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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.11 (1884) n.516, 23 marzo

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SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Anno XI - Voi. XV

Domenica 23 Marzo 1884

N. 516

LA BANCA UNICA

( Continuazione vedi numero 514) IH.

In un precedente articolo, analizzando l’indole del biglietto di banca, sono stato tratto a concludere che il privilegio della em issione non poteva basarsi su alcun argom ento veram ente e propriam ente scienti­ fico, e che quindi la discussione non poteva essere seria che dal lato della opportunità.

Qui sento peraltro il bisogno di spiegarm i un po’ più chiaram ente sul significato che assegno a questo vocabolo. V orrei cioè, per quanto la distin­ zione possa sem brare sottile, distinguere fra oppor­ tunità ed opportunità, o meglio fra significalo e si­ gnificato assegnato a questa parola, della q u a le , per 1’ abuso che se ne è fatto, non si può senza trepi- danza servirsi, specialm ente da chi si professa de­ voto ai principii scientifici e non li crede rip u ­ gnanti alla pratica.

Mi spiego. P er alcuni opportunità significa una sapienza pratica, che potrebbe m agari chiam arsi in ­ sipienza, la quale è l’opposto della scienza e non se ne cura e anzi la disdegna. P arlate a costoro di principii economici, e vi rideranno sul viso. A vrete, a m odo d’esempio, un bel dir loro che u n sistem a finanziario deve poggiare su basi razionali — che nello stabilire una im posta bisogna g u ardare a che per la sua indole o per la sua m isura n o n in arid i­ sca le sorgenti della ricchezza nazionale. Essi vi r i ­ sponderanno che 2 e 2 fa 4 ; che quando per con­ seguenza m anca 2 a far 4, basta trovare il modo di avere 2 di più. E bbene, se l’ aritm etica di per sè non è u n ’opinione, non è m en vero che in finanza 2 e 2 possono fare, secondo i casi, più o m eno di 4. Ciò è cosi poco discutibile che, se fosse d iversa- m ente, i buoni m inistri di finanza dovrebbero tro­ varsi a ogni cantonata. D isgraziatam ente l’esperienza è là per provarci che è proprio il contrario. La mo­ derna Inghilterra ne può vantare forse tre, in più di mezzo secolo ; gli Stati del Continente non po ­ trebbero fare altrettanto. E p p u re se gli em piristi avessero ragione, basterebbe un buon com putista per coprire quel posto. Se non che a governare le finanze di un paese non bastano i calcoli, p u r necessari, del com putista o, come oggi si am a dire con non leggiadro vocabolo, contabile ; ci vogliono le larghe vedute dell’ uomo di Stato, il quale non deve contentarsi del risultato del m om ento, m a deve m isurare le conseguenze dei suoi atti. Se non fosse fuori di

luogo l’en trare in m aggiori spiegazioni, sarebbe fa­ cile contrapporre all’ esempio della riform a finanziaria inglese quello poco edificante di sistem i finanziari basati su espedienti spesso irragionevoli o dannosi, ma appunto perch è non voglio escire dal mio tem a, mi fermo.

N on è d unque in questo senso che adopro la pa­ rola opportunità, ma piuttosto le attribuisco il si­ gnificato di una necessità relativa, da cui una scienza sociale, e quindi anche la scienza econom ica, non può fare astrazione. Ho qualche dubbio sulla bontà della distinzione dell’ econom ia politica in pura e in applicata. L ’applicazione dei principii econom ici non è più scienza ; è arte di governo. V erità questa che apparisce tanto più evidente, quando si consideri ¡che i problem i sociali sono m olto complessi e non pos­ sono risolversi coi criteri di una sola scienza. Al- 1’ atto pratico per risolvere una di quelle questioni, è forza rico rrere a criteri m orali, giuridici, econom ici. Ma la scienza econom ica di p er sè è quello che è. T utto quello che può dirci, per esem pio, intorno alle coalizioni operaie o all’em igrazione non m ula. Il vero si è che la scienza econom ica non può li­ m itarsi ad esporre una legge n aturale, m a deve m o­ stra re altresì com e vi siano cause di perturbazione, che esistono anche per le'leggi naturali fisiche, il che n o n toglie che le leggi m orali o fisiche siano vere. Il vero si è che nell’esam e di qualsiasi istituto sociale non può fare astrazione dalla sua storia, nè dal suo stato pre­ sente, senza degenerare in utopia. Platone, Tom m aso M oro, C am panella, M orelly, Baboeuf e via via tutti i riform atori com unisti e socialisti antichi e m oderni, non sono econom isti appunto perchè non hanno te­ nuto conto della n atu ra um ana quale ci si m anifesta in realtà, dello svolgim ento progressivo del civile consorzio, dello stato in cui si trovava quando essi hanno scritto.

Se dunque in fatto di banche io parlo di oppor­ tunità, intendo appunto accennare a quella necessità relativa di cui ho detto e che consiste nel tenere di conto del passato e del presente.

IV .

(2)

186 L ’ E C O N O M I S T A 23 marzo 1884 ce ne abbia ad essere u n certo num ero, o se a qua­

lunque Istituto di credito si debba accordare quella facoltà, dato che si sottom etta a certe norm e stabi lite dalla legge ? Evidentem ente perchè, sebbene il biglietto di banca non sia m oneta, esso per la sua indole si presta m eglio di ogni altro titolo fiduciario a farne 1’ ufficio. E siccom e è utile che sia così, occorre appunto che il pubblico sia pronto ad a c ­ cettarlo per la fiducia che esso gli ispira. Ma q u e ­ sta fiducia v errebbe a m ancare, se a tutti fosse le cito em ettere biglietti senza regola e senza garanzia. La confusione a cui si giungerebbe sarebbe tale, che il pubblico finirebbe per non volerne sap er più di questo titolo fiduciario, e si dovrebbe tornare alla pura circolazione m etallica, accom pagnata da tutti i suoi inconvenienti. Q uindi è che, tenendo di m ira lo scopo, a cui il biglietto deve servire, e l’ interesse generale, occorrono p ure delle discipline. E d allora, am m esso che la legge non può abbandonare la em is­ sione a sè stessa, deve ap p arire m eno strano il so ­ stenere in date condizioni il privilegio di una Banca sola. Diventa fino a un certo punto una questione di m isura ; tutta cioè si riduce a sapere se giovi più a un paese, che, lo ripeto, si trovi in date con­ dizioni, che vi sia una sola Banca di em issione o ve ne siano più. Intendiam oci bene che io non nego che fra 1’ un sistem a e I' altro vi possa essere una differenza profonda; m a certo è m inore questa di quella che passerebbe fra un sistem a di libertà, o m eglio di eguaglianza, quale è quello degli S tati Uniti, e un sistem a di libertà di em issione senza lim ite di capitale o di riserv a , senza interventi e sindacati go­ vernativi. In altre parole noi possiamo dire agli a v ­ v ersari della Banca U nica, che parlano di libertà e la fanno consistere in fondo in un privilegio accor­ dato a un certo num ero di istituti piuttosto che a un so lo ; — D al m om ento che, m algrado tutte le affer­ mazioni in contrario, la libertà vi fa paura, non è possibile che sia più ragionevole il privilegio come 10 intendiam o noi ?

V.

T ornando ora alla questione che ci interessa, il privilegio di una sola Banca è stato difeso, oltre che con quegli argom enti tutti teorici, di cui ricono­ scem m o la insufficienza, con argom enti di opportu­ nità. Se non che la opportunità si è considerata sotto due differenti punti di vista, e cioè dal punto di vista dell’ interesse dello Stalo e dal punto di vista del— l’ interesse del pubblico.

Credo bene notare che, a senso di alcuni, occorre fare u na gran differenza fra una Banca di Stato e una Banca privata, form ata cioè di azionisti : ma siccom e a ogni modo quand’ anche la Banca Unica sia privata com e quella di F ran cia e dell' A u stria - U ngheria, lo Stato ha necessariam ente con essa stretti rapporti, lascio da parte una tale questione. Mi piace solo avvertire che è preferibile avere una Banca privata piuttostoché una vera e propria Banca di Stato, il cui capitale sia fornito dal Governo, o an­ che fornito da esso in g ran parte, come in Russia. Lo Stato non è per la sua indole adatto a fare il ban­ c h ie re ; nè giova che egli eserciti qualsiasi industria, e quindi nem m eno quella bancaria ; quando lo Stato si trovi per fortuna nel caso di avere degli avanzi, 11 rivolga a sgravio d’ imposte.

U na Banca U nica pertanto serve allo Stato nelle sue operazioni di credito,quando, ad esempio si tratti

di contrarre un p restito; può fare per lui il servizio di tesoreria per l ’ interno e per 1’ estero. Questo po­ tente stabilim ento è al caso di aiutarlo nei mom enti più difficili, e a questo proposito si cita opportuna­ m ente l’ esem pio della Banca A ustriaca e più quello della Banca di F rancia d u ran te e dopo la g u erra franco-tedesca. Si aggiunga che quando, com e a v ­ venne appunto in Francia, si debba rico rrere al corso forzato, I’ esistenza di un grande stabilim ento ne rende più lievi i danni e ne facilita 1' abolizione, tantoché presso i nostri vicini il corso forzato fu più di nom e che di fatto.

Questi benefizi sono senza dubbio notevoli e tali da non essere senza peso nella bilancia. Però non si può negare che ad essi si possano contrapporre degli inconvenienti. Anzitutto non sarebbe ragione sufficiente per lim itare la em issione ad una Banca sola quella di portare in cam po l’interesse del Go­ verno, almeno per chi non sia nem m eno disposto ad am m ettere col socialism o cattedratico che in un li­ bero paese lo Stato siam noi. Si osserva inoltre che in certi casi il Governo, o meglio il paese, può p a ­ gare assai caro quell’utile. Si supponga che la Banca U nica ecceda nella em issione per favorire poco pru ­ dentem ente la speculazione invece di frenarla con un rialzo dello sconto, e non ne m ancano esempi ; e lo Stato per evitare un m ale m aggiore darà ai bi­ glietti della Banca il corso forzato, di cui la nazione pagherà le spese. Lo Stato poi lega le sorti delle sue finanze a quelle di questo potente Istituto , il quale in certe circostanze può fargli sentire tutto il peso del suo appoggio, e dettargli la legge nel proprio interesse; della qual cosa non saprebbe rim p ro v e­ rarsi, perchè il prim o obbligo degli am m inistratori è quello di procurare il vantaggio dei loro am m inistrati.

D ’altra p a rte .se può essere non senza inconvenienti p er lo Stato questo stretto vincolo con un solo grande stabilim ento, questo alla sua volta lega le proprie sorti a quelle dello Stato. La parte principale del ca­ pitale della Banca d’Inghilterra è rappresentata dal debito dello S ta to , e se non fosse che il Governo austriaco non ha pagato alla Banca austriaca il suo debito, essa avrebbe potuto rip ren d ere il cam bio dei biglietti in m oneta m etallica. Con tutto questo non si può negare che in un m om ento di crise politica difficilmente il G overno potrebbe trovare in più banche q u e ll’aiuto potente, che può ottenere da un Istituto che ha, per così dire, sotto la m ano, e che è solido e potente ; nè crediam o che il citare I’ esem pio di altri tem pi, per esempio quello di Venezia all’epoca della lega di C am brai, possa avere un gran peso.

V I.

(3)

sup-plire alla m oneta, rim anendo il m aggior tem po pos­ sibile in circolazione. O ra ciò avviene particolarm ente del biglietto di una Banca unica p er una serie di ragioni, di cui qui mi lim ito ad accennare le p rin ­ cipali. Il biglietto di una Banca Unica che colle sue sedi e succursali si distende in tutto lo Stato, q uand’an­ che non sia accom pagnato dal corso legale, è accollo in tutto il paese. L ’Istituto è notissim o e la pubbli­ cità delle sue operazioni accresce la fiducia ; non essendo costretto che a un cam bio relativam ente in ­ significante, ha una riserva n o tevole; e finalm ente il pubblico o sa o indovina che in qualunque caso il G overno non lo lascerebbe fallire. Chi si m araviglia all’udire che il G overno inglese nelle crisi del 47, del 57 e del 66 sospese quell’atto del 1844, secondo il quale la Banca d’Inghilterra al di là della somma dei biglietti coperta dal debito dello Stato non può em ettere altri biglietti se non contro altrettanta con­ tro -v a lu ta m etallica ? E così il biglietto di banca a tutti noto e da tutti accettato, m en facile perciò ad essere con traffatto , si sostituisce in gran parte alla m oneta, m entre poi la Banca resta il gran serbatoio metallico, al quale si va ad attingere pei pagam enti internazionali. E non basta. Non ci è bisogno che la Banca abbia un capitale esorbitante, e che la legge ponga artificialm ente dei limiti alla em issione. Q uando la Banca ha la riserva legale, la sua em issione può seguire lo sviluppo econom ico del paese, variare col m utarsi delle condizioni del m ercato. È diffìcile che essa veda i depositi ritirarsi all’im provviso ; anzi nei mom enti di crìse vede affluire quelli ritirati dalle Banche m inori e il com m ercio le chiede m aggior larghezza di credito. La Banca di F rancia ha un ca­ pitale di fr. 182,5 0 0 ,0 0 0 e basta alle industrie e ai com­ m erci di un paese tanto più ricco del nostro; noi, tratti dalla pluralità delle Banche a prendere per base il capitale oltre alla riserva, abbiam o un capitale ban­ cario di L. 2 5 1 ,7 5 0 ,0 0 0 , che si conterebbe ora-di p o r­ tare a una cifra molto più elevata per allargare la circolazione fino al massimoM i 1,050 m ilioni, a parte i biglietti di Stato.

Si aggiunga che la Banca Unica p er mezzo del saggio dello sconto diventa la regolatrice del m e r­ cato, e m entre cem enta, per così dire, I’ unità del credito, può colle sue sedi e colle sue succursali bastare ai bisogni locali.

Anco qui, a vero dire, le obiezioni non m ancano. A ppunto perchè una sola Banca dom ina il m ercato, un erro re che essa com m etta, può avere un con­ traccolpo funesto per tutto il paese. P ellegrino Rossi credeva la concorrenza dannosa e aggiungeva che poiché la Banca colle sue filiali bastava al «com­ m ercio del paese intero, altre banche avrebbero ac­ cordato il credito a chi non lo m eritava, e questo sarebbe stato un danno. Ma perchè, si è chiesto, la concorrenza non p ro durrebbe qui i buoni effetti, che produce in tutte le industrie ? — perchè non influirebbe sul saggio dello sconto? — perchè non avrebbe per conseguenza di fare acquistare la fidu­ cia de! pubblico agl’ Istituti che più ne fossero m e ­ ritevoli? D ’ altra parte, e lo prova la storia della F rancia, un istituto privilegiato è restio a fondare succursali, e quelle che egli fonda sono meno legate al com m ercio locale. E sse, seguendo le tradizioni dell’Istituto, preferiscono il grosso com m ercio, e non è vero che questo sia il solo m eritevole di credito. La Banca Unica esige poi assai quando sconta; per esempio, vorrà tre firm e e le cam biali a due firm e,

p er quanto buone, dovranno restare nel portafoglio dei negozianti o pagare di più p er lo sconto. Così a P a rig i si rico rre per questo al comptoir d’escom-

pte, che poi risconta alla Banca di F rancia e vive

sulla differenza dello sconto. V ero però che si po­ trebbe rico rd are che si tratta della funzione della em issione, la quale esige solide garanzie pel biglietto, e che a lutto il resto, e così anche al piccolo com ­ m ercio. possono bastare le banche ordinarie di depo­ sito e di sconto e le banche popolari, che vanno a far capo alla B anca m aggiore. A ogni modo, a volere m antenersi assolutam ente im parziali, bisogna conve­ nire che gli argom enti a favore del privilegio, a d ­ dotti dal punto di vista della opportunità, m entre hanno un valore incontestabile, non hanno però un valore assoluto. Ciò significa che la soluzione della questione dipende da varie circostanze, e sarà quindi opportuno accennare quale sia la tendenza generale del nostro tem po.

Diam o un rapido sguardo all’E uropa. Il progetto di W illiam Paterson presentato nel 1691 fu ap p ro ­ vato dal Parlam ento nel 1694. La Banca d 'I n g h il­ te rra doveva prestare al G overno la m aggior parte del suo capitale, im piegandone u n ’ altra parte in operazioni bancarie. Poteva em ettere biglietti che non erano a vista e portavano interesse. Dal 1700 furono a vista e senza interesse. Lasciando, andare le m olte vicende per la quale la Banca passò dopo­ ché ebbe nel 1709 ottenuto il privilegio, noterò che il debito del G overno si accrebbe cogli aum enti del capitale. Piti vi ricorse largam ente e finì, coll’ a p ­ provazione del P arlam ento, col dispensarla dal pa­ gam ento dei biglietti. P e rò il- corso forzato vero e proprio com inciò nel 18 1 0 , poiché per l’ innanzi non era obbligatorio il riceverli, e durò fino al 1821. L ’atto del 18 1 4 ebbe per ¡scopo di rendere fissa la circolazione fiduciaria e di dim inuire il num ero delle B anche inglesi a benefizio della Banca d’ In­ ghilterra. Infatti m entre si stabilivano con esso quelle basi, di cui ebbi già occasione di tenere parola, si lim itava ad 8 milioni di sterline la em issione com ­ plessiva delle altre banche — si proibiva di creare nuove banche di em issione — si stabiliva c h e , so­ spendendo l’em issione, se ne perdeva la facoltà — che, riunendosi più banche, la nuova banca risul­ tante dalla loro fusione non poteva em ettere più della m aggiore fra esse — che il num ero dei soci superando i sei, la banca perdeva la facoltà della em issione — che la Banca d’ Inghilterra poteva accrescere la sua circolazione dei due terzi della cir­ colazione delle Banche che perdessero o rinunziassero alla facoltà della em issione. Se coll’atto del 1844, che regge ancora l’ordinam ento delle B anche in In ­ g h ilterra, non si giunse alla Banca unica, è chiaro però che fu un avvicinarvisi e molto da presso, e che alla Banca d ’ Inghilterra fa capo, per cosi dire, il credito di tutto il paese. O sservando la circ o la­ zione com plessiva delle B anche private e p er azioni

(joint stock) si vede che al 25 agosto 1883 quella auto­

rizzata era solo di S t. 5 ,9 2 5 ,8 3 4 e quella effettiva di S t. 3 ,0 7 7 ,1 6 3 . La circolazione autorizzata della Banca d ’ Inghilterra è, com e è noto, di St. 1 5 ,750,000.

(4)

188 L ’ E C O N O M I S T A 23 marzo 1884 ma poiché la Banca si m ostrava restia a fondarle,

il suo privilegio fu ancora ristretto a Parigi, e v en ­ nero riconosciute le banche dipartim entali ; esse prosperarono e spinsero la Banca a stabilire le su c­ cursali. Nel 1848 si dette il corso forzato ai biglietti della Banca di F rancia, e questo provvedim ento fu esteso più tardi ai biglietti delle banche dipartim en­ tali. G l’ inconvenienti elio ne nacquero, furono causa che un decreto del 27 aprile 1848 autorizzasse la fusione di molte banche dipartim entali nella Banca di F rancia. La forza delle cose trasse anche le più riluttanti a fondersi con essa, e cosi si giunse al monopolio in vigore, che una legge del 1857 assi­ curò alla Banca di F rancia per 40 anni. L’ ordina­ m ento di questa Banca e il modo col quale funziona la fanno giustam ente rig u ard are com e un istituto modello. N el Belgio, dove prim a del 1850 esistevano quat­ tro Istituti di em issione, si fondò la Banca Nazionale accordandole il m onopolio, dopoché il Governo nel 184 8 aveva dovuto decretare il corso forzato per evitare il fallimento di due fra quegli Istituti ; e la Banca Nazionale, in cui le altre si fusero, ebbe dal 1851 in poi in fatto se non di diritto, come osserva la relazione m inisteriale, il monopolio della em issione, che una legge del 1872 prorogò fino a tutto il 1893. Le sue condizioni sono floridissim e e la istituzione dei Comptoirs d'escompte si ricollega m irabilm ente alla medesima.

N ell’ A ustria-U ngheria il monopolio della em issione è da una legge del 27 G iugno 1848 accordato alla Banca A ustro-U ngherese ( Òesterreichische-TJngari-

sche Bank) che successe alla privilegiata Banca Na­

zionale A ustriaca. Essa ha a V ienna e a B u d a-P est i due principali stabilim enti, e colle filiali e colle agenzie diffonde la sua azione su tutto l’ Im pero.

L ’ Olanda possiede una sola Banca di emissione

(Nederlandsche-Bank) ; la Spagna che per la legge

del 19 ottobre 1809 aveva 18 banche provinciali con facoltà di em issione, con atto del 19 m arzo 1874 restrin se il privilegio al Banco de Espana, dando alle banche provinciali la facoltà di fondersi col m as­ sim o Istituto; in D anim arca la Banca Nazionale, fon­ data p er azioni e con am m inistrazione propria sotto la sorveglianza governativa ha il privilegio della em issione; la N orvegia ha del pari una sola banca di circolazione governata da funzionari eletti dal Parlam ento ; finalm ente la Banca di Stato in Russia è unica banca di em issione e nacque dalla fusione di banche di Stato prim a esistenti.

S e osserviam o la G erm ania, vi troviam o la legi­ slazione bancaria regolata dalla legge del 14 marzo 1875, la quale nella gran patria tedesca ricostituita intese a togliere le singolari differenze derivanti dal- l’ anteriore frazionam ento. E ra legge im periale, per cui soltanto si poteva disporre su questa m ateria — L a Banca di P russia diventò Banca dell’ Im pero. Anco q u i si può osservare che m olte Banche private r i - nunziarono in seguito di quella legge alla emissione — che la legge stessa porta varie disposizioni atte a p rodurre conseguenze analoghe a quelle prodotte dalla legge di Peel — che su una circolazione di milioni di m archi 3 1 2 ,1 3 3 , appartengono alla Banca dell’ Im pero 2 2 4 ,8 6 0 (cifre tonde).

0 m 'in g an n o o 1’ esem pio di quasi tutti, e certo dei principali paesi di E uropa, dim ostra che la ten­ denza generale ci porta incontro alla Banca U nica. | Non ho nessuna difficoltà ad am m ettere che le ca-

J

gioni che hanno preparata o favorita questa evolu- !

zione possono essere, anzi sono state diverse e non tutte felici ; che fra queste ha avuto parte p rin ci­ pale l’interesse dei governi, non sem pre conform e a quello dei popoli ; ma ciò non toglie il fatto e non toglie altresì che una tendenza, che non so lo si è m an­ tenuta, ma si è andata e si va estendendo, non debba avere più salde e più profonde radici. A nche la m o­ narchia fu fondata per lo più colla violenza ; a n - ch ’essa si m acchiò di deplorevoli abusi ; ma se in tem pi progrediti com e i nostri i popoli europei la conservano, ciò dipende da pregi intrinseci di quella istituzione capace di trasform arsi secondo i bisogni della civiltà.

A questo m ovim ento così im p o rta n te , poco vi è da contrapporre. In E uropa, lasciando da parte l’Ir­ landa, dove un atto del 1 8 4 5 fondò la circolazione su basi analoghe a quelle dell’In g h ilterra, restano le Banche di Svezia, di Scozia e di Svizzera, poco, mi si concederà. Del resto quanto alla Svezia, troviam o pur là una Banca di S ta to , che sola vale la m ag­ gioranza delle altre banche di em issione. R iguardo poi alle Banche di Scozia, di cui parrebbe soverchio ri tessere le lodi, non vuoisi però tacere che il loro num ero lim itato dalla legge del 1845 alle Banche allora esistenti, cioè 49, è andato scem ando e che dopo successive fusioni ne rim angono dieci.

Q uanto finalm ente alle Banche Svizzere, non sa ­ rebbe molto difficile il dim ostrare che il sistem a delle banche libere, le sole veram ente libere, che pareva riuscito abbastanza b e n e , non ci porge una prova sufficiente, attese le particolari condizioni di quel piccolo paese. E non sarà poi senza interesse notare il m ovim ento verificatosi da qualche tem po in favore del monopolio, e a ogni modo la legge del 1881, prescrive norm e rigorose intorno alla emissione e m inaccia la perdita della facoltà relativ a a quelle banche che non siano disposte a sottom ettervisi.

D unque anche le eccezioni che si citano contro la unicità della Banca hanno un valore assai rela­ tivo, e a ogni modo scarso in paragone della te n ­ denza generale dell’E uropa.

(5)

pel cambio dei biglietti di banca; le B anche devono depositare nelle Casse del Tesoro un im porto di valuta legale corrispondente al S per cento della somma com plessiva dei biglietti circolanti. E questo è il sistem a di libertà che taluni consigliarono al- 1’ Italia !

À chi mi chiedesse ora la conclusione di questo secondo articolo, io non saprei in verità rispondere così nettam ente come risposi nel prim o, A llora si trattava di valutare la bontà degli argom enti addotti a favore del privilegio da un punto eli vista pura­ m ente astratto, ed era facile dire che non avevano valore. Ora si tratta di opportunità, e la risposta non potrebbe essere così recisa. A ogni m odo, sebbene ci sia il prò ed il contra, tenterò di venire ad u na conclusione qualsiasi. Eccola : senza negare gl’ in­ convenienti, a cui può dar luogo la unicità della Banca, essa offre pure molti vantaggi. P u re in questo contrasto innegabile è ragionevole rico rrere a un altro criterio, cioè tener conto della storia e delle condizioni presenti, e quella e questa m ilitano in favore della Banca U nica. Ciò non basta però. Oc­ corre g u ardare anche alle condizioni particolari di ciascun paese. E quindi in un terzo ed ultim o a r ­ ticolo mi propongo di applicare questi criteri alla legislazione bancaria in Italia.

C. Fontanelli.

VENEZIA E GENOVA

Come ai tem pi delle antiche repubbliche italiane, i due m aggiori porti dell’ A driatico e del M editer­ raneo, si trovano oggi in antagonism o. Se non è più una g uerra navale quella di cui daranno lo sp etta­ colo, sarà invece una g u erra di articoli di giornali, d’indirizzi di corpi c o s titu iti, di proteste, e se non sarà versato sangue sarà invece consum ato molto in- chiostro.

La ragione della controversia sta nella pretesa che hanno am bedue i porti, di trarre a se il com m ercio dell’E uropa C entrale, prom esso e non dato all’Italia, dal perforam ento del G ottardo. Q uestione grave quant’al- tra m a i, poiché i molti milioni che costò all’ Italia quel lavoro gigantesco, furono spesi da tutti i con­ tribuenti ed è giusta che ne fruiscano tanto I’ uno che l’altro porto.

Ma al di sopra delle controversie com m erciali fra porto e porto onde attirare m aggior copia possibile di transiti vi è qualche cosa contro cui non valgono le ra g io n i, i so lligism i, le sottigliezze di una dotta disputa; questo qualche cosa che s’im padronisce della questione, e m algrado tutto la riconduce al suo punto di partenza , e rim ette tutto in discussione anche quando una decisione ne ha tagliato il nodo, è il

fatto, la cui logica inesorabile s’ im pone, contro il

quale nulla vi ha di eseguito, se tutto non fu fatto come si doveva.

Non si ha che da gettare uno sguardo sulla carta geografica, per persuadersi che il vero sbocco del Gottardo sul m are è Genova ; essa è posta quasi sotto lo stesso m e rid ian o ; una linea tirata dal G ottardo perpendicolarm ente alla costa , arriverebbe d ire tta - m ente a Genova, m entre invece p er arriv are a V e­ nezia dovrebbe p erco rrere una lunga curva ; se poi da un sem plice sguardo alla carta geografica si passa

alla più esatta m isura dei chilom etri da p erco rrersi si trova che Venezia dista dal G ottardo 131 chilo­ m etri di G en o v a; com e sperano i V e n e z ia n i, v in ­ cere questa sfavorevole condizione di cose? colle tariffe ? e potranno forse im pedire a Genova di fare altretta n to ? e in una g u erra di tariffe fe rro v ia rie , potranno essi v incere chi ha 131 chil. m eno da p er­ co rrere ? Ad ogni ribasso di tariffe p e r le m erci di­ rette a V enezia, sarà risposto con un ribasso di un terzo m aggiore per quelle dirette su G e n o v a , e la rete M editerranea po trà farlo con m inor perdita del- l’A driatica, poiché oltre il m inor consum o di carbone, avrà per se il m inor consum o del m ateriale delle linee, tanto fisso che mobile.

D’altra parte l’esem pio del m ondo intero ci dim o­ stra che queste g u erre di tariffe hanno un lim ite , che non si può oltrepassare per lungo tem po, ed è quello del costo m ateriale di trazione. La rete a d ria - tica per quanto disposta a favorire Venezia , favo­ rendo in pari tem po sè stessa, rid u rrà al m inim o la spesa della tonnellata c h ilo m e tro ; la M editerranea farà altrettaanto per Genova, vincendo quella di circa un terzo ; l’A driatica farà uno sforzo u lteriore e tra­ sporterà a p e rd ita ; l’ altra farà lo stesso perdendo m eno ; è evidente che al term ine di pochi giorni, o, esageratam ente calcolando, di pochi mesi l’A driatica si accorgerà che la corrente com m erciale non si de­ term ina a dirigersi a Venezia, e cesserà di far sa­ crifizi di cui possono dom andarle stretto conto i suoi azionisti, di cui solo una piccola parte son V eneti, e la cui m aggioranza non è interessata direttam ente a con­ tin u are questa lotta. Ne seguirà, che pure accordando a Venezia lo sbocco desiderato, quello cioè del tronco di ferrovia M ilano-Chiasso, ella avrà il com penso di aver ottenuto una vittoria puram ente m orale ; vedrà quel tronco rim an ere ozioso, m entre invece quello di N ovara-P ino sarà ingom bro di m e rc i, e assorta in contem plazione della sua ferrovia arrugginita dal­ l ’ozio, in riguardo all’altra inferiore al bisogno, farà la figura del cane della favola, che seduto ringhiando, sopra u n m ucchio di fieno , im pediva all’ asino di m angiarne, ed intanto restavano am bedue affamati.

Ma dunque V enezia, che ha pu r essa contribuito nella sua m isura ad aprire la via del G ottardo, dovrà rim an ere sem plice spettatrice della fortuna dell'an­ tica riv ale, e pur potendo fare uno sforzo per com ­ parteciparvi dovrà starsene neghittosa ? Rispondiam o, eh’ e s s a , se p u r fosse c o s ì, dividerebbe la sorte di m ólte province d ’ Italia, che concorsero alla spesa nella stessa m isura proporzionale , e non ne risen­ tono vantaggio diretto alcuno. V enga u n 'a ltr a volta l’occasione di u n ’ ingente spesa da fare a vantaggio, più che di ogni altro, del porto di V enezia, ed a c ­ cadrà lo stesso ; tutte le provincie e G enova più di m olte altre perchè fra le più ric c h e , sarà tenuta a c o n c o rre rv i, ne ciò le darà diritto a parteciparne i vantag g i, e m olto m eno a dim inuire quelli che da ciò ne v errebbero a Venezia, senza utilità propria.

Ma ciò non è in fatto ; Venezia è destinata a fruire degli sbocchi del G o tta rd o , in m aggior m isura di G enova; solo bisogna che fra essi sappia scegliere quelli che le co n v en g o n o , e non si ostini a rec la­ m are uno di quelli che non la avvantaggerebbe af­ fatto pur danneggiando d’assai la sua em ula.

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la-190 L ’ EO O N O M I S T A 23 marzo 1884 voro e d e n a ro ; questo mezzo è dato dai corsi d’acqua,

che abbondanti, ed in m assim a parte navigabili, por­ tano dalle falde delle Alpi fino all’Adriatico, l’um ore benefico di cui si nu tre l’agricoltura, e si potrà n u ­ trire , per poco che si faccia, l’industria dei trasporti.

Il sistem a di vie navigabili nell’ Italia settentrio­ nale, consta di linee naturali e artificiali che hanno una percorrenza totale di 300 0 chil.; un terzo di essi (10 0 9 chilom .) sono canali scavati, il resto sono fiumi e laghi ; di questo sistem a la parte veram ente utile al trasporto delle m erci di chilom . 2216, che po­ trebbero essere da un giorno all’altro messi in opera con un servizio regolare di trasporti, e di rim orchi a vapore, e che lo sono già in fatto, sebbene con mezzi addirittura prim itivi, irregolari, insicuri, dei quali il com m ercio ha ripugnanza a servirsi, salvo p er m erci di straordinario volum e e di m inimo valore.

Il Pò, con una percorrenza di 344 chilom . da Casale al m are, tutta navigabile, traversa province fertilissim e con una larghezza m edia di 300 m etri, u n a profondità variabile fra i 2 e i 5 m etri, e un pendìo di 0 ,50 a 0 ,7 0 centim etri per chilom etro.

L’intero sistema di corsi navigabili acquei, formato dal Pò, dall’A dige, dal Ticino, dall’Acida, e dei ca­ nali Naviglio G rande, Naviglio di Pavia, la Marte- sana ecc., non che dai laghi V erbano e Como, oltre a servire di strada ai prodotti e agli oggetti di prim a necessità, di oltre 600 com uni, 47 soli sono pros­ simi alla ferrovia, potrebbe agevolm ente servire di via principale di com unicazione delle m erci, che dall’ O riente si dirigono all’ E uropa centrale, pren­ dendole nel porto di V enezia o trasportandole a M agadino cioè alle falde stesse del Gottardo.

Il prezzo di trasporto della tonnellata-chilom etro, . che in Olanda è m eno di mezzo centesim o, in F ra n ­ cia giunge appena ai tre quarti, calcolata con tutta la possibile larghezza a un centesim o in Italia, d a­ rebbe per tutto il percorso da Venezia a Magadino u n totale di L. Sei percorrendo 6 0 0 chilom., e vi po­ trebbe giungere in Otto giorni, m entre ne m ette­ rebbe Sette per ferrovia a piccola velocità con un costo di L. Diciassette. Da G enova a Magadino, la tonnellata costerebbe invece Tredici lire. Sono dun­ q ue Sette lire di vantaggio che avrebbero i trasporti per Venezia, su quelli per G enova, e in questo stato di cose, non è possibile la concorrenza, non solo p er le m erci di m in o r valore, ma anche per quelle che possono sopportare un nolo medio, poiché il m argine è veram ente grandissim o. La strada da farsi è dunque chiaram ente accennata a Venezia ; invece di p erdere il suo tem po e la sua energia, in sterili lotte, che non possono recarle che resultati ancor più sterili, si ponga coraggiosam ente all’opera onde im piantare servizi regolari di navigazione a vaporò, tra il suo porto e M agadino; così soltanto possederà uno sbocco del G ottardo, e sarà certo il più proficuo, e quel che è meglio, uno sbocco che nessuna g u erra di tariffe ferroviarie potrà toglierle.

E stia sicura che nè governo nè altri potranno negarle questo giusto com penso. A Genova appar­ tengono per diritto gli sbocchi ferroviari perchè più vicine al G ottardo, in linea re tta ; a V en e­ zia appartengono p e r egual diritto gli altri più lun­ ghi a percorrersi, m a che p er le facilità data loro dalla natura, sono i più econom ici, e com e tali de- . stinati a v incere gli altri nella lotta della concor­

renza ; con essi com m ercialm ente parlando, cioè

calcolando il costo della percorrenza, invece della lunghezza assoluta, Venezia è più vicina al G ottardo di 1606 chilom . di quel che lo sia Genova poiché la sua tonnellata di m erci vi giunge con 6 lire, invece che con 43.

E d è debito sacrosanto del governo di fare ogni suo possibile, per dare a V enezia questo com penso; essa non reclam erebbe che ciò che reclam a ora Genova, cioè profittare delle facilità che le dette la n atu ra, e anzi vi ha dritto m aggiore, poiché per dare sviluppo pratico ai vantaggi di posizione di Genova, è stato necessario profondere milioni in ferrovie, m entre non costerebbe un solo centesim o ai contribuenti dell’intero paese il far godere V e­ nezia dei lavori largitile com pleti dalla natura, sotto l'orma di vie navigabili n aturali, o (se pure artifi­ ciali in piccola parte) che sono già da secoli fatte e praticate.

Ma il G overno non solo non dovrebbe dom andare di m eglio che com pensare V enezia di ciò che perde, o per meglio dire, di ciò che im m agina a torto di perdere coH’accordarsi la linea M ilano-Chiasso alla rete m e d iterran ea; dovrebbe egli stesso prom uovere questa navigazione fluviale, pei vantaggi che ne ri­ sentirebbe e che sarebbe troppo lungo en u m e ra re ; ci contenterem o di accennarli soltanto, col dire che essi sono econom ici, finanziari, industriali e perfino strategici, poiché ognuno sa che il Pò è una dello difese d’ Italia. Vi tornerem o sopra a più am piam ente dim ostrarli, se vedrem o che la proposta della na­ vigazione fluviale a vapore, nella quale abbiam o a com pagnia, autorevoli giornali politici della capitale e delle p ro v in c e si avvii vittoriosa pel cam ino che è destinata a percorrere, per la fortuna dei c o m ­ m erci italiani e in special modo per quelli delle province venete.

RIVISTA DELLA STAMPA

S U L L A Q U E S T I O N E F E R R O V I A R I A (i

L 'Opinione del 16 pubblica alcune note di un

egregio ed autorevole amico sulla questione della Milano-Chiasso ed esamina tale questione rispetto agli interessi di Milano, di Genova, di Venezia, della rimanente Italia e delle due Compagnie di esercizio. Ritiene « una singolarità che Milano si manifesti favorevole a dividere in due l’ impresa del Gottardo per la parte che corre in Italia » poiché se la No­ vara-Pino non ha giovato nè giova a Milano, que­ sta linea fu però accettata esclusivamente pel com­ mercio di transito e per i trasporti diretti di Genova coi mercati italiani, onde Milano deve desiderare che non si muti il carattere e lo scopo della Novara- Pino e non si tenti di darle il carattere di una li­ nea di concorrenza e di sviamento. Ma questo ca­ rattere assumerebbe la Novara-Pino quando la Mi­ lano-Chiasso fosse assegnata all’Adriatica, poiché la Società Mediterranea farebbe passare per la Novara- Pino tutto quel più che potrà transitarvi, e cercherà di togliere alla Chiasso-Milano tutto quel più che potrà esserle tolto. Giudica poi un nonsenso la linea da alcuno proposta Laveno-Gallarate-Milano, e in quanto alla Milano-Mendrisio stima difficile

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nersene la costruzione, sia perchè occorre una con­ cessione sul territorio svizzero, e l’assenso della So­ cietà del Gottardo, sia perchè supporrebbe un rad­ doppiamento del servizio ferroviario e doganale nelle due stazioni di Mendrisio e Chiasso.

Riguardo a Genova 1' Opinione nota che il solo interesse di quel porto è che non si interrompano nè si violentino i suoi antichi tradizionali interessi colla capitale lombarda e non gli sia tolto il naturale approvigionamento di una buona parte della valle del Po. Da Chiasso vengono ferri e carboni della Germania, come da Genova vengono ferri esteri e carboni dell’Inghilterra, la separazione degli accessi del Gottardo, dopo aver suscitata e resa inevitabile la pericolosa concorrenza tra la Pino-Novara e la Chiasso-Milano, susciterebbe un antagonismo irrime- 1 diabile tra la Genova-Milano e la Genova-Chiasso. Finché le due linee rimangono in una medesima mano è sperabile un equo trattamento dei differenti inte­ ressi, ma se si dividono, la corrente degli interessi italiani si dividerà ; e qualunque diminuzione di Ge­ nova è una debolezza per 1’ Italia, qualunque di­ stinzione nell’unità dei rapporti economici complessi che si aggruppano intorno al Gottardo è per l'Italia un pericolo.

L’ Opinione però riconosce che il solo centro che ha qualche ragione di commuoversi è Venezia po­ tendo una combinazione di tariffe crearle una con­ correnza avversa per tutto quel traffico che dal fondo del mare Adriatico si dirige per la via di mare alla Svizzera ed al Reno ; ma è questo una parte soltanto e non la maggiore del traffico futuro di Venezia, che del resto, è servita da due passaggi alpini più pros­ simi e più immediati, cioè la Pontebba ed il Bren- nero. D ’altronde è possibile non tener conto dell’ im­ portanza relativa dei diversi porti italiani ? — Quali scali ha Venezia nell’ Oriente? — Quale il suo mo­ vimento commerciale? — Quali sue navi veleggiano i mari ? Genova ha quattro grandi, e molte minori imprese di navigazione, quando Venezia ancora una non ne possiede. È ben vero cbe Venezia risponde che il Governo non la aiuta e che i passi della Pon­ tebba e del Brennero sono resi nulli dalla rivalità delle amministrazioni straniere. « Ma può Venezia pretendere che, a tutelarla contro danni parziali e non permanenti, si sagrifìchi il permanente, diretto, vitale interesse di Genova? » Ad ogni modo vi è un ri­ medio : « si decretino nelle convenzioni come obbli­ gatoria anche alla Mediterranea, per la linea Milano- Chiasso, tutte quelle tariffe di concorrenza che fos­ sero adottate dall’Adriatica nell’ interesse esclusivo delle provenienze da Venezia. »

In quanto all'Italia il suo interesse sta nell’ inte­ resse di Milano perchè non sia menomata la efficenza del Gottardo sopra Milano da una esagerata prefe­ renza e da particolari favori che fossero accordati dalla Novara-Pino e sue diramazioni, al confronto della Chiasso-Milano. Ora togliendo la Milano-Chiasso alla Mediterranea questa non sarà più del pari in­ teressata alla prosperità e grandezza di Milano.

Finalmente per ciò che riguarda le due società ferroviarie, VOpinione osserva che quello che si e vo­ luto conseguire nel nuovo ordinamento è un certo equilibrio di forze, di prodotto attuale e di prospe­ rità probabile avvenire, una certa quantità di mo­ vimento e di traffico assegnata equamente all’ una e all’altra Società. Ma togliendo la Milano-Chiasso alla Mediterranea il traffico viaggiatori per la via Gottardo, diretto all’ Italia peninsulare andrà per essa perduta; nè vale il ragionamento _ opposto _ri­ spetto all’Adriatica, perchè il traffico viaggiatori in direzione di Bologna, Firenze e dell’ Italia centrale è sempre assicurato e inevitabile all’ Adriatica dalla stessa ragione della geografìa, « La Mediterranea non ha che un’arteria sola che rileghi tra loro le due parti più importanti e diverse della sua rete, quella del

Nord dell’Italia, e quella del mezzodì; questa arteria è la linea Maremmana, poiché tutte le altre linee che vanno dal nord a sud sono date all Adriatica. La linea Maremmana è, anche sola, sufficente a mante­ nere l’equilibrio, ne conveniamo, però ad una condi­ zione, ed è che la si lasci in possesso di tutte le sue funzioni e quindi anche del traffico _ viaggiatori, in provenienza da Milano. La perdita di questo tiaffico condannerebbe, invece, la Mediterranea ad una irri­ mediabile inferiorità ». Non sarebbe cosi perduto — conclude 1’ Opinione — il concetto fondamentale del nostro ordinamento ferroviario ?

In un successivo articolo del 19 la stessa Opinione ritorna per conto proprio sull’argomento pur lasciando aperta al suo corrispondente la facoltà di risposta, anzi desiderandola. E premette che la questione va studiata con calma; trova degni di riso certi argo­ menti, come quello dell’intervento di Bismarck^e speia che non si ripeteranno le lotte tra San Giorgio e San Marco. E quindi osservando che al Genala va tenuto conto della resistenza che oppose agli assnn- tori della rete Adriatica, i quali volevano appunto la Milano-Chiasso, dice che « ha vinto troppo su questo punto, e conviene rivedere la cosa, nessuno essendo infallibile. » Riconosce che malgrado ogni provvedi­ mento rimarrà il giusto sospetto nelle città adriatiche e di Milano di poter essere danneggiate e postergate nel servizio, e basta che rimanga tal sospetto « per­ chè non si possano imprigionare tutte le due vie del Gottardo nella sola rete mediterranea. » Crede che la obbiezione delle due Società le quali dovranno ne­ goziare colla Compagnia del Gottardo, e con tutte le altre Compagnie estere che mettono capo al Got­ tardo, convenzioni e tariffe in servizio cumulativo con criteri e interessi diversi, sia obbiezione forte ma non insuperabile, poiché è impossibile^ che il Governo ab­ bandoni le convenzioni sul servizio cumulativo al- 1’ estero alla balìa delle singole compagnie italiane; tanto più che è la prima volta che viene divisa la unità storica dalla valle del Po, e che si presenta il problema di diverse Compagnie che devono regolare i servizi cumulativi internazionali, che quindi il pro­ blema non può risolversi senza l’interventodello Stato. Se adunque « un’ unità di criteri tecnici dovrà re­ golare i negoziati dell' Adriatica colle ferrovie au­ striache, e quelli della Mediterranea colle francesi, perchè questa stessa unità di criteri e di interessi nazionali non regolerebbè anche le due Compagnie che contrarrebbero i servizi cumulativi al Gottardo? » E 1’ Opinione stimando cosi tolta di mezzo 1 obie­ zione spera che orientali e occidentali, genovesi e veneziani si daranno la mano cercando italianamente di vincere la difficoltà di una possibile soluzione colla costruzione della nuova linea Mendrisio che assegnata alla Mediterranea lascerebbe la Milano-Chiasso al- l’Adriatica.

L’ Epoca in data del 16 espone la divergenza in­ sorta tra Venezia e Genova per la linea Milano- Chiasso e pubblica 1’ ordine del giorno votato dalla riunione dei rappresentanti delle provincie, comuni^ e Camere di commercio interessate tenutasi in Venezia, e 1’ ordine del giorno della camera di commercio di Genova in risposta a quello. Commentando 1 uno e 1’ altro, sostiene i diritti di Genova e la necessità ^che sia assegnata alla rete mediterranea le due linee d’ accesso al Gottardo, accennando al danno che ne risentirebbe il commercio generale italiano qualora si desse ragione alle pretese di Venezia.

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23 marzo 1884 L ’ E C O N O M I S T A

geografica, sia per l’ingente sacrifizio pecuniario fatto allo scopo di premunirsi da ogni eventuale tentativo di concorrenza a favore d’altri porti: — che l’esercizio della linea Milano-Chiasso per porto della rete me­ diterranea non toglie menomamente a Venezia il di­ ritto d’inoltrare le sue merci per la linea stessa.

Il G io rn a le d e lle A r ti e d e lle I n d u s tr ie loda il progetto_ del ministro Genala intorno all’appalto del- 1 esercizio ferroviario nella parte risguardante la creazione dei fondi di riserva, e ne fa risaltare l ’im­ portanza e l ’utilità e non dubita che l’idea non tro- vera alcuna opposizione.

Il C o r r ie r e I ta l ia n o del 1.7 accenna che, quantun­ que sia mantenuto rigorosamente il segreto dalla Giunta parlamentare incaricata di riferire alla Ca­ mera sul progetto di legge per la cessione dell’eser­ cizio delle strade ferrate all’industria privata, tutta­ via si e lasciato trapelare che nella Commissione stessa sarebbe prevalso il concetto che si debba dare la linea Milano-Como-Chiasso alla rete adriatica, onde promuovere tra le due società uno spirito di emulazione che ridonderebbe a vantaggio della pro­ duzione e del commercio di tutta Italia e potrebbe essere vantaggiosa anche al commercio del porto di Genova. E riporta in proposito l’articolo della P e r ­ s e v e ra n z a del 13 corr. che fu già riassunto nel pre­ cedente numero dell’ Economista.

Il D ir itto del 17 corrente a proposito di una let­ tera del ¡sindaco di Verona al ministro Cenala, con cui lo_ si ringrazia delle assicurazioni date che g l’in­ teressi di Verona non sarebbero punto lesi dalla ri­ costituzione delle Società ferroviarie, facendo risal­ tare l’importanza della dichiarazione del Sindaco stesso, per la quale egli avrebbe preso parte alla riunione tenutasi a Venezia per semplice sentimento di solidarietà, osserva :

_«__In altri termini, l’ intervento di Verona ai Co­ mizi! veneziani sarebbe stato di mera cortesia e nulla piu. E questa, una dichiarazione che diminuisce sin­ golarmente l ’importanza che si è voluta dare a quelle riunioni, tenuta in forma così solenne, con tanta folla di ìappresentanze, di popolo e di musiche.

« Nè ci meraviglieremmo punto se quello che Ve­ rona apertamente dichiara, altre città del Veneto lo pensassero, poiché davvero non si scorge quale in - teresse possano avere a che la futura Amministrazione delle ferrovie adriatiche tenda a fare una problema­ tica concorrenza a Genova sulla via del Gottardo piuttosto che concentrare ogni sforzo a promuovere il traffico del Brennero e della Pontebba. »

f^a. Perseveranza del 14 esamina il movimento dei valichi alpini orientali e rispetto a quelli della Pontebba e di Gormons , e riportando le cifre del movimento del commercio e quelle delle distanze per le ferrovie che vi mettono capo dall’ Austria-Ungheria, osserva che « hanno potentemente organizzato un servizio di protezionismo che quel Governo asseconda a vantammo del porto di Trieste ed asseconderà ancora più nel- 1 interesse nazionale e proprio se, come pare, riscat­ terà le linee della Sudbahn e della Rudolphbahn • è

c.ef ,hia di ^ r 0 che cinge la nostra frontiera dall Adriatico alla valle dell’ Adige, la quale non si lascia penetrare che quando piaccia all’ Austria. »

Rispetto al Brennero la Perseveranza nota che la .distanza da Trieste a Fransenfeste per Laybach è 75j° Tcrlulo“ etn> dl 410 per Pontebba, mentre è di 317 da Venezia per Ala. Malgrado ciò l’ istradamento del traffico, che quando avesse a seguire la linea di competenza dovrebbe essere avviato per Venezia a Monaco, quando avesse a secondare solo gli interessi austriaci di Trieste, dovrebbe prendere la via di Pon­ tebba, prende invece quella più lunga di Laybach perchè assecondano questo indirizzo lo Stato e le fer­ rovie coalizzando i loro interessi a scapito della via piu breve. Onde conclude che non è arma sufficente

il dare in mano del Governo le tariffe; vi è modo di eluderle e passare a convenzioni speciali ; nè queste si possono escludere o subordinare al consenso go­ vernativo, perchè spesso concluse d’ urgenza.

La G a z z e tta d i B e rg a m o del 13 corr. a proposito dell adunanza tenutasi a Venezia dai rappresentanti delle città interessate della rete adriatica, non lodando le frasi violenti^ di alcuno degli oratori, riproduce ed approva un articolo della Venezia col quale difen­ dasi il ministro Genala dalla accusa eh’ egli abbia di mira il danno degli interessi commerciali di Ve­ nezia e raccomandasi la calma e la moderazione nel propugnare i diritti minacciati.

La G a z z e tta d i M a n to v a del 15 esamina se per Venezia e per le principali città del Veneto non in­ teressi di più di combattere nei due valichi alpini della Pontebba e del Brennero la concorrenza delle ferrovie austriache, piuttostochè occuparsi con tanto accanimento della conquista dello sbocco del Got­ tardo.

E osservando che lo sviluppo commerciale di Ve­ nezia e stato troppo scarso dal 1867 in poi in con­ fronto di quello che avrebbe potuto essere, dimostra che gli interessi collegati delle Città del Veneto do­ vrebbero spingerle non a sostenere Venezia nella inopportuna lotta che ora combatte, ma piuttosto a fomentare ed aiutare la sua operosità per paralizzare e vincere la concorrenza di Trieste e delle ferrovie austriache.

. I* C a ffa ro del 19 corr. si mostra scoraggiato della situazione politica rispetto agli interessi commerciali di Genova e si domanda qual sorte le sarà riservata dalle disposizioni governative e dalle deliberazioni parlamentari per tutto quanto riguarda l’ incremento degli interessi stessi relativamente alle opere pontua- ne ed alle comunicazioni ferroviarie. Rileva quindi che le giuste esigenze di Genova hanno un carattere prettamente nazionale, perchè Genova nella lotta com­ merciale finora validamente sostenuta e che più ener­ gicamente^ si propone di sostenere per 1’ avvenire, ha di mira di combattere e vincere la concorrenza fran­ cese ed austriaca sui mercati dell’ Europa centrale. Queste legittime aspirazioni dovrebbero determinare in modo indeclinabile il dovere del Governo e del Parlamento rispetto a Genova pel vantaggio generale dell’ Italia.

Il C om m ercio G a z z e tta d i G en o v a pubblicando la lettera del Sindaco di Genova in risposta a quella del Sindaco di Venezia osserva all’ Opinione che la guerra tra S. Giorgio e S. Marco non può avvenire in quantochè Genova richiedendo per la rete tirrena gli accessi al Gottardo, non chiede un favore a danno di Venezia, ina anche specialmente ad eliminare due grayi pericoli : il pericolo che avendo due Società fer­ roviarie in rapporto diretto colla ferrovia del Gottar­ do, questo possa, coll’apparenza di favorire ora l’una ora l’altra, profittare della divisione nostra per far meglio il proprio tornaconto; — 1’ altro pericolo quello d’uria continua e dannosa guerra di tariffe.

Il M o n ito re d e lle S tra d e f e r r a t e si occupa pure della questione delli accessi al Gottardo ; e chi voglia sapere che cosa dica il Monitore non ha che a rileg­ gere quanto scrivemmo noi nel nostro ultimo numero sullo stesso argomento.

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occupa e si preoccupa del progresso delle masse non può non sentire un sentim ento di profonda am arezza al vedere lo sm arrim ento continuo, per­ sistente, tenace del senso com une più elem entare e com e esso sia vinto e debellato dalle teoriche m al­ sane e sovversive che ogni giorno vengono a galla e dom inano il corso delle idee nei paesi più civili. Pare invero che l’uomo si com piaccia di questo perver­ tim ento delle idee p iù radicate nella sua coscienza, ch’egli trovi una soddisfazione nuova e com pleta nel ritorno a concetti vieti che la scienza e la r a ­ gione condannano e respingono nella sfera delle utopie e dei paradossi. T utto ciò non è nuovo, non è il fenom eno caratteristico dell’ oggi ; — lo sap ­ piamo : — simili ritorni o ricorsi o reazioni che dir si voglia, si verificarono ancora e in m isura di­ versa si verificheranno nell’ avven ire. Ma vi è un elem ento, per così d ire , che è proprio del m om ento che attraversiam o ed esso m erita di essere qui fis­ sato con ogni cura. Oggi alle fantasticherie subiet­ tive dei F o u rie r, Cabet e com pagni si è sostituito un socialismo che assum e o tenta di assum ere un carattere scientifico e perciò parla in nom e di prin ­ cipii e di leggi econom iche che esso v a escogitando, e le quali sono tutto 1’ opposto dei postulati della v era scienza; — si studia insom m a di non darci delle soluzioni subiettive, di non edificare sul vuoto, ma di porre a fondam ento delle sue teoriche una scienza, — naturalm ente una scienza ad usum del-

phini. I pericoli che presenta questa tendenza non

sono di poca im portanza. Noi infatti abbiam o abi­ tuate le masse a pensare, ma è assai dubbio se abbiam o data ad esse una istruzione tale che le spinga a pensare bene. E attenendoci al solo campo econom ico, si può anzi afferm are, senza reticenze, che nulla si è fatto per la diffusione dei sani prin- cipii, m entre la stam pa, nelle m ille sue form e, dà libero cam po alla espansione di ciò che di più as­ surdo può sorgere nella m ente um ana. Ma v’ è di più : uom ini distinti, scienziati illustri in ogni ram o del sapere, sono stati trascinati dall’e rro re e ne sono diventati i più caldi apostoli. Q uale la causa di q u e ­ sto appoggio recato spontaneam ente, da m enti ele­ vate, alle attuali aberrazioni sociali, e del loro s u c ­ cesso incontrastato largo e reale tra le m asse ? Una "sola, a nostro debole avviso ; l’ ignoranza profonda e generale di quella scienza economica che non cerca adulazioni al prezzo della v erità, che non vuol tor- -cere il senso delle leggi della um ana n atu ra, che non conosce privilegi m a non disconosce le leggi inesorabili del cosmo. E p pure questa scienza che talvolta si deride, spesso si sente il bisogno di in ­ vocarla, di porsi sotto l’egida dei suoi principii, di sollecitarne la approvazione. T utti i giorni infatti sentiam o invocare i principii della scienza economica ma pu r troppo tutto s’arresta lì, e l’ ignoranza della scienza che si invoca, im pedisce il più spesso che alle parole si sostituiscano i fatti.

T uttavia la ignoranza della scienza non è e non può essere la sola causa dell’attuale successo delle teo­ rich e socialiste in Inghilterra. Q uivi infatti una le­ gislazione fondiaria assai arretrata che inceppa il libero esercizio dell’attività applicata alla te rra , con­ suetudini non più in arm onia coi tempi m utati — le sostituzioni, i fidecom m essi, il diritto di prim o- genitura — tutto ciò è più che sufficiente per spie­ gare il m ovim ento agricolo inglese al quale, alm euo sul terreno pratico, si riducono quasi tu tte le r i­

vendicazioni socialiste. Infatti dopo le prim e agitazioni delle Trades-U nions il m ovim ento operaio è andato sem pre più restringendosi, e oggi è quasi nullo ; invece T agitazione agricola che per opera del Cobden e dell' Ariti-corn-law-league otteneva una splendida vittoria colla abolizione dei dazi sui cereali proseguì fino ai nostri giorni coll’ intento di m utare radicalm ente la legislazione agricola. Se non che m entre sino a pochi anni or sono il m ovim ento agricolo tendeva a riform are le land lams, com e q u a ­ rtini’ anni prim a aveva fatto per le corn lam, oggi si dom anda im perterriti l’ abolizione della proprietà privata della te rra ossia si vuole la nationalimtion

o f thè Land; lo stato proprietario unico e ’indiscu-

tibile della te rra.

È opportuno quindi, prim a di esam inare il m ovi­ m ento attuale, di vedere com e fosse risolta la q u e ­ stione della proprietà privata del suolo dai vari scrittori. A ccennam m o già al fatto che insigni scien­ ziati si pronunciarono energicam ente contro la pro ­ prietà privata della terra e fra questi troviam o un nom e che in sè riassum e I’ attuale indirizzo degli studi filosofici: H erbert S pencer. Questi sin dal 1851 scriveva l) che l’equità non perm ette la proprietà della terra, negava la sua legittim ità anche consi­ derandola nel presente, e soggiungeva che non sol­ tanto le attuali proprietà fondiarie non hanno una origino inattaccabile, ma è im possibile di scoprire u n m odo qualsiasi pel quale la te rra diventi pro­ prietà privata. Negava inoltre che il lavoro possa essere la fonte della proprietà della te rra , esso darà luogo soltanto a un com penso p er i m iglioram enti fatti, m a nulla più. E poste queste prem esse, le conseguenze logiche sono evidenti. « La terra invece di essere proprietà di un certo num ero di persone sarà posseduta dal gran corpo organizzato dello Stato; il fittaiuolo invece di prendere in affitto la terra dal proprietario isolato la prenderà in affitto dalla na zione. N essun dubbio che la ripresa da parte del— l’ um anità intera dei suoi diritti sul suolo dovrà v incere grandi difficoltà. L a questione del com penso ai proprietari esistenti è com plicata assai, questione che forse non può essere regolata in modo stret­ tam ente equo. La valutazione e la liquidazione dehe pretese di tali proprietari è uno dei problem i più com plicati che la società av rà u n giorno da risol­ v ere » (op. cit. pag. 141). È invero molto strano di trovare questa dottrina presso il filosofo che è a capo della corrente individualista odierna, dottrina che parte da un dogma che l’ equità non perm ette la proprietà della terra (eq u ity does not perm it pro- perty in land) e noi crediam o di trovare nelle pa­ gine scritte di poi dallo S pencer ragioni fondate per d u bitare seriam ente ch’egli stesso oggi sia avversario della proprietà privata della te rra. Com unque sia, lo S pencer non è il solo che abbia com battuta la proprietà fondiaria. Un econom ista insigne ma che ebbe il torto, negli ultim i anni della sua vita, di pagare u n 'tributo im m eritato al Socialism o,’ John S tu a rt Mili, propose di attribuire allo Stato ogni aum ento della rendita che è effetto del progresso sociale collettivo e non degli sforzi individuali del proprietario. Egli ragionava così : « Se la intiera nazione coi suoi continui sforzi p er aum entare la ricchezza pubblica ha elevato il valore della te rra indipendentem ente da quanto fece il fitta- *)

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