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L’OSSERVATORE ROMANO

GIORNALE QUOTIDIANO POLITICO RELIGIOSO Unicuique suum Non praevalebunt

Anno CLXI n. 22 (48.645) Città del Vaticano giovedì 28 gennaio 2021

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Bartolomeo al summit di Halki

Per salvare il mondo

di ALESSANDRODECAROLIS

S

arà che il richiamo, sia pure per via virtuale, gode del riferimento all’impareggiabile pa- norama della “Collina della speranza”, sulla cui cima spicca circondato dal verde il mo- nastero bizantino che per oltre un secolo, fino al 1971, è stato sede della prestigiosa Scuola di teologia del Patriarcato ecumenico. In ogni caso le parole con cui Bartolomeo I ha inaugurato martedì 26 gennaio il quarto summit di Halki (isola dell’Egeo a un’ora di barca da Istanbul ) contengono, nel loro appello al cambiamento di approccio alla crisi ecologica, la for- za della bellezza incontaminata del luogo da cui pro- vengono. Alla presenza di numerosi esperti, il pa- triarca di Costantinopoli imposta una riflessione sul- la pandemia in relazione all’ambiente e alle sue im- plicazioni sulla vita del pianeta. I vertici di Halki, ri- corda, sono sempre stati caratterizzati dai valori del dialogo e della cooperazione e di questi valori c’è bi- sogno in questo momento contingente segnato dal virus globale. «Siamo convinti — afferma Bartolo- meo I— che qualsiasi speranza reale di invertire il cambiamento climatico richiede una trasformazione radicale del modo in cui percepiamo e trattiamo il mondo». E «tuttavia, parte del problema», sottoli- nea, «sta nella nostra riluttanza a fare sacrifici per il bene degli altri e della terra».

Proprio il covid-19, osserva il capo della Chiesa di Costantinopoli, ha «insegnato l’inestimabile le- zione dell’importanza di ascoltare e imparare gli uni dagli altri» e «rivelato il potere e il valore del- l’amore e della solidarietà». La pandemia, insiste il patriarca ecumenico, «ci ha ricordato che il mondo è più grande delle nostre preoccupazioni e ambi- zioni individuali, più grande della nostra Chiesa e comunità di fede, e più grande dei nostri poteri po- litici e interessi nazionali». Mentre la diminuzione dell’inquinamento durante i mesi di lockdown ha

«ricordato che non ci può essere un vero progresso che si fonda sulla distruzione dell’ambiente natu- rale».

Bartolomeo entra poi nelle pieghe del rapporto causa-effetto tra «la persistente ed eccessiva “intru - sione” dell’umanità nella natura» (traffico illegale di fauna selvatica, deforestazione, urbanizzazione, agricoltura intensiva) e la «rapida diffusione di malattie contagiose e virus da animale ad animale, compreso l’uomo. Non è una coincidenza — asseri - sce — che l’aumento delle malattie trasmesse dalla fauna selvatica si sia verificato insieme alla crescen- te invasione umana nel mondo naturale e al rapido cambiamento del clima». La pandemia, afferma,

«non è un atto di “vendetta” da parte di Dio, ma è un richiamo disperato a un approccio molto più ri- spettoso della natura da parte di tutti noi».

Trasmissione speciale della Radio Vaticana sul messaggio del Papa per la Giornata mondiale

Una comunicazione che va incontro alle persone

I

giornalisti accolgano l’app ello lanciato da Papa Francesco ad

“andare e vedere” i fatti sul po- sto, consumando le suole delle scarpe e incontrando le persone “do- ve e come sono”. È quanto sottoli- neato nella trasmissione di Radio Va- ticana «La Finestra del Papa», con- dotta da Fabio Colagrande, dedica- ta al messaggio di Papa Francesco per la cinquantacinquesima Giorna- ta mondiale delle comunicazioni so- ciali. Una trasmissione che ha visto alternarsi in diretta Patricia Tho- mas, giornalista di Associated Press e presidente dell’Associazione stam- pa estera in Italia, Vania De Luca, vaticanista di Rai News e presidente dell’UCSI (Unione cattolica stampa italiana), Vincenzo Corrado, diret-

tore dell’Ufficio comunicazioni so- ciali della CEI, e Alessandro Gisotti, vice-direttore editoriale dei media vaticani.

«Credo che il Papa — è la rifles- sione di Vincenzo Corrado — con l’espressione “consumare le suole delle scarpe”, contenuta nel messag- gio, ci voglia fondamentalmente ri- cordare che la comunicazione è di- namica, che l’informazione è in con- tinuo movimento. Non per altro i grandi cronisti, soprattutto del pas- sato, parlavano dell’informazione e del giornalismo come di una grande forza empatica che ti permette di entrare in contatto con il vissuto delle persone, fino a farne parte pro- pria: le sofferenze, le gioie, le spe- ranze».

Saper leggere dentro le fratture Il portavoce della CEIsottolinea che, nel momento in cui riesce a sviluppare questa “caratteristica empatica”, il gior- nalista ha già compiuto parte del suo la- voro. «L’occhio soprattutto di chi co- munica — avverte — deve saper leggere dentro le fratture e deve anche offrire delle chiavi di lettura per capire meglio ciò che succede, sviluppare quella capa- cità di andare dentro le storie, per poter generare un’opinione pubblica che non sia appiattita su circoli viziosi».

Il metodo di Francesco

Con questo messaggio, riprende Alessandro Gisotti, Papa Francesco

«va al cuore della comunicazione, al- l’essenza di cosa significhi comunica-

re». Ancora una volta, constata, emer- ge il tema dell’incontro, «parola-chia- ve di questo Pontificato e che è anche il perno attorno al quale g i ra tutto il messaggio». Questo, prosegue, «ini- zia proprio ribadendo l’invito a incon- trare, a “venire e vedere” che accom- pagna i primi emozionanti dialoghi di Gesù con i discepoli». Incontrare, per Francesco, è anche «il metodo di ogni autentica comunicazione umana, non solo di quella professionale». Il vice- direttore dei media vaticani coglie nel messaggio «un approccio disponibile, positivo del Papa rispetto alle nuove tecnologie». Un atteggiamento che ri- corda quanto già affermava nel suo primo messaggio per la Giornata delle

A

LL

INTERNO Oggi in primo piano

L’anno

di Fëdor Dostoevskij

ADRIANODELL’AS TA EMARCO

TESTI NELLE PA G I N E 2E3 Nell’inserto

«La settimana del Papa»

Edwin, Modesta e gli “invisibili”

delle città

DIMASSIMILIANOSIGNIFREDI

La tragedia dimenticata dei civili afghani

N

OSTRE

I

NFORMAZIONI

PAGINA7 SEGUE A PA G I N A 8

Tremila persone uccise negli ultimi 12 mesi: la drammatica stima della Commissione indipendente per i diritti umani

S

ono stati 2.958 i civili uccisi nel 2020 nel conflitto in Afghanistan, nonostante l’intensificazione de- gli sforzi diplomatici per porre fine alla guerra, compresi i colloqui di pace in corso in Qatar. Lo ha riferito ieri la Commissione indipendente per i diritti umani del Paese asiatico nel suo rapporto annuale riferendo di un sensibile aumen- to rispetto ai 2.817 civili uccisi nel 2019, si- nonimo a largo spettro di una crescita de- gli episodi di violenza che minacciano il delicato processo di pace, nonché le ri-

chieste internazionali di un cessate il fuo- co. A tutto ciò, in questo particolare mo- mento si aggiunge l’inverno estremamen- te freddo che sta colpendo, con tutta la sua forza e in piena pandemia di covid- 19, soprattutto le popolazioni situate nel- le regioni di montagna dell’Afghanistan, dove di notte le temperature scendono fi- no a meno 30 gradi, determinando tra l’altro un aumento della malnutrizione.

Secondo le previsioni dell’Onu, in Afgha- nistan nel 2021 18.4 milioni di persone di- penderanno dall’assistenza umanitaria.

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L’OSSERVATORE ROMANO

pagina 2 giovedì 28 gennaio 2021

Oggi in primo piano - L’anno di Fëdor Dostoevskij (1821-1881)

Non un’idea

ma una presenza

L’edizione delle «Lettere» a cura di Alice Farina

Nell’abisso dell’animo

Dostoevskij mi ha aiutato tanto nella predicazione. Per esempio, quando nei Karamazov racconta di un bambino, di appena otto anni, figlio di una serva. Lui lancia una pietra e colpisce la zampetta di uno dei cani del padrone, per questa ragione il padrone aizza tutti i cani contro di lui. Il bambino scappa e prova a salvarsi dalla furia del branco ma finisce per essere sbranato sotto gli occhi soddisfatti del generale e quelli disperati della madre. E poi «Memorie dal sottosuolo» che è un gioiello.

(dal libro Nei tuoi occhi è la mia parola. Omelie e discorsi di Buenos Aires 1999-2013 con una conversazione con Antonio Spadaro, Rizzoli, 2016)

di ADRIANODELL’AS TA

«T

utto il mondo era condannato a

rimanere vittima di una pesti- lenza terribile (…) erano com- parse certe trichine sconosciu- te, esseri microscopici che si in- filtravano nel corpo umano.

Ma questi esseri erano spiriti, dotati di intelligenza e di vo- lontà. Gli uomini che li lascia- vano penetrare nel loro corpo diventavano subito indemo- niati e pazzi. Mai, mai, però, gli uomini si erano ritenuti così intelligenti e così sicuri della verità, come si ritenevano que- gli appestati. Mai avevano rite- nuto più sicuri i loro giudizi, le loro deduzioni scientifiche, le loro convinzioni e credenze morali (…). Tutti erano in agi- tazione, non si capivano più fra loro, ognuno pensava di essere il solo a possedere la verità e si tormentava (…). Non sapeva- no chi e come giudicare, non riuscivano a mettersi d’a c c o rd o nel giudicare il bene e il male (…). Si preparavano a marciare gli uni contro gli altri con inte- re armate, ma queste armate, quando erano già in marcia, a un tratto cominciavano a dila- niarsi per conto loro, le file si scompaginavano, i combatten- ti si scagliavano l’uno contro l’altro, si infilzavano, si sgozza- vano, si mordevano e si divora- vano fra loro (…). Avevano ab-

bandonato i mestieri più co- muni, perché ognuno propo- neva le sue idee, le sue innova- zioni, e non riuscivano mai a mettersi d’accordo, l’agricoltu- ra era ferma (…). Cominciaro- no a scoppiare molti incendi, cominciò la carestia. Tutto e tutti perivano. In tutto il mon- do potevano salvarsi solo po- chi uomini, i puri e gli eletti, che erano predestinati a inizia- re una nuova razza umana e una vita nuova, a rinnovare e purificare la terra; ma nessuno aveva mai veduto questi uomi- ni, nessuno aveva mai udito la loro voce e la loro parola».

Non è il brano di una crona- ca romanzata di quanto sta ac- cadendo in questi giorni, con la pandemia e lo sconcerto per le mille interpretazioni delle sue cause e le mille controversie sulle misure con le quali con- trastarla. E non è neppure una descrizione esasperata della re- cente crisi politica.

È un brano di Dostoevskij, il sogno finale di Raskol’nikov, il giovane protagonista di Delitto e castigo che, convinto di essere un uomo a parte (Raskol’nikov vuol dire esattamente questo: il Raskol è lo «scisma» per anto- nomasia) un essere eccezionale per il quale non valgono le leg- gi, ritiene di poterle violare si- no a uccidere, per costruire un mondo migliore; non è un gio-

vane malvagio, ma l’idea che si è impadronita di lui come una malattia lo mette in una sorta di percorso obbligato nel quale tanto più è convinto di posse- dere la verità, e tanto più si al- lontana dalla realtà, così che le azioni che compie per il bene dell’umanità lo portano a ucci- dere realmente.

Dunque quanto viene im- maginato nel romanzo è lonta- nissimo dalla realtà che stiamo vivendo: a dispetto di tanto complottismo e di ogni possi- bile esacerbazione della lotta politica, non ci sono Raskol’ni- kov dietro il virus e dietro le di- visioni della nostra vita politi- ca.Eppure, nonostante questa certezza, resta sempre nei no- stri occhi l’immagine di questa divisione che in nome della pretesa di possedere la verità si trasforma in odio per l’a l t ro ; nessuno ci toglie dalla testa quest’immagine di un’astrazio- ne, con la promessa di un mon- do migliore che però non appa- re mai concretamente da nessu- na parte, così che nessuno più capisce quello che sta accaden- do e il suo senso: i consueti cri- teri di giudizio vanno persi o non hanno più valore.

Quest’anno si celebrano i duecento anni dalla nascita di Dostoevskij e in questi giorni i cento quarant’anni dalla morte:

di MARCOTESTI

«G

rigorovič è ri-

masto, e non aveva intenzio- ne di andarse- ne. Si è messo a raccontarmi di tut- to e di più dei suoi ultimi trent’an- ni, rivangando il passato e così via.

Ha mentito per metà del tempo, ovviamente, ma è stato interessan- te». Già da questo passo di una let- tera alla moglie Anja del maggio 1880 si può intuire il nucleo fon- dante di tutta la poetica di Fëdor Dostoevskij: la penetrazione negli abissi — e nelle contraddizioni — dell’animo umano.

Ed è per questo assai utile — e per certi versi appassionante — leg- gere la recente edizione delle sue L e t t e re curata da Alice Farina (Mi- lano, Il Saggiatore, 2020, pagine 1376, euro 75, traduzione di Giulia De Florio, Alice Farina ed Elena Freda Piredda): nonostante la sua decisa avversione per la scrittura epistolare, confermata dall’affa- stellarsi e dal ripetersi di frasi e pe- riodi, dal tornare indietro sul me- desimo concetto, alcuni passi ci so- no di grande aiuto per capire l’in- tera opera del russo.

Perché l’autore dell’Idiota non narra la lotta tra un bene e un male astratti, ma la fascinazione di quel male — in questo caso la capacità della menzogna di entrare nel cuo- re umano — che, per essere così presente e minaccioso nel nostro cuore, non si presenta certamente attraverso il brutto e il negativo, anzi.

Queste lettere — alle due con- sorti (la prima, Marija Isaeva, era morta nel 1864, la seconda, Anna Grigor’evna diventò sua moglie nel 1867), ad altri scrittori, ai fratel- li, ai figli, ad alcuni membri della famiglia dello zar — sono la prova provata di quanto Tzvetan Todo- rov ha messo in luce nel suo Il caso R e m b ra n d t : non si deve per forza trovare una relazione assoluta tra

lo spirito dell’opera e la vita del suo autore. Anche se talvolta, e lo vediamo in queste lettere, elementi del vissuto o della percezione del mondo autoriale aiutano a capire meglio l’opera. Troviamo qui in- fatti le testimonianze dirette e drammatiche di episodi già noti della sua biografia, come l’atro ce finta esecuzione e la “grazia” dello zar all’ultimo momento, gli attac- chi epilettici, il vizio del gioco e la continua, ossessiva ricerca di de-

naro, ma anche improvvisi lampi in cui la coscienza autoriale tra- smette l’aggallare dei fantasmi in- teriori, alla radice dei personaggi più combattuti dei Demoni o dei Fratelli Karamazov.

Mentre il suo aspetto diurno e razionale gli permette di consiglia- re pragmaticamente i suoi corri- spondenti (non può non far sorri- dere, da parte del creatore dell’Uo- mo del sottosuolo, l’invito a costruire

«relazioni possibilmente normali»

alla segretaria Sof’ja Ivanova), il contatto con le tenebre affiora nel- la constatazione di quanto sia «ter- ribile che con i peccati l’uomo pos- sa di nuovo trasformarsi in una be- stia» (lettera del 1876 al musicista V. A. Alekseev).

Ma ci sono momenti addirittura profetici: ad esempio quando nella lettera da Ginevra a Majkov lo scrittore nota la diminuzione della superficie boschiva in Svizzera a causa del taglio indiscriminato della legna. «Fra 25 anni non ne ri- marrà affatto», azzarda Dostoev- skij, accelerando e anticipando le battaglie per la salvaguardia del pianeta che diverranno tangibili solo un secolo dopo.

Ed è possibile approfondire la sua visione provvidenziale della missione del popolo russo e la sua avversione sia alla Chiesa di Roma che all’ebraismo, che secondo lui

hanno ignorato il centro focale della fede che è la figura del Cri- sto: una visione che lo porta all’a- stio e alla frequentazione di luoghi comuni popolari; è infatti nel po- polo russo che lo scrittore vede l’alternativa reale a quello che è un altro suo autentico incubo: l’insie- me delle istanze progressiste che in quel momento storico erano incar- nate dalle varie utopie socialiste, i nichilisti, i rivoluzionari, i giovani universitari e una borghesia imbe- vuta di quelle stesse idee che egli interpretava come scimmiotta- menti di mode occidentali.

Discorso che lo scrittore ripren- de nella già citata lettera ad Ale- kseev: il socialismo promette la so- luzione del problema dell’uomo come essere materiale; ma, d’altra parte, Gesù era andato oltre con il suo «non di solo pane vive l’uo- mo» e aveva indicato anche la stra- da spirituale e l’ideale di una Bel- lezza nuova senza la quale «l’uo- mo si struggerà, morirà, impazzi- rà, si ucciderà».

Non si tratta, per lo scrittore, neanche di pareggiare i conti dan- do all’uomo metà Bellezza e metà pane, perché altrimenti in noi ver- rebbe a mancare la necessità di giungere, anche attraverso il com- battimento e la sofferenza, alla Ri- velazione e alla salvezza. È proprio il concetto di Bellezza uno dei fon-

damenti dell’opera dostoevskiana, e, non a caso, questa edizione delle Lettere traduce l’aggettivo russo p re - k ra s n y i con «bello», e non «buono»

come in altre edizioni, parlando del protagonista dell’Idiota, il prin- cipe Myškin. La differenza è note- vole: la bellezza, come aveva nota- to Mauro Martini nell’intro duzio- ne all’edizione Newton de L’idiota, comporta un senso di alterità e di splendore che contiene in sé anche la bontà «innaturale» — per gli al- tri uomini — di Myškin.

Grazie a questa edizione abbia- mo dunque la possibilità di capire meglio l’uomo Dostoevskij, e nel contempo discendere fino alle ori- gini di alcuni motivi che renderan- no un classico ciò che ai suoi tempi era visto da molti come un passo indietro. O abissalmente avanti.

Questa raccolta permette di discendere fino all’origine di alcuni motivi

che renderanno un classico ciò che allora era visto come un passo indietro

Munch, «Malinconia» (1892) Ilya Glazunov, «Il bacio di Giuda» (1985)

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L’OSSERVATORE ROMANO

giovedì 28 gennaio 2021 pagina 3

Oggi in primo piano - L’anno di Fëdor Dostoevskij (1821-1881)

sembra un mondo lontano, ep- pure queste pagine ci descrivo- no qualcosa che non smette di colpirci oggi, anche se va ben più a fondo di quanto accade alla superficie delle nostre gior- nate.

Nessuno di noi è Raskol’ni- kov, eppure, come ai tempi di Raskol’nikov in una Russia che si credeva ancora pienamente cristiana, anche da noi, oggi, la nostra società, spesso divisa tra un attaccamento accanito ai va- lori della tradizione e un relati- vismo assoluto, non sa trovare una risposta che superi la steri- le contrapposizione tra chi al- lora si limitava a condannare Raskol’nikov, non lasciandogli più alcuna redenzione possibi- le (la risurrezione di cui gli par- la Sonja, la prostituta) e chi in fondo si limitava a riconoscer- gli mille attenuanti (la povertà, le buone intenzioni, la bontà di cuore) che però lo lasciavano solo in un delitto di cui avverti- va comunque la non corrispon- denza col suo cuore e la sua mente, tant’è che rischiava di impazzire e si rendeva comun- que conto di non essere un uo- mo a parte.

Questa dimensione sociale della mentalità di Raskol’nikov e questo malanno sociale, che diventava sempre più conta- gioso, non erano sfuggiti a Do- stoevskij e infatti sarebbero di- ventati il tema di un altro dei suoi grandi romanzi, I demoni, dove non c’era più un singolo indemoniato, ma un gruppo di rivoluzionari che uccideva un proprio compagno pensando che potesse tradire. Era una storia vera che Dostoevskij ave- va preso dalla cronaca, roman- zando un omicidio reale e le idee di uno dei grandi rivolu- zionari del tempo Sergej Nečaev (1847-1882), il prototi- po del rivoluzionario nichilista che non sognava semplicemen- te di abbattere il vecchio mon- do per sostituirlo con uno mi- gliore, ma voleva diffondere mali e sciagure per spingere il popolo a «una rivoluzione che tutto distruggesse».

E, per quanto possa appari- re incredibile, di fronte all’evi- denza di un omicidio reale e non più soltanto inventato da uno scrittore, anche allora la società del tempo si divise, con la solita contrapposizione tra difensori del rinnovamento e reazionari: molti condannaro- no il romanzo e il suo autore come una manifestazione di inaccettabile conservatorismo e solo pochissimi cercarono di motivare un parere più favore- vole.

Tra questi pochissimi ce ne fu uno che lodò Dostoevskij

per la sua capacità di descrivere la «gioventù oziosa e deficien- te» che, invece di studiare e la- vorare, sognava la rivoluzione.

La reazione di Dostoevskij è sorprendente: invece di restare chiuso in questa contrapposi- zione di principi ideali che al- lora come oggi non porta da nessuna parte, invece di ringra- ziare l’isolato sostenitore, ne contesta radicalmente l’a rg o - mentazione. Ricordando di es- sere stato lui stesso un rivolu- zionario o per lo meno di essere stato condannato nel 1849, pro- prio per questa accusa, alla pe-

na di morte (poi commutata negli anni di lavori forzati che avrebbe passato in Siberia), rimprovera al suo estimatore di non aver capito nulla di quello che sta succedendo e gli indica invece la vera origine di azioni che sono certo dei crimini, ma non sono altrettanto certamen- te il frutto di poca voglia di la- vorare e di studiare.

Innanzitutto gli fa notare che lui stesso era stato mandato al patibolo nonostante tutti i suoi studi, e poi si apre a una confessione che rende impro- ponibile ogni discorso astratta- mente conservatore: «Nečaev, probabilmente, non lo sarei mai potuto diventare, ma un nečaeviano, non garantisco, forse lo sarei stato… nei giorni della mia giovinezza». Dopo di che cerca ancora una volta di chiarire il vero scopo del suo romanzo, uno scopo che è tut- t’altro che politico: «Ripeto che nel mio romanzo I demoni, io ho tentato di rappresentare i molteplici e svariati motivi per i quali anche le persone più pu- re di cuore e più ingenue pos- sono essere spinte a commette- re un delitto tanto mostruoso.

L’orribile è appunto che da noi si possa compiere l’atto più vile e abominevole, talvolta senza essere per nulla un mascalzo- ne! Del resto non è soltanto da noi, ma in tutto il mondo che avviene così, sempre, dal prin- cipio dei secoli, nelle epoche di transizione, nelle epoche di sconvolgimento della vita umana, di dubbi e di negazio- ni, di scetticismo e di incertez- za nelle convinzioni sociali fondamentali (…) Una volta ripudiato Cristo, l’intelletto

umano può giungere a risultati stup efacenti».

Ma in questo modo, identi- ficando le dimensioni esatte della crisi («Una volta ripudia- to Cristo, l’intelletto umano può giungere a risultati stupe- facenti») Dostoevskij ci dice anche come fosse stato possibi- le per lui, vecchio rivoluziona- rio, uscire da questa crisi, of- frendoci con l’evocazione di Cristo qualche cosa che ogni volta ci sorprende, ponendoci di fronte a una novità che biso- gna però ben intendere se non si vuole ridurre la sua posizione a un discorso politico come tanti altri, riducendo così lo scrittore a un banale conserva- tore e perdendo tutta la ric- chezza dei suoi romanzi.

Come il vecchio estimatore di Dostoevskij, che lo aveva lo- dato credendo che fosse torna- to nel campo dei reazionari, sbaglieremmo anche noi se cre- dessimo che in questo modo Dostoevskij cercasse di recupe- rare una morale tradizionale, dove la religione diventava la garante dell’ordine costituito:

l’essenza del suo fascino, la sor- presa del suo mondo sta nel fat- to che il bene ci può venire in- contro persino attraverso una prostituta, si può incontrare la misericordia là dove il perdono sembra impossibile e trovare il bene persino in coloro che vor- rebbero distruggere ogni pietà.

Dobbiamo cercare di capire la novità di questo Cristo che non può essere ridotto a una morale, a un’idea, neppure alla più alta delle verità se questa stessa verità è solo un’idea. An- zi persino tutta la morale cri- stiana, per Dostoevskij, può di- ventare una forma di ateismo, quando si riduce a una serie di norme e di idee; come ci si chie- de nell’Ad o l e s c e n t e : «Cos’è il so- cialismo ateo?», cosa sono le

cosiddette «idee ginevrine»?

Sono le idee di Cristo, le virtù cristiane «senza Cristo». Così, per Dostoevskij, il male di cui il suo mondo sembra non potersi liberare, il male che viene de- scritto nel sogno di Raskol’ni- kov come una malattia, come una pandemia che non ha an- cora smesso di diffondersi, è proprio questa riduzione di tutte le aspirazioni più belle e più giuste dell’umanità a una pura idea.

E allora, lasciandoci affasci- nare ancora oggi da Dostoev- skij, se l’uomo si può aspettare un mondo migliore, dominato

non dalla «discordia», dalla

«disarmonia» e dalla «lotta», ma dall’«armonia», dalla «se- renità» e alla fine anche da ideali degni dell’uomo, la rea- lizzazione di questo mondo va cercata non attraverso la con- trapposizione e lo scontro delle idee astratte, e neppure attra- verso l’affermazione di una nuova e più perfetta idea mora- le, ma nella presenza di una realtà diversa. Come leggiamo in uno degli appunti prepara- tori ai Demoni: «Molti pensano che sia sufficiente credere nella morale di Cristo, per essere cri- stiano. Non la morale di Cri- sto, né l’insegnamento di Cri- sto salveranno il mondo, ma precisamente la fede in ciò, che il Verbo si è fatto carne».

Il problema, la chiave di vol- ta, nella storia personale e crea- tiva di Dostoevskij, è tutto nel- la riscoperta di questa dimen- sione personale, reale e non va- gamente ideale, di Cristo.

Cristo è la verità incarnata, una persona, e se la bellezza salverà il mondo, come si dice nell’Idiota e in tanti altri testi di Dostoevskij, non è perché Cri- sto sia una bella idea, ma per- ché è una persona affascinante e irriducibile a ogni idea e, per ciò stesso, capace di liberarci e di renderci, come lui, irriduci- bili a ogni cosa creata o inven- tata dall’uomo: se la bellezza salva il mondo non è perché è un’idea che oltre a essere vera e buona è anche bella, ma perché è una realtà irriducibile a ogni idea: in fondo anche i nichilisti amano la bellezza, diceva Do- stoevskij, e aggiungeva che nel cuore dello stesso uomo posso- no abitare contemporanea- mente sia l’ideale della bellezza della Madonna sia quello della bellezza di Sodoma. Se Do- stoevskij riuscì a superare que- sta ambiguità della bellezza non lo fece affiancandole, per purificarla, un’altra idea, quale potrebbe essere appunto quel- la del bene; tant’è vero che an- che l’idea del bene è ambigua e fragile, come Dostoevskij ripe- te più volte nei suoi appunti:

«Ma come si può infondere l’a- more per tutta l’umanità come per una sola persona? Per cal- colo, per vantaggio? Strano.

Perché devo amare l’umanità?

E se poi mi si presenta improv- visamente un’altra supposizio- ne? Falsa, diranno. Che ve ne importa, dico io: lo so da me che è falsa, perché il falso è do- vunque, ma per il momento io posso mostrarmi molto ma molto originale, per amore del- la mia personalità, per gioco, obbedendo ai sentimenti indi- viduali (…) Per ora dirò solo che l’idea dell’amore per l’u- manità è una delle più incom- prensibili per l’uomo in quanto idea (…) Una delle idee più in- comprensibili per l’uomo in quanto idea; essa apparve solo una volta in forma di Dio incar- nato».

In quanto idea, Cristo reste- rebbe una delle cose «più in- comprensibili» per l’umanità, non ci farebbe uscire dalle con- traddizioni, non ci salverebbe dai nostri limiti e, in ultima analisi, da quello che è l’ultimo limite umano, la contraddizio- ne ultima, cioè la morte; ma in Dostoevskij funziona qualcosa che ci fa uscire dalla contrap- posizione tra fede e ragione, ri- voluzione e conservazione, e ciascuno aggiunga quello che più lo scandalizza di questo

nostro mondo: sete di infinito e finitezza, libertà e necessità, autonomia e legge e via dicen- do.Una logica simile agisce nei Fratelli Karamazov, vuoi nella Leggenda del Grande Inquisi- tore (dove l’opposizione tra la parola idolatrica dell’Inquisi- tore e il silenzio del Cristo vie- ne superata, non con la vittoria dell’una o dell’altro, ma nel ba- cio con il quale la Vita vivente ha la meglio sui discorsi del- l’Inquisitore e così, nel suo ra- dicale e pieno silenzio, può es- sere veramente la Parola in cui tutto è stato creato e tutto con- siste), vuoi nella scena della confessione di Smerdjakov al fratello Ivan, teorico del tutto è permesso e quindi della nega- zione radicale della legge. Non è un caso che sia proprio in questa scena che noi veniamo a sapere come sono andate vera- mente le cose in merito all’omi- cidio di Fëdor Karamazov, commesso proprio da Smerdja- kov, suo figlio illegittimo. In questa scena, venendo alla luce cosa è successo in realtà, si ha

evidentemente la vittoria della verità, ma non della legge o di una morale legalistica, tant’è che questa vittoria non viene ottenuta attraverso il processo giudiziario, che arriva a tutt’al- tri risultati (finendo col con- dannare un innocente); se alla fine, invece, per noi lettori si ha comunque la vittoria della veri- tà, non lo si deve alla legge, ma piuttosto a un sussulto di quel- la libertà che (come era accadu- to con Raskol’nikov) gli uomi- ni non riescono a scrollarsi di dosso e funziona anche come rimorso.

E però, in questa sorpresa che non smette di accompa- gnarci, la chiave di questa con- fessione non è neppure sempli- cemente nel rimorso, nella ri- cerca di qualche riparazione della legge violata, ma in quel libro che Smerdjakov tiene in mano quando confessa a Ivan il suo delitto: è una raccolta delle Omelie di sant’Isacco di Ninive, cioè uno dei padri della Chiesa che maggiormente ha insistito sulla centralità e sulla forza della misericordia, così che ciò davanti a cui la verità può venire alla luce, ciò da cui l’uomo può attendere un giudi- zio sui suoi atti non è né l’indif- ferenza alla legge né la condan- na in nome della legge, ma esattamente la misericordia, l’amore infinito di Dio e di «un cuore che arde per tutta la crea- zione», come diceva appunto sant’Isacco.

Sta poi alla libertà dell’uo- mo, cioè al suo cuore e alla sua ragione, inseparabili, accoglie- re o meno questa misericordia e lasciarla agire.

Una scena dallo spettacolo

«I demoni»

di Peter Stein

Il protagonista di «Delitto e castigo»

non è un giovane malvagio, ma è vittima di un pensiero che si è impadronito di lui come una malattia

A 140 anni dalla morte,

i suoi romanzi sono

ancora capaci di parlare al nostro mondo

E di smascherarne le ideologie

Una scena da «L’idiota»

nell’allestimento di Alberto Oliva e Mino Manni

Raskol’nikov è convinto di essere un uomo a parte, un essere eccezionale per il quale non valgono le leggi

Pensa di poterle violare sino a uccidere

(4)

L’OSSERVATORE ROMANO

GIORNALE QUOTIDIANO POLITICO RELIGIOSO

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L’OSSERVATORE ROMANO

pagina 4 giovedì 28 gennaio 2021

Ordini esecutivi del presidente

Biden punta sull’energia verde

Tra l’Unione europea e il colosso farmaceutico anglo-svedese AstraZeneca

Aspro confronto sui vaccini

D

AL MOND O

Facebook non suggerirà più gruppi politici agli utenti

L’amministratore delegato di Face- book, Mark Zuckerberg, ha dichia- rato ieri che agli utenti del social non saranno più raccomandati grup- pi civili e politici. Si tratta di una scelta che segue quella già intrapresa nell’ottobre scorso negli Stati Uniti in vista delle elezioni presidenziali.

«Intendiamo mantenere i gruppi ci- vici e politici al di fuori dei suggeri- menti per lungo tempo ed espande- re questa politica a livello globale», ha detto Zuckerberg in una telecon- ferenza, sottolineando come alcuni gruppi di Facebook sono stati utiliz- zati come spazi per diffondere disin- formazione e organizzare attività estremiste. Zuckerberg ha anche af- fermato che Facebook sta prenden- do in considerazione misure per ri- durre la quantità di contenuti politi- ci nei feed di notizie degli utenti.

Ecuador: ucciso presentatore che denunciò corruzione

Il presentatore, attore e musicista Efraín Ruales è stato ucciso ieri a Guayaquil, capitale industriale del- l’Ecuador, da sconosciuti sicari che, accostandosi alla sua auto in movi- mento, hanno sparato alcuni colpi di arma da fuoco. In dichiarazioni ai media, il generale della polizia, Ce- sar Zapata, ha escluso che l’obiettivo degli attaccanti potesse essere un furto, perché dopo avergli sparato i sicari si sono dileguati a bordo della loro automobile. Ruales non era particolarmente conosciuto per atti- vità politiche, ma lo scorso anno, fra maggio e giugno, aveva denunciato di aver ricevuto minacce per alcune sue allusioni a casi di corruzione.

Putin interviene a Davos

Accordo New Start, un passo avanti

WASHINGTON, 28. «Non possiamo attendere oltre». Il presidente statunitense Bi- den giudica l’emergenza cli- matica minaccia «esistenzia- le» al futuro della Nazione.

E firma una serie di ordini esecutivi, atti amministrativi di competenza del presiden- te, che tracciano un ampio programma di riconversione dell’economia da «grigia» a

«verde». Il presidente con- gela nuove concessioni alle trivellazioni per la ricerca di fonti energetiche fossili — gas e petrolio — e punta alla tutela, in prospettiva, di al- meno il 30 per cento, di ac- que e territori federali. Le di- rettive presidenziali mirano a raddoppiare le risorse eoli- che, a tagliare i sussidi a quelle fossili (ma per questo occorrerà trovare l’a c c o rd o del Congresso), a convertire dalla benzina all’elettricità il parco autoveicoli federale e ad altri interventi strutturali per abbattere le emissioni al- la base del surriscaldamento planetario che scatena cata- clismi. Il congelamento di due mesi dovrebbe riguarda- re il rilascio di nuove conces- sioni ma non è chiaro se inci- derebbe su quelle già in esse- re, come quelle offshore nel golfo del Messico e quelle sul territorio federale. L’o- biettivo è di creare aree di tu- tela per la biodiversità.

«Solo Parigi non è abba- stanza» ha detto poi in un briefing alla Casa bianca l’inviato speciale di Biden per il clima, John Kerry. Il ri-

ferimento è all’accordo di Parigi del 2015 sul clima e sul contenimento dell’effetto serra globale tramite tagli progressivi alle emissioni di carbonio. L’amministrazione Usa, che ne era uscita negli ultimi anni, è tornata ad ade- rirvi con la presidenza Bi- den.Ma, per Kerry, questo non basta. E gli Stati Uniti lan- ciano un invito ai partner globali per la prossima gior- nata della Terra, celebrata dalle Nazioni Unite in tutto il pianeta il 22 di aprile. Bi- den offre di ospitare a Wa- shington, in quel giorno che riunisce la comunità mon- diale sul tema della protezio- ne del Creato, una conferen- za internazionale. Invito, si dice, aperto a tutti.

Il piano di reset ambienta- le della presidenza Biden per l’economia statunitense do- vrà trovare il favore anche del Congresso. Le reazioni al momento promettono un confronto serrato. Cathy Mc Morris Rodgers, che guida i repubblicani nella commis- sione Energia e commercio della Camera dei rappresen- tanti parla direttamente di

«pie-in-the-sky», ossia di so- gni irrealizzabili che, a suo dire, avrebbero il costo di un serio impatto sulla «nostra sicurezza energetica e sulla nostra indipendenza». Criti- ca rigettata da Biden che ha parlato a sua volta di «azioni concrete e realizzabili» basa- te, afferma, sull’obiettivo della «giustizia ambientale».

BRUXELLES, 28. Sempre più aspro il con- fronto tra Unione europea e il colosso far- maceutico anglo-svedese AstraZeneca sulla fornitura di vaccini.

In una nuova riunione con la responsa- bile europea dell’azienda, Iskra Reic, Bruxelles è tornata ad insistere sul rispet- to dei patti, ha chiesto che il contratto sia reso pubblico, ed ha contestato le motiva- zioni dei ritardi, innescando nuove poten- ziali tensioni con Londra, a poco meno di

un mese dalla Brexit. «Un taglio nelle consegne ingiustificato e inaccettabile.

AstraZeneca faccia arrivare le dosi di vac- cino dalle fabbriche del Regno Unito», si legge in una nota da Bruxelles.

Ma il primo ministro britannico, Boris Johnson, alle prese con curve epidemiche di covid-19 sempre più preoccupanti, è ri- masto alla finestra, limitandosi a sottoli- neare: «Siamo molto sicuri delle nostre forniture e dei nostri contratti».

Alla vigilia dell’attesa autorizzazione dell’Agenzia europea del farmaco all’anti- doto di AstraZeneca, attesa per venerdì, ad incendiare un clima già arroventato, sono state le dichiarazioni dell’ammini- stratore delegato dell’azienda farmaceuti- ca, Pascal Soriot. «Non c’è alcun obbli- go» sul numero di dosi da fornire all’Ue, ha affermato, visto che nel contratto con gli europei c’è scritto chiaramente. Soriot ha aggiunto che l’Esecutivo britannico ha

«la priorità sulle dosi prodotte nel pro- prio Paese» e che sarà necessario attende- re un numero di vaccinazioni sufficiente prima di potere «usare gli stabilimenti britannici anche per la fornitura» ai 27.

Una ricostruzione smontata dalla Commissione Ue, che ha richiamato «gli sviluppatori dei vaccini ai loro obblighi morali e contrattuali». La responsabile europea alla Salute, Stella Kyriakides, ha chiarito. «Abbiamo firmato un contratto di pre-acquisto per fare in modo che pro- ducessero determinati volumi di vaccini prima dell’autorizzazione dell’Ema», ri- gettando la logica del «chi prima arriva meglio alloggia».

Bruxelles ha insistito che non c’è una gerarchia negli impianti di produzione tra i quattro elencati nell’intesa siglata, due nel Regno Unito, uno in Belgio, e uno in

Germania. Anche quelli britannici rien- trano «nell’accordo di pre-acquisto», in base al quale l’Unione europea ha assun- to il rischio d’impresa, finanziando con 336 milioni di euro di soldi pubblici gli stock prodotti prima del via libero al vac- cino. Tranche versate per il momento solo in parte, con il pagamento, che dipenderà dalle consegne.

Inoltre, visto che il contratto lo preve- de, c’è l’intenzione di fare ispezioni ai siti produttivi. Quello in Belgio, indicato da AstraZeneca come la fabbrica responsabi- le dei ritardi, con un taglio delle consegne tra il 50% ed il 60%, ed una riduzione ad un quarto dei numeri da tre cifre, è già stato fatto. I risultati del sopralluogo sa- ranno resi noti nei prossimi giorni.

Intanto, mentre infuriano le polemiche e le Borse europee sono scivolate in rosso per l’effetto vaccini, le autorità sanitarie di Madrid hanno sospeso le immunizza- zioni per due settimane, perché, hanno detto «stanno per finire le scorte».

Anche la Federal reserve (Fed, la Banca centrale statunitense) è intervenuta sulla questione dei vaccini. In una nota, il pre- sidente della Fed, Jerome Powell, ha av- vertito che la ripresa economica negli ul- timi mesi si è indebolita e il suo andamen- to «dipenderà in modo significativo dal virus e dalle vaccinazioni».

Pur intravedendo un’accelerazione nel- la seconda parte dell’anno, Powell ha ag- giunto: «Non abbiamo ancora vinto la sfida della pandemia, dobbiamo finire il lavoro e ci vorrà del tempo per l’immuni- tà di gregge». Così come ci vorrà del tem- po per vedere «significativi progressi» sul fronte dell’occupazione e dei prezzi. In- somma, «la strada è ancora lunga per una ripresa piena», ha concluso Powell.

Italia: consultazioni al Quirinale

ROMA, 28. Secondo giorno di consultazioni per il presidente della Repubblica italiana, Ser- gio Mattarella. Dopo aver ri- cevuto ieri il presidente della Camera, Roberto Fico, e la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati,

sono cominciati questa matti- na al Quirinale gli incontri del Capo dello Stato con gli espo- nenti delle varie forze politi- che, per la formazione di un nuovo governo. Il gruppo parlamentare Per le Autono- mie (Svp-Patt, Uv) del Senato ha aperto il ciclo odierno, cui ha fatto seguito l’incontro con i rappresentanti dei gruppi misti del Senato e della Came- ra, rispettivamente dalle 10.30 alle 12.30 il primo e dalle 16 al- le 16.45 il secondo. Poi sarà il turno del gruppo parlamenta- re Liberi e Uguali, cui succe- deranno quelli di Italia viva- Psi del Senato e Italia viva del- la Camera. La giornata al Col- le si concluderà con i gruppi parlamentari del Partito de- mocratico al Senato e alla Ca- mera. Le consultazioni ripren- deranno domani pomeriggio.

Il programma prevede alle 16 l’incontro con il centrodestra (Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia, Udc), che ha deciso di presentarsi congiuntamente, e alle 17 il confronto con il Mo- vimento 5 stelle.

DAV O S , 28. Interviene a Davos, in collegamento da remoto, il presi- dente della Federazione russa Vla- dimir Putin, la cui presenza non era annunciata. Tende una mano agli Stati Uniti sulla questione nu- cleare: saluta positivamente la de- cisione di Biden di estendere per cinque anni il patto New Start sulle armi strategiche nucleari, ac- cordo che prevede la possibilità di ispezioni reciproche fra i con- traenti, oltre alla limitazione di lanciatori e testate strategiche ar- mate.

«Un passo verso la giusta dire- zione» ha detto in videocollega- mento. Ha aggiunto anche, però, che i rischi per la stabilità interna- zionale restano a suo modo di ve- deresul tavolo: la situazione di tensioni in crescita, sostiene nel suo messaggio, ricorderebbe quel- la che negli anni ‘30 del secolo scorso ha preceduto la seconda guerra mondiale. Uno scenario oscuro, ha detto il presidente della Federazione russa, un rischio non scongiurato che si coglie, a suo di- re, dai segni dei tempi.

Se da parte Usa il prolunga- mento non richiede un passaggio al Congresso, il parlamento russo è intervenuto con il sugello delle due Camere che si sono espresse per il prolungamento. La ratifica dell’accordo passerà poi per uno scambio di note diplomatiche.

Il presidente Putin si è anche intrattenuto sulla necessità, a suo dire, di una ritrovata alleanza con il partner europeo: «Cerchiamo azioni e progetti positivi — ha det- to — nell’interesse comune» di Russia ed Unione europea.

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L’OSSERVATORE ROMANO

giovedì 28 gennaio 2021 pagina I

L A S E T T I M A N A D I P A P A F R A N C E S C O

di MASSIMILIANOSIGNIFREDI

«P

ensiamo a Edwin. Pensiamo a cosa ha sentito quest’uomo, 46 anni, nel freddo, ignorato da tutti, abbandonato, anche da noi. Preghiamo per lui». Queste le parole di Papa Francesco dopo l’Angelus di do- menica scorsa, in cui ha voluto ricordare per nome l’uomo nigeriano morto a pochi metri da piazza San Pietro il 20 gennaio.

«La sua vicenda — ha affermato il Papa — si aggiunge a quella di tanti altri senzatet- to recentemente deceduti a Roma nelle stesse drammatiche circostanze».

Con la morte di una donna di 54 anni, ritrovata il 26 gennaio in un misero rifu- gio tra la vegetazione in via della Maglia- na, è salito a dodici il tragico bilancio del- le persone che hanno perso la vita a Ro- ma dall’inizio dell’inverno. Morti per il freddo, per le dure condizioni della vita in strada e per l’isolamento, aggravato dalla minore circolazione delle persone a causa della pandemia. La povertà estrema di chi non ha casa non è solo un proble- ma sociale, ma un segno drammatico di quella cultura dello scarto che prevale, quando una città non è in grado di offrire un posto ai suoi abitanti più vulnerabili.

A Roma sono tremila le persone che pas- sano la notte all’aperto, perché non si so- no trovate soluzioni, nemmeno tempora- nee, per i mesi invernali.

Domenica prossima, nella basilica di Santa Maria in Trastevere e in altre chiese in diversi quartieri di Roma, tanti senza fissa dimora si ritroveranno accanto ai lo- ro amici della Comunità di Sant’Egidio per ricordare Modesta Valenti. Il 31 gen- naio 1983 — 38 anni fa — nei pressi del bi- nario 1 della stazione Termini, Modesta si sentì male, alcuni passanti chiamarono un’ambulanza, ma il personale si rifiutò di soccorrerla perché aveva i pidocchi. E Modesta morì mentre vari ospedali si rim- pallavano la responsabilità dell’intervento.

Insieme a Modesta verranno ricordate tutte le persone che hanno perso la loro vita mentre vivevano in strada negli ultimi anni. È importante che i loro nomi non scompaiano, perché dietro ci sono le sto- rie di persone di cui a volte nemmeno ci si accorge. A Roma “la liturgia di Mode- sta” è diventato un appuntamento tradi- zionale della memoria collettiva, un’o cca- sione per chiedersi se è stato fatto il pos- sibile per chi è più povero e bisognoso di aiuto. È un interrogativo per le istituzio- ni, ma anche per i singoli cittadini: cia- scuno infatti è chiamato a fermarsi davan- ti a chi vive per la strada, a entrare in contatto, ascoltare e offrire soccorso, su- perando l’assuefazione all’indifferenza e ritrovando un cuore più accogliente e umano.

In questi anni, attorno alla memoria di Modesta, è sorto un movimento di solida- rietà verso chi vive senza un riparo, con un numero crescente di volontari che li va a trovare, non solo portando pasti e be- vande calde, sacchi a pelo e coperte: sono state anche individuate soluzioni alterna- tive alla strada. È proprio di questi giorni la notizia dell’apertura a Roma di due nuove posti per l’accoglienza notturna: la chiesa del Buon Pastore a via della Lun- gara e una palestra nel quartiere Tuscola- no. Si aggiungono alla chiesa di San Cal- listo e ad altri luoghi, messi a disposizio- ne per l’emergenza freddo da Sant’Egidio nel rispetto del distanziamento e delle mi- sure anti-covid, ma anche al progetto Housing First, che ha già fornito a molte persone senza dimora un alloggio stabile e mostra che è possibile cambiare vita.

Ma serve un paziente accompagnamento che i volontari garantiscono, laddove le istituzioni spesso mancano su questo. Oc- corre fare di più, essere creativi, per scon- giurare nuove morti e assicurare la prote- zione necessaria a chi è più fragile. Perché la qualità di vita e l’umanità di una socie- tà si misurano dal modo in cui riesce a in- cludere anche chi è in difficoltà.

A pochi metri da San Pietro, è stato trovato morto un senzatetto di nome Edwin. Ci sia di monito quanto detto da San Gregorio Magno, che, dinanzi alla morte per freddo di un mendicante, affermò che

quel giorno non si sarebbero celebrate Messe perché era come il Venerdì santo (Angelus, 24 gennaio)

Il tema della settimana

Edwin, Modesta e gli “invisibili”

delle città

Edwin, Modesta e gli “invisibili”

delle città

Dopo la morte

nei pressi di San Pietro

del quarantaseienne nigeriano

ricordato dal Papa all’Angelus

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L’OSSERVATORE ROMANO

pagina II giovedì 28 gennaio 2021 giovedì 28 gennaio 2021 pagina III

La settimana di Papa Francesco La settimana di Papa Francesco SA B AT O 23

«Vieni e vedi»

(Gv 1, 46) L’invito che accompagna i primi incontri di Gesù con i di- scepoli è il metodo di ogni auten- tica comunicazione umana.

I n c o n t r a re le persone dove e come sono

Uscire dalla comoda presun- zione del già saputo e mettersi in movimento, stare con le persone, ascoltarle, raccogliere suggestio- ni della realtà.

«Apri con stupore gli occhi a ciò che vedrai, e lascia le tue ma- ni riempirsi della freschezza del- la linfa, in modo che gli altri, quando ti leggeranno, tocche- ranno con mano il miracolo pal- pitante della vita», consigliava il beato Manuel Lozano Garrido ai colleghi giornalisti.

C o n s u m a re

le scarpe Voci attente lamentano il ri- schio di un appiattimento in

“giornali fotocopia” o in notizia- ri tv e radio e siti web uguali, do- ve il genere dell’inchiesta e del reportage perdono spazio e qua- lità a vantaggio di una informa- zione preconfezionata, “di pa- lazzo”, autoreferenziale, che sempre meno riesce a intercettare la vita concreta delle persone, e non sa cogliere i fenomeni sociali più gravi né le energie positive.

La crisi dell’editoria rischia di portare a un’informazione co- struita nelle redazioni, davanti al computer, ai terminali delle agenzie, sulle reti sociali, senza uscire, senza “consumare le suole delle scarpe”, senza cercare storie o verificare de visu certe situazio- ni. Rimaniamo spettatori, nono- stante le innovazioni tecnologi- D ettagli che.

di cronaca nel Vangelo

La fede cristiana si comunica come una conoscenza diretta, non per sentito dire.

Il “vieni e vedi” è la verifica più onesta.

Anche il giornalismo richiede la capacità di andare laddove nessuno va.

Grazie al coraggio di tanti giornalisti

Dobbiamo dire grazie al co- raggio e all’impegno di tanti pro- fessionisti — giornalisti, cineope- ratori, montatori, registi — se og- gi conosciamo la condizione dif- ficile delle minoranze persegui- tate; se soprusi e ingiustizie con- tro i poveri e il creato sono stati denunciati; se guerre dimentica- te sono state raccontate.

Sarebbe una perdita per la de- mocrazia se queste voci venissero meno.

C’è il rischio di raccontare la pandemia, e ogni crisi, solo con gli occhi del mondo più ricco.

Pensiamo alla questione dei vac- cini, delle cure mediche, al ri- schio di esclusione delle popola- zioni più indigenti. Chi raccon- terà l’attesa di guarigione nei vil- laggi dell’Asia, dell’America La- tina e dell’Africa?

Ma anche nel mondo dei più fortunati il dramma delle fami- glie scivolate rapidamente nella povertà resta nascosto.

Non fanno troppa notizia le persone che fanno la fila davanti ai centri Caritas.

O pportunità e insidie nel web

La rete, con le sue innumere- voli espressioni social, può mol- tiplicare la capacità di racconto e condivisione.

La tecnologia digitale ci dà la possibilità di un’informazione di prima mano, tempestiva.

Tutti possiamo diventare te- stimoni di eventi che altrimenti sarebbero trascurati dai media tradizionali. Abbiamo la possibi- lità di raccontare, condividere.

Ma sono diventati evidenti an- che i rischi di una comunicazio- ne priva di verifiche.

Abbiamo appreso come le no- tizie e persino le immagini siano facilmente manipolabili. Siamo responsabili del controllo che possiamo esercitare sulle notizie false, smascherandole.

Nulla sostituisce il vedere di persona

Non si comunica solo con le parole, ma con gli occhi, con il tono della voce, con i gesti. La forte attrattiva di Gesù su chi lo incontrava dipendeva dalla veri- tà della sua predicazione, ma l’efficacia di ciò che diceva era in- scindibile dal suo sguardo, dai suoi atteggiamenti e dai suoi si- lenzi.

La parola è efficace solo se si

“vede”, se coinvolge in un’esp e- rienza, un dialogo.... quanta elo- quenza vuota abbonda nel no- stro tempo, in ogni ambito della vita pubblica, nel commercio, nella politica.

«Sa parlare all’infinito e non dir nulla. Le sue ragioni sono due chicchi di frumento in due staia di pula. Si deve cercare tut- to il giorno per trovarli e, quando si son trovati, non valgono la pe- na della ricerca» [W. Shakespea- re, Il mercante di Venezia]. Le sfer- zanti parole del drammaturgo inglese valgono anche per noi comunicatori cristiani.

Quel grande comunicatore che si chiamava Paolo di Tarso si sarebbe certamente servito della posta elettronica e dei messaggi social; ma furono la sua fede, la sua speranza e la sua carità a im- pressionare i contemporanei.

Verificavano, vedendolo, quanto fruttuoso fosse l’annun - cio di cui era portatore.

Il Vangelo riaccade ogni qual volta riceviamo la testimonianza limpida di persone la cui vita è stata cambiata dall’incontro con Gesù.

(Messaggio per la Giornata delle comunicazioni sociali)

DOMENICA24

Spegnere Tv e cellulari e aprire la Bibbia

Dio non sta nei cieli lontano, separato dalla condizione uma- na, è con noi. Il tempo della di- stanza è finito quando in Gesù si è fatto uomo.

La Parola di Dio ci permette di toccare con mano questa vici- nanza. È l’antidoto alla paura di restare soli.

Il Signore, infatti, attraverso la sua Parola con-sola, sta con chi è solo.

La Parola di Dio infonde pa- ce, ma non lascia in pace. È Paro- la di consolazione, ma anche di conversione.

Chi fa esperienza della vici- nanza di Dio non può distanzia- re il prossimo.

Chi frequenta la Parola di Dio riceve dei salutari ribaltamenti:

scopre che la vita non è il tempo per guardarsi dagli altri e proteg- gere sé stessi.

Gesù si rivolge prima di tutto

a pescatori della Galilea... perso- ne semplici, che vivevano lavo- rando duramente.

Non erano esperti nelle Scrit- ture e non spiccavano per scien- za e cultura.

Abitavano una regione com- posita, con vari popoli, etnie e culti: lontano dalla purezza reli- giosa di Gerusalemme.

Per Gesù nessuno è ai margini

Ma Gesù comincia da lì, per dire che nessuno è ai margini.

Tutti possono incontrarlo.

Giovanni accoglieva la gente nel deserto, dove si recavano solo quelli che potevano lasciare i luoghi in cui vivevano. Gesù, in- vece, parla nel cuore della socie- tà, a tutti, lì dove sono.

E non in orari e tempi stabiliti.

[ma] nei luoghi e nei momenti più ordinari.

Ma la Parola anche incide su ciascuno in modo diretto, perso- nale... Il Signore ci cerca dove siamo, ci ama come siamo.

Come quei pescatori, attende anche noi sulle rive della vita...

vuole farci cambiare rotta, per- ché smettiamo di vivacchiare e prendiamo il largo.

Non rinunciamo alla Parola di Dio. È la lettera d’amore scritta da Colui che ci conosce come nessun altro: leggendola, sentia- mo nuovamente la sua voce, scorgiamo il suo volto, riceviamo il suo Spirito.

Portiamola sempre in tasca, nel telefono; diamole un posto nelle nostre case.

Mettiamo il Vangelo in un luogo dove ci ricordiamo di aprirlo quotidianamente.

Chiediamo al Signore la forza di spegnere la televisione e di aprire la Bibbia; di chiudere il cellulare e di aprire il Vangelo. In quest’Anno liturgico leggiamo quello di Marco... un piccolo passo ogni giorno.

(Omelia, letta dall’a rc i v e s c o v o Fisichella, nella domenica della Parola di Dio) Pa s s a g g i o

di testimone Il brano evangelico di questa domenica (Mc 1, 14-20) mostra il

“passaggio del testimone” da Giovanni Battista a Gesù [che]

inizia la sua missione e annuncia la salvezza.

Gesù invita a riflettere su due temi essenziali: il tempo e la con- versione.

Il tempo va inteso come la du- rata della storia della salvezza operata da Dio; quindi, il tempo

“compiuto” è quello in cui que- sta azione salvifica arriva al cul- mine.

È il momento storico in cui Dio ha mandato il Figlio nel mondo e il suo Regno si è fatto più che mai “vicino”.

Tuttavia, la salvezza non è au- tomatica. [Essa] è un dono d’a- more e come tale offerto alla li- bertà umana.

Quando si parla di amore, si parla di libertà: un amore senza libertà non è amore; può essere interesse, paura, tante cose; ma l’amore sempre è libero, ed es- sendo libero e richiede una ri- sposta libera: richiede la nostra conversione.

Si tratta di cambiare mentali- tà: non seguire più i modelli del mondo, ma quello di Dio.

È un cambiamento decisivo di visione e di atteggiamento.

Infatti, il peccato della mon- danità che è come l’aria, pervade tutto, ha portato una mentalità che tende all’affermazione di sé stessi contro gli altri.

Questo è curioso... Tante vol- te sentiamo che si esprime la pro- pria identità in termini di “con - t ro ”.

È difficile esprimere la propria identità nello spirito del mondo in termini positivi: è contro sé stessi, contro gli altri e contro Dio. E per questo scopo non esi- ta — la mentalità del peccato — a usare l’inganno e la violenza.

Mentalità che ha origine nel padre dell’inganno

Vediamo cosa succede: cupi- digia, voglia di potere e non di servizio, guerre, sfruttamento della gente... Questa mentalità ha la sua origine nel padre del- l’inganno, il grande bugiardo, il diavolo.

A tutto ciò si oppone il mes- saggio di Gesù, che invita a rico- noscersi bisognosi di Dio e della sua grazia; ad avere un atteggia- mento equilibrato nei confronti dei beni terreni; a essere acco- glienti e umili verso tutti; a cono- scere e realizzare sé stessi nel ser- vizio agli altri.

@Pontifex

Incoraggio vivamente tutti gli Stati

e tutte le persone a lavorare con determinazione per promuovere le condizioni necessarie

per un mondo senza armi nucleari,

contribuendo all’avanzamento della #pace e della cooperazione multilaterale,

di cui oggi l’umanità ha tanto bisogno.

In questo tempo di gravi disagi è ancora più necessaria la #preghiera perché l’unità prevalga sui conflitti. È fondamentale il nostro buon esempio: è essenziale che i cristiani proseguano il cammino verso l’unità piena, visibile. #UnitàdeiCristiani

(22 gennaio) La #ParoladiDio si è fatta Volto, il Dio

invisibile si è lasciato vedere, sentire e toccare

Il magister o

Un’immagine simbolo della Shoah ricordata dal Papa all’udienza generale

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L’OSSERVATORE ROMANO

pagina II giovedì 28 gennaio 2021 giovedì 28 gennaio 2021 pagina III

La settimana di Papa Francesco La settimana di Papa Francesco

Per ciascuno di noi il tempo in cui poter accogliere la redenzio- ne è breve: è la durata della no- stra vita.

Volata via Forse sembra lunga... ricordo che sono andato a dare i Sacra- menti, l’Unzione degli ammalati a un anziano molto buono, e lui... mi ha detto questa frase:

“Mi è volata la vita”, come per dire: io credevo che fosse eterna.

Così sentiamo noi, gli anziani, che la vita se ne è andata.

E la vita è un dono dell’infini - to amore di Dio, ma è anche tem- po di verifica del nostro amore verso di Lui.

Perciò ogni istante della no- stra esistenza è un tempo prezio- so per amare Dio e il prossimo, e così entrare nella vita eterna.

La nostra vita ha due ritmi:

uno, misurabile, fatto di ore, di giorni, di anni; l’altro, composto dalle stagioni del nostro svilup- po: nascita, infanzia, adolescen- za, maturità, vecchiaia, morte.

Ogni fase

ha valore Ogni fase ha un valore e può essere momento di incontro con il Signore.

La fede ci aiuta a scoprire il si-

gnificato spirituale di questi tem- pi.Ognuno contiene una parti- colare chiamata, alla quale pos- siamo dare una risposta positiva o negativa.

Nel Vangelo vediamo come hanno risposto Simone, Andrea, Giacomo e Giovanni.

Erano uomini maturi, aveva- no il lavoro, la famiglia.

Eppure, quando Gesù li chia- mò «subito lo seguirono».

Stiamo attenti e non lasciamo passare Gesù senza riceverlo.

Sant’Agostino diceva: “Ho paura di Dio quando passa”.

Paura di che? Di non riconoscer- lo, di non vederlo, di non acco- glierlo.

La Vergine ci aiuti a vivere ogni giorno come tempo di sal- vezza, in cui il Signore passa e ci chiama a seguirlo, ognuno se- condo la propria vita.

E ci aiuti a convertirci dalla mentalità del mondo, quella del- le fantasie del mondo che sono fuochi d’artificio, a quella dell’a- more e del servizio.

Un pensiero per le famiglie che fanno fatica

Un ricordo e una preghiera va alle famiglie che fanno più fatica in questo periodo... e nella misu- ra possibile siamo loro vicini.

(Angelus nella Bilioteca privata)

LUNEDÌ25

Le esigenze

dell’unità Possiamo crescere e portare frutto solo se uniti a Gesù.

Potremmo immaginare l’uni - tà costituita da tre anelli concen- trici, come quelli di un tronco.

Il primo, quello più interno, è il rimanere in Gesù.

Da qui parte il cammino di ciascuno verso l’unità.

Nella realtà odierna, veloce e complessa, è facile perdere il fi- lo.Gesù ci ha mostrato come fa- re: ogni giorno si ritirava in luo- ghi deserti per pregare. Abbiamo bisogno della preghiera come dell’acqua per vivere.

La prima unità è la nostra in- tegrità personale, opera della grazia che riceviamo rimanendo in Gesù.

Il secondo cerchio è quello dell’unità con i cristiani.

Siamo vasi comunicanti: il be- ne e il male che ciascuno compie si riversa sugli altri.

Nella vita spirituale vige una sorta di “legge della dinamica”:

nella misura in cui rimaniamo in Dio ci avviciniamo agli altri e ci avviciniamo agli altri rimaniamo in Dio.

La preghiera non può che portare all’amore, altrimenti è fa- tuo ritualismo.

Se la nostra adorazione è ge- nuina, cresceremo nell’a m o re per tutti coloro che seguono Ge- sù, indipendentemente dalla co- munione cristiana a cui appar- tengono.

Sup erare p re g i u d i z i e ferite

Tuttavia amare i fratelli non è facile, perché appaiono subito i loro difetti e le loro mancanze, e ritornano alla mente le ferite del passato.

Qui ci viene in aiuto l’azione del Padre che come esperto agri- coltore taglia e pota.

Perché per amare abbiamo bi- sogno di essere spogliati di quan- to ci porta fuori strada e ci fa ri- curvare su noi stessi.

Chiediamo al Padre di recide- re da noi i pregiudizi sugli altri e gli attaccamenti mondani che impediscono l’unità piena con tutti i suoi figli.

Così purificati nell’amore, sa- premo mettere in secondo piano gli intralci terreni e gli ostacoli di un tempo, che oggi ci distraggo- no dal Vangelo.

Il terzo cerchio, il più ampio, è l’umanità intera.

Lo Spirito ci rende capaci di perdonare i nemici e i torti subiti.

Ci spinge a essere attivi e creativi nell’amore. Ci ricorda che il prossimo non è solo chi condivi- de i nostri valori e le nostre idee, ma che siamo chiamati a farci prossimi di tutti, buoni Samari- tani di un’umanità vulnerabile, povera e sofferente, che giace per le strade del mondo e che Dio desidera risollevare con compas- sione.

E mentre facciamo esperienza

dell’unità che nasce dal rivolger- ci a Dio con una sola voce, desi- dero ringraziare tutti coloro che in questa Settimana hanno pre- gato per l’unità dei cristiani.

La Santissima Trinità, comu- nione d’amore, ci faccia crescere nell’unità.

(Omelia, letta dal cardinale Koch, per la conclusione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani)

MERCOLEDÌ27

P re g h i e r a ispirata dalla Scrittura

Oggi vorrei soffermarmi sulla preghiera che possiamo fare a partire da un brano della Bibbia.

Le parole della Sacra Scrittura non sono state scritte per restare imprigionate sulla carta, ma per essere accolte da una persona che p re g a .

La Bibbia non può essere letta come un romanzo. [Ogni] ver- setto è stato scritto anche per me, secoli fa.

Un passo della Scrittura, ascoltato tante volte, un giorno improvvisamente illumina una situazione che sto vivendo.

Ma bisogna che io sia lì, al- l’appuntamento con quella Paro- la... Tutti i giorni Dio passa e get- ta un seme nel terreno della no- stra vita.

Siamo noi i “tab ernacoli” do - ve le parole di Dio vogliono esse- re ospitate e custodite.

Per questo bisogna accostarsi alla Bibbia senza secondi fini, senza strumentalizzarla.

Il credente non cerca nelle Sa- cre Scritture l’appoggio per la propria visione filosofica o mora- le, ma perché spera in un incon- t ro .

Cristiani

e pappagalli A me dà un po’ di fastidio quando sento cristiani che recita- no versetti della Bibbia come i pappagalli.

È una grazia potersi ricono- scere in questo o quel personag- gio, in questa o quella situazio- ne.La Bibbia non è scritta per un’umanità generica, ma per uo- mini e donne in carne e ossa, che hanno nome e cognome.

Il metodo della “lectio divi- na”, nato in ambiente monastico, [è] ormai praticato anche dai cri- stiani che frequentano le parroc- chie.

Si tratta anzitutto di leggere il brano biblico con attenzione, con “obb edienza” al testo.

Successivamente si entra in dialogo con la Scrittura, così che quelle parole diventino motivo di meditazione.

È un passaggio delicato: non bisogna scivolare in interpreta- zioni soggettivistiche ma inserir- si nel solco vivente della Tradi- zione.

L’ultimo passo è la contem- plazione. Parole e pensieri lascia- no il posto all’amore, come tra innamorati ai quali a volte basta guardarsi in silenzio.

La Parola ispira buoni propo- siti e sostiene l’azione; ci dà for- za, serenità, e anche quando ci mette in crisi ci dà pace.

(cfr 1 Gv 1, 1-3). La parola è efficace solo se si “vede”, solo se ti coinvolge

in un’esperienza, in un dialogo. Per questo motivo il “vieni e vedi” era ed è essenziale.

(23 gennaio) La Parola di Dio è l’antidoto alla paura

di restare soli di fronte alla vita.

Parlandoci, il Signore ci ricorda che siamo nel suo cuore, preziosi ai suoi occhi, custoditi nelle palme delle sue mani

(26 gennaio)

Oggi si celebra la #GiornatadellaMemoria.

Ricordare è espressione di umanità;

è stare attenti perché queste cose possono succedere un’altra volta,

incominciando da proposte ideologiche che vogliono salvare un popolo

e finiscono per distruggere l’umanità.

(27 gennaio)

Nella mattina di domenica 24 «il Santo Padre ha fatto dono di una edizione particolare della Bibbia, realizzata per l’occasione, ad alcune categorie di persone, rappresentanti della varietà del popolo di Dio,

come comunicato nei giorni scorsi dal Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione». Lo ha reso noto una comunicazione ai giornalisti del 24 gennaio

da parte del direttore della Sala stampa della Santa Sede, Matteo Bruni, nella quale si specifica che «per via della sciatalgia», di cui si era data informazione il giorno precedente, «la consegna è avvenuta a Casa Santa Marta, e non nella basilica

di San Pietro». Per tale motivo la messa per la domenica della Parola di Dio è stata poi celebrata dall’a rc i v e s c o v o Rino Fisichella, presidente del dicastero organizzatore. E sempre a causa dello stesso ripresentarsi del dolore alla schiena, anche l’incontro del Pontefice con il corpo diplomatico di lunedì 25 gennaio è stato rimandato, mentre i Vespri per la conclusione

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