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Traffico di persone e tratta tra diritto internazionale, europeo ed interno.

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Indice

Introduzione………...5

Capitolo 1

Il traffico internazionale di persone.

1.1 Cenni introduttivi………... 9

1.2 Il

quadro

normativo

internazionale:

la

Convenzione di Palermo contro il crimine

organizzato transnazionale...12

1.3 La nascita della Convenzione: il processo

negoziale………...14

1.4 Applicabilità della Convenzione ed il suo

scopo………...17

1.5 La relazione tra la Convenzione ed i suoi

protocolli……….17

Capitolo 2

La tratta di esseri umani.

2.1 Cenni introduttivi……….…... 22

2.2 Le Fonti internazionali: il Protocollo sulla tratta

degli esseri umani e definizione del fenomeno... 27

2.3 Lo scopo del Protocollo………..………... 32

(2)

2

2.4 La criminalizzazione della tratta e la protezione

delle vittime………..……... 34

Capitolo 3

La tratta di persone nel quadro europeo.

3.1 Cenni introduttivi in merito ai primi strumenti

normativi di contrasto: l’Azione Comune 97/154/GAI

e la Decisione quadro 2002/629/GAI……….. 39

3.2 La Direttiva 2004/81 sul permesso di

residenza………..43

3.3 La Direttiva 2011/36………... 49

 Definizione di tratta

 Misure di assistenza e di protezione

 I minori vittime di tratta

3.4 Le strategie dell’Unione Europea per contrastare

la tratta………..….…….. 58

Capitolo 4

La normativa italiana in ordine alla tratta di persone.

4.1

La

dimensione

giuridica

della

tratta

nell’ordinamento interno: analisi dell’Art.18 del Testo

Unico sull’immigrazione………... 61

(3)

3

4.2 La tutela delle vittime di tratta ex Art.18 D.lgs.

286/98………..………66

4.3 Incidenza della riforma del D.lgs. 24 marzo del

2014 n.24………...………..72

Capitolo 5

Il traffico di migranti.

5.1 Fonte internazionale: il Protocollo sul traffico di

migranti……….……...76

5.2 Lo scopo del Protocollo………...79

5.3 Le forme di prevenzione al traffico irregolare di

migranti………...80

5.4 La criminalizzazione del traffico irregolare di

migranti……….……...82

Capitolo 6

La disciplina europea sul traffico di migranti.

6.1 La Direttiva 2002/90/CE: definizione del reato di

favoreggiamento

dell’immigrazione

clandestina

………...86

6.2 La Decisione quadro 2002/946………..90

(4)

4

6.3 Gli strumenti adottati dall’ Unione Europea per

contrastare il fenomeno………93

Capitolo 7

La normativa italiana e l’immigrazione illegale.

7.1 L’immigrazione illegale in Italia. Analisi del

fenomeno………...101

7.2 Il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina

ai sensi dell’Art.12 del

T.U. 286/98………103

Capitolo 8

Il Traffico di migranti via mare.

8.1 Alcune considerazioni generali……….……...112

8.2

Le

forme

di

prevenzione

e

di

cooperazione………...116

8.3 Le forme di assistenza e di protezione dei migranti

nel Protocollo……….118

Bibliografia……….……….. 122

Sitografia………...125

Ringraziamenti.

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5

Introduzione

Negli ultimi anni i flussi migratori provenienti dai Paesi in via di sviluppo sono aumentati considerevolmente.

In relazione a questo fenomeno, continua a riscontrarsi, da parte degli Stati europei, l’adozione di politiche di ingresso restrittive, decise sia da singoli Stati sia nell’ambito dell’Unione.

L’effetto combinato di questi fattori ha determinato un notevole aumento dell’immigrazione clandestina.

A sua volta, tale aumento ha prodotto e continua a produrre la crescita della pratica illegale nota come “traffico di migranti”.

Dal punto di vista giuridico, il contrabbando di migranti è un fenomeno preoccupante e sempre più in crescita che richiede di essere contrastato. In primo luogo, il traffico di persone rappresenta un problema dal punto di vista umanitario.

A dimostrazione di questo, basti pensare al numero di persone che perdono la vita nel tentativo di essere “trasportati” clandestinamente nell’Unione europea.

Ad oggi, possiamo affermare che il numero di persone arrivate via mare in Italia nel 2017 è di 172.301 con una stima di 3.139 morti.

I dati statistici, aggiornati al 2018, individuano un numero di arrivi pari a 16.178 con una stima di 501 morti.

Gli Stati, creando delle politiche restrittive, hanno contribuito allo sviluppo dell’immigrazione clandestina gestita da organizzazioni criminali.

Tali organizzazioni si configurano come vere e proprie società di servizi in grado di offrire un viaggio dietro pagamento di un corrispettivo. Il migrante viene trattato come una merce senza tenere conto delle condizioni inumane e degradanti in cui è costretto ad affrontare il viaggio.

(6)

6

Al tempo stesso possiamo affermare che il contrabbando di migranti determina gravi pregiudizi, giuridici e di fatto, per gli Stati di destinazione.

Basti pensare alla violazione delle norme interne che regolano i flussi migratori e quindi al pregiudizio della politica migratoria nazionale. Basti pensare anche all’impegno degli Stati per impedire gli ingressi o comunque assistere tali soggetti che giungono sul territorio nazionale in condizioni di emergenza umanitaria.

Per questo motivo, gli Stati hanno sentito l’esigenza di predisporre, nei propri ordinamenti, strumenti di contrasto al traffico di migranti e realizzare una maggiore cooperazione internazionale a livello di attività giudiziaria e polizia.

Quando parliamo di traffico di persone dobbiamo precisare che si tratta di una definizione ad ampio raggio che ricomprende sia la nozione di traffico di migranti che la nozione di tratta di esseri umani.

In queste due tipologie di condotte ciò che cambia è il rapporto che intercorre tra trafficante e trafficato.

Nell’ambito del traffico di migranti i soggetti si rivolgono direttamente alle organizzazioni criminali che gestiscono i traffici.

Nella tratta di esseri umani, invece, i soggetti vengono reclutati dai trafficanti mediante inganno o violenza al solo fine di sfruttarli, approfittando di una situazione di vulnerabilità.

Le altre differenze che possiamo riscontrare sono legate agli elementi strutturali che caratterizzano le condotte in quanto la tratta è connotata da elementi strutturali autonomi rispetto al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Inoltre possiamo affermare che, a seconda dello scopo per cui sono destinati i migranti, cambia l’interesse dei trafficanti.

Di fronte a questa problematica è sintomatico il fatto che, negli ultimi anni, il traffico di persone e le attività coordinate siano diventati oggetto di specifici atti normativi internazionali e comunitari.

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7

Tra gli strumenti internazionali viene analizzata la Convenzione di Palermo contro la criminalità organizzata transnazionale ed i suoi Protocolli addizionali.

A livello internazionale, gli strumenti normativi cercano di dare una definizione univoca delle condotte precedentemente enunciate.

L’obiettivo è quello di creare strumenti che siano in grado di criminalizzare le condotte e predisporre misure di tutela e di prevenzione dei fenomeni che siano uniformi tra le legislazioni dei vari Stati.

Il presente elaborato cerca di approfondire il tema del traffico internazionale di persone, analizzando gli strumenti di diritto internazionale, europeo ed interno.

Si parte da un’analisi del fenomeno della tratta di persone e del traffico di migranti a livello internazionale per poi andare ad esaminare le principali direttive europee.

Le Direttive europee che vengono analizzate legate alla tratta sono la Direttiva 2011/36 concernente la repressione e prevenzione del fenomeno e la Direttiva 2004/81 relativa al permesso di residenza, oltre ai primi strumenti normativi di contrasto.

Con riferimento al traffico di migranti viene esaminata la Direttiva 2002/90 e la Decisione quadro 2002/946.

Gli strumenti europei cercano di dare una definizione dei fenomeni riprendendo quanto affermato dai Protocolli internazionali sia dal punto di vista definitorio, sia dal punto di vista della criminalizzazione delle condotte ed in relazione alle forme di tutela ed assistenza.

In conclusione viene analizzata la normativa italiana con riferimento particolare al Testo Unico sull’immigrazione limitatamente agli articoli di interesse ossia l’Art.18 del D.lgs.286/98 ed l’Art.12 D.lgs.286/98. L’obiettivo di questa tesi è quello di evidenziare come tale fenomeno si sia sviluppato, cercando di analizzare le varie strategie elaborate a livello di Unione Europea per contrastare il traffico di persone.

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8

Queste strategie mirano ad un trattamento delle cause profonde delle migrazioni irregolari attraverso lo sviluppo delle risorse nei Paesi di origine dei flussi.

Si cerca di rafforzare la cooperazione contro il traffico e la tratta dei migranti attraverso il sostegno delle autorità di frontiera dei Paesi di origine e transito.

Inoltre, attraverso una ulteriore cooperazione in ambito di rimpatri mediante campagne informative e si sensibilizzazione dell’opinione pubblica, si potrebbe riuscire a ridimensionare il fenomeno o quanto meno a prevenirlo.

In conclusione possiamo solo affermare che non vi è una soluzione univoca al problema.

Vi è piuttosto la volontà di creare nuove strategie tra i Paesi e rafforzare la cooperazione internazionale in materia.

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9

Capitolo 1

Il traffico internazionale di persone.

Sommario:

1.1 Cenni introduttivi. - 1.2 Il quadro normativo internazionale: la Convenzione di Palermo contro il crimine organizzato transnazionale. – 1.3 La nascita della Convenzione: il processo negoziale. – 1.4 Applicabilità della Convenzione ed il suo scopo. – 1.5 La relazione tra la Convenzione ed i suoi protocolli.

1.1 Cenni introduttivi.

La storia dell’umanità è principalmente una storia di migrazioni, di individui e di popoli che si spostano alla ricerca di un territorio e condizioni di vita migliori.

Negli ultimi decenni, i flussi migratori provenienti dall’Africa e dell’Asia verso i paesi più industrializzati europei sono aumentati considerevolmente ed a fronte di questi flussi i vari paesi hanno sviluppato politiche di ingresso diversificate e restrittive.

L’elaborazione di tali politiche e la ricerca di condizioni di vita migliori hanno portato alla luce un fenomeno che oggi ha acquisito una dimensione mondiale, ossia il traffico di esseri umani, in particolare donne e bambini, ma anche il fenomeno dell’immigrazione clandestina. Tra le principali cause scatenanti possiamo trovare le condizioni di povertà, dovute a continue guerre, in cui vivono gli emigranti nei loro paesi di origine, la disoccupazione o la mancanza di istruzione.

Questo scenario ci permette di capire come vi sia uno squilibrio tra due sistemi: da un lato la ricchezza dei paesi occidentali e dall’altro l’estrema povertà dei paesi in via di sviluppo.

Senza entrare nel merito delle varie politiche migratorie adottate dai vari Stati, è indubbio che le scelte di contenimento di tale fenomeno hanno

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10

contribuito a fare in modo che la criminalità organizzata investisse nella gestione illegale dei flussi.

Il problema che nasce è che le esigenze di diverse condizioni di vita rappresentano la nuova domanda di un mercato illecito all’interno del quale operano le organizzazioni criminali.

Questo significa che ad un divieto di ingresso regolare oltre un determinato numero di stranieri, è seguita l’attivazione di strategie da parte di singoli e di organizzazioni criminali.

La criminalità organizzata, nel contesto migratorio, si è strutturata come una vera e propria società di servizi in grado di garantire un viaggio in cambio di una retribuzione adeguata.

A sua volta questo aumento ha prodotto e continua a produrre la crescita della pratica illegale nota come traffico.

Dal punto di vista giuridico, il traffico di persone si configura come una definizione generale onnicomprensiva all’interno della quale possiamo fare due importanti distinzioni: da un lato il traffico di migranti e dall’altro la tratta di persone.

A fronte di tale incremento del fenomeno, negli ultimi anni si è assistito ad un rinnovato interesse per il tema, con la ricerca di nuovi strumenti con la consapevolezza che si tratti di un fenomeno transnazionale. In questo contesto si colloca l’importanza di dar vita ad uno strumento normativo di carattere internazionale che prenda in considerazione la repressione dei crimini transnazionali nei quali si colloca anche il traffico di persone.

Il risultato finale di questa elaborazione normativa è dato dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale sottoscritta a Palermo nel Dicembre del 2000.1

1 La Convenzione di Palermo sulla criminalità organizzata transnazionale è

stata adottata il 12 dicembre del 2000 ed è entrata in vigore il 29 settembre del 2003.

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11

Questa Convenzione è integrata da tre Protocolli aggiuntivi che definisco i fenomeni della tratta di esseri umani2 e del traffico di

migranti.3

In tali definizioni ciò che cambia è il rapporto che si viene ad instaurare tra trafficante e la persona trafficata, laddove nel traffico di migranti gli individui oggetto dello sfruttamento si rivolgono direttamente ai rappresentanti delle organizzazioni criminali, che offrono garanzie circa l’immigrazione nei paesi scelti.

La tratta di esser umani è caratterizzata da un rapporto diverso, in quanto le persone vengono reclutate dagli organizzatori e gestori del traffico attraverso l’inganno, violenza o ricatto per rispondere ad una domanda di mercato esistente nei paesi di destinazione.

I due Protocolli aggiuntivi alla Convenzione di Palermo mirano a criminalizzare tali condotte e fornire delle misure che siano tali da prevenire lo sviluppo dell’immigrazione clandestina.

Dal punto di vista comunitario, possiamo dire che la lotta al traffico di esseri umani rientra, da tempo, nelle priorità dell’Unione Europea. Sono state, infatti, elaborate forme di cooperazione amministrativa, giudiziaria e di polizia le quali si diversificano a seconda degli Stati adottanti tali misure.

L’obiettivo è sicuramente quello di instaurare una cooperazione tra i vari Stati, per cercare di ovviare al problema dell’immigrazione clandestina; problema oggi sempre più dilagante.

Il presente capitolo mira ad analizzare come si siano sviluppate le varie forme di traffico, soprattutto il quadro normativo internazionale

2 Adottato dall'Assemblea Generale con Risoluzione A/RES/55/25 del 15

novembre 2000. Entrata in vigore il 25 dicembre 2003. Stati Parti al 1° Gennaio 2017: 170.

3 Concluso a New York il 15 novembre 2000, approvato dall'Assemblea

federale il 23 giugno 2006, ratificato con strumenti depositati dalla Svizzera il 27 ottobre 2006. Entrato in vigore per la Svizzera il 26 novembre 2006.

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12

all’interno del quale queste debbano essere collocate, analizzando la problematica in relazione ai recenti sviluppi del fenomeno della tratta di esseri umani e del traffico dei migranti.

1.2 Il

quadro

normativo

internazionale:

la

Convenzione di Palermo contro il crimine

organizzato transnazionale.

Il principale riferimento normativo, a livello universale, contro il crimine organizzato transnazionale è rappresentato dalla Convenzione delle Nazioni Unite meglio conosciuta come Convenzione di Palermo4. La Convenzione delle Nazioni Unite si presenta come un insieme organizzato di norme che, sistematicamente, sono finalizzate alla cooperazione internazionale tra Stati per la lotta alla criminalità organizzata.

Contiene degli obblighi di incriminazione nelle varie legislazioni nazionali per le quattro categorie di reati ossia partecipazione ad organizzazioni criminali, riciclaggio, corruzione ed ostruzione alla giustizia5.

La Convenzione si compone di 41 articoli e tali disposizioni possono essere suddivise in vari gruppi:

1. Norme concernenti la criminalizzazione di determinati reati.6 2. Norme contenenti sanzioni, criteri di responsabilità penale.7 3. Norme in tema di cooperazione internazionale giudiziaria e di

polizia.8

4 Convenzione delle Nazioni Unite sulla criminalità organizzata

transnazionale, adottata il 12 dicembre 2000, entrata in vigore il 29 settembre 2003.

5 E. Rosi, Criminalità organizzata transnazionale e sistema penale italiano,

Milano, 2007, p.22;

6 Convenzione delle Nazioni unite sulla criminalità organizzata

transnazionale, art.5,6,8,23;

7Idem.., art.10,11,12,15,20;

(13)

13

4. Norme sulle misure di prevenzione alla criminalità organizzata.9 5. Norme miranti al rafforzamento delle capacità delle istituzioni

nazionali preposte all’azione di contrasto

6. Norme di cooperazione giudiziaria, diversa da quella di polizia

Questi gruppi di norme individuano l’oggetto della Convenzione e gli impegni che si sono assunti i vari Stati, ma è necessario tenere presente che le due finalità principali per le quali è nata sono legate al rafforzamento della lotta contro la criminalità organizzata ed il rafforzamento delle misure di cooperazione tra gli Stati.

In tal modo la Convenzione è stata in grado di creare un serie di norme omogenee che possono essere applicate dai vari Stati, incoraggiando quelli che ancora non hanno fattispecie incriminatrici ad adottarle. La Convenzione è completata da tre protocolli aggiuntivi riguardanti attività specifiche di criminalità organizzata che assumono il carattere della transnazionalità.

Tali protocolli riguardano rispettivamente il traffico di migranti, la tratta di esseri umani con riferimento particolare a donne e bambini ed infine il traffico di armi da fuoco.

1.3 La nascita della Convenzione: il processo

negoziale.

La Convenzione di Palermo del 2000 rappresenta il risultato finale di un lungo percorso normativo costituito da precedenti europei di notevole importanza; il più rilevante tra questi è la Conferenza di Napoli del 1994. Fu proprio intorno agli anni 90 che il tema della lotta alla criminalità organizzata assunse un carattere prioritario.

(14)

14

Il motivo per cui vi fu un interesse da parte delle istituzioni europee fu l’apertura delle frontiere, elemento che era visto come un motivo di favoreggiamento allo sviluppo della criminalità organizzata.10

Nel 1994, in uno scenario favorevole, ma non ancora del tutto stabilizzato, le Nazioni Unite riuscirono ad organizzare una conferenza che rappresentò una tappa di avvicinamento fondamentale a quella che sarà poi la Conferenza di Palermo del 2000.

La Conferenza cercò di dare vita ad un piano organizzativo globale di contrasto alla criminalità, ma all’inizio non ebbe successo poiché molti stati erano diffidenti sulla sua possibilità di funzionamento11.

Il secondo punto di svolta si ebbe nel 1998, anno in cui venne creata la commissione ad hoc dall’Assemblea Generale la quale fu incaricata di elaborare il testo della Convenzione.12

Con la risoluzione 53/114 del 9 dicembre del 1998, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite invitò il neo-istituito Comitato ad hoc per l’elaborazione della Convenzione.

Il comitato iniziò a riunirsi nella sede delle Nazioni Unite a Vienna nel gennaio del 1999.

Il mandato del comitato13richiedeva, oltre all’elaborazione della

Convenzione, dei protocolli supplementari in materia di traffico di persone, traffico di armi da fuoco e traffico di migranti.

Inizialmente il Protocollo sulla tratta di persone fu rivolto allo sfruttamento di donne e bambini e questo comportò un ampliamento dell’area di tutela.

Inoltre vennero introdotte forme di tutela per lo sfruttamento derivante non solo da prostituzione e/o detenzione di materiale pedopornografico,

10 E. Rosi, Criminalità organizzata transnazionale e sistema penale italiano,

Milano IPSOA, 2007,

11E. Rosi, op.cit.; pag.9-10;

12 Risoluzione dell’Assemblea Generale 53/111 del 9 dicembre 1998; 13 Risoluzione dell’Assemblea Generale 53/126 del 17 dicembre 1999;

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15

ma anche sfruttamento del lavoro forzato ed altre forme di coercizione fisica.

In parallelo, il Protocollo sul traffico dei migranti fu introdotto per cercare di trovare soluzioni al fenomeno di quelle che erano definite “carrette dei mari” che transitavano nel Mediterraneo.14

Il comitato tenne 11 sessioni tra il 1999 ed il 2000.

I lavori vennero prevalentemente presieduti da diplomatici italiani e parteciparono delegazioni di oltre 100 Stati membri delle Nazioni Unite. Furono organizzate sessioni plenarie che deliberavano in relazione al testo normativo ed infine vi fu un’ultima sessione di revisione.15

Insieme alla Convenzione, nel 2006, furono pubblicati gli “Interpretative notes” ossia le “Note interpretative”.

Tali note rappresentavano e rappresentano ancora oggi dei commenti esplicativi alle disposizioni normative che sono state adottate dalle varie commissioni ad hoc su aspetti tecnico - giuridici delle norme.

Vennero pubblicati anche i “Travaux Préparatoires”,16 tali lavori si configuravano come esplicativi di disposizioni e vengono usati ancora oggi come mezzo secondario di interpretazione.

La Convenzione venne adottata per consenso dei paesi firmatari e fu adottata dalla 55° sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite con la risoluzione 55/25 del 15 novembre del 2000 ed entrò in vigore il 29 settembre del 2003.

Alla Conferenza di Palermo, aperta dal segretario delle Nazioni Unite e dal Presidente della Repubblica Italiana hanno partecipato le delegazioni di 148 paesi, 14 capi di stato e 110 ministri della giustizia o dell’interno.

14 E. Rosi, Criminalità organizzata transnazionale e sistema penale italiano,

Milano IPSOA, 2007.

15 E. Rosi, op.cit., Milano, 2007,

16 Travaux Préparatoires for the Organized Crime Convention and its

(16)

16

La Convenzione è stata sottoscritta da 121 stati membri delle Nazioni Unite, il Protocollo contro la tratta è stato sottoscritto da 80 stati ed il Protocollo contro il traffico di migranti da 79 stati.

In Italia, la Convenzione di Palermo è entrata in vigore il 29 settembre del 2003 e nel 2007 risultava firmata da 147 stati e ratificata da 131, il Protocollo contro la tratta è entrato in vigore il 25 dicembre del 2003 e firmato da 117 stati e ratificato da 111 stati; il Protocollo contro il traffico dei migranti è entrato in vigore il 28 gennaio del 2004 e risulta firmato da 112 stati e ratificato da 105 stati.

La Convenzione di Palermo entra in vigore in Italia con la l. 16 marzo 2006, n.146.17

In conclusione si potrebbe affermare che la Convenzione di Palermo non è altro che il risultato della conversione di due distinte prospettive: da un lato il concetto di transnazionalità18 ed il bisogno di rafforzare la cooperazione internazionale e dall’ altro l’esigenza sempre più importante di contrastare la criminalità organizzata mediante un riconoscimento a livello globale delle condotte denotate da caratteri di pericolosità.

17 E. Rosi, op.cit., Milano, 2007,

18 Art.3 par.2 Convenzione di Palermo: ambito di applicazione (1) La presente

Convenzione si applica, salvo disposizione contraria, alla prevenzione, investigazione e all’esercizio dell’azione penale per: a) i reati stabiliti ai sensi degli articoli 5, 6, 8 e 23 della presente Convenzione; e b) i reati gravi, come da articolo 2 della presente Convenzione; laddove i reati sono di natura transnazionale e vedono coinvolto un gruppo criminale organizzato. (2) Ai fini del paragrafo 1 del presente articolo, un reato è di natura transnazionale se: a) è commesso in più di uno Stato; b) è commesso in uno Stato, ma una parte sostanziale della sua preparazione, pianificazione, direzione o controllo avviene in un altro Stato; c) è commesso in uno Stato, ma in esso è implicato un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno Stato; o d) è commesso in uno Stato ma ha effetti sostanziali in un altro Stato

(17)

17

1.4 Applicabilità della Convenzione ed il suo scopo.

La Convenzione è uno strumento di cooperazione internazionale.19 L’Art.1 della Convenzione stabilisce che lo scopo “è di promuovere la cooperazione per prevenire e combattere il crimine organizzato transnazionale in maniera più efficace.”20

Tale scopo rappresenta il vero fondamento della Convenzione e proprio per questo, sono state create delle definizioni comuni di riferimento. L’obiettivo è quello di poter criminalizzare, in modo omogeneo tra i vari stati, determinati tipi di condotte che si configurano penalmente rilevanti.

Il nucleo di obbligazioni create dalla Convenzione è la criminalizzazione.21

Per poter applicare tale strumento normativo devono essere rispettati tre pre-requisiti:

 I reati rilevanti devono essere reati transnazionale22

 I reati devono riguardare gruppi criminali organizzati23

 I reati devono costituire un serio crimine.

Questi requisiti sono definiti a grandi linee, in modo tale da permettere ai vari Stati di indirizzare la criminalizzazione di condotte ricomprendenti anche il traffico di persone.

1.5 La relazione tra la Convenzione ed i suoi

protocolli.

I Protocolli addizionali alla Convenzione si definiscono tali non tanto perché aggiungono qualcosa in più rispetto alla Convenzione.

19 Patricia Mallia, Migrant smuggling by the sea, Leiden Boston, 2010; 20 Art. 1 Convenzione di Palermo sul crimine organizzato transnazionale; 21 Patricia Mallia, Migrant smuggling by the sea, Leiden Boston, 2010 22 Art. 3 Convenzione di Palermo sul crimine organizzato transnazionale; 23 Art. 2 Convenzione di Palermo sul crimine organizzato transnazionale;

(18)

18

Se vogliamo essere più precisi, il termine inglese corrente che viene utilizzato per definirli è “supplementing”, ma in questo caso non presuppone che il rimedio supplementare sia concepito per colmare debolezze o carenze.

In realtà, tali Protocolli sono nati con lo scopo di porre un’attenzione maggiore a reati diversi dalle quattro categorie accolte dalla Convenzione.

Nel corso delle trattative, infatti, alcune delegazioni dei paesi firmatari avrebbero incontrato la necessità di analizzare in modo più approfondito categorie di reati che riguardavano maggiormente la loro realtà; è proprio da addurre a tali problematiche il motivo per cui nacquero.24 Tutti i protocolli annessi alla Convenzione sono caratterizzati dai seguenti elementi:

 È espressamente previsto che si possa diventare parte dei Protocolli solo se si è parte della Convenzione;

 In ciascun Protocollo si stabiliscono obblighi di criminalizzazione di condotte specificamente alle materie trattate; la finalità è quella di prevenire e reprimere la commissione di tali reati che abbiano il carattere della transnazionalità;

 Le misure nazionali e di cooperazione internazionale vengono applicate anche al campo di applicazione dei Protocolli;

 Ciascun Protocollo contiene misure ulteriori le quali non apportano deroghe a quelle previste dalla Convenzione; ma si definiscono aggiuntive.25

24 La stessa Italia è stata una delle nazioni che, nonostante fosse una sostenitrice

della Convenzione, ha proposto insieme all’Austria uno strumento tale da contrastare la questione del traffico dei migranti.

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19

Il rapporto che intercorre tra la Convenzione ed i Protocolli addizionali è regolato dall’Art.1 di ciascun protocollo e dall’Art.37 della stessa Convenzione.26

L’Art.37 disciplina il “principio di non autonomia” dei Protocolli quindi da questo si evince l’obbligo di interpretazione uniforme in relazione alla Convenzione, ed impedisce agli Stati di essere vincolati dai Protocolli senza aver assunto lo stesso tipo di rapporto con la stessa. I reati che vengono contemplati dai Protocolli, salvo deroghe espresse, richiamano le categorie di reati previsti dalla Convenzione.

La Convenzione è uno strumento che è in grado di funzionare anche da solo senza nessun richiamo normativo.

A dimostrazione della sua autonomia, possiamo affermare che gli stati possono essere liberi di ratificare la Convenzione senza che necessariamente abbiano ratificato gli altri protocolli.

Non è possibile affermare il contrario e cioè che gli Stati possono ratificare solo i protocolli, presupposto di tale affermazione è da rinvenire negli articoli precedentemente citati27.

Ai sensi dell’Art.1 del Protocollo sulla tratta di persone28 le norme

previste dalla Convenzione si applicano, mutatis mutandis, al

26 Art. 37 Relazione con i protocolli (1) Alla presente Convenzione possono

essere aggiunti uno o più protocolli. (2) Al fine di diventare Parte di un protocollo, uno Stato o un’organizzazione regionale d’integrazione economica deve essere anche Parte della presente Convenzione. (3) Uno Stato Parte della presente Convenzione non è vincolato da un protocollo, a meno che non diventi Parte del protocollo in conformità con le relative disposizioni. (4) Ciascun protocollo aggiuntivo di questa Convenzione deve essere interpretato unitamente a questa Convenzione, tenendo in considerazione gli scopi di quel protocollo;

27 Art. 37 Convenzione di Palermo;

28 Art. 1: Relazione con la Convenzione delle Nazioni Unite contro la

criminalità organizzata transnazionale: (1) Il presente Protocollo integra la Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale. Esso è interpretato unitamente alla Convenzione. (2) Le disposizioni della Convenzione si applicano, mutatis mutandis, al presente Protocollo, salvo disposizione contraria. (3) I reati previsti conformemente all’articolo 5 del presente Protocollo sono considerati come reati previsti ai sensi della Convenzione.

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Protocollo; tale terminologia deve essere intesa nel senso che possono essere apportate delle modifiche interpretative a seconda della situazione.

Lo stesso tipo di ragionamento può essere fatto anche in relazione all’Art.1 del Protocollo sul traffico dei migranti29 il quale riprende la

dicitura del Protocollo sulla tratta.

Con riferimento ai requisiti di applicazione sopra enunciati è necessario fare una precisazione, ossia che la prova della transnazionalità non è richiesta per la “tratta interna”; inoltre non è richiesta la prova del coinvolgimento della criminalità organizzata quando questa riguarda un singolo paese.

La conclusione a cui arriviamo può essere desunta da un’interpretazione letterale e sistematica dell’Art.4 ed Art.5 del Protocollo sulla tratta. Ad ulteriore dimostrazione del rapporto di specialità che intercorre tra la Convenzione ed il Protocollo sul traffico di migranti possiamo richiamare l’Art.4 di quest’ultimo, nella parte in cui rinvia al concetto di transnazionalità e di criminalità organizzata previsto nella Convenzione.30

29 Art. 1 Relazione con la Convenzione delle Nazioni Unite contro la

criminalità organizzata transnazionale (1) Il presente Protocollo integra la Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale. Esso è interpretato unitamente alla Convenzione. (2) Le disposizioni della Convenzione si applicano, mutatis mutandis, al presente Protocollo, salvo disposizione contraria. (3) I reati previsti conformemente all’articolo 6 del presente Protocollo sono considerati come reati previsti ai sensi della Convenzione.

30 Per comprendere tale rapporto basti pensare al fatto che nell’ambito della

Convenzione abbiamo un richiamo solo descrittivo dello scopo e dell’oggetto di tali strumenti internazionali.

Ad esempio, la Convenzione si limita a perseguire e reprimere la criminalità organizzata senza andare a dettare specifiche norme per criminalizzare attività illegali come il traffico dei migranti.

Il Protocollo, sotto questo punto di vista, mira ad imporre agli stati degli obblighi di criminalizzazione della condotta stessa del traffico; l’art.4 di tale Protocollo non aggiunge disposizioni che regolano la cooperazione, ma individua obblighi di criminalizzazione per gli stati.

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Viene effettuato un richiamo delle finalità comuni di questi due strumenti, l’obiettivo primario è sicuramente la lotta alla criminalità organizzata, ma il Protocollo sul traffico individua un minimo regime di obbligo a carico degli stati.

E’ il comportamento illecito individuato a livello internazionale ad assumere rilevanza a livello interno.

Ciò che caratterizza la condotta penalmente rilevante viene individuata dalla Convenzione nel momento in cui indica quelli che sono i connotati di un reato transnazionale e di criminalità organizzata tra cui rientra anche il traffico di migranti.

Il Protocollo individua delle norme più specifiche in relazione alle condotte che devono essere criminalizzate riguardo le attività di traffico.31

Ci troviamo di fronte a strumenti normativi che sono legittimati ad esplicare effetti in modo congiunto, applicando il rinvio formale alle disposizioni omogenee, ma anche effetti complementari autonomi in base alle proprio disposizioni specifiche previste.32

A conclusione possiamo affermare che la Convenzione si definisce come uno strumento di portata ampia, che non comprime lo strumento a contenuto specifico ossia i Protocolli.

Il rapporto che intercorre tra di essi può essere rinvenibile in una sorta di criterio di specialità tra entrambi gli strumenti normativi.

31 Basti pensare allo stesso art.4 del Protocollo sul traffico di migranti il quale

disciplina gli obblighi di criminalizzazione nei confronti degli stati parte.

32 Vedi art.4 Protocollo sul traffico dei migranti ed art.4 Protocollo sulla tratta

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Capitolo 2

La tratta di esseri umani.

Sommario:

2.1 Cenni introduttivi. – 2.2 Le fonti internazionali: il Protocollo sulla tratta di esseri umani e definizione del fenomeno. - 2.3 Lo scopo del Protocollo. – 2.4 La criminalizzazione della tratta e la protezione delle vittime.

2.1 Cenni introduttivi

Prima di poter parlare di tratta di esseri umani è necessario fare una precisazione terminologica in quanto la tratta si colloca come specificazione di una definizione più ampia cioè il traffico internazionale di persone.

L’espressione “traffico internazionale di persone” viene utilizzata per indicare una serie di attività delittuose che si basano sul trasferimento di immigrati clandestini da uno Stato ad un altro.

In tale ambito criminale, devono essere effettuate due distinzioni di tipologie delittuose: il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e la tratta di persone.

Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un aumento di tali fenomeni in relazione al fatto che, proprio il trasferimento illegale di persone, è diventato il nuovo oggetto di un mercato gestito da organizzazioni criminali.

Al trasferimento da uno Stato ad un altro, possono seguire condotte criminose che risultano finalizzate allo sfruttamento di immigrati clandestini.

Le vittime del traffico sono persone che cercano condizioni di vita migliori, oppure spesso donne e bambini che vengono attirati con l’inganno.

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Le cause da cui scaturisce il traffico di esseri umani possono essere ricondotte a due categorie:

1) “Push factors” ossia i fattori di espulsione33, 2) “Pull factors” ossia i fattori di attrazione34.

Sulla base di dati statistici possiamo dire che, secondo lo studio di EUROSTAT, nel triennio 2010-201235 sono state registrate nei Paesi membri dell’Unione Europea 30.146 vittime, delle quali l’80% di sesso femminile.

La relazione, pubblicata nel maggio 2016, della Commissione al Parlamento Europeo e al Consiglio sui progressi compiuti nella lotta alla tratta evidenzia che le tendenze per il periodo 2013-2014 sono coerenti con i dati forniti da EUROSTAT: in totale vi sono stati 15.846 casi di vittime “registrate”, tra quelle accertate e presunte, delle quali il 76% di sesso femminile e il 67% coinvolte nello sfruttamento sessuale.

Il rapporto di UNODC36, pubblicato nel 2016, denuncia la gravità del fenomeno a livello mondiale, confermando il persistente traffico a scopo di sfruttamento sessuale delle donne nigeriane verso l’Europa.37

In linea generale, a differenza del traffico di migranti, la tratta di persone è caratterizzata da un impegno più pervasivo del soggetto criminale che recluta e sfrutta, utilizzando lo strumento della violenza, fisica e psicologica, su un soggetto vulnerabile38.

33 Tra i vari fattori di espulsione possiamo individuare le condizioni di povertà

e la condizioni di vita in cui versano i paesi sottosviluppati;

34 I fattori di attrazione sono quelli che spingono le persone a ricorrere ad

organizzazioni criminali per raggiungere i paesi occidentali;

35 Eurostat working paper on trafficking in human beings,

https://ec.europa.eu/anti- trafficking/sites/antitrafficking/files/trafficking_in_human_beings_-_dghome-eurostat_en_1.pdf

36 UNODC Global Report on trafficking in persons, 2016,

https://www.unodc.org/documents/data-and-analysis/glotip/2016_Global_Report_on_Trafficking_in_Persons.pdf

37 https://www.unhcr.it

38 David Mancini, “Traffico di migranti e tratta di persone”, Milano, Angeli,

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La tratta è connotata da elementi strutturali autonomi rispetto al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, ciò che cambia in primo luogo è il rapporto che intercorre tra trafficato e trafficante. Nell’ambito del favoreggiamento dell’immigrazione clandestina il rapporto che intercorre tra trafficante e trafficato si esaurisce nel momento in cui il soggetto arriva nello Stato di destinazione.

Nell’ambito della tratta di persone il rapporto tra trafficante trafficato non si esaurisce subito, ma può perdurare per un periodo di tempo non quantificato finalizzato allo sfruttamento della persone nello stato di destinazione.

Oggi il fenomeno della tratta di persone viene riconosciuto come “modern slavery” cioè una forma di schiavitù moderna.

Come già precedentemente affermato, la schiavitù moderna si basa su una domanda ed un’offerta inesauribile cioè la merce persona.

Per poter avvalorare questa tesi viene fatta leva sul modo in cui viene utilizzato il corpo umano che viene sfruttato con una maggiore intensità rispetto al passato.

Di fronte a quella che è la teoria più comunemente diffusa di considerare la tratta come una forma di moderna schiavitù39 si sono affiancate tesi

minoritarie che invece si discostano da tale concezione.

Queste tesi che si sono sviluppate nel tempo, sono partite da una interrogativo cioè cercare di comprendere se la nozione di moderna schiavitù ricomprendesse ogni tipologia di caso.

La risposta è stata negativa.

E’ stato fatto un riferimento ad una sentenza della Corte dei diritti dell’uomo40 all’interno della quale viene distinto il concetto di schiavitù

39 Oggi la tratta viene comunemente ricondotta alle fattispecie tipizzate

dall’art.600 del codice penale a seguito delle modifiche.

Due sono stati gli interventi legislativi che hanno rivisto tale norma: legge n. 228 del 2003 ed il d.lgs. n. 24 del 2014;

40La sentenza della Corte dei diritti dell’uomo a cui viene fatto riferimento è

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con il concetto di servitù, dire che vi sia una non implica che vi sia l’altra.

Se definiamo la tratta di persone come una grave forma di reato significa che ho delle vittime, ma se definiamo la tratta come una forma di schiavitù tale definizione non riconosce alcuna categorie di soggetti come vittime che rimangono escluse da una tutela a livello internazionale.

Da questi dati e da queste considerazioni gli Stati hanno deciso di trovare delle soluzioni a questo problema che ancora oggi non può definirsi sotto controllo.

Non esistono ancora fonti sufficienti che riescano ad individuare con precisione i dati numerici del fenomeno o che definiscano le modalità utilizzate dalle organizzazioni criminali nella pratica.

Tale difficoltà è dovuta ai cambiamenti a cui è sottoposta la tratta con riferimento ai soggetti, mezzi e destinazioni.

Di fronte ad una situazione del genere, la maggior parte degli stati ha ratificato oltre alla Convenzione di Palermo anche i Protocolli addizionali che individuano le figure del “trafficking in person” e dello “smuggling of migrants”.

A livello internazionale le fonti normative di riferimento sono rappresentate dal Protocollo di Palermo e la decisione del Consiglio d’Europa sulla lotta alla tratta di esseri umani firmata a Varsavia nel 2005.41

41 La Convenzione del Consiglio d’Europa “Azione contro il traffico di esseri

umani” è stata adottata il 16 maggio del 2005 a Varsavia.

Tale strumento normativo ha come obiettivo principale la protezione dei diritti umani delle vittime.

Questo comporta un ampliamento del campo di applicazione rispetto alla Convenzione ONU contro la criminalità organizzata transnazionale e al suo Protocollo aggiuntivo.

La Convenzione del Consiglio d’Europa estende il suo campo di azione a tutte le forme di traffico di esseri umani, sia quelle che avvengono in un contesto di criminalità organizzata, sia quelle che vengono gestite nell’ambito dei rapporti familiari o personali.

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A livello regionale quindi a livello europeo il fenomeno della tratta è considerato come una delle più importanti violazioni dei diritti umani in particolar modo della dignità umana.

Le fonti normative di riferimento sono rappresentate da due direttive:  Direttiva 2004/81/CE sul titolo di soggiorno da rilasciare ai

cittadini di paesi terzi vittime di tratta di esseri umani o coinvolti in azione di favoreggiamento dell’immigrazione illegale che cooperino con le autorità competenti,

 Direttiva 2011/36/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 5 aprile 2011 concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime.

Questa Convenzione si applica ai casi di traffico internazionale di persone, ma anche ai casi di forme di traffico che non comportano lo spostamento oltre i confini di uno Stato.

La definizione di traffico adottata nella Convenzione riprende quella del Protocollo.

Possiamo affermare che, rispetto al Protocollo, la Convenzione del Consiglio non introduce elementi nuovi rispetto alle misure relative ai controlli di frontiera, procedure di indagine, alla giurisdizione o cooperazione internazionale.

Gli aspetti più innovativi riguardano le norme relative alla prevenzione, protezione ed assistenza delle vittime.

Tra tali misure, possiamo menzionare la diffusione dell’informazione sulle condizioni per l’immigrazione legale (Art.5 Par.4).

Oltre a queste, possiamo citare l’Art.6 dedicato alle misure volte a ridimensionare le domande che alimentano lo sfruttamento, specialmente di donne e minori.

Vengono introdotte norme relative alla criminalizzazione dell’uso dei servizi legati allo sfruttamento nel quadro del traffico.

Sono previsioni non riferite solo allo sfruttamento sessuale, ma anche lavorativo.

In questo modo la norma apre la strada sia alla criminalizzazione dei clienti che acquistano servizi che hanno oggetto le persone trafficate, sia i datori di lavoro che usano le prestazioni lavorative delle vittime di traffico.

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2.2 Le fonti internazionali: il Protocollo sulla tratta

degli esseri umani e definizione del fenomeno.

Il Protocollo sul traffico di persone nasce in una fase già avanzata del negoziato sulla Convenzione contro la criminalità organizzata.42

Nella prima fase vi era un solo Protocollo che regolava lo “smuggling” cioè il traffico di migranti, solo in un momento successivo è stato concepito il protocollo sul “trafficking”.

Quasi la metà degli Stati che hanno sottoscritto la Convenzione, non ha però sottoscritto tale Protocollo che nella sua dicitura è intitolato “Protocollo addizionale alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale, per prevenire, reprimere e punire la tratta, in particolare di donne e bambini”.43

A norma del Protocollo la tratta indica (Art.3):

“Il reclutamento, trasporto, trasferimento, l’ospitare o accogliere persone, tramite la minaccia o l’uso della forza o di altre forme di coercizione, di rapimento, frode, inganno, abuso di potere o di una posizione di vulnerabilità o tramite il dare o ricevere somme di danaro o vantaggi per ottenere il consenso di una persona che ha autorità su un’altra a scopo di sfruttamento. Lo sfruttamento comprende, come minimo, lo sfruttamento della prostituzione altrui o altre forme di sfruttamento sessuale, il lavoro forzato o prestazioni forzate, schiavitù o pratiche analoghe, l’asservimento o il prelievo di organi”. 44

La tratta è caratterizzata da una domanda e da un profitto attraverso lo sfruttamento di persone caratterizzate da vulnerabilità dove in questo caso vulnerabilità significa che la persona non ha nelle mani il proprio destino.

42 E. Rosi, Criminalità organizzata transnazionale e sistema penale italiano,

Milano, 2007;

43 L’Italia ha ratificato la Convenzione ONU con la legge 16 marzo 2006 n.

146;

44http://www.asgi.it/wpcontent/uploads/public/protocollo.addizionale.tratta.it.

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L’Art.3 del Protocollo dà una definizione di tratta riconosciuta a livello internazionale, da questa possiamo individuare gli elementi costitutivi del fenomeno:

 La condotta  I mezzi  Lo scopo.

Per quanto riguarda il primo punto la condotta consiste nel reclutamento di persone, trasporto, trasferimento oppure ospitare, accogliere persone. Questi elementi che caratterizzano la tipologia di condotta non sono considerati cumulativi.

Per quanto attiene al secondo punto cioè i mezzi, il Protocollo fa espressamente riferimento alla minaccia, violenza fisica e/o psicologica, uso della forza o altre forme di coercizione, rapimento, frode, inganno o abuso di potere o di una posizione di vulnerabilità della persona. Il “trafficking” si configura come un reato a forma vincolata proprio perché è condizionata all’ uso di certi mezzi come quelli sopra elencati.45

Per quanto riguarda i mezzi coercitivi quali “le altre forme di coercizione” si fa riferimento a forme di condizionamenti che fanno leva sulla persona che proviene da paesi sottosviluppati.46

La minaccia non deve necessariamente trattarsi di una minaccia esplicita, ma si può fare riferimento anche ad una situazione che crea il trafficante oppure trae vantaggio da una situazione preesistente che incute timore nei confronti della persona.

45E. Rosi, Criminalità organizzata transnazionale e sistema penale italiano,

Milano, 2007,

46 Le forme di coercizione utilizzate riguardano quelle credenze religiose o

quei riti tribali che sono in grado di influire sulle convinzioni di una persona e che fanno pensare di non avere nessun altra possibilità.

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Quando parliamo di frode o di inganno facciamo riferimento a quelle condotte che determinano nella persona un convincimento erroneo circa l’elemento del progetto migratorio.47

Per quanto riguarda invece l’abuso di potere o lo sfruttamento della posizione di vulnerabilità vi sono dei problemi interpretativi.

La nozione di vulnerabilità deve essere intesa in senso ampio, in relazione a qualunque situazione oggettiva connessa a condizioni fisiche, psicologiche o della situazione familiare.48

L’ultimo elemento costitutivo della tratta è caratterizzato dagli scopi illeciti e per essere più precisi lo sfruttamento della prostituzione altrui o sessuale, del lavoro o pratiche analoghe, o per il prelievo di organi.49 In generale i casi di sfruttamento che sono più diffusi sono legati alla tratta a fini di sfruttamento sessuale e sfruttamento lavorativo.

Si tratta di forme di sfruttamento soggettivo che hanno come obiettivo la limitazione della libertà personale dell’immigrato e che violano la dignità della persona.

I soggetti in questione, nella maggior parte dei casi, sono totalmente estranei da tali finalità.

47 Per fare un esempio possiamo prendere in considerazione la persona che

viene ingannata con la promessa di una lavoro regolare nel paese di destinazione, ma in realtà sarà destinata alla prostituzione.

48 Molto spesso viene utilizzata la situazione familiare della persona, vittima

di tratta, per mettere una pressione psicologica tale per cui quel soggetto non ha nessun’altra possibilità.

Un altro caso tipico dell’abuso della posizione di vulnerabilità è data da quella situazione in cui il trafficante trae vantaggio da una posizione debitoria, in genere si tratta del debito contratto per l’ingresso illegale in un altro Stato.

49 Lo sfruttamento della prostituzione altrui e la altre forme di sfruttamento

sessuale vengono definite all’ interno del Protocollo sulla tratta.

Le norme della Convenzione non interferiscono con le varie legislazioni nazionali che disciplinano il fenomeno in quanto tale.

Alcune legislazioni prevedono la depenalizzazione, altre la legalizzazione ed altre la criminalizzazione dei clienti.

Poste le varie legislazioni nazionali, il Protocollo non richiede che gli Stati modifichino le proprie norme, ma obbliga gli Stati a considerare lo scopo dello sfruttamento come penalmente rilevante.

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Nel proseguire l’analisi degli elementi costitutivi della tratta un piccolo cenno deve essere fatto con riferimento al consenso della vittima. L’espresso consenso della vittima è irrilevante qualora venga utilizzato almeno uno dei mezzi coercitivi sopra elencati.

L’ Onu ha evidenziato, in un recente rapporto, che il consenso può essere utilizzato per comprendere meglio la differenza tra le due tipologie di condotte legate al traffico ed alla tratta.

La vittima di traffico è consenziente e quindi sa le condizioni pericolose e degradanti del viaggio.

La presenza del consenso non determina, però, una responsabilità a carico del migrante clandestino secondo il Protocollo di riferimento.50 La vittima di tratta non è consenziente in relazione alle condizioni. La persona può essere considerata consenziente in un primo momento cioè prima ancora di intraprendere il viaggio o nelle battute inziali di questo.

Il consenso viene meno e diventa irrilevante ai fini di una criminalizzazione nel momento in cui durante il viaggio la persona è sottoposta a sfruttamento o violenza.

Questa precisazione viene fatta per capire come mai il consenso della persona sia considerato irrilevante.

Gli strumenti che vengono utilizzati sono talmente violenti e degradanti della dignità umana che non si può pensare al fatto che una persona si sottoponga consapevolmente a tale trattamento.

Viene fatta un’ulteriore precisazione che concerne il minore vittima di tratta.

Nel caso dei minorenni sussiste il reato di tratta al di là degli strumenti coercitivi utilizzati.

50 Questa affermazione viene avvalorata dall’Art.5 del Protocollo sul traffico

di migranti in quanto prevede la non perseguibilità di una persona quando questa risulta essere stata oggetto di atti commessi da gruppi criminali organizzati e di natura transnazionale.

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Abbiamo precedentemente affermato che gli elementi costitutivi della tratta sono tre cioè atto, mezzi e scopo quindi la domanda che ci poniamo è: perché nel caso dei minori il reato sussiste senza che necessariamente siano usati i mezzi coercitivi?

La risposta è da rinvenire nella condizione di vulnerabilità del soggetto stesso in quanto minore, quindi se vi è l’atto e lo scopo questo significa che vi è la tratta.

La definizione che viene data dall’Art.3 del Protocollo sulla tratta è tale da permetterci di capire quelle che sono le differenze rispetto al traffico di migranti.

Una differenza ulteriore che può essere avanzata tra le due condotte è legata al rapporto temporale che intercorre tra il trafficante ed il trafficato.

Nel caso del traffico di migranti il rapporto tra i due soggetti si esaurisce nel momento in cui il soggetto arriva nello Stato di destinazione. Nel caso della tratta di persone il rapporto tra i due soggetti non ha una durata precisa, ma può perdurare per lungo tempo.

La differenza tra le due condotte delinea anche come cambia l’attenzione del trafficante in merito alla “merce”.

E’ normale che nel caso della tratta il trafficante avrà un’attenzione in più poiché il suo profitto è legato allo sfruttamento della persone. Quando si parla di “traffico” l’attenzione sarà minore poiché il trafficante avrà ricevuto il suo profitto all’inizio e quindi non importano le condizioni delle persone.

Data la definizione di “tratta di esseri umani” ed analizzati gli elementi costitutivi si comprende lo scopo per cui il Protocollo di Palermo è nato. Il Protocollo nasce con l’idea di dare vita ad un insieme di misure globali per tutti gli Stati volte a prevenire il fenomeno e tutelare le vittime di tratta.

(32)

32

Gli Stati che hanno ratificato il Protocollo dovranno rispettare gli obblighi imposti sempre che questi non interferiscano con le norme e gli obblighi di diritto internazionale assunti dai vari Stati.51

2.3 Lo scopo del Protocollo.

Lo scopo del Protocollo di Palermo è rubricato all’Art.2 dove si afferma che gli obiettivi sono quelli di:

1) Prevenire e combattere la tratta, prestando attenzione a donne e bambini;

2) Tutelare e assistere le vittime della tratta nel rispetto dei diritti umani;

3) Promuovere la cooperazione tra gli stati parte al fine di realizzare detti obiettivi.52

Gli obiettivi del Protocollo possono essere sintetizzati con una terminologia che in inglese è definita “Four Ps”: Prevention, Protection, Prosecution, Partnerships cioè prevenzione, protezione, persecuzione e la realizzazione di partenariati tra Stati.

Per la realizzazione di tale scopo ogni Stato deve assicurare:

 Misure volte al recupero fisico e psichico delle vittime  Consulenza in relazione a quelli che sono i diritti

fondamentali

51 Il riferimento normativo è rappresentato dall’Art.14 del Protocollo di

Palermo che contiene la clausola di salvaguardia.

Art. 14 Clausola di salvaguardia: (1) Nessuna disposizione del presente Protocollo pregiudica i diritti, gli obblighi e le responsabilità degli Stati ed individui ai sensi del diritto internazionale, compreso il diritto internazionale umanitario e il diritto internazionale dei diritti umani e, in particolare, laddove applicabile, la Convenzione del 1951 e il Protocollo del 1967 relativi allo Status dei Rifugiati e il principio di non allontanamento. (2) Le misure di cui al presente Protocollo sono interpretate ed applicate in modo non discriminatorio alle persone sulla base del fatto che sono vittime della tratta di persone. L’interpretazione e l’applicazione di tali misure è coerente con i principi internazionalmente riconosciuti della non discriminazione.

52 Art.2 Protocollo di Palermo;

(33)

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 Disposizione di strutture adeguate  Assistenza medica

 Opportunità di impiego e di istruzione

 Protezione delle vittime sotto il punto di vista della incolumità fisica

 Possibilità di riconoscere alle vittime eventuali risarcimenti per i danni subiti.53

In relazione agli impegni che gli Stati devono assumersi possiamo considerare anche quello di garantire la possibilità che queste persone possano rimanere sul territorio.

Questa possibilità verrà valutata dagli Stati e nel caso predisporre un permesso di soggiorno regolare sul territorio, seppur temporaneo. Il punto di partenza per garantire e riuscire a raggiungere tale scopo è il “principio di non discriminazione”.

È possibile che le persone trafficate siano sottoposte a misure discriminatorie nell’applicazione delle leggi o che le forme di protezione vengano modificate a seconda dell’etnia.

La responsabilità principale degli Stati è quella di prevenire e combattere la tratta e questo sarà possibile se, accanto alle misure preventive e repressive della tratta, verranno individuati dei rimedi in relazione all’annullamento di quei diritti umani che si pongono come precondizione della tratta.54

Questo sarà sicuramente possibile se verranno istituiti dei mezzi di controllo di attuazione di tali propositi, inoltre divulgando informazioni relative al fenomeno e come vengano violati i diritti umani.

Potrebbero essere considerati dei soggetti attivi nell’ambito del raggiungimento di scopi di prevenzione e repressione della tratta, ma

53

https://www.unhcr.it/wp-content/uploads/2017/09/Vittime-di-tratta-Linee-guida-compresso.pdf

54 David Mancini, “Traffico di migranti e tratta di persone, tutela dei diritti

(34)

34

fino a che non sarà data una forma di protezione adeguata sarà difficile una collaborazione di queste nell’identificazione dei trafficanti.55

Per questi motivi si ritiene che debbano essere divulgate informazioni relative alle condizioni di tale persone vittime dei trafficanti.

Si pensa che così facendo, sarà possibile raggiungere lo scopo per cui il Protocollo è nato ossia prevenire e soprattutto punire la tratta come condotta penalmente rilevante.

2.4 La criminalizzazione della tratta e la protezione

delle vittime.

L’obbligo di criminalizzare le condotte definite dall’Art.3 del protocollo è contenuto nell’Art.5 del medesimo.56

Ai sensi di tale articolo gli Stati membri hanno l’obbligo di criminalizzare non soltanto le condotte previste dall’Art.3, ma anche il tentativo di commettere il reato e la partecipazione e la direzione delle condotte.

Con questo ultimo inciso si fa riferimento a quelle che, nel nostro sistema penale, sono individuate come concorso di persone nel reato

55 Vi è una convinzione secondo cui le persone trafficate possono essere

utilizzate positivamente nei procedimenti penali in quanto si ritiene che queste possano fornire delle informazioni sui trafficanti.

La possibilità che queste possano collaborare nell’ambito della giustizia è legata alle forme di tutela e protezione che vengono poste nei loro confronti. Questa è una soluzione che è stata presentata per poter intraprendere azioni penali nei confronti dei trafficanti stessi.

56 Art. 5 Penalizzazione: (1) Ogni Stato Parte adotta le misure legislative e di

altro tipo necessarie per conferire il carattere di reato alla condotta di cui all’articolo 3 del presente Protocollo, quando posta in essere intenzionalmente. (2) Ogni Stato Parte adotta le misure legislative e di altro tipo necessarie per conferire il carattere di reato: a) fatti salvi i concetti fondamentali del suo ordinamento giuridico, al tentativo di commettere un reato determinato ai sensi del paragrafo 1 del presente articolo; b) alla partecipazione, in qualità di complice, ad un reato determinato ai sensi del paragrafo 1 del presente articolo; c) all’organizzare o dirigere altre persone nella commissione di un reato determinato ai sensi del paragrafo 1 del presente articolo.

(35)

35

dove le persone coinvolte possono avere ruolo di organizzatore o dirigente, ovvero di mero partecipe.

Tale obbligo di criminalizzazione non è soggetto alla condizione che si tratti di un reato transnazionale dato che ricomprende la possibilità di criminalizzare i casi di tratta interna.57

Una delle più importanti novità che sono state introdotte dal Protocollo è legata alle forme di tutela che diventano parte integrante dell’azione di contrasto al “traffico di persone”.

La Convenzione di Palermo, in materia di tutela delle vittime di traffico, individua una sezione apposita rubricata agli Art.24 ed Art.25 della medesima.

Queste forme di protezione si applicano anche ai reati previsti dall’Art.5 del Protocollo in quanto l’Art.24 è dedicato alla protezione dei testimoni e l’Art.25 è dedicato all’assistenza e protezione delle vittime.

In particolare l’Art.25 indica agli Stati parte l’obiettivo di assistere le vittime e di proteggerle nei casi di minaccia o violenza.58

Nell’ambito del Protocollo la questione relativa alla tutela e alle forme di protezione delle vittime è disciplinata dall’Art.6.59

57 Viene definita tratta interna quella si realizza all’interno del medesimo paese. 58 Art. 25 Assistenza alle vittime e loro protezione: (1) Ciascuno Stato Parte

adotta le misure appropriate nell’ambito dei propri mezzi per fornire assistenza e protezione alle vittime dei reati di cui alla presente Convenzione, in particolare nei casi di minaccia, ritorsione o intimidazione. (2) Ciascuno Stato Parte stabilisce procedure adeguate per consentire il diritto all’indennizzo e al risarcimento alle vittime dei reati trattati nella presente Convenzione. (3) Ciascuno Stato Parte, nel rispetto delle proprie leggi nazionali, consente che siano esposti gli interessi e le opinioni delle vittime e siano considerati in una fase adeguata dei procedimenti penali contro gli imputati in modo tale da non pregiudicare i diritti della difesa.

59 Art. 6 Assistenza e tutela delle vittime della tratta di persone: (1) Nei casi

opportuni e nella misura consentita dal suo diritto interno, ogni Stato Parte tutela la riservatezza e l’identità delle vittime della tratta di persone, anche escludendo la pubblicità per i procedimenti giudiziari concernenti la tratta. (2) Ogni Stato Parte assicura che il suo ordinamento giuridico o amministrativo preveda misure che consentono, nei casi appropriati, di fornire alle vittime della tratta di persone: a) informazioni sui procedimenti giudiziari e amministrativi pertinenti; b) assistenza per permettere che le loro opinioni e preoccupazioni siano presentate ed esaminate nelle appropriate fasi del procedimento penale contro gli autori del reato, in maniera da non pregiudicare

(36)

36

Tale articolo è suddiviso in vari paragrafi all’interno dei quali si indicano gli obiettivi per gli Stati, anche se non in modo vincolante. Ad esempio, nell’ambito del Par.1 Art.6 vengono individuati gli obiettivi di protezione della privacy e legati ai processi di identificazione delle vittime.

Vengono indicati i casi in cui le vittime debbano essere informate in relazione alle procedure legali e le forme di assistenza.

Vengono inseriti obiettivi in relazione alla riabilitazione sociale e psicologica della persona trafficata.60

Ogni Stato dovrà garantire delle forme di assistenza sociale, di un alloggio, di assistenza medica.61

Ogni Stato dovrà fare il possibile per garantire la sicurezza della vittima fino a che si trova nel territorio ed inoltre la legislazione interna dovrà garantire che la vittima possa ottenere eventuale risarcimento per i danni subiti.

In relazione a tali obiettivi, il Protocollo pone attenzione sulle tipologie di vittime ed in particolar modo sull’età di queste.

i diritti della difesa. (3) Ogni Stato Parte prende in considerazione l’attuazione di misure relative al recupero fisico, psicologico e sociale delle vittime della tratta di persone e, nei casi opportuni, in collaborazione con le organizzazioni non governative, altre organizzazioni interessate e altri soggetti della società civile, il fornire: a) un alloggio adeguato; b) consulenza e informazioni, in particolare in relazione ai loro diritti riconosciuti dalla legge, in una lingua che le vittime della tratta di persone comprendano; c) assistenza medica, psicologica e materiale; e d) opportunità di impiego, opportunità educative e di formazione.

(4) Ogni Stato Parte prende in considerazione, nell’applicare le disposizioni del presente articolo, l’età, il sesso e le esigenze particolari delle vittime della tratta di persone, in particolare le esigenze specifiche dei bambini, inclusi un alloggio, un’educazione e cure adeguati. (5) Ogni Stato Parte cerca di assicurare l’incolumità fisica delle vittime della tratta di persone mentre sono sul proprio territorio. (6) Ogni Stato Parte assicura che il proprio sistema giuridico contenga misure che offrono alle vittime della tratta di persone la possibilità di ottenere un risarcimento per il danno subìto.

60 Art.6 par.2 Protocollo di Palermo; 61 Art.6 par.3 Protocollo di Palermo;

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37

Considerando l’oggetto della propria attenzione la vittima, questo ci permette di individuare un altro elemento di differenza rispetto al Protocollo sul traffico di migranti.

Le persone che sono state oggetto di “tratta” sono delle vittime e questo conferisce loro uno stato autonomo nell’ambito del diritto internazionale.

Sono riconosciute come tali proprio perché sono vittime di violazione di diritti legati alla dignità umana.

Il riconoscimento dello status di vittima alla persona trafficata è stato un punto molto critico e controverso nell’ambito delle negoziazioni. Una volta fatta questa considerazione, dobbiamo porre la nostra attenzione sulla protezione speciale che viene prevista per il traffico di minori.

Nelle negoziazioni iniziali del Protocollo non era stata presa in considerazione la tipologia delle persone trafficate.

Successivamente, la Commissione per i diritti umani incaricò la Commissione ad hoc di introdurre delle disposizioni che riguardassero forme di tutela specificamente rivolte verso i bambini.62

La più significativa forma di attenzione ai minori nel Protocollo è stata proprio l’identificazione di una definizione di tratta di minori, specificando la mancanza di un elemento fondamentale per definirla tale.

Al tempo stesso possiamo considerare che, come altro grado di attenzione a questa particolare categoria, sono state introdotte forme di tutela specifica che riguardano proprio l’accoglienza, la cura e l’educazione di tali soggetti.

62 E’ uno degli altri elementi che caratterizza la differenza con il Protocollo sul

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