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Influenza della non linearità dei materiali nella valutazione dei momenti flettenti cinematici di pali lunghi impediti di ruotare in testa

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA’ DI PISA SCUOLA DI INGEGNERIA

Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale

Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Edile e delle Costruzioni Civili Tesi di Laurea Magistrale

INFLUENZA DELLA NON LINEARITA’ DEI MATERIALI NELLA

VALUTAZIONE DEI MOMENTI FLETTENTI CINEMATICI DI

PALI LUNGHI IMPEDITI DI RUOTARE IN TESTA

RELATORI

Prof. Ing. Nunziante Squeglia Prof. Ing. Diego Lo Presti Ing. Stefano Stacul

CANDIDATA Anna Franceschi

Anno Accademico 2017/2018

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1

INDICE

INDICE ... 1

1 Interazione Cinematica ... 3

1.1 Introduzione ... 3

1.2 L’interazione cinematica nelle norme sismiche ... 5

1.3 Momento in testa al palo ... 7

1.4 Momento all’interfaccia di due strati di terreno contigui con differente rigidezza 18 2 La Risposta Sismica Locale ... 27

2.1 Tipologie di carichi applicati al terreno ... 28

2.2 Le onde sismiche ... 29

2.2.1 Onde di volume ... 30

2.2.2 Onde di superficie ... 32

2.3 Effetti di perturbazione ... 33

2.4 Modelli e formulazioni per la determinazione della Risposta Sismica Locale ... 35

2.4.1 Risposta sismica di un sottosuolo ideale ... 39

2.4.2 Strato omogeneo elastico su substrato rigido ... 41

2.4.3 Strato omogeneo elastico e substrato deformabile ... 43

2.4.4 Substrato omogeneo visco elastico su substrato rigido ... 44

2.4.5 Strato omogeneo visco-elastico su substrato deformabile ... 46

2.4.6 Risposta sismica di un sottosuolo reale ... 47

3 Comportamento non lineare del terreno ... 55

3.1.1 Comportamento non lineare dei terreni a grana grossa ... 55

3.1.2 Comportamento non lineare dei terreni a grana fine ... 56

3.1.3 Modello non lineare di Ramberg Osgood ... 57

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2

4 Codice di calcolo KIN SP (Bounday Element Metod) ... 68

5 Modello non lineare per il calcestruzzo armato ... 72

5.1 Modello costitutivo per la sezione in c.a. fino a fessurazione ... 73

6 Analisi di Interazione Cinematica nel caso di non linearità dei materiali ... 77

6.1 Parametri che influenzano la risposta cinematica del sistema ... 80

6.1.1 Scelta dei parametri del sottosuolo ... 81

6.1.2 Scelta dell’input sismico ... 83

6.1.3 Scelta delle caratteristiche geometriche e meccaniche della sezione ... 85

6.1.4 Scelta del quantitativo di armatura longitudinale della sezione ... 86

6.2 Valutazione dei momenti flettenti cinematici nell’ipotesi di comportamento lineare per entrambi i materiali ... 90

6.3 Valutazione dei momenti flettenti cinematici nell’ipotesi di comportamento non lineare del terreno e lineare per la sezione in c.a. ... 98

6.4 Valutazione dei momenti flettenti cinematici nell’ipotesi di comportamento non lineare per entrambi i materiali ... 120

7 Conclusioni ... 132

8 Appendice ... 141

8.1 Tabelle delle deformazioni in corrispondenza della testa del palo ... 141

8.2 Tabelle delle deformazioni del palo in corrispondenza dell’interfaccia ... 154

8.3 Diagrammi del momento flettente ricavato dalle analisi non lineari ... 182

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1 Interazione Cinematica

1.1 Introduzione

Dai sempre più numerosi studi sull’interpretazione dei fenomeni successivi ad un evento simico si è ormai accertato che il danneggiamento mostrato dalle fondazioni su pali non è più unicamente imputabile all’azione dei carichi laterali che la struttura in elevazione determina sugli stessi, ma anche dall’insorgere di importanti deformazioni che si generano nel terreno al passaggio dell’onda simica. Anche a profondità maggiori di 10-15 volte il diametro, alle quali si presuppone non interferisca l’azione inerziale della struttura sul palo, si riscontra l’insorgere di importanti momenti flettenti denominati “cinematici”. Risulta ormai evidente che tali sollecitazioni non possono più essere trascurate in una corretta progettazione strutturale delle fondazioni poiché esse potrebbero determinare danneggiamenti anche più severi di quelli prodotti dalla sola componente inerziale. Inoltre, evidenze sperimentali hanno messo in luce il contributo dell’azione cinematica sull’entità complessiva del momento flettente in corrispondenza della testa del palo. Questo contributo potrebbe, in alcuni casi, addizionarsi a quello originato dall’azione inerziale esercitata dalla sovra struttura.

In generale l’entità delle sollecitazioni di origine cinematica è dettata da numerose variabili. Oltre alle caratteristiche dell’input simico, possono influire sull’incremento dei momenti flettenti alcune caratteristiche legate al palo stesso come:

- il diametro 𝑑,

- la rigidezza relativa palo terreno (𝐸𝑝/𝐸𝑠),

e le caratteristiche geometriche (profilo stratigrafico, spessore degli strati ecc…) e meccaniche del sottosuolo in cui il palo è inserito. In particolare, cambiano le considerazioni da farsi se quest’ultimo risulta immerso in un terreno omogeneo o se nel profilo stratigrafico è presente un forte contrasto di impedenza dovuto alla presenza di due o più ben distinti strati di terreno aventi diverse proprietà fisiche e meccaniche. L’incremento dei momenti flettenti cinematici che si genererà nel palo dunque dipenderà da variabili come:

- la profondità alla quale si trova la superficie di interfaccia tra i diversi strati,

- il contrasto di rigidezza tra due strati contigui, ed indicato come il rapporto tra le rispettive velocità di propagazione delle onde di taglio 𝑉𝑠2/𝑉𝑠1 (da queste velocità sono valutabili i valori dei rispettivi moduli elastici tangenziali 𝐺1, 𝐺2).

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L’importanza dell’interazione cinematica palo-terreno è stata dunque recepita e inserita nelle più recenti norme di progettazione strutturale anche se ad oggi la sua valutazione non viene richiesta in termini prescrittivi sia nell’Eurocodice 8 che nelle norme tecniche per le costruzioni italiane NCT (2018). Tali norme infatti, ne suggeriscono/consigliano la valutazione solo per specifiche situazioni che verranno illustrare in seguito.

Numerosi sono gli studi condotti al fine di stimare in maniera semplice i momenti cinematici in testa ed all’interfaccia tra strati contigui di terreno (aventi forte contrasto di impedenza) attesi in un problema di interazione cinematica. Alcuni di questi (Di Laora et al., 2013; Mylonakis et al., 2014; Di Laora et al., 2017) si sono occupati dell’identificazione dei principali parametri (strutturali e geotecnici) su cui poter intervenire per diminuire l’incremento dei momenti flettenti in testa al palo. In questi lavori si è inoltre evidenziata l’esistenza di un range di diametri ammissibili, in cui la definizione del diametro minimo dei pali è prevalentemente determinato dalla sola azione inerziale trasmessa dalla sovrastruttura. L’esistenza o meno di un diametro massimo di progetto è invece prevalentemente legata a: le caratteristiche dello scenario sismico atteso; le rigidezze e le resistenze dei materiali (terreno e palo); la presenza o meno di strati di terreno prossimi al piano campagna aventi valori della velocità di propagazione delle onde di taglio inferiori ai 50-60 m/s (tipicamente associati a materiali come torbe).

Tutti questi studi, tuttavia, sono stati condotti considerando alcune semplificazioni tra cui, nella maggior parte dei casi, una modellazione del terreno come un mezzo viscoelastico lineare, mentre sono sempre trascurate tutte le riserve post elastiche che il calcestruzzo armato può presentare quando è sottoposto a sollecitazioni cicliche. Ad esempio, un terreno soggetto a forti sollecitazioni subirà importanti deformazioni a taglio (oltre il limite elastico) e le sue proprietà meccaniche si degraderanno, mentre un palo in calcestruzzo armato sarà interessato da una variazione della sua rigidezza flessionale una volta che inizierà a fessurarsi.

Duque l’intenzione di questa tesi è quella di mettere in luce l’importanza di considerare, nella modellazione del problema dell’interazione cinematica palo-terreno, il comportamento marcatamente non lineare di entrambi i materiali.

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1.2 L’interazione cinematica nelle norme sismiche

La rilevanza della valutazione degli effetti dovuti all’interazione cinematica nella progettazione strutturale dei pali di fondazione è stata recepita anche delle recenti normative che però ne consigliano una stima solo in riferimento a specifiche condizioni.

Ad esempio, l’Eurocodice 8 (EN 1998-5-2004) cita che: “i pali dovrebbero essere progettati

per resistere alle seguenti tipologie di azioni:

- Le forze inerziali proveniente dalla sovrastruttura.

- Le forze cinematiche provenienti dalla deformazione del terreno in cui è immerso il

palo al passaggio dell’onda sismica.”

Inoltre, si raccomanda che: “I momenti flettenti che si generano per interazione cinematica

dovrebbero essere tenuti di conto solo quando queste condizioni si verificano simultaneamente:

- Il profilo stratigrafico del terreno è di tipo D, S1 o S2, e sia costituito da una serie

di strati caratterizzati da un marcato contrasto di rigidezza,

- Il sito di costruzione deve essere contraddistinto da un’elevata sismicità, il prodotto 𝑎𝑔𝑆 deve eccedere 0.10g.

- Le strutture per le quali vengono realizzate le fondazioni devono ricadere in classe

III o IV.”

Tuttavia, l’Eurocodice 8 incoraggia il progettista a valutare sia le sollecitazioni provenienti dalla sovrastruttura (interazione inerziale) che quelle dovute all’interazione tra palo e terreno (interazione cinematica) decomponendo il problema terreno-fondazione-struttura in due problemi complementari attraverso il metodo delle sottostrutture. Tale approccio consente di analizzare il sistema attraverso le seguenti fasi.

i. Un’analisi di interazione cinematica basata sull’assunzione che la massa della struttura sia nulla. In questo modo si riescono ad ottenere le azioni interne che agiscono lungo il fusto del palo e lo spostamento alla testa dello stesso. La storia temporale del moto della testa del palo ottenuta da un’analisi puramente cinematica, e meglio conosciuta con il termine FIM “foundation input motion”, potrebbe essere sensibilmente diversa dal moto della superficie del terreno in condizioni di campo libero (moto free-field), e potrebbe includere una componente rotazionale (rocking). ii. Un’analisi inerziale dove la sovrastruttura sollecitata dal FIM induce spostamenti e

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6

Generalmente il palo tenderà ad opporsi al moto imposto dal terreno sotto la propagazione delle onde simiche e questo dipenderà dalla sua rigidezza e dal grado di vincolo in corrispondenza della testa. Tale interazione tra palo e terreno indurrà sulla struttura accelerazioni e spostamenti più bassi di quelli attesi. La riduzione dell’accelerazione orizzontale al livello della fondazione viene quindi imputata ad un effetto filtrante che il sistema di fondazione esercita nel passaggio delle onde sismiche dal terreno fino alle superficie. L’interazione cinematica implica un ulteriore effetto, infatti sotto l’azione sismica si potrebbe generare una componente rotazionale in aggiunta agli effetti dovuti all’oscillazione della fondazione. Questo potrebbe provocare una risposta simica della sovrastruttura ancora peggiore di quella attesa per il solo moto free-field, soprattutto nel caso di edifici particolarmente alti. La norma cita che: “il moto della fondazione della struttura

flessibile fondata su pali differirà dal motoin condizioni di campo libero (free-field), in quanto potrebbe includere una componente rotazionale (rocking) importante in prossimità dell’incastro alla base della struttura.”

La normativa italiana si limata a consigliare una valutazione dei momenti flettenti aggiuntivi di natura cinematica solo nel caso di siti a sismicità medio-alta 𝑎𝑔 > 0.25𝑔 (dove ag rappresenta l’accelerazione di picco su suolo di riferimento rigido nell’area oggetto di studio, avente un tempo di ritorno funzione dello stato limite SLV, e della Vita di Riferimento dell’opera in progetto).

Al paragrafo §7.11.5.3.2 delle NTC (2018) relativo ai pali di fondazione la norma cita che

“In presenza di moto sismico, nei pali si sviluppano sollecitazioni dovute sia alle forze inerziali trasmesse dalla sovrastruttura (interazione inerziale) sia all’interazione tra palo e terreno dovuta allo scuotimento (interazione cinematica). Nei casi in cui gli effetti di interazione cinematica siano considerati importanti, devono essere motivate le assunzioni di calcolo adottate e i criteri di sovrapposizione o meno di tali effetti con quelli inerziali. È opportuno che la valutazione degli effetti dovuti all’interazione cinematica sia effettuata per le costruzioni di Classe d’uso III e IV, per sottosuoli tipo D o peggiori, per valori di 𝑎𝑔 > 0.25𝑔 e in presenza di elevati contrasti di rigidezza al contatto tra stati contigui di terreno.” In generale dunque per entrambe le normative il limite per l’esplicita valutazione delle azioni cinematiche risiede nell’”importanza” della struttura. Si richiede la valutazione degli effetti cinematici e inerziali ignorando tuttavia la reale distribuzione delle masse strutturali, che condizionano inevitabilmente l’entità delle forze che si trametteranno alla fondazione.

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7

Applicando le prescrizioni così come descritte nella norma si potrebbe condurre una progettazione strutturale più severa per classi d’uso che già prevedono importanti coefficienti di sicurezza sulle azioni, mentre per le classi “meno importanti” l’azione cinematica viene esclusa a priori. Questo, come verrà illustrato anche in seguito, può portare a sottostimare notevolmente le sollecitazioni a cui sarà soggetta la struttura di fondazione. L’entità delle azioni cinematiche, infatti, ha anche un’influenza sulla determinazione della sezione da assegnare al palo.

1.3 Momento in testa al palo

Il primo problema da affrontare riguarda la possibile stima dei momenti flettenti determinati dagli effetti cinematici alla testa del palo. Questi dipenderanno non solo dalla rigidezza relativa tra palo e terreno, ma saranno inoltre influenzati dall’eventuale presenza di un forte contrasto di rigidezza tra due strati di terreno contigui, nonché dalla profondità della superficie di separazione tra questi ultimi (interfaccia).

Terreno Omogeneo

Nel caso più generale di palo immerso in un terreno omogeneo i momenti che si generano nascono dalla combinazione di più effetti. Il primo dovuto agli spostamenti che il terreno subisce durante il sisma, deducibili da un’analisi di risposta sismica locale, il secondo generato dal grado di resistenza offerto dal palo a tali spostamenti dipendente sia dalle forze di inerzia che si generano, che dalla rigidezza relativa tra i due materiali. Sarà proprio la valutazione dell’interazione tra palo e terreno a consentirci di stimare gli effetti cinematici. Alcune formule semplificate ci permettono di valutare il momento atteso in testa al palo confrontando la curvatura dello stesso (1 𝑅⁄ )𝑝 con quella del terreno (1 𝑅⁄ )𝑠 . In quest’ottica, considerando il problema monodimensionale e ipotizzando onde di taglio che si propagano solo verticalmente, Margason (1975) propose di calcolare la curvatura del terreno come: (1 𝑅)𝑆 = 𝑎(𝑧) 𝑉𝑠2 ⁄ =𝑎(𝑧) ∙ 𝜌𝑠 𝐺𝑠 ⁄ (1.1)

Il limite di tale formula risiede nel fornire rapporti di curvatura finiti anche nel caso di pali liberi di ruotare in testa.

(9)

8

Modellando il palo come una trave su letto di molle alla Winkler e considerando una propagazione delle onde simiche S verticale, è stato dimostrato (Di Laora et al. (2013)), che risulta accettabile considerare la curvatura del palo uguale alla curvatura del terreno in corrispondenza della testa del palo stesso. Nel caso di un palo infinitamente lungo, impedito di ruotare in testa ed immerso in un semispazio elastico omogeneo il rapporto tra la curvatura del palo e quella del terreno risulta pari a:

Γ =(1 𝑅 ⁄ ) 𝑝 (1 𝑅⁄ ) 𝑠 (1.2)

dove Γ rappresenta un parametro adimensionale della risposta cinematica, che in una modellazione del problema alla Winkler può essere ricavato con la seguente relazione:

Γ =4𝜆

4+ 𝑚𝜔2/𝐸 𝑝𝐼𝑝

4𝜆4+ 𝑞4 (1.3)

dove 𝐸𝑝 𝑒 𝐼𝑝 rappresentano il modulo di Young e il momento di inerzia della sezione del palo, 𝑚 la massa del palo, mentre 𝜔 è la frequenza di eccitazione ciclica. I restanti parametri sono ricavati dalle relazioni:

𝑞 = 𝜔 𝑉 𝑠(1.4a) 𝜆 = (𝑘 + 𝑖𝜔𝑐 − 𝑚𝜔 2 4𝐸𝑝𝐼𝑝 ) 1/4 (1.4b)

che rappresentano rispettivamente il numero d’onda del terreno e del palo, dove 𝑉𝑠∗ descrive la velocità delle onde di taglio smorzata dal terreno, 𝑘 il modulo elastico delle molle, generalmente proporzionale al modulo elastico 𝐸𝑠 del terreno, e 𝑐 il corrispondente smorzamento. Dal rapporto tra le curvature del palo e del terreno (Eq.1.1) si deduce che per eccitazioni sismiche caratterizzate da elevate frequenze il parametro Γ tende a valori più piccoli dell’unità. Tale fenomeno può essere interpretato fisicamente come l’impossibilità del palo a seguire il moto del terreno, caratterizzato da lunghezze d’onda corte. Tuttavia, per valori tipici della rigidezza relativa palo-terreno (𝐸𝑝/𝐸𝑠), generalmente compresi tra 100 e 10000, il valore di Γ non si discosta di molto dall’unità nel campo delle frequenze utili nell’ingegneria sismica.

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9

Ulteriori studi sul momento flettente in testa causato dall’interazione cinematica tra palo e terreno, condotti su modelli agli elementi finiti FE (de Sanctis et.al), hanno dimostrato che la curvatura del palo può dunque essere assunta proporzionale a quella che si genera nel terreno utilizzando un opportuno coefficiente correttivo il cui valore dipende dal contenuto in frequenza dell’input sismico considerato, ma che in media può essere assunto pari a 1.02.

Terreno non omogeneo

Schematizzare un deposito di terreno naturale con un deposito avente caratteristiche meccaniche costanti con la profondità potrebbe essere non sufficientemente rappresentativo di quelle che sono le reali condizioni in sito. Infatti la rigidezza del suolo può essere ipotizzata ragionevolmente costante con la profondità solo in caso di terreni coesivi fortemente sovraconsolidati, per un deposito di terreno normalconsolidato o debolmente sovraconsolidato il valore del modulo di taglio (G) tende a crescere con la profondità secondo una legge di tipo lineare, mentre per depositi di materiale incoerente invece la rigidezza del materiale tende a crescere in maniera parabolica (o meglio, in maniera meno che lineare) (Fig.1.1). Queste diverse relazioni del modulo di taglio con la profondità possono essere descritte mediante la relazione in (Eq1.5) fornita da Di Laora et al. (2015). Terreno omogeneo quando n = 0; terreno con modulo linearmente crescente con la profondità quando 0  a < 1 ed n = 1; terreno con modulo crescente in maniera meno che lineare con la profondità 0  a < 1 e 0 < n < 1. L’equazione è valida nel caso in cui il palo sia immerso in uno strato non omogeneo di terreno avente un comportamento di tipo viscoelastico lineare, delimitato da un substrato rigido.

𝐺(𝑧) = 𝐺𝑠𝑑[𝑎 + (1 − 𝑎)𝑧 𝑑]

𝑛

(1.5)

Dove 𝑎 = (𝐺𝑠0⁄𝐺𝑠𝑑)1/𝑛, 𝑛 parametro adimensionale, 𝐺𝑠0 il modulo di taglio in superficie (𝑧 = 0), 𝐺𝑠𝑑 il corrispondente valore alla profondità z(𝑧 = 𝑑).

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10

Fig.1.1 Palo inserito all’interno di un deposito non omogeneo

Per la determinazione del momento cinematico alla testa del palo nel caso di terreno non-omogeneo l’impiego del rapporto tra la curvatura del palo (in testa) e quella del terreno (alla profondità: z = 0 m) potrebbe essere impossibile, in quanto in superficie la curvatura del terreno può assumere teoricamente valori tendenti a 0 o tendere all’infinito. Per tale motivo nel caso specifico di terreni non omogenei è fondamentale definire una curvatura efficace del terreno (1 𝑅⁄ )𝑒𝑓𝑓 come descritto in equazione (Eq.1.6) (Di Laora et al., 2015). La curvatura efficace può essere immaginata come una curvatura media del terreno lungo il tratto che va da z = 0 a z = zeff. Questa curvatura efficace ha il vantaggio di assumere sempre

un valore finito (non più 0 o infinito), ed allo stesso tempo è in grado di riflettere perfettamente la fisica del fenomeno di interazione. Le sollecitazioni flettenti in testa al palo sono difatti prevalentemente influenzate dalle curvature del terreno comprese tra le profondità z = 0 e z = zeff. (1 𝑅⁄ )𝑒𝑓𝑓 = 𝛾𝑠(𝑧𝑒𝑓𝑓) 𝑧⁄ 𝑒𝑓𝑓 (1.6) 𝛾𝑠(𝑧𝑒𝑓𝑓) = 𝑎𝑠𝜌𝑠𝑧𝑒𝑓𝑓 𝐺𝑠𝑑 [𝑎 + (1 − 𝑎)𝑧𝑒𝑓𝑓 𝑑 ] (1.7)

Il nuovo rapporto (1 𝑅⁄ )𝑝/(1 𝑅⁄ )𝑒𝑓𝑓 sarà dunque funzione dei parametri che caratterizzano il palo ed il terreno come 𝜌𝑝/𝜌𝑠, della rigidezza relativa 𝐸𝑝/𝐸𝑠 di 𝑛, 𝑎 e del coefficiente di Poisson del terreno, 𝜈𝑠 . In particolare, risulta necessaria la preventiva determinazione della profondità efficace 𝑧𝑒𝑓𝑓 in corrispondenza della quale valutare la deformazione a taglio del terreno od in alternativa il corrispondente valore del modulo di taglio efficace (Geff). Tale

(12)

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lunghezza attiva 𝐿𝑎 può essere assunto pari a 10 diametri mentre la lunghezza d’onda 𝜆(𝑧), risulta funzione della costante di rigidezza di Winkler 𝑘𝑥(𝑧), che varia con la profondità così come il modulo elastico del terreno 𝐸𝑠(𝑧).

𝜇 = 1 𝐿𝑎∫ 𝜆(𝑧) 𝐿𝑎 0 𝑑𝑧 (1.8) 𝜆(𝑧) = √𝑘𝑥(𝑧) 4𝐸𝑝𝐼𝑝 4 (1.9) 𝑘𝑥(𝑧) = 𝑘𝑑[𝑎 + (1 − 𝑎)𝑧 𝑑] 𝑛 (1.10)

Il valore di 𝑘𝑑 della molla fa riferimento al corrispondente modulo di Young alla profondità di un diametro dalla superficie 𝑘𝑑 = 𝛿𝐸𝑠𝑑.

𝜇 = 4𝜆𝑑

𝑑𝑛4𝐿𝑎(4 + 𝑛)(𝑎 − 1)

[(𝑎𝑑)4+𝑛4 − (𝑎𝑑 + 𝐿𝑎− 𝑎𝐿𝑎)(4+𝑛)/4] (1.11)

Dunque, la profondità alla quale deve essere ricavata la curvatura efficace si deduce dalla seguente espressione (Eq.1.12).

𝑧𝑒𝑓𝑓 = 1.25

𝜇 (1.12)

La lunghezza attiva di un palo è definita come quella lunghezza superata, la quale, la lunghezza totale del palo non risulta più essere un parametro significativo ai fini della determinazione delle curvature e quindi dei momenti flettenti che si genereranno nel palo stesso. Essa può essere assunta in prima approssimazione pari a 𝐿𝑎 = 10𝑑, ma una volta ricavato il valore di 𝜇 essa può essere ottenuta come:

𝐿𝑎 = 2.5 𝜇⁄ (1.13)

Un’osservazione deve essere fatta sulla scelta della rigidezza delle molle alla Winkler, 𝑘𝑑, definita come il prodotto del modulo elastico del terreno 𝐸𝑠 per il coefficiente 𝛿 che tiene conto degli effetti cinematici. Il suo valore può essere assunto pari a 1.2 (Mylonakis (2001)

e Di Laora et.al 2015) in quei problemi in cui oltre alle azioni inerziali si considera anche

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12

contigui che caratterizzano la stratificazione del sottosuolo Mylonakis (2001) ha proposto una semplificazione del risultato trovato da Kavvadas e Gazates (1993) per ricavare il valore di 𝛿 in funzione della rigidezza relativa palo-terreno (Ep/Es1).

𝛿 ≅ 6 (𝐸𝑝 𝐸𝑠1)

−1/8

(1.14)

Da evidenze sperimentali è possibile affermare che il valore della rigidezza delle molle Winkler non pesa molto sulla determinazione degli effetti cinematici.

Dunque, la valutazione del momento flettente in testa nel caso di terreno non omogeneo può essere ricavata mediante la formula (Eq 1.15).

(1 𝑅)𝑠 =

𝑎𝑠𝜌𝑠

𝐺(𝑧𝑒𝑓𝑓) (1.15)

Terreno stratificato: bi-strato

Nel caso in cui il palo sia immerso in un terreno costituito da due strati caratterizzati da differente rigidezza, il momento in testa dovuto agli effetti di interazione cinematica, sarà diverso da quello atteso nel caso di terreno omogeneo. Negli studi condotti da Di Laora et al. (2013) utilizzando il metodo FEM, ipotizzando un comportamento viscoelastico lineare per i materiali, viene mostrato come cambia l’entità del rapporto tra la curvatura del palo e quella terreno variando i seguenti parametri: profondità dell’interfaccia ℎ1, contrasto di rigidezza tra i due strati 𝐺2/𝐺1, diametro del palo 𝑑, rigidezza relativa palo-terreno 𝐸𝑝/𝐸1 . La curvatura del palo è intesa come il rapporto tra la deformazione assiale della fibra più esterna della sezione e il raggio della stessa.

Rispetto al caso di terreno omogeneo, dove la curvatura si presenta costante con la profondità eccetto che a partire da profondità prossime alla punta del palo, nel caso di terreno stratificato la distribuzione della curvatura subisce forti variazioni a causa della presenza dell’interfaccia, determinando un incremento positivo la cui entità sarà funzione del contrasto di rigidezza tra i due strati di terreno contigui (Fig.1.2).

(14)

13

Fig.1.2 Andamento del rapporto di curvatura palo terreno al variare del contrasto di rigidezza tra i due strati contigui e della profondità di interfaccia

Tale effetto andrà a modificare anche le curvature esibite in prossimità della testa del palo assunte, secondo la notazione qui utilizzata, negative. Al variare di alcuni parametri si possono fare le seguenti deduzioni.

- Nel caso di interfacce superficiali ( ℎ1/𝑑 = 2 ÷ 4) il rapporto tra la curvatura del palo e quella del terreno subisce un decremento al crescere del contrasto di rigidezza tra i due strati contigui

- Nel caso di interfaccia a profondità più elevate ( ℎ1/𝑑 = 10 ) l’andamento del rapporto tra la curvatura del palo in testa e quella del terreno è opposto a quello visto precedentemente poiché un aumento del contrasto di rigidezza determina effetti più severi in termini di sollecitazioni flettenti sia all’interfaccia che in testa al palo. La presenza di uno strato più rigido giustifica questa tendenza. Esso agisce all’interfaccia come un vincolo che riduce le rotazioni determinando in questo modo un aumento positivo delle sollecitazioni flettenti in quel punto. L’effetto che genera la discontinuità non si limita solo all’interfaccia, ma contribuisce anche alle sollecitazioni che si manifesteranno in testa al palo. Infatti, una certa percentuale del momento si trasferirà dall’interfaccia alla sommità del palo in una quantità che dipenderà sia dalla profondità a cui si trova la discontinuità che dalla rigidezza relativa palo-terreno. Il fenomeno può essere meglio interpretato se si prende in considerazione lo schema semplice di trave su letto di molle avente una lunghezza pari alla profondità dello strato più superficiale ℎ1. La trave viene incastrata ad un estremo in modo da simulare il reale vincolo alla testa del palo e sollecitata da un momento flettente

(15)

14

all’altra estremità avente intensità pari a quella generata in corrispondenza dell'interfaccia

(Fig 1.3).

Fig 1.3. Andamento della reazione R di una trave alla Winkler incastrata da un lato e sollecitata da una coppia flettente M

Nella figura viene rappresentato l’andamento della reazione vincolare dovuta alla presenza del vincolo in testa in funzione del momento agente all’interfaccia, considerando una lunghezza adimensionale della trave pari a 𝐿 𝜆⁄ 𝑝, dove la lunghezza d’onda 𝜆𝑝 è assunta pari a:

𝜆𝑝 = √4𝐸𝑝𝐼𝑝 𝑘

4

(1.16)

Si può quindi dedurre se il momento in testa subirà una diminuzione o un aumento a seconda della posizione della discontinuità. Infatti, come si evince dalla figura:

- Per lunghezze 𝐿 𝜆⁄ 𝑝 ≤ 3𝜋/4 la reazione dell’incastro ha lo stesso segno del momento applicato all’interfaccia. Questo comporta che per terreni dove il cambio di rigidezza avviene a profondità molto superficiali il contribuito del momento che si genera all’interfaccia determina una diminuzione delle sollecitazioni in testa in maniera tanto maggiore quanto è grande il contrasto di rigidezza.

- Per lunghezze 𝐿 𝜆⁄ 𝑝 > 3𝜋/4 la reazione ha segno opposto alla coppia applicata e presenta un minimo locale per 𝐿 𝜆⁄ 𝑝 = 𝜋 e tende asintoticamente ad annullarsi man-mano che la lunghezza aumenta. In questo caso, tale contributo di segno negativo si va a sommare a quello già presente in sommità del palo comportamento così un aumento delle sollecitazioni.

(16)

15

In generale è possibile affermare che mentre il contrasto di rigidezza 𝐺2/𝐺1 determina l’entità dell’incremento del momento all’interfaccia, i parametri ℎ1/𝑑 e 𝐸𝑝/𝐸1 influenzano l’entità dell’aliquota di momento flettente (ed il segno) che si trasferirà dall’interfaccia alla testa del palo. È necessaria un’ultima osservazione riguardo agli effetti che si possono verificare in testa al palo, immerso in uno stato stratificato, a seconda del tipo di segnale che interesserà il sistema palo-terreno. Nel caso di deposito omogeneo il momento flettente tende a diminuire con la frequenza non essendo il palo in grado di opporsi alle piccole lunghezze d’onda imposte dal moto free-field. Nel caso della presenza di una discontinuità la diminuzione della curvatura è ancora dettata dal contrasto di rigidezza dei due strati contigui che formano il deposito. L’incremento della frequenza riduce maggiormente i momenti in testa al palo per i terreni che presentano un valore più piccolo di 𝐺2/𝐺1, poiché questo parametro rappresenta il grado di vincolo offerto dal secondo strato. Per frequenze sempre più crescenti il valore di impedenza assume un peso sempre meno influente. Se il contrasto di rigidezza rimane inalterato a certi livelli di frequenza del moto, interfacce più superficiali produrranno un maggiore abbattimento delle curvature.

Dunque, a partire dai parametri ℎ1/𝑑 e 𝐸𝑝/𝐸1 si possono individuare delle profondità critiche a partire dalle quali i momenti che si generano all’interfaccia possono produrre riduzioni o incrementi dei momenti flettenti già presenti in testa. La profondità critica dell’interfaccia, a partire dalla quale avviene l’inversione di segno descritta in precedenza può essere stimata attraverso la seguente relazione (Di Laora et al. (2013)):

𝑐1 = 1.25𝑑 (𝐸𝑝 𝐸1)

1/4

(1.17)

La trasmissione di momenti negativi invece può assumere un peso importante fino a profondità pari a 2 ∙ 𝜆𝑝3𝜋/4 . Per profondità dell’interfaccia superiori al precedente i momenti in testa non risultano più influenzati da quelli all’interfaccia. Tale profondità vale:

𝑐2 = 2.5𝑑 (𝐸𝑝 𝐸1)

1/4

(1.18)

Pertanto, è possibile ricapitolare quanto ricavato in termini di rapporto tra la curvatura del paloe del terreno:

(17)

16

- Nel caso di interfaccia posta ad una profondità ℎ1 < ℎ𝑐1 il valore del rapporto tra la curvatura del palo e quella del terreno è sempre inferiore all’unità.

- Nel caso di interfaccia posta ad una profondità ℎ𝑐1 < ℎ1 < ℎ𝑐2 il valore del rapporto tra le curvature potrebbe essere maggiore dell’unità.

- Nel caso di interfaccia posta ad una profondità ℎ𝑐 > ℎ𝑐2 il valore atteso del rapporto tra le curvature risulta prossimo o di poco inferiore all’unità.

Se si ricade in quest’ultimo caso, dunque l’entità del momento flettente in prossimità della testa del palo può essere dedotto senza la necessità di condurre un’analisi di interazione cinematica palo-terreno. Anche per un deposito che presenta un forte contrasto di rigidezza tra stati contigui, una volta nota l’accelerazione in superficie 𝑎𝑠 e la velocità di propagazione delle onde di taglio dello strato superficiale 𝑉𝑠1, le sollecitazioni flettenti in testa si stimano direttamente dalla seguente equazione:

𝑀ℎ,𝐾𝐼𝑁 = 𝐸𝑝 𝐼𝑝 (1

𝑅)𝑝 = 𝐸𝑝 𝐼𝑝 𝑎𝑠

𝑉𝑠12 (1.19)

Un’ultima osservazione riguarda la scelta della sezione e quindi del diametro del palo, in modo che esso possa far fronte ai momenti flettenti dovuti sia alle azioni inerziali che a quelle causate dall’interazione cinematica. In genere tale problema non viene fatto presente nelle normative, ma in realtà è stato dimostrato in recenti studi (Di Laora et al. (2013)) che esiste un range di diametri ammissibili, per la progettazione della sezione, che permette al palo di far fronte alle sollecitazioni che possono insorgere a causa degli effetti inerziali con la sovrastruttura o cinematici con il terreno. Tale range di diametri può essere ricavato una volta note la velocità delle onde di taglio, l’accelerazione in superficie al deposito e il carico assiale agente.

Facendo riferimento dunque al diametro della sezione evidenze sperimentali hanno messo in luce che i momenti cinematici sono quelli che tendono a dominare la domanda al crescere del diametro del palo. Infatti, i momenti inerziali in testa al palo crescono con il quadrato del diametro (𝑑2), essendo la capacità portante di un palo lungo 𝑊

𝑝 all’incirca proporzionale al diametro (𝑑1). I momenti inerziali in testa sono dunque proporzionali a 𝑊

𝑝∙ 𝑑, mentre quelli cinematici crescono con una potenza alla quarta del diametro (𝑑4) dipendendo appunto dal momento d’inerzia 𝐼𝑝 della sezione. Il momento resistente della sezione è invece crescente col la potenza al cubo del diametro (d3).

(18)

17

Il range dei diametri ammissibili è dunque ricavabile una volta definiti:

1- la capacità portante del palo (Eq.1.22),

2- il momento flettente di natura inerziale mediante la (Eq.1.21), 3- il momento flettente di natura cinematica (Eq.1.19),

4- il momento resistente della sezione (Eq.1.20)

𝑀𝑦 = 𝐸𝑝 𝐼𝑝𝜀𝑦𝑝2⁄ = 𝐸𝑑 𝑝𝜋⁄642𝜀𝑦𝑑3 (1.20) 𝑀ℎ,𝐼𝑁= 𝐹ℎ 𝜆𝑝 2 = 1 2(4 𝐸𝑝 𝛿𝐸1 𝜋 64) 0.25 ∙𝑎𝑠𝑆𝐴 𝑔 𝑊𝑝𝑑 (1.21)

dove la capacità portante per un palo lungo immerso in un terreno coesivo può essere espressa come:

𝑊𝑝 = 𝜋𝛼

𝑆𝐹𝑐𝑢𝐿𝑑 (1.22)

Dove 𝜆𝑝 è definito dall’equazione (Eq.1.16), 𝛿 è il parametro che definisce la rigidezza della molla alla Winkler (Mylonakis, 2001), 𝑆𝐴 è il coefficiente di amplificazione spettrale, 𝑔 la gravità, 𝐿 la lunghezza del palo, 𝑐𝑢 la resistenza a taglio non drenata lungo il fusto del palo, 𝛼 il coefficinete di adesione tra palo e terreno, SF è il fattore di sicurezza nei confronti della capacità portante verticale e 𝜀𝑦𝑝 è la massima deformazione ammissibile del materiale costituente il palo (attorno allo 0.1%).

Se il momento resistente di un palo è all’incirca proporzionale a 𝑑3 esiste sempre un valore massimo del diametro del palo oltre il quale la sezione non è più capace di resistere ai momenti flettenti che si generano in testa dovuti alle azioni cinematiche. Allo stesso modo è ricavabile un valore minimo del diametro necessario a resistere alle azioni inerziali.

Assumendo in maniera semplificata che i momenti cinematici e inerziali si verifichino simultaneamente è possibile definire il fattore di sicurezza del palo mediante la relazione

(Eq.1.12). Ponendo FS pari ad 1 è possibile poi definire il range dei diametri ammissibili

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18 1 𝐹𝑆= 𝑀ℎ,𝐾𝐼𝑁+ 𝑀ℎ,𝐼𝑁 𝑀𝑦 (1.23) 𝐷1,2= 𝑀𝑦 𝐷3 ∓ √( 𝑀𝑦 𝐷3) 2 − 4 (𝑀𝐾𝐼𝑁 𝐷4 ) ( 𝑀𝐼𝑁 𝐷2) 2𝑀𝐾𝐼𝑁 𝐷4 (1.24)

1.4 Momento all’interfaccia di due strati di terreno contigui con differente rigidezza

L’insorgere di momenti flettenti significativi in un palo anche a profondità dove le azioni inerziali provenienti dalla sovrastruttura diventano ormai trascurabili sono dunque imputabili agli effetti di interazione cinematica. L’aumento delle curvature a cui è soggetto il palo di fondazione risulta essere tanto più marcato e severo quando nel terreno è presente una discontinuità tra due materiali aventi proprietà meccaniche differenti. In particolare, gioca un ruolo fondamentale il contrasto di rigidezza 𝐺2/𝐺1 all’interfaccia dei due strati di terreno contigui. Infatti, all’aumentare del contrasto di impedenza cresce il grado di vincolo offerto dal terreno più rigido, ciò limita le rotazioni dando così origine ad un momento flettente aggiuntivo .

Tra i primi metodi semplificati proposti nella letteratura tecnica (raccomandazioni NEHRP 1997, Margason e Holloway, 1977) vi sono quelli che calcolano il momento cinematico assumendo che il palo segua gli spostamenti imposti dal moto del terreno in condizioni di campo libero. Le raccomandazioni NEHRP (1997) e gli Autori Margason e Holloway (1977) proposero di impiegare la formula (Eq.1.25a) al fine di valutare il profilo del momento flettente cinematico lungo il palo, che viene quindi direttamente associato al profilo delle curvature del terreno, derivando due volte gli spostamenti del terreno rispetto alla profondità.

𝑀(𝑧, 𝑡) = 𝐸𝑝𝐼𝑝(1 𝑅)𝑠 (1.25a) (1 𝑅)𝑠 =𝛿 2𝑈(𝑧, 𝑡) 𝛿𝑧2 (1.25b) (1 𝑅)𝑠 = 𝑎𝑠 𝑉𝑠2 (1.25b)

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19

Nel caso particolare in cui il palo sia immerso in un terreno omogeneo la curvatura del terreno può essere stimata come rapporto tra l’accelerazione ottenuta dal moto del terreno in condizioni di campo libero e la velocità delle onde di taglio al quadrato (Eq.1.25c). Tuttavia, questa semplificazione fornisce risultati corretti solo nel caso in cui si voglia stimare il momento in corrispondenza della testa di un palo lungo impedito di ruotare, infatti spesso l’accelerazione decresce con la profondità, e quindi tale formula risulterebbe inadatta al calcolo delle sollecitazioni più ci si allontana dalla superficie, inoltre la soluzione trovata con la (Eq.1.25a) per z = 0 non sarebbe corretta nel caso di pali liberi di ruotare in testa.

La scelta dell’utilizzo della curvatura del terreno per ricavare il momento cinematico risulta ancora più incoerente se in profondità fosse presente una variazione brusca di rigidezza. Infatti, in prossimità dell’interfaccia il valore delle deformazioni a taglio presenta una discontinuità e questo è essenzialmente dovuto al differente modulo elastico che caratterizza i due materiali. Di conseguenza anche la stessa curvatura, derivabile direttamente dalle deformazioni, presenterebbe valori tendenti all’infinito. L’utilizzo delle equazioni

(Eq.1.25b) e (Eq.1.25c) non sarebbe in questo caso giustificabile in quanto 𝑈(𝑧) non risulta differenziabile all’interfaccia mentre una differenziazione di U(z) poco al di sopra o poco al di sotto di questa interfaccia porterebbe ad una sottostima dei momenti flettenti indotti dall’interazione cinematica.

Un metodo semplificato per ovviare a questo problema è stato proposto da Dorby and O’Rourke (1983) assumendo di poter analizzare il comportamento del palo utilizzando un modello alla Winkler. La determinazione del momento flettente all’interfaccia viene calcolato utilizzando l’equazione (Eq.1.16) sotto le seguenti ipotesi:

i. Ogni strato di terreno è assunto omogeneo e isotropo, e per ciascuno viene assunto un comportamento lineare elastico,

ii. Ogni strato viene idealizzato con uno spessore infinito affinché gli effetti di bordo non interferiscano con le soluzioni ricavate all’interfaccia,

iii. il comportamento del palo è assunto lineare elastico iv. viene ipotizzato un contatto diretto tra palo e terreno,

v. il palo è soggetto ad una distribuzione uniforme (con la profondità) e statica di tensioni a taglio 𝜏 che genera delle deformazioni a taglio nei due strati di terreno rispettivamente pari a: 𝛾1 = 𝜏/𝐺1, 𝛾2 = 𝜏/𝐺2,

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20

vi. si ipotizza che il livello di spostamenti e il livello di deformazione raggiunto sia piccolo. 𝑀 ≅ 1.86(𝐸𝑝𝐼𝑝)3/4(𝐺 1)1/4𝛾1ℱ (1.27) ℱ(𝐺2 𝐺1) = (1 − 𝑐 −4)(1 + 𝑐3) (1 + 𝑐)(𝑐−1+ 1 + 𝑐 + 𝑐2) ⁄ (1.28a) 𝑐 = (𝐺2 𝐺1 ) 1/4 (1.29b)

Dove 𝐺1e 𝛾1 sono rispettivamente il modulo di taglio e la deformazione a taglio (assunta costante) del primo strato, 𝑘1 = 3𝐺1 e, 𝑘2 = 3𝐺2 sono le rigidezze delle molle alla Winker rispettivamente per gli strati 1 e 2, ℱ = ℱ(𝐺2⁄𝐺1) è una funzione adimensionale, espressa in funzione del rapporto di rigidezza tra i due strati. I valori che si possono ottenere variano da 1 a 0 e risultano avvicinarsi all’unità tanto maggiore è il rapporto (𝐺2⁄𝐺1). In particolare, la (Eq.1.27) fornice valori irrealistici nel caso di terreni omogenei in quanto quando 𝐺2 = 𝐺1, 𝑐 → 1, portando in questo modo il valore di ℱ ad annullarsi.

Rispetto al metodo NEHRP l’equazione (Eq.1.27) permette il calcolo del momento flettente cinematico che si genera all’interfaccia facendo riferimento alle deformazioni che si producono nel terreno e non utilizzando la curvatura. Tuttavia, non si tiene di conto nella relazione fornita da Dorby e O’Rourke né delle azioni di natura cinematica né dell’effettivo spessore degli strati di cui il sottosuolo è composto.

Risulta infine più conveniente esprimere il valore del momento flettente in termini di massima deformazione raggiunta dal palo (𝜀𝑝), poiché oltre ad essere una quantità adimensionale, ci permette anche di quantificare direttamente il danno subito dal palo a causa dell’azione sismica. Dunque, definito 𝜆𝑝 (unità =1/L) dalla (Eq.1.30a), che può essere inteso come il numero d’onda che controlla l’attenuazione della risposta del palo con la profondità, si può ricavare il valore della deformazione associato al momento flettente dalla

(Eq.1.36b).

𝜆𝑝 = √ 𝑘1 4𝐸𝑝𝐼𝑝

4

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21 𝜀𝑝 = 1.5 ( 𝑘1 𝐸𝑝 ) 1/4 𝛾1ℱ (Eq.1.30b)

L’equazione (Eq.1.30b) aiuta a chiarire la dipendenza delle deformazioni e quindi dei momenti flettenti dal diametro del palo, infatti, finché non si tratta di azioni di tipo dinamico, la sua dimensione sembra non influire sui momenti flettenti che si generano per interazione cinematica all’interfaccia dei due strati. Il valore di 𝑘1 non è di immediata interpretazione e numerosi studi sono stati condotti per trovare la rigidezza ottimale utilizzando sia i risultati ottenuti dai modelli alla Winkler che da formulazione dinamiche agli elementi finiti. Tuttavia, per quanto riguarda questa trattazione il valore di 𝑘1non risulta particolarmente influente nella determinazione del momento sollecitante, in quanto il suo peso è molto più piccolo ai fini della valutazione del valore di 𝜀𝑝, comparendo elevato alla potenza di ¼ nell’equazione (Eq.1.30b).

Un’altra osservazione risulta importante poiché sia 𝜀𝑝 che 𝛾1 si rivelano essere influenzati dalla frequenza dell’eccitazione sismica. Gli effetti di amplificazione possono essere omessi se si descrive la (Eq.1.30b) in termini di “trasmissibilità” intesa come rapporto tra il massimo valore di deformazione del palo e la deformazione esibita dal terreno in corrispondenza dell’interfaccia. 𝜀𝑝 𝛾1 = 1.5 ( 𝑘1 𝐸𝑝) 1/4 ℱ (Eq.1.31)

Un metodo semplificato per ricavare il valore della trasmissibilità sotto azioni dinamiche è stato proposto da Mylonakis (2001) come riportato nella (Eq.1.32). Il modello presenta le seguenti caratteristiche:

i. Il palo, immerso in un terreno che presenta una discontinuità tra due strati di diversa rigidezza e di spessore finito.

ii. L’eccitazione sismica viene impressa alla base del substrato rigido mediante un segnale armonico di frequenza 𝜔.

iii. La radiazione e lo smorzamento del materiale sono simulati attraverso un letto di smorzatori accoppiati in parallelo alle molle alla Winkler. Il modulo di taglio del terreno è stato modificato opportunamente per simulare gli effetti di dispersione di energia.

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22

iv. Le proprietà geometriche e inerziali del profilo sono state incorporate attraverso le proprietà delle onde di taglio SH che si propagano nel terreno in direzione verticale.

𝜀𝑝 𝛾1 = 1 2𝑐 −4(𝑐2− 𝑐 + 1) {[3 (𝑘1 𝐸𝑝) 1 4 (ℎ1 𝑑) − 1] 𝑐(𝑐 − 1) − 1} ( ℎ1 𝑑) −1 (Eq.1.32)

La relazione trovata indica chiaramente che la variazione delle dimensioni del diametro influenzano in modo poco rilevante il momento flettente che si genererà all’interfaccia, al contrario dei parametri come la rigidezza relativa palo-terreno 𝐸𝑝/𝐸1 e il rapporto tra i moduli di taglio dei due strati 𝐺2/𝐺1.

Dunque, per risolvere un problema di interazione cinematica sono necessari tre passaggi; uno di tipo puramente geotecnico che consiste nel ricavare il valore della deformazione a taglio 𝛾1 in corrispondenza dell’interfaccia tra i due strati contigui (preferibilmente mediante apposita analisi di risposta sismica locale), nel secondo si va a determinare il rapporto di trasmissibilità mentre l’ultimo passaggio è di tipo strutturale e risiede nella determinazione del momento flettente una volta calcolato il valore di p dal prodotto tra la trasmissibilità e

1.

Per quanto riguarda il secondo passaggio c’è da sottolineare che la (Eq.1.32) è ricavata da Mylonakis (2001) nel caso di frequenza dell’input sismico 𝜔 → 0 , ovvero facendo riferimento ad una condizione statica. Risulta necessario, dunque, introdurre in questa relazione quelli che sono i possibili effetti dovuti alla frequenza dell’input sismico poiché possono giocare un ruolo importante nella determinazione delle sollecitazioni agenti sul palo, in particolare per profondità di interfaccia elevate e per alti rapporti di 𝐸𝑝/𝐸1. Si calcola di conseguenza il momento sollecitante (Eq.1.33) tendo conto di tali effetti tramite il coefficiente Φ. 𝑀 =(𝐸𝑝𝐼𝑝) ( 𝜀𝑝 𝛾1 ⁄ ) Φ 𝑟 𝛾1 (Eq.1.33) Φ = (𝜀𝑝⁄ )/(𝜀𝛾1 𝑝⁄ )𝛾1 𝜔=0 (Eq.1.34)

La trattazione qui sopra esposta relativa allo studio presentato da Mylonakis (2001) presenta però quale maggiore limitazione quella di non considerare l’interazione tra parametri quali la rigidezza relativa tra terreno e palo e la profondità a cui si trova l’interfaccia.

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Di Laora et al. (2012) hanno presentato una serie di risultati prodotti mediante analisi agli elementi finiti FE condotte nel dominio delle frequenze e sotto le ipotesi di comportamento viscoelastico lineare sia per il terreno che per il palo.

Fig.1.4. Andamento delle sollecitazioni flettenti lungo il palo incastrato o libero di ruotare in testa in funzione del contrasto di rigidezza tra i due strati contigui di terreno.

In (Fig.1.4) è riportato l’andamento deformazioni a flessione lungo il palo in condizione statiche assumendo un’accelerazione alla base costante. Nel caso di terreno omogeneo (𝐺2 = 𝐺1) , se il palo è vincolato in testa le curvature possono essere considerate coincidenti con quelle che si sviluppano nel terreno, mentre nel caso di un palo le cui rotazioni in testa non sono impedite, le curvature del palo che si riscontrano sono imputabili a quelle che si sviluppano nel terreno all’interno della lunghezza. Se le curvature sono assunte negative nelle condizioni di terreno omogeneo, quello che si riscontra in presenza di un cambio di rigidezza all’interfaccia tra due strati, è la nascita di un significativo momento flettente di segno opposto dovuto all’impossibilità del palo di ruotare a causa della presenza dello strato più rigido. L’entità degli effetti cinematici indotti a livello della discontinuità dipende dunque dal rapporto 𝐺2/𝐺1 e mentre contrasti di rigidezza bassi tendono a ridurre la curvatura indotta sul palo, quelli più alti producono un’inversione del momento determinando così due punti di flesso.

Confrontando i risultati ottenuti dal modello FE con la soluzione trovata da Mylonakis in termini di trasmissibilità, sia nel caso di pali impediti di ruotare in testa che in quelli liberi

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di ruotare, si evince che i due modelli forniscono soluzioni simili solo nel caso di interfacce poco profonde (ℎ1⁄𝑑 = 6 ÷ 10), come rappresentato in (𝐹𝑖𝑔1.5).

Fig.1.5 Andamento del rapporto di trasmissibilità in funzione del contrasto di rigidezza tra i due strati contigui e la profondità di interfaccia.

L’ammontare degli effetti cinematici è quindi dovuto alla risposta sismica del sottosuolo ed all’interazione tra palo e terreno, e risulta fortemente condizionato dalla profondità dell’interfaccia (Fig.1.6).

Fig.1.6 Andamento delle deformazioni in prossimità dell’interfaccia in funzione del contrasto di rigidezza tra i due strati contigui, della la profondità di interfaccia e del rapporto tra le rigidezze palo terreno.

Per valori del rapporto di impedenza piccoli ad esempio 𝑉𝑠2⁄𝑉𝑠1= 1.5, se la profondità relativa dell’interfaccia ℎ1⁄ cresce da 2 a 4, si può osservare una riduzione del momento 𝑑 agente nel palo (anche se potrebbero esserci effetti negativi prodotti da una variazione della risposta sismica locale del deposito, che possono causare un incremento della deformazione a taglio 1) poiché la trasmissibilità (negativa)decresce in valore assoluto tendendo allo zero

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all’aumentare di ℎ1⁄𝑑. Aumentando ulteriormente la profondità dell’interfaccia, il rapporto di trasmissibiltà assume valori positivi (cambio di segno) e si verifica quindi un aumento delle sollecitazioni a flessione. Al contrario quando il contrasto di rigidezza diventa più importante, ad esempio 𝑉𝑠2⁄𝑉𝑠1 = 3 , il suo peso diventa così importante da indurre elevate deformazioni a flessione nel palo anche per rapporti bassi della profondità relativa dell’interfaccia tra i due strati contigui ℎ1⁄ . Superate certe profondità (per situazioni 𝑑 rilevanti dal punto di ingegneristico, per profondità dell’interfaccia superiori ai 15-20 diametri) anche la frequenza del segnale entra in gioco nel determinare la risposta del terreno e il momento flettente può aumentare o diminuire nonostante la trasmissibilità continui ad essere crescente. Questa tendenza si scosta dai risultati trovati nel caso di una risposta statica.

Considerando il caso di un’interfaccia sufficientemente profonda (profondità superiori a circa i 2/3 della lunghezza attiva del palo), l’aumento del contrasto di impedenza porta ad un aumento dei momenti flettenti. Al contrario se si considera una discontinuità sufficientemente superficiale (profondità inferiori a 1/3 della lunghezza attiva del palo), tale che la trasmissibilità sia negativa, un aumento del contrasto di impedenze porterà molto probabilmente a delle riduzioni del momento flettente, dato che non ci si aspetta una forte variazione nella distribuzione delle deformazioni al taglio nel terreno risultati dalla risposta sismica del deposito (per cui 1 dovrebbe cambiare ragionevolmente di poco).

Valori più elevati del rapporto 𝐸𝑝⁄ nel caso statico tenderebbero a far aumentare anche le 𝐸1 sollecitazioni flettenti, ma questo non è sempre detto sotto azioni dinamiche. In condizioni dinamiche, supponendo costante la rigidezza del terreno (la risposta sismica del deposito rimane quindi invariata), all’aumentare di 𝐸𝑝, e dunque del rapporto 𝐸𝑝⁄𝐸1, si può riscontrare una diminuzione del momento flettente. Se invece è il modulo di Young del terreno a variare l’entità della sollecitazione dipenderà anche dalla frequenza del segnale e quindi dalla risposta del terreno.

Risulta ancora importante sottolineare come la frequenza, nel caso di azioni dinamiche, influisca sulle deformazioni a taglio che si verificano nel terreno e di conseguenza sul momento flettente risultante. Quest’ultimo risulta raggiungere valori massi quando la frequenza del segnale eguaglia quella propria del terreno (𝜔 = 𝜔1) , così anche le deformazioni a taglio all’interfaccia risultano massime. Tuttavia, quando la frequenza aumenta oltre la risonanza il valore delle deformazioni a taglio tende a diminuire comportando di conseguenza valori maggiori del rapporto di trasmissibilità rispetto a quello

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raggiunto in condizioni di risonanza. Questo perché la riduzione della deformazione a flessione del palo non risulta essere della stessa entità di quella subita dalle deformazioni a taglio nel terreno in corrispondenza dell’interfaccia.

Il momento flettente di natura cinematica in corrispondenza dell’interfaccia tra due strati di terreno contigui può essere visto, quindi come la sovrapposizione di due termini: a) uno di segno negativo e imposto dalla curvatura del terreno nel primo strato di terreno (quello meno rigido); b) uno di segno positivo fornito dal grado di vincolo esercitato dal secondo strato di terreno più rigido. La sua entità complessiva varierà poi a seconda dei valori del contrasto di rigidezza, della profondità dell’interfaccia, ed in funzione del contenuto in frequenza del segnale sismico. La formula (Eq.1.32) fornisce una soluzione che è in grado di comprendere entrambi i contributi descritti sopra, tuttavia non è in grado di separarli. Tale problema può essere superato utilizzando la relazione (Eq.1.35) proposta da Di Laora et al. (2012). Anche quest’ultima fornisce il valore della trasmissibilità in funzione di semplici parametri geometrici del problema e delle caratteristiche meccaniche (rigidezze) degli strati di terreno nel deposito e del palo.

𝜀𝑝 = 𝜒𝛾1[− 1 2( ℎ1 𝑑) −1 + (𝐸𝑝 𝐸1 ) −0.25 (𝑐 − 1)0.5] (1.23)

Il primo termine dentro le parentesi quadre dell’equazione sopra si riferisce alla risposta sismica del deposito mentre il secondo riassume l’effetto di irrigidimento che offre la presenza del secondo strato, mentre il valore di 𝜒 è un coefficiente di regressione che può essere posto pari a 0.93.

Si noti che quando il terreno è omogeneo il contributo fornito dal secondo termine scompare, infatti quando 𝐺2 = 𝐺1 allora c assume un valore pari all’unità. In tal caso le deformazioni a flessione del palo verranno determinate solo dalla risposta sismica del deposito di terreno e risulteranno quindi segno negativo. Se invece il rapporto ℎ1⁄ → ∞ allora il primo termine 𝑑 scompare e il secondo (legato all’effetto di irrigidimento fornito dal secondo strato di terreno) determina le deformazioni a flessione del palo che saranno pertanto di segno positivo.

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2 La Risposta Sismica Locale

Ridurre il rischio sismico risulta ormai essere l’obiettivo fondamentale dell’Ingegneria Sismica. In una determinata località questo può essere determinato una volta nota la sua pericolosità sismica H, la vulnerabilità V e il valore esposto E, secondo la relazione:

𝑅 = 𝑉 ∙ 𝐸 ∙ 𝐻

Dalla quale si evince che la pericolosità e il rischio risultano due concetti distinti. Mentre la prima presuppone la presenza di una fonte, il secondo esprime la possibilità che questa fonte si traduca in un danno. In termini di ingegneria sismica la pericolosità è definita come la probabilità che un certo parametro fisico fisso, valutato in una specifica località, atto a descrivere lo scuotimento del terreno come l’accelerazione, velocità o spostamento orizzontale possa essere superato in un certo intervallo di tempo a seguito di un evento sismico. Al contrario se viene superato un certo livello di danno allora si parla di rischio sismico e può essere valutato solo a partire dai tre parametri precedentemente citati.

La pericolosità ci permette di definire una zonizzazione sismica del territorio attraverso la quale è possibile determinare sulle nuove costruzioni le regole costruttive da applicare e sugli edifici esistenti quali siano le verifiche che devono essere soddisfatte. Il valore esposto è definito come la quantificazione economica dell’elemento sottoposto all’azione sismica e la difficoltà nella sua determinazione risiede nell’impossibilità di monetizzare tutte le cose, le vite umane, ad esempio.

Un’attenzione particolare merita, nel nostro caso, la vulnerabilità sismica poiché in essa non viene unicamente espressa la probabilità che persone, beni e attività possano subire danni durante l’evento sismico, ma una componete essenziale nel “fattore vulnerabilità” risulta costituita dalla risposta sismica locale, cioè la variabilità con cui si presenta il moto sismico in fase di affioramento superficiale in relazione alle proprietà dei depositi di terreno attraversati.

Nonostante tutte queste valutazioni può capitare che a seguito di forti eventi sismici in zone contigue si assista ad una diversa distribuzione del danno e tali anomalie possono essere imputabili non solo alla diversa vulnerabilità sismica e comportamento dinamico del tipo di costruito, ma anche alla modifica delle caratteristiche del moto a causa delle diverse condizioni geologiche e geomorfologiche locali.

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Il moto sismico infatti risulta influenzato da tre parametri: i primi due, meccanismo di sorgente e propagazione dipendono fortemente dal tipo di evento sismico che si pensa possa colpire il sito, ovvero dalla magnitudo o dalla tipo di rottura della faglia oltre che dalla distanza epicentro-sito. L’ultima invece è la risposta locale ed essa è il frutto di interazioni molto complesse tra le onde sismiche e le caratteristiche meccaniche e stratigrafiche del suolo che queste attraversano.

Lo spettro sismico atteso in termini di accelerazione, spostamento o velocità non potrà essere valutato solo attraverso metodi teorici, ma esige un’accurata conoscenza del mezzo attraversato per poter stimare come si propagherà la perturbazione e quali saranno i fenomeni di attenuazione legati alla geometria e allo smorzamento.

2.1 Tipologie di carichi applicati al terreno

In generale il terreno può essere soggetto a carichi di tipo statico o dinamico o alla combinazione dei due. Risulta necessario allora valutare la differente risposta che il terreno può presentare sotto l’effetto di carichi concentrati o distribuiti, oppure sotto l’azione di carichi dinamici caratterizzati da un tempo si applicazione piccolo o elevato. In questi casi si induce nel terreno uno stato tensione e deformazione che è variabile nel tempo poiché del carico possono si possono modificare posizione di applicazione e/o ampiezza e/o direzione.

Infine non possiamo trascurare gli effetti indotti dai carichi ciclici i quali producono un’alternanza di fasi di carico e scarico che si ripetono con qualche periodicità. La loro combinazione con i carichi dinamici determina gli effetti particolarmente gravosi come ad esempio nel caso di vibrazioni indotti da traffico dove il numero di cicli molto alto anche se caratterizzato da piccole ampiezze determina deformazioni nel terreno non trascurabili. I carichi ciclici possono essere differenziati in due categorie: quelli irregolari e quelli

regolari.

I primi si suddividono a loro volta in carichi di tipo impulsivo a frequenza molto elevata superiori ai 10 Hz, come nel caso delle macchine industriali, o con numero limitato di componenti in frequenza tipico delle esplosioni, e in quelli di tipo transitorio con frequenze comprese tra 1 e 10 Hz, valori che tipicamente caratterizzano i terremoti.

Nel caso di cilici regolari si fa una distinzione tra quelli di tipo vibratorio caratterizzati da frequenze intorno a 1 HZ e cicli piuttosto uniformi come prodotti dal traffico o da macchine

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industriali, o di tipo ondulatorio a bassa frequenza inferiore a 1 Hz come gli effetti indotti dal vento o dal moto ondoso.

Nonostante sia la combinazione tra carichi ciclici e dinamici a determinare gli effetti più gravosi sulla riposta del terreno, rendendo il digramma tensione-deformazione più complesso da determinare, non si può non tenere conto della presenza simultanea di carichi statici quali peso proprio, presenza di carichi permanenti e variabili delle opere geotecniche e delle sovrastanti strutture, spinta dell’acqua e delle terre. In questi casi assume particolare importanza valutare il rapporto tra l’ampiezza di quest’ultimi e l’entità dei carichi statici. A seconda dei casi il comportamento del terreno potrebbe più o meno discostarsi da quello che avrebbe in condizione di solo carico statico.

I carichi dinamici sono dunque spesso anche ciclici e possono essere suddivisi in carichi di tipo periodico o non periodico. I primi presentano le stesse variazioni nel tempo per un largo numero di cicli e in genere sono facilmente esprimibili in serie di Fourier, mentre non periodici sono carichi di tipo impulsivo, costituiti da un singolo impulso di breve durata come quelli dovuti ad esplosioni o anche quelli di maggiore durata come i terremoti. In generali i carichi periodici ad andamento regolare e continuativo producono vibrazioni

periodiche e regolari mentre quelli impulsivi e casuali vibrazioni irregolari. A causa delle

discontinuità presente nel sottosuolo o di interazioni che si possono creare tra terreno e vibrazioni quest’ultime, anche se prodotti da carichi dinamici regolari, possono essere riflesse e rifratte presentando in questo modo un andamento irregolare soprattutto ad una certa distanza dalla sorgente. Inoltre non è sempre detto che l’andamento dei carichi nel tempo sia sempre definito da un legge nota, che sia essa sinusoidale, rettangolare, triangolare, ecc. e definiti in ampiezza, durata e frequenza, alcuni carichi devono essere definiti statisticamente come ad esempio quelli dovuti al traffico. In questi casi la progettazione diventa ancora più complessa poiché numerose all’incertezze legate all’irregolarità e casualità dei carichi.

2.2 Le onde sismiche

I carichi dinamici applicati al terreno determinano tutta una serie di problematiche nella ricerca della risposta sismica locale e degli effetti che essi inducono nel sottosuolo. Tale variabilità è legata al tipo azione indotta dalla sorgente, che essa sia interna o esterna, alla modalità con cui la perturbazione si diffonde e si modifica nel mezzo e alle caratteristiche geometriche e meccaniche del sottosuolo.

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In generale effetti dinamici sono indotti da vibrazioni meccaniche prodotte dal traffico stradale o ferroviario, da macchine di cantiere, infissione di pali e diaframmi, vento, esplosioni e terremoti. Le vibrazioni meccaniche non sono altro che una forma di energia che si propaga nel mezzo con una certa velocità V secondo fronti d’onda sferico o emisferico imprimendo un moto oscillatorio ai punti del mezzo attorno ad una posizione di equilibrio. Si generano così delle onde di propagazione dette appunto onde sismiche che inducono nel terreno stati di sforzo e di deformazione. Il loro andamento oscillatorio può essere regolare o irregolare a seconda del tipo di sorgente che le ha prodotte e la loro l’intensità tende ad attenuarsi allontanandosi dal punto di innesco a causa della geometria del fronte d’onda e del sottosuolo, dello smorzamento interno e dei fenomeni di rifrazione e rifrazione delle onde.

Per lo studio del moto prodotto da sorgenti naturali si ricorre frequentemente al teorema di

Fourier, poiché in questo caso le onde sismiche presentano un andamento oscillatorio

irregolare. Il metodo consente di descrivere il moto attraverso una sommatoria di un numero finito si oscillazioni armoniche ognuna dei quali viene descritta da parametri elementari come ampiezza 𝐴𝑛 , frequenza 𝑓𝑛, e dalla fase iniziale 𝜑𝑛. Il metodo semplifica notevolmente il problema e attraverso utilizzo del principio di sovrapposizione degli effetti ci permette di descrivere il moto in una serie di vibrazioni armoniche regolari sia in funzione del tempo che della frequenza.

Si distingue la formazione di due famiglie di onde che si differenziano per velocità e tipo di perturbazione che generano nel suolo le onde di volume e le onde di superficie.

2.2.1 Onde di volume

Le onde di volume si propagano all’interno di un mezzo infinitamente esteso secondo fronti di onda sferico di raggio sempre più ampio. Sono contraddistinte a loro volta in due gruppi: le onde “primae”, o onde P, determinano nel mezzo stati deformativi di trazione e compressione volumetrica nella direzione parallela allo spostamento dell’elemento di volume investito dall’onda. Presentano una velocità sempre maggiore rispetto alle altre tipo di onde raggiungendo per prime la superficie libera. Tale velocità dipende sempre dalle caratteristiche meccaniche del mezzo attraversato e non dalla frequenza da cui è caratterizzato il moto.

Le onde “secundae, o onde S, sono invece responsabili delle deformazioni a taglio nella direzione perpendicolare allo spostamento dell’elemento di volume. Il campo degli

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spostamenti indotti da queste onde è generalmente scomposto in due componenti una SH polarizzate nel piano orizzontale e onde SV polarizzate in quello verticale. Hanno velocità di propagazione meno veloce rispetto alle onde P e non si trasmette nei fluidi dal momento che questi non presentano alcuna resistenza a taglio.

Nel caso delle onde S se la vibrazione risulta essere regolata da una legge armonica di frequenza f, la deformazione si ripete nel terreno con una periodicità che risulta proporzionale alla lunghezza d’onda 𝜆 legata alla velocità dalla relazione 𝜆 = 𝑉/𝑓

Per descrivere la propagazione delle onde nel sottosuolo si può partire da una trattazione semplice che prevede il terreno modellato come un mezzo omogeneo, isotropo con comportamento lineare elastico. Se consideriamo un elemento di volume infinitesimo 𝑑𝑥, 𝑑𝑦, 𝑑𝑧 attraversato da onde di volume l’equazione di equilibrio dinamico ci permettono di descrivere il moto nelle tre componenti dello spostamento 𝑢, 𝑣, 𝑤 come:

𝜌𝛿 2𝑢 𝛿𝑡2 = 𝛿2𝜎 𝑥 𝛿𝑥2 + 𝛿2𝜏𝑥𝑦 𝛿𝑦2 + 𝛿2𝜏 𝑥𝑧 𝛿𝑧2 𝜌𝛿 2𝑣 𝛿𝑡2 = 𝛿2𝜏𝑦𝑥 𝛿𝑥2 + 𝛿2𝜎𝑦 𝛿𝑦2 + 𝛿2𝜏𝑦𝑧 𝛿𝑧2 𝜌𝛿 2𝑤 𝛿𝑡2 = 𝛿2𝜏 𝑧𝑥 𝛿𝑥2 + 𝛿2𝜏𝑧𝑦 𝛿𝑦2 + 𝛿2𝜎 𝑧 𝛿𝑧2 (2.1)

Dalle relazioni tra deformazioni e spostamento e dalla legge di Hooke per cui le relazioni tra tensioni e deformazioni nel caso di mezzo isotropo sono funzioni delle costanti di Lamè λ e G si ricava sostituendo nelle equazioni di equilibrio:

𝜀𝑥 =𝛿𝑢 𝛿𝑥 𝜀𝑦 = 𝛿𝑣 𝛿𝑦 𝜀𝑧 = 𝛿𝑤 𝛿𝑧 𝛾𝑥𝑦 =𝛿𝑣 𝛿𝑥+ 𝛿𝑢 𝛿𝑦 𝛾𝑦𝑧 = 𝛿𝑣 𝛿𝑦+ 𝛿𝑤 𝛿𝑧 𝛾𝑧𝑥 = 𝛿𝑢 𝛿𝑧+ 𝛿𝑤 𝛿𝑥 Ω𝑥 = 1 2( 𝛿𝑤 𝛿𝑦 − 𝛿𝑣 𝛿𝑧) Ω𝑦 = 1 2( 𝛿𝑢 𝛿𝑧 − 𝛿𝑣 𝛿𝑥) Ω𝑧 = 1 2( 𝛿𝑣 𝛿𝑥− 𝛿𝑢 𝛿𝑦) 𝜏𝑥𝑦 = 𝐺𝛾𝑥𝑦 𝜏𝑦𝑧 = 𝐺𝛾𝑦𝑧 𝜏𝑧𝑥 = 𝐺𝛾𝑧𝑥 𝜎𝑥= 𝜆𝜀̅ + 2𝐺𝜀𝑥 𝜎𝑦 = 𝜆𝜀̅ + 2𝐺𝜀𝑦 𝜎𝑧 = 𝜆𝜀̅ + 2𝐺𝜀𝑧

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