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La Direttiva 2004/81 sul permesso di residenza La Direttiva 2004/81 viene emanata dal Consiglio dell’Unione Europea

La tratta di persone nel quadro europeo.

3.2 La Direttiva 2004/81 sul permesso di residenza La Direttiva 2004/81 viene emanata dal Consiglio dell’Unione Europea

il 29 aprile del 2004.

Tale Direttiva si configura come un primo atto comunitario in grado di porre nei confronti degli Stati degli obblighi di protezione ed assistenza in favore delle vittime di tratta.79

In questo senso rappresenta un progresso rispetto agli strumenti normativi precedenti.

Si cerca di fornire una tutela nei confronti di coloro che sono identificati e riconosciuti come vittime, favorendo soprattutto quei soggetti “trafficati” che sono disposti a collaborare con le autorità.

78 G. Palmisano, “Il contrasto al traffico di migranti nel diritto internazionale,

comunitario e interno”, Giuffrè editore 2008;

79Le forme di tutela che sono previste all’interno di questo atto non vanno ad

interferire con le altre forme di protezione previste per i rifugiati o comunque di coloro che beneficiano di una protezione internazionale.

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La Direttiva 2004/81 ha ad oggetto il rilascio di un titolo di soggiorno ai cittadini di paesi terzi80 vittime della tratta di esseri umani che cooperino

con le autorità competenti.

Inoltre l’applicazione di tale atto può essere estesa a coloro che sono coinvolti in un’azione di favoreggiamento dell’immigrazione.81

L’Art.1 definisce l’oggetto della Direttiva in quanto afferma che l’obiettivo generale è quello di definire i criteri e le misure minime per poter rilasciare il titolo di soggiorno82 allo straniero.

I destinatari di questo titolo sono esclusivamente i cittadini di Stati terzi e non anche cittadini comunitari.

Questo rappresenta un limite politico ed operativo, in quanto esclude l’applicazione delle previsioni ai casi di “tratta interna”.

Per quanto riguarda i cittadini comunitari viene applicata la Direttiva 2004/38 che è chiamata “Citizens Directive”83 la quale garantisce la protezione dall’espulsione.

In questo caso non vi sono differenze tra coloro che decidono di cooperare con le autorità e coloro che invece decidono di non farlo per poter ricevere una protezione.

Sia dal punto di vista teorico che pratico viene riscontrata una divergenza in merito all’effettivo esercizio dei diritti tra coloro che sono cittadini europei e coloro che non lo sono.

80 Nel testo definitivo l’estensione della tutela ai cittadini di Paesi Terzi che

siano oggetti di “smuggling” è diventata facoltativa.

Tuttavia è stato sottolineato da un rapporto sulla tratta del 22 Dicembre del 2004, presentato dal Gruppo di esperti della Commissione, la difficoltà nella distinzione tra i casi di “smuggling” e “trafficking”.

81 M.Borraccetti, “Human trafficking, equality, and access to Victim’s Rights”

in “The Principle of Equality in EU law”, Springer international publishing, 2017;

82 Il titolo di soggiorno che viene rilasciato deve essere un titolo provvisorio e

di breve durata e deve essere rilasciato nei confronti di cittadini di Stati terzi.

83 Direttiva 2004/38/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 29 aprile

2004 sul diritto dei cittadini dell’Unione e dei membri della loro famiglia di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.

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Nei casi in cui le vittime non risiedano legalmente nel territorio dello Stato l’assistenza ed il supporto devono essere garantite incondizionatamente durante il periodo di riflessione.

Non è lo stesso per i cittadini Europei che, in ogni caso, beneficiano del diritto di circolare liberamente nel territorio degli Stati membri.84 Nonostante la persona trafficata presti un iniziale consenso, questo non esclude il fatto che venga considerata come un vittima.

Si richiede che vengano meno i legami con le organizzazioni criminali che hanno facilitato il loro ingresso nel territorio per poter ricevere una maggiore assistenza e tutela.

La posizione di questi soggetti non deve essere né ignorata né sottovalutata.

Questo dimostra come l’applicazione delle Direttiva abbia alla base il rispetto dei diritti umani delle persone trafficate.

Con riferimento ai minori, si ritiene che l’applicazione della stessa sia considerata come un’eccezione rispetto a quanto individuato dall’Art.385.

Tale articolo disciplina il campo di applicazione della Direttiva, individua i destinatari.

La decisione circa la possibilità di applicare le norme ai minori è rilasciata alla discrezionalità degli Stati membri.

Nel caso in cui questi decidano di applicarla, dovranno essere seguite le disposizioni previste dall’Art.10.86

84M.Borraccetti, “Trafficking in Human Beings and Human Security: a

Comprehensive Approach” in “Blurring Boundaries: Human Security and Forced Migration”, Leiden/Boston 2017, pag.187-188.

85 Sul punto vedere Art.3 par.3 Direttiva 2004/81.

86 L’Art.10 della Direttiva 2004/81 individua dei principi generici che devono

essere seguiti dagli Stati.

Dovranno essere adeguati i procedimenti previsti per le vittime di THB ai minori per quanto riguarda le forme di assistenza ad esempio l’accesso al sistema scolastico pubblico.

Dovranno essere rispettati specifici doveri identificativi ed assistenziali per quanto riguarda il minore non accompagnato.

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Dal punto di vista delle condizioni applicative, si evince che tali soggetti devono essere vittime del reato di “trafficking in human beings”, mentre è rimessa alla discrezionalità degli Stati la possibilità di estendere le norme ai casi in cu vi siano vittime del reato di “smuggling of migrants”. La Direttiva nasce essenzialmente per contemperare due esigenze diverse ossia da un lato potenziare gli strumenti investigativi e contrastare i traffici, dall’altro per la tutela ed assistenza alle vittime. Si vuole fornire alle autorità di polizia giudiziaria uno strumento diretto a rafforzare l’attività di contrasto ai trafficanti favorendo la cooperazione delle vittime.87

Proprio per questo motivo viene individuata una procedura di rilascio del titolo di soggiorno.

Le vittime di tratta hanno il diritto di essere informate sulle possibilità offerte dalla Direttiva 2004/81.88

Una volta che siano state rispettate le procedure identificative, accertato che ci troviamo di fronte a vittime, viene rilasciato un permesso di soggiorno temporaneo.

Oltre a questa vi sono altre condizioni da rispettare perché il permesso possa essere rilasciato.

Le autorità competenti devono valutare l’utilità della presenza della vittima nel territorio dello Stato, la volontà di cooperare e la verifica circa la rottura dei rapporti con i trafficanti.

In questo modo la vittima ha diritto di rimanere per un determinato periodo di tempo sul territorio dello Stato, nonostante sia entrata illegalmente.

La durata del rilascio del titolo di soggiorno è rimessa alla discrezionalità degli Stati ed alle proprie normative.

87B. Nascimbene, A. Di Pascale, “Riflessioni sul contrasto al traffico di

persone nel diritto internazionale, comunitario e nazionale” in “Il contrasto al traffico di migranti”, Giuffrè editore 2014, pag.43-44.

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In questo senso, di notevole importanza si configura l’Art.6 che introduce il così detto “periodo di riflessione” che ha una durata variabile a seconda delle varie legislazioni statali89 ed è considerato rinnovabile.

Durante questo periodo, la vittima ha diritto a tutte le forme di assistenza e di protezione.

Anche prima del rilascio del permesso, gli Stati sono tenuti ad assicurare risorse sufficienti in grado di garantire un livello di vita dignitoso e l’accesso a cure mediche urgenti.

L’obiettivo è quello di mettere la vittima in condizione di decidere liberamente e senza pressioni circa la possibilità di cooperare con le autorità dello Stato.

Inoltre, durante questo periodo, la persona beneficia del divieto di essere sottoposta a qualsiasi forma di allontanamento dallo Stato.90

Ha la possibilità di beneficiare di percorsi di inserimento lavorativo e professionale o formativo per la persona stessa.91

L’assistenza e la protezione fornite alle vittime non devono essere condizionate dalla cooperazione nelle indagini, ma devono essere applicate senza andare a pregiudicare la Direttiva.

Questo significa che le vittime di tratta hanno diritto ad una protezione per tutto il periodo di permanenza sul territorio.

Una volta rilasciato il titolo di soggiorno questo avrà una validità di sei mesi, potrà essere rinnovato secondo le condizioni previste.92

Se il titolo non verrà rinnovato, verranno applicate le norme di diritto comune riguardanti gli stranieri.

Tuttavia, una volta decorso tale periodo, sarà rimessa alla discrezionalità dello Stato la possibilità di rilasciare un permesso di soggiorno permanente.

89 Sul punto vedi Art.6 Par.1 Direttiva 2004/81. 90 Sul punto vedi Art.7 Direttiva 2004/81.

91 Sul punto vedi Art.11, Art.12 Direttiva 2004/81. 92 Sul punto vedi Art.9 ss. Direttiva 2004/81.

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In questo senso la cooperazione93 delle persone in questione con le autorità rappresenta un elemento fondamentale in relazione alla possibilità di rimanere sul territorio.94

In ogni caso, l’Art.1595della Direttiva stabilisce la possibilità che vi

siano condizioni per la permanenza sul territorio più o meno favorevoli a seconda delle varie legislazioni nazionali.96

Possiamo affermare che tale strumento normativo, per la prima volta, definisce in maniera vincolante un complesso di obblighi di assistenza e di protezione delle vittime di “trafficking”.

Gli Stati membri saranno tenuti ad applicarla e modificarla sulla base delle proprie legislazioni.

Non sono mancate delle critiche in relazione a tale Direttiva, quelle maggiori riguardano il sistema premiale, la durata del periodo di riflessione e quella del successivo permesso di soggiorno.

Per rispondere a tali critiche bisogna tenere conto della base giuridica su cui è nata questa Direttiva.

Si fonda sull’Art.63 n.3 del Trattato CE il quale riguarda l’adozione delle norme per contrastare l’immigrazione illegale e non tanto la tutela dei diritti umani delle vittime.

93 Nella pratica italiana è stato dimostrato che le vittime sono disposte a

cooperare quando si sentono protette ed assistite sulla condizione di soggiorno.

94 Sul punto vedi Art.13 Direttiva 2004/81.

95 Art.15: Clausola di salvaguardia: “La presente direttiva si applica senza

pregiudizio delle disposizioni nazionali relative alla protezione delle vittime e dei testimoni.”

96 M. Borraccetti, “Trafficking in Human Beings and human Security: A

comprehensive Approach” in “Blurring Bounderies: Human Security and Forced Migration”, Leiden/ Boston 2017.

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3.3 La Direttiva 2011/36.

Definizione di tratta.

La Direttiva 2011/36 UE97 conosciuta anche come “Direttiva anti-

tratta” contiene disposizioni finalizzate alla repressione del crimine, alla prevenzione e protezione delle vittime.

Tale Direttiva riguarda ogni tipo di fenomeno ricomprendendo sia i casi di tratta interna che casi in cui non via sia la rilevanza comunitaria. La tratta viene genericamente definita come un crimine, il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea98 definisce la stessa come una

grave forma di crimine.

Vi sono due basi giuridiche ossia l’Art.79 e l’Art.83 del TFUE.

L’Art.7999 è la base giuridica che individua il contrasto alla tratta di

persone come strumento di lotta all’immigrazione irregolare. L’Art.83100 consente di utilizzare le disposizioni che colpiscono la tratta

in quanto grave forma di reato, soprattutto nei casi in cui riguardi donne e minori.

La seconda base giuridica, cioè l’Art.83 del Trattato101, è importante in

quanto permette di contrastare ogni forma di tratta e riconosce il fenomeno come una grave forma di criminalità di dimensione europea. In base a tale norma ed anche all’Art.82 par.2 del TFUE è stata adottata la Direttiva 2011/36 UE del Parlamento Europeo e del Consiglio102. Questo atto rappresenta un punto di svolta importante.

97 Directive 2011/36/EU of 5 April 2011, on preventing and combating

trafficking in human biengs and protecting its victim and replacing Council Framework Decision 2002/629.

98Modificato dall'articolo 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato dall'Italia con Legge 2 agosto 2008, n. 130.

99 Sul punto vedi Art.79 TFUE. 100 Sul punto vedi Art.83 TFUE.

101http://eurlex.europa.eu/legalcontent/IT/ALL/?uri=celex%3A12012E%2FT

XT.

102 La Direttiva stessa dispone che gli Stati membri devono provvedere a

conformarsi alle prescrizioni, tramite le misure attuative necessarie entro il 6 aprile del 2013.

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Possiamo comprendere come vengano superati gli approcci precedenti al crimine della tratta, in particolar modo quello premiale legato alla collaborazione delle vittime nei procedimenti penali.

L’obiettivo è quello di dare una tutela maggiore dal punto di vista extra penale fondata su misure di assistenza, sostegno e solidarietà non improntate ad un principio di “premialità”.

Inoltre, si ritiene opportuno tenere indenni le vittime dall’azione penale e dalle sanzioni cui possono essere soggetti per il solo fatto di aver partecipato in modo passivo ai traffici oppure ad attività connesse. La Direttiva mira ad ampliare ed approfondire le nozioni ed i concetti fondamentali in materia, valorizzando il tema della tutela delle vittime. Per definire la tratta, il punto di partenza è rappresentato dall’Art.5 della Carta dei Diritti Umani il quale afferma che: “Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o a punizione crudeli, inumani o degradanti.”

Si colloca nella prima parte della Carta intitolata “Dignità” quindi la tratta di persone si configura come una violazione della dignità umana. Nell’ambito della Direttiva 2011/36 la definizione è data dall’Art.2103il

quale riguarda i “reati relativi alla tratta di esseri umani”.

La fattispecie contenuta nell’Art.2 può essere suddivisa nuovamente in tre elementi caratterizzanti.

Abbiamo un elemento oggettivo che è relativo ai comportamenti dolosi che vanno a comporre la definizione di tratta.

Le condotte che vengono tipizzate nel comma 1 sono “il reclutamento, trasporto, trasferimento, alloggio o accoglienza di persone compreso il passaggio o il trasferimento dell’autorità su queste persone”.

Il secondo elemento è rappresentato dalle modalità coercitive utilizzate dai trafficanti.

Tra queste l’Art.2 indica “l’uso o la minaccia dell’uso della forza o di forme coercitive simili, il rapimento, la frode, l’inganno, l’abuso di

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potere o di una posizione di vulnerabilità o con l’offerta o l’accettazione di somme di denaro o altri vantaggi per poter disporre del consenso di una persona”.

La posizione di vulnerabilità è definita dall’Art.2 comma 2 della Direttiva 2011/36 e fa riferimento a tutti quei casi in cui la persona in questione non ha altra scelta accettabile ed effettiva se non cedere all’abuso di cui è vittima.104

Il terzo elemento è rappresentato dall’elemento soggettivo legato allo scopo illecito della tratta ossia lo sfruttamento.

Lo sfruttamento comprende “lo sfruttamento della prostituzione altrui o altre forme di sfruttamento sessuale, il lavoro o i servizi forzati, compreso l’accattonaggio, la schiavitù o pratiche simili alla schiavitù, la servitù, lo sfruttamento di attività illecite o il prelievo di organi”.

Alla luce di ciò possiamo affermare che, in presenza di uno dei mezzi indicati dalla disposizione stessa, il consenso della vittima sia irrilevante.105

L’Art.3 della Direttiva richiede agli Stati membri di reprimere penalmente, secondo le proprie legislazioni, le condotte relative all’istigazione, favoreggiamento, concorso e tentativo nei reati suddetti.

Possiamo affermare che l’Art.2 ed Art.3 della Direttiva individuano degli obblighi di criminalizzazione dei reati di tratta, ma al tempo stesso l’obbligo di non punire le vittime.

Più precisamente l’Art.8 afferma che gli Stati non sono tenuti a sanzionare gli illeciti che le vittime sono costrette a commettere come conseguenza del fatto di essere trafficate.106

104 Questa definizione riguardante la posizione di vulnerabilità permette di

reprimere forme particolari di tratta che non sono praticate mediante coercizioni fisiche, ma legate a condizioni di debolezza emotiva ed instabilità fisica e sociale.

I trafficanti manipolano o ricattano le vittime inducendole a credere che lo sfruttamento lavorativo e/o sessuale sia l’unica alternativa.

105 Sul punto vedi Art.2 comma 4.

106 L’estensione della clausola di non punibilità indicata dall’Art.8 della

Direttiva è molto discussa.

Sicuramente ricopre gli atti criminosi che sono indicati nell’Art.2 cioè gli atti che la vittima ha subito o che è stata costretta a subire.

Questo pare sufficiente per esentare i soggetti interessati dalle conseguenze penali derivanti dalla violazione di leggi sull’immigrazione.

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Possiamo concludere dicendo che la Direttiva 2011/36/UE fornisce una definizione molto più precisa di tratta e di sfruttamento rispetto al passato anche dal punto di vista sanzionatorio.

Per quanto riguarda il tema delle sanzioni la Direttiva è caratterizzata da una maggiore severità rispetto al passato.107

Il sistema sanzionatorio prevede tipologie di circostanze aggravanti legate alla tipologia dei soggetti vulnerabili108, ma anche con riferimento alle modalità

particolarmente gravi con cui è posta in essere la condotta.

Si prevede quindi che il reato base disciplinato dall’Art.2 sia punito con la reclusione fino ad un massimo di almeno 5 anni, le forme aggrevate fino ad un massimo di 10.