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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.11 (1884) n.513, 2 marzo

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L’ECONOMISTA

G A Z Z E T T A S E T T I M A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Anno XI - Yol. XY

D om enica 2 Marzo 1881

N. 518

IL PROBLEMA FERROVIARIO

U N C H I A R I M E N T O P R E L I M I N A R E

Aspettando che le clausole della legge e delle con­ venzioni ferroviarie sieno definitivamente formolate ed ufficialmente portate a cognizione del pubblico, non mi sembra mal fatto il toccare una difficoltà, che oggi è molto facile a sciogliersi, ma che, rimandata a^più tardi, potrebbe intralciare l’andamento spedito della discussione. Essa è, secondo ho potuto com­ prendere, d’ un’ indole piuttosto politica che econo­ mica o finanziaria. Riporto testualmente le parole con le quali mi venne poco fa annunciata in uno scritto, di cui non potrei conoscere l ’autore, ma che d’ altronde è molto benevolo verso me :

« ... pur tuttavia la S. V. I. vorrà permet­ tere che lo scrivente I’ avverta dello errore in cui sarebbe caduta, se mai pensasse di assumere l’apo­ logià d’ un progetto col quale il ministro Renala tenta d Apresen tare questa magagna come un portato della opinione pubblica, la qual cosa sarebbe uno scan­ dalo, potendosi piuttosto qualificare come uno sca- mottamento di carte, imperocché è risaputo che la gran maggioranza di tanti testimonii uditi dalla Com­ missione d’ inchiesta è stala avversa a che lo eser­ cizio delle ferrovie venisse, anziché al Governo del Re, confidato a delle private Compagnie, e adesso invece, se stiamo alle asserzioni del sig. Genala, do­ vremmo supporre che una voce dì popolo io ha co­ stretto a convertire in disegno di legge le teorie fan­ tasmagoriche di una sedicente scienza, la quale sarà bella e buona, ma non deve aver voce in capitolo quando si tratti, come nella presente emergenza, di far perdere o guadagnare al nostro paese certe som­ me le quali si contano a diecine e centinaia di m i­ lioni... »

Qui si eleva in primo luogo una quistione di fatto; fatto il quale, nel modo in cui si presenta, sarebbe vero per quella delle sue metà ove non c’ interessa sapere se sia o non sia vero, ma è evidentemente erroneo per quella parte in cui altamente importa che non sia snaturato da alcun equivoco.

Comincio dalla parte che è fuor d’ ogni dubbio. Sì, è materialmente vero che il passaggio dal­ l’ esercizio governativo al privato non può dirsi idea scaturita da ciò che volgarmente si dice pubblica opinione, vox populi. Anzi, se si prendesse alla let­ tera il resultato dell’ Inchiesta, dovrebbe dirsi l’ op­

posto, dovremmo ritenere che la maggioranza de de­ ponenti siasi pronunziata per l’esercizio governativo; e questo concetto, che nello squarcio or ora qui r i ­ portato si annuncia iu digrosso, io sono in grado ed amo di confermarlo con precisione numerica. — Ecco come sta la cosa, esaminandola sulle risposte de’ de­ ponenti.

Fra i 158 quesiti che compongono il questionario, ve n’ erano per lo meuo 13 (num. 146-58) nei quali ciascuno trovava aperto un libero campo ad esporre le proprie idee intorno alla scelta dell’ uno o dell’altro fra i due sistemi. Eppure, sopra più che 000 depo­ nenti, quelli che furono chiamati o che spontanea­ mente si offrirono a pronunziarsi intorno alla prefe- ribilità, ascendono appena a 96. Quand’ anche avessero tutti dichiarato di preferire l’esercizio privato, codesta cifra sarebbe evidentemente debole troppo, per poter- lesi attribuire la forza di un voto plebiscitario. Ma il peggio si è, che essa va necessariamente soggetta a due^sottrazioni, relativamente non lievi.

Dapprima, si devono cancellare alcuni voti inde­ cisi, o non sinceri (come li avrebbero chiamati gli antichi veneziani) cioè: 4, perchè non risposero af­ fatto al quesito; e 5 che si dichiararono indifferenti all’ uno o all’ altro partito. E fin qui la votazione si aggirerebbe sopra sole 87 risposte.

Ma oltracciò, vi si trovano ancora mescolate altre 19, le quali testualmente io non conosco, perchè, r i ­ sultando da documenti scritti che non vennero pub­ blicati, è solamente a forza d’ indizii che ho potuto classificarle, ed ho dovuto supporne 14 contrarie a l­ l’ esercizio privato, 5 favorevoli.

Cosicché, lo scrutinio è da farsi : o per 87 r i ­ sposte, se vogliamo ritenere come accertate le ultime 1 9 ; o per sole 68, se a maggiore precisione amiamo di lasciarle in disparte.

N e ll’un caso e nell’ altro, l ’ appello'nominale ci da :

sovra. 87 roti : furorero'.i all’esercizio prirato 31 ( = 35,63 °[e) contrari » » 56 ( = 64,37 °[0)

87

sopra 68 roti: faroreroli coltrar i

26 ( = 38,24 X)

4^(= I6 1 ,7 6 »y

68

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ferìbile che l’esercizio delle strade ferrate italiane venga affidato all’industria privata. Fino a qui ar­ riva !a parte veridica: tutto cièche vien dopo si riduce a fatti alterati o erroneamente spiegati.

Egli è, per esempio, un falso supposto, il dire o insinuare che tra il deliberato della Commissione, ed il voto dei deponenti, siasi fatto apparire un nesso tale, da potervisi fabbricare il sospetto d’ un artificio o (per dire francamente il vocabolo) d’una ciurme­ ria vergognosa. Ma come mai ?

Se si allude alle risposte raccolte, ognun vede con quale scrupolosità la Commissione si è comportata. Non ha ella fedelmente consecrato ne’suoi processi­ verbali ogni sillaba de’ testimonii'? non è da questi processi-verbali che io ho potuto spigolare la ma­ grissima cifra de’ voti favorevoli, e la differenza in più che v i appare a prò dell’esercizio governativo? Qui non v ’ha luogo al più lontano sospetto di reti­ cenze o alterazioni del voto, tutto è passato e si ma­ nifesta in perfetta regola.

L ’ allusione, adunque, non può attribuirsi che al deliberato della Commissione. E certamente sarebbe giustificata, se vi si leggesse la menoma idea di aver voluto affermare che ì’ esercizio privato risultasse preferibile per effetto, in virtù , de’desideri espressi da’ deponenti. Bisogna, se si vuol essere di buona fede, ricorrere al testo. La Commissione sentì bene il bi­ sogno di avvertire che la sua deliberazione fu presa in apposita adunanza, presenti tutti i suoi 15 mem­ bri, ed a voto unanime; Ma non disse una sillaba per lasciar credere che, appigliandosi ad un tal partito, intendeva di fare omaggio al predominante parere de’ testimoni ; disse bensì che emetteva il pro­ prio avviso « dopo avere ponderato maturamente le ragioni addotte dali’ una e dall’ altra parte. » — V i fu dunque dissentimento tra i voti dei deponenti, e l ’avviso unanime di tutta la Commissione; ma nes­ suno potrebbe mai dimostrarci che siasi voluto farne un mistero, ed anzi egli è dalle parole medesime della Commissione che il pubblico lo ha saputo.

Adunque, eliminata cosi la quistione di fatto, io potrei arrestarmi, se non mi sembrasse opportuno di non passare in silenzio sulla maniera in cui co- desto fatto medesimo, reale ed innocente(per sè, me­ riti di venire apprezzato.

Già, per tagliar corto, io sento il bisogno di de­ mandare se la Commissione non fosse pienamente libera di assentire o non assentire al voto de’ testi- monii, e se, potendo allontanarsene, non fosse anzi tenuta a manifestare la sua discrepanza, com’ ella fedelmente ha fatto. La risposta si trova dapprima nell’ indole propria delle inchieste parlamentari. È un errore, che qualche altra volta deve essersi com­ messo fra noi, il pretendere che i loro Componenti debbano non avere nè volontà nè criterio, sieno automi, o adempiano tutt’al più l’ ufficio degli uscieri incaricati di raccogliere voti e deporli senza saperne il tenore. Errore anche qualora l’ Autorità che li scelga non siasi espressa sulla estensione del loro mandato ; ma nel caso nostro avvi di più, avvi la legge dell’8 luglio 1878, che non lascia il menomo dubbio su tal punto. Essa non ha dato soltanto una missione puramente statìstica, ma di proposito de­ liberato la volle anche consultativa. Dichiarò espli­ citamente che, oltre all’ appurare se i sistemi fino allora seguiti avessero corrisposto agli interessi dello Stato, la Commissione era chiamata ad investigare

« quali metodi fossero da preferirsi per le conces­ sioni dell’esercizio all’ industria privata, concessioni che a tutto rigore, eransi già decretate in massima sin dall’ anno antecedente. Il suo deliberato adun­ que fu un soprappiù; potea dispensarsene, e pro­ babilmente non sentì il bisogno di emetterlo, se non in quanto le risposte de’ deponenti tendevano a r i­ mettere in dubbio la massima già decretata. In que­ sto senso, la Commissione, non solo era libera, ma aveva stretto dovere di pronunziarsi, affinchè si sa­ pesse che i l o voti de’ suoi componenti erano pie­ namente conformi alle deliberazioni del Parlamento, e che quelli de’ deponenti non valevano, agli occhi suoi,, se non quanto fosse la forza delle ragioni su cui si appoggiavano.

Ed una volta scartato il fantasma d’ una illegalità imputabile alla condotta della benemerita Commis­ sione, vorrei tornare un po’ indietro per ritorcere l’ argomento, contro l ’importanza del voto dei de­ ponenti.

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zione è flagratile) monopolizzala in favore delle com­ pagnie di 'grossi banchieri. Salvo pochissime varianti, che è meglio non rilevare, questa è la forinola sa­ cramentale e monotona alla quale ricorrono, ripe ­ tendola fino alla nausea, come i cardinali di Galileo masticavano sempre il passo biblico terra autem in aeternum stat. Io invito chiunque affigga un me­ diocre interesse alla quislione, a voler leggere le depo­ sizioni Peruzzi, Borgnini, Pareto, Brambilla, Sacer­ doti, Gabelli, Breda, Costantini.... per non citare che le più emergenti ; e poi dirm i se ciascuna di loro non pesi dieci e cento volte più che tutte insieme le 56 risposte contrarie, a somiglianza dello E ppur si ■muove di Galileo che, ninno lo negherà, pesava un numero infinito di volte la sentenza da cui fu con­ dannato. Benedetta dunque la Commissione che, senza preoccuparsi del numero, si diede piuttosto a compilare quello stupendo prospetto delle ragioni addotte dall’una parte e dall'altra, con quella in­ vidiabile maestria che lo fece divenire un’ opera singolare davvero sulla materia, di cui l’Italia può andare orgogliosa !

Se poi io volessi spiegare come e perchè l’ eser­ cizio governativo abbia raccolto un numero maggiore di voti, dovrei usurpare ne\Y Economista uno spazio che a nessun titolo mi compete, e forse mi troverei trascinato a delle acerbe conclusioni, alle quali ho fatto giuramento di non discendere, ad ogni costo.

F . Fe r r a r a,

n e l l ’ a p p a l t o d e l l ’ e s e r c i z i o f e r r o v i a r i o

Alcuni giornali, anche tra i più autorevoli (e tra questi notiamo la Rassegna) giudicano quasi pedan­ tesca la divisione in vari gruppi dei fondi di r i ­ serva, i quali debbono essere costituiti per garan­ tire gli interessi dello Stato e del servizio nell’ ap­ palto a Società private dell’ esercizio ferroviario. Senza abbandonare la via che ci siamo tracciata in un precedente articolo su questo stesso argomento *) crediamo opportuno partire da questo punto nel l’e­ sporre sulla questione dei fondi di riserva alcune considerazioni.

Perchè tanti differenti fondi di riserva (osservano coloro i quali vanno per la maggiore, e credono che le cose apparentemente semplici siano le meglio o r­ dinate) non basta un solo fondo che valga a tutto ? E, senza mancare di rispetto a questi amatori delle cose semplici, ci sovviene di quell’ individuo che davanti ad una locomitiva esclamava : « perchè tutti quei meccanismi complicati ? basta una macchina che trascini! » Ma egli è appunto per avere una macchina che trascini, che si rende necessario quel complesso di meccanismi complicati ; e quanto più le scienze progrediscono, mentre 1’ arte insegna ad applicarne i trovati, tanto più complessi vediamo ri­ sultarci quei congegni dai quali vogliamo ricavare la massima forza col minimo consumo.

Nè tale paragone ci occorse casualmente al pen­ siero; esso trova la sua completa applicazione nel­

*) Vedi l’Economista N. 511.

l ’argomento del quale qui discorriamo, inquantochè se a coloro che vogliono un unico fondo di riserva vien fatto di domandare : —■ in qual modo si deter­ mina questo fondo unico? — allora, o saranno costretti a dichiararsi ignari della cosa e ad avere confuso il fondo di riserva con una qualunque somma che si toglie dal prodotto e la si tiene in serbo per sem­ plice garanzia, — od avranno dovuto venire ad una serie di considerazioni, dalle quali appunto dedurre tutti gli elementi che debbono comporre il fondo di riserva; e si saranno perciò trovati, non volen­ dolo, a raggruppare questi elementi io classi spe­ ciali, cioè a determinare appunto quei differenti fondi di riserva che non possono assolutamente es­ sere ignorati da chi parla di un fondo di riserva ; perchè il fondo di riserva è solamente la somma dei fondi di riserva ; e tutti sanno che 1’ addizione è impossibile quando non si conoscano le poste.

Cerchiamo quindi di analizzare ordinatamente.il processo logico, dal quale devono risultarci gli an- zidetti elementi.

Il contratto di appalto deve necessariamente con­ tenere un articolo il quale disponga che le spese di esercizio, tanto ordinario che straordinarie, sono a carico dell’ esercente. Sia, che lo Stato, proprie­ tario della rete, stipuli d’ incassare l ’ intero prodotto lordo compensando l’ esercente delle spese di eser­ cizio, alle quali deve sottostare per contratto, e che sieno state precedentemente valutate; — sia che lo Stato riceva dall’ esercente una quota del prodotto lordo ed una del prodotto netto, lasciando all’ eser­ cente stesso la rimanenza a compenso delle spese d’ esercizio,— è chiaro che in ogni modo vengono a stabilirsi due parti del prodotto lordo; 1’ una serve a rifondere l’esercente delle spese fatte ed a rim u ­ nerare il capitale che ha impiegato ; l ’ altra va a rimunerare il capitale che lo Stalo ha immobilizzato nella rete stradale. 0 il prodotto delle linee, per ragioni intrinseche ed estrinseche è scarso, ed allora avviene che lo Stato trovi una scarsa o scarsissima rimunerazione al suo capitale ; o il prodotto è molto alto ed allora, oltre che trovare tale rimunerazione, riceve anche un tributo per il privilegio o la con­ cessione ohe accorda. Si comprende però facilmente che lim iti sono fissati dalla natura stessa delle cose: se il prodotto di una o più linee è nel com­ plesso di una rete, molto abbondante, viene com ­ pensato da quello scarso di una linea o di altre li ­ nee ; se per avventura il prodotto di tutta una rete divenisse molto alto, ciò vorrebbe dire che è- pos­ sibile o un ribasso di tariffe, od un aumento di linee, il che corrisponde, o ad una diminuzione di entrate, o ad un aumento di spese.

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1' esercente, rimane quel tanto che lo Stato può per­ cepire a proprio profitto. Bisogna adunque determi­ nare queste spese. E quali sono ? e a quanto am­ montano? — Sembreranno straordinariamente comuni queste considerazioni, tuttavia diventa necessario in ­ sistervi se appare che in generale non se ne tenga conto, almeno dai primi tentativi che la stampa del nostro paese esperisce nella discussione della que­ stione ferroviaria.

Le convenzioni presentate alla Camera dal Mini­ stero Minghetti-Spaventa nel 1874 stabilivano che tutti i prodotti delle strade ferrate, esercitate spet­ tassero allo Stato, il quale avrebbe pagato il corre- spettivo degli obblighi assunti dall’ esercente, per ogni chilometro di antico o nuovo tronco, il primo anno L. 3,600, il secondo L. 3,750, il terzo L. 3,900, il quarto L. 4,050, e per ciascun anno successivo L. 4,200; di più avrebbe pagato centesimi 010, 025, 012, 010 per ogni viaggiatore o per ogni chilome­ tro percorso, secondo fosse di l a, 2,a 3a o 4a classe, e computando come viaggiatori di 4a classe i mi­ litari nei casi in cui pel loro trasporto si richie­ desse la sospensione del servizio pubblico ; infine avrebbe pagato centesimi 014 per ogni tonnellata di merce a grande velocità per chilometro percorso, e centesimi 0,275 a piccola velocità, e centesimi 050 per il carico o scarico di ogni tonnellata. Con tali correspettivi ed altri di m inor conto, la Società eser­ cente doveva supplire a tutte le spese ordinarie e straordinarie di esercizio, mantenimento, riparazioni, sorveglianza, sindacato governativo, imposte dirette ed indirette, pubblicità, assicurazioni, rinnovamento del materiale mobile e dei meccanismi delle stazioni e delle officine ed in generale tutte le spese di qua­ lunque natura, eccettuate :

а) le spese per. miglioramenti deh’ argine stra­ dale, per sviluppo e raddoppiamento dei binari e per costruzioni nuove di fabbricati e di opere di difesa ; б) le spese per I’ aumento del materiale mobile e fisso richiesto dall’ aprirsi di nuove linee o dal crescere del traffico;

c) le spese di riparazione ai guasti prodotti da cause di forza maggiore, come mareggiate, temporali, straripamenti di fiumi e torrenti, frane, scoscendi­ menti e simili.

Le convenzioni invece presentate dall’ on. Depretis alla Camera nel 1877 partivano da un altro concetto. Il prodotto lordo delle strade ferrate italiane (con­ tinentali) era presupposto in 150 milioni ; le società esercenti dovevano pagare allo Stato un canone fìsso di 45 milioni, salvo a dim inuirlo od aumentarlo di 40 centesimi per ogni cento lire di introito lordo se il prezzo del carbone fosse superiore od inferiore alle 40 lire per tonnellata; e salvo a diminuirlo del danno che 1'esercente risentisse da ribassi alle ta­ riffe normali imposte dallo Stato alla Società contro suo parere; oltre il canone fisso, lo Stato avrebbe percepito il 42 per cento del prodotto lordo ecce­ dente i 150 milioni, e la metà del prodotto netto che superasse il 7 1[2 per eento del capitale ver­ sato in azioni.

Tutto il rimanente spettava a ll’ esercente il quale doveva sopportare tutte le spese ordinarie e straor­ dinarie di tutti i servigi, comprese quelle per il man­ tenimento dell’ argine stradale, dei fabbricati e delle loro dipendenze; le riparazioni ordinarie e straordi­ narie; i rinnovamenti e perfezionamenti del materiale fisso e mobile; degli attrezzi di esercizio; delia

mobilia e dei meccanismi delle stazioni e delle o ffi­ cine ; la vigilanza ; il sindacato governativo ; le im ­ poste dirette ed indirette ed in generale tutte le spese di qualsiasi natura, eccettuate :

a) le spese per ampliamento dell’ argine stra­ dale ; per impianto di nuove stazioni ; per raddop­ piamento od aggiunta di binari; per aumento di meccanismi fissi nelle stazioni; per costruzioni nuove, compresi i fabbricati di ogni genere e le chiusure; non che per la costituzione delle opere definitive alle provvisorie;

b) i rifacimenti in acciaio delle linee non an­ cora armate con rotaie di tipo normale, compresi gli scambi e le piattaforme, secondo il programma e dentro lim iti da stabilirsi, per i quali rifacimenti la Società doveva prendere per conto del governo a cui avrebbe corrisposto il 4 112 per cento annuo sulla spesa liquidata, durante tutto il periodo del contratto;

c) l’ aumento del materiale mobile, cioè: loco­ motive, carrozze, carri e loro accessori, che occor­ ressero per il servizio delle linee in conseguenza dell’ aumento del traffico e nel solo caso di evidente e dimostrata insufficenza del materiale esistente;

d) le spese per riparazioni ai guasti cagionati alle linee e loro dipendenze da terremoto, da inon­ dazioni, da mareggiate e da franamenti di terra;

e) le spese per consolidamento o ricostruzione di opere che, per vizio di costruzione, non presen­ tino sufficiente solidità e sieno in tali condizioni da compromettere la sicurezza dell’ esercizio.

Abbiamo voluto riportare questo riassunto delle convenzioni state elaborate in Italia, nelle parti che riflettono la distribuzione delle spese tra lo Stato proprietario della rete stradale e la Società conces­ sionaria dell’esercizio perchè si vegga che trattasi di cose molto complicate e che la semplicità dei con­ tratti in questi casi è solo sorgente di molteplicità nelle questioni che da essi possono sorgere. Il con­ tratto di esercizio ferroviario, ha qualche analogia col contratto di fitto e con quello di usufrutto e tutti sanno quanti articoli spenda i l Codice civile, solo per tracciare con norme generali la spettanza delle spese tra il proprietario e l’ utente. Nè, ripetiamo, si eviterebbero le difficoltà addossando tutte le spese di qualunque genere albumi od all’ altra delle parli, poi­ ché di diritto e di fatto alcune sono a solo vantaggio del proprietario della rete, altre a solo vantaggio del­ l’esercente, altre ancora a vantaggio tanto dell’ uno che dell’altro. È ben vero che i trattati di economia fanno scolasticamente una netta divisione tra capi­ tale fisso e capitale circolante e sotto un certo aspetto questa distinzione potrebbe applicarsi al caso in que­ stione, ma i trattati stessi avvertono anche che nella pratica non è possibile determinare con esatto c ri­ terio ciò che sia capitale fisso e ciò ohe sia capitale circolante.

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pitale nell’ esercizio perchè occorreranno più locomo­ tive e più combustibile per la trazione dello stesso peso. Ne abbiamo un esempio nella linea dei Giovi che domanda la costruzione di una succursale in- quantochè, avendo pendenze superiori al 30 per mille, rende meno agevole il movimento. E la maggiore pendenza domanda anche nella scesa maggior nu­ mero di freni e quindi maggior personale. In altro luogo la ferrovia attraversa regioni infestate dalla malaria la quale domanda una maggior spesa per personale di servizio e quindi un aumento nel com­ plessivo aggravio dell’ esercizio. A ltro v e , come in molte delle^provincie meridionali, la qualità dell acqua rende le locomotive di una durata assai inferiore al normale e tanto minore secondo che possono for­ nirsi d’ acqua buona con maggiore difficoltà; lo stesso dicasi per i depositi di ghiaia che sono distribuiti m modo diverso'nei singoli paesi. Una incognita è an­ cora rappresentata dalle spese di amministrazione le quali crescono bensì coll’alimentare della estensione in superfìce della rete, ma in una proporzione che non è costante, perchè molto spesso il raddoppia­ mento nello sviluppo chilometrico della rete imporla che sia quadruplicata l ’estensione del territorio nella quale la rete stessa si svolge, e quindi esige una duplicazione de’ molti servizi di amministrazione che possono rimanere centralizzati se l’ aumento della rete si verifichi invece in una più ristretta zona di territorio.

E ci paiono sufficenti questi cenni per poter senz al­ tro concludere che le spese di esercizio rappresen­ tano una entità difficile assai a determinarsi perche immensamente complessa; complessa in ragione degli obblighi che si impongono all’ esercente; complessa in ragione che lo Stato proprietario si spogli più o rneno^delle spese che come proprietario gli incom­ berebbero; complessa per le condizioni diverse dei luoghi e quindi per la mutabilità degli elementi che concorrono a formarla.

E odi è ben vero che la esperienza qui concorre più che la scienza a darci gli elementi necessari per trovare la entità delle spese d’esercizio, e che se non possiamo a priori determinare una per una tutte le somme che devono concorrere a dare la cifra finale, abbiamo però gli anni precedenti di esercizio, i r i­ sultati dei quali possono informarci della proporzione delle spese sia col traffico, sia col prodotto lordo o netto, ma tale esperienza non semplifica la questione che ci siamo posta in sul principio di questo scritto. Infatti dai bilanci delle quattro reti italiane che lun- zionavano nel 1867 vediamo che le spese furono in quell’anno :

per l’Alta Italia L. 11,038 al chip., su chilom.» 2,380

per le Romane . . » 7,197 id. id. U”’ "

per le Meridionali » 9,075 id. id. U™*

per le Calabro-Sic. » 6,766 id. id. 149

e dieci anni dopo

per l’Alta Italia. . L. per le Romane . . . » per le Meridionali . » per le Calabro Sic. . » per le Sarde... » 16,694 al chi]/’ su chilom.13,462 12,211 10,245 id. id. 1,647 id. id. 1,450 6,907 id. id. 1,109 6,321 id. id. 200 per la lineaVieenza- S c h io ... » 2,601 id. id. 30

per le linee Vicenza- Treviso e Padova-

B a s s a n o ... » 3,472 id. id. 34

per la linea Torino-

Ciriè-Lanzo. . . . » 7,609 id. id. 32

ma queste stesse cifre ci dimostrano la variabilità del rapporto nel tempo e nello spazio, la quale va­ riabilità non diminuisce anche se si tenga conto della proporzione tra la spesa ed il prodotto lordo, pro­ porzione che nel 1877 fu per le anzidette linee la seguente :

Alta Ita lia . . L.0,60 °|0 Vicenza-Schio. . L. 0,50°|„

Romane . . . . » 0,74 » Vicenza-Treviso e

Meridionali . . » 0,67 » Padova-Bass/. » 0,73 »

Calabro-Sicule » 1,05 »

Torino-Ciriè-gard e ... » 1,34 » Lanzo... » 0,55 *

Dicevamo però che quand’ anche si volesse tener conto della esperienza o basare la valutazione delle spese sulle medie di uù periodo precedente più o meno esteso, ciò non basterebbe a sciogliere la que­ stione ohe ci siamo posta, la si ridurrebbe sempre a questa: le spese di esercizio hanno ad intendersi quelle che corrispondono al capitale circolante im ­ piegato, combustibile, personale, riparazioni o rd i­ nane, ec., ma come ed in qual misura provvedere alle spese in conto capitale? — In altri termini : dal prodotto lordo di una rete è necessario prelevare somme per le spese ordinarie e straordinarie per il semplice escvcizio della rete stessa, ma e anclm ne­ cessario in una buona ed ordinata amministrazione prelevare le somme per le spese di tutto quel ma- leriale fisso che va consumandosi coll’ uso, come pure di quelle altre spese le quali sebbene accadano casualmente nel tempo e nello spazio, cioè sono pro­ dotte da cause a noi ignote nella loro successione, non mancano però di gravare quando a quando il bilancio.

E qui appunto interviene prepotente l interesse del proprietario perchè a questo ordine di spese sia in modo regolare e previdente provveduto. Infatti che la Società assuntrice provveda alle spese ordinarie e straordinarie di semplice esercizio, ciò entra uell’ ob- bfigo essenziale del suo contratto ed il non ottem­ perarvi la ridurrebbe presto nella impossibilità di compiere il servizio, e quindi richiamerebbe sopra di sè le penalità stabilite dalle convenzioni; sta quindi nel suo interesse, che coincide con quello dello Stato, di non essere soverchiamente avara; — ma che l’interesse ha la Società di riparare all’argine o l’armamento stradale i l cui consumo è giornaliero, ma il cui r i ­ facimento, in condizioni normali, è necessario solo dopo un periodo più lungo assai del contratto ? — che interesse ha la Società di trovarsi pronta a r i­ fare quelle opere d’arte che casi di forza maggiore, ad esempio le inondazioni, avesse guaste, se prov­ visori puntelli bastano a far procedere il servizio sino a che spiri il contratto ? che interesse ha ancora la Società a intraprendere grandi lavori di ampliamento richiesti dall’aumento del traffico, se la rifusione del capitale impiegato per mezzo del pro­ dotto netto e così tarda da oltrepassare ogni lim ite del contratto? — che interesse ha infine la Società a mantenere sempre buono il materiale mobile quando sia obbligata colla propria quota a rifarlo, o che in­ teresse ha a mantenerlo in buono stato il più lungo tempo possibile se non è colla sua quota che con­ corre a rinnovarlo?

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riserva e fanno le maraviglie perchè si sarebbero statuiti parecchi fondi.

Le convenzioni Minghetti-Spaventa contemplavano un fondo di riserva unico: Pari. 20 diceva che per la rinnovazione dell’armamento stradale si formerà un fondo di riserva, prelevando dal prodotto lordo, per ogni chilometro di strada ferrata in esercizio, nel primo anno L. 500, nel secondo L. 600, nel terzo L . 900, nel quarto L. 1,200 ed in ciascuno dei successivi anni L. 1,500. Ma come si garantiva 10 Stato dei buon mantenimento dell’argine stradale? — come del buono stato e del miglioramento del materiale mobile? — Si obbietta che siccome è nell’ interesse dell’esercente di dare un buon servi­ zio, per ricavarne il massimo vantaggio, avrà anche cura di mantenere in buone condizioni la strada ed 11 materiale mobile. Ma si può anche rispondere che l’esercente, specie negli ultim i anni dell’esercizio, posto tra la spesa immediata e certa per m ig lio ra ­ menti, o consolidamenti, ed il vantaggio remoto ed incerto che potrà ricavarne, non starà dubbio nello scegliere.

Nelle convenzioni Depretis 1877 vi è un regresso di qualche importanza in ciò che riguarda i fondi di riserva. Quelle convenzioni avevano il torto di non contemplare la vendita del materiale mobile che rimaneva di proprietà dello Stato e era dato solo in uso alle Società esercenti dietro garanzia; e quindi spettava allo Stato il rinnovare e migliorare il ma­ teriale, cioè lasciava in mano del meno adatto dei due contraenti una delle parti più importanti e de­ licate dell’ industria ferroviaria. Le Società o avreb­ bero avuto interesse a far introdurre certi miglio­ ramenti e sarebbero rimaste silenziose, o sarebbero state esigenti eccessivamente quando vi avessero scorto il loro tornaconto. Lo Stato si sarebbe trovato sempre in opposizione cogli esercenti. Nessun fondo di riserva veniva pure stabilito dalle convenzioni Depretis per la manutenzione ordinaria che spettava alla so­ cietà esercente, nè per la straordinaria che spettava allo Stato.

Il progetto di legge presentato alla Camera dal- l’ onor. Baccarini nel gennaio 1885 contemplava invece tre fondi di riserva, escludendo quello per l’ aumento del materiale mobile (il quale mate­ riale secondo quel progetto sarebbe stalo venduto alle Società esercenti). I tre fondi di riserva erano rispettivamente destinati: al rinnuovamento del ma­ teriale fisso; agli ampliamenti e miglioramenti ed ai casi di forza maggiore; a rimborsare le Società delle eventuali perdite nell’ esercizio delle nuove linee.

Delle cose sin qui dette sull’argomento dei fondi di riserva ci pare lecito di ricavare che l ’ interesse dello Stato, sia come responsabile del buon servizio ferroviario, sia come proprietario della rete stradale, sia infine come eventuale successore dell’ esercente, terminato 1’ appalto, consiste nell’avere garanzia suf­ ficiente ; primo che la rete stradale ed il materiale mobile verranno dalle Società esercenti conservati in buone condizioni così che in qualunque caso possa essere eseguilo il servizio, secondo che dal­ l ’esercente sia poi provveduto a tutti quegli aumenti e. miglioramenti che tanto nella strada come ne! ma­ teriale mobile sono resi necessari dall’ aumento del traffico.

Sviluppiamo ciascuno di questi due punti, cercando appunto quegli elementi coi quali poi comporre la

cifra unica, che ci rappresenti la somma dei fondi di riserva.

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desiderare. Ora dobbiamo aggiungere che lo Stato non opererebbe saggiamente se introitasse la quota di prodotto lordo destinata a questa specie di spese, riservandosi di iscrivere in bilancio la somma re ­ lativa, quando tali spese si rendessero necessarie. Perchè infatti lo Stato quale proprietario, non deve essere altrettanto previdente ed ordinato come lo sono i privati ? Le maggiori garanzie di questa pre­ videnza e di questo ordine non sono - trattandosi del Governo che amministra la cosa altrui — anche garanzie di libertà? — Non può avvenire che si imponga la necessità di spese causate da forza mag­ giore proprio quando le condizioni finanziarie del bilancio sono meno adatte a sopportarle? — Ed al­ lora? Si continuerà anche in questi casi nella poli­ tica economica seguita in questi ultimi anni a proposito dell’ Alta Italia, di procrastinare cioè le spese renden­ dole più onerose ? — Due fatti recenti vengono a con­ ferma delle nostre considerazioni. Ci ricordiamo quanto si è biasimato il Governo di aver lasciato dopo la convenzione di Basilea per due anni senza garanzia suflìcento l'esercizio dell’ Alta Italia alla cessata Società la quale, si disse, sfruttò in quei due anni materiale mobile ed argine stradale a proprio benefizio ed a danno dello Stato. Questo esempio è adunque prova della opportunità di non affidare al­ l’esercente un ordine di spese che non ha interesse di eseguir Itene. E ci ricordiamo ancora il biasimo che si sollevò in Parlamento contro il Governo perchè lungi dall’ aver capitalizzate le quote di tassa che perce­ piva dagli impiegati per conto pensioni, le iscrisse come entrate dei bilancio aggravandosi di tutto il peso del debito vitalizio; — e questo giusto biasimo ci porta appunto a concludere che improvvidamente agirebbe, anche nel caso qui in discussione, lo Stato se una quota di compartecipazione al prodotto lordo la computasse come entrata, mentre gli rap­ presenta una categoria di spese a cui presto o tardi dovrà soggiacere.

Un primo elemento quindi del fondo di riserva è dato da una quota necessaria alle riparazioni della strada per i danni prodotti da forza maggiore. E tale fondo di riserva è anche contemplato dall’articolo 5 del progetto di legge 1883 dell’on. Baccarini.

Ma la strada la cui durata — salvi i casi di forza maggiore — è incalcolabilmente lunga, ha una parte molto costosa, più facilmente deteriora­ bile, vale a dire il suo armamento che rappresenta, oggi specialmente, una quistione di qualche impor­ tanza.

È noto che da qualche tempo le rotaie di quasi tutte le linee sono fatte in acciaio ; ed è noto an­ cora che tali rotaie in acciaio hanno una durata molto maggiore di quella delle rotaie in ferro, ma che tale durata è quantitativamente ignota, e solo la si pre­ sume per un trentennio da alcuni, per un quaran­ tennio da altri. Ora è a considerarsi che il consumo delle rotaie avviene per due cause; la loro esposi­ zione costante, e l ’attrito coi treni che percorrono la strada. Se l’ uso delle rotaie in acciaio non fosse cosi recente (sei o sette anni) e la loro durata non fosse così lunga si potrebbe conoscere — come si conoscerà certamente nell’ avvenire — qual parte del consumo debba essere assegnata all’ esposizione e quale all’ attrito dei treni; e quindi si potrebbe an­ che, dato il peso ed il numero dei carri che percor­ rono una linea, stabilire il tempo nel quale dovrà eseguirsi la rinnovazione dell’ armamento. — Ma, co­

me abbiamo detto, è troppo recente l’ uso delle ro ­ taie di acciaio e quindi è ignota la funzione singola di queste due cause distruggitrici ; però i tecnici si accordano nell’assegaare a circa un trentennio la durata dell’ armamento.

Ciò premesso, è lecito domandare a coloro i quali vorrebbero un solo fondo di riserva : — non conviene tener conto anche di questo elemento per stabilire anche approssimativamente una cifra complessiva della riserva ? 0 che lo Stato dovrà appaltare l’ eser­ cizio delle ferrovie oggi e riprendere eventualmente le linee da qui a trent’ anni, essendo subito costretto a rinnuovare tutto l'armamento senza aver messo a parte un solo centesimo per questa spesa ? Notisi che la spesa per il rifacimento dell’ armamento in acciaio non è tanto lieve da potersi con cuor leggero affrontare, senza averla preveduta, al momento in cui si rendesse necessaria, e che anche per essa valgono quelle osservazioni che abbiamo prima fatto sui doveri che incombono ad una amministrazione bene ordinata. Si tratta infatti, per rotaie di 38 chilogr. di acciaio al metro corrente, di una spesa che supera le L. 25 mila por chilometro. Solo potrebbesi muover questione, ci pare, intorno al modo di costituire il fondo di riserva destinato a tale rinnuovamenlo. Se la fun­ zione per la quale avviene il consumo della rotaia è doppia, cioè costante ed eguale, o quasi eguale per le cause ordinarie, e relativo all’attrito prodotto dal numero dei treni e dal peso, non sarebbe giusto che la quota per ciascuna linea sia appunto doppia vale a dire per una parte costante ed eguale a tutte le linee e per l’altra in rapporto al movimento che si verifica su ciascuna linea ? Certamente che il vero sistema dovrebbe esser appunto questo ; il pro­ dotto lordo dovrebbe fornire il fondo di riserva con una proporzione costante ed eguale in quanto il consumo derivi da cause estrinseche al servizio, e con una proporzione relativa al movimento in quanto il consumo derivi da maggior attività che sulla ro­ taia si verifica. Ma abbiamo avvertito che mancano completamente gli elementi per determinare quale sia l’effetto che sul consumo della rotaia viene cau­ sato dal movimento; d’ altra parte viene asserito dai competenti che la durata delle rotaie d’acciaio sarà di circa 30 a 40 a n n i; è lecito quindi su questo elemento determinare una quota annua che cogl’ in­ teressi composti fornisca alla fine del trentennio la som­ ma necessaria per il rinnuovamento dell’ armamento. E crediamo appunto che questa sia la base dalla quale è partito I’ on. Genala per determinare questo secondo fondo di riserva consacrato alla rinnovazione dell’ armamento. Qualcuno potrà obbiettare che in questo modo non si tien conto degli effetti dell’ even­ tuale aumento del traffico, per il quale aumento il consumo può essere proporzionalmente affrettato ; ma crediamo che anche a questo punto delicato della quistione le convenzioni Genala provvedano per mezzo d i una piccola quota (s i dice sia un mezzo per cento) dell’ aumento del prodotto lo rd o ; la quale quota sarebbe destinata a mantenere abba­ stanza alto questo fondo di riserva se il maggior movimento dovesse influire ad una minore durata della rotaia.

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suggerito da principii di una saggia amministrazione e di una elementare previdenza.

In altro articolo vedremo degli altri due fondi di riserva che verrebbero stabiliti e dei criteri dai quali si deve partire per determinarli e giustificarli.

RIVISTA DELLA STAMPA

S ULLA QUESTI ONE E E R R O Y I A R I A

E per l’autorità grandissima, e per la incontesta­ bile competenza dell’illustre scrittore, che seppe con tanta lode tenere il delicato ufficio di Presidente della Commissione per l’Inchiesta ferroviaria, ci corre preciso l’obbligo di assegnare oggi il primo posto in questa nostra rivista settimanale a un dotto articolo dell’on. Brioschi sulla Questione ferroviaria in Italia pubblicato nell’ultimo fascicolo della Nuova Anto­

logia. Del quale, pur non potendo fare un ampio e

completo riassunto, come T importanza del tema ri­ chiederebbe, vogliamo almeno dare qui un breve cenno, onde segnalarlo alla attenzione di quelli fra i nostri lettori, e vogliamo credere non saranno molti, ai quali per avventura fosse sfuggito.

L’on. Brioschi incomincia col dichiarare ch’egli non si intrattiene a discutere quale sia il sistema da pre­ ferirsi nella soluzione del problema ferroviario — se il sistema dell’esercizio governativo, quello delle conces­ sioni della proprietà delle linee, o quello dell’appalto del solo esercizio — imperocché, dopo le conclusioni della Commissione per l’Inchiesta ferroviaria, la quale si pronunziò in favore dell’ultimo di tali sistemi, nis- suno essendo sorto a sostenere una soluzione diversa, la quistione di massima può dirsi ormai risoluta in questo senso. — Il vero nodo della quistione sta dun­ que ora nel ricercare e nello stabilire quale sia il miglior modo di regolare l’esercizio privato : quali i rapporti da stabilirsi fra lo Stato proprietario e le Società che assumeranno l’esercizio delle linee. Qui­ stione gravissima per l’Italia, che chiamata dalla ne­ cessità delle cose ad attuare per prima sopra vasta scala il sistema dell’ appalto dell’esercizio delle sue reti ferroviarie, non può valersi dei risultati di espe­ rienze analoghe; ma di importanza non lieve anche per gli altri stati, i quali allo scadere delle conces­ sioni in corso, se non vorranno adottare il sistema dell’ esercizio governativo, si troveranno, o prima o poi, in condizioni identiche alle nostre attuali. — Non è già che manchino esempi di linee ferroviarie esercitate da chi non é il proprietario. In Italia stessa n'el 1882 sopra 9182 chil. di ferrovia ben 1472 appartenevano allo Stato, ed erano esercitate da so­ cietà private, e 987 chil. di ferrovie appartenenti a società o a consorzi privati si esercitavano dallo Stato; avevamo cioè in complesso chil. 2459 di fer­ rovie non esercitate dal proprietario e cosi un 27 per 100 circa della rete italiana. Ma il contratto d’appalto della rete Calabro-Sicula, che pure per la vastità della rete che ne forma oggetto è il più im­ portante, non può esserci, secondo l ’on. Brioschi, di lume veruno, viste le condizioni specialissime di quelle linee, come non ce lo possono essere per la tenuità dell’oggetto quelli delle linee venete esercitate dallo Stato.

Più meritevoli di considerazione secondo l’egregio scrittore sono lo convenzioni progettate dagli on. Min- getti e Spaventa nel 1874 e quelle Depretis del 1877, delle quali si intrattiene lungamente a parlare, e che sebbene sostanzialmente diverse fra loro nel concetto, e le une e le altre non tali certo da prendersi a mo­ dello, pure hanno grandemente agevolato il compito della Commissione dTnchiesta nel determinare quelle norme che dovrebbero servire di base ai contratti

aventi per oggetto l’appalto dell’esercizio delle fer­ rovie. E meritevole di considerazione giudica anche il contratto tuttora in vigore col quale il Governo olandese proprietario di circa 1300 chil. di ferrovie le ha fino dal 1863 concesse in appalto ad una so­ cietà privata. Da questo contratto infatti, come an­ che dall’esempio di ciò che si pratica nell’impero ger­ manico, dove pure vige il sistema dell’esercizio go­ vernativo, la Commissione d’Inchiesta è stata tratta a riconoscere la necessità di costituire, prelevandoli dai prodotti dell’esercizio, speciali fondi di riserva, par far fronte non tanto alle riparazioni ordinarie e straordinarie, quanto anche al rinnovamento e al­ l’ampliamento del materiale ferroviario, cosi di quello mobile come di quello fisso ; necessità che l’on. Brio­ schi dimostra luminosamente con argomenti che in gran parte concordano eon quelli addotti da noi a tale proposito e confutando l’opinione dell’on. Bac- carini, che si è dichiarato contrailo alla costituzione di un fondo di riserva per il rinnovamento del ma­ teriale mobile.

L’on. Brioschi, scendendo poi ad esaminare le con­ dizioni attuali dell’ industria ferroviaria in Italia, dice che nel 1882 tutte le ferrovie in esercizio dettero un prodotto lordo ascendente in complesso a h . 180,192,925 cioè un prodotto chilometrico medio di Lire 23,455 mentre le spese di esercizio ascesero a L. 121,953,803, in media L. 15,867 a chilometro. In altri termini le spese di esercizio assorbiscono fra noi il 68 per 100

circa del prodotto lordo.

Partendo da questi dati di fatto e ponendoli a con­ fronto con quelli relativi all’ esercizio delle ferrovie dell’ impero germanico, dove, come abbiamo veduto, è invalso il sistema di provvedere con la formazione di speciali fondi di riserva alla manutenzione, al rin- nuovamento ed all’ ampliamento del materiale ferro­ viario, 1’ on. Brioschi ritiene che stando le cose nella condizione nella quale erano fra noi nel 1882 occor­ rerebbe mettere da parte per tale oggetto almeno un 40 milioni all’anno.

E questo secondo l’on. Brioschi, dovrebbe farsi in qualunque caso, sia che le ferrovie si esercitino dai privati, o dallo Stato, sia che esse appartengano al-

1’ esercente, o no, perchè colla formazione di cosi fatti fondi di riserva determinati non con criteri empirici o teoretici, ma secondo i resultati dell’ esperienza, la quale p. es. c' insegna, quanto tempo possa vivere una locomotiva, quale è la durata delle rotaie, quale è il numero di veicoli occorrenti per una data quantità di traffico e via dicendo, 1’ industria ferroviaria cessa di essere una industria piena di pericoli, di incer­ tezze e di alea, quale lo sarebbe altrimenti. D’altra parte quando, come accade per 1’ Italia, è una ne­

cessità 1’ addivenire alla stipulazione di un contratto

per l’appalto dell’esercizio, la creazione dei fondi di riserva in parola, rende possibile anche di fronte a simili contratti quella sufficiente libertà di azione nell’ esercente, e quella sicurezza di stabilità nel bi­ lancio dello Stato, che sono i maggiori vantaggi del sistema delle concessioni. Oltredichè collo stabilire la formazione dei fondi di riserva si vengono a deter­ minare nettamente fino da principio gli obblighi re­ spettivi dello Stato e della Società e quel che più monta ad assicurare che questi obblighi saranno adem­ piuti. Lo che renderà da un lato più agevole otte­ nere dal Parlamento, che potrà darla con piena co­

gnizione di causa, 1’ approvazione di un contratto di

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Giunto a questo punto, l'egregio articolista repu­ tando più prudente consiglio, e quasi un doveroso riguardo verso l ’on. Ministro dei lavori pubblici le cui opinioni sono ormai note, il non scendere a de­ terminare nei loro particolari le modalità colle quali dovrebbero formularsi i contratti per l’appalto del­ l’esercizio ferroviario, onde non intralciare le tra tta ­ tive ormai pendenti a tal scopo conclude augurando all’ on. Genala di potere, pel bene del nostro paese, condurre a buon porto la nave del regime ferrovia­ rio travagliata dal provvisorio e dalla imprevidenza.

Continuando nella trattazione della quistione fer­ roviaria il Fieramosca del 26 febbraio contiene r n ar­ ticolo molto assennalo nel quale sotto la^ rubrica proprietà o esercizio? — passa in rassegna i vari siste­ mi ferroviari attuati in Europa ed in America e mentre,

avviene che in teoria, il sistema preferibile è forse quello delle concessioni temporanee, durante le quali la proprietà delle linee spetta alle Società esercenti e lo Stato le sussidia, o con garanzie^ o con sovven­ zioni finché il prodotto si mantiene inferiore a un certo limite, e partecipa agli utili dell’esercizio da quelji- mitein su, in pratica poi trova che questo sistema si pre­ senta inattuabile per noi. Infatti non bisogna dimen­ ticare che per il riscatto delle linee dell’Alta Italia imposto allo Stato da gravi ragioni politiche, noi siamo venuti a pagare quelle reti non per quello che valevano ma per quello che erano costate. Vor­ rebbe forse il Parlamento autorizzarne la vendita al loro vero prezzo di tariffa inferiore a quello pa­ gato, ciò che sarebbe confessare apertamente di aver fatto un affare disastroso? E a qual prezzo si dovreb­ bero vendere le Romane? D’altra parte non è spe­ rabile trovare in Italia delle Società che possano di­ sporre dei capitali necessari all’uopo. Sarà gran ven­ tura se avremo trovate due Società^ che assumano 1’ esercizio delle due reti ferroviarie italiane. Tutto ciò secondo il Fieramosca, porta a concludere, che quando non si può conseguire l’ottimo, bisogna con­ tentarsi del bene, e che dovremo essere grati all’ono revole Genala per averci liberati almeno dai danni dell’esercizio governativo. Egli trova strano poi^ che mentre non si mosse alcun rimprovero contro l’ono­ revole Baecarini il quale dopo tanti studi, e dopo cosi lunghi indugi non ha fatto altro che presentarci un mero progetto di massima per l’appalto dell’eser­ cizio delle ferrovie, si faccia gli impazienti con l’ono­ revole Genala, il quale in pochi mesi ha saputo introdurre delle opportune modificazioni in quel pro­ getto e trovato il modo di assicurarne la pratica attuazione; e tutto ciò, perchè l’ onorevole Genala non tenta l’impossibile, cioè la retrocessione della proprietà delle ferrovie, a Società private.

In un secondo articolo — breve sosta — il Fie­

ramosca da un sunto dell’articolo dell’onor. Ferrara

pubblicato nel numero del 24 febbraio dell’ Econo­

mista e si rallegra di vedere ancora sulla breccia a

combattere per la libertà quel principe degli eco-_ nomisti.

La Gazzetta di Genova del 24 febbraio ha una corrispondenza da Roma nella quale trattando della quistione ferroviaria si dice che la divisione longi­ tudinale delle linee esistenti, l’unica logica e meglio corrispondente ai reali bisogni del paese, è stata cosa possibile dall’ apertura dello shocco di Venti- miglia e della linea del Gottardo, perche mediante queste nuove linee si è venuto a stabilire un giu­ sto equilibrio fra gli sbocchi già esistenti dal lato orientale della Catena delle Alpi e quelli occidentali. Ma per ciò appunto è mestieri nell’ attuare la divi­ sione in senso longitudinale accordare lo sbocco del Gottardo alla sola rete Mediterranea ; altrimenti a questa si verrebbe ad accordare un numero minore di passi alpini di fronte all’altra. L’una riunirebbe di

soli 3 passi alpini e l’altra di 4. Adottando un di­ verso sistema, che ormai si può ritenere definitiva­ mente messo da parte, non solamente si commetterebbe una grande ingiustizia, ma si recherebbe un grave pregiudizio a Genova, a profitto non già di Venezia o di altra città della penisola, ma a profitto di Mar­ siglia con danno certo del nostro movimento com­ merciale.

Anche il Corriere Mercantile del 27 febbraio con­ tiene un notevole articolo sulla questione degli accessi al Gottardo. L ’autorevole periodico, facendo plauso alla deliberazione presa di includere ambedue le linee di accesso nella rete Mediterranea , osserva essere questa l’unica soluzione logica e naturale, Intatti, osserva il Corriere, le linee internazionali non sono destinate al servizio dei paesi che attraversano, ma di quelli a cui fanno capo. Ora la linea del Gottardo, destinata ad avvicinare il centro dell’Europa al mare, fa capo naturalmente a Genova , che è il porto piu prossimo a quello sbocco alpino. Naturale quindi che gli accessi al Gottardo spettino tutti ed esclusiva­ mente alla rete ferroviaria a cui appartiene Genova. D’altra parte il Corriere non comprende la ragione dell’opposizione di Venezia a questa soluzione. Venezia, dista dal Gottardo 265 chilometri, mentre Genova ne e distante soltanto eliil. 151. Ora una differenza di 114 (,hil. è tale, che, togliendo anche la necessità ci un ser­ vizio cumulativo, Venezia non potrebbe mai ìeggèie a concorrenza di Genova. Non lo potrebbe se non mercè l’aiuto di un sistema di tariffe arbitrarie, ma mssuno vorrebbe certamente tollerare che ciò si facesse. Ag­ giunge poi il Corriere Mercantile, che accordando 1’ accesso al Gottardo ad una società che non toc­ casse il porto di Genova, questa si troverebbe facil­ mente disposta a richiamare artificialmente sui mer­ cati italiani i prodotti dell’Europa centrale, a sca­ pito di quelli che ci giungono per la via di mare dall’Inghilterra e daH’America, turbando cosi il corso naturale dei nostri commerci.

Lo stesso numero del Corriere Mercantile contiene poi un riassunto abbastanza ampio della prima let­ tera diretta ai Redattori del nostro^ Giornale dal- l’on. Ferrara, che1 come si esprime il Corriere, e, e rimarrà sempre il monitore di^ chiunque s moltia negli studi dei problemi economici.

Il Ravennate nel suo numero del 21 febbraio, de­ plorando la scarsità di notizie o come egli dice il mistero che regna intorno alle pratiche iniziate dai governo per la soluzione del problema ferroviario, insiste sulla somma importanza del problema stesso,

e dice che parlamento e governo hanno 1 obbligo di

procedere eolia massima oculatezza nello stabilire le basi dell’appalto della ferrovie e nell’ approvare le nuove convenzioni, che si stanno preparando a tale scopo onde assicurare al paese comunicazioni rapide, bene esercitate e a buon mercato, siccome questo ha il diritto di attenderle. Il dare poi al problema fer­ roviario una soluzione conforme alle legittime aspet­ tative del paese è poi por il Genala una questione di onore, se non vuole, dice il Ravennate, venir meno al suo passato.

Nel numero del 21 febbraio del Bersagliere, ve­ diamo con piacere riportato quasi per extenso il nostro primo articolo sulla delicata quistione dei fondi di riserva.

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i! riscatto delle Romane e delle Meridionali dal 18 marzo 1876 in poi. Malgrado la legge del giu­ gno 1976; nel 1877 si presentarono delle convenzioni in cui si proponeva prima di tutto la compra da parte dello Stato delle reti Romane e Meridionali. Durante ancora il lavoro della Commissione d’ in­ chiesta si chiese il riscatto delle Romane. Nel 1883 finalmente l'on. Baccarini venne fuori con un pro­ getto di massima, che conteneva in concreto il ri­ scatto delle Meridionali. Non è serio aver compiuto il riscatto, quando bisognava opporvisi, e combat­ tere ora chi per necessità lo mantiene.

SOCIETÀ DI E C Q I011 POLITICA DI PARIGI

{Seduta del 5 febbraio)

L ’ argomento trattato in questa riunione fu il se­ guente: Vi è in Francia una crisi economica ge­ nerale:

Limousin autore del quesito è persuaso che non solo in Francia, ma neppure negli a ltri paesi vi sia quel malessere economico, che viene lamentato dai negozianti, e dagli industriali. L ’ oratore parla di que­ stioni sociali, delle condizioni degli operai, dei sa­ lari, e della soppressione dei dazi. Ma soprattutto per sostenere la sua tesi si vale della statistica. Egli trova per esempio che le imposte indirette hanno prodotto nel 1883 trentatre milioni più che nel 1883. Questo maggior prodotto secondo l ’ oratore vuol dire che si è consumato di più, e quando il consumo è maggiore, è evidente che vi è stata non solo una maggior quantità di denaro, ma anche una maggior copia di lavoro. E 1’ oratore non si limita alle im ­ poste indirette per giustificare la sua tesi, ma porla in aiuto della stessa le cifre che riguardano il mo­ vimento delle lane, e delle sete. Le quali cifre d i­ mostrando che P importazione è in aumento, cioè a dire che si è consumato una maggior quantità di materia prima, mentre, l’ esportazione ne è diminuita, cioè a dire che una maggior copia di prodotti fab­ bricati è rimasta nel paese per servire al consumo indigeno, P oratore ne trae la conseguenza che vi è in Francia una sufficiente prosperità. Limousin inol­ tre per mezzo di cifre dimostra come sia pure in aumento il consumo del caffè, del cacao, e del ca r- bon fossile ed essendo questi, articoli di prima ne­ cessità, P oratore scende a concludere che vi può essere in Francia qualche disagio locale ma che non vi è certo quella crisi economica generale che da alcuni si lamenta.

Rexnach si serve degli stessi argomenti addotti da Limousin per venire a conclusioni diametralmente opposte. Egli crede che vi sia crise, e crise generale che pesa nell’ insieme delle industrie e del com­ mercio. Risalendo al 1870 P oratore dimostra che il 1875 è P ultimo esercizio che fornisca una bi­ lancia prospera, e che a partire da quest’ epoca vi è stata una maggiore esportazione di oro, di argento, e di fondi pubblici. Egli crede pertanto che a r i ­ mediare a questa situazione abbastanza critica non vi sia altro mezzo che quello di venire in aiuto dell’ agricoltura, favorendo specialmente lo stabili­ mento di coloni agricoltori nell’ Algeria.

Alglave è di parere anch’ esso che la Francia at­ traversi una crisi economica. E gli giustifica questa

sua opinione con un esempio, con quello della pro­ duzione dei nastri. La produzione mondiale dei na­ stri, egli dice, era di circa 320 milioni nel 1872, e di 400 nel 1881. La Francia ne produceva nel 1875 per 120 milioni di cui 100 fabbricati a Saint— Etienne: oggi questa città ne fabbrica appena per 70, avendo una forte concorrenza da Basilea, e special- mente da Crefeld, la cui produzione va annualmente prendendo maggiore estensione. L ’ oratore poi d i­ mostra che un terzo delle sete che si consumano in Francia provengono da Zurigo, da Crefeld, da B a r- nten. E questo avviene perchè in Germania e a Zu­ rigo, gli opifìej sono forniti dei meccanismi i più perfezionati, mentre che a Saint-Etienne il lavoro manuale, e i vecchi meccanismi dominano tuttora.

luglar crede che il concludere dalle cifre delle importazioni e da quelle che riguardano le imposte indirette che _non vi sia crise, come ha concluso Limousin, è oltrepassare la misura. Negare la crise, è, per esso, negare il male di cui tutti parlano, e tutti si lamentano, specialmente poi quando si sa che è stata nominata una commissione straordinaria per consigliare dei rimedi. Tuttavia egli non nutre timori inquantochè sa per esperienza che una crise, tanto per le nazioni come per gli individui, non è la rovina o la m orte; ma è un’ operazione resa neces­ saria per ristabilire un equilibrio rotto dagli eccessi. Conchiudendo il suo discorso T oratore per mezzo dei prezzi dei valori e dei fondi pubblici, dimostra che la Francia in questo momento non attraversa una crise, ma si trova soltanto in piena liquidazione di crise, liquidazione che sarà tanto più sollecita, quanto meno si ritarderà il ribasso dei prezzi, il quale riporrà i valori nelle mani di coloro che pos­ sono conservarli.

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del 1 5 ° / 0. E così per ragioni analoghe l’ oratore ! trova che vigendo in Francia la protezione è in ­ giusto e impolitico il non applicare lo stesso regime alle colonie. E questa diseguaglianza di trattamento secondo l’oratore, è la causa della crise economica che travaglia attualmente la Francia.

Limousin persiste a negare la crise generale, di cui hanno parlato i precedenti oratori. Per esso non vi sono attualmente che alcune crisi locali, che col­ piscono certe industrie speciali, e che non tarde­ ranno a riprendere la loro primitiva prosperità.

Passy riassumendo la discussione dice che si va troppo lungi tanto da una parte che dall’ altra, sia che si neghi assolutamente ogni crise come ha fatto l Limousin, sia che, come hanno fatto gli altri, si presenti la situazione attuale sotto i più foschi colori. Quanto a questi I’ oratore rammenta quel motto di Thiers che dice che « parlando molto del male si rischia di farlo venire. » Egli crede che essi ne sieno lino a una certa misura responsabili, e questa responsabilità nel pensiero di Passy si applica si­ multaneamente tanto ai partigiani che per avere occasione di reclamare nuovi favori, e nuovi aggravi di dazi, sono sempre pronti a gridare miserie, quanto ai declamatori rivoluzionari, che si compiacciono di esagerare e di ravvivare le sofferenze reali, e al bisogno di inventarle, per avere il pretesto di agi­ tarsi. L ’oratore non crede che esista realmente una crise acuta, intollerabile, ma pensa, come Iuglar, che la Francia si trovi nel periodo di liquidazione di crise. Egli aggiunge che il male è più che altro morale, e questo male morale, secondo esso è pro­ dotto dalla sfiducia dell’ avvenire. Lo stato pure delle pubbliche finanze, e le incertezze della politica estera vi hanno la loro parte. Ma la ragione prin­ cipale è che il capitale non è troppo impegnato, ma è allarmato perchè è minacciato, e quando il capi­ tale è allarmato, conclude Passy, il lavoro non può a meno di rimanere paralizzato.

Say pronunzia poche parole sull’ argomento e termina dicendo che l’ espressione della situazione gli sembra possa essere questa : sforziamoci di avere sempre del denaro esportabile, e una produzione esportabile. — La seduta è sciolta.

LA SITUAZIONE DEL TESORO

al 81 gennaio 1884

Ecco i risultati del conto del Tesoro al 51 gen. 1884: A t t i v o :

Fondi di Cassa alla scadenza del 1883 L. 596,582,000 Crediti di T e so re ria ... » 69,000,000 Entrata o r d in a r ia ...» 85,505,000 Detta straordinaria... » 21,193,000 Debiti di Tesoreria...» 577,813,000 L . 1,350,095,000 P a s s i v o :

Debiti di Tesoreria alla scad. del 1883 L. 557,947,000

Pagamenti a tutto gennaio 1884. . » 98,482,000

Fondi di Cassa al 31 gennaio 1884 . » 538,641,000 Crediti di Tesor. al 31 gennaio 1884 » 155,023,000

L. 1,350,095,000

Gli incassi verificatisi presso le tesorerie del Re­ gno durante il mese di gennaio ultimo scorso,

asce-sero in totale a 106,698,000 lire e presentano l'aumento di L. 21,892,000 lire in confronto del mese di gennaio 1883.

I principali capitoli non presentano variazioni de­ gne di menzione speciale. Fra le tasse di consumo troviamo ai Tabacchi un aumento di L . 12,812,000 che rappresentano il prodotto delle vendite essendo rientrato col I o gennaio 1884 il monopolio dei ta­ bacchi in amministrazione diretta dallo Stato per cessazione della convenzione colla Società della Regìa cointeressata. V i è poi una diminuzione di 4,127,000 sulla tassa del macinato, derivante dalia totale soppressione della tassa medesima a partire dal I o gennaio 1884.

A ll’ entrata straodinaria e precisamente al capitolo « Costruzione di strade ferrate » figura un aumento di L . 13,509,000 che deriva principalmente dal prodotto di Rendita consolidata alienata per la co­ struzione di ferrovie e da somme versate dalle pro- vincie e dai comuni interessati nella costruzione delle medesime.

I pagamenti fatti dalla Tesoreria per conto dei diversi Ministeri nel suddetto mese ascesero in to­ tale a L. 98,482,000 con aumento di 23,167,000 sul mese corrispondente del 1883.

L ’ aumento principale spetta al Ministero del Tesoro con L. 20,402,000; quello delle Finanze presenta un anniento di 1,450,000 , e quello della Marina di 1,126,000. Tutti gli altri Ministeri figu­ rano per differenze in più o in meno di pochissimo rilievo.

Paragoniamo ora alcune cifre degli incassi del gennaio col bilancio preventivo dal I o gennaio al 30 giugno 1884.

Le entrate ordinarie sono state preventivate in ' L. 699,689,701,37 che divise per sei, poiché il b i­ lancio è semestrale, darebbero L. 116,614,950 al mese mentre i prodotti furono solamente di L. 85,505,520. È però a notarsi che alcune imposte, come la fon­ diaria, si pagano bimestralmente a cominciare dal Febbraio. I redditi patrimoniali diedero, a paragone del sesto delle previsioni del bilancio, un aumento di L. 545 mila ;

Le tasse in amministrazione della direzione ge­ nerale del Demanio — cioè, tasse di successione, di manomorta, di registro, di bollo, tasse ipotecarie, e tasse sulle concessioni governative — diedero un aumento di L. 2,662 mila lire sul sesto del preven­ tivato ;

La tassa sul prodotto del movimento a grande e piccola velocità sulle ferrovie diede pure uu a u ­ mento di 37 mila lire sul sesto preventivato ;

La tassa sulla fabbricazione degli sp iriti, b ir­ ra, ecc. diede L. 898 mila, mentre erano state pre­ ventivate L. 1,598 mila per sei' mesi, quindi una diminuzione di L. 691 mila sul sesto;

Le dogane e d iritti m arittim i diedero un au­ mento sul sesto preventivato di quasi un milione e mezzo ;

Lieve aumento offrirebbero pure i dazi interni di consumo preventivati per L . 59,749,625 pari a Lire 6,621,937 per un mese, diedero invece L. 0,690,545 ;

I tabacchi che avrebbero dovuto dare L. 13,616 mila diedero L . 12,842,421 circa L . 774 mila di d i­ minuzione ;

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