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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.11 (1884) n.511, 17 febbraio

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L'ECONOMISTA

G A Z Z E T T A S E T T I M A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Anno XI - Voi. XV

D o m en ica 17 F e b b ra io 1884

N . 511

LE CONVENZIONI FERROVIARIE

C rediam o sapere che in questi ultim i giorni della settim ana tra il M inistro dei lavori pubblici, i r a p ­ presentanti della Società delle ferrovie M eridionali, ed i rappresentanti del gruppo bancario che assu­ m erebbe la rete M editerranea venne esaurita la di­ scussione sopra tutti i punti principali che form arono oggetto delle trattative in corso da più settim ane.

Si può dunque ritenere fin d’ ora che sebbene nessun atto sia stato firm ato dalle due parti con­ traenti tuttavia 1’ accordo, anche sui punti che erano più controversi, ò ora stabilito.

O ra le parti contraenti passeranno alla stipulazione delle convenzioni e dei capitolati d’ appalto. E chi sappia quante difficoltà incontri Tesprim ere in iscritto colle form e contrattuali quei concetti pei quali pure in m assim a si è convenulo, com prenderà anche che il com pleto esaurim ento di questo com pito deve do­ m andare ancora parecchi giorni di lavoro.

Ad ogni m odo, ora che sono state superate le difficoltà principali che vertevano sulle basi dell’ a p ­ palto, nulla, crediam o, può sorgere ad im pedire o rita rd a re la conclusione finale.

I FONDI DI R ISER VA

n e ll’ appalto d e ll’ e s e rc iz io fe rro v ia r io Ogni Società od Im presa, la quale abbia obblighi verso terzi, a g aran tire più o m eno com pletam ente la esecuzione puntuale di questi obblighi istituisce un fondo di risèrva, che generalm ente viene stabi­ lito col prelevam ento di una parte degli utili mano a m ano che la im presa si svolge e quindi m ano a m ano che aum entano i suoi doveri verso terze persone.

Una Società quindi che assum a in appalto l’eser-- cizio delle ferro v ie, contrae verso i portatori delle sue azioni e delle sue obbligazioni una serie d im ­ pegni, e dovrà perciò istituire e m antenere u n fondo di riserva che abbia una relazione quantitativa colla entità degli im pegni stessi. Di più dovendo v ersa re allo Stato sia u n canone, sia una com partecipazione fissata, garantirà pure col relativo fondo di riserva anche la osservanza di questo im pegno derivante dal contratto.

Su questi punti nulla vi è di straordinario, e c e r­ tam ente nessuna contestazione può sorgere in pro­ posito, giacché il fatto entra nell’ ordine norm ale di tutte le convenzioni che hanno analoghi scopi.

Ma quando, a proposito di appalti di ferrovie, par­

lasi di fondi di riserva si allude generalm ente ad u n altro concetto, sul quale è bene in trattenersi con qualche larghezza, poiché rappresenta una delle più difficili e delicate questioni im plicate nel problem a ferroviario. Infatti, coloro i quali sostengono l’eser­ cizio g o v e rn a tiv o , e coloro i quali assiem e all’ ap ­ palto dell’esercizio v o rre b b ero che lo S tato eseguisse anche la vendita della rete stradale, traggono questa conclusione specialm ente dalla osservazione che lo Società, le quali assum ono l’esercizio di una rete di cui sia proprietario lo Stato od un terzo qualunque, non hanno alcu n interesse non solo al m iglioram ento della rete ste ssa , ma n ep p u re alla sua buona m a ­ nutenzione. P e r cui - aggiungono - lo Stato corre il pericolo di consegnare una rete stradale in ottim a condizione e di riceverla poi, term inato 1’ appalto in una condizione molto deteriorata. L e Società, special- m ente in sul finire del periodo del loro contratto, si trovano spinte a lesinare sulle spese di m an u ten ­ zione affine di aum entare il proprio prodotto netto; sfruttano la re te ricavandone il m aggior utile pos­ sibile, non curandosi dell’ interesse di chi avrà da succeder loro nell’ esercizio.

E , giova riconoscerlo, questo pericolo esiste real­ m ente ed è anzi una conseguenza inevitabile, del a natura um ana, sia p u re escludendo la m alafede e la frode. A nche nelle contingenze della vita ordinaria e quotidiana troviam o sem pre un m ot|™ f g' U* stifica la non urgenza o la non necessita di una spesa quando essa debba cadere a danno nostro od a solo vantaggio altrui. E non vi ha dubbio n eppure che la m iglior soluzione della questione sarebbe quella di affidare alle Società private ad un tem po e la p ro ­ prietà e l’ esercizio delle reti ferroviarie. Se nonché basta la più elem entare riflessione p e r com prendere che questa vendita delle nostre ferrovie non è per ora p o ssib ile, ed il parlarvi o V insistervi non può essere che u n effetto di scarsa cognizione del p ro ­ blem a ferroviario italiano od un fare a fidanza colla scarsa cognizione da parte del pubblico p er trarlo a discutere sopra un terren o affatto ozioso. A vrem o occasione di occuparci di proposito su tal punto, che con nostra m eraviglia vediam o sostenuto da qualche periodico; p er ora ci contentiam o di afferm are che m otivi di alta opportunità devono im p o rre al G overno di non m ettere avanti la questione della vendita delle linee ferro v iarie che*attualm ente sono in m ano dello Stato.

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98 L’ E CONOMI S T A 17 febbraio 1884 quali ovviare nel modo p iù assoluto al pericolo stesso,

anche se le Società concessionarie abbiano ad esercitare linee di proprietà dello Stato. Anzi gli uom ini com pe­ tenti per pratica o per studio su tali m aterie hanno consacrato pazienti indagini alla questione, e nelle varie circostanze nelle quali i governi hanno stretti co n ­ tratti con Società private per l’appalto di grandi reti ferroviarie, vennero anche applicati ed esperim entati diversi tra i più idonei sistem i, coi quali garantire lo Stato dalla negligenza od anche dalla colpa della Società che trascurasse la buona m anutenzione della linea.

A m m esso in m assim a che dal prodotto lordo di una rete debbano essere prelevate tutte le spese ne­ cessarie non solo per la continuazione dell’esercizio e per il suo eventuale sviluppo , ma anche per la conservazione e per il m iglioram ento della rete stra­ dale, occorre stabilire in qual modo lo Stato si ga­ r a n tirà — nel caso in cui sia proprietario della rete — che la Società esercente im pieghi veram ente quanto occorro per tale conservazione e m iglioram ento.

In un sistem a prim itivo, usato ancora quando tra t­ tasi di piccole linee, il capitolato d’appalto determ ina gli oneri spettanti alla Società, in quanto riguarda la rete stradale, ed appositi com m issari governativi in ­ vigilano perchè questi obblighi siano dall’appaltatore soddisfatti. Però quando trattasi di una grande rete e quindi quando le spese di m anutenzione e m iglio­ ram ento rappresentano nei casi ordinari e p er le straordinarie eventualità delle grosse som m e, il si­ stema anzidetto venne reputato inefficace, special- m ente p er ciò che intervenendo contestazioni tra 1’ esercente e i com m issari e derivando da ciò r i­ tardo nell’ eseguim ento di alcuni lavori, lo Stato si può trovare nel bivio, o di dover intanto anticipare le spese necessarie per i lavori stessi, o di vedere ac­ cresciuto il danno in causa del ritardo.

Da questa inefficacia di un controllo governativo a tutela dell’arm am ento stradale derivò lo studio di altri sistem i, m ediante i quali lo Stato potesse essere garantito della buona esecuzione dei lavori n eces­ sari. Ritenuto perciò che il prodotto lordo appartenga tanto allo Stato proprietario della rete, quanto alla Società concessionaria dell’ esercizio, i contratti del- 1’ appalto stabiliscono dei prelevam enti sul prodotto lordo stesso, coi quali prelevam enti si costituisce un ■fondo di riserva allo scopo appunto di provvedere alle riparazioni ed ai m iglioram enti della rete stra ­ dale. E com plicatosi di più il servizio, nella p u r pos­ sibile ipotesi c h e la Società esercente, affine di lucro, trascuri la conservazione ed il m iglioram ento del m ateriale m obile, sebbene esso sia di proprietà della Società stessa, lo Stato stipula nel contratto che debba essere versata una quota di prodotto lordo al fondo di riserva anche per questo titolo. E parim enti dovendo anche lo Stato prem unirsi perchè lo sviluppo del traffico incontri sem pre un proporzionale sviluppo in tutto ciò che occorre per servirlo, viene convenuto che al fondo di riserva sia versata anche una quota a questo scopo. Infine vi sono spesa le quali si r i­ partiscono sopra un periodo così lungo da oltrepas­ sare quello dell’ appalto; e lo Stato quindi ha ragione di prem unirsi affinchè non gli vengano addossate tali spese nel caso in cui, term inato V appalto, volesse riassu m ere l’ esercizio della rete.

Se non che è m olto facile esporre una m assim a generale, m a è altrettanto arduo concretarla in cifre le quali rap presentino nè un eccesso, che sarebbe

dannoso ad am be le parti contraenti, nè u n a defi- cenza che dim inuirebbe la efficacia dei fondi di ri­ serva. E la entità di queste quote varia da luogo a luogo, da tem po a te m p o ; vi sono spese derivanti dall’ ordinario consum o dei m ateriali, quelle causate da forza m aggiore, quelle derivanti da ordin ario au­ m ento di traffico, quelle prodotte da ap e rtu re di nuovi sbocchi, quelle che hanno origine nei m ig lio ­ ram enti da ap p restarsi al m ateriale fisso e mobile ecc. ecc. E per i sistem i coi quali costituire il fondo di riserva, chi propone una percentuale sul prodotto lordo, la quale molto alta nei prim i anni di eserci­ zio, per costitu ire subito una som m a notevole, vada dim inuendo negli anni successivi per arrestarsi poi ad un m inim o costante. Chi propone una somma fissa chilom etrica, qualunque sia il prodotto lordo ; chi vuole che il fondo di riserv a sia costituito in parte da una percentuale sul prodotto netto ed in parte da una percentuale sul prodotto lordo. Chi vuol consacrarvi solo gli aum enti od una parte di essi, conseguiti sul prodotto lordo e netto ; chi in ­ fine suggerisce altre form e com poste che sarebbe troppo lungo esporre.

Da quanto abbiam o detto si com prenderà che 1 argom ento è essenziale nella questione ferroviaria, e che P on. G enala deve avervi portata tutta la cura per trovare una soluzione che m eglio risponda alle esigenze del servizio e dello Stato. Ci proponiam o in un prossim o articolo di esporre a quali conclu­ sioni, per quanto crediam o sapere, sia venuto su questo proposito 1’ on. M inistro dei lavori pubblici.

RIVISTA DELLA STAMPA

S U L L A Q U E S T I O N E F E R R O T I A E I A

La P r o v in c ia d i B r e s c ia del 9 corr. tornando sulla quistione dice che il difetto di comunicazioni ufficiali circa alle nuove convenzioni per 1’ esercizio delle ferrovie, rende più doveroso per il giornalismo l’occuparsi del problema ferroviario. Facendosi per­ tanto a discutere intorno a quelle notizie che sono ormai nel dominio del pubblico, osserva anzi tutto che il sistema di compartecipazione dello Stato al prodotto lordo delle ferrovie, quale si dice ideato dal- l’on. Genala è da ritenersi erroneo e pregiudicevole. Imperocché secondo la P r o v ìn c ia , lo stabilire la par­ tecipazione dello Stato in una certa misura finché il prodotto lordo si mantenga nei limiti del cosi detto

'prodotto iniziale, e in una misura maggiore per ogni

eccedenza che si possa verificare, toglierebbe alle compagnie esercenti gran parte di quell’ interesse, che sarebbe utile avessero, a promuovere ]’ aumento del traffico e con esso l’aumento del prodotto lordo. La

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il rinnuovamento dell' armamento e per il rinnuova- mento del materiale mobile fuori d’uso, mentre erede cbe sarebbe più semplice e più logico il creare una riserva unica presso al tesoro dello Stato per tutti questi oggetti.

In un successivo articolo, dell’ 11 corrente, lo stesso periodico occupandosi più specialmente delle nuove linee da costruirsi, dice che l’avere stabilito doversi le medesime esercitare a patti speciali finché il loro prodotto lordo non raggiunga la cifra di L. 15,000 a chilometro, è cosa o inutile, o troppo onerosa, per 10 Stato. Inutile rispetto alle linee complementari di l a e 2* Categoria, le quali appena aperte all’eserci­ zio daranno certamente un prodotto lordo chilome­ trico, non inferiore alla cifra prevista. Troppo one­ roso rispetto a quella di 3a e di 4", le quali non po­ tendo se non molto difficilmente raggiungere quella cifra di prodotto, lo Stato dovrebbe sempre rifondere del proprio alle Società la differenza. Più opportuno quindi il sopprimere addirittura ogni speciale trat­ tamento per le nuove linee di l a e 2a Categoria, e 11 ricorrere ad altri espedienti per quelle di 3a e 41. Ma ciò che alla P r o v in c ia sembra una vera enor­ mità, è l’accollo delle nuove costruzioni alle Società esercenti, colle relative facoltà di emettere obbliga­ zioni guarentite dallo Stato per farvi fronte. Secondo la P r o v in c ia (che calcola a un 10 0[0 il ribasso ot­ tenibile dai subaccollatari) con questo sistema si viene ad assicurare alle Società un guadagno di circa 100 mi­ lioni a carico dbllo Stato, e una potenza morale gran­ dissima. Senza pregiudizio di quell’altro benefizio non lieve che le Società stesse, o i lori promotori, sapranno ritrarre dall’ emissione delle obbligazioni.

Per contro la G a z z e tta d i M a n to v a del 12 cor­ rente rispondendo ad un precedente articolo della Pro­ vincia di Brescia, di cui abbiamo dato un cenno la settimana passata, osserva che 1’ affermare la neces­ sità di concedere all' industria privata non solamente 1’ esercizio, ma anche la proprietà delle ferrovie può essere un’ argomento ingegnoso per fare opposizione ai progetti dell’ on. Genala, ma non è argomento serio. A buon conto il concedere all’ industria privata anche il solo esercizio sarà sempre un primo passo, e un gran benefizio. D’ altra parte il vendere le fer­ rovie è cosa facile a dirsi, ma non cosi ad attuarsi; perchè non si vede, se non si facesse ricorso ai ca­ pitali stranieri, dove si potrebbe trovare in Italia chi si facesse ad acquistare le ferrovie dello Stato. Per peggio siccome vendendo le ferrovie lo Stato non po­ trebbe ricavarne che un prezzo molto inferiore a quello di acquisto, nessuno si assumerebbe la responsabilità di autorizzarne la vendita, la quale quando mai fosse conclusa, darebbe luogo a chi sa quante recriminazioni. Se dunque non si può conseguire l’ottimo, osserva la

Gazzetta, contentiamoci del bene, e togliamo almeno allo Stato 1’ esercizio delle ferrovie, tanto più, che se dovesse continuare ad esercitarle come lo esercitò fin qui, chi sa mai quale enorme spesa converrebbe fare, per rimetterle in buon grado.

Il F ie r a m o s c a del 12 corrente seguitando a trat­ tare della questione ferroviaria, si occupa più spe­ cialmente della divisione delle linee, e osserva come questo non potrebbe farsi, che, o mantenendo a t­ tuale divisione in tre reti, o colla nuova divisione longitudinale in due reti ideata dall’on. Genala.Per il mantenimento della divisione in tre reti, milite­ rebbe il fatto della loro esistenza ; ma più valide ra­ gioni secondo il Fieramosca consigliano l’opposto si­ stema. Anzitutto ragioni politiche, perchè favorirebbe la fusione degli interessi del Mezzogiorno con quelli del Settentrione d’ Italia. Eagioni commerciali perchè il maggior traffico tanto per l’estero che per l’interno non si fa fra versante e versante della penisola, ma in senso longitudinale dal Sud al Nord. Eagioni parlamentari, perchè il sistema di divisione longi­ tudinale fu caldeggiato dalla Commissione per l

’in-chiesta ferroviaria ed ha autorevoli fautori in par­ lamento. Eagioni militari, infine perchè rende più agevole un rapido concentramento di truppe nella Valle del Pò da tutte le partì della penisola. A que­ ste ragioni se ne aggiungono altre più essenziali che il Fieramosca si riserva accennare in un prossimo articolo.

Il P r e s e n te di Parma del 7 corrente in un breve articolo, assai poco benevolo ai nuovi progetti di con­ venzioni ferroviarie, dice che non è da credere le me­ desime possano andare a monte, perchè troppo van­ taggiose per i capitalisti e per gli istituti coi quali dovrebbero stipularsi.

Il C a ffa ro di Genova nel suo numero del 10 corrente ha ancor esso un articolo sulla quistione ferroviaria nel quale, dopo aver brevemente accen­ nato al progetto di dividere longitudinalmente le ferrovie continentali in due reti, sistema che ritiene poco conveniente come quello che porta seco la ne­ cessità di creare un gran numero di stazioni di tran­ sito fra rete e rete, insiste sulla convenienza di ac­ cordare ambedue le linee di accesso al Gottardo, cioè le Novara-Pino e le Milano-Chiasso alla rete medi- terranea, mentre per la rete adriatica debbono rite­ nersi sufficienti i due sbocchi alpini del Brennero e della Pontebba. E poiché una soluzione contraria, a mente di quel periodico sarebbe esiziale per Genova, che si troverebbe allontanata dal Gottardo, e non potrebbe reggere la concorrenza di Venezia, esorta tutte le rappresentanze cittadine a spendere ogni mezzo per evitare tanto danno alla propria città.

In un successivo articolo del 13 corrente lo stesso Caffaro prendendo argomento dalla notizia che l’ono­ revole Sindaco di Genova ha involta un’istanza al Go­ verno perchè la linea del Gottardo con ambedue le sue linee di accesso non perda il suo naturale colle­ gamento con Genova , ritorna ad insistere sulla ne­ cessità di includere tanto la Novara-Pino che la Mi­ lano-Chiasso nella rete mediterranea, dicendo che se per favorire l’ industria privata si vuol concedere a privati speculatori 1’ esercizio delle ferrovie, non si sacrifichi agli interessi particolari di costoro, il com­ mercio di Genova, al quale è collegata tanta parte della prosperità nazionale.

L A ORISI AGRICOLA

È qualche tem po che la voce pubblica nelle varie sue m anifestazioni accenna ad un pericolo im m i­ nente anzi ad un danno che già si com incia a patire e m inaccia aggravarsi: — la crisi agricola. — L ’Italia, che con tanto sfoggio di figure retto rich e si chiam a il giardino d’E uropa, la terra di C erere, il granaio inesauribile, avverte u n profondo m alessere in questa sua im portantissim a industria e tem e che lo stato m orboso non si arresti cosi presto, m a accresca ed incancrenisca.

Noi abbiam o troppo a cuore tutti i fatti dai quali può ricevere im pulso o ristagno la ricchezza p u b ­ blica, siam o troppo convinti che questa ricchezza pubblica p er l’ Italia è in gran p a rte riposta nello sviluppo dell’ argricoltura, per non dedicare alcune colonne del nostro periodico a discutere u n argo­ m ento, a cui è legata tanta p arte della prosperità nazionale.

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17 febbraio 1884 L ’ E C O N O M I S T A

linee troppo vaghe di u na questione, che forse si ebbe il torto di discutere da u n punto di vista troppo nebuloso, e veniam o invece al concreto.

D ue sono gli ordini di cause alle quali viene a t­ tribuita la condizione m eno prospera della nostra agricoltura.

Uno e s trin se c o , la concorrenza am ericana ed asiatica';

l’altro intrinseco, le condizioni tecniche ed eco­ nom iche della industria stessa fra noi.

Infatti si avverte da ogni parte che i proprietari di terreni saranno fra b re v e , ove non si p ro v v ed a , costretti ad abbandonare la coltura del suolo, in - quantochè il prodotto am ericano può essere offerto nei nostri m ercati ad u n prezzo tale che non riesce rim unerativo delle spese colle quali da noi si ottiene. Il grano specialm ente, viene dall’A m erica portato in Europa ed offerto ad un prezzo così basso che i pro­ prietari delle te rre italiane non possono sostenere, in- quantochè p er essi le spese di coltivazione sono m ag­ giori del prezzo stesso. S i trovano quindi costretti i nostri proprietari o a non vendere il loro prodotto agricolo, od a venderlo con perdita. Di qui una delle principali cause dello isterilim ento della industria alla quale il capitale, che non trova rim unerazione, non solo non affluisce, ma dalla quale anzi ostinatam ente si ri­ trae. Di qui lo stimolo nei proprietari ad una severa econom ia, che in gran parte si riv ersa sul fittaiuolo, il quale non traendo dalla terra che lavora un n u ­ trim ento sufficiente, o em igra in lontane regioni od è decim ato dalla pellagra, od oppresso da stenti ; perciò cresce il prezzo della m ano d’ opera, o r in - vilia il valor della te rra , tutte cause di disam ore e m alcontento p er il proprietario.

Come si com prende riassum iam o queste idee che sono notissim e e che si legano vicendevolm ente tra loro, poiché se la concorrenza am ericana im pedisce al proprietario di rica v are dalla sua terra u n a r i ­ m unerazione sufficiente al capitale che essa ra p p re ­ senta ed alle spese che la coltivazione d om anda, e se perciò trascu ra la te rra e rista dall’ im piegarvi quei capitali e quella sollecitudine che richiederebbe, tanto m eno questa negligenza rende proficuo il te r ­ reno e q u in d i tanto m eno è possibile resistere con speranza di successo alla concorrenza dei prodotti che attraversano l’atlantico.

Se cioè nelle lam entose e p u r troppo veridiche co n sid eraz io n i, si parta dal fatto della concorrenza am ericana, si entra in u n circolo vizioso, dal quale non vi ha u scita, se non che dom andando contro quella concorrenza una violenta interposizione da parte del G overno. — Ma se invece nel discutere il grave a r ­ gom ento si abbia cura di partire dalle condizioni in­ trinseche della nostra agricoltura, allora il raziocinio cam bia di form a e cam bia di form a anche la con­ clusione. Cioè osservando che noi produciam o una data quantità di m erce agricola ad u n costo m olto p iù alto di quello che non occorra n ell’A m erica ed in tante altre nazioni europee, deve sorgere n atu ra l­ m ente il dubbio, se il fatto della concorrenza A m e­ ricana che si fa sentire perfino nei nostri m ercati non sia piuttosto un effetto che una causa della m i­ sera condizione in cui si trova la nostra agricoltura. Ci ram m entiam o di avere più volte incidental­ m ente trattato questo argom ento per rilevare com e in Italia a | capitale im piegato nell’agricoltura sia fatta u n a condizione m olto p iù aggravata che non sia al capitale ch e serve alle altre 'industrie ; e ne d e d u ­

cem m o che una alm eno delle cause per le quali l’agri­ coltura italiana è così inferiore a quella di nazioni, le quali sono in condizioni telluriche m eno buone della penisola , sta in ciò che la nostra agricoltura non può seguire il progresso che dom ina tutte le in ­ dustrie, inquantochè il capitale v iene da essa distolto per m olti m otivi dovuti a pregiudizi econom ici tu t­ tora im peranti, e ad u n eccesso di fiscalità che g ra ­ vitano sulla coltura del fondo molto più fortem ente che non sia nelle altre industrie.

Ed il presente inasprim ento dal quale sem bra afflitta la crisi della industria agricola europea esp ec ial­ m ente italiana, ci suggerisce di trattare con m ag­ giore ampiezza questo argom ento, sul quale solo p e r incidenza in altre occasioni ci intrattenem m o.

Q uando si discute di una crisi che pesa su altre industrie, c’ è sem p re una questione pregiudiziale da com battere, quella del protezionism o, che, come rim edio più facile, più pronto, più soddisfacente nella apparenza, viene invocato anche se si sappia che infìn dei conti torna dannoso alla ricchezza nazio­ nale. M a trattandosi di industria agricola diventa oziosa una discussione in proposito, poiché nessuno certam ente si attenta di dom andare con serio inten­ dim ento che si im pedisca la entrata del grano am e­ ricano od asiatico, ónde i produttori italiani possano vendere più caro il loro frum ento. Troppo chiaro apparirebbe a tutti che 1’ interesse prim o da tutelare è quello del consum atore, e che perciò un dazio di entrata sul grano stesso eq uivarrebbe ad u na im ­ posta sulla fame. N essuno quindi dom anda la p ro ­ tezione della agricoltura p er mezzo delle tariffe di entrata, e se qualcuno si arrisch iò ad em ettere tale parere, fu subito com battuto da quelli stessi che per le altre industrie si m ostrano teneri del sistem a p ro ­ tettivo.

La questione per noi va studiata da un altro punto di vista e ci dom andiam o:

P erch è il prodotto m edio delle più fertili regioni italiane è per ettaro così inferiore al prodotto m edio delle analoghe regioni francesi, inglesi, belghe, am e­ rica n e? P erchè un ettaro di terreno lom bardo non dà che 43 ettolitri, m entre da un ettaro la F ra n cia ricava 22 ettolitri, il Belgio 3 0 l’ Inghilterra 4 2 ?

E quando sia form ulata tale dom anda, allora nasce la necessità di investigare le cause per le quali il nostro prodotto m edio è così inferiore a quello di altri paesi ; ed in pari tempo si solleva il dubbio se, date le condizioni del nostro clim a e del nostro terreno, ed applicando noi quegli stessi mezzi coi quali gli altri paesi non m igliori del nostro otten­ gono tanto m aggior prodotto, la concorrenza am ericana non diventi un fantasma che non può più far paura, non diventi uno spauracchio del quale sia lecito so rrid ere.

Che cosa direm o noi se il v ettu rale si lagnasse della concorrenza che gli fa la ferro v ia? — che si direbbe di quel tessitore a m ano che si lagnasse della concorrenza che gli fa il telaio a m acch in a?

Nel nostro generale sistem a agricolo di fronte agli altri paesi, noi siam o com e il v etturale di fronte alla ferrovia, com e l’ antico tessitore di fronte ai m o­ derni congegni m eccanici.

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L A C A S S A M I L I T A R E

La cassa m ilitare è una istituzione destinata a ra c ­ cogliere le som m e provenienti dalle affrancazioni m ilitari e ad am m inistrarle a vantaggio esclusivo dell’esercito ; essa è vigilata da apposita com m issione, di cui fanno parte m em bri delegati dai grandi corpi dello Stato. E ssa fu fondata colla legge 7 Luglio 1 8 6 6 , allorché abolito l’ antico sistem a della libera­ zione dal servizio personale m ediante u na somma determ inata, fu stabilita invece la surrogazione p er­ sonale m ediante u n com penso pecuniario, il cui am ­ m ontare raggiunse le L . 4 2 0 0 alcune volte, serban­ dosi però quasi sem pre sulla somm a di L . 3200. L e som m e provenienti da questi pagam enti per su r­ rogazione, erano investite in rendita consolidata, e la cassa m ilitare fruiva della differenza fra questo reddito e il soprassoldo che pagava ai riassoldati, che surrogavano i paganti. Il basso prezzo dei consolidati italiani in quegli anni favoriva l’accrescersi del fondo di cassa, tanto che 1’ istituzione fu fiorentissim a, e, con apposita legge, si potè da essa prelevare una egregia somm a di dodici m ilioni, che furono erogati in spese straordinarie del bilancio della guerra.

Q uesto stato florido della cassa m ilitare ricevette u n erodo per i nuovi ordinam enti m ilitari che e n ­ trarono in vigore in seguito alla legge 19 Luglio 1871 e ancor più colla successiva del 1875. Colla prim a di esse fu abolita 1’ esonerazione assoluta dal servizio m ilitare m ediante surrogazione, e non si rese possibile agli inscritti che il passaggio dalla prim a alla seconda categoria ; colla seconda fu stabilito il servizio obbligatorio per tutti senza altro tem pera­ m ento che quello del volontariato di un anno; ognuno com prende com e le som m e versate onde ottenere questi parziali vantaggi dovessero esser stabilite in quantità di gran lu rg a m inore a quel che era quando il pagam ento liberava com pletam ente dal servizio m ilitare ; di più, il piccolo vantaggio ritratto n e dovea ren d e re gl’ iscritti di leva m eno propensi a fare sforzi e sacrifizi per ottenerlo. U n altro forte colpo ric e ­ vette la cassa m ilitare dalla dim inuzione delle ferm e; a causa di esse, onde allettare i bassi ufficiali a tra t— • tenersi sotto le bandiere oltre il tem po prefisso, b i­

sognò au m en tare i prem i di rafferm a e i soprassoldi; non aum entò la somma di essi, ma aum entarono per la dim inuzione degli anni di servizio le occasioni di accordare questi vantaggi, e la cassa m ilitare si trovò cou m inori risorse a far fronte a cresciute esigenze. È naturale du n q u e che l’ istituzione si trovi in c a t­ tive acque, e che occorra in u n modo qualunque rinsan g u are questa cassa, deperita non per difetto di buona am m inistrazione, n è per vizio ad esso in trin ­ seco, m a in causa di circostanze com pletam ente estrinseche, qu ali sono i nuovi ordinam enti m ilitari dell’ esercito nazionale, m entre, sta a dim ostrazione non solo dell’utilità di essa, ma della sua necessità, il bisogno di conservare p er quanto è possibile a l - 1’ esercito num erosi e buoni sotto ufficiali, il che è d’ im portanza som m a pel buon ordinam ento di esso.

Messo in questa necessità, il G overno credè prov­ vedere ai bisogni dell’ istituzione, con una tassa da pagarsi per la durata di dodici anni da quei rifor­ mati per imperfezioni fisiche, che sono incom patibili col servizio m ilitare, m a non coi lavori ordinari e proficui della vita civile, e da coloro che p er certo

speciali condizioni non fanno parte della prim a ca­ tegoria.

Il progetto sollevò contro di sè una terribile tem ­ pesta ; si disse che era ingiusto, perchè colpiva gli im possibilitati e non i non volenterosi, com e finora si p raticò ; si assimilò ad una capitazione di nuovo genere ; gli si rim proverò la sua progressività in proporzione delle fortune degli esentati, e perfino si ricorse al ridicolo per com batterlo, chiam ando questa tassa la tassa sui gobbi.

La prim a soltanto di queste obiezioni ha un certo carattere di specialità ; delle altre non v arrebbe la pena di p arlare poiché non resistono alla critica.

Da quanto è detto di sopra sul m odo col quale la cassa m ilitare si form ava e potè m antenersi alcuni anni florida, si può rilev are che, q uantunque le som m e che ad essa pagavano i liberati dal servizio m ilitare, e successivam ente coloro che risentivano quest’ onere in proporzioni m inori, fossero obbliga­ torie, p u r non ostante esse erano volontariam ente pagate in vista di o tten ere i vantaggi a cui questo pagam ento dava diritto, e rim aneva p u r sem pre agli iscritti la scelta o di lib e rarsi, prim a totalm ente, e poi parzialm ente, con questo pagam ento, oppure di prestar servizio. Se invece si m ettesse una tassa s u ­ gli inabili -questi non avrebbero scelta alcuna, e do­ vrebbero rassegnarsi a pagare senza speranza di po­ tersi lib erare dal pagam ento col servizio m ilitare.

E ffettivam ente, caduta la spontaneità dei paga­ m enti da farsi, il pagam ento diviene una vera e p ropria im posta da aggiungersi al sistem a trib u tario dello Stato.

Ma si osserva che in prim o luogo questa obiezione non è applicabile a tutti gli inscritti a cui la legge ren d e m eno gravoso il servizio m ilita re ; anzi una sola delle categorie delle tre di cui è form ata può cadere sotto di essa; quella cioè degli inabili al s e r­ vizio m ilita re ; i figli di vedove o di padri sessage­ n ari avranno sem pre, m algrado le esenzioni che le leggi loro accordano facoltà dì rin u n ziare ad esse ed en tra re a far parte dell’ esercito, liberandosi in tal m odo dal pagam ento di una tassa che li col­ pisce com e fruenti di u n diritto, n o n com e sem pli­ cem ente suscettibili di fruire di esso.

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102 L’ E C O N O M I S T A troveranno in modo straordinario avvantaggiati. Essi

avranno preso nelle ca rrie re p u b b lic h e ‘ e private posti che non disputarono loro concorrenti num erosi che m ilitavano nelle file dell’ esercito, avranno svi­ luppato i loro com m erci e le loro industrie profit­ tando di un certo num ero di anni in cui più ad essi si ricorreva per la m ancanza di altri, forse capa­ cissimi alle stesse attribuzioni che in quel tempo erano assenti, avranno acquistato nell’ esercizio di queste, un abilità e una pratica che renderà ai re ­ duci assai difficile il farsi strada, o quanto meno, li m etterà in obbligo di erogare in ciò un tempo che, se non avessero dovuto se rv ire nell’esercito, avrebbero già avuto a disposizione e se ne sa re b ­ bero serviti. La tassa adunque lungi dall’ essere un provvedim ento preso in odio agli inabili al servizio m ilitare, diviene invece un mezzo di rendere meno sensibile la differenza fra coloro che servirono ef­ fettivam ente e coloro che non si trovarono in tal condizione, dim inuendo di qualche poco i vantamù economici di cui questi fruiscono.

D altra parte la tassa sarebbe iniqua se colpisse indistintam ente tutti coloro che sono esenti dal se r­ vizio m ilitare per fisiche inferm ità, m a ciò non è, in quanto che la legge dichiara espressam ente che solo colpisce coloro le cui conformazioni fisiche non sono incompatibili coi lavori ordinari e proficui della vita civile; non è dunque col motteggio di tassa sui gobbi che può esser scartalo un progetto che, dopo tutto, m ira col m inim o inconveniente p os­ sibile ad assicurare all’ esercito vantaggi che sono assolutam ente necessari al suo buon ordinam ento e dei quali ogni giorno gli scrittori di cose m ilitari dim ostrano la grande im portanza soprattutto nel d e ­ siderare le rafferm e dei sotto ufficiali, nerbo della disciplina, e deposito delle tradizioni di valore e di longanim ità a sopportare i disagi, che sono i più possenti coefficenti della bontà degli eserciti.

A chi considera la condizione attuale degli studi econom ici, lo stadio presente delle controversie scien­ tifiche e il prim ato che oggi hanno certe teorie e s o ­ tic h e , si affaccia spontanea alla m ente la profezia ottim ista che il T o rre n s faceva nel 1826 sulla sorte riservata in breve tem po alla scienza econom ica. Mai fuvvi vaticinio tanto sfortunato! Passato il ventennio profetizzato dal T o rren s e d urante il quale doveva cessare ogni disputa, ogni dubbio sui principi scien­ tifici fondam entali, sorgevano appunto allora le cause del dissidio profondo — tuttora esistente tra i cul­ tori della scienza — e che le m utate condizioni po­ litiche, sociali ed econom iche dovevano aggravare sem pre più. Non occorre, del resto, m ostrare punto per punto, dove e in qual m isura la profezia d e i- econom ista inglese sia stala sm entita dai fatti ; q u a­ lunque trattato può dircelo — ed oggi, a mezzo s e ­ colo e più di distanza, la conciliazione ben lunci dall effettuarsi fu resa ancor più difficile. Nella scienz°a econom ica si agitano infatti, oggi più che mai, idee

17 febbraio 1884 opposte, cozzano tra loro sistem i contrari e le opi­ nioni più antagoniche trovano ferventi sostenitori, — sicché l’accordo invocato e vaticinato è divenuto addirittura problem atico; lo si direbbe anzi una vera utopia.

La stessa concezione della scienza è affatto diversa presso le scuole contendenti. — La scuola com u­ nem ente detta Storica dichiara senza reticenze che l’ econom ia politica è in gran parto una patologia sociale ’), riconoscendo per tal modo quale compito precipuo della scienza lo studio dei fenomeni m or­ bosi che presenta I’ odierna vita econom ica. E n e ­ gate le leggi naturali, attribuita alla scienza la m is­ sione ‘di essere la terapeutica sociale, si doveva, per logica conseguenza, disconoscere il suo carattere pret­ tam ente scientifico e positivo, e il de L aveleye non aveva più ragione di esitare a dire che 1’ econom ia est affaire de lègislation e le leggi di cui essa si occupa sont celles qui édicte le législateur ! — Al contrario la scuola classica, ortodossa, liberista o d o t­ trinaria (gli epiteli non m ancano di certo) ritiene suo com pito lo studio delle leggi naturali che governano gli atti coi quali la specie um ana intende conseguire la soddisfazione dei suoi bisogni (F e rra ra ). Essa quindi si attribuisce un com pito in gran parte de­ scrittivo, e la scienza, così intesa è," come disse il Roseher, la fisiologia della società. La scuola classica però non abbandona a sè stessa la società in ciò che questa ha di ano rm ale, di patologico ; ma ritiene che soltanto dalla com pleta osservanza delle leggi n a tu ­ rali, di cui studia appunto 1’ azione nella società, può aversi 1’ arm onia degli interessi e la salute del corpo sociale. - Essa ebbe forse il torto di co rrere con molta fretta a generalizzare principi che, perturbati nella loro azione da m olteplici circostanze, scostavansi di troppo dalle cause apparenti dei fenomeni econom ici, per poter essere presentati con quel rigido a s s o lu -' usino che, com e suole accadere in simili casi, con­ dusse poi a una reazione altrettanto dannosa per la scienza.

Il dissidio rim aneva soltanto nella form a, rig u a r­ dava la sola esposizione scientifica sino a che ì c u l­ tori della economia in G erm ania si lim itavano ad illustrare le teorie classiche coi dati e colle prove fornite dalla statistica e dalla storia; ma doveva rip e r­ cuotersi sulla sostanza, doveva colpire il fondo della scienza stessa allorché dalla storia e più ancora dalla m orale (quale m orale non è detto) si credette poter desum ere teorie le quali, non essendo più puram ente econom iche, ma subordinate a concetti etici, filan­ tropici, religiosi e giuridici, si trovano in aperta op­ posizione con ciò che forma I’ ortodossia scientifica in econom ia. Ma il male fu la confusione in cui si involsero scuole del tutto diverse, cioè la scuola storica pura e la scuola e tic o -sto ric a , com e la chiam a il Dietzel ), confusione che dura tuttora e che serve a palliare certe teorie le quali risentono la triste influenza di sentim enti sulla cui bontà non di­ scuto, ma ai quali credo si possa applicare quanto

') Cosi scrisse il Loria. (La Rendita fondiaria - introd.) per citare uno dei migliori ma anche dei più avanzati fra i seguaci del socialismo cattedratico in Italia.

s) Uber das Verhaltniss der Volkswirtlischaftslehre Zur Socialwirthsehaftslehre-passim. In questa pregie- vole tesi si trova una critica imparziale e acuta dei principi del socialismo cattedratico.

LA SCIENZA ECONOMICA

E I L S U O O D I E R N O I N D I R I Z Z O

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diceva Claudio B ernard riguardo alla credenza in Dio e all’ ateism o ; che cioè am bedue vanno lasciati fuori del gabinetto dello scienziato.

II.

È quindi tem po che si chiam ino le cose col vero loro nom e. - Ora fra i prim i seguaci del metodo storico e i presenti cultori della scienza, i quali formano la scuola storico-etica, vi è di mozzo un abisso; ed è un tatto che, com e disse il C ourcelle Seneuil (In- troduz. all’ Ancien Droit del S. Maine), sotto p re ­ testo di metodo storico certi scrittori hanno preteso di far accettare le loro fantasie e vi sono qualche volta riusciti. Il metodo storico fu, infatti, adoperato da principio per quell’ am ore di erudizione che con­ traddistingue gli scrittori tedeschi, ma tutto si rid u ­ ceva a dare I’ historique di una teoria, di una isti­ tuzione o d’ altro. E tino a questo punto la scienza non aveva nulla a tem ere dal metodo storico; d’ a l­ tronde esso era già stato largam ente usato da Sm ith, da M alth u s, da Mill e da altri, com e riconoscono tutti gli im parziali, e la scienza se n ’ è avvantaggiata. Ma non basta. I prim i sostenitori a oltranza del me­ todo storico quali R oscher e Knies, pu r usandone con profusione, non giunsero in realtà a darci una scienza diversa da quella di Say e di Ricardo. Invero il socialism o cattedratico non conta fra i suoi seguaci il R oscher, il quale per quanta storia, per quanta erudizione vi abbia apportato è rim asto fedele nei punti fondam entali alla scuola classica, come osserva anche il Nazzani, autorità certo non sospetta. — E per ciò che riguarda il K nies abbiam o una sua di­ chiarazione, recentissim a e veram ente preziosa, che non si può trascu rare. Nella 2* edizione della sua opera « die politische Oekonom ie vom geschichtlichen S tan d p u n k t » dichiara senza ambagi che « il metodo storico è pienam ente adatto e corretto soltanto per la storia. » Egli non aggiunge sin dove questo m e­ todo sia adatto e corretto e se sia da porre al suo posto un 'altro metodo e quale; ma la sua d ic h ia - zione va egualm ente a colpire certe fantastiche e recise asserzioni dei seguaci della scuola storica. E a parte anche questi fatti, che tolgono molto al de­ cantato valore del metodo storico, esso ci si presenta come im perfetto, non spettando alla storia lo studio di taluni elem enti del fenomeno econom ico. Il F erri, fra gli altri in quel suo bello studio « Socialism o e Crim inalità » (di cui discorse a lungo il prof. De Johan- nis in queste colonne) notò giustam ente che « il me­ todo storico se ha di com une col m etodo sperim entale, nel più largo senso, lo spirito fecondo di osservazione dei fatti, ed è perciò un progresso di fronte all’uso dei ragionam enti aprioristici, ha tuttavia questo di incom pleto, eh’ esso si restrin g e appunto allo studio della um anità storica e la studia com e un tutto per sè stante, senza riconnetterla invece, come parte del tutto, all’ um anità preistorica non solo, ma alla vita universale della natura di cui le leggi fondam entali sono pure applicabili ad essa um anità.... »

Ma il m etodo storico parm i sia incom pleto anche sotto un ’altro riguardo. Il Ribot, nel determ inare l’og­ getto della filosofia, osserva giustam ente che anche l’econom ia politica, com e T estetica , la scienza del linguaggio, ecc., potrebbe reclam are la sua parte nello studio' della psiche um ana ; ed invero basta la teoria del valore sanam ente e scientificam ente intesa per dim ostrarcelo. P u r troppo questo tem a del rapporto

tra la psicologia e l’economia è uno dei m eno stu ­ diati e allorché consideriam o l’ uom o nella scienza econom ica lo supponiam o dotato di quelle facoltà che la vecchia psicologia gli a ttrib u iv a , senza curarci punto dei progressi che questo scienza fondam enta­ lissima ha fatto negli ultim i tem pi. E p p u re non v ’ha alcun dubbio che se invece di discutere sui rapporti tra la econom ia e la m orale (della quale, n otisi, non si conoscono precisam ente i term ini) si fosse attinto alla psicologia molti e molti dati ch’essa può fornirci, su parecchie teorie, com e quelle dei bisogni, del va­ lore e altre, non si discuterebbe forse più. E d è n a ­ tu rale che, posto il principio di voler in d u rre dalla sola storia le leggi dei fenom eni econom ici, si do­ vesse concludere col disconoscere affatto, o quasi, le leggi dedotte dalla natura um ana, o col m utilarne il loro significato per aver libero campo alla costru­ zione di un edificio teorico, in cui l’ individuaiità um ana è schiava della collettività. Si com piva cosi nella scienza un ricorso altrettanto innaturale quanto era in arm onia coll’opportunism o politico-econom ico che caratterizza l’età presente.

Del resto, ritornando alla questione del m e to d o , senza voler essere scettici in fatto di storia ne pare e h ’ essa assomigli un po’ alla statistica. Invero le indagini storiche e statistiche hanno progredito assai in questi ultim i tem pi, e nessun econom ista, certo, può ricu sarn e il valido sussidio, ma siam o ben lungi ancora da quella certezza, relativa s’ intende, che perm etta l’ induzione scientifica. A m bedue anzi in bocca a dieci, a venti persone, offriranno loro le prove irrefragabili della verità di altrettante teorie opposte. P e r ogni nuova teoria le provo storiche e statistiche non fanno mai difetto ed esse servono tutti i giorni a confortare le tesi più divergenti. E di qui viene che se dalla storia si volle e si potè tra rre la giustificazione di certe teorie restrittive e autoritarie, essa d ’altra parte viene del pari a dim ostrarci la po­ tenza dell’individuo nella libertà e com e sia conse­ quenziale al progresso il m assim o differenziam ento ossia la m assim a autonom ia delle parti che com pon­ gono il corpo sociale *).

P iù sopra ho avvertito la confusione che sovente vien fatta tra scuola storica e socialism o cattedratico o, con espressione sc en tific a, scuola etico-storica, lo non ho nessuna intenzione di discutere qui i prin ­ cipi della scuola etico-storica ; non potrei far altro che rip etere quanto trovasi in pregevoli scritti di insigni econom isti; — ad essi rinvio quindi il cortese lettore e specialm ente a quelli di M aurizio B lo c k ,

’) Lo spazio disponibile non permette di riferire al­ cuni fatti in appoggio a questa asserzione ; tuttavia non possiamo trattenerci dal sottoporre alle conside­ razioni del lettore questo fatto narrato dal Macaulay e riportato dallo Spencer (Essais politiquea): — « La posta alla sua origine non si occupava punto di ren­ dere più agevoli le corrispondenze tra le diverse parti di Londra. Ma sotto il regno di Carlo II un citta­ dino di Londra Guglielmo Dockwray, uomo intrapren­ dente, stabili con grande dispendio una posta a due soldi che distribuiva le lettere e i pacchi da sei a otto volte per giorno nei quartieri popolosi e com­ merciali intorno allá Borsa, e quattro volte al giorno^ nei sobborghi della capitale... » (Macaulay-History ox England I 387-8).

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104 L ’ E C O N O M I S T A 17 febbraio 1884 certo più felice polem ista cbe recensore ’). — T u t­

tavia la nuova denom inazione m erita d’essere spie­ gata. La scuola econom ica, oggi in auge quasi dap­ pertutto, non si lim ita più alle indagini storiche ma per tutti i meati della scienza insinua il principio etico o meglio plasm a la teoria secondo il suo d et­ tato. Q uale sia poi questa m orale che invade il campo della scienza econom ica, non è chiaram ente detto o pour cause. Ma a noi, stranieri a tale connubio, è lecito chiedere si scelga tra la m orale sp iritu a lista, la m orale indipendente, la m orale utilitaria e la m o ­ rale evoluzionista, altrim enti come dice il Dietzel (op. cit.) avrem o tante teorie econom iche di pari im por­ tanza quanti sistem i etici conta la filosofia. E questa indeterm inatezza, teorica, questo vagare incerto tra sistem i elici mal definiti, si rispecchia negli scritti dei socialisti della cat:edra, ed è perciò che si vede un de L aveleye 2) rico rrere all’autorità dei padri della Chiesa e parlarci, con m al celata approvazione, delle loro teorie econom ico-cristiane e di tante altre cose spirituali che quasi quasi lo si scam bia con un suo com patriota egualm ente ec o n o m ista, il prof. P erin dell’università cattolica di Lovanio.

N on giova dissim ularselo, l’ economia politica che oggi occupa le m enti non è certo la classica, bensì quella scienza eterogenea che non odia ancora Sm ith al punto di rinnegarlo com pletam ente, e ama troppo M arx per non accettarne i postulati. Q uesta scuola, passata dapprim a in Italia dove trovò ardenti partigiani, va ora facendosi strada anche nella te rra classica del­ l’individualism o, nella patria di Cobden e di Mill e già conta num erosi e valenti seguaci più o m eno dichiarati quali L aing, Rogers, Cliffe Leslie, Ingram , Cam pbell, F aw cett, e fra i più avanzati G eo rg e, 'W a lla c e e H yndm an. — In mezzo ai fieri colpi portati all’econo­ mia classica i suoi partigiani, soverchiati dalle a berrà- zioni che si susseguono nella teoria e nella pratica, sfiduciati per la inanità dei loro sforzi, derisi dalla stam pa quali idealisti im p e n ite n ti, dopo una breve lotta si tacquero, o quasi, specialm ente da noi. E p­ p ure a loro non è chiusa la v ia , non è tolto ogni mezzo di risollevare la scienza dallo stato desolante dell’oggi, e di rinfrancarne i cultori colla prospet­ tiva di uno studio fecondo di buoni risultati. L 'eco­ nom ia politica non può stare in un mondo a sè; essa per la solidarietà che avvince tutte le scienze, deve necessariam ente sentire i vantaggi che derivano dai progressi fatti negli altri ram i del sapere. Ora io penso che l’economia non possa fare astrazione dalle m oderne teoriche darw iniane ed evoluzioniste ; dirò anzi di p iù , credo che gli economisti della scuola classica possano e debbano accettarle secondo una critica positiva e applicarle alla scienza nella ricerca delle sue leggi.

Ma l’argom ento è d ’una im portanza troppo grande perchè non sia necessario un ulterio re articolo nel quale esam inare la questione AsW evoluzione applicata all’economia politica e m o strare com e l’indirizzo p re ­ sente degli studi econom ici m iri appunto a questo. *)

*) V. specialm ente «L es deux écoles économ iques » —•_ A gosto 1876 e G iugno 1877 del Journal des Econo- mistes e « L a quintessence du socialism e de la chaire » N ovem bre 1878 ivi.

*).V . « L e socialism e contem porain » 21"8 édition - passim - e specialm ente: « L es progrès du socialisme ».

Ri c c a r d o Da l l a To l t a.

IL CONTO CONSUNTIVO 1882

È pur troppo consuetudine radicata nel nostro P ar­ lam ento di concentrare tutta 1’ attenzione dei bilanci nel preventivo, e di non m ettere alcuna cura n e l- l’esam inare il consuntivo. — Che tale consuetudine dannosa alle buone regole costituzionali non occorre sia dim ostrato; ed appunto perchè ne siamo veram ente convinti, non vogliam o contribuire ad accrescere il m ale che deploriam o, ma anzi dedicherem o qualche colonna del nostro periodico ad uno studio partico­ lare fatto sull’ultim o conto consuntivo presentato dal- 1’ on. Ministro per le F inanze.

Il bilancio definitivo del 1882 era stato previ­ sto in L. 2 ,1 9 7 ,9 0 4 ,0 2 8 ,8 4 per 1’ entrata ed in L. 2 ,1 7 9 ,4 0 3 ,8 6 9 ,4 8 per la s p e sa ; cioè un avanzo di L. 1 8 ,5 0 0 ,1 3 9 ,3 6 . P erò le leggi ed i decreti ap ­ provati durante l’ esercizio avevano portato un aum ento di L. 3,56 7 ,6 3 1 ,1 9 nelle entrate e di L. 3 2 ,9 1 2 ,8 8 9 ,9 5 n ella spesa, producendo così un disavanzo presunto di L . 10,84 5 ,0 7 9 ,4 0 .

La entrata venne aum entala di sole L. 120 mila (le altre riguardavano reintegrazioni di fondi e m o ­ dificavano di egual som m a tanto 1’ entrata quanto la spesa) per la m aggior som m a dovuta dalla Cassa dei depositi e prestiti a titolo di rim borso pel s e r­ vizio delle pensioni vecchie, in dipendenza della leg­ ge 16 luglio 1882 relativa agli assegni spettanti ai veterani 1848-49.

In quanto alla spesa essa fu aum entata di L. 2 9 ,5 3 5 ,8 1 6 ,2 6 in forza di leggi sp e cia li, quali furono : quella per i provvedim enti straordinari per rip arare ai danni cagionati dalle piene dei fiumi e torrenti nell’ autunno 1882 (L . 18 m ilio n i); quella che stabiliva la quota delle nuove spese strao rd i­ narie m ilitari assegnate pel 1882 (L. 9 ,8 9 0 mila) ; quella p er l’ordinam ento degli arsenali m ilitari m a­ rittim i di T aranto, Spezia e V enezia (L. 800 mila); quella per le spese d’acquisto del territorio e per l’o rdina­ m ento della colonia italiana di Assab (L . 1 98,666,66); quella per il com pim ento dei lavori di costruzione dell’edificio ad uso del com itato geologico e dei m usei geologico ed agrario in Rom a (L . 157 m ila); quella p er la m aggiore spesa per assegni ai veterani 1848-49 (L . 420 rafia); quella per la rata d ’ interessi con­ venuti colle parti sulla differenza di godim ento fra la decorrenza dei titoli redim ibili presentati per la conversione e la rendita attribuita in cam bio agli stessi (L. 7 8 ,5 9 2 ,5 0 ) ; quella p er la transazione sul pagam ento dei lavori di costruzione nell’ospedale cli­ nico Gesù o Maria di Napoli (L. 96,1 5 3 ,1 0 ); quella p er il riordinam ento del servizio postale, com m erciale, m arittim o nella Sardegna (L . 7 3 ,4 0 4 ); quella p e r ii supplem ento della spesa p e r la costruzione di un cim itero nazionale in C rim ea e restauro a quello eretto in Jenikoi (L. 60,000) ; quella pel sussidio al com une di Tripi in provincia di Messina per la rie ­ dificazione dell’abitato d istrutto dalle pioggie torren ­ ziali del 1880 (L . 5 0 ,0 0 0 ) ; quella per la costru­ zione di linee telegrafiche terrestri in relazione al cordone elettrico da collocarsi tra le isole di Lipari e Saline (L. 12,000).

Di fronte a questo preventivo, m odificato nel modo anzidetto, si ebbero gli accertam enti seg u en ti:

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plessivo di L. 1 ,2 9 2 ,7 3 4 ,5 0 5 .1 2 e quindi risultò un aum ento sul previsto di L. 2 2 ,6 9 9 ,6 9 1 ,4 2 .

L a spesa ordinaria che era stata prevista in L. 1 ,1 8 1 ,5 4 0 ,6 1 3 .1 0 aum entò a L. 1 ,181,057,997.03 dando una dim inuzione di L . 4 8 2 ,6 1 6 ,0 7 . Perciò nel preventivo l’entrata ordinaria dovea eccedere la spesa ordinaria di poco m eno di 88 milioni e mezzo, in ­ vece vi eccedette di oltre 111 m ilioni e m ezzo; una m aggior eccedenza cioè di oltre 23 m ilioni.

In quanto all’ entrata straordinaria essa era stata prevista in L. 8 ,9 5 2 ,1 9 4 .5 5 , m a non giunse vera­ m ente che a L. 8 ,887,454.87 e perciò offrì una d i­ m inuzione di L . 6 4 ,7 3 9 .6 8 . La spesa straorninaria invece che era stata prevista in L. 114,131*800.40 giunse a L. 1 1 6 ,5 5 8 ,1 5 2 .8 5 , fu cioè m aggiore delle previsioni di L. 2 ,4 2 6 ,3 5 2 .4 5 . Così che la spesa strao r­ dinaria invece di eccedere sull’ entrata straordinaria di soli 105 m ilioni, eccedette di oltre 107 milioni e mezzo.

Nel complesso queste cifre, che form ano la prim a categoria del bilancio, danno i seguenti risultati :

P rev iste A ccertate Diff. sulle prev. E n tra te effettive ordin. e stra o r­ d in arie . . L. 1,278,987,008,23 1,301,621,959.99 +22,634,951,74 Spese effettive ordin. e stra o r­ d in arie . . » 1,295,672,413,50 1,297,616,149,88 -+- 1,943,736,38 Differenze L . — 16,685,105,25 -+- 4,005,810,11 + 20,691,215,36

La seconda categoria, cioè il m ovim ento dei capitali, era stato previsto in una entrata di L. 7 2 5 ,9 2 1 ,1 7 8 ,5 2 m entre giunse solo a L. 7 2 4 ,3 1 3 ,0 3 7 ,2 5 diede cioè una m inor entrata di L. 1 ,6 0 8 ,1 4 1 ,2 7 . La spesa che era stata preventivata in L. 7 2 0 ,0 8 0 ,8 5 2 ,6 7 rim ase solo in L . 7 18,862,229,59 con una dim inuzione cioè di L. 1 ,2 1 8 ,6 2 3 ,0 8 . P e r c u i si era prevista una m aggior entrata per questa categ. di L. 5,84 0 ,3 2 5 ,8 5 m a si limitò a L. 5 ,4 5 0 ,8 0 7 ,6 6 , cioè fu m inore per L . 5 89,518,19.

La categoria terza costruzione di strade ferrate ebbe accertam enti tanto nella entrata che nella spesa eguali, il che deriva dalla n atura stessa del titolo. F urono preventivate le entrate in L. 1 0 2 ,2 05,884,066 e furono invece L. 99, 5 0 3 ,1 5 5 ,3 1 , eguali somm e si hanno per le spese e quindi per ciascuno una differenza in m eno di L. 2,7 0 2 ,7 2 9 ,3 5 .

Lo stesso dicasi per la quarta categoria che r i­ guarda le partite di giro, preventivate le entrate e le spese in L. 9 4 ,5 5 7 ,6 0 8 ,6 0 diedero n e ll’ ac c e rta ­ m ento Lire 94,479,085,51 cioè u n aum ento di L. 121,476,71.

Il totale generale adunque del bilancio si p re­ senta co sì:

P rev en tiv o A ccertam ento Diff. n el prev. E n tra ta L. 2,201,471,680.03 2,219,917,237.86 -i- 18,445,557,83 Spesa . . » 2,212,316,759.43 2,210,460,620.09 - 1,856,139,34 Differenza — 18,845,079.40 + 9,456,617.77 + 20,301,697.17

Così dovevasi aver giusta le previsioni con disa­ vanzo di quasi 19 m ilioni, e si ebbe invece un avanzo di quasi 9 milioni e mezzo. Le en tra te die­ dero un m aggior prodotto di quasi 18 milioni e mezzo sul preventivato, le spese una economia di quasi due milioni.

A nalizzerem o in seguito con m aggiori particola­ rità queste cifre riassuntive.

LE AZIONI DELLE FER RO VIE ROMANE

Alla Corte di C assazione di F irenze si discussero il 31 gennaio e 1° febbraio, co rrente anno, i r i­ corsi presentati contro la sentenza della Corte d’Ap- pello di L ucca del 10 22 m aggio 1883, sulle p re ­ tese delle varie categorie di azionisti delle ferrovie R om ane nella liquidazione sociale.

P resiedeva la corte il senatore Y igliani.

Due sono i ricorsi sui quali la Cassazione era chiam ata a pronunciarsi. Il prim o del signor Koe- n ig sw a rte r, rappresentante i possessori delle azioni tre n te n n a li; la difesa era affidata all’avvocato se n a­ tore G aleotti, al quale risposero gli avvocati P u c - cioni, M orghen e F eri, confutando il ricorso e sostenendo il contro ricorso. Il secondo ricorso pre­ sentato dal signor Cusani, rappresentante i possessori delle azioni com uni. P arlò per esso 1’ onor. C rispi, a cui rispose l’avvocato Pucci.

Il procuratore generale com m . Manfredi aveva concluso per la cassazione della sentenza riguardo alla sola parte, che nega l’ effetto del patto di p r e ­ ferenza per il rim borso del capitale delle azioni trentennali nella liquidazione della Società.

La relazione della causa era stata affidata al con­ sigliere com m . M artucci.

A lcuni giorni dopo la Corte di Cassazione pro ­ nunziava la sua sentenza, il cui dispositivo è il se ­ guente :

« Rigetta il ricorso prodotto dai portatori di azioni com uni e condanna i ricorrenti nella perdita del de­ posito salvo agii intimati le ragioni ai risarcim ento dei danni, e accogliendo il ricorso dei portatori di azioni trentennali o privilegiate, cassa la Sentenza nelle parti che li rig u ard an o ; rinvia la causa alla Corte di Appello di Venezia perchè vi sia nuova­ m ente discussa e decisa in tali parti a norm a di legge ;. ordina la restituzione del deposito a favore dei rico rren ti e condanna gli intim ati portatori di azioni com uni in tutte le spese del giudizio che li­ quida in L . 600.

L’avvenire della popolazione francese

L 'Économiste français del 26 gennaio reca la s e ­ guente interessantissim a notizia sul « m ovim ento della popolazione in F rancia nel X IX secolo ».

Si prepara in questo m om ento, al m inistero del- 1’ agricoltura, un lavoro dei più im portanti sul m o­ vim ento della popolazione in F rancia dal principio di questo secolo. Questo lavoro non ha, del resto, nulla di com une col censim ento della popolazione che si fa ogni lustro. Non si tratta soltanto di sa­ pere se quest’ anno vi è in F rancia qualche m i­ gliaio di abitanti in più o in m eno dell’ anno passato, ma di osservare il num ero delle nascite confrontato con quello dei decessi per sapere se la popolazione sarà aum entata o dim inuita alla fine di questo se­ colo, cioè fra sedici anni. L e cifre già note ten d e­ rebbero a far tem ere una dim inuzione della popo­ lazione.

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ahi-17 febbraio 1884

106 L’ E C O N O M I S T A

tanti. L 'a u m en to annuale m edio è dunque stalo di 38 per ogni 10,000 ab. e inoltre questo aum ento è sceso a ° 2 6 n e ll'u ltim o decennio. In base a ciò occorrerebbero 271 anni affinchè la nostra popola­ zione, fosse raddoppiata m entre parecchi altri paesi dell’E uropa, specialm ente la G erm ania, vedono la loro popolazione raddoppiata nello spazio di oO anni. Le nascite furono nel 1805 in num ero di 920,000 , e, fatto degno di nota, questa cifra è rim asta la stessa sino al 1882 quantunque la popolazione sia aum en­ tata di circa 9 milioni di abitanti, d’ onde una prim a causa evidente della dim inuzione relativa delia po­ polazione. Da osservazioni fatte sugli ultim i 20 anni risulta che non si contano p er famiglia che un n u ­ m ero medio di 3 e anche di due figli. Ora dai ca l­ coli della statistica è dim ostrato che al disotto di 5 figli p er famiglia una popolazione non può accre­ scersi. D ue osservazioni ancora m eritano di essere segnalate: a Parigi sopra 100 abitanti non se ne contano che 36 nati nel dipartim ento della S e n n a ; 57 vengono dalla provincia e 7 dall’ estero. Infine, m entre il num ero delle nascite resta a un incirca stazionario, quello della m ortalità infantile aum enta in una proporzione spaventosa; esso è di 27 0(0 nella Senna inferiore e di 26 0[0 nell’ E u re m entre la cifra norm ale è 15 OIq- »

Ecco adesso l’esportazione :

produzione e l’ esportazione del Marmo

La solerte Cam era di Com m ercio di C arrara e Massa ha pubblicato due prospetti statistici contenenti l’uno la produzione del m arm o greggio, segato e lavorato in C arrara e Massa nel decennio 1873—8 2 , e I altro l’esportazioue del m arm o dalle due predette località nel decennio sopra indicato.

Ecco la produzione :

C a rra ra

Marmi g re g g i... Kilogr. 859605280 Marmi segati e lavorati:

Barrocciate da Bovi e

Cavalli N° 221249 Ki. 1287512700 Per ferrovia . . . . * 7425450

Per edifici W. Wal-

ton &. nepote. . . » 8978190 303916340 Totale Kilogr. 1163521620 M assa Marmi greggi . Marmi segati . Marmi lavorati ... Kil. 85663583 . . Kil. 87868037. . . » 17350000 » 105218037 Armo 1873 Da C arrara Kilog. 92405610 Tonn. 92405 6[10 1874 92843689 92843 7 [10 » 1875 » 94105659 94105 7 [10 » 1876 » 82344812 82344 8[10 1877 » 96744363 66744 4[10 » 1878 » 88835187 88835 2[10 » 1879 » 514444037 » 114444 -» 1880 » 112843522 112853 5[10 » 1881 » 104279119 104279 1[10 » 1882 » 137088725 » 137088 7[10 Totali Kil. Anno 1873 Kilog. 1015944723 Tonn. 1015944 7[10 Da Massa 13841147 Tonn. 63841 ljlO 1774 » 16555042 16555 — 1875 » 19367727 19367 7|10 1876 » 14560217 » 14560 2[12 » 1877 » 14155807 14155 8[10 » 1878 » 15418486 15418 5[10 )> 1879 » 17336042 » 17336 — » 1880 » 18717870 » 18717 9[10 1881 » 18026249 » 18026 3[10 » 1882 » 20880577 » 20880 6 [IO Totali Kil. 168859165

In tutto l’esportazione ascese a^ corrispondenti a Tonn. 1,18-4,803

Tonn. 168859 1[10

K il. 1,484,803,888 7/10.

IL LAVORO DEI FANCIULLI

Totale Kil. 190881420

In tutto la produz. am m onta a Kil. 1,354,403,040 corrispondente a tonn. 1 ,3 5 4 ,4 0 3 1/25.

Nel nostro parlam ento com e è noto, è stata presa più volte 1’ iniziativa per regolare il lavoro dei fanciulli nelle officine. L ’ on. Berti modificando alcune disposizioni del suo predecessore ha presen­ tato un nuovo progetto che è il seguente : .

A rt. 1. Nelle officine e fabbriche industriali d’ ogni specie in cui lavorino più di I o operai e in tutte le m iniere e cave, non possono essere im ­ piegati fanciulli dell’ uno o dell’altro sesso che non

abbiano com piuto i dieci anni.

Quelli che hanno com piuto il decimo, ma non ancora il dodicesimo anno, non possono esservi im pie­ gati che per la mezza giornata senza eccedere sei ore di lavoro.

Nei lavori pericolosi od insalubri, non potranno, qualunque sia il num ero degli operai im piegati, adoperarsi fanciulli dell’ uno o dell altro sesso, che non abbiano com piuto il quindicesim o anno, se non nei lim iti e colle cause che saranno stabilite nel reale decreto, col quale si determ ineranno ì lavori pericolosi od insalubri.

Art. 2. Agli effetti della presente legge, fino a prova contraria, sarà considerato come im piegato al lavoro qualunque fanciullo trovato nei luoghi di

lavorazione. .

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