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Alcune considerazioni generali.

Sommario: 8.1 Alcune considerazioni generali – 8.2 Le forme di prevenzione e di cooperazione – 8.3 Le forme di assistenza e d

8.1 Alcune considerazioni generali.

Il Protocollo dedica una sezione intera235 per il contrasto del traffico di

migranti per via marittima.236

E’ stata dedicata una sezione apposita all’interno del Protocollo in virtù del fatto che negli ultimi anni sono aumentate le tipologie di traffico di questo tipo.

Questo aspetto è molto sentito dalla comunità internazionale, a causa del verificarsi dei continui naufragi ed in relazione alle gravi forme di sfruttamento che vengono poste in essere dai trafficanti.

Il fenomeno dell’immigrazione clandestina via mare impone la necessità di fornire risposte adeguate a duplici esigenze cioè da una parte l’adozione di misure di contrasto e di controllo che gli stati adottano per prevenire tale fenomeno e dall’altra quelle relative alla salvaguardia della vita umana ed il rispetto dei principi umanitari.237

Si è sentita quindi l’esigenza di creare uno strumento internazionale che permettesse di adottare misure efficaci contro le organizzazioni criminali che gestiscono tali traffici.

Il Protocollo non crea un nuovo modello legale riguardo il “traffico via mare”.

235 Gli articoli di riferimento sono: Art.7, Art.8, Art.9 del Protocollo sul traffico

di migranti.

236 E. Rosi, Criminalità organizzata transnazionale e sistema penale italiano,

Milano IPSOA, 2007,

237 G. Palmisano, “Il contrasto al traffico di migranti nel diritto internazionale,

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Le previsioni di questo non fanno altro che confermare i principi sul diritto internazionale del mare che sono scanditi dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare.238

In questo modo vengono ribaditi i principi di giurisdizione in quanto abbiamo la giurisdizione esclusiva dello stato costiero sulle acque territoriali239, la giurisdizione esclusiva dello Stato di bandiera dell’imbarcazione in acque internazionali nonché il diritto universale di visita nei confronti di navi prive di nazionalità.240

Tali principi vengono considerati nel Protocollo ed individuati nell’ambito dell’Art.7 il quale afferma che: “gli Stati parte cooperano nella maniera più ampia per prevenire e reprimere il traffico di migranti via mare, nel rispetto del diritto internazionale del mare». 241

L’Art.8 del Protocollo individua una serie di misure volte ad agevolare azioni esecutive nei confronti di imbarcazioni che sono sospettate di trafficare migranti.

Anche questo articolo riflette delle misure che richiamano norme già vigenti nell’ambito del diritto internazionale del mare.

L’Art.8 del Protocollo individua una serie di misure che consentono l’accesso a bordo e l’ispezione della nave che sia sospettata di traffico di migranti.

238 La Convenzione UNCLOS è entrata in vigore il 16 Novembre del 1994. 239 Possono essere individuate alcune eccezioni tra le quali il passaggio

inoffensivo delle navi.

240 Possiamo fare una precisazione in merito di giurisdizione da esercitare nei

confronti di navi straniere sospettate di traffico in alto mare.

Non esiste nessuna norma di diritto consuetudinario né norme della Convenzione di Montego Bay né del Protocollo che consenta agli Stati di esercitare la propria giurisdizione su una nave straniera sospettata di trasportare migranti illegalmente in alto mare.

A detta di ciò si ritiene che non possano essere esercitate da parte degli Stati quelle azioni di contrasto come la salita a bordo, ispezione della nave.

Il principio da cui si ricava ciò è connesso al principio della libertà dell’alto mare e della libera navigazione contenuto nella Convenzione.

Tuttavia si afferma che solo in casi eccezionali possa essere ad esempio legittimata la salita a bordo.

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Chiaramente, la possibilità che sia concesso l’accesso a bordo di una nave riguarda solamente quei casi in cui vi sia un fondato motivo di sospettare che la nave sia coinvolta nel traffico.242

In caso di riscontro positivo, questo permette allo Stato la possibilità di attuare delle misure coercitive nei confronti delle persone e del carico sulla base dei rispettivi accordi reciproci tra gli Stati.

Questo meccanismo si fonda quindi sulla possibilità di adottare delle misure in via principale o residuale nei confronti di navi prive di nazionalità, in conformità con le disposizioni del diritto internazionale vigente.

La novità che viene introdotta dal Protocollo è collegata a quelle situazioni in cui, uno stato diverso da quello battente bandiera intercetta un natante sospettato di traffico e soprattutto non vi è nessuna conoscenza circa la nazionalità.

In primo luogo sussiste un obbligo di cooperazione tra gli Stati al fine di prevenire e reprimere le condotte che sono disciplinate dall’Art.3 e dall’Art.6 del Protocollo.

Qualora uno Stato abbia fondato motivo di ritenere che una nave iscritta nei propri registri, o che abbia la propria nazionalità, sia coinvolta nel traffico illecito di migranti potrà richiedere assistenza ad altri Stati per porre fine a quella attività illecita.

Gli Stati possono fornire tale assistenza “nei limiti dei mezzi di cui dispongono.”243

Uno Stato parte potrà chiedere ad altri Stati la conferma dell’iscrizione al registro di una nave quando vi sono ragionevoli motivi per sospettare che sia coinvolta nel traffico quando questa esercita la libertà di navigazione in conformità del diritto internazionale.

242 Il criterio che viene utilizzato è il rispetto del diritto di visita.

Questo significa che per poter ispezionare la nave e salire a bordo è necessario che vi sia una prova del coinvolgimento in attività illecite, ma soprattutto la mancanza della nazionalità della stessa.

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Con riferimento ad Art.8, sulla base dell’autorizzazione dello Stato bandiera, le autorità di un altro Stato potranno fermare le imbarcazioni sospette, salire a bordo e prendere le misure appropriate.244

Non rimane un’impresa semplice individuare quali possano essere tali misure, il Protocollo non pone un chiarimento su questo punto.

Viene fatto un rinvio, in questo caso, alle norme di diritto interno, ma questo crea un duplice ordine di problemi.

Da un lato viene lasciata ampia discrezionalità agli Stati con riferimento alle azioni che possono esercitarsi e dall’altro lato si incorre nel rischio che il diritto interno nulla preveda al riguardo.245

Su tale punto la “Legislative Guide” incoraggia gli Stati parte a stabilire la propria giurisdizione sulle imbarcazioni in alto mare battenti bandiera di un altro Stato o su quelle prive di nazionalità.246

Inizialmente questo articolo aveva creato dei problemi in relazione alle perquisizioni effettuate in alto mare e quindi proprio per questo motivo viene introdotto l’Art.9.

L’Art.9 del Protocollo impone allo Stato, che intraprende una delle misure che sono citate, l’obbligo di garantire la sicurezza delle persone, della nave e del carico senza pregiudicare gli interessi commerciali247.

In tal caso sono previste delle forme di risarcimento qualora venga dimostrata l’insussistenza delle motivazioni che hanno giustificato le misure coercitive.

In questo senso possiamo dire che le norme del Protocollo circa la giurisdizione e quindi le modalità di intervento riprendono le norme dettate dalla Convenzione di Montego Bay sul diritto del mare.

244Le “misure appropriate” non vengono definite. Sul tale tema, V. P.

MALLIA, “Migrant Smuggling by the Sea”: op. cit., pag. 123-125.

245In questo caso sarebbe stato utile specificare il genere di misure applicabili

e le conseguenze a livello di sanzioni esperibili per gli stati che non avessero adottato quelle misure.

246Legislative Guide p.386. Questi obblighi non discendono né dalla

Convenzione né dal Protocollo.

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