'approvazione di una nuova legge elettorale39.

Così il Presidente Napolitano ha istituito una "Commissione di saggi"40 divisa in due gruppi, per formulare proposte in merito al sistema istituzionale e economico – sociale, riguardanti il superamento del bicameralismo e affidare al Senato il controllo sulle Regioni.

Successivamente il nuovo Presidente del Consiglio dei Ministri Enrico Letta nominato da Napolitano, ha presentato un disegno di legge costituzionale che prevedeva «l'approvazione delle riforme costituzionali in deroga a quella ordinaria di cui all'art. 138 Cost.»41.

Il Premier Letta ha affidato l'incarico del progetto di riforma a una Commissione bicamerale formata da esperti, anche non parlamentari (tra cui docenti universitari di diritto costituzionale, economisti), seguita da una consultazione pubblica sui temi della riforma in modo da coinvolgere anche la popolazione.

Con la caduta del Governo Letta è stato abbandonato anche il suo disegno di legge costituzionale.

Il percorso di riforma costituzionale viene segnato da prospettive di

38 Non era mai accaduto nella nostra storia istituzionale dal 1948.

39 Cfr. E. Catelani, S. Panizza, R. Romboli (A cura di), Profili attuali di Diritto

Costituzionale, Pisa University Press, 2015, p. 368.

40 Tra i componenti della Commissione merita citare Mario Mauro, Valerio Onida, Luciano Violante e Gaetano Quagliarello.

41 Così S. Panizza, Il procedimento di revisione costituzionale nell'esperienza

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svolta con il governo di Matteo Renzi42, in quanto non era mai stata intrapresa prima d'ora una riforma in così breve tempo e nell'ambito della stessa legislatura43.

Nel programma politico del Governo Renzi un punto fondamentale è dedicato alle riforme costituzionali e alla modifica della legge elettorale n. 270 del 200544.

Le due tematiche vengono trattate in maniera connessa in quanto al centro di dibattiti politici che si sono instaurati in attesa dell'eventuale approvazione del riformato Testo costituzionale.

La legge elettorale per la Camera (la cd. Italicum, legge n. 52/2015) vede così differire la sua efficacia durante l'attesa dell'esito del referendum costituzionale sulla riforma45.

Proseguendo l'iter cronologico della riforma costituzionale, il 12 marzo 2014 il Governo Renzi aveva presentato al Senato un disegno di legge costituzionale riguardante "Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, la soppressione del CNEL e la revisione del Titolo V della parte seconda della Costituzione", prevedendo quindi la modifica di una parte consistente del Testo costituzionale.

Questo disegno di legge rappresentava una prima bozza del progetto di riforma, poichè il 31 marzo 2014 veniva presentata dal Consiglio dei Ministri una seconda bozza, contenente ulteriori modifiche su numerosi articoli del Testo costituzionale e un diverso titolo della legge, il quale comprendeva anche il riferimento al "contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni".

42 Matteo Renzi vince le primarie del partito democratico nel 2013. Nel febbraio 2014 il Presidente della Repubblica, gli affida l'incarico di formare il nuovo Governo.

43 Cfr. S. Panizza, Il procedimento di revisione costituzionale nell'esperienza

dell'attuale legislatura, in www.dirittifondamentali.it, 2014, p. 14.

44 La legge elettorale n. 270/2005 è stata dichiarata incostituzionale dalla Corte costituzionale con la sent. n. 1/2014.

45 Cfr. E. Catelani, S. Panizza, R. Romboli (A cura di), Profili attuali di Diritto

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La scelta di una seconda bozza del disegno di legge era dovuta alle reazioni suscitate e ad approfondimenti da parte del Governo, che aveva ritenuto opportuno effettuare una rivalutazione del testo normativo46.

L'8 aprile 2014 era stato presentato al Senato in prima deliberazione il disegno di legge costituzionale n. 1429 da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri Matteo Renzi e del Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi e approvato al Senato in data 8 agosto 2014.

Il d. d. l. n. 1429 era stato successivamente approvato in prima deliberazione, con modifiche, dalla Camera dei deputati in data 10 marzo 2015 (d. d. l. n. 1429 - B).

In seguito il nuovo testo era stato approvato dal Senato in prima deliberazione con ulteriori modifiche in data 13 ottobre 2015 (n. 2613-B) trasmesso di nuovo alla Camera che lo aveva approvato senza modifiche in prima deliberazione l'11 gennaio 2016.

Infine il 20 gennaio 2016 il Senato aveva approvato il testo del disegno di legge in seconda deliberazione con la maggioranza assoluta dei suoi componenti (n. 2613 – C).

Ancora, il 12 aprile 2016 la Camera dei deputati aveva approvato definitivamente il d. d. l. di revisione costituzionale che veniva pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016 (n. 2613 – D).

In questo quadro così delineato nei suoi passaggi fondamentali, si può osservare che il Governo aveva assunto un importante "ruolo propulsore" sui progetti di riforma (iniziativa legislativa, nomina del Comitato dei tecnici) che per questo motivo aveva suscitato critiche e dubbi, sull'opportunità che il Governo potesse interferire sul potere di revisione costituzionale che di norma dovrebbe essere tipico e proprio

46 Cfr. S. Panizza, Il procedimento di revisione costituzionale nell'esperienza

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del Parlamento47.

Ulteriore aspetto molto discusso è stato il metodo della riforma costituzionale, perchè apparso in contrasto con la giusta procedura prevista dall'art. 138 Cost., a causa della non condivisione del progetto di riforma tra maggioranza e opposizione.

Da un punto di vista normativo il procedimento aggravato per la revisione costituzionale, avrebbe dovuto svolgersi nell'ambito di un "compromesso" che consiste nel «cercare la soluzione unitaria al di là delle ideologie e delle teorie di ciascuna parte contrapposta»48.

4. Il disegno di legge costituzionale Renzi – Boschi: le

modifiche al Testo costituzionale.

Secondo quanto espressamente sostenuto dal Governo nella Relazione che ha accompagnato il primo d. d. l. n. 1429 presentato al Senato, "il ripensamento dell'assetto dei pubblici poteri costituisce [...] la premessa necessaria per dimostrare l'effettiva capacità del Paese di rinnovarsi profondamente, per elevare la qualità della vita democratica, ricostruire il rapporto di fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni e rafforzare la credibilità dell'Italia nello scenario europeo e internazionale"49.

Nella Relazione si possono individuare le ragioni o meglio le cause che hanno inciso negativamente sul sistema istituzionale italiano ormai da diversi anni: "la cronica debolezza degli esecutivi nell'attuazione del

47 Cfr. E. Catelani, S. Panizza, R. Romboli (A cura di), Profili attuali di Diritto

Costituzionale, Pisa University Press, 2015, p. 371.

48 Così E. Catelani, S. Panizza, R. Romboli (A cura di), Profili attuali di Diritto

Costituzionale, Pisa University Press, 2015, p. 373.

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programma di Governo, la lentezza e la farraginosità dei procedimenti legislativi, il ricorso eccessivo – per numero ed eterogeneità dei contenuti – alla decretazione d'urgenza e l'emergere della prassi della questione di fiducia su maxiemendamenti, l'alterazione della gerarchia delle fonti del diritto e la crescente entropia normativa, le difficoltà di attuazione di una legislazione alluvionale e troppo spesso instabile e confusa, l'elevata conflittualità tra i diversi livelli di Governo"50.

Per questi motivi il Governo ha deciso, con uno spirito di rinnovamento, di intraprendere la revisione della parte II della Costituzione.

Il disegno di legge costituzionale n. 2613 – D approvato dal Parlamento, conteneva nei suoi 41 articoli le modifiche ai Titoli I, II, III, V e VI della parte seconda della Costituzione ed è il caso di ricordare il suo titolo, che sintetizzava le tematiche oggetto della riforma costituzionale: "Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione".

Il presente capitolo è dedicato ad illustrare i contenuti della riforma, che nonostante si sia conclusa con esito negativo, la sua attuazione avrebbe comportato una radicale modifica nell'ordinamento istituzionale italiano.

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Superamento del bicameralismo paritario.

Tra gli obiettivi della riforma costituzionale vi era il superamento del bicameralismo perfetto (art. 55 Cost.) detto anche paritario, in base al quale «il Parlamento ha una struttura bicamerale, costituita dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica»51, che hanno gli stessi poteri e funzioni.

La riforma infatti proponeva l'introduzione di un bicameralismo differenziato, in forza del quale la Camera diventava "titolare del rapporto di fiducia con il Governo" e la sola ad esercitare "la funzione di indirizzo politico, la funzione legislativa e quella di controllo dell'operato del Governo"52.

Riforma del Senato.

Il progetto riformatore prevedeva un "nuovo" Senato con modifiche riguardanti la sua composizione (art. 57 Cost.), la modalità di elezione (art. 59 Cost.), lo status di senatore (artt. 66 – 69 Cost.) e le funzioni del Senato e del suo Presidente (artt. 70ss Cost.).

La disposizione più rilevante risultava contenuta nel rinnovato art. 55 Cost. che configurava il nuovo ruolo del Senato, quale rappresentante delle istituzioni territoriali ed avrebbe esercitato funzioni di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costituzionali della Repubblica.

Dalla lettura sistematica dei riformati articoli n. 57 e 59 Cost., il Senato sarebbe stato composto da 95 senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali e da 5 senatori che potevano essere nominati dal

51 Così E. Catelani, S. Panizza, R. Romboli (A cura di), Profili attuali di Diritto

Costituzionale, Pisa University Press, 2015, p. 377.

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Presidente della Repubblica; il loro mandato sarebbe durato 7 anni senza la possibilità di essere nuovamente nominati.

Sulla composizione del Senato, così come era stato prospettato, numerosi studiosi in materia rilevavano alcuni dubbi di tipo interpretativo. Risultava dubbio infatti il significato della nomina dei 5 senatori da parte del Presidente della Repubblica e i criteri da lui adottati in questa scelta, considerato che l'unico requisito previsto nella Costituzione è di aver "illustrato la patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario"53.

Altro dubbio riguardava la formulazione del nuovo articolo 57 Cost., in quanto tale disposizione non era in coerenza con il comma 1 dell'art. 59 il quale prevedeva che "è senatore di diritto e a vita, salvo rinunzia, chi è stato Presidente della Repubblica"; di conseguenza il Presidente della Repubblica cessato dal mandato non concorreva a "comporre" l'assemblea54 del Senato e quindi rimaneva irrisolto il problema di quale significato attribuire alla presenza degli ex Presidente della Repubblica nel nuovo Senato55.

In merito alla modalità di elezione del nuovo organo, con le modifiche apportate all'art. 57 cost. era stato stabilito che i senatori venissero eletti con metodo proporzionale tra i componenti dei Consigli regionali (comprese le Province autonome di Trento e Bolzano) e "nella misura di uno per ciascuno, tra i Sindaci dei Comuni dei rispettivi territori".

Proseguendo la lettura dello stesso articolo, era altresì previsto che: "con legge approvata da entrambe le Camere sono regolate le modalità di attribuzione dei seggi e di elezione dei membri del Senato della

53 Cfr. E. Catelani, S. Panizza, R. Romboli (A cura di), Profili attuali di Diritto

Costituzionale, Pisa University Press, 2015, p. 379. Secondo l'attuale disposizione

costituzionale i senatori hanno una funzione di rappresentanza della Nazione e la loro nomina ha un valore sia simbolico che culturale.

54 E. Catelani, S. Panizza, R. Romboli (A cura di), Profili attuali, cit., p. 379. 55 E. Catelani, S. Panizza, R. Romboli (A cura di), Profili attuali, cit., p. 380.

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Repubblica tra i consiglieri e i Sindaci, nonchè quelle per la loro sostituzione, in caso di cessazione dalla carica elettiva regionale o locale".

In base a tale formulazione era sorto un ulteriore oggetto di dibattito, riguardo alla considerazione per cui si sarebbe trattato di un'elezione di secondo grado, dato che la durata del mandato dei senatori sarebbe coincisa con quella degli organi delle istituzioni territoriali dai quali sarebbero stati eletti, ma soprattutto gli elettori erano in questo modo privati del potere di scelta diretta dei nuovi senatori56.

Qualche perplessità era stata rilevata anche sulle disposizioni degli articoli da 66 a 69 Cost. che disciplinavano lo status dei senatori.

Il disegno di legge manteneva inalterato il comma 1 dell'art. 66 Cost.57, ma aggiungeva il seguente secondo comma: "il Senato della Repubblica prende atto della cessazione della carica elettiva regionale o locale e della conseguente decadenza da senatore".

Risultava incerto il riformato art. 67 Cost. in quanto i membri del Parlamento avrebbero continuato a esercitare le loro funzioni senza vincolo di mandato, ma solo i membri della Camera dei deputati avrebbero rappresentato la Nazione (art. 55)58.

L'art. 68 Cost. riguardante le immunità, rimaneva invariato ma suscitava polemica per il rischio che il godimento delle prerogative potesse «in qualche modo condizionare la scelta dei Consigli regionali chiamati a eleggere i nuovi senatori»59.

Infine l'art. 69 Cost. prevedeva l'indennità stabilita dalla legge solo per i deputati, escludendone i senatori.

56 E. Catelani, S. Panizza, R. Romboli (A cura di), Profili attuali, cit., p. 380. 57 L'art. 66 Cost. al comma 1 recita: "Ciascuna Camera giudica dei titoli di

ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità".

58 Cfr. E. Catelani, S. Panizza, R. Romboli (A cura di), Profili attuali di Diritto

Costituzionale, Pisa University Press, 2015, p. 381.

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L'ultimo aspetto da esaminare si riferisce alle funzioni del Senato e del suo Presidente. Tornando alla lettura del riformato art. 55 Cost. è rilevante notare la differenziazione delle funzioni tra Camera e Senato, aspetto che denota ulteriormente il superamento del bicameralismo paritario.

La revisione dell'art. 55 Cost. comportava alcune modifiche anche agli articoli 70 e seguenti della Costituzione, in riferimento alle modalità di esercizio della funzione legislativa e all'articolo 94 Cost. sul rapporto fiduciario.

Il nuovo Senato avrebbe concorso all'esercizio della funzione legislativa nei casi e secondo le modalità stabiliti dalla Costituzione, nonchè all'esercizio delle funzioni di raccordo tra lo Stato, gli enti costitutivi della Repubblica e l'Unione Europea. Avrebbe partecipato alle decisioni dirette alla formazione e all'attuazione degli atti normativi e delle politiche pubbliche e l'attività delle pubbliche amministrazioni e verifica l'impatto delle politiche dell'Unione Europea sui territori. Avrebbe concorso ad esprimere pareri sulle nomine di competenza del Governo nei casi previsti dalla legge e a verificare l'attuazione delle leggi dello Stato60.

In conseguenza a questo nuovo ruolo del Senato sarebbero state soggette a modifiche anche altre disposizioni costituzionali, che prevedevano l'attribuzione di funzioni alla sola Camera sottraendo la competenza al Senato61.

60 Invece l'attuale formulazione dell'art. 55 Cost. prevede che "Il Parlamento si compone della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Il Parlamento si riunisce in seduta comune dei membri delle due Camere nei soli casi stabiliti dalla Costituzione".

61 Gli articoli contenenti le modifiche al riguardo sono l'art. 77 Cost. (il Governo deve presentare i decreti legge per la conversione "alla Camera dei deputati, anche quando la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere"); l'art. 78 Cost. (la Camera ha il potere di deliberare a maggioranza assoluta lo stato di guerra e di conferire al Governo i poteri necessari); l'art. 79 Cost. ("l'amnistia e l'indulto sono concessi con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti della Camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale"); l'art. 80 Cost. (solo la Camera può autorizzare la ratifica dei trattati internazionali più rilevanti, mentre è stato aggiunto un secondo comma secondo

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Per concludere il quadro delle previsioni normative concernenti la riforma del Senato, si aggiunge peraltro che il comma 7 dell'art. 39 del disegno di legge, tra le disposizioni transitorie stabiliva che "i senatori a vita in carica alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale permangono nella stessa carica, ad ogni effetto, quali membri del Senato della Repubblica"62.

La figura del Presidente del Senato nonostante essere la seconda carica dello Stato, con la riforma costituzionale rischiava di retrocedere in secondo piano nell'esercizio delle sue funzioni, poichè sarebbe stato destinato a presiedere una Camera del Parlamento fortemente deprivata della funzione politica, destinato a convocare e presiedere il Parlamento in seduta comune solo in supplenza del Presidente della Camera quando questi avesse esercitato le funzioni del Presidente della Repubblica che ne fosse impedito63.

Erano sorti dubbi interpretativi anche in riferimento alle modifiche apportate agli articoli 63 e 64 Cost. sull'autonomia organizzativa del Senato64.

cui "le leggi che autorizzano la ratifica dei trattati internazionali relativi all'appartenenza dell'Italia all'Unione Europea, sono approvate da entrambe le Camere"); l'art. 82 Cost. (alla Camera spetterebbe un potere pieno e generale di "disporre inchieste su materie di pubblico interesse", mentre al Senato sarebbe possibile disporre inchieste "su materie di pubblico interesse concernenti le autonomie territoriali"); art. 96 Cost. (il Senato non sarebbe più coinvolto nella disciplina relativa alla responsabilità del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri "per i reati commessi nell'esercio delle loro funzioni"); infine l'art. 88 Cost. ("il Presidente della Repubblica può, sentito il suo Presidente, sciogliere la Camera dei deputati" e non più le Camere).

62 Cfr. S. Panizza, Alcuni dubbi interpretativi su talune previsioni contenute nel

disegno di revisione costituzionale del Governo Renzi in ordine alle garanzie costituzionali, in www.dirittifondamentali.it, 2015.

63 Così E. Catelani, S. Panizza, R. Romboli (A cura di), Profili attuali di Diritto

Costituzionale, Pisa University Press, 2015, p. 385.

64 All'art. 63 Cost. sarebbe stato aggiunto un secondo comma: "il regolamento stabilisce in quali casi l'elezione o la nomina alle cariche negli organi del Senato della Repubblica possono essere limitate in ragione dell'esercizio di funzioni di Governo regionali o locali". Il novellato art. 64 Cost. introduceva altre disposizioni:"i regolamenti delle Camere garantiscono i diritti delle minoranze parlamentari. Il regolamento della Camera dei deputati disciplina lo Statuto delle opposizioni"; "i membri del Governo hanno diritto, e se richiesti l'obbligo, di assistere alle sedute delle Camere. Devono essere sentiti ogni volta che lo

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Infatti le anomalie che erano state osservate da studiosi in materia si riscontravano sul fatto che il Parlamento in seduta comune potesse essere convocato e presieduto da soggetti diversi; che il Presidente del Senato potesse trovarsi a presiedere l'adunanza plenaria con l'ausilio dell'ufficio di presidenza dell'altra Camera e poi ancora in occasione dell'elezione del nuovo Presidente della Repubblica, potesse verificarsi che il Parlamento in seduta comune venisse presieduto dal Presidente della Camera e in un secondo momento dal Presidente del Senato, per la necessità di sostituire il Capo dello Stato in caso di supplenza65.

Nuovo iter legislativo statale.

A questo punto si intende proseguire nella trattazione con un altro "punto" della riforma, quello relativo alla funzione legislativa statale, che avrebbe subito modifiche nei diversi tipi di procedimenti di formazione delle leggi.

Nella prospettiva dell'introduzione di un bicameralismo differenziato, ai sensi del riformato art. 70 Cost. la funzione legislativa paritaria (procedimento bicamerale) sarebbe stata riservata "tassativamente" solo in alcune materie, quali le leggi di revisione costituzionali e altre leggi costituzionali; attuazione della Costituzione in materia di tutela delle minoranze linguistiche e in materia di referendum popolari; leggi che determinano l'ordinamento, le funzioni, la legislazione elettorale e gli organi di comuni e Città metropolitane; sistema elettorale del Senato e casi di ineleggibilità e incompatibilità dei senatori; legge che stabilisce le norme generali, forme e termini per

richiedono"; "i membri del Parlamento hanno il dovere di partecipare alle sedute dell'Assemblea e ai lavori delle Commissioni".

65 Cfr. E. Catelani, S. Panizza, R. Romboli (A cura di), Profili attuali di Diritto

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la partecipazione dell'Italia alla formulazione e attuazione delle politiche comunitarie, attribuzione alle Regioni di ulteriori forme di autonomia.

L'art. 70 Cost. riformato disciplinava l'iter legislativo per le leggi monocamerali, cioè le "altre leggi" approvate dalla sola Camera dei deputati, mentre le leggi bicamerali potevano essere abrogate, modificate o derogate solo in forma espressa e da leggi bicamerali.

Secondo il procedimento monocamerale nel quale sono stabiliti termini specifici per ogni fase, ogni disegno di legge approvato dalla Camera sarebbe stato trasmesso immediatamente al Senato; se il Senato avesse deciso di esaminare il testo su richiesta di un terzo dei suoi componenti avrebbe potuto, entro 30 giorni, proporre modifiche al testo alle quali la Camera si sarebbe pronunciata in via definitiva.

La legge poteva essere promulgata in caso di mancato esame da parte del Senato, o per decorso del termine per la deliberazione (30 giorni), o a seguito di pronuncia in via definitiva della Camera66.

L'art. 70 Cost. in commento al quarto comma disciplinava un procedimento legislativo monocamerale "speciale" «relativo alle leggi con cui lo Stato decide di intervenire in materie riservate alla legislazione esclusiva»67 e in cui era prevista la cd. "clausola di supremazia", cioè proposte di modifica riferite a progetti di legge adottate dal Senato a maggioranza assoluta, per tutelare l'unità giuridica o economica del Paese o l'interesse nazionale. Per tali disegni

66 Da tale articolazione si sarebbe posto il problema di eventuali abusi e aggiramenti da parte della Camera del potere di esame del Senato, modificando anche in modo consistente il testo proposto dal Senato, ma nello stesso tempo quest'ultimo avrebbe potuto richiedere un secondo esame del "nuovo" testo revisionato dalle Camere non corrispondente alla richiesta di emendamenti.

Tali problematiche si sarebbero dovute risolvere grazie al terzo comma dell'art. 70 Cost., che stabiliva la pronuncia in via definitiva della Camera, che doveva limitare la propria discrezionalità nella deliberazione proposta di modifica da parte del Senato e non sulla parte "nuova" dovuta a un nuovo esame; Cfr. E. Catelani, S. Panizza, R. Romboli (A cura di), Profili attuali di Diritto

Costituzionale, Pisa University Press, 2015, p. 389.

67 Così E. Catelani, S. Panizza, R. Romboli (A cura di), Profili attuali di Diritto

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di legge la Camera avrebbe potuto decidere di non conformarsi alle modifiche proposte dal Senato, solo pronunciandosi nella votazione finale a maggioranza assoluta dei suoi componenti68.

Il comma cinque del novellato art. 70 Cost. precisava che era necessario l'esame da parte del Senato dei disegni di legge in materia di bilancio, ma i tempi del procedimento erano in questo caso ridotti.

Decretazione d'urgenza.

La riforma costituzionale avrebbe cercato di porre rimedio alla problematica relativa all'eccessivo ricorso al decreto legge da parte del Governo, dovuto molto probabilmente alla mancanza di strumenti alternativi che consentissero al Governo di realizzare più agevolmente il suo programma superando le lungaggini parlamentari69.

Infatti introduceva il nuovo istituto del procedimento legislativo "a data certa" e modificava la disciplina costituzionale del decreto legge.

Il comma 7 del rinnovato art. 72 Cost. prevedeva la facoltà per il Governo di chiedere alle Camere che un disegno di legge indicato come essenziale per l'attuazione del programma di Governo, fosse iscritto con priorità all'ordine del giorno.

La Camera entro 5 giorni avrebbe dovuto deliberare il testo e la pronuncia in via definitiva delle Camere sarebbe dovuta intervenire entro 70 giorni dalla suddetta deliberazione70.

68 Anche in questo caso emergeva un dubbio d'interpretazione in quanto, nell'ipotesi in cui la Camera non avesse raggiunto la maggioranza assoluta nella votazione finale per conformarsi alle modifiche proposte dal Senato, queste ultime di conseguenza si sarebbero ritenute approvate.

Se la proposta di modifica fosse stata respinta dalla Camera con una maggioranza diversa da quella assoluta, la legge non sarebbe potuta essere approvata nè promulgata ma impugnabile dinanzi alla Corte costituzionale per vizio del procedimento; E. Catelani, S. Panizza, R. Romboli (A cura di), Profili attuali, cit., p. 390.

69 E. Catelani, S. Panizza, R. Romboli (A cura di), Profili attuali, cit., p. 390. 70 E. Catelani, S. Panizza, R. Romboli (A cura di), Profili attuali, cit., p. 390.

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In questo tipo di procedimento la richiesta di esame e la presentazione di emendamenti da parte del Senato sarebbero avvenuti in termini ridotti della metà. Peraltro il termine suddetto avrebbe potuto essere differito di non oltre 15 giorni, in relazione ai tempi di esame della Commissione e della complessità del disegno di legge. Inoltre le modalità e i limiti del procedimento, anche in considerazione dell'omogeneità del disegno di legge, erano disciplinati con regolamento della Camera.

L'art. 72 Cost. escludeva dal procedimento "a data certa" le materie di competenza di entrambe le Camere (art. 70 comma 1 Cost.) e le leggi sul bilancio, le leggi in materia elettorale, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di amnistia e indulto71.

Secondo le prospettive della riforma costituzionale il superamento del bicameralismo perfetto avrebbe dovuto condurre ad uno snellimento dell'attività parlamentare; ciò dimostrato dal riformato art. 72 Cost. là dove prevedeva che i regolamenti stabilivano procedimenti abbreviati per disegni di legge per i quali era dichiarata l'urgenza.

Altro fattore a conferma di quanto suddetto era l'introduzione del procedimento legislativo "a data certa", che avrebbe dovuto ridurre l'adozione della decretazione d'urgenza.

La disciplina della decretazione d'urgenza contenuta nel rinnovato art. 77 Cost., mirava a costituzionalizzare il contenuto dell'art. 15 della l. 400/88 e quindi a «elevare a livello di norma costituzionale quello che già era "vivente", anche se previsto da una legge ordinaria o derivato dalla elaborazione giurisprudenziale della Corte

71 In merito a tali disposizioni si sarebbero poste due conseguenze nel caso in cui venisse rispettato il termine prefissato dei 70 giorni: in questo caso infatti la Camera sarebbe decaduta dal potere di decidere e il procedimento sarebbe ripreso dall'inizio; nel caso di voto da parte delle Camere oltre il termine previsto, si avrebbe avuto «un vizio del procedimento denunciabile davanti alla Corte costituzionale», vedi E. Catelani, S. Panizza, R. Romboli (A cura di), Profili

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costituzionale»72.

Il ricorso alla decretazione d'urgenza sarebbe stato escluso per le materie oggetto di riserva di assemblea, tra le quali ai sensi del comma 5 dell'art. 72 Cost. era prevista la legge di conversione dei decreti legge; era invece ammesso il ricorso per la materia elettorale, la disciplina dell'organizzazione del procedimento elettorale e dello svolgimento delle elezioni.

Era altresì esclusa «la possibilità di reiterare decreti non convertiti, di regolare i rapporti giuridici sorti sulla base degli stessi e di ripristinare l'efficacia di norme di legge e atti aventi forza di legge dichiarati dalla Corte incostituzionali per vizi non attinenti al procedimento»73 elettorale.

I decreti dovevano contenere misure di immediata applicazione e di contenuto specifico, omogeneo e corrispondente al titolo.

Nuove disposizioni introdotte nell'art. 77 Cost. prevedevano che nel corso dell'esame dei disegni di legge di conversione dei decreti non potevano essere approvate disposizioni estranee all'oggetto o alle finalità del decreto; altra novità riguardava l'ipotesi di un differimento di 30 giorni del termine di 60 giorni stabilito per la conversione in legge, nel caso in cui il Presidente della Repubblica chiedesse una nuova deliberazione prima della promulgazione.

Concludendo la tematica sulla decretazione d'urgenza, è da menzionare anche il secondo comma del riformato art. 72 Cost., secondo il quale era previsto che il disegno di legge di conversione venisse presentato alla Camera anche quando la funzione legislativa

72 Così E. Catelani, S. Panizza, R. Romboli (A cura di), Profili attuali di Diritto

Costituzionale, Pisa University Press, 2015, p. 393.

73 Questa disposizione costituzionalizzava quanto affermato dalla Corte costituzionale con sent. n. 34/2013, secondo la quale "le Camere possono emendare il testo del decreto legge nel rispetto del contenuto o delle finalità del provvedimento governativo", cfr. E. Catelani, S. Panizza, R. Romboli (A cura di),

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venisse esercitata collettivamente dalle Camere74.

Ulteriori modifiche.

Un'altra tematica che merita attenzione, frutto delle scelte operate con la riforma costituzionale è la disciplina della Corte costituzionale, in riferimento al riformato art. 73 Cost., con il quale sarebbe stato introdotto un controllo preventivo di legittimità da parte della Corte, prima della promulgazione delle leggi che disciplinano l'elezione dei membri di Camera e Senato.

Il giudizio preventivo poteva essere richiesto alla Corte previo ricorso motivato presentato da almeno un quarto dei membri della Camera o da almeno un terzo dei componenti del Senato.

La Corte costituzionale si sarebbe dovuta esprimere entro un termine di 30 giorni durante i quali restava sospeso il termine per la promulgazione della legge.

In caso di dichiarazione di illegittimità costituzionale da parte della Corte, la legge non avrebbe potuto essere promulgata dal Presidente della Repubblica.

Era rilevante anche la modifica dell'art. 135 Cost. in tema di elezione dei giudici della Corte costituzionale, ai sensi del quale i cinque giudici di estrazione parlamentare non sarebbero stati più eletti

74 Sul punto la prevalente dottrina concorda nel ritenere che il ricorso alla decretazione d'urgenza per le materie riservate alla legge bicamerale, sarebbe ammesso in quanto materie non rientranti nell'elenco di quelle escluse dalla regolamentazione del decreto legge; inoltre considerando che tra le leggi bicamerali non rientrano le leggi di conversione, queste ultime avrebbero natura monocamerale, in riferimento del comma 2 art. 77 Cost. che ne prevedeva la presentazione alla sola Camera.

Tale interpretazione però non appariva coerente con la disposizione per cui le leggi bicamerali possano essere abrogate, modificate o derogate solo da leggi bicamerali; per questo "forse" converrebbe rivalutare la considerazione per cui la legge di conversione sarebbe di natura bicamerale, ma il relativo disegno di legge sarebbe monocamerale, in quanto previsto dalla Camera; Cfr. E. Catelani, S. Panizza, R. Romboli (A cura di), Profili attuali di Diritto Costituzionale, Pisa University Press, 2015, p. 392.

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dal Parlamento in seduta comune, bensì tre dalla Camera e due dal Senato75.

Soggetto a modificazione risultava anche l'art. 134 Cost. con l'aggiunta di un secondo comma, nel quale era previsto che la Corte avrebbe giudicato in merito alla legittimità costituzionale delle leggi che disciplinavano l'elezione dei componenti della Camera e del Senato76.

Tra le disposizioni transitorie dell'art. 39 del d. d. l., il comma 11 prevedeva una "prima applicazione" del controllo preventivo della legge elettorale, sottoponendo al controllo di costituzionalità le leggi promulgate nella legislatura in corso alla data di entrata in vigore della legge costituzionale77.

Quindi il Governo si era posto l'intento di sottoporre al controllo della Corte la legge elettorale Italicum approvata nell'attuale legislatura, in particolar modo tenendo conto dei dubbi sorti in riferimento alla conformità della legge elettorale ai principi espressi dalla Corte, nella sent. n. 1/2014 con la quale ne aveva dichiarato l'incostituzionalità78.

75 Cfr. di nuovo E. Catelani, S. Panizza, R. Romboli (A cura di), Profili attuali di

Diritto Costituzionale, Pisa University Press, 2015, p. 386.

76 Anche la disciplina normativa della Corte costituzionale, così come riformata, sollevava riflessioni critiche in merito, infatti una perplessità riguardava la lettura combinata degli artt. 73 e 134 Cost. con l'art. 39 comma 10 del d. d. l.: mentre i primi due articoli disciplinavano un giudizio preventivo di legittimità su una norma non ancora promulgata, l'art. 39 si riferiva ad un giudizio successivo di legittimità su di una legge già approvata ed entrata in vigore; cfr. S. Panizza,

Alcuni dubbi interpretativi su talune previsioni contenute nel disegno di revisione costituzionale del Governo Renzi in ordine alle garanzie costituzionali, in www.dirittifondamentali.it, 2015, p. 8.

Quindi è facile notare come l'istituto previsto dal riformato art. 73 Cost. e quello contenuto nell'art. 39 d. d. l., non presentavano le stesse caratteristiche, «con la conseguente impossibilità di considerare il secondo comma previsto "in sede di prima applicazione" del primo», S. Panizza, Alcuni dubbi interpretativi, cit, p. 8 77 Cfr. E. Catelani, S. Panizza, R. Romboli (A cura di), Profili attuali di Diritto

Costituzionale, Pisa University Press, 2015, p. 396.

78 Il suddetto "esperimento" di una prima applicazione del controllo della Corte, appare di dubbia condivisibilità, in quanto si tratterebbe di un controllo successivo di legittimità e non preventivo, considerato che la legge impugnata sarebbe ormai entrata in vigore; E. Catelani, S. Panizza, R. Romboli (A cura di),

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Continuando l'esame - se pure a grandi linee - delle tematiche oggetto della riforma Renzi – Boschi, troviamo ulteriori modifiche nell'ambito delle disposizioni che regolavano le leggi elettorali, leggi di iniziativa popolare e l'istituto del referendum.

Probabilmente l'intento della riforma era proprio quello di ampliare l'iniziativa legislativa non solo nei confronti dei pubblici poteri, ma anche dei cittadini.

Ed ecco che riguardo alle leggi elettorali, la riforma introduceva il principio dell' "uguaglianza di genere", al fine di garantire equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza.

L'art. 71 Cost. veniva modificato aumentando da cinquantamila a centocinquantamila il numero delle firme degli elettori che avrebbero potuto esercitare l'iniziativa delle leggi, mediante la proposta di un progetto di legge. Era stato altresì aggiunto un periodo in base al quale la discussione e deliberazione conclusiva sulle proposte di legge di iniziativa popolare, avrebbero dovuto essere garantite nei tempi, forme e limiti previsti dai regolamenti parlamentari.

A mio giudizio e ai fini proposti in questa trattazione, appare rilevante il terzo comma del riformato art. 71, che avrebbe introdotto referendum popolari di tipo propositivo e di indirizzo e altre forme di consultazione" al fine di favorire la partecipazione dei cittadini alla determinazione delle popolazioni pubbliche".

L'art. 75 Cost. era stato revisionato in riferimento alla proposta di referendum abrogativo di una legge o atto avente forza di legge, elevando da cinquecentomila a ottocentomila il numero di elettori.

Una nota conclusiva merita la modifica relativa ad alcuni aspetti dell'elezione del Presidente della Repubblica, infatti il Capo dello Stato sarebbe eletto dal Parlamento in seduta comune, ma non più dai delegati regionali, come previsto dalla disposizione costituzionale vigente.

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