Facolt` a di Ingegneria
Dipartimento di Elettronica e Informazione Politecnico di Milano
Facoltà di Ingegneria
Dipartimento di Elettronica e Informazione
I
NTEGRATEDE
LECTRONICS ANDI
NSTRUMENTATION FORP
HOTONC
OUNTINGAdvisor: Prof. Sergio COVA
Co-advisor: Prof. Franco ZAPPA
Ph.D. dissertation of
ANDREA CARLO GIUDICE
Ph.D. course in Electronics and Communications Engineering – XV, 1999-2002
Analizzatore di Spettro a Correlazione per l’Indagine di Dispositivi Elettronici
tramite Misure di Rumore ad Elevatissima Sensibilit` a
Relatore: Prof. Marco SAMPIETRO
Tesi di Dottorato di:
Giorgio FERRARI
Corso di dottorato in ingegneria elettronica e delle comunicazioni XV ciclo - 1999/2002
Al LabSamp
Presentazione III 1 Investigare i dispositivi elettronici tramite il loro rumore 1
1.1 Introduzione . . . 1
1.2 Rumore termico . . . 1
1.3 Rumore shot . . . 3
1.4 Random Telegraph Signal . . . 5
1.5 Rumore di generazione e ricombinazione . . . 9
1.6 Rumore 1/f . . . . 9
2 Analizzatore di spettro a correlazione 12 2.1 Introduzione . . . 12
2.2 Principio di funzionamento . . . 13
2.3 Elaborazione digitale . . . 14
2.4 Front-ends dello strumento . . . 16
2.4.1 Misura diretta del rumore di corrente . . . 16
2.4.2 Considerazioni di rumore e di dinamica . . . 17
2.4.3 Considerazioni di stabilit`a e banda . . . 18
2.4.4 Accoppiamento AC del DUT . . . 19
2.4.5 Misura diretta del rumore di tensione . . . 20
2.5 Effetto dell’impedenza del DUT . . . 21
2.5.1 Effetto dell’impedenza del DUT sulle misure di tensione . . . 23
2.6 Disuniformit`a tra i due canali . . . 24
2.7 Quantizzazione dei segnali . . . 25
2.8 Prestazioni dello strumento . . . 26
2.9 Estrazione di una singola componente di corrente da un multipolo . . . 28
2.10 Confronto con l’analizzatore di spettro tradizionale . . . 29
2.11 Confronto tra le misure di corrente e quelle di tensione . . . 30
3 Rumore shot nei conduttori diffusivi macroscopici 32 3.1 Rumore shot nei resistori? . . . 32
3.2 La teoria Gomila-Reggiani . . . 33
3.3 Caratteristiche del conduttore in CdTe . . . 36
3.4 Risultati sperimentali . . . 39
3.5 Confronto tra gli esperimenti e la teoria . . . 41
4 Dispositivi organici: il rumore come mezzo diagnostico 45 4.1 Introduzione . . . 45
4.2 Descrizione dei diodi organici . . . 46
4.2.1 Preparazione degli oLED testati . . . 47
4.3 Apparato sperimentale . . . 48
INDICE
4.4 Risultati sperimentali . . . 49
4.5 Analisi dell’evoluzione delle caratteristiche dell’oLED mediante misure di rumore 53 4.5.1 Analisi dell’evoluzione del degrado degli oLED . . . 54
5 Doppio amplificatore a transimpedenza a capacit`a commutate per misure a basso rumore 59 5.1 Amplificatore a transimpedenza a capacit`a commutate . . . 60
5.2 Dimensionamento dell’amplificatore a transimpedenza a capacit`a commutate . 62 5.3 Analisi di rumore . . . 64
5.4 Risultati delle simulazioni . . . 68
6 Nuove prospettive: gli effetti dello spin elettronico sul rumore telegrafico 72 6.1 Introduzione . . . 72
6.2 La tecnica EPR . . . 73
6.3 Risonanza di singolo spin misurata tramite rumore telegrafico . . . 74
6.3.1 I processi dipendenti dallo spin nei semiconduttori . . . 75
6.3.2 L’effetto dello spin sul rumore telegrafico . . . 76
6.4 Il sistema di misura . . . 78
6.5 Stato attuale della ricerca . . . 80
A L’algoritmo di elaborazione in dettaglio 81 A.1 Interpretazione vettoriale . . . 83
A.2 Il tempo di misura . . . 84
B Pubblicazioni 89
Bibliografia 124
La misura della tensione ai capi di un dispositivo elettronico, o della corrente circolante in esso, mostra che queste grandezze fluttuano casualmente nel tempo intorno al proprio valore medio. Queste fluttuazioni casuali sono chiamate rumore elettronico e sono presenti in un qualsiasi dispositivo reale e in ogni condizione di polarizzazione. La loro origine fisica `e da ricercarsi a livello microscopico nel moto dei portatori di carica che, per ragioni fisiche fondamentali (termodinamiche e quantistiche), `e soggetto a variazioni casuali. L’analisi del rumore elettronico di grandezze macroscopiche come la tensione e la corrente pu`o dunque fornire importanti informazioni sul mondo microscopico che governa il funzionamento del dispositivo elettronico. Alcuni esempi tipici dell’utilizzo del rumore come sonda non invasiva della dinamica microscopica dei portatori di carica sono presentati nel capitolo 1. Nello stesso capitolo `e inoltre sottolineato come l’analisi del rumore non solo permette di studiare la cinetica di trasporto dei portatori ma anche di caratterizzare i difetti presenti nel dispositivo e, in generale, la sua qualit`a.
L’importanza dell’analisi del rumore si scontra spesso con la difficolt`a sperimentale di mi- surarlo. Il rumore elettronico, infatti, `e presente anche negli strumenti di misura e determina, direttamente o indirettamente, il minimo segnale misurabile da essi. Nel capitolo 2 `e presen- tato un analizzatore di spettro appositamente studiato per ottenere un’elevatissima sensibilit`a di misura del rumore. Questo strumento si basa sul metodo della cross-correlazione ed `e co- stituito da due canali indipendenti che misurano lo stesso segnale da analizzare. Il rumore strumentale introdotto da un singolo canale `e presente solamente in esso ed `e, idealmente, completamente assente nell’altro. Eseguendo una operazione di cross-correlazione tra le uscite dei due canali si estrae la sola componente in comune, ossia il segnale che si intende misurare, sopprimendo i contributi del rumore strumentale. L’analizzatore di spettro realizzato esegue un’elaborazione del segnale digitale ed `e stato dotato di un particolare front-end in grado di misurare direttamente il rumore di corrente e di polarizzare il dispositivo senza richiedere reti esterne. Questo ha consentito di migliorare le prestazioni degli strumenti tradizionali di ordini di grandezza e di ottenere sensibilit`a di 1 fA/√
Hz in un intervallo di frequenze compreso tra 0.1 Hz e 1 MHz.
L’elevatissima sensibilit`a dello strumento costruito ha permesso di avviare uno studio spe- rimentale, riportato nel capitolo 3, sulla possibilit`a che conduttori diffusivi macroscopici possano presentare rumore shot. Per conduttore diffusivo si intende un dispositivo omogeneo in cui la conduzione avviene per deriva e per diffusione dei portatori e non `e limitata dalla propriet`a dei contatti con gli elettrodi. Tipici esempi di conduttori diffusivi sono i comuni resistori. Il rumore shot `e dovuto alla natura particellare dei portatori di carica e si manifesta quando questi sono indipendenti tra loro. L’assenza di rumore shot nei comuni resistori `e un fatto sperimentale ben noto ma a cui manca sorprendentemente un’interpretazione teo- rica unanimemente accettata. Recentemente `e stato proposto, da G. Gomila (Universitat de Barcelona) e L. Reggiani (Universit`a di Lecce e INFM), un modello teorico che anzi prevede l’insorgere del rumore shot quando le interazioni coulombiane tra i portatori sono rese tra- scurabili. Questa condizione pu`o essere soddisfatta anche da un resistore macroscopico, a
PRESENTAZIONE
condizione che la concentrazione dei portatori sia molto bassa e quindi il suo rumore cor- rispondentemente basso. Grazie alle prestazioni dell’analizzatore di spettro a correlazione `e stato per`o possibile avviare una collaborazione tra gli autori della nuova teoria e il nostro laboratorio per studiare sperimentalmente la presenza o meno del rumore shot. Le misure eseguite mostrano la prima evidenza sperimentale che un conduttore diffusivo macroscopico pu`o presentare rumore shot e che la transizione dal rumore termico al rumore shot avviene con una dipendenza dalla corrente anomala. I risultati sono inoltre in ottimo accordo con l’interpretazione microscopica basata unicamente sui processi diffusivi proposta da Gomila e Reggiani.
Una seconda applicazione dello strumento, resa possibile dalle sue prestazioni ed elevata flessibilit`a, `e stata l’indagine del rumore presente in diodi emettitori di luce costruiti con ma- teriale organico (oLED). Questi dispositivi sono uno degli obiettivi della ricerca mondiale in campo elettronico grazie alla loro possibile applicazione a basso costo e di facile realizzazione in display a colori di grandi dimensioni. Per un ulteriore miglioramento delle prestazioni di questi diodi, una dettagliata conoscenza dei meccanismi di conduzione `e di grande importanza.
Inoltre, per soddisfare le richieste di affidabilit`a necessarie per le applicazioni commerciali, si impone lo studio approfondito dei processi che portano al degrado dei dispositivi organici. Il capitolo 4 mostra che le misure di rumore sono un potente mezzo per studiare la condu- zione negli oLED e che consentono di individuare l’inizio del processo di degrado con grande anticipo rispetto ad altre tecniche. La ricerca presentata in questo capitolo `e stata svolta in collaborazione con la Technische Universit¨uat di Graz.
Gli studi sui dispositivi organici hanno mostrato l’utilit`a di analizzare il rumore non solo nel dominio delle frequenze, come `e possibile con l’analizzatore di spettro a correlazione, ma anche al variare del tempo. Questo ha portato alla ricerca di nuove tecniche di misura in grado di migliorare gli usuali strumenti di misura realizzati con amplificatori a transimpedenza. Nel capitolo 5 `e presentata una tecnica di misura innovativa che consente di migliorare la sen- sibilit`a delle misure temporali di rumore anche di due ordini di grandezza rispetto al caso tradizionale, purch´e il dispositivo di cui si intende studiare il rumore sia connesso al front-end dello strumento con una capacit`a parassita limitata e le correnti di polarizzazione siano inferiori a qualche decina di microAmpere. Il sistema di misura utilizza come componenti di guada- gno delle capacit`a e ricostruisce il segnale di ingresso continuamente nel tempo sfruttando la presenza di due canali che lavorano in parallelo ma alternativamente.
Nel capitolo 6, infine, `e presentata la ricerca recentemente avviata in collaborazione con il laboratorio MDM dell’INFM diretto dal prof. M. Fanciulli. La ricerca, ancora in fase pre- liminare, si propone di studiare gli effetti dello spin elettronico sul rumore, con particolare riferimento all’andamento nel tempo del rumore telegrafico prodotto dai fenomeni di intrap- polamento e di emissione dei portatori da parte di una singola trappola. Gli obiettivi di questo studio sono principalmente due. Da una parte, pu`o contribuire alla comprensione dei processi spin-dipendenti, fornendo una possibilit`a unica per l’analisi diretta dell’interazione mediata dallo spin tra una sola trappola ed un portatore. Il secondo obiettivo, ma non meno importante, `e quello di permettere la caratterizzazione chimica e fisica dei difetti presenti nei dispositivi sub-micrometrici. Combinando infatti le misure di rumore telegrafico con la tra- dizionale tecnica spettroscopica EPR, adatta nel caso di un elevato numero di difetti, ci si propone di poter studiare il singolo difetto presente nel dispositivo.
Investigare i dispositivi elettronici tramite il loro rumore
1.1 Introduzione
Per rumore elettronico si intende la fluttuazione casuale della corrente che percorre un dispo- sitivo elettronico, o della tensione ai suoi capi, causato dalla statistica di moto dei portatori di carica. Sono molteplici le motivazioni che spingono a indagare il rumore elettronico [48, 58].
In primo luogo perch´e `e un fenomeno inevitabile e universale: tutti i dispositivi elettro- nici presentano qualche tipo di rumore per ragioni termodinamiche (agitazione termica) e quantistiche.
In secondo luogo, le fluttuazioni costituiscono una perturbazione casuale dei sistemi elettro- nici che limitano le loro prestazioni massime in termini di capacit`a di elaborare segnali deboli.
Con la tendenza odierna di ridurre la dissipazione di potenza e quindi i livelli di corrente e/o di tensione, il rumore sovrapposto ai segnali diventa sempre pi`u significativo. Inoltre, la tendenza a progettare dispositivi nanometrici comporta la diminuzione dei portatori di carica che costituiscono il segnale e perci`o la variazione microscopica del loro moto pu`o portare ad effetti macroscopici sul segnale. E’ quindi chiaro che un’ottima comprensione del rumore `e necessaria per la corretta progettazione dei dispositivi e dei sistemi elettronici della prossima generazione.
Infine, negli ultimi anni lo studio del rumore ha goduto di un crescente interesse per la sua capacit`a di fornire informazione sulla fisica del dispositivo, in particolare sulla cinetica dei portatori di carica e sulla qualit`a dei dispositivi. La caratteristica del rumore di rendere visibile su variabili macroscopiche (corrente e/o tensione) i fenomeni microscopici che coinvolgono i portatori di carica, agendo come una sorta di lente di ingrandimento, e la capacit`a unica del rumore di permettere l’analisi dei dispositivi nelle reali condizioni di lavoro senza richiedere polarizzazioni particolari o l’impiego di strutture del dispositivo speciali, sono solo due esempi che mostrano tutte le potenzialit`a delle analisi del rumore.
Nei paragrafi successivi analizzeremo brevemente, e senza pretesa di completezza, i prin- cipali tipi di rumore presenti nei dispositivi elettronici, evidenziando quali informazioni si possono ricavare dal loro studio.
1.2 Rumore termico
Un qualsiasi mezzo conduttore in equilibrio termico mostra ai suoi capi una fluttuazione della tensione, se operante in circuito aperto, o della corrente, se operante in cortocircuito.
Queste fluttuazioni, chiamate rumore termico o anche rumore Johnson, sono prodotte dal moto casuale dei portatori dovuto alla loro agitazione termica. Per mostrare l’origine fondamentale
CAPITOLO 1 INVESTIGARE I DISPOSITIVI ELETTRONICI TRAMITE IL LORO RUMORE 1.2
R C v
CS
iFigura 1.1: Circuito RC per la valutazione del rumore termico. In parallelo alla resistenza `e stato posto un generatore equivalente di corrente per schematizzare le fluttuazioni di corrente causate dal rumore termico.
ed inevitabile di questo tipo di rumore, consideriamo il semplice circuito di figura 1.1 in cui si
`e posto un condensatore ai capi di un resistore di valore R.
Il generatore equivalente di corrente in parallelo alla resistenza schematizza le fluttuazioni di corrente prodotte dal rumore termico. Il circuito `e quindi una rete passiva a singola costante di tempo. In termini energetici questo significa che ha una solo grado di libert`a: fissata l’energia elettrostatica del condensatore, ossia la tensione vC ai suoi capi, tutte le variabili elettriche sono determinate. Dalla meccanica statistica `e noto che per un sistema in equilibro termico ad una temperatura T ogni grado di libert`a del sistema ha un’energia media pari a kT /2 (principio di equipartizione). Nel nostro caso, in base a questo principio avremo che l’energia elettrostatica del condensatore ha un valore medio pari a kT /2:
1 2C
vC2®
= kT
2 (1.1)
Il valore quadratico medio della tensione ai capi del condensatore `e perci`o
v2C®
= kT
C (1.2)
Con riferimento al circuito della figura 1.1 indicando con Si lo spettro di potenza delle fluttuazioni di corrente del rumore termico della resistenza, il valore quadratico medio della tensione ai capi del condensatore `e anche data da [55]:
vC2®
= Z +∞
0
Si·
¯¯
¯¯ R 1 + jωRC
¯¯
¯¯
2
df = Z +∞
0
Si· R2
1 + ω2R2C2 df = RSi
4C (1.3)
dove si `e supposto Si constante in frequenza. Dal confronto con la relazione precedente si trova che lo spettro di potenza del rumore termico vale
Si = 4kT
R (1.4)
Questa espressione deriva da argomenti termodinamici fondamentali e giustifica l’univer- salit`a della presenza del rumore termico; `e inoltre da osservare che il rumore termico dipende unicamente dal valore del resistore e dalla sua temperatura. L’ipotesi che Sisia costante con la frequenza pu`o essere giustificata con una trattazione pi`u dettagliata a livello microscopico [79]
o seguendo l’argomento di Nyquist su una linea di trasmissione terminata da due resistori [74].
Da queste analisi pi`u raffinate si trova che lo spettro di potenza del rumore termico ha effetti- vamente l’espressione dell’eq. 1.4 ed `e constante fino a frequenze prossime a kT /h, dove h `e la constante di Planck. Per tutte le frequenze di normale interesse il rumore termico pu`o essere quindi considerato bianco (constante con la frequenza).
E’ immediato verificare che il rumore termico pu`o essere anche schematizzato come flut- tuazione della tensione ai capi del resistore con spettro di potenza pari a Sv = 4kT R.
Il rumore termico `e presente non solo quando il resistore lavora in cortocircuito o a circuito aperto ma anche quando `e percorso da una corrente non nulla. Infatti, l’agitazione termica dei portatori `e presente anche in queste situazioni e avremo ancora delle fluttuazioni statistiche
L -q x
v
Catodo Anodo
Figura 1.2: Carica indotta da un elettrone posto ad una distanza x dal catodo di un diodo a vuoto.
del moto dei portatori. Nel caso generale possiamo per`o avere i portatori ad una temperatura diversa da quella dell’ambiente (per esempio per effetto di elettroni caldi) e quindi la tempera- tura T da utilizzare nelle formule precedenti deve essere un valore rappresentativo dell’energia cinetica media dei portatori (EC = 3kT /2). Come vedremo nei paragrafi seguenti, quando nel resistore fluisce una corrente possono sorgere altri tipi di rumore che si sovrappongono a quello termico che rendono errato associare unicovamente un incremento del rumore misurato ad un aumento della temperatura dei portatori e non a qualche altro fenomeno.
E’ da notare infine che il rumore termico `e generato da un qualsiasi resistore fisico che dissipa potenza quando `e percorso da corrente [10]; viceversa, per una resistenza dinamica Rd = dV / dI di un sistema non lineare non `e possibile, in generale, associare ad essa un rumore termico 4kT /Rd.
Proprio a causa della sua universalit`a, il rumore termico normalmente non fornisce molta informazione sul particolare dispositivo sotto indagine (DUT, device under test). Tra le sue applicazioni possiamo per`o segnalare la possibilit`a di realizzare un termometro. Misurando il rumore termico di una resistenza di valore noto `e possibile ricavare la sua temperatura assoluta. La caratteristica di questo particolare termometro `e di poter lavorare in un elevato intervallo di temperature mantenendo una buona linearit`a e, data la sua semplicit`a, anche in ambienti ostili [106]. Tutte le variazioni che subisce il valore della resistenza possono essere facilmente compensate misurandone il valore con altre tecniche prima di rilevare il rumore.
Una seconda applicazione `e la possibilit`a di misurare il valore di una resistenza mantenendo le condizioni di equilibrio, senza perturbare in alcun modo il dispositivo. Questa caratteri- stica unica pu`o permettere, per esempio, di rilevare cambiamenti fisico-chimici in un sistema biologico senza obbligarlo ad essere percorso da corrente.
1.3 Rumore shot
La natura particellare dei portatori di carica pu`o generare un secondo tipo di rumore quando nel dispositivo fluisce una corrente I. Consideriamo il caso semplice di un diodo a vuoto operante in regione satura (vedi fig. 1.2), in cui non sono presenti fenomeni di carica spaziale e gli elettroni possono essere considerati indipendenti tra loro. Durante il moto di un elettrone dal catodo all’anodo si induce su quest’ultimo una carica positiva qi = qx/L, dove x `e la posizione del portatore rispetto al catodo. Il suo contributo alla corrente complessiva I `e perci`o dato da
i(t) = dqi dt = q
Lv(t) (1.5)
dove v(t) `e la velocit`a dell’elettrone durante il moto. La corrente che fluisce nel diodo a vuoto non `e continua ma `e data dalla sovrapposizione di tanti impulsi di corrente dati dall’eq. 1.5 e che insorgono agli istanti di tempo casuali in cui avviene l’emissione termoionica degli elettroni al catodo. Il rumore shot `e una fluttuazione della corrente fluente nel diodo
CAPITOLO 1 INVESTIGARE I DISPOSITIVI ELETTRONICI TRAMITE IL LORO RUMORE 1.3
che nasce dalla fluttuazione statistica del numero di elettroni emessi dal catodo nell’unit`a di tempo. In altri termini, si pu`o vedere il rumore shot generato dalla fluttuazione del numero di elettroni presenti nel diodo.
Indichiamo con λ il numero di portatori emessi in media ogni secondo e, per maggiore generalit`a, consideriamo impulsi elementari di corrente di forma h(t) (nel caso precedente h(t) = v(t)/L) e area Q (nel caso precedente Q = q). Nel caso comune in cui gli impulsi di corrente sono indipendenti tra loro e avvengono in istanti casuali che seguono una statistica di Poisson, si pu`o dimostrare [55, 107] che lo spettro di potenza del rumore shot `e
Si(ω) = 2λQ2|H(jω)|2 (1.6)
Osservando che la corrente media del dispositivo `e data da I = λQ, la formula precedente pu`o essere riscritta come
Si(ω) = 2QI |H(jω)|2 (1.7)
L’andamento in frequenza dello spettro del rumore shot `e in realt`a spessissimo trascurabile.
Infatti la durata dell’impulso di corrente h(t) `e dell’ordine del tempo di transito ttrdei portatori tra gli elettrodi e quindi la banda in cui il rumore shot si mantiene costante `e grosso modo pari a 1/ttr. Nei comuni dispositivi elettronici i tempi di transito sono inferiori al nanosecondo e quindi il rumore shot si mantiene constante fino a frequenze dell’ordine dei GHz. Peraltro nei casi particolari in cui `e misurabile l’andamento in frequenza del rumore shot, questo pu`o essere utilizzato per ricavare una stima del tempo di transito dei portatori e da questo della loro mobilit`a [84]. La formula classica del rumore shot
Si= 2qI (1.8)
si ottiene trascurando l’andamento in frequenza e considerando impulsi di corrente dovuti a un singolo elettrone di carica q.
Negli ultimi anni, il rumore shot `e stato oggetto di un crescente interesse nella comu- nit`a scientifica per la possibilit`a di usarlo come sonda quantitativa della cinetica dei portatori di carica. Un importante esempio `e l’utilizzo del rumore shot per dimostrare l’esistenza di portatori con una carica effettiva minore di quella dell’elettrone. Nel 1982 il fisico teorico Laughlin [59], nel tentativo di spiegare l’effetto Hall quantistico frazionario, ha predetto l’esi- stenza di quasiparticelle (stati elettronici collettivi) con una carica elettrica pari ad un terzo di quella dell’elettrone. Nel 1997, due gruppi di ricerca distinti [15, 80], hanno confermato sperimentalmente la teoria misurando un rumore shot con il fattore Q pari proprio a q/3, dimostrando cos`ı la teoria di Laughlin.
Sempre nello studio della cinetica dei portatori di carica, il rumore shot permette di stu- diare la correlazione tra di essi. La relazione precedente del rumore shot suppone i portatori indipendenti tra di loro. Eventuali interazioni tra essi, per esempio dovuto alla repulsione coulombiana o anche al principio di esclusione di Pauli, possono far s`ı che si perda l’individua- lit`a del singolo portatore e prevalga un comportamento collettivo. Questo pu`o portare sia ad una riduzione che ad un aumento del rumore shot. Per esempio, nei conduttori mesoscopici, dove la lunghezza del dispositivo `e molto pi`u corta del cammino medio dei portatori tra due urti anelastici, il principio di esclusione Pauli pu`o impedire l’accumulo di elettroni all’interno del conduttore. Favorendo il mantenimento dello stesso numero di portatori, il principio di Pauli riduce le fluttuazioni della corrente e porta ad un rumore shot soppresso [3, 54]. Le correlazioni tra i portatori possono anche portare a un aumento del rumore shot. Questo `e stato per esempio verificato misurando il rumore shot di una corrente che attraversa per effetto tunnel due barriere successive [45]. Se per una fluttuazione statistica un numero maggiore del valore medio supera la prima barriera si ha un accumulo di elettroni nello stato confinato tra le due barriere. Questo porta a un innalzamento dell’energia dello stato confinato che, in
' I
t
0t
1Figura 1.3: Esempio di rumore telegrafico misurato in un MOS submicrometrico (∆I = 100 nA, ID= 21 µA, t0= 1.6 ms, t1= 230 µs).
particolari condizioni di polarizzazione, favorisce il passaggio per effetto tunnel di un numero ancora maggiore di elettroni. In questo modo si instaura una sorta di retroazione positiva che amplifica le fluttuazioni e quindi il rumore shot.
Da questi pochi esempi si pu`o ben intuire il ruolo fondamentale delle misure di rumore shot nello studio del moto microscopico e della cinetica dei portatori.
Il rumore shot e il rumore termico sono due forme di rumore fondamentale, uno dovuto alla natura particellare dei portatori di carica e l’altro a questioni termodinamiche. Tuttavia, a differenza del rumore termico, il rumore shot non `e presente in tutti i dispositivi elettronici perch´e pu`o essere annullato dalle correlazioni prodotte dall’interazione tra i portatori. E’
comunemente accettato [108] che affinch´e il rumore shot si manifesti a livello macroscopico nel dispositivo deve essere presente una barriera di potenziale (come in una giunzione p-n) il cui superamento permette di evidenziare la natura particellare della corrente. Come sar`a mostrato nel capitolo 3 questa non `e per`o una condizione necessaria e anche un semplice resistore macroscopico pu`o presentare rumore shot, confermando la natura fondamentale del rumore shot.
1.4 Random Telegraph Signal
Come conseguenza dei recenti miglioramenti della tecnologia microelettronica, `e ora possibile produrre facilmente dispositivi elettronici con un volume attivo cos`ı piccolo da contenere solo un limitato numero di portatori (poche centinaia o anche meno). In questi casi, l’alternanza casuale tra la cattura e il rilascio dei portatori in un singolo difetto genera un corrispondente effetto macroscopico sulla resistenza del dispositivo, e quindi sulla corrente circolante, chiamato random telegraph signal (RTS). Nella fig. 1.3 `e riportato un esempio di rumore telegrafico misurato come variazione della corrente di drain di un transistore MOS di dimensioni W ×L = 0.28µm × 0.18µm. Affinch´e il rumore RTS sia riconoscibile come tale, `e necessario che i centri di intrappolamento attivi siano pochi. Questa condizione `e favorita non solo dalle ridotte dimensione del dispositivo ma anche dal fatto che le trappole attive sono solo quelle che distano in energia pochi kT dal livello di Fermi. Il rumore, infatti, `e una misura dell’incertezza e la fluttuazione sar`a larga solo se la trappola ha approssimativamente la stessa probabilit`a di trovarsi piena o vuota e da qui di spendere quasi lo stesso tempo in ciascuno stato. Questo significa che le trappole attive dal punto di vista del rumore sono solamente quelle con energie prossime a quella del livello di Fermi o di quasi Fermi. Questo ha portato alla misura di rumore telegrafico anche in transistori JFET con dimensioni di decine di µm [49, 50].
Lo studio del rumore RTS ha fornito un potente mezzo per investigare la cinetica di cattura
CAPITOLO 1 INVESTIGARE I DISPOSITIVI ELETTRONICI TRAMITE IL LORO RUMORE 1.4
ed emissione dei portatori, l’origine microscopica del rumore 1/f (vedi par. 1.6) e la natura dei singoli difetti in particolar modo all’interfaccia Si − SiO2. Nel caso dei MOS, a cui nel seguito fare riferimento, mediante la dipendenza dalla temperatura e dalla tensione di gate del rumore RTS, `e possibile estrarre tutti i principali parametri del difetto: la sua posizione all’interno dell’ossido, la cross-section di cattura, il suo livello energetico, l’energia di attivazione per la cattura e per l’emissione e l’entropia del difetto [2]. Analizziamo brevemente come ricavare questi parametri.
Riferendoci alla gi`a citata fig. 1.3, possiamo individuare tre parametri caratteristici del rumore telegrafico: la variazione ∆I della corrente di drain dovuto al fenomeno di cat- tura/rilascio, e i tempi medi necessari per una transizione da ‘basso’ ad ‘alto’, τ0 =< t0 >, e da ’alto’ a ‘basso’, τ1 =< t1 >. Questi parametri caratterizzano completamente anche la densit`a spettrale di potenza del rumore telegrafico. Si pu`o infatti mostrare [65] che lo spettro assume un andamento Lorentziano:
S(f ) = 4∆I2τ2 τ0+ τ1
1
1 + (2πf τ )2 (1.9)
dove si `e posto
τ = 1
1/τ0+ 1/τ1 (1.10)
Lo spettro non permette per`o di ricavare i tre parametri caratteristici del rumore RTS ma solo delle loro combinazioni. Per questo, normalmente, il rumore telegrafico `e analizzato nel tempo e non nelle frequenze.
L’ampiezza ∆I del rumore RTS `e determinata da due fattori. La cattura di un elettrone da parte della trappola riduce di un’unit`a il numero Nc di portatori liberi nel canale. Se il transistore lavora in condizione di forte inversione questo porta a ∆I/ID = −1/Nc 1. Un secondo effetto che agisce sull’ampiezza ∆I `e la variazione di mobilit`a µ dei portatori nel canale causato dall’intrappolamento. Quando la trappola ha una carica netta non nulla, l’interazione coulombiana tra trappola e portatori liberi nel canale porta ad una diminuzione della mobilit`a (la trappola carica `e un centro di scattering).
Le fluttuazioni normalizzate della corrente di drain, causate dalla cattura di un portatore, possono allora essere calcolate come somma di questi due fattori:
∆I
ID = ∆N Nc ±∆µ
µ = − 1 Nc ± α
W Lµ (1.11)
dove W e L sono le dimensioni del canale e α il coefficiente di scattering. Il segno del cambiamento della mobilit`a dipende dal tipo di trappola: positivo se di tipo donore (neutra dopo la cattura del portatore), negativo se di tipo accettore (neutra dopo l’emissione). Quando il transistore lavora in zona ohmica `e possibile stimare il numero Nc di portatori nel canale dalla misura della corrente di drain e dall’ampiezza del rumore telegrafico stimare il coefficiente di scattering α della trappola.
Molte pi`u informazioni si possono ottenere dallo studio dei tempi caratteristici τ0 e τ1 perch´e questi sono strettamente legati alla posizione energetica e spaziale della trappola. Rife- rendoci al caso di un n-MOS, il diagramma delle bande di energia alla posizione della trappola
`e schematizzato nella fig. 1.4a. Diminuendo la tensione di gate di ∆VG, aumenta il livello ener- getico della trappola rispetto al livello di Fermi. Detto in altri termini, la trappola rimarr`a in media per meno tempo con il portatore catturato. Osservando come cambiano i tempi medi τ0 e τ1 al variare della tensione di gate possiamo individuare perci`o a quale livello della corrente
1Quando il transistore lavora in debole inversione (sottosoglia) il calcolo della riduzione effettiva del numero di portatori `e pi`u complicato perch´e le linee di forza del campo elettrico della carica intrappolata si chiudono anche verso la regione svuotata.
qVg > 0
EF
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SiO2 silicio p
gate
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tox
a) b)
Figura 1.4: (a) Diagramma dei livelli energetici all’interfaccia Si − SiO2 di un n-MOS; ET denota il livello energetico della trappola, ∆ECT la posizione energetica della trappola rispetto alla banda di conduzione, ψs`e il potenziale all’interfaccia (band bending); gli altri simboli hanno il significato usuale.
(b) Spostamento dei livelli energetici dovuto a un decremento ∆VGdella tensione di gate, ET0 `e il nuovo livello energetico della trappola; xT `e la distanza della trappola dall’interfaccia.
corrisponde lo stato con portatore intrappolato e quale a quello di trappola vuota. Questo, a sua volta, permette di individuare il tipo di trappola: se la condizione di portatore intrap- polato corrisponde al livello basso di corrente, significa che in questa situazione la trappola `e carica, cio`e `e di tipo accettore; nel caso opposto la trappola `e di tipo donore.
Per rendere la trattazione successiva indipendente dal tipo di trappola `e utile a questo punto introdurre una nuova notazione. Indicheremo con τcil tempo medio necessario a cattu- rare un portatore (1/τc`e quindi la probabilit`a di cattura) e con τeil tempo medio di emissione.
Imponendo che il tempo medio di occupazione della trappola sia dettato dalla statistica di Fermi-Dirac, `e immediato verificare che deve valere la relazione
τc
τe = g exp
µET − EF kT
¶
(1.12) dove g `e il fattore di degenerazione, normalmente uguale a 1 (come supporremo nel seguito).
Prendendo il logaritmo dell’espressione precedente e derivando rispetto alla tensione di gate si ha:
kT d dVGlog
µτc τe
¶
= d
dVG(ET − EF) (1.13)
Osservando che la tensione di gate all’interno dell’ossido produce un campo elettrico constante, con l’aiuto della fig. 1.4b si ricava da considerazioni geometriche che
(ET0 − EF) − (ET − EF) = q∆ψS+ xT
tox(q∆VG− q∆ψS) (1.14) in cui ET0 − EF rappresenta la nuova posizione energetica della trappola dopo uno spo- stamento negativo ∆VG della tensione di gate; q∆ψS `e invece il piegamento delle banda di valenza e di conduzione del silicio causato dal cambiamento di tensione di gate. Combinando le ultime due equazioni, si ricava la posizione xT della trappola all’interno dell’ossido:
kT d dVGlog
µτc τe
¶
= qdψS dVG −xT
tox(q + qdψS dVG)
⇒ xT tox =
·dψS dVG − kT
q d dVGlog
µτc τe
¶¸ µ
1 +dψS dVG
¶−1
(1.15)
CAPITOLO 1 INVESTIGARE I DISPOSITIVI ELETTRONICI TRAMITE IL LORO RUMORE 1.5
Il piegamento delle bande ψS pu`o essere stimato da un’analisi standard del MOS [98]. Se si lavora in condizione di forte inversione la sua variazione con la tensione di gate `e peraltro tra- scurabile e la posizione della trappola nell’ossido si pu`o ricavare direttamente dall’andamento dei tempi medi di emissione e di cattura.
Dall’andamento in temperatura dei tempi τce τesi pu`o inoltre avere una caratterizzazione energetica completa della trappola. Basandoci infatti sulla statistica di Shockley-Read-Hall, la probabilit`a di cattura 1/τc pu`o essere espressa in termini della densit`a di portatori n (per unit`a di volume) nel canale, la velocit`a media dei portatori v (sostanzialmente la velocit`a termica) e la cross-section σ della trappola:
1
τc = nvσ (1.16)
La cross-section `e un processo termicamente attivato [52] e pu`o essere espressa con una barriera di energia ∆EB e un prefattore σ0:
σ = σ0exp(−∆EB/kT ) (1.17)
La densit`a di portatori n nel canale pu`o essere ricavata dalla corrente di drain nel caso in cui il transistore lavori in zona ohmica: I = nqµVDStW/L, dove t rappresenta lo spessore dello strato di inversione del canale. Assumendo gli abituali andamenti in temperatura per la mobilit`a (T−3/2) e lo spessore del canale (T ) e combinando le ultime due equazioni scritte, otteniamo infine:
IT τc= exp (∆EB/kT )
σ0χ (1.18)
in cui χ `e una costante indipendente dalla temperatura. Valutando la corrente e il tempo medio per la cattura τc al variare della temperatura possiamo perci`o calcolare la barriera di energia che deve superare da un portatore nel canale per essere intrappolato.
Ricordando che la densit`a dei portatori `e anche pari a n = NCexp [−(EC− EF)/kT ] (NC ∝ T3/2 `e la densit`a efficace di stati nella banda di conduzione) e utilizzando le equa- zioni 1.12 e 1.16 si ricava inoltre
T2τe= exp [(∆EB+ (EC− ET))/kT
σ0gη (1.19)
che permette mediante un diagramma di Arrhenius di ricavare la posizione energetica della trappola rispetto alla banda di conduzione del silicio (η `e una costante indipendente dalla temperatura). Con una stima dello spessore del canale t `e possibile inoltre valutare σ0. Sperimentalmente dall’ultima equazione si ottiene una stima di EC− ET sistematicamente sovrastimata. Questa discrepanza `e risolta [52] se si considera EC− ET come energia libera di Gibbs e quindi divisa in una componente entalpica e in una entroprica [19]:
EC − ET = ∆HCT − T ∆S (1.20)
La componente entropica `e dovuta alla differente entropia del sistema nei casi di portatore intrappolato e di portatore nel canale. Con questa interpretazione l’eq. 1.19 si modifica in
T2τe= exp (∆S/k) exp [(∆EB+ ∆HCT)/kT ]
σ0gη (1.21)
Dall’andamento in temperatura del tempo medio di emissione τe possiamo perci`o ricavare sia il contributo entropico (indipendente dalla temperatura) ed entalpico della trappola.
In conclusione, da questa veloce discussione sul rumore telegrafico `e evidente la sua straor- dinaria efficacia nel permettere l’indagine della dinamica di singoli difetti e, al diminuire delle dimensioni permesse dalla tecnologia, non stupisce il crescente interesse di cui gode.
1.5 Rumore di generazione e ricombinazione
Il rumore di generazione e ricombinazione (g − r) `e dovuto alla fluttuazione del numero di portatori liberi a causa delle transizioni spontanee tra due o pi`u livelli energetici. E’ un’im- portante sorgente di rumore nei semiconduttori e comunemente le transizioni dei portatori avvengono tra la banda di conduzione e un livello energetico nel gap dovuto a impurezze o anche tra la banda di conduzione e la banda di valenza.
La sua natura `e quindi molto simile a quella del rumore telegrafico del paragrafo precedente ma in questo caso si assume la presenza di molti centri di intrappolamento (tutti con la stessa energia). Lo spettro di potenza del rumore g − r `e ancora una lorentziana del tipo
S(f ) = A2
1 + (2πf τ )2 (1.22)
L’ampiezza dello spettro lorentziano, A, `e un indicatore del numero di centri di intrap- polamento nel dispositivo e quindi pu`o essere utilizzato per valutare la sua qualit`a. Spesso in letteratura si indica con il nome g − r anche altri rumori con spettro lorentziano, anche se l’origine fisica pu`o essere molto differente. Per migliore chiarezza, indicheremo con rumore g − r solo quelli generati dal processo fisico appena descritto.
Diversamente dal rumore RTS, la distribuzione delle ampiezze del segnale nel tempo as- sume ora un andamento gaussiano a causa della sovrapposizione dei tanti rumori telegrafici con la stessa constante di tempo.
Come nel caso del rumore telegrafico, analizzando la variazione del τ della lorentziana prodotta dal rumore g − r al variare della temperatura `e possibile determinare l’energia di attivazione e la cross-section delle trappole. Per una determinazione quantitativa della con- centrazione delle trappole attive `e invece necessario un modello dettagliato del dispositivo per determinare l’ampiezza del singolo evento telegrafico alla base del rumore g −r. Questa analisi dettagliata `e stata per esempio realizzata per un resistore di silicio drogato p e ha permesso di individuare la concentrazione di impurezze [8].
1.6 Rumore 1/f
Il rumore di tipo 1/f `e una fluttuazione casuale a bassa frequenza con uno spettro di potenza avente un andamento in frequenza inversamente proporzionale a f , a cui deve il suo nome. E’
diffusissimo non solo nei dispositivi elettronici ma sostanzialmente in tutti i sistemi in cui sono presenti fluttuazioni casuali (dal numero di macchie solari alla fluttuazione dei toni musicali).
L’universalit`a di questo fenomeno ha spinto molti ricercatori a cercare un processo generale che consenta di spiegarlo ma tuttora non esiste una teoria esauriente in grado di giustificare le sue caratteristiche. Anche limitandoci al solo campo dei dispositivi elettronici, sono state proposte diverse spiegazioni alla presenza del rumore 1/f ma nessuna in grado di spiegare tutti i risultati sperimentali [43, 109, 105, 100].
Alla base di molti tentativi di spiegare i meccanismi del rumore 1/f `e la formula empirica proposta nel 1969 da Hooge [42]
SR R2 = α0
N f (1.23)
Questa relazione afferma che le fluttuazioni sul valore della resistenza normalizzate al valore della resistenza stessa sono proporzionali ad una costante α0 e inversamente proporzionale al numero N di portatori liberi nel dispositivo. Per un dispositivo che soddisfa la legge di Ohm l’equazione precedente pu`o essere anche scritta come
SV V2 = SI
I2 = SR R2 = α0
N f (1.24)
CAPITOLO 1 INVESTIGARE I DISPOSITIVI ELETTRONICI TRAMITE IL LORO RUMORE 1.6
E’ stato ampiamente dimostrato che la costante α0 (chiamata di Hooge), inizialmente sup- posta pari a 2 × 10−3per tutti i sistemi e indipendente dalla temperatura, pu`o variare di molti ordini di grandezza e pu`o essere compresa tra 10−7 e 10−2. La dipendenza quadratica rispetto al parametro che si misura `e invece spesso confermato. Sebbene la validit`a di questa espres- sione non `e generale, `e pratica comune indicare l’intensit`a del rumore 1/f in un dispositivo fornendo il valore della constante di Hooge. L’utilit`a `e che il confronto tra rumori differenti `e reso indipendente dalla polarizzazione, dalla frequenza e dalla dimensione (tramite N ).
Per l’indagine dei dispositivi elettronici, un modello di rumore 1/f che si `e rilevato utile prevede che questo sia generato dalla sovrapposizione di rumore telegrafici (o di generazione- ricombinazione) indipendenti tra loro e con un’opportuna distribuzione dei tempi caratteristici.
Pi`u precisamente, le constante di tempo τ0caratteristiche dei singoli rumori RTS devono avere una distribuzione del tipo
g(τ0) dτ0 = dτ0
τ0 (1.25)
per analogia con 1.9 si ha SI I2 ∝
Z τmax
τmin
g(τ0)τ0dτ0 1 + ω2τ02 =
Z τmax
τmin
dτ0
1 + ω2τ02 (1.26)
che varia approssimativamente come 1/ω nell’intervallo di frequenze dove 1/τmax ¿ ω ¿ 1/τmin. Le constanti di tempo τmin e τmax rappresentano rispettivamente il tempo minimo e massimo associabile al processo fisico che genera i singoli rumori RTS. In verit`a, nell’intervallo di frequenze misurabile questi tempi limiti del rumore 1/f non sono mai stati misurati, essendo ad alta frequenza limitato dal rumore termico (o di altri rumori in eccesso) e a bassa frequenza dalla durata dell’esperimento2.
La distribuzione delle costanti di tempo g(τ0) dell’eq. 1.25 pu`o essere ottenuta da una distribuzione uniforme di una quantit`a q se
τ0= τ00eDq (1.27)
dove τ00 e D sono costanti. Grazie alla dipendenza esponenziale, `e sufficiente una distri- buzione uniforme di q in un piccolo intervallo per generare un rumore 1/f su molte decadi.
Per la quantit`a q sono stati proposti meccanismi specifici per diversi sistemi. Per esempio, per transistori MOS l’equazione precedente pu`o rappresentare i tempi medi di intrappolamento per effetto tunnel di portatori all’interno dell’ossido di gate e la quantit`a q rappresenta la distanza della trappola dall’interfaccia Si − SiO2 [70]. Questo modello `e stato verificato spe- rimentalmente considerando il rumore 1/f di MOS di dimensione attive diverse. Nei MOS di dimensioni minori (normalmente con area di gate minore di 1 µm2) le trappole attive sono poche e sono chiaramente riconoscibili i singoli contributi di rumore RTS. All’aumentare della dimensione, si osserva il sommarsi dei rumori RTS che portano al rumore 1/f . In genere sono sufficienti 5-6 trappole per dare uno spettro molto prossimo a quello 1/f .
L’eq. 1.27 si pu`o anche ottenere considerando i tempi medi di emissione di un processo attivato termicamente; questo spiega per esempio il rumore 1/f misurato in resistenze a film metallico [17].
Quando la distribuzione delle costanti di tempo non segue esattamente l’eq. 1.25 si possono ottenere spettri di potenza con andamento del tipo 1/fα, con α tipicamente compreso tra 0.7 e 1.2. Deviazioni pi`u marcate dell’esponente generalmente sono dovute a fenomeni fisici differenti3.
2E’ stato misurato rumore 1/f fino a frequenze cos`ı basse come 10−7Hz, generando non poche perplessit`a perch´e uno spettro rigorosamente 1/f fino a frequenza zero implicherebbe un integrale dello spettro, e quindi un’intensit`a delle fluttuazione, divergente.
3Per esempio quando i portatori diffondono da un piccolo volume attivo ad un volume pi`u grande pu`o nascere un rumore con spettro del tipo 1/f3/2[102].
L’utilizzo del rumore 1/f nello studio dei dispositivi elettronici `e normalmente limitato a valutare la qualit`a e l’affidabilit`a. Questo perch´e, come detto, solo in pochi casi si ha una precisa conoscenza dell’origine microscopica del rumore 1/f che permetta di ricavare informazioni precise sui parametri del dispositivo dalla sua misura. Tra questi, Si pu`o segnalare il caso dei transistori dei MOS in cui utilizzando un raffinamento del modello precedentemente mostrato `e possibile stimare la densit`a di trappole nell’ossido di gate [76].
Viceversa, cambiamenti chimici alla superficie, diffusione di ioni di impurezze all’interno del materiale, fenomeni di stress meccanico, stati di interfaccia o di superficie, contatti mecca- nici con scarse propriet`a elettriche, fenomeni di elettromigrazione, la granularit`a del materiale e in generale il suo disordine sono tutte sorgenti riconosciute di rumore in eccesso che spessis- simo si presentano sotto forma di rumore 1/f . Misurando il rumore in eccesso di dispositivi nominalmente identici, quelli che presentano un rumore minore hanno meno difetti e imperfe- zioni e quindi sono di qualit`a migliore e pi`u affidabili [46, 47, 99]. La maggiore sensibilit`a delle misure di rumore rispetto a misure pi`u tradizionali, per esempio in DC, deriva dal fatto che quest’ultime misurano caratteristiche medie che vengono influenzate dalle imperfezioni solo quando queste si sommano per dare un contributo macroscopico. Viceversa, il rumore 1/f `e prodotto direttamente dai difetti e dalle imperfezioni ed `e quindi immediatamente sensibile alla loro concentrazione.
Capitolo 2
Analizzatore di spettro a correlazione
2.1 Introduzione
Tra le diverse grandezze adottabili per descrivere le fluttuazioni casuali prodotte dal rumore elettronico assume una particolare importanza la densit`a spettrale di potenza. Questa gran- dezza indica la distribuzione in frequenza della potenza media del rumore. Dalla sua analisi
`e possibile distinguere le diverse sorgenti di rumore presenti nel dispositivo ed estrarne i parametri principali.
Per misurare la densit`a spettrale di potenza del rumore di un dispositivo, un analizza- tore di spettro tradizionale esegue le operazioni schematizzate nella figura 2.1. Il rumore del dispositivo sotto indagine (DUT, device under test) `e amplificato tramite un amplificatore di tensione. Un filtro a banda B stretta seleziona la frequenza f0 a cui si vuole calcolare lo spettro di potenza. Viene poi calcolato il valore quadratico medio del segnale in uscita del filtro che, diviso per B, risulta proporzionale alla densit`a spettrale di potenza del rumore in ingresso alla frequenza f0.
La sensibilit`a, ossia il minimo segnale misurabile, di uno strumento di questo tipo `e fissata direttamente dal rumore inevitabilmente presente nell’amplificatore di ingresso. Questo limite rende spesso proibitiva la misura del rumore dei moderni dispositivi elettronici. Per migliorare la sensibilit`a si pu`o valutare precisamente il solo rumore dell’amplificatore per poi sottrarlo dalla misura con il dispositivo connesso. Con questa tecnica la sensibilit`a `e migliorata di circa un fattore quattro [67]. Un approccio differente `e includere il dispositivo stesso all’interno dell’amplificatore come elemento attivo di guadagno di ingresso [68]. Si possono ottenere fattori di miglioramento di circa dieci, ma la tecnica `e ovviamente limitata ai soli casi in cui il dispositivo da indagare sia un transistore in zona attiva.
Miglioramenti della sensibilit`a nettamente superiori si ottengono riducendo direttamente l’effetto del rumore dell’amplificatore di ingresso utilizzando la ben nota tecnica della cross-
Analizzatore di spettro standard
Uscita
Mediatore
Selettore di frequenza
Amplificatore di tensione
DUT
Figura 2.1: Schema tradizionale per la misura della densit`a spettrale di rumore.
Selettore di frequenza
Selettore di frequenza
)1(t v
)
2(t v
Uscita
Mediatore
Amplificatore di tensione Amplificatore
di tensione
DUT
Figura 2.2: Schema di principio di un analizzatore di spettro a correlazione.
correlazione [11]. In questo capitolo sar`a presentato nel dettaglio un analizzatore di spettro digitale basato su questo principio, evidenziando in particolar modo come realizzare un front- end in grado di leggere direttamente il rumore di corrente e i suoi vantaggi rispetto alla pi`u tradizionale misura del rumore di tensione.
2.2 Principio di funzionamento
La figura 2.2 mostra lo schema di principio di un analizzatore di spettro a correlazione.
Rispetto al caso tradizionale si utilizzano due distinti e indipendenti canali che operano in parallelo sul medesimo segnale di tensione proveniente dal DUT. Le uscite dei due canali sono moltiplicate tra loro e poi mediate. Per comprendere il funzionamento dello strumento stu- diamo le tre grandezze pi`u significative: il segnale del DUT a cui siamo interessati e i rumori, indesiderati ma inevitabili, introdotti dai due canali. Nel caso ideale queste tre grandezze sono indipendenti, e quindi anche incorrelate tra loro, perch´e generate da sistemi fisici differenti;
inoltre, in prima approssimazione, possiamo considerare che il rumore di un canale non pu`o fornire contributi nell’altro canale.
Il segnale proveniente dal DUT percorre in fase i due canali e dopo la moltiplicazione e la media otterremo, come nel caso tradizionale, un segnale proporzionale alla sua densit`a spettrale di potenza alla frequenza selezionata. Viceversa, il rumore di un canale quando arriva al moltiplicatore non trova nessuna controparte in fase e il suo prodotto con il segnale dell’altro canale fornir`a qualcosa di completamente casuale le cui fluttuazioni saranno via via ridotte all’aumentare del tempo impiegato per realizzare la media1, permettendo cos`ı di misurare in uscita il solo contributo dovuto al segnale del DUT.
Diversamente da uno strumento tradizionale in cui il rumore introdotto dagli amplificatori si somma al segnale del DUT e determina cos`ı la massima sensibilit`a, nello strumento a correlazione i rumori strumentali determinano solo l’ampiezza delle fluttuazioni sovrapposte al livello fissato dal DUT. Idealmente, con un strumento a correlazione mediando per un tempo
1I segnali che arrivano al moltiplicatore sono sicuramente a media nulla perch´e i selettori di frequenza eliminano la continua; il prodotto di segnali a media nulla e incorrelati tra di loro, come nel caso dei rumori dei canali, produce un segnale ancora a media nulla.
CAPITOLO 2 ANALIZZATORE DI SPETTRO A CORRELAZIONE 2.3
infinito si `e in grado di misurare un qualsiasi segnale del DUT per quanto piccolo rispetto al rumore strumentale. In ogni caso reale, ovviamente, il miglioramento di sensibilit`a rispetto al caso a singolo canale `e limitato dal tempo di misura Tm e, come sar`a mostrato in seguito, `e proporzionale alla radice quadrata di Tm. Inoltre, un ulteriore limite `e dato da quella parte del rumore di un canale che attraverso il DUT `e in grado di dare un contributo correlato anche nell’altro canale. Questi aspetti saranno analizzati con maggiore dettaglio nei paragrafi successivi.
2.3 Elaborazione digitale
Nello schema concettuale di analizzatore di spettro presentato nel paragrafo precedente, si deve ripetere la misura per ogni frequenza a cui vogliamo calcolare la densit`a spettrale di potenza del DUT, cambiando opportunamente il selettore di frequenza. Questa modalit`a di misura, caratteristica degli analizzatori di spettro analogici, `e estremamente inefficiente perch´e concettualmente possiamo elaborare in parallelo tutte le frequenze della densit`a spettrale di potenza a cui siamo interessati riducendo drasticamente il tempo richiesto dalla misura. L’im- piego inefficiente del tempo di misura `e particolarmente deleterio per un analizzatore di spettro a correlazione perch´e si usa proprio il tempo per ridurre l’effetto del rumore incorrelato intro- dotto dallo strumento; quindi, a parit`a di durata complessiva della misura, essere inefficienti nella gestione del tempo significa peggiorare la sensibilit`a ottenibile dallo strumento. Que- sto diventa un problema soprattutto nelle misure a bassa frequenza dove per mantenere una buona risoluzione in frequenza2, si deve ridurre conseguentemente la banda del filtro selettore.
Questo aumenta il tempo necessario ai filtri ad aggiornarsi al segnale in ingresso rendendo la misura molto pi`u lunga. Si hanno inoltre problemi nel realizzare filtri stabili a banda stretta centrati a frequenze basse, dove non si possono utilizzare le induttanze.
Per rendere pi`u veloce la misura di uno spettro completo si pu`o pensare di elaborare pi`u frequenze in parallelo, utilizzando pi`u selettori di frequenza operanti contemporaneamente sullo stesso segnale proveniente dagli amplificatori. Questo significa non solo costruire un banco di filtri con frequenze centrali differenti ma anche i corrispondenti moltiplicatori e mediatori indicati nello schema di principio (fig. 2.2). E’ evidente che questa soluzione non `e percorribile mediante l’elaborazione analogica dei segnali presentata fino ad ora.
La soluzione naturale ai problemi evidenziati `e il passaggio ad una elaborazione digitale dei segnali che permette di evitare la realizzazione dei filtri selettori di frequenza e di processare in parallelo tutti le frequenze desiderate dello spettro. Nella misura di uno spettro ad N frequenze diverse, questo comporta la riduzione del tempo complessivo di misura di un fattore N oppure, a pari tempo di misura, di migliorare la sensibilit`a di√
N .
Lo schema di principio dello strumento digitale `e rappresentato nella figura 2.3. I segnali in uscita dagli amplificatori sono campionati con un periodo di campionamento Tcda due con- vertitori A/D indipendenti, ottenendo le sequenze di campioni v1(nT ) e v2(nT ). Nella figura non sono riportati, per semplicit`a, i filtri antialiasing posti tra amplificatori e i convertitori, necessari per`o per un corretto campionamento.
Su blocchi di N campioni dei segnali viene eseguita una trasformata di Fourier discreta (DFT, Discrete Fourier Transform) che restituisce N punti in frequenza dello spettro. In sostanza la DFT opera un campionamento in frequenza dello spettro e le sue uscite sono interpretabili come l’uscita da un banco di filtri a banda molto stretta (≈ 1/N Tc) [21]. Pos- siamo quindi sostituire al selettore di frequenza dello schema di principio analogico (fig. 2.2) l’operazione di DFT, in modo da operare in parallelo su N frequenze. Nel caso analogico, la correlazione `e eseguita moltiplicando le uscite dei due filtri e poi mediando nel tempo.
Analogamente, nel caso del sistema digitale possiamo moltiplicare tra loro le uscite del banco
2La risoluzione in frequenza di un analizzatore di spettro `e la minima differenza di frequenza tra due sinusoidi di pari potenza necessaria affinch´e lo strumento sia in grado di distinguerle.
Figura 2.3: Schema di principio dello strumento a correlazione nella sua versione digitale.
di filtri realizzati dalla DFT, ossia, frequenza per frequenza, una DFT di un canale per la complessa coniugata dell’altra. L’aggiunta dell’operazione di coniugio `e dovuta al fatto che la trasformata `e una quantit`a complessa e la potenza ad essa associata `e legata al modulo quadro di essa e non al semplice quadrato, come per le grandezze (reali) nel tempo. In appendice A
`e riportata una dimostrazione formale di quanto descritto qua a parole.
La stima della densit`a spettrale di potenza del segnale del DUT per le N frequenze calcolate dalla DFT `e data da:
S(f ) = 1
NRe {V1(f ) · V2∗(f )} (2.1)
L’operazione di media finale, necessaria a migliorare questa stima, non pu`o essere fatta sugli stessi N campioni da cui abbiamo gi`a estratto tutta l’informazione utile, ma deve essere fatta leggendo N nuovi campioni su cui ripetere le stesse operazioni di DFT e di moltiplicazione, e poi semplicemente mediare le diverse stime cos`ı ottenute. Differentemente dalla media analogica, eseguita in modo continuo, la media digitale viene realizzata solo Ntot/N volte (dove Ntot rappresenta il numero totale di campioni e N il numero di campioni di ogni singolo blocco su cui si esegue la DFT).
Operando in questo modo otteniamo, a pari precisione della misura e a pari risoluzione in frequenza, N punti dello spettro nello stesso tempo in cui il sistema analogico fornisce un unico punto. Sebbene possa sembrare che il sistema analogico sia pi`u efficiente nell’operazione di media perch´e la esegue in modo continuo, in realt`a il segnale che entra nel mediatore analogico `e dotato di una lunga memoria, cio`e cambia lentamente nel tempo, a causa dei filtri passa banda che selezionano la frequenza. Se lavoriamo a pari risoluzione in frequenza della DFT, fissata dal numero di campioni a circa 1/N Tc dobbiamo avere filtri passa banda analogici con pari larghezza di banda, e quindi con una memoria di circa N Tcsecondi, proprio il tempo impiegato dal sistema digitale per acquisire gli N campioni. Per cui la media analogica realizzata durante l’acquisizione dei campioni in realt`a fornisce ben poca informazione aggiuntiva perch´e fatta su un segnale fortemente correlato nel tempo, vanificando la media eseguita in pi`u rispetto al caso digitale.
Per quantificare il miglioramento della sensibilit`a all’aumentare del tempo dedicato alla misura Tm, indichiamo con Sincla densit`a spettrale di potenza dei rumore incorrelati di ciascun canale (per semplicit`a supposti identici; nell’appendice A, par. A.2, `e riportata un’analisi nel caso pi`u generale). La fluttuazione attorno al valore della densit`a spettrale di potenza del DUT, SDU T, ad una certa frequenza f `e causata dal prodotto del tutto casuale dei rumori incorrelati alla frequenza f . La potenza di queste fluttuazioni alla frequenza f , ossia la varianza σ2SDU T(f ) delle fluttuazioni attorno a SDU T, `e quindi data dal prodotto delle potenze dei rumori alla