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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.11 (1884) n.543, 28 settembre

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L'ECONOMISTA

G A Z Z E T T A S E T T IM A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Anno XI - Voi. XV

Domenica 28 Settembre 1884

N. 548

LE SOCIETÀ FERROVIARIE

Quando recentemente in Francia si discussero le convenzioni ferroviarie per l’esercizio e la costru­ zione delle linee della nuova rete, venne general­ mente notato che una parte del pubblico, pur ap­ provandole, manifestava una viva antipatia verso le Compagnie concessionarie. Oggi in Italia si ripete lo stesso fatto, ed alcuni periodici anche autorevoli di­ fendono la opinione di persone certamente degne di rispetto, le quali o non celano la loro contrarietà verso qualunque impresa assuntrice dell’ esercizio ferroviario, od a malincuore si adattano a vincerla per altre supreme considerazioni.

La causa di questo fatto psicologico, che nella storia delle ferrovie ha grande importanza, va cercata nel modo, nelle forme e nelle circostanze con cui, in Francia soprattutto, ebbe principio il servizio privato delle strade ferrate.

Allorquando incominciarono a sorgere le prime Compagnie, gli increduli sull’esito che avrebbe que­ sto nuovo modo di locomozione erano numerosissi­ mi ; due grandi ingegni, Thiers ed About, manifesta­ vano nei Toro scritti la profonda convinzione che le strade ferrate fossero scientificamente un giocattolo, economicamente una illusione, finanziariamente un tripotage. Poco più di 40 anni or sono in Francia i gros bonnets si astenevano dall’accordare alle fer­ rovie alcuna seria considerazione; e coloro, che a favore di questo modo di trasporti consacravano o lo studio, o la attività politica, od il denaro, erano tenuti come fanciulli illusi, o poveri ingannati, com­ miserati e compianti.

In mezzo a questo ambiente le Compagnie ferro­ viarie sorsero, superando molte difficoltà economiche e finanziarie non solo, ma anche influenzate da quella trepidanza che non manca mai di rodere nell’ in­ timo anche quegli arditi i quali, pur convinti di alcuna cosa, vi vedono contraria tutta o quasi tutta la pubblica opinione, specialmente quella che è, o dovrebbe essere la più illuminata. Tali difficoltà finan­ ziarie ed economiche si tradussero naturalmente in maggiori legittime esigenze da parte delle Compa­ gnie, le quali da una parte incontrando mille osta­ coli a raccogliere i grossi capitali occorrenti, dall’al­ tra mancando per parte del pubblico quell’appoggio morale che in tali casi è così utile, volevano assi­ curarsi un benefizio tanto maggiore, quanto maggiore era il rischio a cui con molta evidenza esponevano i loro beni.

Se non che avvenne il rovescio di quello che la

generalità aveva preveduto ; malgrado le nere pre­ visioni, malgrado la quasi indifferenza dello Stato, malgrado anche una certa propaganda per disto­ gliere il pubblico da servirsi delle ferrovie, i fatti in breve tempo si imposero da sè, ed esse diventarono sollecitamente il mezzo ordinario di locomozione, moltiplicarono i loro chilometri, perfezionarono il loro servizio, diventarono una necessità che la civiltà impone a tutti i paesi, possano o non possano dare risultati economici tali da rimunerare il capitale di impianto e le spese di esercizio.

Però intanto erasi in certo modo stabilito uno stato di cose che tanto da una parte che dall’altra basava su ipotesi fallaci e chimeriche. Il pubblico, perchè non aveva fede nell’esito finale di quelle im­ prese, si mostrò disposto a conceder loro larghi pri­ vilegi, poiché, tanto, non ne avrebbero lungamente usato dovendo fallire il tentativo; le Società e perla naturale trepidanza che sorgeva da tanta opposizione e per gli effettivi ostacoli che incontravatìo, esigettero più largamente ancora la concessione dei privilegi stessi. — Ne avvenne che allo stringere dei conti, le So­ cietà avevano stipulato un affare eccellente, poiché le alte tariffe, il discarico di molta responsabilità, l’aiuto concesso, non erano corrispondenti alla en­ tità meravigliosa che ben presto ebbero ad assumere quelle imprese. Da ciò guadagni notevoli, e, ciò che più monta, nel pubblico il malcontento che non si fossero mantenute le Società nel campo richiesto dalla legge comune. — Il giocattolo divenne in breve un grande servizio pubblico; l’illusione diventò uua realtà che si estendeva maravigliosamente, il tripo­ tage ebbe forma e sostanza di un ottimo affare.

Ecco allora determinarsi nella pubblica opinione una corrente di odio verso le Società che monopo­ lizzavano in base a regolari contratti il più potente mezzo di trasporto. Nessuno accusò sè stesso di aver contribuito colla propria ignoranza, colla propria dif­ fidenza o colla propria avversione, a costituire tale enorme monopolio ; — le ire si scatenarono tutte contro le Società assuntrici e si ritennero colpevoli di una condizione di cose che era stata creata a loro danno e della quale godevano solo perchè esse ave­ vano veduto l’avvenire meglio dei loro avversari, ed avevano avuto fede nella riuscita dell’ impresa.

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622 L ’ E C O N O M I S T A 28 settem bre 1884 natura, quelle trasformazioni che si maturarono in tante

altre sociali manifestazioni. Dapprincipio è verissimo poteva dirsi, che il pubblico, per le Società, esistesse a servizio delle ferrovie ; onde non l’interesse gene­ rale, non il benessere del paese, non 1’ altruismo a scopo di egoismo, ma l’interesse privato, il benessere del bilancio loro, il pretto egoismo dominavano.

Però non è male osservare qui che non solamente l’ordinamento ferroviario ebbe ad attraversare que­ st’epoca di gretteria e di piccineria, d’altronde giu­ stificata dalla stessa incertezza dell’impresa; ma anche 10 Stato, questo ente centrale, che oggi noi conside­ riamo come a nostro servizio, fu per molto tempo ispirato e sostenuto come qualche cosa che stesse a sè e del quale i cittadini fossero una semplice con­ seguenza. Non è molto tempo che il potere centrale nei paesi civili, ha finalmente preso l’indirizzo razio­ nale sul quale avrebbe sempre dovuto camminare, e che il senatore Ferrara, con quella finezza di spi­ rito di cui egli — ci perdoni la parola — ha l’assoluto monopolio, chiamava in queste stesse colonne, una funzione industriale come tutte le altre. Non si com­ prenderebbe ai nostri giorni e colla nostra civiltà uno Stato, d quale non si adattasse ai bisogni, alle necessità, alla volontà della nazione da cui emana; e se mai in un paese il potere centrale volesse essere qualche cosa che sta a sè, urterebbe tosto nelle dif­ ficoltà insormontabili che lo farebbero cadere.

Questo mutamento che nella manifestazione del­ l’organo politico centrale si è verificata lentamente, l’ordinamento delle ferrovie ebbe invece ad attraver­ sarlo rapidamente, ma non tanto che non si possa e non si debba avvertirlo.

Oggi una impresa ferroviaria la quale, qualunque abbia ad essere il suo legame collo Stato ed il freno che la concessione le impone, non avesse precipua­ mente di mira il bene pubblico, l’interesse generale, 11 miglior soddisfacimento di un servizio per tutti, cadrebbe non tanto per una inevitabile reazione della pubblica opinione, ma perchè avrebbe trascurato il suo proprio e stesso interesse.

Una società di strade ferrate che vive nell’ambiente economico di un paese, e del suo movimento si nu­ tre, e da questo solo movimento trae ragione di vita e di prosperità, non può procedere nel proprio cam­ mino curante solo del suo privato interesse, sibbene ha assoluta necessità di far sviluppare, prosperare, arricchire, vivificare quel terreno sul quale vive e e del quale si alimenta.

Ecco perchè oggi e teoricamente e praticamente non può concedersi che lieve importanza a quelle eccessive clausole contrattuali, con le quali lo Stato cerca quasi di premunirsi a tutela del paese contro la possibile trascuranza delle Società. Oggi si com­ prende da tutti che le Società hanno esse il mag­ gior interesse di compilare gli orari, stabilire le ta­ riffe, agevolare gli scambi, rinnovare il materiale in modo che alletti, attiri più che sia possibile il mo­ vimento. Per le ferrovie, come per tutte le industrie il progresso sta nel miglior servizio.

E questo fatto si manifesta più preciso ancora se consideriamo chi sieno coloro i quali muovono mag­ gior guerra alle Società - e domandano l’ intervento dello Stato. Si osservino bene gli atti che in generale lo Stato compie per regolare il servizio ferroviario affidato a Società, e si vedrà che quasi sempre essi contengono un peggioramento di questo servizio. 0 è una fermata inutile di un treno diretto a servizio

di un deputato in villeggiatura; o è un treno nuovo che il commercio non domanda, ma la politica esige; o è una tariffa di favore che i protezionisti hanno imposta... generalmente gli atti del Governo nelle Amministrazioni ferroviarie autonome non sono atti industriali nel senso del miglior servizio del pubblico ma uso delle ferrovie come di uno stromento po­ litico.

Intanto però rimane sempre il fatto da noi prima accennato che gli effetti sopravvivono alle loro cause. Yi era piena ragione di pentirsi d’aver concesso tanti privilegi alle Società ferroviarie e di farle segno di tanta antipatia, quando esse, non comprendendo an­ cora il loro vero interesse, lo tenevano in opposi­ zione a quello del pubblico ; ma oggi è troppo evi­ dente che l’ interesse pubblico e quello privato delle Società si confondono così da non poter andare disgiunti senza portare la rovina dell’uno e dell’altro.

ANCORA SUL COMMERCIO

A proposito di quanto dicevamo nel nostro ultimo ' numero sulla situazione economica del nostro paese e sulle esagerazioni a cui alcuni scrittori si la­ sciano andare vedendo una prossima rovina agricola, industriale, commercialo, non è inutile un breve esame del bollettino della statistica del commercio speciale testé uscito e riguardante il movimento dei primi otto mesi dell’ anno.

Come ricordano i nostri lettori, la principale causa che aveva suscitato tanto sgomento erano le cifre del commercio durante i primi sette mesi, le quali ave­ vano dato, esclusi i metalli preziosi, una diminuzione nella totalità del movimento di 32 milioni di lire. E dicevano : « se il mese di luglio ha portato questa diminuzione, che mai ci mostreranno I’ agosto ed il settembre nelle condizioni sanitarie che abbiamo at­ traversato ?» — E noi ci permettevamo di. osservare che quando non intervenivano cause organiche, a dir così, a scompaginare la economia di un paese, ed in tal caso si manifestano lente, alle oscillazioni prodotte in un senso da cause accidentali, succedono neces­ sariamente reazioni più o mento accentuate. E no­ tavamo infatti che la diminuzione di Io milioni di importazione doveva significare un consumo delle provviste, che, cessate le cause sanitarie lamentate, avremmo pur dovuto rinnovare, ed egualmente do­ veva dirsi per i 16 milioni di minore esportazione. Ed infatti un principio di reazione si è manifestato subito nel mese ai agosto : la differenza del comples­ sivo movimento a paragone del 1883 non è stata che di L. 13,739,632; cioè nel mese di luglio si era avuto una diminuzione del 15,01 per cento mentre nel mese di agosto si è avuta una diminuzione solo del 7,30 per cento.

Ed osservate partitamente la importazione e la espor­ tazione, si avrebbe la seguente diminuzione:

Im portazione E spo rtazio n e

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im-28 settem bre 1884 L ’ E C O N O M I S T A

623 provvisamente scosso il nostro movimento commer­

ciale, esso ha già ripreso la curva ascendente. E questo stesso fatto si legge anche nella tabellina che riguarda le entrate doganali : nei sette mesi si aveva avuto : P ro v en ti d iv e rs i. Totale. 1 8 8 4 1 8 8 3 differenza 91,214,961 91,301,670 _ _ 86,709 . 3,498,715 3,113,015 + 385,700 . 1,205,242 8,728,848 — 7,523,606 . 738,514 750,312 — 11,798 . 2,376,163 2,196,073 H- 180,090 . 825,691 770,302 + 55,384 99,859,286 106,860,220 — 7,000,934

Comprendendo anche il mese di agosto si hanno invece le seguenti differenze :

C A TEG O R IE secondo la tariffa doganale IM PORTAZIONE I. S p iriti, bevande ed o l i i ... II. G eneri colon.,

droghe e tabacchi III. P rodotti chim.

gen eri m edicin., resine e profum . IV. Colori e generi per tin ta e per c o n c ia ... V. Canapa , lino ,

ju ta ed a ltri veg. filam entosi, esci, il c o to n e ... TI. C otone... VII. L an a, crino e

p e li... Vili. S e ta ... IX. Legno e p aglia X. C arta e libri, XI. P e l l i ... XII. M inerali,m e­

talli e loro lavori XIII. P ie tre, te rre , vasellam i, v e tri e c ris ta lli... XIV. C ereali, fa r.,

paste e prodotti veget., non com­ presi in a ltre cat. XV. A nim ali, p ro ­ dotti e spoglie di a n im .,n o n com­ presi in a ltre cat. XVI. Oggetti div

Valore i delle merci; importate

nei prim i j Differenza otto mesi I del 1884 I 34,599,481 —• 5,715,623 65,784,899 — 1 ,996,814 33,853,833 + 3,430,057 20,011,526 +• 2,714,801 26,075,125 128,330,554 2,290,628 6,744,762 73,400,145 H- 10,964,555 65,737,995 + 23,885,997 37,660,534 ■+• 3,644,892 9,063,268 -+- 1,843,047 41,335,670 4 - 5,065,335 . I 131,691,815 — 53,757,899 74,170,700 + 9,632,307 104,213,939 4 - 19,989,678 ESPO R TA ZIO N E Valore delle merci esportate nei primi otto mesi del 1884 121,531,820 3,921,763 35,029,858 8,350,215 29,106,338 21,225,061 D ifferenza 66,166,633 37,299,217 To t a l e. . . . 949,395,334 4 - 35,339,505 768,504,579 6,849,745 198,760,430 40,098,407; 5,560,071 15,522,275' - 10,997,902 • 603,138 3,416,101 1,284,622 3,113,417 2,506,766 193,635 9,147,405 1,866,177 419,713 780,802 27,316,2231— 176,151

I

46,321,722;— 2,847,487 75,662,373 — 15,425 - 12,014,000 119,420,399 - 8,079,306 13,797,879 - 15,656,306- 6,014,575 - 7,793,424

IL COMMERCIO DEL BESTIAME

1 8 8 3 1 8 8 4 differenza D azi d ’im p o rtaz io n e .. . .

» d ’esportazione... Sopratasse d i fabbricaz. D iritti di b o llo ... 105,258,470 3,760,980 1,428,518 840,365 2,684,761 951,219 104,461,2 i l 3,572,080 8,929,152 + 797,229 4 - 188,900 — 7,500,634 4- 13.947 •+■ 198,092 » m arittim i... 2,486,669 òo, uba Totale. .. . 114,924,313 121,138,717 — 6,214,404

C’è quindi luogo almeno a sperar bene. Diamo qui il solito prospetto delle categorie:

Nel momento in cui il contegno della Camera e del governo francese rispetto ai dazi di entrata del bestiame introdotti in Francia, destano in Italia una viva apprensione, non sarà inutile per i nostri let­ tori conoscere con quali ragioni quel Ministero abbia nella stia relazione alla Camera giustificata la misura che ha proposta. Diamo quindi testualmente tradotta la relazione stessa.

* La Francia da parecchi anni attraversa una erige agricola delle più dolorose, che la colpisce nelle fonti stesse della sua ricchezza e che reagisce pro­ fondamente sulle finanze del nostro paese. È perciò dovere del Governo di nulla trascurare per mettervi termine e per rialzare un ramo di produzione per mezzo del quale vivono due terzi della popolazione francese.

« Fra i mezzi che possono contribuire a questo scopo, ve ne sono molti che sfuggono all’azione dello Stato e che dipendono specialmente dalla iniziativa dall’ intelligenza e dalla ardita energia delle stesse popolazioni rurali. Su questo terreno, il Governo non può procedere che a mezzo di consigli di alta dire­ zione, nè ha mai mancato di farlo.

« Infatti nessuna occasione ha lasciato sfuggirsi per esortare i coltivatori a perfezionare i metodi di coltivazione, ad applicare processi che dieno rendite più rilevanti colla stessa quantità di lavoro, a svi­ luppare i prodotti secondari che si aggiungono al benefizio delia coltivazione e non domandano che poca spesa supplementare, a sostituire infine median­ te l ’ impiego di macchine la mano d’ opera che di­ venta ogni giorno più cara e più rara. Lo Stato può agire in questo senso sopratutto mediante l’ istru­ zione e gli incoraggiamenti, e nessuno può negare che il Governo della Repubblica non abbia larga­ mente compiuta questa parte della sua missione. Le cifre del nostro bilancio provano quanto sia stato sviluppato da alcuni anni nel nostro paese l’ inse­ gnamento professionale e qual parte notevole abbia preso il Governo per il conseguimento di ogni specie di progresso applicato alla agricoltura.

« Bisogna tributare questa giustizia alla agricol­ tura francese e tener conto ohe essa pure ha fatto dal canto _suo_ tutto ciò che poteva spettarle e che ha moltiplicati i suoi sforzi con grande coraggio: ma in compenso essa ora domanda che il Governo le conceda il suo concorso diretto e prenda tutto le misure che sono in suo potere per aiutarla a togliersi da una situazione difficile.

‘ Fra queste misure ncn è a dubitarsi che si an­ nette, una importanza particolare al rialzo delle tariffe doganali sopra certi prodotti agricoli.

, « Però bisogna anche riconoscere che molto già si e fatto sotto questo rapporto e che commettono un manifesto errore coloro che affermano che nel 1880 l’agricoltura è stata sistematicamente sacrificata.

. « Essi dimenticano troppo facilmente la esatta con­ dizione dell’agricoltura dal punto di vista delle ta­ riffe nel 1880. Che sé è vero che allora essa viveva sotto il regime del libero-scambio, poiché non si po­ trebbero considerare come una vera protezione i dazi semplicemente fiscali che si imponevano allora ai prodotti agricoli, L. 0,60 per ettolitro di grano,

Li-t-6 a’Ia pei caP° ^ue, E. 1,20 per capo di vacca,

Li. OjoO per capo di montone, vitello e maiale; — é a notarsi che un primo aiuto, e importante aiuto, venne accordato all’agricoltura, per ciò che riguarda il be­ stiame, colle nuove tariffe del 1880. Esse elevarono

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montoni da L. 0,30 a L. 2,10 e finalmente sui porci

da L. 0,30 a L. 3,00. ^

_ s E nessuno potrà negare l’ importanza notevole di questi aumenti ; anche i più caldi difensori del­ l’agricoltura potevano credere in quel tempo che fos­ sero sufficenti.

« Sventuratamente, bisogna dirlo, l’esperienza che abbiamo fatta dopo 1’ applicazione delle nuove ta ­ riffe non ha giustificato _ queste previsioni, e non è sorprendente che i nostri allevatori, che conoscono i quadri della dogana siano giunti a persuadersi che la barriera è stata posta troppo bassa per proteggerli. » Cosi l’ importazione dei bovi che non era stata che di 54,133 capi nel 1881, si è elevata per ii 1883 a 76,423 capi; quella delle vacche da 44,093 capi a 62,908 capi ; quella dei tori da 1794 a 1904 ; quella dei torelli è salita da 2953 a 7277 ; quella delle giovenche da 2139 a 7154, quella dei vitelli da 45,230 a 60,068 ; quella dei montoni da 1,711,964 a 2,273,695. Infine se si prende l’ importazione totale per capi senza distinzione di specie si è tratti a constatare che 1’ importazione del bestiame straniero che non aveva oltrepassato mai 2 milioni di capi fino al 1876, salvo una sola volta nel 1872, si è elevato nell’81 all’ indomani del voto sulle tariffe a 2,127,523 capi ; nel 1882 è stata di 2,521,459 capi; nel 1883 finalmente ha sorpassato 3 milioni di capi.

Non parliamo del 1878 perchè l’ aumento delle importazioni si spiega per questo stesso anno coi grandi arrivi destinati a nutrire gti stranieri accorsi a Parigi per 1’ esposizione universale.

Nessuna nazione, salvo forse l’Inghilterra che in­ troduce più grosso bestiame di noi subisce una tale importazione.

L ’importazione della Germania è stata nel 1882 di 153,000 capi soltanto ; quella dell’ Austria di 220,000 capi e quella dell’Italia di 89,992 capi.

Questi paragoni bastano a stabilire che i diritti iscritti alle tariffe del 1880 non hanno ottenuto lo scopo che si era proseguito, poiché s’ intendeva pro­ teggere la produzione del bestiame rallentando il movimento delle importazioni ed e l’effetto contrario che sembra prodursi. Questo fenomeno non ha nulla di sorprendente, se si pensa allo sviluppo che ha preso 1 allevamento del bestiame nei paesi vicini, e alle facilità straordinarie di trasporto che i governi hanno accordato alle loro esportazioni di prodotti agricoli.

I n_ presenza di una tale situazione si comprende che i nostri agricoltori non abbiano veduta altra risorsa che di riprendere l’opera del 1880 e stabilire dazi più efficaci di quelli che furono fissati a quell’epoca.

Il Governo ha pensato che v’era qualcosa di fon­ dato e di legittimo in questi reclami.

Non bisogna dimenticare che il bestiame costitui­ sce oggi la principale ricchezza dell’agricoltura, quella che merita di piu di essere incoraggiata e sviluppata, non solamente perchè conviene ammirabilmente al nostro suolo, ma anche e sopratutto perchè costituì- sce la nostra suprema risorsa nella mise che tra­ versiamo.

La produzione dei cereali, che per lungo tempo aveva potuto estendersi con successo in tutte le parti della Francia, è obbligata oggi a restringersi e con­ centrarsi per potersi difendere. Perchè resti rimune­ ratrice, diventa necessario ridurla alle terre di buona qualità, suscettibili di redditi elevatissimi ; quanto alle terre mediocri, bisogna restituirle alle differenti colture che possono loro convenire e soprattutto al pascolo e al prato, dovunque è possibile. Ma queste trasformazioni sono costose e non si faranno su una grande scala che il giorno in cui il coltivatore sempre diffidente ^sarà ben sicuro cbe 1’ operazione è certa nei suoi risultati. Per deciderlo a fare molte praterie, bisogna dimostrargli che 1’ avvenire è assicurato alla produzione del bestiame.

Si obietta che l’allevamento del bestiame in Francia

28 settembre 1884 è in piena prosperità, che il prezzo della carne è cre­ sciuto in questi ultimi anni, benché non abbia ancora raggiunto 1 elevato^ limite di altre epoche, che è col bestiame che 1 agricoltura realizza i più grossi be­ nefìzi, che essa sa bene tutto il partito che può ri­ cavare da questa preziosa risorsa e che non vi è alcun bisogno di eccitarlo a prendere una direzione che il suo solo interesse basta a raccomandare.

L osservazione e fondata in una certa misura, ma non è per nulla decisiva.

È vero infatti che l’allevamento del bestiame si è esteso in questi ultimi anni e che ha compensato una parte delle perdite cagionate dai cereali. Ma questo movimento è stato particolare a certe ragioni privi­ legiate dal punto di vista delle pasture, ed è lungi dall’ aver presa l’estensione che ci si poteva aspettare.

Nulla lo prova meglio che il paragone stesso dei nostri effettivi a diverse epoche. Per la razza bovina erano nel 1852 di 13,954,924 capi; nel 1862 erano già discesi a 12,811,529 capi ; nel 1873 li troviamo a 11,721,459 capi e nel 1880 a 11,446,253 capi.

La diminuzione è dunque stata progressiva e co­ stante;. essa è attenuata, ne conveniamo, in una certa misura dallo sviluppo considerevole che si è dato og­ gidì alla precocità delle razze. Ma niuno contesterà che sarebbe infinitamente preferibile di avere nello stesso tempo conservati i nostri effettivi antichi.

Per la specie ovina la diminuzione è molto più con-. siderevole ancora, perchè da 33,281,592 capi nel 1852 siamo caduti a 25,935,114 capi nel 1873 e a 22,516 084 capi nel 1880.

La specie porcina essa stessa è considerevolmente scemata fino nel 1860. Da 6,037,543 capi nel 1862 e caduta successivamente a. 5,889,624 capi nel 1866, 5,755,656 capi nel 1873 e a 5,562,620 capi nel 1880. E probabile che la prossima statistica ci mostrerà che si è rialzata in questi ultimi anni.

Da questi fatti sembra risultare la prova mani­ festa che, malgrado tutti i nostri sforzi e sebbene ab­ biamo certo realizzati grandi progressi, siamo lon­ tani dall occupare il posto che nell’allevamento ci compete nel mondo agricolo : le necessità della no­ stra situazione ci obbligano quindi a rivolgere tutti i nostri sforzi alla produzione del bestiame e a por­ tarla al suo massimo sviluppo.

Il bestiame è oggi per la forza delle cose la base del nostro regime agricolo e non si saprebbe troppo incoraggiare nostri agricoltori a rivolgersi da questo lato. Quando il rialzo dei diritti di dogana non avesse che questo vantaggio di impegnarli risolutamente a questa necessaria evoluzione, lo scopo sarebbe rag­ giunto e il servizio reso all’agricoltura incontestabile. la le è 1 insieme delle ragioni che hanno deciso il Governo dopo matura riflessione a proporvi questo rialzo. Esso incontrerà una obiezione di cui non ci dissimuliamo la gravità. Non si mancherà di fare os­ servare che la conseguenza della proposta misura sarà quella di aumentare il prezzo del bestiame e per conseguenza quello della carne, rincarando un pro­ dotto necessario e già cosi caro.

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28 settem bre 1884 L ’ E C O N O M I S T A

625 Noi conveniamo che questo ragionamento non è

vero che a una condizione, ed è che il diritto non abbia nulla di eccessivo e sia solo il giusto compenso dei vantaggi di cui godono i nostri principali con- correnti esteri. E in questo spirito che il Governo ha affrontato la determinazione delle cifre che ha l’onore di sottomettervi. Esso non intende per nulla di chiudere la porta alla importazione del bestiame straniero in Francia ; vuole soltanto rafforzare e sostenere i corsi dei nostri mercati, aumentando insieme i proventi del tesoro.^ Quest’ultima considerazione non sarà sde­ gnata dall’agricoltura, che sa benissimo che non può che avvantaggiarsi di tutti i miglioramenti recati al nostro stato finanziario.

. Facendo 1 applicazione di queste idee alla razza bo­ vina, ha pensato che il dazio attuale di 15 franchi poteva senza inconvenienti essere portato a 25. Il dazio della tariffa tedesca è di 25 franchi, ed è a notare che la Germania lia meno bisogno di noi di essere protetta, poiché essa possiede 15 milioni di capi di bestiame di questa categoria, mentre noi non possediamo che 11. Essa può cosi bastare a sé stessa e non sopporta che una importazione insignificante che si riduce per 1 anno 1882 a 10,000 capi, mentre la nostra e stata di 76,000.

Cosi la differenza dei prezzi fra i due paesi è con­ siderevole; se_ si prede come punto di paragone il peso medio di un bove venduto al mercato della Vil­ lette e si riporta al prezzo medio del bestiame vivo pei due paesi, si trova che il bove che si vende 480 franchi sul mercato di Parigi non si vende che 438 su quello di .Berlino. La differenza è dunque di più di 40 fr.

_E più considerevole ancora per l’Italia; perchè si giunge col medesimo calcolo a constatare che lo stesso bove si vende circa 420 ir. sul mercato d’Alessandria e 450 su quello di Roma.

In presenza di simili risultati è permesso affermare che un dazio di 28 fr. su un prodotto d’un valore medio di ^480 fr. non ha nulla di eccessivo.

Pei tori e le vacche, vi proponiamo per conse­ guenza dello stesso principio di portare 41 dazio da 8 a 12 fr., pei torelli da 5 a 8, e per

da 1 fr. 50 a 4 fr. 1

Pel montone la situazione è più grave ancora e più degna del vostro interesse : voi non ignorate che il prodotto della lana che altra volta teneva un si largo posto nel^ suo valore realizzabile, tende a scemare di piu in piu e non si scorge alcun rimedio diretto a uno stato di cose che tiene alle necessità della fabbrica­ zione stessa. E una ragione di più per assicurare alla carne prezzi abbastanza remuneratoli. Ora il mon­ tone di peso medio che vale da 36 a 40 fr. a Parigi oc" J al6i Clle 30- fr' c!rea a Vienna > 27 a Berlino, - ac* Alessandria. Proponendovi di portare il dazio attuale da 2 a 3 fr., restiamo ancora a i disotto di questa differenza ; compensiamo solo in piccola parte la perdita che subiscono i nostri coltivatori sul prezzo delia lana.

Per gli agnelli il dazio sarebbe portato da 50 cent, a 1 ir.

. Sul maiale grava oggi un dazio di 3 fr. Vi propo­ niamo di portarlo a 6. È pressoché certo che questo dazio non eserciterà che una debolissima influenza sul prezzo della carne, perchè sembra dimostrato daì- 1 esperienza che abbiamo abbastanza sviluppata la nostra produzione per provvedere quasi interamente ai bisogni del consumo. Rialzando il dazio sulle carni salate nella stessa proporzione, troverete forse il mezzo di risolvere la delicata quistione dell’introduzione delle carni salate con soddisfazione generale. Vi proponiamo perciò di portare il dazio attuale da fr. 4,50 a 8,50.

Speriamo che queste proposte, improntate da un grande spirito di moderazione, incontrino l’ assenso unanime del Parlamento; esse proveranno all’ agri­ coltura francese che i poteri pubblici vegliano pei suoi destini e che sono risoluti a nulla risparmiare

per secondare i suoi sforzi nella lotta difficile che so­ stiene con tanto coraggio.

PROGETTO DI LEGGE

ARTICOLO UNICO

« La tabella A, tariffa d’entrata, della tariffa ge­ nerale delle dogane, stabilita dalla legge 7-8 mag­ gio 1881, è modificata come segue:

Materie animali, animali viventi, bestiame N.° 4 Bovi... 25 fr. per capo

» 5 Vacche... 12 » »

» 6 T o ri... 12 » »

» 7 Torelli e Giovenche... 8 » »

» 8 V itelli... 4 „

» 9 Castrati, Pecore, Montoni. . . . 3 » »

» 10 Agnelli... 1 » »

» 11 Capre, Caproni... 1 » »

» 12 Maiali... 6 » »

» 13 Maiali di latte... 1 » » Prodotti e spoglie di animali

N.° 16 Carni fresche macellate.. . . 7 fr. i 100 Kil. » 17 Carni salate...8 fr. 50 i 100 »

E dopo le parole della relazione del governo francese pubblichiamo il brano che segue del di­ scorso pronunciato dall’ on. Grimaldi a Torino sulla stessa questione :

« Torino fu degna del suo glorioso passato, quando concepì ed attuò il sistema di una mostra generale, che, comprendendo tutte le produzioni agrarie ed in­ dustriali, tutte le manifestazioni dell’intelietto, tutta la_ storia del nostro risorgimento politico, eccitasse gli italiani ad a.ver fede in loro stessi, e loro mo­ strando il progresso fatto, li spingesse verso quella meta, che segnar deve la loro completa redenzione economica.

« Torino fu degna del suo glorioso passato, quando volse questa festa del lavoro a sollievo dei dolori e delle miserie di una grande e sventurata città, ehe lotta nobilmente contro il morbo che la travaglia.

« Né ora Torino smentisce il suo senno ed il suo patriottismo. Dopo l’Esposizione ippica, che ebbe splendido successo, e confermò il miglioramento con­ seguito^ in una specie, che ha tanta e sì gran parte nella difesa nazionale, oggi con opportuno consiglio inaugura una mostra di bestiame, che è tanta e sì gran parte della nostra agricola ricchezza.

« La riconoscenza del governo e del paese agli egregi uomini che da si gran tempo prepararono ed eseguirono questa esposizione nazionale, è l’unico pre­ mio alle fatiche durate, alle curo indefesse, al pa­ triottico entusiasmo.

« L innegabile che in agricoltura siamo di fronte ad una lenta ed incessante evoluzione, alla quale contribuiscono in ìspecial modo il progresso delle scienze, che ogni giorno indicano nuovi e più sem­ plici processi per le industrie agrarie; i mezzi più facili di comunicazione; i novelli scambi creati; i consumi cresciuti.

« Se in questa opera trasformatrice, non esiste sempre completo accordo sull’indirizzo a dare e sulla via a tenere con sicurezza, sopra un punto il paese ed il governo sono d’ accordo, sulla necessità cioè di dare dovunque maggiore estensione ai prati ed al- 1’ allevamento del bestiame.

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626

L ’ E C O N O M I S T A 28 settem bre 1884

, n'i ^ on fe n d e re il prato, non solo provvediamo all aumento del bestiame, ma posiamo la base di altre trasformazioni agrarie; poiché prato e be­ stiame ci daranno mezzo con una coltura più dili­ gente, piu intensiva e meglio rimunerevole, di rac­ cogliere sopra minore superficie ciò, che oggi, con utile non sempre adeguato al capitale ed alle cure adoperate, si ottiene in una superficie maggiore.

,a non basta estendere maggiormente i prati artificiali e promuovere l’ aumento del bestiame : bi­ sogna altresì dare ogni opera a migliorare le nostre razze.

« L Italia, in grazia della sua configurazione e posizione geografica, se presenta un’ attitudine me­ ravigliosa alla coltura di piante provenienti da re­ gioni disparatissime, offre anche il mezzo di allevare bestiame bovino d’ indole e qualità molto diverse.

« in alcuni punti vediamo prosperare la razza, che, dal luogo appunto del suo soggioruo, prende il nome ai alpina ; ed in altri la razza, che si riporta a quel tipo, che ha per suo centro le steppe della Podolia.

. cc ^ ambedue questi tipi si hanno fra noi razze giustamente apprezzate ; ma non si può nascondere che ancor oggi in Italia esistono razze scadenti, dalle quali non può ripromettersi il largo prodotto, che animali perfezionati potrebbero dare.

. * Facciamo dunque che il prato rallegri di più am­ pia zona di verdura i nostri campi; riduciamo a più modesta cerchia ì cereali e ie altre piante, che ci danno utile minore; ma ricordiamo che ogni nostra cura quella dev essere di avere non solo aumento di nu­ mero, ma altresì accrescimento di peso e migliora­

mento di qualità. 6

. ? Possa quest’ utile insegnamento trarsi dall’Espo­ sizione, che oggi si inaugura ; e sarà non ultimo, nè meno fecondo il servigio, che la Mostra di Torino avrà reso ali economia nazionale.

« Il sereno orizzonte però é turbato da una pro­ posta recentemente presentata all’ assemblea legisla­ tiva di una nazione vicina ed amica; proposta, che minaccia la esportazione del nostro bestiame, e non può non impensierire Governo e paese.

«.La protezione dell’agricoltura per mezzo di forti dazi sul bestiame bovino, ovino e suino, ha dato oc­ casione più volte in Francia ad ardente contesa che ia, si può dire, la sua storia: percorrendo questa, si e sorpresi di scorgere come la questione, sopita, risorga, dopo un certo periodo di tempo, cogli stessi caratteri, sotto le stesse forme, quasi che oltre mezzo secolo, durante il quale tante trasformazioni avven­ nero m tutte le industrie, in nulla .abbia mutato le condizioni dell industria agricola. E ripetuta con al­ ta n a vicenda la lotta tra gli interessi dei produt­ tori, che mettono innanzi la prosperità della prima sorgente ai ricchezza nazionale, e gl’interessi, non meno legittimi ed elevati, della igiene e del benes­ sere delle classi lavoratrici, alle quali il rincarimento

el-bestiame, toglie la parte più sana e più neces­ saria dell alimentazione.

P ?P° di^erse fasi, la causa dei produttori trionfò

eV ° “A q u a hdo prevalse il p a rtito di forti dazii protettivi.

, «.Gfli.effetti furono tali da corrispondere ai desi- , ?ei? dei piu accaniti protezionisti, perché le impor- taziom di buoi, da 27 mila capi, erano discesi nel 1825 a soli 8 mila.

. * Tal1 funeste conseguenze, divenute sempre no­ cive produssero, nei prezzi della carne, un rincari­ mento dannosissimo ai consumatori; talché furon pre­ sentate proposte di riduzione, le quali però non trion- larono mai.

« Toccò al Piemonte di aprire una breccia in quel- l edifacio protettivo; e mi gode l’animo di poter qui mendicare questa altra sua gloria. ^ 1

« F u col trattato del 1843 che la Francia consenti a udirne di un quinto i dazi sul bestiame importato

per terra dal regno di Sardegna, e, nel 1851, furono le medesime agevolezze estese alle importazioni per il httorale, oltre una leggera riduzione dei dazi sulla specie ovina e caprina.

« Il regime fissato nella Convenzione col Piemonte rappresentava le sole concessioni fatte dalla Francia sui dazi del bestiame ; insino a che, nel 1863, pre­ valsa la causa dei consumatori, furono essi molto sensibilmente ridotti.

« E noto ciò che seguì di poi : nota è la lotta tra il partito della protezione e quello dei consumatori, della quale il risultato fu la misura di dazio stabi­ lita nel 1881 e tuttora in atto.

.« .Il primo effetto dell’aumento fu, nel 1881, una diminuzione delle nostre esportazioni, le quali però aumentarono nel 1882 e 1883, ma, nel corso di que­ st anno, decrescono. Gravi e dannosi per noi sono gli aumenti ora proposti : per i buoi colpiscono princi­ palmente l’Italia, ed, in linea secondaria, il Belgio e la Germania; per gli ovini la Germania, l’ Austria e l’Ita lia ; per le altre specie di bestiame il Belgio, l’Italia, la Svizzera e la Germania.

« Appena ebbe notizia di tali proposte, non mancò il governo di agire presso la Francia, e non rispar­ miò argomento alcuno, nè alcuna rimostranza per indurla ad abbandonare l’ideato progetto di aumento.

« Dalla nostra azione altro non si ritrasse, che la promessa di ridurre l ’ aumento in proporzioni lievi, poco sensibili e non improntate a spirito protezionista.

« Inutile^ è lo esporre l’opera del governo, dopo il fatto compiuto. Il progetto dal ministro di agricol­ tura^ fu presentato aU’Assemblea francese : la mi­ naccia quindi e piu vicina: il danno della nostra agri­ coltura è più probabile.

« Autorevoli diarii francesi combattono il proposto aumento: illustri uomini di Stato gli si schierano con­ ti o. Prevarrà forse la considerazione, che il problema­ tico beneficio dei produttori non sarà compensato dal danno certo ed immediato dei consumatori. Forse si penserà che la produzione interna, per quanto si cre­ da di favorirla, non può bastare al consumo francese. I orse non sara accettata la dottrina protezionista, che i diritti di dogana non abbiano influenza sul prezzo delle derrate, che colpiscono. Forse la causa dei con­ sumatori, nobilmente sostenuta, prevarrà ; massime perchè, come risulta dalla recente discussione tenuta dalla Società di economia politica in Parigi, col solo fatto della presentazione del progetto, il prezzo della carne è aumentato di quindici centesimi per chilo- •gramma. Forse è da confidare che la proposta non

venga accettata dal Parlamento francese.

« Certo è però, che « il vostro governo non è im- « preparato, nè rassegnato. Esso saprà percorrere « risolutamente la via che è tracciata dai nostri in- « teressi. »

« Anche in Italia il governo veglia sui destini del- « 1’ Agricoltura ed è risoluto di nulla risparmiare « per secondare gli sforzi nella difficile lotta che « sostiene. »

« Con 1’ assicurazione di tali propositi, e con l’au­ gurio che dalla Mostra di Torino sappia il Paese ri­ trarre utili ammaestramenti, ho l’onore d’inaugurare questa esposizione in nome del Re, al quale nessuna glona e estranea, nessuna sventura indifferente, nes­ suno pericolo ignoto. (Applausi vivissimi e prolungati).

IL SOCIALISMO SCIENTIFICO

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discus-28 settem bre 1884 L’ E C O N O M I S T A 627 sione. Oggi non si può dire più così: Ortus est sol! il

dottor Napoleone Colajanni pubblica coi tipi di Fi­ lippo Tropea di Catania un volume, primo della serie, in cui tratta del « Socialismo. » La corteccia è mo­ destissima, poiché porta scritto « Appunti » ma il midollo vi fa sentire ad esuberanza che l’Autore volle dire agli avversari rimproveranti al socialismo ita­ liano di non essere scientifico ; — eccomi a pro­ varvi il contrario. Ortus est sol!

Il dottor Napoleone Colajanni nel suo volume si oc­ cupa spesso dei miei scritti e a vero dire, non sempre la sua critica è cortese, nè corretta; spira dalle sue parole una tal’aria di sufficienza che a mille miglia si comprende come gli frulli per il capo il concetto: io sono il primo dei socialisti moderni italiani che pubblichi un volume, sono dunque il Capo scuola ; portiamo dignitosamente la carica e sia primo atto il dispregio verso gli avversari.

A vero dire, ho trovata nelle poche pagine pub­ blicate dal Turati molta più sostanza, molto più in­ gegno e anche più onestà di critica che non sia nel volume del Dottor Napoleone Colajanni, onde sono stato per un momento incerto se in queste colonne non fossi per convenienza obbligato a discorrer prima dell’ opuscolo del Turati ; ma poi volendo trattare diffusamente dell’argomento in apposita pubblicazio­ ne, rimando a quella la discusione dei punti prin­ cipali della questione. Qui mi basta per ora richia­ mare l’attenzione dei lettori sopra questo sole che viene finalmente a corroborare colla scienza e colla dottrina i principi del socialismo.

Ortus est sol ! E sarebbe mancare alle convenienze se a questo sole che da sé stesso ammira il proprio splendore, non si rendessero i dovuti onori non fosse altro per scuoprire se la sua luce non sia effimera od apparente. Gli articoli che ho pubblicati ne\\’Eco­ nomista sullo scritto del prof. Ferri 2) e quelli che sulla « Universalità dei fenomeni economici » « sulle leggi naturali » ho scritti per la Rivista di Filosofia scientifica, hanno offerto argomento al Dottor Napoleo­ ne Colajanni per mettere nel suo volume il mio povero nome insieme a quello di illustri filosofi e sociologi contro i quali egli indirizza il suo volume. A suo tempo discuterò i principii e le teorie che il Dottor Napoleone Colajanni espone per dimostrare come l’avvenire sia del socialismo e come al socialismo si debba gran parte del presente ; non mi sarà difficile dimostrare, io spero, tre punti principalmente : il primo come egli abbia nel modo più grossolano — mi perdoni una parola che d’altronde ho trovato nel suo libro — fraintesa la applicazione della teoria darwiniana alla società umana ; —. il secondo come, malgrado le re­ strizioni a cui lo^ba sottoposto, il suo socialismo scien­ tifico, lungi dall’essere un fattore del progresso umano, possa essere una delle cause per le quali si determi­ nano delle reazioni dannose alla umanità ; — il terzo come sia facile ottenere vittoria apparente sugli av­ versari quando si voglia modificare abilmente il senso delle loro parole.

E qui mi propongo appunto di accennare come il dottor Napoleone Colajanni si sia procurata occasione di scrivere due brillanti paragrafi per confutare concetti che non erano i miei.

Il Dott. Napoleone Colajanni scrive che io nego reci- * *) ’) Il delitto e la questione sociale.

*) Socialismo e criminalità. — Vedi Economi­ sta, N. 486 e seg.

sámente la possibilità dì un miglioramento sociale; e dopo aver riportato il brano di un mio articolo pub­ blicato in queste colonne, mi risponde colle parole de\Y Ecclesiaste, ripete la vecchia domanda « la vita vale ella la pena di esser vissuta? », mi chiama ingenuo, sincero, candido e nientemeno che mi fa apparire de­ sideroso di regresso, come se nell’avanzamento della civiltà vedessi un male. — Il Dott. Napoleone Colajanni dopo avermi foggiato a questo modo (e notisi che tale non appariva il mio concetto neppur dal brano che ha riportato) cerca la vittoria con frasi spiritose e con giuochi di parole. — Cerchiamo di scoprire l’abile, ma non ingenua nè candida tattica dell’avversario, ri­ proponendo sinceramente la questione.

Discutendo degli ideali socialistici, io ho affermato e mi pare di poterlo affermare anche oggidì, che al progresso economico intellettuale della società umana non corrisponde un analogo miglioramento psicolo­ gico ; la felicità ed il benessere dipendono non sola­ mente da ciò che si ha o si gode, ma da ciò che si po­ trebbe avere e godere. Perciò se anche il socialismo, 0 semplicemente la civiltà, giungesse a procacciare al più povero dei cittadini quello che alla stregua del concetto odierno si potrebbe chiamare una vita comoda, non cesserebbero per questo le sofferenze psicologiche se altri avessero e godessero di più. — E questo concetto mi pare così chiaro, così evidente da non poter essere frainteso se non mediante una espressa intenzione di fraintenderlo. — Ora il Dott. Napoleone Colajanni crede di poter chiamare questo mio « un pessimismo che si rivolge ai poveri ed agli ignoranti soltanto, per raccomandar loro di rimaner tali.... per paura di un aumento d’infelicità psicolo­ gica ». Nò, caro signore, mi sono rivolto ai socialisti, 1 quali promettono la felicità ed il benessere ed ho detto loro che sono falsi promettitori; che se poi il Dott. Napoleone Colajanni li vuole anche poveri di spirito ed ignoranti, nulla ho da vederci. Certo non è prova nè di sapienza nò di candore pretendere alla rappresentanza scientifica e servirsi di simili mezzi per mostrare ai lettori così facilmente vincibile un avversario a bella posta foggiato.

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628 L ’ E C O N O M I S T A

28 settembre 1884 contro le classi superiori non sono meno aspre e

meno selvaggio,? Se no, non vi è palese contraddi­ zione, non solo con le parole del Dott. Napoleone Colajanni, il quale tanta influenza attribuisce al so­ cialismo, ma anche collo stesso principio della evo­ luzione ? —

Egli è, ripeterò anche qui, che la felicità non di pende tanto da ciò che si ha quanto da ciò a cui si aspira ; e le aspirazioni costituiscono appunto la infelicità, ed esistevano al tempo della schiavitù verso la libertà, esistevano al tempo dell’oppressione religiosa per la libertà di coscienza, esistono oggi verso la ricchezza ed il benessere materiale. È mo­ dificata la causa, ma il fatto rimane lo stesso ; chi si trova all’ infimo della piramide sociale, sia esso ricco o povero, soffre di essere infimo, è infelice perchè è I ultimo. Ed il socialismo più o meno gonfio, più o meno scientifico che promette a tutti il benes­ sere e la felicità, è un falso promettitore.

Del resto Io stesso Dott. Napoleone Colaianni dopo essersi sbizzarrito con facezie, che gli tennero luogo di ragionamento scientifico, si mette al sodo e dice: « Che i miglioramenti ottenuti non riescono ad acque­ tare il proletario, siamo d’ accordo. È verissimo che si desidera di avere e di possedere, quanto più si sa e si possiede, perchè di più si comprende. E come no? Si può desiderare ciò, che non si conosce? 0 come un contadino, ricacciato nello stato di vera am­ maina, nelle condizioni pre-sociologiehe può aspirare a miglioramenti ? — Avviene lo stesso per l’istru­ zione. Quanto meno se ne ha, e tanto meno si av­ verte il bisogno di possederla. Bisogna perciò affaticarsi a rinnovare le gesta di Omar, abbruciando le biblio­ teche, perchè l’istruzione conseguita aumenta il de­ siderio ardente di possederne una maggiore? » — Nò, noi II Dott. Napoleone Golajanni sa benissimo che io non desidero che si abbruci la biblioteca, ma invece dico ai falsi profeti che hanno torto di far credere al popolo, al quale rivolgono specialmente la loro calda parola, che, letta la biblioteca, avrà saziata la sua bramosia, sarà felice e contento e a nulla più aspirerà. — La questione che io ho posta è questa; nè il Dott. Napoleone Golajanni può credere di averla anche solo discussa nel suo libro. Io non lo dirò certo nè candido, nè ingenuo, nè andrò a cercare se nel suo scritto vi sia poca o molta sincerità, ma la im­ pressione che mi ha fatta il suo libro, è che egli sia poco abituato alle discussioni scientifiche e cerchi più presto l’effetto che non sia la verità; il che è male quando si lascia credere d’ aver preso per motto l’Ortus est sol.

Il Dottor Napoleone Colajanni mi rimprovera an­ che « di fare un solo fascio degli economisti meta­ fisici e dei socialisti » e vede che io non ho dime­ stichezza col moderno socialismo scientifico, perchè asserisco « che in mancanza di una divina provvi­ denza i socialisti, credono nella libera volontà umana, nella libertà di indifferenza, e si ritemprano alla fonte del misticismo. »

Non ho bisogno di cercare in Germania la prova di questa mia asserzione : me la fornisce lo stesso libro del Dottor Napoleone Colajanni, il quale, per quanto sforzo abbia fatto onde coprirsi sempre dei nomi dei più valenti positivisti, ha pure dovuto per­ dere l’equilibrio e cadere nella melafisica. Infatti a pag. 237 trovo accettate dal Dottor Napoleone Co­ lajanni le seguenti parole « L’altruismo e la simpa tia dovrebbero essere sbanditi perciò dalla morale |

dello Stato, che deve informarsi soltanto alla giu­ stizia. Così che non si intaccano menomamente le aspirazioni e le domande dei socialisti, che giustizia chieggono con insistenza nella appropriazione dei pro­ dotti del lavoro e niente altro, che giustizia. » Ed a pagina 260. « I socialisti nulla hanno da perdere e tutto da guadagnare nella invocazione della forza. 0 questa è la forza muscolare, ed essi la posseg­ gono ; sono la massa. Se è la forza morale, ed al­ lora domina la giustizia e non la prevalenza : ed i socialisti la invocano e la desiderano. La forza scien­ tifica e la forza intellettuale poi possono servire transitoriamente alla forza muscolare, ma definitiva­ mente agiscono come mezzi potenti di trasformazione, che conduce alla sostituzione della forza morale alla muscolare. » Con che candore e con che ingenuità il Dottor Napoleone Colajanni mi censura di confon­ derlo coi metafisici, lui che in mezzo ad una discus­ sione scientifica vi caccia avanti la giustizia e la morale come idee che non valgono nemmeno l’onore di una spiegazione per intendersi!

Ed oggi faccio punto; mi pare però che il socia­ lismo neanche questa volta possa dire: ortusestsol.

A. J. De Johannis

Rivista Bibliografica

Plebano Achille. — Sulla moneta e sul biglietto di

Banca. — Considerazioni generali in rapporto al-1 Italia. Roma, stab. tip. dell’ Opinione, al-1884. Da qualche tempo le pubblicazioni sulla moneta o sul medio circolante si moltiplicano anche in Italia; il che del resto corrisponde al bisogno del mo­ mento. In questi ultimi anni è avvenuto su questa questione un lenomeno curioso. Da una parte uomini che per importanti scritti o per altri meriti si erano acquistato un posto segnalato nella scienza o astratta od applicata, hanno subitaneamente dubitato della verità di quelle dottrine e di quei principii che al­ cuni giorni innanzi avevano proclamati dalla catte­ dra, dalla, tribuna, sul giornale o sul libro indiscu­ tibili. Dall’altra altri uomini del pari competenti ed autorevoli nella opinione della maggioranza, sono ve­ nuti coi loro studi ad asserire previsioni ohe i fatti smentirono con una asprezza ed una solennità ve­ ramente insolente. E ciò avveniva, s’ intende, non solamente in Italia, ma anche in Francia, in Ger­ mania, in Belgio, dove con molto calore discutevasi delia questione monetaria e cercavasi modo di re­ golarla purchessia secondo gli intendimenti degli uni o degli altri.

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28 settem bre 18S4 L ’ E C O N O M I S T A 629 Il libro che abbiamo sottocchio dell’on. Piebano,

non ha per iscopo di tentare nuove analisi e sco­ prire nuovi orizzonti, ma semplicemento parte dalla persuasione che « non farebbe opera vana, chi, nel momento appunto in cui della pratica soluzione di quei problemi si tratta, tentasse farne una razionale e semplice esposizione, spoglia, per quanto è possi­ bile, d’ ogni tecnicismo, ed alla portata di chi non voglia di questi studi speciali occuparsi. »

11 libro, dettato alla buona, senza pretensioni, con­ tiene una esposizione abbastanza completa dell’argo­ mento e riesce quasi sempre chiaro. A chi però lo legga attentamente apparirà una certa sproporzione nelle parti in cui è diviso, e soprattutto manchevoli le considerazioni generali che dovrebbero poi essere applicate; onde non sempre la analisi dei fatti at­ tuali è sorretta da una sufficiente esposizione dottri­ nale. Specialmente ciò che riguarda il biglietto di Banca non trova appoggio nella troppo scorsa illu­ strazione della teoria del credito in generale; mentre invece I’ Autore ha saputo in poche pagine esporre con molta chiarezza e quasi sempre con precisione tutte le questioni che riguardano la moneta metallica.

Quello^ che abbiamo notato con piacere leggendo il libro dell’Autore, è che egli si mostra seguace delle teo­ rie economiche più liberali. Qualche riserva che si incontra quà e là, o meglio qualche osservazione sulla opportunità di soprassedere alla completa applicazione di quelle dottrine, non lo ascrive però a quella scuola di economisti, i quali, sotto una pretesa bandiera « storica, » vogliono affatto abolita la scienza e si vantano di non seguire i rigidi principii che essa ha affermati ma di saperli opportunemente temperare con provvedimenti medii che valgano ad evitare le angolosità di una teoria fissa. Essi vogliono essere liberi scambisti ma non tanto da non poter essere anche protezionisti; approvano il monometallismo, ma dilendono^ anche il bimetallismo ; — si stacchereb­ bero dall Unione latina, ma credono che si possa continuare a farne parte ; — vorrebbero la libertà di emissione ed anche il monopolio ed anche la plu­ ralità limitata ; biasimano la abolizione del macinato, ma propagano la diminuzione del prezzo del sale, si fanno promotori delle casse di risparmio postali, e scrivono contro i pericoli dello Stato banchiere; si dichiarano contro la soverchia ingerenza governativa che tarpa le ali alla iniziativa individuale,' ma hanno una parola d’ ammirazione per 1’ energica figura di Bismark, che fa approvare la assicurazione obbliga­ toria e reggimenta gli operai tedeschi, ecc. ecc. e il nostro Autore non accetta questa scuola dell’oppor­ tunismo economico « negazione d’ogni scienza che favorita dall’ ignoranza dèi molti, spinta dal desiderio dei pochi, è riuscita a conquistare, pur troppo, ab­ bastanza largo dominio. »

L’Autore è monometallista e vorrebbe l’unificazione del sistèma monetario ; approva per ragioni di legit­ tima difesa l’operato della Unione latina; nota l’I n ­ successo delle recenti conferenze monetarie che si proponevano la riabilitazione dell’ argento, e crede che « anche ristretta da alcuni tra i principali stati, qualsiasi unione bimetallica non può avere speranza di riuscita, » che perciò « di unione bimetallica più o meno universale sia inutile parlare » e che ogni Stato debba pensare « ai casi suoi a seconda delle sue circostanze, dei suoi bisogni, delle sue tendenze. » E per 1 Italia I Autore, stimando una illusione lo spe­ rare in un sollecito e stabile ristoro del valore del­

l’argento mediante la costituzione di una unione più o meno larga tra i principali Stati dei mondo, du­ bitando che esista una via d’uscita immediata, crede che dobbiamo contentarci di un avviamento alla r i ­ soluzione della questione. E questo avviamento per 1’ Autore si compendia in queste parole: « Non pos­ siamo adagiarci senza pensiero del futuro, allo stato di cose attuali ; non dipende da noi, anche se di­ sposti ad accettarlo e riconoscerne la convenienza, il far rivivere un bimetallismo razionale e vero. Non ci resta che, o tornare indietro, e ponendoci a li­ vello dei paesi orientali, accontentarci dell’ argento; o, seguendo la via che la natura delle cose indica, e sulla quale tutti i paesi, a misura che progredi­ scono, vanno avviandosi, prepararci ad essere noi pure un paese ad unico tipo aureo. »

Tuttavia 1’ Autore non crede che l’ Italia debba contribuire a sciogliere l’unione latina o debba stac­ carsene se dovesse continuare ; a suo avviso la Fran­ cia è più che mai interessata a mantenerla per la grande quantità di scudi che ha nelle sue casse (2693 milioni) nè l’ Italia può ora affrontare una liquida­ zione che le costerebbe troppo cara. Perciò, quando non si tratti di lungo impegno, e meglio prolungando d’ anno in anno la convenzione dei 1878, l’ Italia potrebbe contentarsi di lasciar le cose quali sono ; - che se poi l’Unione non potessse combinarsi, l’Au­ tore conclude col detto : meglio soli che male ac­ compagnati.

La seconda parte del lavoro riguarda la circola­ zione fiduciaria e lo spazio ci vieta di riassumerla anche brevemente.

Terminiamo però consigliando la lettura di questa pubblicazione, dove non solamente si trova una so­ bria esposizione delle cose note, ma a quando a quando osservazioni originali sulle quali anche chi non sia pro­ fano all’argomento soffermerà volentieri 1’ attenzione.

In verità che si leggono, specialmente di cose eco­ nomiche, tanti libri molto pretenziosi che contengono così poco alimento al pensiero, che non possiamo a meno di encomiare un lavoro che si legge molto volentieri, mostra talvolta la originalità dell’ ingegno di chi lo dettò, ed è scritto in una forma veramente modesta.

A, J. De Johannis.

Bonis Carlo. — Interessi agrari. — Milano P. B. Bel­

lini e C. 1884.

Un altro opuscolo sull’ agricoltura. E ben venga, poiché per l’Italia è grande bisogno che si discuta di questo essenziale elemento della sua grandezza avvenire.

L’ autore, premesso un proemio, tratta della con­ dizione agricola italiana, della concorrenza sul grano e dei mercati monetari. Poi aggiunge alcuni corol­ lari e presenta le sue conclusioni.

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630 L ’ E C O N O M I S T A

28 settembre 1884 Crede non inutili in proposito alcuni studi.

. infatti nella prima parte esamina la condizione agricola italiana e riproduce i giusti lamenti tante volte espressi sul forte aggravio che incombe alla proprietà fondiaria non solamente per l’altezza della imposta in alcune Provincie, ma per la soverchia li­ bertà lasciata ai Comuni di sovraimporre oltre il li­ mite legale. Su questa parte nulla troviamo che non sia già, stato detto. Avvertiamo però il lettore che il bilancio italiano non giunge a 2 miliardi e duecento mila lire, come egli scrive a pag. 29, ma ad un miliardo e quattrocento mila; egli ha forse preso quell’anno nel quale il bilancio era ingrossato dalle conseguenze del prestrto^per l’abolizione del corso forzato.

Poi 1 Autore, venendo a parlarci della concor­ renza sul grano, ci descrive gli Stati Uniti, riassu- mendo in poche pagine non bene fuse quanto ne scrisse il sig. E. Rossi nella sua recente pubblica­ zione « ^ Gii Stati Uniti e la concorrenza » ; final - mente l’Autore accenna anche in un paragrafo alla futura concorrenza Egiziana. E nel terzo capitolo viene a parlare dei mercati monetari. Non sappiamo da che desuma il sig. Bonis che a Londra su questo aumento sia viva le preoccupazione del mercato mo­ netario pei mesi futuri. Il suo libro pare dettato circa m sulla metà dell’anno, nè a noi consta che allora 0 poco prima o^ poi ci sia stata o ci fosse una si­ mile preoccupazione. Dovunque anzi notavasi una grande abbondanza di denaro e nessuna richiesta dell’ America, e le ansietà della City a cui allude 1 Autore si riferiscono probabilmente ad un’ epoca di qualche anno più lontana.

Nei corollari I’ Autore rimprovera il Governo di non far nulla o di dare i rimedi in dosi omeopati­ che, accenna al desiderio di un Codice Rurale. Ri­ spetto al credito non arriviamo bene a comprendere il suo concetto. Ma lo espone invece nelle conclu­ sioni dove dice che l’Agricoltura ha bisogno di cre­ dito, che però è necessasio sia offerto a condizioni accessibili _ e quindi vuole il discentramento del cre­ dito agrario servendosi specialmente delle Banche popolari, e delle 67 tesorerie a cui potrebbe far capo la Cassa dei depositi e prestiti.

SOCIETÀ 01 E C H I POLITICA 01 P it i

( Riunione del 5 Settembre').

L argomento discusso in questa riunione fu il se­ guente : Delle riforme possibili nella organizza­ zione, e tariffa delle contribuzioni indirette.

Fournier de F laix prendendo la parola per esporre e sviluppare la questione, comincia col far notare 1 ineguaglianza delle condizioni del lavoro fra una città come Parigi, in cui la popolazione paga tasse di consumo per 150 milioni di franchi, e quelle come Londra, Berlino, e Nuova York, ove è la proprietà fondiaria che sopporta sola le spese municipali. A Parigi tutti i benefizi della accumulazione urbana sono sfrattati dai proprietari, e tutti i pesi sostenuti dal lavoro. Dopo questa breve premessa 1’ oratore scende a parlare della tassa che il governo francese

prepara alla carne e al pane, per mezzo del dazio di entrata sul bestiame e sul grano. E qui Fournier rammenta come tanto al Senato che alla Camera ab­ biano sostenuto che i diritti di dogana non abbiano influenza sulle derrate che essi colpiscono. Siffatta teoria è per l’oratore non solo un sofisma, ma una vera e propria soperchieria. Egli rammenta in proposito, che appena comparve la legge sugli zuccheri tutti i negozianti ne alzarono il prezzo di IO centesimi per libbra. E lo stesso avviene per la carne prima ancora che la legge sia votata, perchè anticipandone gli effetti, la si la pagare 15 centesimi di più per chilogrammo. E perchè avviene questa anticipazione ? Avviene perchè la carne è un ali­ mento più necessario dello zucchero. L’oratore ag­ giunge che si è in piena reazione protezionista. 1 proprietari vedendo diminuire le loro rendite e il valore delle loro terre sperano che il rialzo delle derrate alimentari, e l’ inalzamento del costo della vita ristabiliranno le loro rendite e i loro profitti. Gli operai sono divenuti protezionisti, perchè credono che grazie alla protezione potranno espellere i pro­ dotti similari esteri, e aumentare i loro salari. Quanto ai proprietari, l’oratore osserva che sino a un certo punto si può ammettere che realizzeranno le loro spo ranze, perchè hanno in loro aiuto il bisogno, ma quanto agii operai le loro illusioni sono profonde. Egli crede che sieno sotto l’ influenza della vecchia ^dottrina della ricuperazione, di quella dottrina cioè che lascia credere che allorquando i salarj sono caduti ad un vero minimum vi sia sempre speranza di rialzarli. Questo per l’oratore è un errore, ed egli lo dimostra con l’esempio degli operai inglesi, i quali d alI8 1 5 al 1842 non poterono rialzarsi e la loro miseria di­ venne terribile, provocando la grande evoluzione di cui Cobden e Roberto Peel furono i capi. Oggi gli operai inglesi non pagano più tasse di consumo, ec­ cettuato il thè e l’alcool. Liberati dalle imposte in­ dirette, gli operai inglesi ricevendo interamente i loro salari hanno potuto fare dei risparmi. Lo stesso l’ora­ tore opina che non avverrà per gli operai francesi, i quali non potranno mai migliorare le loro condizioni, inquantochè l’aumento nel costo della vita rincarerà la produzione. E le conseguenze per Fournier sa­ ranno queste: che le esportazioni diminuiranno co­ me già sono diminuite di 150 milioni di franchi nei primi sette mesi di quest’anno, che il lavoro sarà meno ricercato, e che i salari ribasseranno.

Mercier richiama alla memoria i modi semplici, e al tempo stesso efficaci coi quali Roberto Peel potè giungere a salvare l’ agricoltura inglese. Egli tolse tutti gli ostacoli alla circolazione dei prodotti stranieri, e istituì definitivamente in Inghilterra il regime libero scambista, che ha dato i maravigliosi risultati che tutti conoscono. Secondo l’oratore per rialzare l’agricoltura francese occorrerebbe . un in- sieme di imprese, quali per esempio la riduzione o anche I abolizione delle tasse sui concimi, sulle mac­ chine agricole, la riduzione delle tariffe ferroviarie, specialmente per i prodotti della terra ecc. A questa questione l’oratore crede si colleglli quella dei dazi di consumo, i quali in sostanza colpiscono i prodotti del suolo quando entrano nella città, e nocciono alla loro diffusione.

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