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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.11 (1884) n.541, 14 settembre

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L'ECONOMISTA

G A Z Z E T T A S E T T IM A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Anno XI - Voi. XV

Domenica 14 Settembre 1881

N. 541

Nei giudizi che abbiamo avuto occasione di espor­ re in queste colonne sulle condizioni della finanza italiana, ci siamo trovati in disaccordo quasi com­ pleto con alcuni autorevoli confratelli della stampa, i quali si sforzavano a dimostrare che le loro pre­ visioni, fatte ancora tre o quattro anni or sono sul-

Xanno critico o fatale, erano vere. E nelle discus­

sioni che sostenemmo con quei periodici avemmo la soddisfazione di riscontrare che le conclusioni, alle quali li forzammo di venire, erano molto ma molto meno nere del tuono quasi lugubre, col quale avevano cominciato a trattare l’argomento.

Le evidenti risultanze del bilancio consuntivo e preventivo lasciavano con tutta sicurezza affermare che 1’ on. Magliani aveva potuto raggiungere le ri­ forme della abolizione del macinato e del corso for­ zato e l’aumento delle dotazioni per l’esercito, la marina e la pubblica istruzione, senza ricorrere a quegli espedienti fallaci, a cui tuttavia troppo facil­ mente è tratto un Ministro delle finanze. E i fatti lo dimostrarono fin qui colla maggiore evidenza, poiché nei consuntivi le entrate superarono sempre le pre­ visioni, il che prova come il Ministro non le avesse esagerate, anzi si fosse tenuto al disotto della pro­ babile verità; e le spese furono sempre inferiori alle previste, il che pure dà prova che il bilancio non era stato artificialmente compilato per mascherare o nascondere una situazione cattiva o pericolosa. Il giudizio quindi che in varie circostanze abbiamo emesso, cercando di tenerci strettamente alla verità si può compendiare in queste parole : - il bilancio è in condizione normale, può far fronte ai propri bi­ sogni ; - solamente se avvenissero straordinarie ed imprevedibili circostanze occorrerebbero straordinari provvedimenti.

E se male non ci apponiamo tanto l’Opinione ehe la Perseveranza che gli altri giornali i quali trat­ tarono di questa questione, non erano lontani dal venire alla stessa nostra conclusione, solo aggiunge­ vano che un saggio Ministro delle Finanze avrebbe dovuto tenere e mantenere il bilancio in tali con­ dizioni da poter far fronte anche alle eventuali, ma pur possibili circostanze, che ne scuotessero [’equilibrio. Ma noi contestiamo questa teoria, la quale, nel caso dell'Italia, manca non solo di ogni concetto storico, ma lascia credere che, nel reggere le finanze italiane, altri avrebbe saputo e potuto tenere una via diversa da quella battuta, il che non crediamo vero. Infatti quando uno Stato ha provveduto a

soddi-sfare tutti i bisogni urgenti e legittimi (se pure sia mai possibile che uno Stato giunga a questa meta, che il movimento stesso della civiltà rende inarri­ vabile) si può ammettere che, prima di concedere la diminuzione delle imposte, voglia formarsi una spe­ cie di riserva, rappresentata da avanzi sicuri del bi­ lancio, onde far fronte alle eventuali disastrose cir­ costanze che possono lurbare il rapporto presunto tra le entrate e le uscite. Ma quando un paese come l’ Italia è stretto da tante necessità urgentissime, ha sete di tanti provvedimenti che domandano spese al­ tissime, ha bisogni che da lunghi anni solo per neces­ sità di bilancio vengano pretermessi, qual’ è quel ministro delle finanze il quale, ottenuto un avanzo di entrate non lo avrebbe impiegato, anche appena si manifestasse presunto, a soddisfare una o l’altra delle più urgenti necessità? — Noi non possiamo credere, nè crediamo in nessun modo che se altri si fosse trovato a reggere le finanze del Regno avrebbe voluto e potuto mantenere nel bilancio un avanzo di venti, trenta o più milioni al solo scopo di avere sempre i mezzi onde far fronte ad even­ tuali straordinarie necessità. — Questo eccesso lode­ vole di previdenze è permesso solamente ai ricchi ; coloro che non Io sono (e nessuno vorrà ammet­ tere che lo sia l’ Italia) prima di consacrare una somma per una polizza di assicurazione provvedono e ai bisogni più urgenti, al sostentamento.

Il che premesso, a noi pare che la questione sulla politica finanziaria italiana abbia un aspetto diverso; si tratta di vedere se era più o meno utile ed op­ portuno impiegare gli avanzi del bilancio a questa od a quella spesa, a questo od a quel provvedimento, a questa od a quella diminuzione d’imposte. E qui ri­ conosciamo benissimo come i criteri e le opinioni possano essere diversi e come alcuni accennino ad una via, altri ad un’ altra ; — ma non è piu questione di indirizzo e di metodo ; è questione di applicazione, diversa nei particolari, di un metodo unico. I gior­ nali che hanno tentato di mutare la questione e di portare la discussione sul sistema, si sono presto av­ veduti che loro mancava il terreno e che erano co­ stretti a battere in ritirata. Ed infatti la Perseveranza

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maggiori spese per l’esercito e la marina, gli amici della Perseveranza e della Opinione non espressero altro parere che quello che le somme stanziate fos­ sero insufficienti. — E chiaro dunque, a noi pare, che la questione finanziaria in Italia non poteva avere altro indirizzo razionale di quello che le ha impresso l’on. Magliani, e che tutto al più nell’ applicazione questo indirizzo poteva da altri subire modificazioni, nel preferire, riguardo al tempo, una spesa piuttosto che un’altro, uno sgravio piuttosto che un altro. Ed è egualmente chiaro che l’idea di mettere il bilancio in condizioni da poter far fronte preventivamente alle straordinarie eventuali circostanze, è una utopia alla quale nessuno praticamente poteva nè può pensare.

Se non che camminando appunto il nostro bilancio tra molti scogli, e avendone ora incontrato uno abba­ stanza aspro, è opportuno studiare quale sia la via da prendere per provvedere a tempo all’urto mi­ nacciante ed inevitabile, onde non ne rimanga scossa la carena.

Le condizioni sanitarie della Francia prima, del­ l’Italia, poi non possono a meno di portare un sen­ sibile colpo alle finanze dello Stato. I provvedimenti da prima preservativi, poi curativi, che lo Stato ha dovuto compiere, debbono domandare una spesa non indifferente ; d’ altra parte le stesse condizioni del commercio nazionale ed internazionale, arrenato da tante conseguenze della condizione sanitaria, la sos­ pensione di molti affari di ogni genere e specie, deb­ bono farsi sentire sulle entrate e portare uno squi­ librio sensibile nel bilancio. Ed è certo che in questi mesi d’autunno l’on. Magliani dovrà registrare delle spese maggiori, e delle minori entrate. — Noi non saremo certamente come alcuni, i quali, volando colla fantasia e prevenendo il tempo, pretendono che l’anno finanziario, il quale termina il 30 giugno, lascierà un deficit di settanta milioni. Si sa bene che in questo genere di cose le previsioni a lunga scadenza hanno poca probabilità di rispondere al vero. Certo che le entrate scemano; le dogane già accennano ad un minore introito, e le ferrovie non possono a meno di dar delle cifre sconfortanti nella entità dei loro prodotti; ma siamo nel momento acuto della crise e non è detto che ossa non debba esser seguita da una rea­ zione, la quale compensi, almeno in parte, i danni che ora si manifesta. E basta un ragionamento semplice per pensare che ciò deve pur succedere. Se nelle presenti condizioni, essendo interrotte e difficoltate le comunicazioni, il commercio si è ad un tratto a r­ restato, e se malgrado ciò noi vediamo che non di­ fettano le mercanzie delle quali ordinariamente fac­ ciamo uso, è naturale che il fatto dipende dal consumo delle provviste. Ma è anche naturale che, cessate le cause — e facciamo voti che ciò avvenga molto presto — per le quali il ripristino delle provviste si effettua lentamente o non si effettua, debba succe­ dere un periodo di straordinaria attività che com­ pensi quello di inerzia forzata. — È ben vero che le preoccupazioni sanitarie e le cautele igieniche di­ minuiscono anche di fatto i consumi ; ina è anche vero che quasi ordinariamente, in tutti i paesi ed in ogni tempo, alle epoche di forzata astinenza seguono quelle di maggiore e più largo soddisfacimento dei bisogni compressi. Sarebbe quindi contrario ad ogni buona regola di logica e di esperienza il dedurre che il danno che ne risentirà il bilancio abbia ad essere tale quale può essere indicato dai primi sintomi apparenti.

Comumque ammettiamo pure che il risultato finale abbia ad essere un deficit di qualche decina di mi­ lioni - quantunque si potrebbe sperare che delle rigorose economie e una ripresa nell’aumento natu­ rale delle imposte possano scongiurarlo; - ammettiamo adunque che il deficit abbia a manifestarsi...ebbene noi per il momento non abbiamo che una preghiera a rivolgere a quei pochi autorevoli periodici i quali sogliono più seriamente discutere dalle cose finanzia­ rie, ed è che lamentando il fatto e studiando i prov­ vedimenti, ci risparmino tutte le solite querimonie sulla abolizione del macinato e non ci lascino credere che si avrebbe potuto mantenere il bilancio italiano con qualche decina di milioni di avanzo per aspettare il colera. Tanto nessuno ci potrebbe credere !

Invece sarà utile senza dubbio aiutare il Governo a profittare delle circostanze sventuratamente soprav­ venute a turbare il bilancio, perchè ottenga dal Par­ lamento la sollecita discussione di quelle importanti leggi organiche che possono avere tanta influenza sulle finanze. Notisi bene che diciamo sollecita d i­

scussione appunto perchè non ci si dica che appro­

fittiamo delle condizioni sanitarie del paese per di­ mandare la approvazione delle convenzioni. Nostro convincimento profondo è che quei contratti sieno utili allo Stato ; nelle circostanze odierne abbiamo un’altra dolorosa prova dell’alea a cui si espone lo Stato facendo l’ industriale, poiché le maggiori spese ed i minori introiti che oggi soffrono le reti ferro­ viarie sono tutti a suo carico e non lo sarebbero che in piccola parte se le avesse appaltate. Ma ad ogni modo riteniamo che nella attuale situazione nostra un definitivo assetto del bilancio sia impossibile senza venire ad una conclusione sui due problemi delle ferrovie e delle banche tanto più, che se quelli fos­ sero respinti, riteniamo che dovrebbe essere provve­ duto ad un nuovo indirizzo delle finanze, inquantochè l’on. Magliani si vedrebbe rifiutati i due progetti or­ ganici che più direttamente si collegano col bilancio. La necessità quindi di affrettare la risoluzione dei due problemi si impone dalla stessa situazione eco­ nomica del paese.

LE TARIFFE FERROVIARIE

(alla TRIBUNA)

Se scrivessimo in un giornale quotidiano e poli­ tico, nessuna occasione più favorevole ci si sarebbe presentata dell’ articolo della Tribuna per fare una polemica vivace ; — 1’ avversario ci presentava così debole il fianco che ci sarebbe permessa qualunque mossa per vincerlo. Ma abbiamo abituati da lunghi anni i nostri lettori a leggere nelle colonne dell’.E’co-

nomista discussioni calme e serene, nè sarà questa

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14 settem bre 1884 L ’ E C O N O M I S T A 591 ferrovie. »Siamo sicari che quando gii egregi scrittori

di quel periodico avranno il mattino riletta quella frase loro sfuggita la sera tardi, avranno riso della inven­ zione di una nuova procedura parlamentare, nella quale le Giunte, deputate ad esaminare un contratto, trat­ tano cogli assuntori non solo, ma escludono anche la presenza e l’intermediario del Governo e del Ministro che specialmente ha stipulati i preliminari!

Però queste sono inezie sulle quali è già troppo discorrere rilevandole; a noi basta qui osservare una cosa ed è questa: — nel nostro articolettosulle « Con­

venzioni ferroviarie » pubblicato nell’ultimo numero

scrivemmo queste precise parole : « Si sa che le ta­ riffe proposte non comprendevano che le generali e le speciali comuni ad ambedue le Società; ogni So­ cietà aveva quindi il diritto di stabilire delle proprie tariffe speciali con ribasso e delle tariffe locali ; ed appunto perchè è desiderabile che per conservare la unità delle tariffe, quelle speciali e locali sieno nel numero limitate, è evidente come sia possibile stu­ diare il modo di apportare alle tariffe speciali comuni, aggiungendovi qualche maggiore estensione, quei ri­ bassi che le tariffe speciali particolari e le locali avreb­ bero pur consentito. »

E queste parole ci paiono cosi chiare, così evi­ denti, così logiche a chi voglia intenderle, che nulla abbiamo da aggiungere. Ma è chiaro, evidente e logico pure che il dilemma posto dalla Tribuna : « o il rimaneggiamento delle tariffe speciali comuni « cui attendono i direttori sullodati, equivale ad un « ribasso nei prezzi dei trasporti, e allora il reddito

« netto delle ferrovie diminuisce.... o questo rima-« neggiamento non diminuisce nè prezzi, nè introiti « ed allora è una semplice lustra.... » — Questo dilemma, diciamo, è sbagliato poiché non risponde alla condizione di cose che noi abbiamo esposta, e viene quindi ad una conclusione arbitraria e vuota di senso.

Notisi bene però che non mettiamo in dubbio con questo la perspicacia e la attitudine ad intendere degli scrittori della Tribuna-, — si sa bene che la politica esercita delle singolari influenze sul modo di comprendere le cose; ma noi, pur rammaricandoci di tale influenza, non siamo disposti ad annoiare i nostri lettori con troppo lunghe dimostrazioni che sarebbero appunto perdute per chi ha già detto di non volerne profittare.

La Tribuna poi crede d’ aver tutto spiegato e tutto provato avvertendo i suoi lettori che YÉcono-

mista è nei migliori termini « col gruppo finanzia­

rio delle ferrovie Meridionali e col ministero dei la­ vori pubblici. » Pochi giorni or sono abbiamo notato che la Perseveranza ci dichiarava addirittura tutto uno col Ministro delle finanze.... È infatti una rara fortuna per un periodico d’ esser creduto in così stretti rapporti con tante diverse notabilità. Ma veda la Tribuna se questa larga manifestazione di sim­ patia che viene riconosciuta a favore de\l’Economi­

sta, non dipenda da quel magis amica veritas che

la passione politica così frequentemente ed ostinata- mente è costretta a dimenticare.

L ’ INGERENZA GOVERNATIVA

Dai giornali abbiamo appreso che l’onorevole Mi­ nistro di agricoltura e commercio ha indirizzato il seguente telegramma al direttore generale del Banco di Napoli :

Conte (¡ritmo, Direttore generale Banco Napoli,

Nella recente visita fatta a codesta città ebbi a convincermi della grande miseria che affligge parte della popolazione, e che è una delle pereipue cause dell’ inserimento del morbo.

Il Banco di Napoli, che ha reso non pochi nè lievi servizi, ha già deliberato di concorrere per lenire le conseguenze del male. Credo però che la sua bene­ fica missione non sia finita, e son sicuro che la S. Y. così amante del pubblico bene converrà meco che bisogna andare avanti nell’opera caritatevole iniziata.

Adunque, conscio della responsabilità che assumo, ma certo altresì che in taluni momenti è dovere in­ contrarla intiera per un supremo interesse pubblico, mi permetto pregarla a voler di urgenza convocare il Consiglio di amministrazione perchè deliberi, salvo ad ottenere a suo tempo l’approvazione del Consiglio generale, di mettere sin da ora a disposizione del municipio sugli utili raccolti lire duecentocinquanta mila per sussidi e soccorsi ai colerosi e famiglie dei superstiti e miglioramenti nella igiene della classe operaia.

Sono certo che la mia proposta troverà favore nell’animo nobilissimo di Lei e dei sig. consiglieri.

Firmato: I l Ministro Gr i m a l d i

Non è questo il momento discutere sopra l’ atto compiuto dall’ on. Ministro; egli stesso ne ha com­ presa tutta la gravità, poiché ha sentito il bisogno di dichiarare che comprende la responsabilità che si assume. Oggi, sotto l’impero della viva passione che tormenta tante parti d’ Italia rivolta verso la grande città così crudelmente colpita dalla sventura, potrebbe sembrare inopportuna una discussione che mirasse a stabilire il grado di legalità che possono avere i soc­ corsi dal Governo escogitati a favore di quelli soffrono.

E noi pure rimettiamo ad altro tempo l’ esame della natura di quel provvedimento, e lo studio delle conseguenze che da esso possono derivare. Non pos­ siamo però a meno di esporre subito due conside­ razioni le quali possono dar luogo a profonde me­ ditazioni ai nostri legislatori quando con tanta leg­ gerezza votano leggi che ampliano smisuratamente' il potere e la ingerenza del Governo.

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così pericoloso, per procurare un sussidio di 250 mila lire in emergenza tanto urgente.

La seconda considerazione che vogliamo fare è la seguente. Se per un avvenimento che colpisce una parte nobile, interessante, simpatica, ma minima della nazione, il Governo non esita di mettere le mani sull’ altru i, che sarà mai delle Casse postali, delle Casse di Assicurazioni, degli Istituti di emissione e di tante altre istituzioni, delle quali si è fatto pa­ trono e tutore, il giorno in cui la patria tutta fosse in pericolo? — Dove sono le dottrine dei Statolatri, i quali assicurano essere il Governo il miglior pro­ tettore della cosa degli altri ?

Lo ripetiamo non è questo il momento di muo­ vere lagnanze sulle forme. Urge provvedere in qua­ lunque modo; a suo tempo si potrà dimandar conto se i provvedimenti presi, pur rispondendo alle neces­ sità del momento, non furono scelti con quella pon­ derazione che agli uomini di S<,ato, appunto perchè tali, non dovrebbe mai mancare. Nè varrà la scusa dell’urgenza poiché, è compito di quella persone che, fra tante, vengano scelte a governare il paese, di aver rocchio pronto, sagace, esperto, precisamente nei momenti difficili, quando il comune degli uomini non saprebbe che naufragare.

LE CASSE DI PRESTITI

e il problema del credito agricolo popolare

I desiderata del credito agricolo si sogliono com­ pendiare nella nota frase: capitali a lunga scadenza

e a mite interesse. Ma si scorge facilmente come un

simile postulato non abbia fondamento economico. Imperocché se la natura delle industrie agrarie è tale che da esse più che dalle manifattrici e commerciali il mite saggio dell’ interesse e la lunga scadenza dei prestiti si richieggano affinchè del credito si possono davvero giovare, d’ altra parte la natura umana è così fatta che ai portatori del danaro non sorridano ma ripugnino condizioni simigliami. Poiché si con­ tenteranno di rimunerazioni anche molto tenui ai de­ positi pur d’averne la pronta disponibilità tosto che un impiego più lucroso si offra, ovvero pei quoti diani bisogni di consumo improduttivo ; ma non ac­ cetteranno investimenti per periodi estesi se non a patto di redditi più larghi : siano essi privati capi­ talisti o azionisti d’ un istituto bancario, e sovrattutto trattandosi di un’operazione d’ indole alquanto alea­ toria com’ è il credito agricolo. E rispetto a ciò si affaccia anche un’altra causa d’ inferiorità per l’ in­ dustria agricola cioè la sua stessa sede. Imperocché le industrie e i commerci si addensano nelle città 0 ne’ più grossi borghi, dove pure i capitali si con­ centrano e le maggiori fortune private si agglomerano e i grandi banchi che vi risiedono possono bene consentire un ampio e continuo efflusso di denaro dalle loro casse, compensato sempre, fino a che non irrompano crisi troppo acute, da un flusso a un bel circa (alle eventuali oscillazioni provvedendo acconcie tecniche avvedutezze) equivalente di nuovi depositi, 1 quali, concedendosi cosi comode facoltà ai corren~

Usti, accorrono, almeno in tempi normali, in gran

copia e interrottamente, sebbene in scarsa misura retribuiti.

Invece un istituto che operasse nell’ aperta cam­ pagna non potrebbe aspirare a un tale ufficio ; il danaro disseminato nell’ ambito della sua azione da un canto essendo troppo poco, e insufficiente ai bi­ sogni locali, dall’altro rimanendo inoperoso nelle mani della circostante popolazione agricola, che ne costi­ tuirebbe la clientela, intermittentemente e per periodi brevi, onde da simigliami depositi non trarrebbe esso conveniente alimento, perchè soggetti, per le neces­ sità generalmente uniformi de’ depositanti, a ritiri, quasi senza eccezioni, coincidenti e simultanei.

Anche le Casse di prestiti nascono e vivono nello sfavorevole ambiente di cui sopra è discorso ; sog- giacono anch’esse a queste cause estrinseche di dif­ ficoltà. Ma meglio d’ogni altra istituzione sono in grado di vincerle in gran parte. La prima cagione sta nella minutezza loro e ne’ ristretti bisogni della loro vita commerciale. La seconda è il carattere patriarcale, casalingo, quasi dissi intimo, che ad esse è parti­ colare, onde sono mirabilmente atte ad attirare i ri­ sparmi locali e a provocarne di nuovi. La terza causa infine è l’enorme sicurezza, a paragone delle somme esigue di cui fanno richiesta, ch’esse danno ai de­ positanti, la quale deriva in primo luogo dal fonda­ mento loro: la illimitata respousabilità solidale degli associati, di cui gli averi si concretano nelle forme più solide e durevoli, e in secondo luogo dalle mol­ teplici norme di prudenza e cautela cui essi s’ in­ formano. Così che alle Casse di prestiti rieseirà non solo di fecondare il danaro localmente sparso accu­ mulandolo, ma di richiamarlo anche largamente dai centri maggiori, dai privati capitalisti e dagl’ istituti che cercano sovratutto la sicurezza, a saggi miti, e con aspettativa, se non con pattuizione, di lunga permanenza.

Ma rimane un metodo ancora che da molti si propugna nell’ intento di spandere il fido nelle cam­ pagne; il metodo delle agenzie, mediante le quali gl’ istituti bancari contadineschi, (di cui si presup­ pone resistenza prosperosa e forte), vogliosi di com­ piere anche le operazioni di credito agricolo, allar­ gano la propria sfera d’efficienza. Ma la difficoltà di congegnarle opportunamente è grande, e il propo­ sito di attuare con tal sistema quell’ampio decentra­ mento del credito agricolo che sta in cima ai pensieri di tutti, annidando le agenzie fin nei più piccoli e remoti luoghi, confina colla impossibilità.

E dagli stessi loro più caldi partigiani non si di­ sconosce che « sono una fonte perenne di preoccu­ pazione pegl’ istituti centrali e talora una sorgente di disguidi e di perdite e che ogni modo la vigilanza ne è sempre difficile e costosa. » Non rispondono esse in veruna guisa al vagheggiato ordinamento fa ­

migliare de! credito agricolo, che è nella sua na­

tura, e in cui consiste la vera sua forza. Nè si di­ mentichi quella cancrenosa piaga eh’ è il traffico della seconda firma, che intorno alle agenzie rurali suole in ¡special modo svilupparsi e radicarsi.

Infine si pensi alla efficacia e alla potenza, non­ ché morali, economiche, proprie di'sodalizi autonomi e strettamente circoscritti ; ed alla opportunità som­ ma, per non dire alla necessità, che istituti di cre­ dito siano composti e diretti da agricoltori appunto e delle speciali attitudini agronomiche del luogo, (talora così varie anche in punti vicini d’un terri­ torio medesimo), perchè vi abitano, pienamente esperti.

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14 settembre 1884 L ’ E C O N O M I S T A 593 d’ogni altra istituzione alla soluzione dell’arduo pro­

blema del credito agricolo popolare. Imperocché non si tralasci la osservazione seguente : che la classe degl’ intraprenditori agricoli piccoli e piccolissimi, per il cui bene questi sodalizi sono fatti, sente meno intensamente, a paragone dei grandi e dei medi agri ■ coltori l’aspirazione al credito a remota scadenza e a tenue interesse ; dacché nelle aziende loro l’ele­ mento tecnico e, per così dire, georgico dell’ indu­ stria onde vivono, non soverchia l’elemento personale del lavoro intellettuale e manuale, ma anzi prepon­ dera questo su quello ; e i loro proventi essi rica­ vano più dalla loro forza e capacità di lavoro che dal loro patrimonio.

Le o n e Wo b l e m b o b g.

DELLA BISCA COOPERATIVA POPOLARE LIVORNESE

Le istituzioni che mirano all’ utile dei cittadini e più quelle che riguardano il miglioramento delle classi meno favorite dalla fortuna sono degne della considerazione d’ognuno. Se non si fondano sulla ca­ rità e sulla beneficenza non sono meno benefiche, quando sostengono il debole, lo rinvigoriscono e lo rendono capace di valere nella pubblica estimazione come negoziante e fabbricante industriale.

Le istituzioni che acquistano essere dall’ associa­ zione cooperativa e quella delle Banche Popolari in ¡specie offrono simili resultati e gli esempi abbondano.

La Banca cooperativa popolare livornese, fondata nel Marzo di quest’anno, sorse inattesa e diciamo pure non desiderata. È costituita da una società anonima a capitale illimitato. Le sue operazioni, come si può credere, servono a favorire il commercio e l’ indu­ stria coi prestiti, coi conti correnti e cogli sconti, e col risparmio e il piccolo risparmio la formazione dei capitali. Inoltre la Banca rilascia buoni fruttiferi a varia scadenza ed assegni bancari ; fa anticipazioni sopra depositi d’efì'etti pubblici e valori diversi gua­ rentiti dallo Stato, infine s’ incarica di riscossioni e di pagamenti per ogni piazza d’ Italia.

Al fondarsi della Banca popolare il capitale sociale era di L. 27,700 costituito da 554 azioni di L. 50 e alla fine di luglio, quarto mese d’esercizio, le azioni erano 2642 e presentemente sono 2678 per L. 135,900.

Alla fine del detto mese il capitale effettivamente versato ammontava a 117,272 mentre che al fondarsi della Banca non si avevano di versate che L. 7,800. Di sopra si è scritto che il capitale reale all’ epoca della fondazione era di L. 27,700 ma bisogna no­ tare che vi comprendevamo il saldo sulle azioni sotto- scritte non ancora versato. Ora insomma il capitale sociale rappresenta la cifra di L. 133,900, il versato come dicemmo quella di L. 117,272 e i soci sono in numero di 620.

A chi non conosce l’ indole degli abitanti della città nostra, la poca cognizione da molti di essi avuta intorno alle Società cooperative d’ ogni specie e ai miracoli dell’associazione dei capitali e del risparmio, parrà strano che con una popolazione di 90 mila ab. si abbiano 620 soci soltanto per la nuova Banca cooperativa popolare. Ma bisogna altresì conoscere che un magazzino cooperativo di articoli di consumo e un tentativo di cucine economiche avevano dato cattiva

prova ; cosicché se alcuni uomini che meno avevano bisogno del credito, secondando il disegno del bene­ merito promotore non davano qualche speranza per la nostra Banca popolare, essa non sarebbe rimasta che come progetto. I primi sostenitori del progetto crebbero piano piano fino al numero di 345, sotto­ scrivendo essi per molte azioni, fu costituito il ca­ pitale di L. 27,700 e la Banca cooperativa popolare livornese divenne un fatto. Con 27,000 lire di ca­ pitale la Banca popolare di Milano cominciava il pro­ prio esercizio e presentemente sorpassa quello di 11 milioni, occorrendole 90 impiegati per la conta­ bilità ec. Nelle debite proporzioni la nuova Banca livornese, diretta com’ è da un valente uomo, coa­ diuvato dallo zelo di altri benemeriti, otterrà im­ portante sviluppo col crescente favore dell’ opinione generale illuminata.

La Banca popolare livornese essendo Cooperativa non fa prestiti che a soci in forma cambiaria e ga­

rantiti e fin qui si tratta della somma complessiva

di L. 71,000. Non è gran cosa. Invece i prestiti in conto corrente mediante i checks ebbero un movi­ mento di 2 milioni di lire. Nei conti correnti allo scoperto, in questi Cash credit come dicono in Iscozia, risiede specialmente il vantaggio offerto da una Banca popolare. Riguardo agli sconti la nostra Banca nell’ ultimo mese ne fece per l’ importo di L. 125,877,30 e dall’origine di essa a tutt’oggi per L. 916,600.

Colle casse ordinarie e con quelle postali non potè la Banca cooperativa raccogliere che L. 25,000 che le servono ad aumentare il capitale per gli sconti e i prestiti. Tuttavia la Banca si dichiara pronta sempre al rimborso a vista di qualunque somma. — Ora una dimanda. — A favorire il pic­ colo risparmio non potrebbero anche le banche po­ polari permettere che i meno abbienti seguissero il sistema dei francobolli postali nei' depositi ?

Quando una Banca popolare fa anticipazioni so­ pra depositi di effetti pubblici modifica la propria indole, così, come coi prestiti sull’onore deroga ad un principio generale di non far prestiti che ai soci.

I prestiti sull’onore sono detti da qualche banca prestiti di previdente beneficenza, frase che suona stranamente trattandosi di Banche cooperative popo­ lari. Sappiamo che uomini altamente benemeriti delle Banche popolari si fecero iniziatori dei prestiti sul­ l’onore e se ne mantengono fautori per gli ottimi risultati avuti ; ma parliamoci chiaro, se si considera che per ottenere questo prestito sull’ onore occorre d’essere membro d’una società di mutuo soccorso per la quale si paga una quota mensuale, e che per divenire azionista d’una banca popolare si può anche pagare una lira al mese fino al compiuto nu­ mero di L. 50 con diritto al prestito comune per il doppio del denaro versato, io dico che le Banche popolari potrebbero conservare senza restrizione la massima di far prestiti solamente ai soci e a chi si prepara pur lentamente a divenire tale. Del resto io non capisco a qual classe della Società possa appar­ tenere e che debba farsi del danaro preso a pre­ stito colui che trovasi nell’ impossibilità di-versare una lira al mese, oltre quella che dà come membro d’una società di mutuo soccorso.

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modo sarà sempre bene di avere riguardo all’appar- tenere ad una Società di mutuo soccorso, come gua­ rentigia che il ricorrente ai prestito tiene già in conto le istituzioni di previdenza e di risparmio. Abbia­ mo altresì l’ avallo coni'altra guarentigia, sicché dietro la considerazione della moralità del richiedente si potrà allargare il suo castelletto. Così la Banca non avra più bisogno di (issare ogni anno la somma ordinariamente ben piccola, riserbata ai prestiti sul- onore, nè accadrà di segnare nel passivo del pro­ prio bilancio somma alcuna perduta.

Dopo tale digressione ritorno al primo soggetto e finisco col dire, che fin qui la Banca Cooperativa popolare livornese non fece prestiti sull’onore, come non si occupò di credito agrario ed agricolo nè fece anticipazioni sopra warrants, fatture industriali ec. secondo è uso delle Banche della medesima specie. In breve si occuperà del cambio dei biglietti del Banco di Napoli, vantaggio notevole per essa non minore di avere ottenuto un credilo senza limite del detto Banco e presso la Banca Nazionale e quella 1 oscana.

In conclusione il giro di cassa della Banca coo­ perativa popolare livornese fu a tutt’oggi di 6 m i- lmm e mezzo. Ciò basti per convincere della sua utilità ed aggiungere speranza per l’avvenire.

Al b u r i o Nu n e s Fr a n c o.

11 movimento economico nella Provincia di Cagliari

nel 1 883

. La Camera di Commercio di Cagliari ci ha in­ viato la sua « relazione sovra la statistica e l’anda­ mento del commercio e delle industrie della provincia di Cagliari n e l l 883 ».

Questa relazione e stata compilata dal segretario della Camera Sig. B. Maccioni-Lay e contiene molte ri- flessioni e considerazioni dirette per la maggior parte a far progredire le industrie, il commercio,°e le arti in questa provincia della Sardegna, e ad eliminarne quegli oneri ed ostacoli che ne impediscono e bene spesso ne atrofizzano lo sviluppo.

L agricoltura che è uno dei principali clementi di ricchezza del nostro paese, occupa la prima parte dalla relazione.

La campagna agricola del 1883 fu in generale so- disfaciente. I frumenti, gli orzi e la vendemmia det­ tero un buon resultato. Fallirono le castagne e le noci e scarso fu il raccolto delle olive.

Quanto alla vendemmia troviamo che il vino riuscì alquanto scadente, e fu per questa ragione non che per la grande abbondanza e per le esigue richieste, che il prezzo fu così basso da non concedere un pro­ fitto remuneratore al proprietario. Il relatore suo-ge- risce in proposito che l’obiettivo cui dovrebbe ten­ dere il viticoltore sardo dovrebbe essere quello di produrre vini ila pasto solidi, e tali da mantenere costantemente il loro carattere tipico, mezzo unico, secondo esso, che possa giovare allo smercio dei me­ desimi.

Il commercio dei bestiami ebbe vita prospera spe­ cialmente nel primo semestre, nel quale si ebbe lami esportazione. Nel secondo semestre il movimento’al

contrario fù più limitato inquantochè venne impedito dallo sviluppo del carbonchio e di altre malattie.

Nonostante che la cultura della terra abbia dato nel 1883 un buon resultato, tuttavia le condizioni dell’ agricoltura non prosperano perchè inceppate dalle forti tasse da cui sono aggravati i coltivatori.

Da un computo fatto dallo scrittore della relazione si trova che ogni 100 lire di reddito imponibile è colpito dai seguenti oneri :

L. 37,11 per imposta terreni

« 17,03 per inter. h ° /0 sul debito ipotee. dei terreni « 1,03 per multa del 4 ° /0 sulle riscossioni L. 55,17.

Se a questo carico di L. 55,17 che sopportano gli agricoltori per ogni 100 lire di reddito imponibile presunto, si aggiungano la perdila per la coltura a maggese, le spese di coltivazione, il ribasso del prezzo delle derrate, è evidente per l’autore della relazione che gli agricoltori sardi vanno incontro ad un tri­ stissimo avvenire.

Dopo l’agricoltura viene per importanza l’industria mineralogica.

Nel 1883 erano in attività 58 miniere che dettero i seguenti prodotti : N.o delle m iniere Piombo.. . . Zinco... 45 Argento . . . 4 1 Manganese. 2 Antimonio . l R a m e ... 1 Lignite. . . . 2 T otale... 56 Chilogr. 44,456,074 88,910,501 1,510,180 12.522.000 10.552.000 347,933 4,000 11,618,716 169,921,404 Valore in lire 7,778,957 6,032,889 1,673,975 612,786 236,000 62,627 594 159,954 16,107,782 Come apparisce da questo specchietto la produzione mineraria totale verificatasi nella campagna 1882 fu di tonn. 169,921, per un valore di lire 16,107,782.

Il ribasso che subì in questi ultimi anni il prezzo del piombo cagionò grave jattura al coltivatori di mi­ niere piombifere.

Dal 1873 in qua il deprezzamento di questo mi­ nerale è stato di fr. 25,36 al quintale, perchè mentre in quell’anno il prezzo medio accertato fu di fr, 52,36 per ° / 0 chilogrammi, oggi è soltanto di 27 franchi. E fu in seguito a questo forte deprezzamento che i coltivatori di miniere piombifere domandarono l’abo­ lizione del diritto di uscita sul minerale di piombo in L. 2,20 per tonnellata, ed un aumento sul diritto di entrata di L. 1,50 sul piombo metallo. Diminu­ zione e aumento che vennero appoggiati dalla Ca­ mera di commercio di Cagliari, la' quale, quantunque abbia tenuta sempre alta la bandiera del libero scambio, non potè, davanti agli oneri, che gravitano sulle in­ industrie italiane, e alla potenza di produzione delle nazioni rivali, non considerare l’enorme disparità di condizioni in cui trovasi l’industria mineraria isolana, e. quindi nell’interesse della medesima non associarsi ai voti degli industriali.

(7)

14 settem bre 1884 L’ E C O N O M I S T A 595 11 sale spedito all’estero nel 1883 raggiunse la

somma di L. 829,418, quello al continente italiano di L. 591,359 e per i diversi porti dell’Isola L. 18,766.

La provincia di Cagliari essendo ricca di argille plastiche, di terre refrattarie, e di caolini possiede molte fabbriche destinate alla industria ceramica. Yi si pro­ ducono stoviglie, pianelle, mattoni e tegoli ordinari, tubi, mensole e vasi da fiori.

Un’altra industria che merita di essere rammen­ tata è quella della conceria delle pelli. Ve ne sono nella provincia 17 che possiedono-in complesso 288 vasche e tini della capacità di 1,513 ettolitri. I pro­ dotti sono: suola, vacchetta nera e bianca, corame nero .per lavori di selleria e sovatto. Nel 1883 la provincia di Cagliari inviò nel continente italiano una quantità di pelli conciate pel valore di L. 308,138.

Yi sono inoltre a Cagliari tre fabbriche di berrette di lana, le quali hanno sempre in attività non meno di 14 telai a mano, e dispongono di una forza mo­ trice di 8 cavalli dinamici circa.

La pesca del corallo è un’ altra industria che da secoli si esercita nella provincia di Cagliari con più o meno prospera fortuna.

Le cifre attinenti alla pesca effettuatasi nei pressi dell’ Isola di San Pietro, e di Sant’Antioco nel trien­ nio 1881-83 essi si possono riassumere:

ISSI «SS* 1883

Barche... N. 80 67 61 Equipaggio... » 480 402 366 Spesa...L. 80,000 60,300 51,860 Corallo pescato .. » 276,000 132,660 55,840 11 prodotto ricavato nel 1875 fu di L. 424,800 e nel 1876 di L. 378,750.

Il prezzo medio di un chilogram. di corallo, che nel 1881 era di lire 115, nel 1882 scese a L. 90 per ribassare nel 1883 sino a lire 80 ; perciò buona parte della pesca di quest’ ultimo anno trovasi tut­ tora invenduta.

Dal 1877 in qua la pesca del corallo in Sardegna va deperendo, sia per l’ esaurimento continuo dei banchi corallini per le annuali pesche ; sia per il ri­ basso subito dal corallo buono in questi ultimi anni per la copiosa pesca che, dicesi, si effettui nei mari di Sciacca e per la vendita di coralli scadenti a prezzi bassissimi ; sia per la concorrenza spiegata dalla Francia coll’ attirare nelle coste dell’ Algeria i nostri armatori, marinai, costruttori di barche e la­ voratori di corallo, concedendo ai medesimi, special- mente a quelli che rinunciassero alla cittadinanza italiana, vantaggi molti e grandissimi.

Fra le industrie che progrediscono vi è quella ti­ pografica. Vi sono nella provincia dieci tipografie che impiegano 121 operai. L’ industria litografica al con­ trario ha modestissime proporzioni, non dando lavoro che a IO operai.

Passiamo adesso al movimento commerciale. Il commercio di importazione raggiunse nel 1883 la cifra di L. 27,823,093 per le merci in cabotag­ gio, e L. 5,160,691 per quelle estere con aumento di L. 1,868,635 sulle importazioni del 1882.

Il commercio di esportazione ascese a 17,084,504 per le merci provenienti dall’estero, e a L. 27,242,247 per le merci in cabotaggio. In tutto un movimento di L, 44,326,751 con un aumento di L. 10,282,073 sul movimento di esportazione del 1882,

Riunendo importazione ed esportazione si hanno L. 22,245,195 di movimento internaz. L. 50,041,818 di cabotaggio col continente italiano e L. 5,023,522 cogli altri porti dell’ Isola e quindi i complesso un movimento commerciale di L. 77,310,535 superiore di L. 12,150,708 a quello del 1882.

Quanto alla destinazione delle merci esportate tro­ viamo che i vini andarono in Francia, Malta, Tu­ nisi, il tabacco a Livorno e Genova, il carbonato di soda a Savona e in Sicilia, il sale per l’estero a Scan­ dinavia e Calcutta, il tartaro di botte e la scorza di sughero a Napoli, la lacca a Marsiglia, Nuova York e Genova, il carbone di legna in Spagna, Marsiglia, Bastia e Napoli, e il legname a Tunisi.

Il sughero grezzo fu diretto in Francia, un poco in Austria ed a Genova. Gli stracci si avviarono per Livorno, le pelli crude per Francia e Genova, quelle conciate per Genova e Livorno ed in maggior quan­ tità a Civitavecchia.

11 minerale di ferro s’imbarcò per Francia, quello di piombo per Anversa, Amsterdam, Rotterdam e Pertusola, quello di zinco per Anversa, Cette, Dun- cherque e quelli d’ ogni altra sorta per Francia.

Genova, Sicilia, Napoli, Castellamare, Chiavari, Spezia, Tunisi, Marsiglia ed Inghilterra richiesero il poco frumento e le granaglie spedite. A Genova e Palermo esitossi la crusca, a Livorno spedironsi le carrube, a Marsiglia, Corsica e Genova le mandorle, come per quest’ ultima piazza fu avviato anche il seme di lino.

Il bestiame trovò esito in Sicilia e Tunisi. La cacciagione fu esitata a Genova, i pesci freschi, come aragoste ed anguille, si vendettero a Napoli.

Il formaggio fu collocato a Tunisi, Malta e Fran­ cia per l’estero, ed in Italia nei mercati di Napoli, Venezia, Castellamare, Livorno e Sicilia.

Si spedirono altresì : le uova di pollame in Spa­ gna e Sicilia, il grasso di bestiame a Genova, il tonno sott’ olio e sotto sale a Genova, Livorno, Mar­ ciano, Alassio, Trapani ed Africa.

Il movimento di navigazione accertatosi nel 1883 fu di 6,478 legni della portata di tonn. 1,233,326, di cui 1,210 navi di tonn. 426,543 appartengono alle operazioni di commercio all’estero ; 4,674 di tonnel­ late 675,589 a quelle di cabotaggio, e 585 di ton­ nellate 131,194 ai casi di forza maggiore.

Quella che primeggia per numero e tonnellaggio in detto movimento è la bandiera italiana ; le tengo­ no dietro l’ inglese, la francese, l’olandese, la svedese- Norvegiana, l’austriaca, la russa, l’ellenica, la belga, la spagnuola e l’americana.

La relazione che abbiamo riassunto chiude col for­ mulare diversi voti, di cui i principali sono i seguenti:

Perequazione fondiaria.

Diminuzione d’ oneri e d’ imposte all’ industria mineralogica, o provvedimenti legislativi per pro­ teggere la medesima, giusta i voti degl' industriali.

Studiare, per quanto dipende dal Governo, quelle misure reputate idonee ad aiutare l’ industria coral- liera, statuendo leggi per migliorare la condizione del personale delle barche coralline.

Aumento a L. 30 del dazio d’ importazione sul tonno sott’ olio in barili, ed a L. 40 per quello in

scatole.

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migliorare il servizio della linea Civitavecchia — golfo degli aranci.

_ Stabilire le tasse d’ entrepót sulle merci prove­ nienti dalla Francia e da questa non originarie.

Revisione delle tariffe ferroviarie, ponendole in ar­ monia coi bisogni delle industrie e del commercio.

LA LAGUNA DI VENEZIA

i.

Fino a poco tempo fa quando si parlava di « que­ stione lagunare » intendevasi soltanto di accennare a quella serie di provvedimenli che venivano doman­ dati dai veneziani, atline di allontanare le foci di alcuni fiumi dalla laguna, la quale, a causa delle torbide da essi coinvolte, soffriva di crescenti inter­ rimenti.

Dopo lunghe discussioni, protratte a causa di pre • tesa opposizione di interessi tra la laguna e la ter­ raferma vicina, dopo lunghi studi condotti coscien­ ziosamente da molti uomini preclari, venne concertato un progetto per l’esilio del Brenta (il maggiore dei fiumi anzidetti) dalla laguna, e ne fu autore l’egregio ing. cav. David Boci. Tale progetto fu approvato dal Consiglio superiore dei lavori' pubblici, e, concesse poi le somme relative dal Parlamento, è ormai in via di esecuzione, onde si può dire che la causa principale per la quale esisteva ciò che chiamavasi

« questione lagunare » sia per essere rimossa. Ma oggi sorge in campo una nuova questione egualmente importante e, per ciò che riguarda l ’in­ dole del nostro periodico, molto più interessante, poi­ ché tratta dell’aspetto economico della laguna. Ab­ biamo detto una nuova questione, non perchè gli elementi che la determinano sieno sorti soltanto da poco tempo, che anzi sono di antica data, ma perchè da poco tempo soltanto questi elementi si sono fatti in modo assoluto incompatibili e rendono quindi ine­

vitabile una soluzione.

L’egregio cav. Antonio Bullo ha pubblicato sopra questo argomento una memoria per più motivi in- teressantissima e ci serviamo appunto di quella pub­ blicazione per far conoscere ai lettori dell’ Econo­

mista di che trattasi e per esprimere sopra questo

importante argomento la' nostra modesta opinione. Prima di lutto conviene esporre alcune nozioni di fatti che mettano i lettori nel caso di bene compren­ dere di che trattasi.

La laguna di Venezia, come è noto, è un grande specchio d’acqua, che ha la forma di un mezzo cer­ chio ; la circonferenza la contermina colla terraferma; il diametro, formato da una stretta lingua di terra, il lido, talvolta così esile da essere sostenuta me­ diante quelle famose opere d’arte, che chiamansi i

M urazzi, la separa dall’Adriatico. Questa lingua di

terra è discontinua in alcuni punti e forma bocche, che si chiamano Porti. La lunghezza della laguna è nella direzione da Nord a Sud.

Però questo specchio d’acqua è dalla stessa forza delle cose diviso in due parti concentriche : una zona, della larghezza di circa sette chilometri lungo tutto il confine verso la terraferma chiamasi laguna morta: l’altra zona che sta fra il lido e la precedente, chia­ masi laguna viva. La distinzione delle due lagune

non è nè indeterminata nè immaginaria, ma deve la sua causa ad un fatto fisico, che conviene ram­ mentare, essendo una delle basi della questione attuale. Tutta la laguna è, come ben si pensa, alimentata dalle acque del mare, le quali entrano per le bocche, 0 porti nelle sei ore del flusso e per le stesse bocche ne esce durante il riflusso. La velocità però dell’acqua marina è così limitata, che, nelle sei ore del flusso, non arriva a percorrere tutta la larghezza della la­ guna, ma soltanto una parte. Questo fatto è causa che tutta una zona di laguna lungo il suo perimetro, cioè verso la terraferma, non sia bagnata dall’acqua che col flusso entra dai porti , ma il movimento si effettui per gonfiamento o pressione prodotto dal moto, che ha l’acqua nella zona di laguna viva.

La differenza che deriva tra queste due zoue di laguna o queste due lagune, la morta e la viva, si manifesta per alcuni particolari effetti; la laguna morta è intersecata, specialmente verso il perimetro di con­ terminazione, da numerose barene o piccoli banchi di terra, alcuni dei quali non sono mai coperti dalle acque, altri solamente dalle grandi maree, altri in­ fine anche dai flussi ordinari.

Fra queste barene stanno specchi d’acqua, che in­ sieme alle barene stesse si denominano valli. Sic­ come però, per le torbide dei fiumi immessi in laguna avvennero dei parziali interrimenti, così, nelle condi­ zioni attuali, abbiamo che alcune parti della laguna morta sono diventate terreni coltivabili e coltivati, ed alcune parti della laguna viva sono diventate valli. 1 provvedimenti, che nel volgere di molti secoli furono alternativamente presi o per allontanare o per rimet­ tere i fiumi in laguna, determinarono dei mutamenti nella topografia lagunare, creando o distruggendo, per la lenta azione del flusso e riflusso e delle torbide ba­ rene e valli.

Premesse queste nozioni indispensabili a formarsi un’ idea chiara dell’ argomento, ecco ora succinta­ mente in che consiste la questione lagunare resa ora di dominio pubblico dalla memoria dell'egregio sig. Bullo Antonio.

Fino da quando la repubblica di Venezia allargò 1 suoi possessi in terraferma, vendette, per ricavarne prezzo, molti terreni e specchi d’acqua della laguna morta a privati cittadini. Esistono ancora titoli au­ tentici che comprovano la legittimità di tale vendita e mostrano come la Repubblica vendesse, mediante prezzo convenuto, dei beni propri e ne trasferisse nel compratore la piena proprietà « dant, cedunt, et trans- ferunt ipsis Magnifico Malthosello, eiusque heredibus et successoribus, omnes et singula jura, decimandi, livellandi, affìctandi, pasculandi, venandi, avrepandi, piscandi et posta pecudum affìctandi » dice un istro— mento in data del 1472 riguardo appunto ad una di queste vendite. « Et vendesi come beni della Sere­ nissima Signoria et delivrasi a chi più offerirà, con tutte le sue ragioni, atlien, habentie, pertinentie et confini, dovendo il comprator esser mantenuto nel suo pacifico possesso et diffeso dal presente officio contro cadauna persona » dice un altro titolo in data del 1656.

Nessun dubbio adunque che quelle vendite e quelle compre erano stipulate nel senso che l’uno cedeva, l’altro acquistava la piena proprietà.

(9)

14 settem bre 1884 L ’ E C O N O M I S T A 597 i proprietari di quelle terre, barene o specchi d’acqua,

confinanti colla laguna viva facevano per coltivazione agricola o per la piscicoltura, influissero negli in­ terrimenti lagunari che si lamentavano, il Senato promulgò un decreto col quale metteva delle restri­ zioni ai lavori stessi. Era evidente che i proprietari si opponessero a tale arbitrio, il quale non era con­ forme al rispetto che la Repubblica aveva sempre osservato verso la proprietà privata, anche in mo­ menti calamitosi. Ne nacque una questione che non fu breve; ma il diritto legittimo trionfò e venne con­ venuto coi proprietari lagunari che dovessero avvi­ sare il Magistrato alle acque dei lavori che inten­ devano di eseguire, e che il Magistrato accordasse l’assenso, se nulla pareva ostargli verso le cautele ne­ cessarie alla conservazione lagunare, in caso contrario « quando i padroni non volessero continuare nel pos­ sesso delle acque con la pesca vagantiva solamente, alli medesimi siano consignati tanti oflìtii a loro elettione con il riguardo che li possino rendere / per cento del Capitale come sopra esborsato al tempo delli acquisti netto di qualunque agravio ; onde — aggiunge que sto decreto del Senato in data 19 novembre 1661 — con tal modo consolati possino godere di quanto viene operato per servitio della laguna e porli e per sostentamento della stessa città dominante. » Lo stesso concetto è ripetuto da un’altra Parte presa il 24 Mag­ gio 17go in Pregadi.

Emerge da ciò chiaramente che la Repubblica, po­ sta fra i due pericoli : — il danno lagunare, e la infrazione di un sacrosanto diritto, provvide all’uno ed all’altro ordinando la espropriazione mediante in­ dennizzo, fissato in un interesse del 7 per cento sul capitale esborsato nell’acquisto.

E le cose procedettero così per lungo tempo in perfetto accordo tra proprietari e governo, il quale in rarissimi casi credè opportuno di addivenire alla espropriazione. Anzi, siccome ai più pareva che 1’ obbligo imposto ai proprietari di avvisare il Ma­ gistrato dei lavori progettati, fosse già una meno­ mazione alla libertà, che ha ogni cittadino di disporre della cosa propria, la Repubblica concesse ai pro­ prietari per indennizzo la sospensione del pagamento delle decime.

Non parleremo dei tentativi fatti da’ vari governi succedutisi nella prima metà del secolo corrente per risolvere in modo definitivo la questione, che dai provvedimenti della Repubblica aveva avuto soltanto una provvisoria sistemazione. E veniamo al 1841, epoca nella quale il Governo Austriaco, volle ema­ nare un regolamento lagunare. Inconsci i funzionari che lo compilarono della parte giuridico-economica della questione; falsamente radicati nel concetto che la Repubblica avesse un alto dominio in tutto il territorio della conterminazione lagunare; ignari af­ fatto della distinzione fisica che passa tra laguna viva e laguna morta, pretesero di applicare tale rego­ lamento 1841 a tutta la laguna tanto viva che morta. Ma siccome esso contiene disposizioni che sareb­ bero assolutamente incompatibili con una piena pro­ prietà, il Governo incontrò tali resistenze prima ancora di approvarlo, che lo dichiarò provvisorio, non lo pubblicò nel bullettino delle leggi, e usando frasi molto elastiche salvò capra e cavoli lasciando che coloro i quali erauo chiamati ad applicarlo ve­ dessero se poteva essere esteso nelle sue disposizioni anche alle private proprietà.

Data da quest’epoca la vera confusione intorno a

questo argomento, e ci riserviamo in un prossimo articolo di svolgere alquanto l’ultimo periodo della questione, la quale racchiude una non trascurabile importanza economica; giacché la sicurezza che pos­ sono avere i proprietari sul pacifico possesso delle loro proprietà, la fiducia negli intendimenti defini­ tivi del Governo, può determinare o meno uno svi­ luppo nella coltivazione di quelle terre e di quelle valli, e quindi un incremento alla ricchezza di quella provincia.

LA CRISI DEGLI ZÙCCHERI IR AUSTRIA

e il protezionismo

Se la dura lezione dei fatti potesse avere un sa­ lutare effetto anche su coloro che non vi hanno parte ; se gli Stati, al pari degli individui, non amas­ sero meglio imparare a proprie spese di quello che far tesoro dell’ esperienza altrui, da un bel pezzo certo non si parlerebbe più di protezionismo nè di qualsiasi altra teoria vincolista. Ma come si vanno sempre più condannando all’ostracismo le teorie li­ berali, così si trascurano i fatti, quando non vanno d’accordo coi malsani principi escogitati dalla politica per tenersi saldi sul vacillante potere. Del disdegno per le teorie non occorre parlare, le splendide pa­ gine dei Say, dei Rastiat, dei Dunoyer, dei Ferrara e degli altri sommi sono oggi poste nel dimenticatoio e pochissimi, per non dir nessuno, si danno pensiero di apprendervi la verità sul protezionismo che quelle acute analisi hanno saputo indicarci. Inquantochè qui più che altrove va distinto ciò che si vede da ciò

che non si vede ed è doloroso assai che il sistema

politico oggi in vigore, informato al più puro oppor­ tunismo, non si preoccupi punto degli effetti fuuesli mediati ma immancabili che trae seco il protezionismo. Derise le teorie si tenesse almen conto dei fatti ! Ma pur troppo, quando non soccorra 1’ arte di svisarli, di falsarli e di torturarne il loro vero senso, si tac­ ciono , si nascondono e le lezioni altrui cadono a vuoto.

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di questa prosperità qualche cosa di permanente. Gli uni nell’ intento di trovare un’ impiego rimuneratore dei loro capitali, le altre nell’ intento di assicurarsi uno spaccio per le loro macchine, hanno contribuito ad erigere delle fabbriche di zucchero su di una grande scala. Gli utili ottenuti dagli stabilimenti esi­ stenti erano tali, che in 4 o 5 anni si poteva spe­ rare di ammortizzare tutto il capitale impiegato. Si venne perciò in aiuto ai fabbricanti coll’accordar loro grandi facilità di credito al punto eh’essi hanno po­ tuto lavorare col denaro preso a prestito sul quale bisognava però pagare degli interessi rilevanti. Ma la concorrenza divenne sempre più intensa su di un mercato relativamente ristretto, e i prezzi sono an­ dati continuamente ribassando, non in Austria sol­ tanto, ma anche in altri paesi. Lo zucchero che va­ leva da 28 a 50 soellini a Londra qualche anno ad­ dietro, si vende ora correntemente a 12 o 4 4 scellini. Ed anche 1’ Economiste français scriveva recente­ mente che il ribasso nei prezzi degli zuccheri con­ tinua, malgrado che le notizie della raccolta in Francia siano favorevoli : si parla nientemeno che di portare i corsi dello zucchero bianco francese a 35 lire, mentre l'anno scorso oscillava intorno a 00 lire. Molte fabbriche dell’Austria sono quindi già rovinate e una delle più copsiderabili quella di Weinreich a Peczek è stata costretta a chiedere una moratoria di un anno ai suoi creditori. Il più grande stabili­ mento finanziario dell’ Austria, il Credit Anstalt è interessato per 3 milioni e mezzo di fiorini, la Ve-

rein Banli di Vienna è creditrice di 1,200,000 fio­

rini, e gli imbarazzi della fabbrica Weinreich hanno esercitato una grande influenza sui corsi delle azioni del Credit Anstalt, azioni che ribassarono grande­ mente. Per farsi un’ idea del danno che ne deriva basti sapere che le azioni del Credit Anstalt sono il valore-barometro a Vienna e a Berlino, inquan- tochò il mercato finanziario si regola il più spesso su di esse.

Intanto in Germania l’avvenire non è meno fosco per l’ industria degli zuccheri. Si fondarono troppe fabbriche sulla base della protezione fiscale ; i prezzi all’estero ribassarono e la produzione invece di re ­ stringersi, aumentò ancora. Se il protezionismo non fosse condannato dalla scienza come un assurdo ro­ vinoso sarebbero più che sufficienti gli ammaestra­ menti che la vita economica dei popoli diuturna­ mente ei offre. Ma di essi ben di rado si trae pro­ fitto ; solleciti solo dell’oggi, non si sa o non si vuole gettare lo sguardo sul dimane, il quale però non manca mai d’ infliggere quei danni che l’ ignoranza e il disprezzo della scienza rendono inevitabili.

CASSE DI RISPARMIO

X TJmlu'ia ‘)

La provincia di Perugia conta 12 Casse di Ri­ sparmio le quali hanno la seguente progressione in ordine di data : nel 1836 sorse quella di Spoleto, otto anni dopo quella di Gubbio, nel 1846 quelle di Rieti e di Terni, nel 1852 quella di Orvieto, nel 1855 quella di Città di Castello ; nel 1857 sorse la Cassa

di Foligno, nel 1856 quella di Norcia, nel 1862 quella di Umbertide, nel 1865 quella di Assisi, nel 1868 quella di Amelia e finalmente nel 1873 quella di Narni. Cinque adunque ne sorsero dopo la pro­ clamazione del Regno.

Vediamo ora le loro situazioni esaminandole nel­ l’ordine decrescente della importanza nella cifra dei depositi a risparmio.

Prima viene quella di Terni che ha L. 3,561,754 di depositi a risparmio ed un capitale di L. 189,703. Il maggior impiego è nel portafoglio dove troviamo effetti per oltre due milioni di lire; le sofferenze però si limitano a L. 2,360. Poi troviamo L. 809 mila in mutui dei quali L. 781 mila ipotecari, 24 mila

chirografari alle provincie comuni ed altri corpi

morali e poco più di 5 mila ai privati. L’ impiego in titoli giunge a L. 281 mila con preferenza alle obbligazioni di provincie comuni e corpi morali ; in deposito attivo aveva 457 mila lire. Così le propor­ zioni stanno come le seguenti cifre percentuali :

Portafoglio il 57 per cento dei depositi Mutui. . . il 22 « « Titoli . . . 1’ 8

Viene poi la Cassa di Foligno con una cifra di depositi a risparmio che ascende a L. 2,922,121 e con L. 73,789 di depositi a conto corrente ; il pa­ trimonio è di L. 94,055, cioè il 32 per cento della cifra dei risparmi. Anche qui il maggior impiego è nel portafoglio che offro L. 1,892,295 di effetti e che ha uno strascico nelle sofferenze di L. 132,048. Così il portafoglio sta al risparmio in rapporto dèi 64 per cento, e le sofferenze stanno al portafoglio in rapporto quasi del 7 per cento, al risparmio in rapporto più del 4 per cento ; e ci pare che sieno cifre estremamente alte. Troviamo poi L. 441 mila in mutui ipotecari cioè il 14 per cento del rispar­ mio ; nessun mutuo chirografario nè ai corpi morali nè ai privati; l’impiego in titoli giunge a L. 3 5 5 mila, la maggior parte in cartelle fondiarie. Finalmente la Cassa di Foligno aveva in cassa L. 145 mila.

La Cassa di Rieti ha un risparmio di L. 1,760,786 ed un cospicuo patrimonio di L. 189 mila, cioè oltre un decimo del risparmio. Notevole è la cifra impie­ gata in mutui : sono L. 441 negli ipotecari L. 46 mila nei chirografari ai comuni ed alle provincie, Lire 386 mila ai privali; nel complesso L. 875 mila che rappresentano quasi il 50 per cento del risparmio. Nel portafoglio vi sono effetti per L. 681 mila, cioè il 38 per cento del risparmio e non vi sono soffe­

renze. Nei titoli sono impiegate L. 131 mila tutte

in rendita pubblica. Nella cassa vi sono 253 mila lire.

Segue la Cassa di Spoleto con un risparmio di L. 1,048,070 e con un patrimonio di L. 123,272; ]’ 11 per cento del risparmio. L’ impiego è così co­ stituito: portafoglio L. 738 mila, cioè il 70 per cento di risparmio ; sofferenze L. 63,160 cioè il 6 per cento del risparmio e 1’ 8 per cento del porta­ foglio. Poi vi sono L. 44 mila in titoli, L. 1,330 in

mutui e L. 12 mila in anticipazioni.

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14 settem bre 1884 L ’ E C O N O M I S T A 599

grafari in comuni, provincie ed altri corpi morali,

L. 68 mila circa in titoli, quasi tutti cartelle fon­ diarie, e L. 116 mila in depositi attivi o conto cor­ rente. Il denaro in cassa giunge a L. 63 mila.

Nella Cassa di Orvieto il risparmio ascende a L. 630,802 ed il patrimonio a L. 63,320, il decimo circa del risparmio. Vi sono L. 603 mila di effetti nel portafoglio, quasi tutto il risparmio ; L. 7,512 in

mutui ipotecari; L. 126 mila in depositi attivi a

conto corrente e solo L. 2,004 nelle sofferenze. Viene poi la Cassa di S arai con L. 304,557 e con L. 25 mila di patrimonio. Ecco in breve le ci­ fre dell’ impiego: L. 287 mila di portafoglio, Li­ re 2,503 di sofferenze, L. 23 mila di m utui ipo­

tecari.

La Cassa di Gubbio ha L. 301 mila di risparmio e sole lire 5,532 di patrimonio ; meno L. 4,500 in

titoli tutto il rimanente, L. 309 mila, è in effetti

nel portafoglio; le sofferenze arrivano a L. 7,111. Delle altre Casse diremo sommariamente nel se­ guente prospetto:

R isparm io Patrim onio Portafoglio Sofferenze No b c ia. . . 131,654 73,935 208,508

Um b e b d i d e 108,280 14,946 109,221 3,952

Am e l i a. . . 92,596 16,927 98,256 3,189

As s i s i . . . 72,525 18,139 90,246 —

Diamo ora il solito prospetto riassuntivo della Re­ gione, addizionando le cifre delle 12 Casse di rispar­ mio e facendo le proporzioni coi totali :

Mutui ipotecari... 12,8 per cento del totale » chirografari.. . . 3,6 » Totale m u tu i... . 16,4 » Anticipazioni... . 0,1 » Impiego in titoli . . . . 6,8 » Portafoglio... . 60,1 » Beni stabili... . 2,5 » Danaro in cassa... . 4,5 » Sofferenze... . 1,6 » Risparmio... . 90,9 » Conti correnti... . 1,4 » Patrimonio... 6,2 »

In un prossimo numero parleremo delle Casse della provincia di Roma.

stali un mese ottimo essendosi aumentato il deposito del 23 per cento circa sulla cifra rimasta in tutto il semestre precedente e del 5 per cento sulla cifra totale dei depositi degli anni precedenti.

I depositi a tutto il 30 giugno 1884 ed al 1° gen­ naio dello stesso anno erano di L. 65,571,098,32 ed i rimborsi di L. 46,475,086.11, quindi una rimanenza di L. 19,096,012.21 che, unita alle L. 112,128,422.61 rimasta negli anni 1876-1883, dà una totale rima­ nenza di 137,108,476.79.

In quanto ai libretti ecco le cifre sommarie : emessi estinti

rimasti accesi

Dal 1876 al 1883... 104,578 805,988 Dal 1o genn. 1884 al 30 giugno 1884.144,467 20, 321 124,146 Nel mese di luglio 1884... ... 20,160 4,337 15,823

P e r cui rim angono ancora accesi... 945)957

Confrontata la cifra dei libretti con quella del ri­ sparmio si ha che al 31 luglio 1884 la media dei depositi per ogni libretto era di L. 134,36.

IL COMMERCIO INGLESE

Il quadro seguente segna il valore delle esportazioni ed importazioni nella Gran Brettagna nei primi 7 mesi dell’ anno in corso, in confronto al periodo corrispon­ dente dell’anno 1883: Esportazioni i S S i Bestiame. . . . Lire st. 321,823 Sostanze alimentari. . » 5,428,789 Materie greggie. . . . » 7,869,508 Oggetti manufatt. . . » 123,040,977 18 8 3 445,568 ,5445,568 7,584,290 124,370,494 Totali 136,661,095 Esportazione di oggetti esteri e coloniali » 38,001,012 137,784,629 37,125,000 Esportazioni Totali 174,662,107 174,909,629 Si ha dunque una diminuzione nel valore delle esportazioni di 247,522 sterline. E considerando le sole esportazioni di prodotti inglesi e irlandesi, questa diminuzione raggiunge il valore di 1,123,534 lire st.

Il risparmio nelle Casse Postali

Dal prospetto mensile del movimento delle Casse Postali di risparmio del Regno ricaviamo i seguenti

dati che si riferiscono al mese di luglio 1884. I depositi eseguiti nel mese anzidetto raggiunsero la somilia di L. 14,199,940,19 mentre i rimborsi si limitarono a 8,515,898,22 e quindi si ebbe una rima­

nenza di L. 5,884,041,97.

Notiamo che il mese di luglio 1884 diede una cifra di depositi molto maggiore della media mensile del semestre precedente, che è di L. 10,925 mila, e che invece i rimborsi furono inferiori alla stessa media corrispondente, che era di L. 7,746 mila. Perciò il mese di luglio è stato per le Casse di risparmio Po­

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