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FFICIO PER LAF
ORMAZIONED
ECENTRATAMaria Acierno, Fulvio Baldi, Luisa Bianchi Bonomo, Pietro Curzio, Pietro Gaeta, Luigi Alessandro Scarano, Giovanni Mammone, Alfredo Montagna
Segreteria Organizzativa Ufficio del Massimario
dr. Renato Delfini
tel. 06.68832120 / 2146 – fax 06.6883411 e-mail: renato.delfini@giustizia.it
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CORTE S
UPREMA DI C
ASSAZIONE
Ufficio dei Referenti per la Formazione Decentrata
P
RINCIPI,
CLAUSOLE GENERALI E NOMOFILACHIARoma, 10 Ottobre 2013 ore 14.30 Corte Suprema di Cassazione
Aula Magna
Oggetto – Il tema dei principi e delle clausole generali, che nel ventesimo secolo ha impegnato gli studiosi di vari Paesi e condizionato legislatori e vicende ordinamentali, trae oggi nuova linfa dall’evoluzione dell’applicazione giurisprudenziale, da recenti esperienze legislative di Paesi dell’U.E., dalle prospettive di normazione europea e di formazione di un diritto privato europeo.
Stupisce, in tale quadro, che la stessa elaborazione concettuale presenti ancora margini di dubbio.
Si è al riguardo osservato (Patti) che le due espressioni -principi, clausole generali- risultano spesso utilizzate come sinonimi.
La buona fede o correttezza è un principio di diritto o una clausola generale, un parametro o uno standard valutativo o un concetto indeterminato ?
Analogo interrogativo può porsi ad esempio per l’ingiustizia del danno, il buon costume, la colpa, la diligenza, l’abuso del diritto, il giustificato motivo, l’equità, la ragionevolezza, il buon padre di famiglia.
La distinzione concettuale si riflette anzitutto sulla funzione e sull’applicazione.
Il ricorso a principi e a clausole generali garantisce l’adeguamento della norma al mutare della realtà e della coscienza sociale.
Si è sottolineato come mediante le clausole generali, o altrimenti “norme che presentano un’eccedenza di contenuto assiologico rispetto ad altre disposizioni legislative del sistema” (Betti) o “disposizione di legge elastica che richiede giudizi di valore in sede applicativa” (Roselli) il legislatore deleghi al giudice una scelta di valore. E che attraverso l’attività di relativa concretizzazione il giudice
“crea” la norma, integrandone il contenuto e determinando il relativo significato, riflettente la coscienza sociale del tempo.
In tale funzione creativa il giudice esplica un potere discrezionale, tenendo conto del sentire sociale ma risultando inevitabilmente condizionato dai propri valori, dalla propria esperienza e cultura ( Esser ).
Si spiega in tal modo come la medesima clausola generale possa risultare diversamente intesa, non solo da interpreti di sistemi diversi ma anche nell’ambito dello stesso ordinamento e perfino di uno stesso organo giudiziario.
Discrezionalità non significa tuttavia arbitrio, tanto più in quanto soggetta a controllo da parte dal giudice di legittimità, anche se la S.C. spesso, si è obiettato, relega al fatto, sottratto al suo sindacato, aspetti della clausola generale la cui erronea valutazione costituisce viceversa errore di diritto, come ad esempio l’erronea utilizzazione e valutazione di parametri posti a premessa maggiore di un argomentare sillogistico (Esser, Patti).
Riempiendo di contenuto le clausole generali, nell’esercizio del potere di formazione della norma da
applicare nel caso concreto delegatogli dal legislatore, il giudice viene a delineare la norma effettiva, e a tale stregua la giurisprudenza svolge un ruolo di fonte materiale del diritto.
Le S.U. della Corte Suprema di Cassazione hanno peraltro recentemente ravvisato il precetto della soggezione del giudice soltanto alla legge posto dall’art. 101 Cost. come ostativo alla possibilità che alla giurisprudenza venga attribuito il ruolo di fonte del diritto, in base alla tripartizione dei poteri viceversa di “competenza esclusiva” degli organi del “Potere legislativo”, laddove i giudici sono “estranei al circuito di produzione delle norme giuridiche”. Il “diritto vivente”, quale “fenomeno oggettivo” complesso, “legato alla natura assiologica della norma” e “determinato dalle dinamiche evolutive interne al sistema ordinamentale”, richiede in effetti la “mediazione accertativa” della giurisprudenza, ma in tale attività essa meramente “lo disvela” e “non per questo lo crea” (così Cass., Sez. Un., 11 luglio 2011, n. 15144).
La storia ha mostrato, si è sottolineato in dottrina (Patti), come le clausole generali e le norme elastiche o in bianco possano portare a “sentenze ingiuste”; e che la norma specifica o “assoluta” (Hedemann) è per converso non sempre in grado di tener conto di tutte le circostanze, presentando una “durezza” che le impedisce l’adattamento alla particolarità del caso concreto e alle nuove esigenze, e la cui applicazione può portare ad una “sentenza errata”
(Patti).
Emerge un quadro dal quale si evince l’importanza dell’argomento e dello sforzo al quale il giurista è ancora chiamato per assicurare decisioni corrette e giuste.
Metodologia – Alle relazioni introduttive seguirà la discussione aperta a tutti i partecipanti, e sono auspicati interventi di magistrati, avvocati, studiosi ed operatori del diritto che favoriscano l’emersione delle diverse opinioni in argomento.
Un magistrato dell’Ufficio del Massimario provvederà a riassumere i contenuti delle relazioni e della discussione.
Il report sarà reso disponibile sul sito www.cortedicassazione.it, oltre che diffuso nella rete Darc della formazione decentrata, così come tutti i contributi raccolti.
Destinatari – Giudici di legittimità e di merito, i sostituti procuratori generali della Suprema Corte.
Il seminario è aperto alla partecipazione di professori universitari, avvocati, studiosi e operatori del diritto.
PROGRAMMA Ore 14.30 AULA MAGNA
Presidenza ed introduzione L
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OVELLI PRIMO PRESIDENTE AGGIUNTO DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONERelazioni
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ERRUTI PRESIDENTE DI SEZIONE DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONEP
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ONSIGLIERE DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONES
ALVATOREP
ATTIPROFESSORE ORDINARIO DELLA SAPIENZA
UNIVERSITA’ DI ROMA
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EDERICOR
OSELLI PRESIDENTE DI SEZIONE DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONEL
AURAS
ALVANESCHIPROFESSORE ORDINARIO DELL’UNIVERSITA’
STATALE DI MILANO