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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.11 (1884) n.512, 24 febbraio

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NOMISTA

G A ZZ ET T A S E T T IM A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Anno XI - Voi. XV

D om enica 21 Febbraio 1884

N. 512

IL PROBLEMA FERROVIARIO

e le sc u o le e c o n o m ic h e in Ita lia

m ento del servizio che egli presta ; e fig u ra rsi, adunque, se io possa ard ire di m ontarm i a dottore, sopra una m ateria di cui gl’infiniti segreti della sua realità m i sono incogniti ancora !

(Lettera ai Compilatori M ’ifcM iM nw fe)

Venezia, addì 19 febbraio 1884.

Carissimi colleghi ed amici.

Non ho bisogno di m anifestarvi il vivo senso di gratitudine che in me ha risvegliato la vostra insi­ stenza a dom andarm i di prendere una parte attiva nella grossa quistione del regim e fe rro v ia rio , nella quale ! Economista, probabilm ente insiem e a tutti gli organi della stam pa italiana, si prepara ad en­ trare. Raccolgo da ciò un nuovo segno della cordiale e ferma am icizia che ci collega, già da molti anni.

Ho bisogno all’incontro di farvi conoscere le p er­ plessità che mi assediano. Io prendo la penna, senza avere ancora saputo decidere il tenore della mia de­ finitiva risposta. A ccordatem i la parola su questo solo soggetto ; e dopo uditom i, giudicherete da Voi se la risoluzione a cui giungerò m eriti la vostra acco­ glienza.

In prim o luogo, e senza affettare una giovanile m odestia, io vi dirò che la sincera convinzione della mia incompetenza mi scoraggia e mi fiacca le forze. Che so io di ordinam ento, e di am m inistrazione fer­ roviaria? Q uand’anche vi sem bri che ogni studente di pubblica Econom ia qualche cosa ne dee sapere, altro sem pre sarebbe il conoscere i vincoli logici che posson legare alle nozioni fondam entali della Scienza quest’una fra le sue innum erevoli applicazioni ai fatti pratici della vita, altro è poi l’essere esperto de’m inim i p ar­ ticolari, tecnici, am m inistrativi, giuridici, e m ercan­ tili, che costituiscono l’essenza, e vorrei dire il m i­ stero, d’ una gestione divenuta oram ai così colossale .e intralciata. A ver seg u ito , da curioso a m a to re , le vicende per le quali le com unicazioni ferroviarie pas­ sarono nelle diverse parti del m o n d o , aver contem ­ plato estatico le somm e di danaro che vi furono p ro ­ fuse , essersi baloccato con le cifre statistiche di viaggiatori, m erci e tariffe.... tutto ciò non significa che siasi conosciuto di pezzo in pezzo la congegna- tura intim a del servizio ferroviario, come conviene saperla a chi voglia pronunziarsi sul loro regim e con piena cognizione di causa. P er parte m ia, io ritengo che 1’ ultim o fra i guardafreni d ’un treno è capace di rid u rm i al silenzio, ov’io lo in terroghi sull’an d a­

Ma concedendo, per sem plice ipotesi, ch’io fossi in grado di dirne qualche parola , la difficoltà sparita da un lato risorgerebbe dal lato opposto. Voi con­ v errete con m e che, vestendo la divisa del g u ard a­ freni , io non perderei ipso facto il giubbone dello studente di Econom ia. Se mai non si fosse pensato di dare alle quistioni ferroviarie la tinta econom ica, si potrebbe al certo agitarle, com e in tanti casi si fa, sotto altri aspetti n e’ quali la Scienza econom ica non abbia bisogno o dovere d’ intervenire. Ma tutto all’ opposto, ciò di cui qui si prescinde ben v o le n ­ tieri sarà la parola dell’ingegnere o quella del b a n ­ chiere ; il più soventi, chi s’im padronisce dell’argo­ m ento, chi lo svolge, lo m artella, lo dilava, è il p u b ­ blicista, l’oratore parlam entare, e la sequela de’ g io r­ nalisti, ai quali può ben essere ignota, com e a m e, la ragion tecnica della d isp u ta , ma non m a n c a , e all’ incontro soverchia, la copia delle dottrine eco­ nom iche. O ra, egli è appunto da questo lato che io mi sento sm arrito in mezzo a u n p ru n a io , da cui non m i par che si esca senza lasciarvi sbrandellate ie vesti e la pelle.

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114 L ’ E C O N O M I S T A 24 febbraio 1S84 i prim i principi!, cioè quelle leggi im m utabili, delle

quali ogni Scienza , d ie am bisca a buon dritto di possedere u n tal tito lo , dev’ essere esclusivam ente com posta perchè non resti confusa co’ vaniloquii del pretto em pirism o.

Oggi u n dubbio mi è nato. Codesta generica an­ tipatia, ho detto a me stesso, è ella abbastanza giu­ stificata? Non è forse possibile che si estingua, as­ soggettandola ad un esam e accurato delle Scuole vigenti in Italia? Nè speranza alcuna vi ha di po­ terle co nciliare? e se non pienam ente su tutte le quistioni, su que’ punti alm eno da cui lo sciogli­ mento del problem a ferroviario possa dipendere ? E giacché son le vostre insistenze la causa che ha generato il mio scrupolo, soffrite che io vi con­ danni ad udire la sintesi de’ pensieri con cui son giunto a risolverlo.

L e scuole italiane di E conom ia, se non m ’ in­ ganno, v a n raggru p p ale in tre classi.

La prim a è" quella a cui Voi ed io siamo paghi di appartenere. La sua ultim a conseguenza, la sua divisa, sarebbe : giustizia, ordine, libertà in tutto e per tutti. Son parole a cui nulla m anca p er r iu ­ scire sim patiche a tutto il genere um ano, m eno la parte di esso abbastanza abbietta per m eritare che si m andi a vivere fra le bestie. P ure, a Voi è troppo noto in quanti modi la sfregiano. Io non sento qui nè voglia nè opportunità di assum erne in tutta regola la difesa. L e si è dato, in tuono di nom ignolo, il nom e di Scuola del liberismo. La di­ cono astratta, e com e tale la dileggiano sem pre, quasi che si potesse com prendere una scienza la quale essenzialm ente non si com ponga di astrazioni. D icono che è priva di base sperim entale, com e se il prim o ed indispensabile esperim ento, il più p re­ zioso e fecondo, non sia quello che essa adopera con ogni scrupolo, istituito nell’ uom o stesso, nelle sue facoltà, ne’ suoi bisogni, n e ’ modi in cui può sodisfarli, nel suo lavoro, ne’ suoi rap p o rti con l’uni­ verso e co’ suoi sim ili : elem enti tutti che 1’ um a­ nità, dacché com inciò a form icolare sopra la terra, ebbe sem pre davanti e dentro di sé m edesim a, senza il più lieve bisogno di sn atu rarli con l’ im postura delle cifre m edie e con m enzogne statistiche. La detestano perchè occupata tutta dell’ individuo, e non altrettanto della collettività; quasiché possa idearsi prosperità collettiva, indipendente dal benes­ sere individuale : un com plesso di corpi sani sui letti dello spedale, una Borsa di capitalisti en tro un ricovero di m endici, u n ’ A ccadem ia di sapienti nel m anicom io. L e im putano u n m etodo erroneo nelle sue investigazioni, perchè, partendo da’prim i ed in­ negabili fatti, psicologici insiem e e m ateriali, ne. tira le più spontanee e legittim e conseguenze, le riv e - rifica in lutti i modi sperim entali e, soltanto allora, le innalza a m assim e generali, che, applicato a’ sin­ goli casi, dànno conclusioni forzate ed indeclinabili. La dichiarano poi inerte, in tra n sig en te, quasiché fosse sua colpa s e , fra il vero ed il falso , fra il giusto e l’iniquo, non avvi transazione possibile. Del r e s to , sia pure ciò che si voglia la Scuola de’ lib e risti, p er noi è abbastanza soddisfacente il sapere che essa m ira sem pre ansiosa alla maggioro aspirazione del genere um ano, che fu sem pre ap­ punto la libertà ; ci basta il sapere che la sua parola d’ordine le fu tram andata dalla sapienza di uomini im m ortali nella storia dello scibile e per il loro

am ore degli uom ini ; che infine è Scuola nella quale a me non è riuscito in tanti anni di veder mai penetrare infam ie di corruzione, lordum e di segreti interessi, bassezze di servilità. Non basta dunque per p referirla? — Tale è in fin de’ conti il segreto delle repulsioni che incontra, ma è questo ad un tem po il segreto de’ suoi trionfi a venire.

Di faccia ad essa, e ben p iù alto locata, sta la seconda Scuola, em ula sua im placabile e burbanzosa. F ra i varii nom i che assum e, sacram entale è quello di autoritaria. Più com unem ente si chiam a de'vin-

colisti. Più solennem ente, germanica; e con m ag­

giore solennità', Scuola del socialismo tedesco, o cat­

tedratico, titolo che la lascia appena distinguere dal

plateale francese. — Se m’interdico la difesa dell’u na, a più forte ragione credo doverm i nstoncre dal cri­ ticare la sua rivale ; o dirò quanto basti per defi­ nire il preciso carattere d’am bidue.

P relim inarm ente, è m estieri di ricordare clic esse hanno in com une l’origine, com e i due lati di un angolo, coincidenti sopra un solo e medesim o punto. Questo punto è la necessità di un potere sovrano. Ciò che determ ina la divergenza, e la ingrandisce a m isura che le due linee prolungandosi si allon­ tanino dall’origine, è il differente concetto che le due Scuole si fecero intorno a ciò che s’ intenda per potere sovrano, che la com une degli uom ini chiam a Governo, e nel linguaggio dottrinale si e sp ri­ me col vocabolo Stato. S arete Voi cosi buoni, da tollerare che io vi ricordi con ogni precisione pos­ sibile in che consista la differenza a cui intendo di allu d ere?

Noi fum m o abituati dai nostri m aestri a conside­ rare 1’ ufficio del governare come una fra le migliaia di occupazioni, una delle tante industrie, uno de’ tanti mestieri, che, prendendoli nel loro insiem e, danno l’ idea dell’ attività sociale. Tutti quanti siam o, ciascuno dal canto proprio, produciam o, perm u tia­ mo, consum iam o, utilità più o meno incarnate in una m aleria ; e questo com pito, a cui la n atura ci ha condannati, com incia nelle società prim itive dal— l’ essere confuso e intrigato, si snoda di grado in grado, col crescere di ciò che dicesi civiltà, assot­ tigliandosi sem pre di più senza fine assegnabile. Ad una data èra (la nostra Scuola soggiunge) ciascun m em bro della Società, occupato ad estendere le sue conquiste sulla m ateria inerte che lo circonda, in ­ contra il suo sim ile, lo sperim enta molesto, rivale, n em ico : homo homini lupus: ed è allora, che si sente da tutti la necessità di un concerto, in virtù del quale, un gruppo speciale di uom ini ricevano, assum ano, o usurpino se si vuole, il m andalo di de­ dicarsi esclusivam ente a tenere in freno coloro che invece di conquistare sulla n atura, si attentino ad invadere il cam po di lib e ra attività occupato da’ loro sim ili. Da ciò, una classe di produttori, addetti a procurare quella tale utilità, che si chiam a giustizia,

ordine, difesa, tutela, in una parola governo. Q ue­

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L’ E C O N O M I S T A 115 24 febbraio 1884

in carne ed ossa che assunsero, sia di propria vo ­ lontà, sia per espressa richiesta, l’ incarico di pro­

durre pace e giustizia, come il cacciatore produce

la selvaggina, ed i! sarto i vestiti.

R adicalm ente diverso è il concetto da cui la Scuoia

autoritaria prende le mosse. Nel suo sociale sistema è supposto che, al disopra degli individui consociati, esista un ente, un quid ignorabile,non visto,non'sentito, im palpabile, creato apposta, non si sa quando nò come, per sollevarsi e dom inare su tutto I’ ordine sociale. L a Scuola non dice già con Platone che potrebb’es- sere u n im m enso gigante del quale i nostri piccoli occhi non arrivino ad abbracciare il contorno, e se 10 dicesse sarebbe im barazzata a provarlo. Sfugge 11 bisogno di dichiarare se questo ente m isterioso sia un bipede od un quadrupede; e non am a di chiam arlo Governo, per evitare il apericolo che a l­ cuno lo traduca e ne faccia il sinonim o delle p e r­ sone de’ governanti, ma rico rre alla più m ostruosa delle astrazioni chiam andolo Stato ; e se alcuno in ­ siste a dom andarle qualcosa di più concreto, si tace, o tu tt’ al più, sostituisce una astrazione ad un ’altra, cam biando lo Stato in Coscienza della nazione.

Ma a ben com prendere dove v ada a finire la dif­ ferenza deM ue sistem i, non basterebbe arrestarci alla loro idea iniziale, senza considerarne le logiche con­ seguenze. Voi, cari am ici, pur troppo le conoscete ad una ad una ; io non devo che farvene un rapido

promemoria.

Le deduzioni clic noi tragghiam o dal nostro as­ sunto si restringono ad un sem plicissim o enunciato. Se governare (noi diciam o) è produrre, le innate leggi della produzione devono inesorabilm ente re ­ gnare sul mestiere de’ governanti, quanto e come regnano su chi coltiva la terra e ne porta i frutti al m ercato. L ’ utilità sociale che il G overno produca non può, da lui medesimo o da lui solo, estim arsi; chi può m isurarla, gradirla o rifiutarla, attribuirle un valore, sarà colui che la com pri e la consumi, la nazione. Si, noi, nazione-governata, siam o ì soli a cui spetti il decidere se ella m eriti quel prezzo che il produttore-governo, per mezzo delle imposte di cui ci aggrava, o delle privazioni a cui ci co n ­ danna, pretenda di farcela costare. Ma poi, in g e ­ nerale, noi siamo padroni assolati di determ inare in quali casi e fin dove l’ azione tutelare, se cosi vuoisi chiam are, de’ governanti ci giovi e ci occorra ; a noi appartiene il decidere la specie delle nostre occupa­ zioni private, il modo di condurle, i patti da p ro ­ porre a coloro fra i nostri simili che bram ino di perm utare i loro prodotti co’ nostri. — Tale è la portata della espressione che noi usiam o, libertà eco­

nomica, e questo è ciò che si legge ne’ libri della

nostra Scuola, al capitolo dell’ azione governativa. Ma lo stesso capitolo, in quelli della Scuola au ­ toritaria, suona e predica ben altra cosa. Dinanzi allo Stato, gli individui dispaiono, son com e m osche, posatesi sulla lingua d’un colossale leone che rim an sem pre libero di sputarle o inghiottirle.In virtù dei suoi congeniti dritti lo Stato può tutto invadere. Rapisce le industrie de’privali, e ne fa regalie, monopolii (sali, tabacchi, polveri, casse di risparm io, trasporti, fino carte da giuoco); alle volte le apposta e le abbranca in sul nascere (telegrafi elettrici, istituti di credito ec.); le accaserm a, le ordina in caste, corporazioni, com­ pag n ie privilegiate; concede acque di fiumi, m iniere, petraie ; prescrive al produttore m odelli, tirocìnii,

lau ree, licenze, giorni festivi, ore di lavoro ; im pone alle m erci la specie, le dim ensioni, le qualità, i co­ lo ri, i carati di fino. Egli crea il m edico, l’avvocato l’ ingegnere, l’ngrim ensore, il sensale, il professore; fa scrivere libri elem entari e program m i d’ in se­ gnam ento, perchè tutti i sudditi suoi, m eno coloro che egli stipendia col nostro danaro, sono tutti in ¡stato d’ ignoranza ed im potenza p e rp e tu a : egli solo sa tutto, e q uindi tutto può, tutto deve. Va ancora più oltre. R itenendosi pienam ente inform ato delle più m inute vicende e necessità de’ com m erci, è ben natu rale che assum a l’ im pegno di regolare l’entrata e l’ uscita delle m erci, e sullo scacchiere delle dogane giucca una grande partita, vinta la quale, tutto il danaro del m ondo si troverà radunato ne" forzieri nazionali, e tutte le m erci stran iere sa­ ranno colpite di scacco m a l t o . I n t e r r o m p o questa enum erazione assai nauseante, che tutti oram ai sa­ prebbero rec itare a m em oria, e preferisco di ria s ­ sum erla in poche parole, che tolgo ad im prestilo presso uno de’più sapienti ed eloquenti corifei della Scuola. Lo Stato, egli disse da u n seggio p arla­ m entare, non solam ente giudica e difende, m a so­ prattutto dirige. A questo titolo sarà, ora Stato

guerriero, ora. jeratico, ora mercante. Nella sua

m issione direttiva, può entrare ogni cosa: sì, sog­ giungeva con tutta la energia della sua voce, qui

non vi sono teoriche che tengano, ogni cosa può entrarvi: oggi assum e il servigio delle poste, do­

m ani quello de’ telegrafi, oggi le ferrovie che dom ani può abbandonare e posdom ani rip ren d ere. Chi ose­ rebbe contestargliene il d ritto ? chi può assegnare i confini, in cui questa grande potenza umana sia tenuta a restrin g e rsi?

Ho detto e m antengo che non ho voglia di c ri­ ticare. Ma p an n i che parole così spaventevoli si rip ro v an da sè, appena trovino orecchie per ascol­ tarle. Non sono già originali ; l’oratore non vi m ise di suo che la lieve fatica di copiarle. O riginale a me è parso l’ im perturbato coraggio con cui f u ­ rono spiattellate nel parlam ento d’ una giovane n a ­ zione, poco prim a svincolatasi dalle zam pe del d i­ spotism o, ed ancora infatuata nel culto d i tutte le libertà, delle econom iche soprattutto. P iù originali ed audaci mi parvero gli applausi passabilm ente fa­ natici con cui furono accolte, e più sorprendente la sequela di tanti uom ini illustri che in quella m e­ m oranda tornata fecero cieca adesione alla teorica del prim o oratore ; giacché, in verità, questa volta tratlavasi proprio d’una teorica assoluta, arrischiata sino ad un segno a cui la Scuola di S m ith mài non aveva sognato di spingersi, ed arrisch iata ap­ punto da quegli u o m in i, d’ altronde distinti che professavano e professano ancora un santo o rrore verso le teorie.

D ecidete ora Voi, miei cari colleghi, se le im ­ pressioni rim astem i da quella lugubre giornata, si pos­ sano da voi condannare com e esagerate. E fresca in me la m em o ria del quadro che m i vidi dattorno e della fatale, inattesa, delusione da cui ebbi a sen­ tirm i colpito. L a nostra Scuola, è v e ro , non dovea m orire perciò, e visse e viv e; ma il V incolism o, in quel m om ento, ebbe ragione di credere che avevaia sopraffatta, abbattuta. C he ci restava oram ai? il n u ­ m e ro forse, la potenza di discutere, la speranza della rivincita ?

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116 L ’ E C O N O M I S T A 24 febbraio 1884 perchè non è il caso di vergognarne) non fummo

mai num erosi. Nel nostro paese si è potuta talvolta contare qualche buona m iriade di economisti con­ tem poranei, d’ogni classe e d’ogni gradazione; ma io vi prego, di grazia, a volerm i indicare quanti sieno coloro che abbiano voluto a fronte aperta d i­ v idere con Voi le am arezze del liberism o? quanti coloro che onorarono della loro presenza le confe­ renze della nostra Società in F irenze ? quanti quegli altri che nelle aule parlam entari non trem assero da­ vanti al pericolo di sentirsi indirizzare la piccante ironia onor. membro della Società Adamo Smith? quanti per alcune annate furono assidui lettori del vostro giornale, e quanti siete Yoi stessi che, con una invidiabile fermezza, lo avete scritto finora? Perm ettetem i un paragone che, a prim a giunta, potrà sem brarvi sconveniente od insulso, ma che io, a vostro onore, am o non di raro ripetere. Yoi non mi date nè anco l’ idea d’ una S cuola, Voi siete un gruppo di solitarii, devoti a una fede. L ’ im pressione eh’ io provo quando vi rivedo laggiù, in un pian­ terren o di palazzo R iccardi, è quella d ’ una chie­ suola entro la q uale arda perennem ente u n lam pa- dare a più fiam m e, con degli uom ini consecrati a vegliarle in ossequio dei loro grandi m aestri, da S m ith a Cobden, da T urgot a S ay, a D unoyer, a B astiat. E se io vi chiam assi Scuola dalle cinque

Lampade, vo rreste credere offeso il vostro decoro?

no, cari am ici, io intenderei voler dire che l'argine, per cui siete staccati da certi nostri avversarli, è proprio identico alla differenza che corre, tra -una fede ragionata e costante, ed u na ciarlataneria pla­ teale. Ma in som m a, il nostro gruppo, alla dim ane del contratto di Basilea, si trovò enorm em ente di­ radato, quello de’ nostri avversarli enorm em ente c re ­ sciuto. Gli autoritarii, in apparenza perdenti, si videro assicurato il trionfo sul punto capitale delle loro aspirazioni; calcolarono bene che l 'esercizio gover­

nativo, in un tem po più o m eno prossim o, sarebbe

venuto da sè. Non ci voleva di più perchè la spa­

ventevole teoria dello Stato segnasse la prim a data

delle sue vittorie; la scrisse difatti, la divulgò, il pubblico italiano autom aticam ente la sottoscrisse e, quasi senza avvedersene, si trovò tutto arruolato sotto la bandiera dello S tato-D io, pom posam ente spiegata.

Potevasi, mi d irete, far fronte a quella specie di irruzione vandalica, e discutendo persistere. Ma Dio buono! qual desiderio si può mai sentire di lanciarsi in mezzo a discussioni alle quali niuno vuol prender p arte? A chi mai si poteva in quel tem po indiriz­ zare una parola di em ancipazione econom ica, quando ciò di cui im provvisam ente m ancam m o fu la p re ­ senza di un pubblico, disposto ad ascoltare e pesare le nostre riflessioni, quando la dottrina di Sm ith era dichiarata concordem ente decrepita, vieta, fan­ tastica, quando la freddura del liberism o non in co n ­ trava nè anco chi volesse incom odarsi a sch ernirla? Un centinaio di pensatori em inenti si erano tanto affannati per più d’ u n secolo ad assodarla nel mondo, e 1’ aberrazione d ’ u n giorno era bastala a seppel­ lirla in Italia ! Q uanto a me, io non seppi che ra s­ segnarm i e tacere, pago di rim asticare i noti versi del B uonarroti « m en tre P inganno e la vergogna dura ecc. » — E del resto, discutere su di che ? Non occorre rip eterlo : a senso mio è assurdo il supporre che, in fatto di quistioni d’ indole applicativa, si possa mai pervenire a conclusioni inattaccabili, se non si parta di accordo da inconcussi principii d ire t­

tivi. Mai com e allora non ho trovato evidente c o - desta regola. Passando fra me in rassegna le con­ troversie più ardenti, non mi fu dato dì rin v en irn e una sola, intorno alla quale non bastasse un voca­ bolo equivoco, qualche definizione un po’ zoppa, un fatto alterato, una cifra inventata, una virgola sola talvolta, per trarn e fuori assiomi antinom ici, e quindi conclusioni contraddittorie. Io rifeci con pazienza, ed estesi di m olto, le tesi e le antitesi di P rudhon, ingegno em inentem ente sofistico. Il problem a delle ferrovie aveva soprattutto attirato a sè la mia at­ tenzione, e fu in esso che io vidi palpabilm ente quanto poco ci voglia, quando il principio direttivo ci m anchi, per riuscire a soluzioni diverse, in s e r ­ vizio di tutte le Scuole non solo, ma di ciascuna variante d’ una m edesim a Scuola. R iscattare o non riscattare, co struire o non costruire, grandi o piccole reti, capitale nazionale o straniero, com pagnie stra­ ricche o deboli, appaltatori italiani o francesi, eser­ cizio governativo o privato, o libero o vincolato, pro­ dotto aleatorio o garantito.... tutto potevasi, a fil di logica esatta, afferm are o negare, dando un giro di chiave verso destra o sinistra perchè venisse fuori da una specie di cassetta m agica un principio at­ tinto alle teorie di una Scuola o di u n ’ altra. E si vede ben chiaro da quanto ho detto di sopra. Sette lettere dell’ alfabeto si esigono per iscrivere la voce

Governo; leviam ole via, sostituendo quelle cinque

che com pongono il vocabolo Stato-, e tanto basta perchè, in luogo di inferire che il Governo non abbia titolo alcuno per arrogarsi la gestione delle ferrovie, si vada a conchiudere che le ferrovie (com e i n o ­ stri beni, le nostre facoltà, fino i nostri pensieri) appartengano di pieno diritto allo Stato. D iscutere dunque mi parve, non opera vana soltanto, ma a n ­ che im possibile. F u allora eh’ io promisi a m e stesso, e se non erro anche a Voi, di fuggire ogni pratica quistione, fra cui poneva i grandi argom enti della giornata : moneta, credito, ferrovie. Se si prescinde di qualche bagattella insignificante, m essa fuori in proposito di moneta, posso dire di avere attenuto finora la mia prom essa, e son contento del mio si­ lenzio, non trovo luogo a pentirm ene, e mi lusingo che Voi, al solo rim em b rare codesti fatti, mi assol­ verete quanto al passato. — V engo ora al presente. Qui entrano in iscena due cose : la considerazione ile’ tempi m utati in questi ultim i anni ; il carattere e l’ im portanza della terza S cuola econom ica, di cui feci un cenno in principio, e di cui non ho parlato finora.

Le m utazioni dei tem pi mi sem brano troppo m a­ gnificate.

Senza dubbio, il saggio fattosi dell’ esercizio go­

vernativo non è riuscito cosi felice, com e i v in c o -

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24 febbraio 1884 L’ E C O N O M I S T A 117 sue rapine, fuorché a grandissim o stento e col ri­

schio im m inente di esplodere fra le mani del cac­ ciatore. Dom andatene all’ In ghilterra, alla F rancia, al Belgio, agli Stati Uniti di A m erica.

Senza dubbio, l’ Italia ha in oggi assodato il suo posto nel Convitto delle grandi nazioni. Ma che cosa ciò vo rrà dire ? lo mi struggo a com prendere come mai u n fatto, cosi consolante da molti aspetti, possa ispirarci fiducia sul migliore avvenire del nostro r e ­ gim e economico. Qual legam e si sarebbe in oggi scoperto fra la grandezza m ateriale d’ una nazione, e la libertà degli individui che la com pongono, o la sem plicità patriarcale del suo G overno ? P arm i, al- l ' incontro, che le grandi nazioni portino seco l’istinto di gareggiare fra loro ed im itarsi a vicenda ; e quando poi sopravviene il vincolo delle alleanze politiche, l’ istinto si converte in legge di calcolata necessità, o in dovere di cortesia. In v erità, affinchè le al­ leanze riescano cordiali e durevoli, un certo grado di somiglianza tra gli alleati è indispensabile, n e’loro sistem i governativi, nelle loro pubbliche istituzioni, e soprattutto nel loro indirizzo econom ico. E ntro la sfera, m eram ente politica, sì vedono bene e si am ­ m irano stupendi e tem poranei prodotti d’ ipocrisia diplom atica ; ma econom icam ente parlando, il paese, ad esem pio, che voglia fondare la sua prosperità sul lib ero -cam b io , non potrehh’essere sincero am ico di quello che appoggi le sue speranze sul catafalco delle dogane protettive. D’ordinario, l’esem pio dello Stalo più forte trascina seco il più debole. O r io mi dom ando : tra un principe di B ism arck ed un Ago­ stino D epretis, chi è colui che sarebbe destinato a su b ire, non mi perm etto di d ir la legge, ma i con­ sigli, le suggestioni, le moine, dell’ altro ? Se gli sforzi del G ran Cancelliere non fossero tornati vani finora, per convertire in caserm e le Stazioni d e i- fi Im pero, e com andare dal suo gabinetto le marcie e gli alt de’ treni su tutte le reti tedesche, io son convinto che, all'ora in cui siamo, non vi sarebbe anim a viva in Italia che osasse avventurare una sillaba a proporre e propugnare l’esercizio privato. E il fatto lo prova. Pochi mesi o r sono, l’ Italia fu ad un pelo dal cadere per sem pre nella fossa d e l­ l’esercizio governativo. A vevam o, e per fortuna ab­ biam o ancora, la sola rete m eridionale, em ergente su tutte, e ne eravam o ben soddisfatti, per le prove di saviezza, attività, probità, regolarità di servizio, larghezza di prodotto finanziario, e beneficii econo­ mici procurati alle non felici contrade di laggiù. P u re , Yoi lo sapete, e francam ente fi Economista lo rilevò, il riscatto delle m eridionali era già un p a r­ tito deciso, non già, com e ci si dava ad intendere, per agevolare il passaggio, in m ano ad appaltatori pri­ vati, di tutto quanto il servizio delle ferrovie italiane, m a perchè l’esempio del G ran Cancelliere, e fi in ­ cam eram ento da lui preferito, s’ imponeva da sé, ci aveva affascinati, e doveva predom inare nei n o ­ stri destini. — Io aveva im parato una volta che, anco nel campo della scienza, la forza com anda sul diritto, e ne aveva dedotto naturalm ente che il g e r­ maniSmo economico di allora avrebbe fatto il giro del m ondo, portato sulla punta delle baionette; ma adesso son p iù tranquillo, essendo ben persuaso che per noi non occorrerebbe l’espediente, sem pre spiacevole, della forza brutale, poiché i precursori del gran Cancelliere son già calati in Italia, e siedono fra di noi, in term ini d’una intelligenza la più cordiale.

Senza dubbio ancora, un caso provvidenziale è avvenuto a rim uovere pure quell’ im m inente p e ri­ colo ; caso per cu i ci scuseranno probabilm ente se da quel giorno le cinque lam pade nostre han co ­ m inciato a sfavillare d ’una luce che direbbesi elet­ trica.

Uno de’ nostri am ici più ferventi e sicuri sentì un bel giorno piom barsi sugli om eri u n corpo pej sante, più che se fosse stato di bronzo. Lo raccolse, e stupì, a riconoscervi u n Portafoglio di lavori pub­ blici. Da dove era piovuto? T itubante, egli fu [lì p e r deporlo in q u estu ra, con preghiera di conse­ gnarlo a chi provasse di averlo sm arrito. Ma la voce del suo dovere gli strinse il cuore, e gli d isse: ac­ cettalo, ti appartiene, fanne pure la croce tua, ed ascendi il calvario.

E ra, s’ intende, il G enala di cui nessuno può, quanto noi, apprezzare la m ente e l’anim o, il sapere e la parola, la sveltezza e la probità. Io noi conosco se non quanto si potea giudicarlo, dal sentim ento di verace am m irazione che mi destarono i suoi di­ scorsi del 1 8 7 6 , e porto meco la piena certezza che gli atti suoi d’oggidi non possono non essere iden­ tici alle parole di ott’anni or sono. T utto fa credere che la quistione dell’esercizio sia m essa già sul tap­ peto nelle alte sfere, e che potrà essere risoluta n e ’ term ini da noi vagheggiati.

Io mi spiego ed apprezzo la com piacenza che voi provate di questo propizio evento, e la divido vo­ lentieri con Yoi ; ma perdonatem i se, scaltrito da una lunghissim a esperienza, vi dichiaro che anche qui il mio scetticism o acquisito m ’im pedisce di scor­ gere, nella coincidenza che ci rallegra, le proporzioni d ’ una assicurata vittoria. E infatti, il G enala è mi­ nistro, com e tanti altri furono e tanti altri saranno, e però coloro che ingelosiscono della sua sorte non m ancheranno al dovere di fare ogni sforzo per ri­ m andarlo il più presto all’ antico suo dom icilio, il che ci basti per prevedere qual calice am aro gli si apparecchi. Già i prim i fuochi d ’ avam posto s c o p ­ piarono, fatui è vero, m a . abbastanza precipitati, per riv elarci l’ impazienza della battaglia.

A dunque, io lo ripeto, i tem pi m utarono sì, ma l’am biente è poco diverso da quello in cui ci tro ­ vam m o alla m età del 1876 ; e fin qua, se nessun altro elem ento si potesse te n er presente, il silenzio allora im postom i io non dovrei, non saprei, consen tire che oggi si rom pa per così poco.

Esam iniam o ora la terza delle nostre Scuole eco­ nom iche, v erso la quale voi già presentite eh’ io n u tro certe sim patie speciali, e sulla quale probal- bilm ente vanno a fondarsi tutte lo nostre speranze.

In che consiste? da dove v e n n e ? di quali uom ini si co m p o n e? qual’ è il suo n o m e ? Potrebbero, in certo m odo, dirsi indiscrete codeste dom ande, pre­ sentate così all’ im provviso, e quasi puntandom i una rivoltella sul petto ; ma pure io son qui a soddisfarle. Q uesta Scuola gode il gran vantaggio di non tro ­ varsi indissolubilm ente legata con prineipii apparte­ nen ti ad u n ’altra. N on è im brattata da alcuna pece di sistem a p restabilito; m a, libera e padrona di sé, tu ra le orecchie a tutto ciò che sappia di astratto,

assoluto ; la sua teoria, unica e fondam entale, sta

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118 L ’ E C O N O M I S T A 24 febbraio 1884 Affetta, è vero, un profondo disprezzo p er tutti gli

economisti, ma in sostanza li anta tutti, e li eleva a

dignità principesca, quando le loro argom entazioni giovino a conseguire l’oggetto de’suoi desiderii. Non 6 ligia n è anco a’ tem pi : l’antico ed il nuovo, il passato e il futuro, si confondono nella sua intelli­ genza, ma si distinguono sem pre da un ideale presente, che essa chiam a realtà e verità. —■ Questa Scuola non è caparbia ; cede, invece, a tutte le buone isti­ gazioni, è pronta a ricevere tutte le im pronte com e se fosse im pastata di m ateria gelatinosa, afferra tutte le buone opportunità. È raro che per due giorni di seguito si lasci trovare sotto il m edesim o m eridiano ; salta come I' um ano pensiero, vola e guizza com e gli uccelli ed i pesci, si spinge avanti e torna in ­ dietro, va al fondo e rim onta a galla, vuole, disvuole, accetta, rifiuta, sem pre con la m edesim a serenità e sicurezza di ciò che faccia, e sem pre certa di avere adem piuto i doveri che tutti abbiam o verso la p a ­ tria e l’um anità. — In nessun caso, per altro, questa S cu o la ha mai lanciato afferm azioni assai recise, perchè pòtessero incatenare la futura sua libertà ; ma tutte le formole sue, d’ ordinario, si com pongono di due parti, com inciando con una massima p re­ ceduta da un se o elegantem ente da u n sempre-

quando, e conchiudendosi con una riserva preceduta

da u n ma o un tuttavia. Ingiustam ente, erro n e a ­ m ente, taluni (fra cui mi duole dover com prendere 1 onorevole am ico mio fo sc a n e lli) le hanno affibbiato ì versi del G iusti : « quel solito ti vedo e non ti vedo - quel tentennio, non so se tu m ’ intenda - che dice sì e no, credo e non credo » : non è punto incertezza, volubilità, leggerezza, cjò che forma il suo distintivo; è la necessità, l’opportunità d e’ tem pi, de luoghi, della politica, ec.; e quando pare che essa rinneghi tutte le leggi deliH Jniverso, allora appunto si è sobbarcata a curvarsi d av asti alla legge delle leggi, che è la sua coscienza, la sua intima convinzione, la sua netta percezione del vero.

Q uanto agli uom inL dh cui si com ponga, è questo un quesito indeterm inato, se pure non debba dirsi indeterm inabile affatto. L a terza Scuoia non è surta da ieri, e non form a una esclusiva proprietà italiana. Se giovasse abbozzarne la storia, bisognerebbe f r u ­ gare nelle m em orie d ell'A n tich ità più re m o ta ; ma lim itandola alle m oderne celebrità econom iche, si può com inciare dal Sism ondi, e poi saltare al sem pre com pianto P ellegrino Rossi, la cui celebre distinzione tra la teoria e la pratica, tra le scienze p u re e le applicate, avca p er altro to n n ato la sua effìm era fo r­ tuna politica. N on vi si troverebbe, al certo , com ­ preso alcun adepto della S cuola di Sm itb, p er l’ov­ via ragione che avvi un ’ incom patibilità n atu rale fra due sistem i, l’un d e ’quali si fondi sui prim i principii rigorosam ente accertati n e ll’ordine teoretico, e l’altro professi la negazione d’ogni principio. Vi si trovano invece, ed in gran copia, uom ini disertati, o prossim i a disertare, dalle file del rigido vincolism o tutte le volte che, non potendo resistere a qualche verità ineluttabile, non seppero che rifugiarsi presso una Scuola ove l ’ineluttabilità d ’un principio suona come bestem m ia. In generale è la Scuola più num erosa che m ai siasi conosciuta, si riproduce e moltiplica con fecondità gram inacea, e poi, nel nostro paese, com prende sotto il suo vessillo nom i di altissim o rango, per ogni titolo. D ispensatem i dal declinarli, perchè non m i tocchi di essere frain teso , prenden­

dosi per crudele ironia ciò che è pura verità sulle m ie labbra, attribuendom i la m alvagità che, sotto l ’aspetto di encom iare i loro m eriti personali, io ab­ bia m irato a m acchiare la rispettabilità del loro ca­ rattere.

Non mi resta che a dirvi il suo titolo; ma che fare se nessuno essa ne ha? Io mi stillo il cervello ad assegnarlene qualcheduno il quale, m entre ne rispetti la dignità, ne esprim a fedelm ente il carattere.

L ’ho cercato ognidove, tra le form ole consuete, e in tutti i regni della natura. Indipendente, impar­

ziale, conciliativa eec., son tutte parole che il gio r­

nalism o ha sciupate m iseram ente, e che d’ordinario esprim ono l’opposto di ciò che si fa. U n m om ento mi parve di poterla assim ilare alle allotropie della C him ica; un altro, alle alte e basse m aree, più tardi al salire e discendere della colonna term om etrica , poi mi sovvenni di girandole, banderuole, ecc. ; ma niente mi parve così bene azzeccato, com e quel tipo che il regno anim ale alla fine ed all’im provviso mi suggerì.

Esiste ed è conosciuto ab antiquo un essere sin ­ golare davvero, niente com une ne’ nostri climi. Nè piccolo, nè gigantesco, ma che ora si sa assottigliare al segno, da aver m eritalo che T ertu llian o lo abbia cred u to una pelle vivente, ora, senza alcun bisogno di m antice, si gonfia in modo m isterioso fino a sorpassare il doppio delle sue dim ensioni ordinarie, cosicché gli antichi afferm arono che si nutrisse di pura aria. Non ha denti e non m orde, inghiotle e non m astica. È dotato di coda più lunga che il r i­ m anente del corpo, da destare l’ invidia ai prim i pascià del S ultano, coda che ora si stira in linea retta, ora si piega in curva esattam ente geom etrica. A momenti diversi, si fi bruno, verde, roseo, cina- brico, g rig io -az zu rro , secondo i corpi elio lo cir­ condino o le m ani che lo palpeggino. A ccorto sem ­ pre, pensoso, m ansueto, benigno, flem m atico, incede con aria m aestosa e sicura. A coronare le sue q u a ­ lità, la natura finse di averlo privato degli occhi ; e puro ne ha due, nascosti sotto una palpebra densa, alzata la quale si presentano com e d u e stupendi brillanti, decorati da un cerchio d’oro ciascuno, che darebbero m olto a pensare se appartenessero a l­ l’uomo. — Voi avrete già indovinato di qual crea­ tu ra vi parlo : è l’ am abile bestiolina tigrata, che form ò la delizia d ’una distinta dam igella francese, e che ebbe in tutte le lingue, antiche e m oderne, Io stesso nom e : camaleonte. O r bene, riflettetevi un poco, e mi direte se io vada errato nel cre d ere, che,; intitolando c a m a le o n tic a per antonom asia la terza delle nostre Scuole econom iche, non le avrò dato il più decoroso, e al tem po stesso il più vero, de’nomi che mai si potessero escogitare.

La rapida e circospetta rassegna, che mi sono ingegnato di farvi, mi pone in grado di calcolare le forze com parative delle tre Scuole, dalie quali potrà dipendere la soluzione del problem a ferro ­ viario che la proposta G enala ha suscitato, e la con­ dotta che a Voi ed a me toccherà di tenere.

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24 febbraio 1884 L’ E C O N O M I S T A 119 Liberism o si addorm entarono entram bi. La quistione

ferroviaria del 1876 parve una fase propizia per ridestare l’antico spirito delle lotte agitatesi ai tempi del parlam ento sabaudo, ma, a d ir vero, in quella circostanza, non si passarono i lim iti di una giostra fra i più gagliardi campioni delle due P arti ; e d ’al- lora in qua le due S cuole m aggiorm ente spiccate rim asero allo stato latente, divennero due m inoranze invisibili ed ipotetiche, cosicché la copiosa falange degli uom ini, che poterono liberam ente im padronirsi deile discussioni econom iche, si trovò tutta com po­ sta da adepti, più o m eno palesi, della terza Scuola. L’ im portanza di un tal m utam ento salta agli oc­ chi, e diviene tanto più grave e prepotente, quanto m aggiore sia il num ero de’ com ponenti codesta Scuo­ la. Nelle attuali condizioni essa, spezzati così tutti i freni che le due rivali potevano im porle, affrancata da ogni riguardo verso di loro, può dirsi padrona assoluta. Dalla parte ov’ essa preponderi eoi suo peso, lì sarà la vittoria. Se si prostra al concetto dello Stato- Dio, le ferrovie italiane, co’ loro 15 mila chilom etri di percorrenza, co’ loro 60 mila im piegati, co’ loro sac­ cheggi fm anziarii, co’ loro sciaurati costum i am m ini­ strativi, non possono non divenire la suprem a e più letale sciagura del regno d’ Italia. Se sceglie il par­ tito del liberism o, e concede il proprio appoggio alle idee di em ancipazione radicale che ispirano il progetto Genala, l’ Italia alla dim ane del voto avrà, non solo stornato da sè il pericolo di sentirsi stroz­ zare dal gran G igante, dal tirannico e brutale tutore, a cui i vincolisi-! vorrebbero infeudarla, m ani e piedi legati, ma quel eh’ è più, vedrà spiegarsi davanti a sè un mondo di ulteriori conquiste, una serie inde­ finita di vere riform e, quel regim e appunto del quale la f a r ra g in e di leggi om icide, accum ulatesi negli ul- timi anni sopra di noi, sta per farci dim enticare la speranza e il concetto. Sono adunque nella m ani della Scuola cam aleontica le nostre sorti. Chi mai poteva vaticinare che tutto il loro segreto si sa re b b e d o v u to cercare nella coda d’una lueerta africana ? A d ogni modo, il m om ento, com e suol dirsi, è suprem o per noi.

Da qual parte essa si volgerà ? S e, com e la nostra S cuola e com e quella de’ nostri diretti avv ersari-!, avesse un ideale teoretico, potrem m o ingegnarci d’in ­ dovinare sin d ’ ora la sua condotta. Ma, 1’ abbiamo veduto, lo sue ispirazioni non sorgono dalle sue vi­ scere, ciò che le determ ina sem pre è l’ im pulso che venga dal fuor di s è ; e fra tutti gl’ im pulsi possi­ bili, quello eli’ io credo il più decisivo deve per ne­ cessità arriv arle dal cam po politico. P erchè, inten­ diam oci bene, una Scuola puram ente econom ica è cosa assai differente da un partito politico ascritto ad una Scuola econom ica. La Scuola è fine a sè stessa, vagheggia un tipo im m ateriale, direbbesi, e qualunque lecito mezzo che sia bisogno adoprare per conseguirlo, tanto vale per essa quanto risponda a l­ l'in te n to prestabilito. Così noi, custodi delle cinque lam pade, non aspiriam o che a conquistare, a pro’ del nostro paese, il beneficio delle libertà : ci si portino in punta di baionette, o ci si dieno com e legge nazionale, da un sovrano assoluto o lib e ra le , da una A utorità m onarchica o re p u b b lic a n a , noi sarem o sem pre apparecchiati a gradirle, salvo, per altro a convincerci che il mezzo sia giusto ed innocuo in s è , che non sia cagione di mali s u ­ periori al bene che agogniam o. Ma l’ econom ista par­ lam entare trovasi collocato da u n punto di vista d ia ­ m etralm ente contrario. P er lui, l’ idea econom ica

sarà uno strum ento com e tant’ altri, il suo fine è fuori dalla sfera delle su e idee, è tutto essenzial­ m ente politico. A spira egli al potere, alla popolarità, alla buona am icizia de’ suoi colleglli ? non sarà eco ­ nom ista liberale o autoritario, se non secondo il vento che spiri, I’ u m ore del popolo, le pretensioni degli elettori, f opinione prediletta da’ suoi colleglli, secondo 1’ am biente in fine che lo circonda, e che egli non potrebbe disprezzare o contrariare senza sm a rrire il suo fine, isolarsi ed annichilarsi.

O ra, senza punto volerm i in trigare in riflessioni eterogenee alle econom iche, io posso accennarvi che, se non m’ inganno, il nostro am ico G enala dev’e s­ sere riconoscente verso la P rovvidenza, o il caso se meglio vi piace, o quella qualsiasi volontà ignota, alla quale piacque chiam arlo al potere in un’ ora relativam ente assai favorevole.

In verità, mai com e in oggi, la politica interna del nostro paese non fu così sconquassata e vacillante. La dissoluzione delle antiche P arti, i fallili propositi di rifarle a nuovo, le m aggioranze divenute in tro ­ vabili, la varietà ile’ program m i, gli spettacoli tu t- f altro che edificanti, a’ quali il pubblico di quando in quando è costretto di assistere, la m oltitudine di am bizioni impossibili a soddisfarsi, la sfiducia reciproca, l’ avvenire fosco se p u r non è m in a c c e ­ vole, il presente molesto, l’ invidia con cui la m e ­ m oria del passato si va ridestando.... tutto nel cam po politico, par fatto a posta per g enerare un profondo senso di nausea, ed estinguere negli anim i i sogni dorati di quel patriottism o fervente, infaticabile, a cui l’ Italia è debitrice della sua esistenza. Dall’ altro lato, e considerando obbiettivam ente il paese, è forza di riconoscere che noi abbiam o esaurito ogni m a ­ niera di espedienti, atti a svagare le imaginazioni atterrite per sottrarle all’ incubo che le insegue. Noi siam o ridotti a dir^ che l'Ita lia ha la sventura della su a fo rtu u i. È fortuna per essa, m a è sventura per ¡a sua in tè rn a .‘politica, il non avere nem ici a com ­ battere, pretendenti a respingere, qualche trono da rovesciare, qualche repubblica da fondare, u n n i­ chilism o, un fenianism o, a schiacciare. Anche i pre­ testi a cui ricorrevàsi per dissim ulare il nostro m a­ lessere sono già esauriti. G aribaldi ci ha abbandonati, l’ uuiià della patria è solidam ente cem entala, il re - dentism o si è rassegnato alle necessità de’ tem pi. Avevam o un’ imposta barbara, infame, incostituzio­

nale, divoratrice del pane de'poveri; l’ abbiam o,

com e Dio volle, soppressa, ma intanto l’ alim ento del povero è rincarato e per sopraggiunta la m ano del Fisco ha dovuto aggravarsi sopra di lui in m odo più barbaro. C ontavam o sulla riforma parlamentare, ma i m iracoli del voto elettorale, così generosam ente slargato, non fanno buona m ostra di sè. Avevam o la piaga del corso forzato, ma esso, abolito di dritto, s’ incaponisco a rim a n ere di fatto; l’ oro fa capolino appena sui nostri m ercati, ci saluta e rip arte, e la mole del debito pubblico s’ ingrossa. I pubblicisti più esperti si m ostrano oram ai ben convinti che l’Italia co rre alla sua perdizione, se un soffio di vita nuova non si affretta a scoprire un obbiettivo tanto più solido quanto più sia diverso dal vecchio, q u an to m eno fantastico e illusorio; e da ciò quell’ im pulso tacito e generale, a ricercarlo nel cam po econom ico.

S venturatam ente, il V incolism o non ha tardato a Recarvi il suo dito m icidiale, rialzando il vessillo delle im potenti protezioni, eccitando il fantasma del lavoro

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mol-L ’ E C O N O M I S T A 24 febbraio 1884 120

ti ladini consum atrici, a beneficio di poche industrie cachettiche e ciarlatane. Più sventuratam ente ancora, per P ignoranza degli uni, la m alvagità degli altri, l’im potenza de’ te r z i, si com incia anche fra noi ad incensare l’idolo sanguinoso e bugiardo del così detto

problema sociale, ed adorarlo a nom e d’una Scienza

che non ha mai sognato di rico n o sc erlo , a nome anzi di una Giustizia la cui ultim a ed unica m is­ sione è il punirlo. Q uesti equivoci sarebbero ce rta­ m ente fatali, se la m aturità de’nostri legislatori non si fosse ben presto svegliata a scongiurare il pericolo. C osicché, rivolgersi al c a m p o ■ economico non ha in oggi che u n solo significato nel nostro paese : ri­ correre alle sane idee, alla sorgente di tutti i beni, alla vis medicatrix della libertà, p u r a , sin c e ra , ed integra, nell’ordine del regim e economico.

Ecco perchè io mi avventuro ad afferm are che un m om ento più prospero non potea coincidere con l’elevazione dell’attuale m inistro al potere. Parm i in ­ fatti evidente che, nell’attuale condizione di cose, la scuola cam aleontica, padrona de’nostri destini, non ha più libero arbitrio di scelta: una nuova tendenza politica la spinge a gettarsi rapidam ente dalla parte del lib e rism o , e secondare con l’ im ponente peso de’voti suoi la proposta Gemala.

Se questo fatto a v v ie n e , la causa della nostra Scuola avrà trionfato. Ma , in te n d ia m o ci, non per opera vostra, e molto m eno per m ia. A tutto rigore, io viem eglio mi accorgo che il nostro com pito è sem pre uno e lo stesso : lasciamo fare e passare, perchè un fato benigno, uno stellone alla Toscauelli, veglia ed agisce per noi.

T uttavia non dissim ulo che un dovere di stretta convenienza ci sorge. La terza Scuola ha ben di­ ritto di esigere la gratitudine nostra del beneficio che ci prepara. Noi, o io per lo m eno, rifuggiva dalle lotte sterili, principalm ente perchè mi sentiva venuto m eno un pubblico a cui giovasse rivolgere la parola ; la terza Scuola Io ha evocato dal nulla, lo ha trovato in sè stessa, illum inalo e degno della nostra osservanza. Se non si può razionalm ente chia­ m arci a com battere, niuno può dispensarci dall’ ob­ bligo di aiutare, spiegare,com m entare, consigliare, con­ ciliare. L’assoluto silenzio, com e io lo aveva adottato, rasenterebbe la colpa dell’infingardaggine. Io dunque, mi arrendo ai vostri im pulsi, e mi pongo agli ordini vostri. Proviam oci insiem e a questo sacrifizio di retta coscienza ; proviam o al m inistro che, dentro i limiti della nostra potenza, nulla saprem m o negargli q u an d ’e ­ gli abbia nom e G enala.

C onservale intatta, miei cari colleghi, la vostra am icizia a chi è fiero di potersi sem pre ripetere

Vostro costante amico

F . Fe r r a r a.

RIVISTA DELLA STAM PA

S U L L A Q U E S T I O N E F E R R O V I A R I A

La R a sse g n a del 16 febbraio in un articolo sul­ l’esercizio delle ferrovie osserva che nello stato a t­ tuale delle cose, cioè dopo eseguito il riscatto delle linee dell’ Alta Italia e di quelle delle Romane, e dopo constatata l’ impotenza dello Stato ad eserci­ tarle da se, non vi è altra strada se non quella di

concederne in appalto l’esercizio, comunque un con­ tratto di questo genere, sia il più difficile a stabilirsi il più oscuro ed intricato che esista. La Rassegna opina però, che a renderlo ancor maggiormente in­ tricato e difficile contribuirà non poco lo stanzia­ mento di molteplici fondi di riserva secondo le pro­ poste dell’on. Genala. Essa vorrebbe invece che a seconda di quanto stabiliscono le ultime convenzioni colle meridionali , lo stato garantisse alle società un prodotto chilometrico minimo di 7000 lire, e di­ videsse con loro il di più fino a 15000 lire. Perchè sebbene lo stabilire la quota d ’utili da accordarsi alla società non sia cosa facile, questo è inconve­ niente comune ad ogni contratto per l’esercizio fer­ roviario, e d’altronde sarà sempre meno difficile lo stabilire una quota unica di quello che non lo sa­ rebbe lo stabilire più quote diverse, come dovrebbe farsi secondo i progetti ministeriali. Lo stanziamento di più fondi di riserva poi onde non essere una cosa illusoria richiede secondo la Rassegna un controllo continuo per parte dello Stato, circa al modo di erogazione dei fondi stessi, controllo al quale lo Stato, che non è capace ad esercitare le linee da per se, non può essere adatto. D’ altra parte non è da crederei, che senza tale stanziamento le società esercenti lasciassero andare in malora le linee ed il ma­ teriale mobile, e in caso diverso lo stato potrebbe assai più facilmente richiamarle all’adempimento dei propri doveri o denunziare il contratto, e reclamare un rifacimento dei danni come qualunque locatore può sempre fare. Finalmente lo stanziamento in pa­ rola, può anche in molti casi anziché utile riuscire illusorio e dar luogo a seri imbarazzi : p. es. quando un grave danno per caso di forza maggiore si veri­ ficasse sul principio dell’esercizio quando nella riserva che si deve formare per far fronte a simili eventi non vi fossero ancora fondi sufficenti all’uopo.

Il Fieramosca del 17 febbraio tornando a trattare la questione della divisione delle linee, insiste sulla necessità di dare la preferenza alla divisione in senso longitudinale. Sia perchè il maggior movimento com­ merciale si verifica dal nord al sud e viceversa; il nord spedisce nel sud i prodotti delle sue manifatture e il sud spedisce nel nord massime per 1’ esportazione all’estero i suoi prodotti agricoli, i quali facili a dete­ riorarsi, hanno mestieri di rapidi mezzi di trasporto, ne questi possono ottenersi se non eliminando per quanto è possibile il transito da rete a rete. Sia perchè la quistione delle nuove costruzioni essendo collegata con quella dell’ esercizio, e le maggiori costruzioni do-" vendo farsi nel mezzogiorno d’ Italia, è giusto ri­ partirne equamente l’onere e il benefizio fra le so­ cietà accollatarie dell’ esercizio, e questo non può ottenersi che colla divisione delle linee esistenti in due reti e in senso longitudinale. D’ altra parte col mantenere 1’ attuale divisione in 3 reti le quali si trovano 1’ una rispetto all’ altra in condizioni tanto diverse, non si potrebbero fare condizioni eguali a quella società che per avventura volessero prenderne in appalto l'esercizio. Oltredichè accettando la divi­ sione longitudinale, ed essendo già la società delle Meridionali disposta ad assumere l ’appalto della rete Adriatica, non rimane che a trovare una società sola per la rete Mediterranea, mentre in caso diverso bi­ sognerebbe crearne almeno due. E dove trovarle ?

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24 febbraio 1884 L ’ E C O N O M I S T A 121

Monte Ceneri, lo che ridurrebbe la distanza da Mi­ lano a. Bellinzona a soli 97 o tutt’ al più a 109 chi­ lometri. Ognuno comprende infatti che ove la co­ struzione di queste linee dovesse tradursi realmente in un fatto compiuto, la questione tanto dibattuta in questi giorni, circa alla convenienza di inchiu­ dere, o meno, ambedue le attuali linee di accesso al Gottardo nelia rete mediterranea perderebbe gran parte della sua importanza, o per lo meno si tra­ sporterebbe sopra un’ altro terreno.

In un successivo articolo del 19 corrente la P e r s e ­ v e r a n z a ritornando sullo stesso argomento, per meglio spiegare i propri concetti, osserva che per effetto della unificazione dei vari Stati nei quali prima si divideva la penisola e la stessa Valle del Po', e per essere tutte le ferrovie dell’Alta Italia dipendenti da una unica amministrazione non interessata a creare dei mono- poli artificiali, Milano è divenuta, naturalmente un grande emporio commerciale, e il centro degli scambi fra l’Italia e l’Europa centrale ; nella quale posizione è venuta poi a consolidarla la recente apertura del Gottardo, che commercialmente è certo il più impor­ tante fra tutti i nostri valichi alpini. Per mantenere questo stato di cose utile non solo agli interessi par­ ticolari di Milano, ma anche a quelli più generali del commercio nazionale, sarebbe stato desiderabile, dice la Perseveranza, che tutte le linee dell’ Alta Italia fossero, come al presente, comprese in una sola e me­ desima rete. Ma poiché questo non è possibile, e si ritenne invece necessario di dividerle in due reti, stabilendo in Milano il punto di divisione fra rete e rete, si doveva almeno accogliere quel concetto che pareva dovesse prevalere , di accordare a ciascuna delle due reti una delle attuali linee di accesso al Gottardo. E poiché ora quel concetto sembra ab­ bandonato, e ambedue le linee di accesso si voglion dare alla rete mediterranea interessata, secondo pensa la Perseveranza ad allearsi colla Paris-Lymi- Mediterranée, e quindi a favorire con ogni mezzo lo sbocco di Ventiiniglia a scapito di quello del Got­ tardo, urge secondo quel periodico che Milano non si addormenti e senza parteggiare nè per la rete me­ diterranea, nè per quella adriatica , né per Genova nè per Venezia, cerchi di salvaguardare i propri in­ teressi commerciali, che son pure quelli generali del commercio italiano con efficaci ripari. E fra questi efficacissimo sarebbe certamente la pronta esecuzione della linea Milano-Saronno fino a Mendrisio e poi al Monte Ceneri.

Per contro la G a z z e tta (li M a n to v a in un note­ vole articolo pubblicato nel suo numero del 19 cor­ rente, osserva che mentre in astratto si potrebbe giu­ dicare più conveniente il ripartire le due linee di accesso al Gottardo fra le due reti in cui dovranno dividersi tutte le ferrovie della penisola, pure in con­ creto è da preferirsi il sistema opposto. Infatti i rap­ porti fra 1’ amministrazione delle ferrovie dell’ Alta Italia, e la società del Gottardo i quali non sono nè facili nè cordiali, diverrebbero assai più scabrosi quando con quella società dovessero trattare non una, ma due amministrazioni ferroviarie italiane. 01- trediehè quella società, la quale non mira certamente a favorire i nostri commerci, ma al proprio vantag­ gio, il quale può anche essere in antagonismo coi nostri interessi troverebbe più facile giuoco, quando potesse allearsi con una delle due società che vanno a crearsi, a scapito dell’ altra , e forse anche dello sviluppo naturale dei nostri commerci. D’altra parte i timori che ha destato la notizia della concessione delle due linee d’ accesso al Gottardo alla rete me­ diterranea, non sono seri, dal momento che l’appro­ vazione delle due società è necessaria in tutto ciò che si riferisce alla tariffa , e tutte due le società hanno diritto di intervenire nelle conferenze e nelle discussioni che si tenessero colle società estere. Non

si comprende poi quale interesse potrebbe avere la società mediterranea a lasciare da parte Milano. Quanto poi a Venezia, qualunque sistema si volesse adottare per la repartizione delle reti, certo non sa­ rebbe cosa seria la speranza che potesse mettersi in concorrenza commerciale con Genova rispetto al Got­ tardo. Laonde la Gazzetta crede poter concludere che quei timori non siano giustificati e rappresentino piuttosto una frase fatta, che una conoscenza vera delle cose.

LA CRISI PARIGINA

Non paia soverchia insistenza la nostra se ancor oggi intratteniam o i lettori sulle cose della F ran cia. In due precedenti articoli ( ! ) esponem m o già la con­ dizione difficile delle finanze francesi e la crisi eco­ nomica da cui è colpita quella nazione, oggi non possiamo passare sotto silenzio la discussione av v e­ nuta negli scorsi giorni alla C am era dei deputati, in seguito alla interpellanza del deputato Langlois sulla « politica econom ica del governo ». — R ias­ sum iam o anzitutto le cause, alm eno quelle che si danno com unem ente com e tali, della crisi operaia. La crisi da cui è travagliata la capitale francese, non certo così grave com e asseriscono i giornali ra­ dicali, deriva da varie cause. È accertato anzitutto che vi è un num ero rilevante di operai disoccupati; il num ero non è possibile precisarlo, il conte de Mu- nades asserì alla Cam era c h ’essi am m ontano a 80 mila m a il F e r ry dichiarò che si esagera assai. C om unque sia questa sovrabbondanza di braccia dipende dalle condizioni peggiorate delle principali industrie di Parigi : quella delle costruzioni e quella degli a rti­ coli di lusso. È risaputo da tutti che l'article de

Paris non ha oggi parecchi degli sbocchi che aveva

anni sono, od alm eno le com missioni p er parecchi paesi (la G erm ania ad es.) sono notabilm ente dim i­ nuite. L ’ industria dei fiori artificiali che occupava un forte num ero di operaie ha subito per effetto della moda, un colpo assai fiero perchè i fiori furono sostituiti dalle pium e d ’ogni sorta, per le quali il lavoro richiesto è m inim o Ma dove pare che l’ im ­ prudenza più assoluta abbia dom inato è nella co­ struzione delle case. In questi ultim i anni c 'è stata a P arigi una vera m anìa di costruire su larga scala e mollo al di là del v ero bisogno. Devesi aggiun­ gere però che ora le costruzioni, sebbene lentam ente, vanno dim inuendo e d’ altra parte un subitaneo e rilevante rallentam ento sarebbe disastroso, essendovi ancora più di 120 mila operai im piegati nelle co­ struzioni. Il m etodo poi che si seguì e si segue tuttora per aver i mezzi di costruire non è senza inconvenienti e pericoli. I costruttori infatti otten­ gono i fondi necessari dal Crédit fonder il quale, alia sua volta, se li procura colla vendita delle proprie obbligazioni. N aturalm ente il loro prezzo in questi ultim i due anni è disceso continuam ente ed è in via di declinare ancora. Ma il m ale è che nelle attuali circostanze i costruttori non possono vendere nè affittare una gran parte delle case recentem ente co ­ stru ite, e se ciò perdurasse v erreb b e presto il giorno dell’im possibilità di far fronte agli im pegni assunti. A quali difficoltà vada incontro in tal modo il

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dìt fonder è agevole com prendere, difficoltà rese

ancor più gravi dall’essere esso uno dei più grandi istituti della F rancia.

U n’ altra causa del m alessere econom ico è quella dell’alloggio scarso e a caro prezzo. La questione degli alloggi per la classe indigente si agita oggi anche nella m etropoli inglese, ed ivi si discute nelle riviste e nei magazines con quell’ am ore pel p u b ­ blico bene che tanto contraddistingue gli inglesi.-Ma a Parigi la questione che vi si agita è un po’ di­ versa. A Londra gli alloggi dei poveri sono In ne­ gazione dell’ igiene e della m orale ; a Parigi invece si lam enta la mancanza di alloggi e il loro prezzo elevato. Le opere pubbliche costruite dal Municipio la erezione di nuove case fatte da speculatori, case che non sono punto p er la classe operaia, hanno fatto scom parire ad d irittu ra intieri quartieri prim a occupati da operai e questi sono stati respinti o nei sobborghi e quindi a grande distanza dagli opifici; o in recinti dove le case sono eccessivam ente abitate e l’aria è cattiva. Si aggiunga 1’ alto fitto derivante dalla scarsezza degli alloggi per gli operai, il forte dazio di consum o sugli oggetti di prim a necessità, in causa dell’enorm e debito del com une, e si im­ prenderà che il costo della vita è forse più alto a Parigi che in qu alu n q u e altra città d’E uropa. Perciò non ostante lo straordinario aum ento dei salari negli ultim i 20 anni la classe lavoratrice non trova la propria condizione m igliorata ma anzi se la vede peggiorata dal lavoro scarso e dal salario dim inuito.

Le proposte per alleviare questa triste condizione di cose piovvero da tutte le parti : clericali, legit­ tim isti, opportunisti e radicali, tutti presentarono la loro ricetta. Si propose ad esem pio di liberare i pegni del Monte di Pietà il cui valore non ecceda le lire IO e gli oggetti d’un valore inferiore a 20 lire consistenti in biancheria da letto, vestiti e s tr u ­ m enti da lavoro. Ma questa proposta fu dim ostrata assolutam ente inefficace e p u r richiedendo 9 milioni non dim inuiva punto la crisi. F u proposto anche di stabilire un credito di 5 milioni per organizzare col mezzo delle cucine econom iche una d istrib u ­ zione di bous d’alimentation en nature destinali a venir in aiuto alla popolazione parigina senza lavoro — ma si respinse non volendo d ar modo ai fan­ nulloni e agli infingardi di vivere alle spese del bi­ lancio. E si potrebbe continuare questa en um era­ zione p e r un pezzo, ma non ne vale proprio la pena. Da queste proposte si può com prendere quali discorsi furono pronunciali alla Cam era francese; all’infuori di qu ell’econom ista illustre che è Federico Passy e di Giulio F e rry tutti gli altri oratori caddero nelle solite aberrazioni proudhoniane o socialiste. Se in molti particolari non si può esser d’accordo col F erry , forse troppo ottim ista, e si capisce il perchè, egli va però lodato per l’ intonazione generale del suo discorso.

F ra le altre cose disse che le riform e sociali pro­ fonde sono quelle soltanto le quali com inciano colla riform a delle idee e dei costum i e che hanno la loro origine nell’attività, nell’iniziativa e nella p re ­ videnza individuale. La funzione dello Stato, aggiunse il F e rry , non è di sostituirsi alla iniziativa, alla p re­ videnza individuale ma aiu tare, incoraggiare, sov­ v enire, se occorre il loro sviluppo, mai sostituirsi ad esse. Ma il F e r ry è troppo ottim ista quando af­ ferm a che il buon senso del pubblico ha fatto tanto progresso da riconoscere che in u na crisi prove­

niente da cause diverse e profonde non è al governo che bisogna dom andare la soluzione, e la prova palm are l’ ha avuta col voto che m ettendo il M ini­ stero in m inoranza, dava ragione al leader dei ra­ dicali. Infatti la grande consultation della Camera francese come la chiamò spiritosam ente il M angin dell' Economiste français rinviò lo studio e la cura della crisi a una com m issione di 44 m em bri. Quali saranno i risultati di questa nuova inchiesta è facile prevedere, ma non vogliam o profetizzare nulla e a t­ tenderem o dal tem po; la crisi intanto seguirà il suo corso e forse agli e rro ri del passato se ne ag g iu n ­ geranno di nuovi, conseguenze questi delle mezze m isure, dei rim edi artificiosi, dei palliativi tanto cari ai cultori della m edicina sociale.

Il F erry , lo ripetiam o, va lodato pei suoi assen­ nati discorsi e dice benissim o il Journal des Débats, che mai si aveva così nettam ente afferm ato alla tr i ­ buna francese che lo Stato non può tutto, e in par­ ticolare che non è da lui che bisogna aspettarsi i rim edi allo crisi econom iche. P erò il F e rry non ha accennato a una delle cause della presente crisi, al­ trim enti avrebbe condannata la propria politica.,Egli non ha visto o non ha voluto vedere il nesso tra la pessima condizione del bilancio o la crisi ; ma non v’ ha dubbio che una dim inuzione di tasse da parte dello Stato e del Com une avrebbe scem ata : molto la crisi ; dim inuzione resa im possibile dallo follie com messe all’ estero.

P iù ancora che dalle vane discussioni della C o m ­ m issione d’inchiesta la F ran cia, am m aestrata da q u e­ ste dolorose vicende, se non vuole andar incontro a mali peggiori dovrà chiudere il periodo delle agi­ tazioni all’ interno e all’ estero e iniziare quello del raccoglim ento nel quale resta u rare le strem ate fi­ nanze e dar novello im pulso alle industrie e ai com ­ m erci affinchè possano guadagnare il terreno p e r ­ duto nella lotta econom ica internazionale.

LI SU ZIO N E DELLE BANCHE DI EMISSIONE

a ! 31 décembre 188 3

Il Ministero di A gricoltura e Com m ercio ha p u b ­ blicato il bollettino delle situazioni mensili degli Is ti­ tuti di em issione al 31 decem bro p. p. Secondo la abitudine riassum erem o le cifre principali contenute in questa im portante pubblicazione raffrontandole con le cifre corrispondenti del precedente m ese di n o -; vem bre.

L’attivo delle sei B anche di em issione autorizzato,!

in Italia si riassum eva alla fine dei due mesi ‘sopra! indicati nelle seguenti cifre :

D ecem tre Novembre

Cassa e riserva L. Portafoglio » Anticipazioni » Titoli » Grediti » Sofferenze » Depositi » Partite varie » 469,272,031 373,682,181 75,106,809 205,499,663 193,404,670 16,566,557 451,749,427 118,477,979 452,831,366 364,442,426 76,250,330 202,355,053 171,532,051 17,917,211 462,142,260 107,768,107 Totale L. 1,903,750,731

Spese del cor. eser. 10,884,119

1,855,238,808 10,328,037

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