L'ECONOMISTA
GAZZETTA SETTIMANALE
SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI
Armo XI - Yol. XV
Domenica 21 Settembre 1884
N. 542
LE CONVENZIONI
In un giornale che si occupa specialmente di fer rovie troviamo tra le « informazioni particolari » pub blicate giovedì scorsoci seguente periodo: « Conti nuano in Firenze le riunioni degli onorevoli Direttori delle principali nostre amministrazioni ferroviarie per discutere le modificazioni da apportarsi nelle tariffe ; le discussioni sono abbastanza avanzate e tutto fa cre dere che si verrà ad una conclusione con cui si tro verà modo di conciliare gli interessi di tutte le parti. Esitiamo però a credere che la mole del lavoro che resta ancora a compiersi dalla Commissione parla mentare possa essere esaurita nello scorcio dell’anno corrente, per cui temiamo che sarà gioco forza di rimandare ai primi mesi del 1885 la discussione del progetto alla Camera. »
Ñon sappiamo dove il nostro confratello attinga le sue informazioni, ma a noi pare di poter credere che le cose stieno in modo ben diverso. Le riunioni per discutere le modificazioni da apportarsi alle tariffe sono di già terminate e senza entrare ora in partico- colàri suquesto complicatissimo argomento, crediamo anche che i risultati sieno stati ottenuti quali, dagl’in teressi diversi che si trattavano, potevano essere de siderati.
In quanto al lavoro dei Commissari, da più parti venne già affermato che i relatori durante questo pe riodo di vacanze non erano rimasti oziosi ma ave vano dato mano a stendere la relazione sui punti non controversi o concordati, così che fra qualche settimana avranno esaurita la prima parte del loro compito quella di dettare la relazione, e la Commis sione potrà essere convocata ad udirne la lettura.
Ci parrebbe poi molto strano che la Commissione stessa, lo quale ha già fatto sollevare tante recriminazioni per aver perduto molto tempo, forse senza troppa ragio ne, non sentisse l’assoluta necessità di presentare la rela zione prima della prossima convocazione della Camera, in modo che la discussione di così importante questione, che deciderà delle sorti del Gabinetto, possa, se la Camera ed il Governo lo credano, essere posta su bito all’ordine del giorno.
Di fronte alle condizioni generali del paese la Ca mera ed il Governo hanno urgente bisogno di mo strare che il tempo dei vani discorsi è finito. Molte questioni stanno davanti al potere legislativo, e sono questioni alle quali si collega tutta la pubblica eco nomia; non sarebbe lecito, senza intaccare vie mag giormente il prestigio dei pubblici poteri, pretermet tere la discussione di quelle leggi che da tanto tempo aspettano una soluzione. La Camera le approverà o
meno, è questa un’ altra questione; quello che im porta intanto è che le discuta sollecitamente per non tenere in sospeso gli interessi pubblici e privati che a quelle leggi sono connessi. L’ indugio non può tor nare vantaggioso ad alcuno, ma recherebbe senza dubbio danni gravissimi a tutto il paese.
ANCORA LE FINANZE
Il nostro articolo sulla situazione finanziaria pub blicato nell’ ultimo numero è parso ad alcuni sover chiamente ottimista : — voi vedete tutto color di rosa, ci dissero e ci scrissero ; e non è questo il miglior modo per curare le finanze italiane dalla ingenita debolezza e dalla ferita gravissima che dalle presenti dolorose circostanze hanno ricevuta.Ora noi vorremmo che i nostri lettori si persua dessero non essere vero niente affatto che un pre concetto di ottimismo ispiri le nostre parole ; vor remmo che si persuadessero che i nostri ragiona menti non hanno niente affatto lo scopo di nascondere la verità e di indurre il pubblico a riposare tran quillo sull’opera del Ministro delle finanze, senza esami narla, sindacarla, ed occorrendo, anche biasimarla. Il compito che noi ci siamo proposto è quello di non lasciar credere al pubblico le cose diverse da quello che veramente sono ; non vogliamo che il paese sia ingannato da assicurazioni arrischiate o da una tranquillità non rispondente alla realtà, ma d’altra parte non ci pare un saggio sistema quello di dipingergli le cose sempre più brutte di quello che sono, e fargli sempre paventare il disavanzo, la rovina, il fallimento.
E se vi è una cosa che dalla politica finanziaria venne provata è questa, che alcuni uomini del vecchio partito di destra hanno perduto ogni autorità da vanti al paese, appunto perchè si fecero con troppa leggerezza profeti di sventura, ed il paese &i abituò a Vedere queste previsioni smentite, ad ogni mo mento, dai fatti. Tanto è vero che si ha torto di far soverchiamente a fidanza coll' ignoranza del pubblico nelle questioni speciali; a lungo andare esso scopre, vince e deride quelle esagerazioni, colle quali, sia pure a fine di bene e in tutta buona fede, verrebbe tratto in inganno.
scuotesse il pareggio, ed aggiunge che « era teme rità farla a fidanza sempre con quella fortuna che era parsa all’on. Saracco persino insolente. »
Dunque la Perseveranza con queste parole vuol diro che le condizioni del bilancio si mantennero fin qui buone ed il pareggio venne conservato, solo perchè sorrise in modo inaspettato ed imprevedi bile la fortuna. Noi non discuteremo qui se e quanto ci possa entrare la fortuna nelle cose di finanza ; è una frase comoda per togliere il merito a chi ha avuto fede in un principio o nell’avverarsi di alcuni fatti, ma quella frase può servire anche per gli av versari. Se le tristi previsioni del Saracco, del Sella, del Minghetti, Luzzatti e di altri si fossero tutte av verate, l’on. Magliani avrebbe potuto dire egualmente che avrebbero avuto una « insolente fortuna. »
Ma indipendentemente da ciò noi vorremmo chie dere come sappiano conciliare, gli scrittori del foglio, milanese, questa « insolente fortuna » col seguente periodo da loro stessi dettato dieci righe più in su : « Certo l’ Italia è da alcuni anni colpita da ripetute calamità, la siccità, l’inondazione del 1879 e del 1882, Casamicciola nel 1885 e il colera ora. Ogni anno ha il suo guaio e porta il suo colpo alle finanze. » Si potrebbe finalmente sapere se la fortuna ha o non ha - secondo il pensiero della Perseveranza - favorito in modo così « insolente » l’opera dell’ono revole Magliani ? 0 che forse fon. Saracco ed i suoi amici prevedevano il terremoto di Casamicciola esteso a tutta l ’ Italia, e tutti i fiumi gonfiarsi improvvisi come l’Adige nel 1882, o il colera diffuso su tutta la penisola ?
È naturale che a sostenere una tesi che non ha solido fondamento, poiché si esagerano, onde rag giungere maggior effetto, gli elementi del ragiona mento, si cada poi in queste contraddizioni. Infatti vi dicono e vi ripetono che l’on. Magliani fu straordi nariamente fortunato : poi la fortuna cessa e ogni anno qualche grosso guaio viene a scuotere il bi lancio, il quale è tenuto in un equilibrio così instabile, che un soffio di vento un colpo qual si sia basta a scompaginarlo, ma viceversa rimane in equilibrio, malgrado questi guai annuali.
Però è bene notare che non è questa la tesi che abbiamo sostenuta nei nostro ultimo articolo. Noi dicevamo e ripetiamo ancora che non era possibile « avere un bilancio così elastico da sopportare le spese impreviste » — Le condizioni economiche del nostro paese sono tali che qualunque avanzo si fosse potuto ottenere dal bilancio, sarebbe stato assorbito da uno o l’ altro degli urgenti bisogni che tutti i rami del servizio pubblico manifestano; e nessun ministro delle Finanze, crediamo noi, avrebbe potuto resistere alle pressure delle Camere e del paese e mantenere inoperose delle diecine di milioni, per il caso in cui impreviste circostanze fossero venute a turbare il regolare andamento della finanza pubblica.
Questo noi abbiamo detto nel nostro articolo nello scopo di prevenire il caso che la presente discus sione sulla situazione finanziaria italiana terminasse col dire: se altri avesse retto le finanze dello Stato ora si avrebbero disponibili molti milioni per le cause impreviste.
Godiamo che di questo nostro concetto la Perse
veranza abbia preso atto, senza rilevarlo bensì, ma
anche senza confutarlo.
La condizione economica dell’Italia
A leggere alcuni periodici l’ Italia si trova in uno stato di tale marasmo economico da dover seria mente pensare a’ casi suoi per evitare la terribile crisi che la minaccia. Commercio sfasciato, agricol tura avvilita, industria morta, un Governo che non provvede, un Parlamento che non sa escogitar» provvedimenti energici,. . . l’abisso che spalanca le sue fauci spaventose e minaccia di inghiottirci.
Già le prime avvisaglie, che iniziavano questa cam pagna di desolanti note, si avvertirono quando l’Italia dovette prendere delle misure sanitarie verso la vi cina Francia per tentare di preservare la penisola dal morbo, che infestava Tolone e Marsiglia. L’ inva sione che si ebbe in alcuni centri minori prima, poi a Napoli ed il conseguente periodo di ansia e di tre- pidanza che tenne sospese le funzioni economiche di tutto il regno, servirono a dar maggior corpo ai la menti ed alle lugubri previsioni.^
Il sentimento pubblico, assalito dalla narrazione di uno stato di cose, che può esser vero per il momento ma che non rappresenta la verità, nè del prossimo passato, nè dell’avvenire, si commuove ed è disposto ad unirsi agli ispiratori di questa campagna per do mandare dei rimedi pronti, efficaci. Nè mancano s’in tende i suggerimenti : Signori che studiate, le ta
riffe doganali, si dice, ricordatevi che l'Ita lia che lavora, aspetta che voi rendiate difficile, mediante i dazi, il mercato nostro alla merce straniera ; pro teggete V industria nazionale, Vagricoltura italiana, il commercio.
Ma in pari tempo che vien rivolta ai Commissari parlamentari questa solenne apostrofe, si esaminano i bullettini del commercio e si lamenta che la nostra esportazione in grani, cereali, oli d’ oliva ecc., sia diminuita e si invoca che venga provveduto per aprire i mercati esteri alla nostra produzione agricola.
E , notisi bene, non sono periodici esclusivamente politici quelli che così recisamente si fanno sosteni tori di taji dottrine, ma ne troviamo anche di quelli che per titolo e per ufficio dovrebbero essere i più cauti e più tenaci propugnatori di idee economiche e commerciali serie, sensate, possibili. E può esser seria, può esser sensata, può esser possibile la invo cazione dell’ intervento del potere centrale ad impe dire che francesi, tedeschi, svizzeri, austriaci, inglesi portino la loro merce sul nostro mercato , ma nello stesso tempo a indurli ad accettare a braccia aperte le nostre merci sul loro ?
Ed è egualmente seria, sensata, possibile la pre tesa che i mercati esteri ci mandino senza difficoltà la materia prima, di cui noi manchiamo, e soffrano in pace che noi difficultiamo la entrata dei lori ma nufatti ?
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Osano dire che le nostre attuali tariffe generali sono state dalla Camera suggerite da due o tre p a
rolai e perciò non proteggono abbastanza la industria
ed il lavoro nazionale. Ma noi lasciamo al tempo la difesa di quelle verità, che furono bensì espresse con parole — in gran parte inascoltate - - ma che si im porranno inesorabilmente in un tempo non lontano. Già si sono accorti i compilatori della attuale tariffa generale, che malgrado la loro buona volontà non sono riusciti ad accontentare quelli che verso di loro ave vano nutrite tante speranze.
Nè diversamente avverrà in quest’occasione. Hanno lasciato credere agli interessati che la ragione stesse dalla loro parte, hanno lasciato illudere i profani nella convinzione che l’interesse egoistico di pochi indu striali fosse conciliabile coll’ interesse della nazione intera ; si sono lasciati sfuggire frasi sentimentali verso la « difesa del lavoro ». Ora il paese li ha messi ad un opera, nella quale come è logica conse guenza non riusciranno a concedere senza urtare, non potranno resistere senza ferire; il risultato, o per gli uni o per gli altri, li metterà in contraddizione colle loro promesse.
Intanto i primi effetti dell’indirizzo che dietro le fallaci promesse prendono le idee dei più prudenti protezionisti si vedono nel modo con cui vengono lette le statistiche del commercio.
Le statistiche dimostrano che Vagricoltura è ro vinata! Questa è la parola d’ordine.
Vediamo le cifre e non leggiamole nella loro nuda espressione, poiché i numeri senza il ragionamento che le ne spieghi il significato, non hanno valore.
Nell’ agricoltura sono importanti prodotti : vino, o!io,jgrano, riso. Ecco le cifre di ciascuna di queste voci.
Del vino nei primi sette mesi dell’anno corrente abbiamo esportiti 1,826,478 ettolitri, mentre nei primi sette mesi dell’ anno decorso se ne erano esportati solo 1,607,093; quindi abbiamo avuta una maggior esportazione di 219 mila ettolitri di vino, che hanno portato il valore complessivo da 48 a 84 1/2 mi lioni di lire, cioè una maggiore esportazione ver
L . 6,581,550.
Dell’oro di oliva invece abbiamo avuto una espor tazione di 137,873 quintali meno dell’ anno scorso, cioè da 808 mila siamo scesi a 370 mila; in lire
una differenza di più che 17 milioni in meno. Tutti
sanno però che la produzione degli olivi è ordina riamente alternata di un anno di abbondanza con un anno di scarsezza, ed è notissimo che il raccolto del 1883 fu molto inferiore alla media, mentre quello del 1884 promette d’essere abbondante assai. — Ma i piagnoni lasciano credere nei loro scritti che la po
vera agricoltura sia rovinata dalla mitezza dei dazi
di entrata ; quasiché si potesse supporre che abbiamo le cantine piene d’olio di oliva che non si può ven dere ! — A buon conto convien notare che anche la importazione fu inferiore per L. 1,204,610.
I grani ed il riso ci presentano è verissimo un notevole accrescimento nella importazione ed una di minuzione nella esportazione. Eccone le cifre :
Importazione
1884 4883 diff. in valore G rano e frum ento. T onn. 188,284 134,083 L . + 12,463,770 Riso... » 84,975 60,876 » -t- 7,229,700
Esportazione
G rano e frum ento. T onn. 23,083 35,359 L . — 2,369,920 R iso... » 38,461 43,168 » — 1,694,520
Ma queste cifre possono essere onestamente citate come una prova degli effetti della concorrenza stra niera sulla nostra agricoltura? Evidentemente no. E la ragione è chiara.
0 bisognerebbe ammettere che l’agricoltura italiana abbia prodotto quanto 1’ anno scorso, ma che impe dita dal prezzo del prodotto estero, tiene il grano ed il riso a marcire nei granai piuttosto che venderlo.
0 bisogna dimostrare che l’ agricoltore italiano, prevedendo che la produzione del grano e del riso non gli sarebbe stata rimuneratrice, ha lasciato ab
bandonato il terreno senza sostituirvi una coltura che gli desse maggior guadagno.
Ora la prima ipotesi è assurda, la seconda non è segnalata probabile da alcun fatto.
E se l’agricoltore italiano prevedendo la concor renza estera ha cambiata la coltura del terreno per cercarvi un prodotto maggiormente rimuneratore, pro ducendo il maggior vino che abbiamo esportato dove prima produceva il grano ed il riso che abbiamo quest’anno importato, ne ricaveremmo argomento per felicitarci grandemente di questo primo sintomo di evoluzione nella nostra agricoltura.
A buon conto i contradditori non osservano che la esportazione della canapa greggia è aumentata di un milione e mezzo, di un altro milione e mezzo quella del legno comune, di quasi due milioni i legumi
secchi, di più di tre milioni gli aranci e limoni, di
più che 7 milioni e mezzo le uova di pollame, ecc. Troppo facilmente si crede che le cifre offerte dalia statistica sieno alla portata del primo che sa leggere i numeri ; la statistica è una scienza, e come tale domanda un corredo di studi, e di pazienti studi, per non essere un pericoloso stromento in mano a profani o ad interessati. Il ragionamento che abbiamo più sopra esposto ci pare di una precisione inconfutabile, e vorremmo invero intendere tanti facili scrittori, combattere con buoni motivi le nostre osservazioni.
Badisi bene però che noi siamo ben lungi dal cre dere che l’agricoltura italiana non abbia dei bisogni urgenti. Nelle colonne dell’ Economista venne molte volte trattato questo argomento e cercammo di con tribuire anche noi agli studi che da tante parti di Italia venivano tentati. Ma essere convinti dei bisogni dell’agricoltura nazionale non vuol dire per noi for zare il significato delle cifre, o leggere senza riflettere le statistiche, o adulterarne magari il palese significato per appassionare fallacemente la pubblica opinione così da concludere secondo i desideri di pochi in teressati, i quali veggono nei dazi il mezzo più fa cile per aumentare, a spese altrui e senza fatica, i loro guadagni.
E si grida anche sullo stato della industria; ab biamo voluto cercare le voci delle statistiche che più direttamente ci informano sul movimento della in dustria italiana ed abbiamo trovato :
che si è esportato L. 1,123,660 più dell’ anno decorso in solfato di chinino ;
che si è esportato L. 2,793,520 più dell’anno decorso in tartaro ;
che si è importato L. 2,728,885 più dell’anno decorso in filati di lino ;
che si è importato L. 12,104,400 più dell’anno decorso in seta tratta greggia ;
che si è esportato L. 3,700,000 più dell’anno decorso in tessuti di seta ;
che infine (e questo è il maggior segno) si è importato L. 6,726,636 più dell’anno scorso in car bone fossile.
Sono adunque 30 milioni di indubbio incremento della industria italiana.
È poco ? Certo è pochissimo, nè noi vogliamo far credere che sia molto, ma ci pare che abbiano da altra parte torlo coloro che empiono il mondo di lamenti e di lagrime.
Ma il negoziante A, l’ industriale B , il commer ciante C, si soggiunge, vedono diminuire i loro affari! Lo ammettiamo possibile e crediamo ancora che gri deranno e si lamenteranno per cento, mentre il ne goziante D, l’ industriale E, il commerciante F nulla diranno dello sviluppo preso dai loro affari... e e forse anzi si uniranno al coro dei primi, per paura dell’ agente delle tasse.
LA LAGUNA DI VENEZIA
ii.
Il tentativo fatto nel 1841 dal Governo austriaco di disciplinare la manutenzione o la conservazione della laguna andò giuridicamente fallito, perchè nel regolamento che fu messo in vigore a quel tempo non si volle, o molto più probabilmente non si seppe, tener conto della enorme differenza giuridica ed eco nomica che passava tra la laguna viva e la laguna morta. La prima costituiva o poteva costituire real mente un dominio pubblico, una proprietà demania le; la seconda era stata in gran parte regolarmente venduta mediante correspettivo dalla Repubblica di Venezia a privati cittadini, ai quali nessuna eccezione nel titolo era stata fatta all’uso della loro acquistata proprietà e , quindi non potevano sopportare, senza re cedere da proprii legittimi diritti, nessuna diminuzione a quelle facoltà inerenti alle proprietà ehe dai loro predecessori erano state onerosamente acquistate.
L’ ignoranza completa, nella quale trovavansi i compilatori del Regolamento 1841 delle condizioni della laguna veneta e degli speciali rapporti econo mici e giuridici che passavano tra i proprietari delle Valli e lo Stato, rese possibile di introdurre in quel Regolamento una serie di disposizioni che, se accet tate ed applicate, avrebbero aggravate quelle pro prietà di oneri incompatibili affatto coi diritti che dal codice sono garantiti a coloro che godono di un immobile come pieni proprietari. Da ciò quello stato di cose anormale, succeduto al Regolamento 1841; un periodo cioè abbastanza lungo, poiché durò tutta la dominazione austriaca, durante il quale da una parte le disposizioni del Regolamento anzidetto sono ap plicate più o meno secondo il funzionario che regge l’Ufficio delle Pubbliche costruzioni, a cui allora era domandata la sorveglianza sulla laguna ; dall’altra i proprietari cercano di impedire con ogni astuzia e con ogni mezzo lecito quelle applicazioni che veni vano tratto tratto tentate e che menomavano i loro diritti.
Se non che è da notarsi come evidente elemento di giustizia, che il Governo austriaco, il quale non andava a rilento nelle provincie italiane ad applicare anche arbitrarie disposizioni, nel caso del Regola mento lagunare si mostra estremamente prudente. I
pochi reclami che erano stati avanzati avevano fatto comprendere alle autorità preposte alla sorveglianza della laguna che se. avessero voluto turbare quello stato di quasi mutua quescienza che erasi tacitamente stabilito, i proprietari non avrebbero esitato a ricor rere ai tribunali ed il loro diritto era troppo potente per non prevedere quale sarebbe stato 1’ esito finale. I titoli di che erano forniti i proprietari delle Valli mostravano ad evidenza che la loro proprietà doveva considerarsi come piena e legittima; il Regolamento 1844 conteneva disposizioni troppo contrarie a questi titoli ed a questi diritti perchè nell’ applicarlo non si avesse dovuto alla fine stancare la pazienza di quei proprietari. I conflitti adunque che sorsero tra i pa droni delle Valli e le autorità austriache furono li mitatissimi nel numero e nella entità ; solo conser- vossi 1 obbligo da parte dei proprietari di avvertire 1’ ufficio delle Pubbliche Costruzioni di ogni nuovo lavoro ciie dovesse essere eseguito sulla laguna, per ché giudicasse se esso era contrario alla conserva zione della laguna stessa.
bene osserva a questo proposito il cav. A. Bullo che raramente, mai anzi può dirsi che esistesse una in compatibilità tra le esigenze della coltivazione delle Valli salse e le razionali norme colle quali si intende di mantenere la incolumità della laguna. Lo stesso interesse dei Vallicultori li spinge a far in modo che 1' acqua della laguna viva abbia libero e facile accesso nelle Valli, poiché è coll’ acqua che il pesce può essere mantenuto ed alimentato. Meno adunque i pochissimi casi nei quali i preposti alla conservazione lagunare per un momento vollero vedere dei pericoli laddove non ne esistevano, i proprietari non trovarono mai opposizione alcuna nell’ eseguimento dei lavori da essi progettati, perchè bisognava non conoscere i bi sogni che il regime lagunare esigeva per ritenere quei lavori a! regime stesso dannosi.
Non è a credersi però che la esistenza del Re golamento 1841 non portasse dei danni ed anche gravi. La coltivazione della laguna specialmente nel rendere produttrici di erbaggi le più alte barene e nell’ esercitare la piscicoltura nelle Valli, è fonte di grande ricchezza privata e pubblica. Ma siccome il ri durre Valli e barene a migliore od a perfetta col tivazione domanda l’ impiego di grossi capitali, è natu rale che molli proprietari, sempre minacciati dalle conseguenze della applicazione del Regolamento 1841, fossero esitanti e lasciassero piuttosto semi abbando nate le loro proprietà che vivere nelle incertezze che derivano sempre dall’arbitrio burocratico. È indub bio quindi che uno stato così indefinito e provvi sorio come quello portato dal Regolamento 1841, il quale conteneva clausole onerosissime alla libertà dei proprietari, basta a ritardare, a sospendere, a ren dere diffìcile il risorgimento economico di una parte così importante della laguna di Venezia.
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formarono ; e lo schema di regolamento proposto non si curò di esaminare se esistevano proprietari pri vati nella laguna, se e quanto i loro titoli erano at tendibili, e se quindi poteva intervenire una legge e peggio un regolamento, a menomare, senza la di chiarazione di pubblica utilità e senza compenso, i diritti acquisiti.
Se non che il Regolamento stabile proposto dalla Commissione arrenò davanti il consiglio Provinciale, dove venne esplicitamente avvertito che non poteva quel corpo morale contribuire alla violazione della proprietà privata.
Intanto però che questi studi venivano fatti, e que sta procedura aveva corso, pare che l’ Ufficio del Genio Civile di Venezia, ispirato da non sappiamo quali ragioni, pensasse di sciogliere esso stesso in modo arbitrario la questione. E pare che alcuni fun zionari subalterni — al dire del cav. Bullo, quelli che meno facilmente vengono mutati di posto e quindi sono gli ispiratori degli atti dei loro superiori nelle questioni complesse, che questi non hanno tempo di studiare — pare, diciamo, che alcuni funzionari, dimenticando quella tolleranza che per tante diecine d’anni era stata la regola prudente degli uffici pre posti alla laguna, pensassero di esigere in taluni casi la rigorosa applicazione del Regolamento 1841, e facessero quasi un punto di onore di ottenere il non riconoscimento dei diritti dei privati proprietari. L’Au tore della memoria discorre a lungo di questo indi rizzo preso dall’ufficio del Genio Civile di Venezia, e se la sua parola sembra tavolta vivace all’ indi rizzo di quei funzionari, i fatti che egli racconta per render nota la loro condotta giustificano piena mente la vivacità della frase.
Da questa nuova fase che ebbe per causa le an gherie dell’ufficio del Genio Civile di Venezia verso i proprietari, lagunari, ne nacquero dei ricorsi che obbligarono il Governo a richiedere il parere della Avvocatura Erariale Generale di Roma, e questa emise sul proposito il seguente parere :
« l.° Che l’ attuazione di un nuovo Regolamento per la conservazione della Laguna di Venezia non sarebbe in opposizione al diritto costituzionale vigente;
« 2.° Che però, dovendo il Regolamento stabi lire discipline limitative delle facoltà dell’uomo anche in ordine alle proprietà esistenti e riconosciute, non si possono più mantenere i confini della Laguna nella estensione tracciata dell’art. 1° per assoggettarla tutta e in ogni sua parte e regole e discipline uniformi;
« 3.° Che, mediante quelle recognizioni ed ope razioni che saranno dai competenti uffici suggerite ed attuate, si provvegga a stabilire una linea di sepa razione della Laguna viva dalla Laguna m orta;
« 4.° Che alla Laguna viva, come demanio pub blico si possono applicare le disposizioni del proget tato Regolamento, fatta riserva solo per le le Valli che fossero riconosciute di proprietà privata eoi ti tolo plenario, per le quali potrà essere il caso di qualche cosa aggiungere e qualche cosa modificare
con speciali disposizioni ;
« S.° Che il Regolamento, come si propone, non può essere applicato alla Laguna morta, non po tendosi alla medesima applicare che quelle norme che si possono desumere dalle vigenti leggi pel buon regime delle acque pubbliche, bonifiche, consorzii, esercizio di pesca ed altre, considerata però nel suo
complesso come costituita e da beni patrimoniali dello Stato, e da beni di proprietà privata. »
Dopo questo parere nel quale si può dire è riassunta tutta la storia di questa questione lagunare, il Genio Civile di Venezia non ha però creduto di smettere le sue pratiche dirette contro i proprietari nella la guna, ma anzi, al dire del cav. Bullo, raddoppiò di zelo e di rigore. Recenti nostre informazioni ci fanno credere che in qualche luogo sia stato neces saria in questi giorni l’ intervento della forza volendo qualche proprietario per terminare la questione a mezzo dei Tribunali.
Eppure a noi sembra così evidente la questione giuridica ed economica che non esitiamo a far no stre le conclusioni a cui viene il cav. Bullo nella sua memoria, e ci rivolgiamo al Ministro del lavori Pubblici perchè intervenga sollecitamente a troncare il dissidio, prima che lo Stato abbia ad essere tra scinato davanti a Tribunali e si sobbarchi quindi alle spese dei processi.
Ed ecco appunto la conclusione che troviamo nella memoria pubblicata dal cav. Bullo, al quale va tributata vivissima lode per aver resa di pubblico dominio e in modo così chiaro, una questione molto interessante e poco nota. — Egli dice :
« Dalle cose fin qui esposte mi pare di poter ri cavare senza tema di cadere in errore le seguenti conclusioni :
« È provato che i proprietari della laguna morta hanno diritto illimitato sulla loro proprietà acquistata a titolo oneroso.
« È provato che la Repubblica Veneta, quando credette che il diritto dei singoli fosse in opposi zione a quello della conservazione lagunare propose, quando fosse provato il pericolo di danno, la espro priazione dei fondi dietro indennizzo.
« Che malgrado tali proposte la Repubblica non seppe e non volle estendere il principio della espro priazione dietro compenso nella laguna morta, e si limitò in via di prova a chieder l’avviso delle opere che i proprietari eseguissero, restando di fatto infrat- tanto sospese lo decime, come lo provano le nume rose esenzioni che ad ogni singolo reclamo dei pro prietari, menomati per l’obbligo dell’avviso nei loro diritti veniva accordata.
« Che il regolamento 1841, il quale tendeva a calpestare i diritti privati e stabilire per la laguua morta delle disposizioni che sono assolutamente in compatibili colla coltivazione e quindi col libero uso della proprietà privata, non potè perciò appunto es sere applicato e non lo fu nè in diritto nè in fatto. « Che il Genio Civile di Venezia tende da molto tempo a dare una interpretazione al Regolamento 1841, quale non ha e non può avere, applicandone le di sposizioni alle proprietà private nella laguna morta col pretesto dì tutelare la laguna viva.
« Che non è provata la verità di tale dottrina , ma che anzi essa è in opposizione alla teoria del Cornaro, la quale teoria è certo sinora la più ri- spettabile di tu tte , non fosse altro perchè non fu sinora seguita e non ebbe perciò, come le altre, a subire le solenni smentite dei fatti.
« _ Che infine è necessario che il Governo dia al Genio Civile di Venezia esplicite istruzioni perchè non ricusi di conoscere e di tener conto dello stato storico e giuridico della questione.
« Dopo ciò si fanno voti:
« 4.° Che ¡1 Regolamento Lagunare si faccia su bito funzionare stabilmente e strettamente sulla la guna pubblica e sui pubblici Canali;
« 2.° Che le proprietà siano pienamente rispet tate fino da oggi a seconda delle coltivazioni, del possesso e del titolo ».
LA QUESTIONE EDILIZIA IN NAPOLI
Nei numeri del 27 luglio e del 3 agosto 1’ Eco
nomista pubblicò due lettere del suo corrispondente
napoletano, ohe illustravano un grandioso progetto dell’ ingegnere americano sig. Lamont-Young inteso a trasformare, estendere ed abbellire la parte più bella e più ricca di Napoli e a dotare l’ intera città d’una ferrovia metropolitana.
Il corrispondente ci diceva che il progetto aveva trovato ottima accoglienza presso il pubblico, il quale si affollava nelle sale della scuola d’ applicazione ammirando i piani, i disegni, i prospetti, i modelli, le relazioni, ecc. ecc.
Ma dopo d’ allora un flagello terribile ha desolato la popolazione napoletana e posto in sempre più spaventosa evidenza la miseria e la triste condizione igienica e morale che ne affligge una parte consi derevole. Da ogni angolo non solo di Napoli, ma d’ Italia sorgono voci unanimi che gridano doversi estirpare dal centro della prima città del regno quei focolari d’ infezione che sono i quajtieri di Pendino, del Porto, della Vicaria e specialmente del Mercato; doversi procurare una buona volta alle classi meno agiate di quella cittadinanza un genere di abitazioni povero e modesto, sia pure, ma non quale è oggi diametralmente opposto ad ogni principio d’ igiene di decenza, di civiltà. Il da farsi è tale e tanto, che appena cessato il morbo colerico si daranno attorno per incominciar l’opera non solo le autorità e corpi elettivi locali, ma anco come pare, il governo e il parlamento per aiutare la città di Napoli in una im • presa alla quale le sole sue forze sarebbero per molto tempo insudicienti. Ma bisogna non lasciare svam pare questo ardore, questa febbre del bene che ora agita tutti gli animi e non cadere nel solito colpe vole errore di mettere a dormire le grandi questioni d’ interesse materiale fino al giorno in cui qualche tremenda calamità pubblica venga a riporle tumul tuosamente sul tappeto.
Non basta dire, come abbiamo sentito dire spesso da chi parla o scrive di cose napoletane, che tra tutte le principali città d’ Italia Napoli è quella che dopo il 1860 ha più lavorato al proprio migliora mento ; e che se sotto molti aspetti apparisce invece addietro ad altre città sorelle, si è perchè ivi più che altrove v’ era molto da fare, v’ era anzi quasi tutto da fare. ¡Non basta dir così, per la semplice ragione che non basta aver fatto molto per poter dire di aver fatto bene, Il razionale ordine di pre cedenza da assegnarsi alle singole parti di un com pito qualsiasi opera sempre in modo efficace pel con
seguimento del fine a cui il compito stesso è preor dinato. Certo, a purificare l’ atmosfera' dei luoghi deserti afflitti dalla malaria giova far seguire le bonifiche agrarie e idrauliche dalla colonizzazione a fabbricare case e villaggi e renderli abitati ; ma sa rebbe assurdo voler prima popolare stabilmente una landa malsana e bonificarla poi. Certo, la povera casa d’una famiglia già bisognosa e poi salita a splendido stato di fortuna potrà venire adornata di quadri, di statue, di ori, di bronzi, ma prima bisogna pensare a rintonacare le mura, a rifare porte e finestre, a ripulire le adiacenze, ad ampliare gli ambienti ; se no, benché ricca di suppellettili preziose, sarà sem pre una catapecchia. Ma a che vale moltiplicare gli esempi ? Nell’ultimo ventennio Napoli si è notevol mente abbellita, nessuno lo nega. L’ ingrandimento della Villa Nazionale, il Corso "Vittorio Emanuele, il nuovo Rione Amedeo, la Villa del Popolo, la grande Galleria a cristalli e molte sontuose fabbriche pub bliche e private stanno là a provarlo. Se non che si sono ampliati i luoghi già abbastanza ampli e rese sempre più amene le parti che erano già amenis sime. Chi percorre la città por diporto o vi passa breve tempo da touriste, si diletta ammira e loda. Ma chi guarda oltre la buccia, chi non si ferma sol tanto nei ridenti giardini, ma studia le condizioni della popolazione e vuole assistere allo svolgersi della vita quotidiana della sua parte di gran lunga più numerosa, prova un senso di disinganno, di ribrezzo e di compassione e conclude che ciò che è stato fatto è ben poco in confronto di ciò che rimane da fare. Si sono inverniciate le porte, se vuoisi, si sono lustrate le maniglie e i picchiami, ma la casa, ben ché posta in deliziosa e invidiabile giacitura, è ri masta in gran parte catapecchia.
Bisogna sventrare Napoli, ha detto il Presidente del Consiglio dei Ministri che accompagnava ulti mamente il Re d’ Italia nella visita mefhorabile alla sventurata città. Parole giuste, le quali acquistano autorità in bocca alla persona che le pronunziava, ma parole esprimenti un concetto tutt’altro che nuovo. L’ è cosa che si va dicendo da un pezzo, ma che non s’ è trovato finora il verso di porre ad effetto. Chi scrive queste linee, rivedendo or non è molto Napoli dopo parecchi anni rimaneva in ammirazione dinanzi al panorama che si gode dalla nuova via Caracciolo recente abbellimento al già bellissimo passeggio pub- blico che non ne aveva gran bisogno: viceversa non riusciva a spiegarsi perchè la via larga del Duomo ed altre parallele, le quali dalla parte alta della città dovranno col tempo scendere fino alla marina squar ciando i quartieri più luridi e più malsani, fossero ancora allo stesso punto di quindici anni fa ! — La bella donna si è messa altri anelli in dito, ma si è dimenticata di lavarsi le mani.
Come ci scriveva il nostro corrispondente, il progetto dell’ ing. Young si divide in tre parti : Rione Ve nezia, Campi Flegrei, ferrovia metropolitana.
di-21 settembre 1884 L ’ E C O N O M I S T A 611
verso. Ogni cosa a suo luogo, e, a giudizio di tutti stuonano assai sotto il cielo rigido di Monaco di Ba viera le copie o imitazioni che sieno de’ templi d’Atene e della Loggia de’ Lanzi, come stuonerebbe tra i massicci ruderi del Foro, infuocati dal. sole di Roma, un’affastellamento di quelle guglie, di quei tetti acuminati e di quei campaniluzzi gotici che ren dono così squisitamente originale il profilo di Praga e di Norimberga. Tracciare una rete di rii nei pressi di Posilipo, non ci parrebbe una prova di buon gu sto maggiore di quello che sarebbe lo aprire una via di Po o un Boulevard Hanssmann in mezzo ai pitto reschi laberinti marmorei di S. Marco e di Canne regio. A cose fatte, la pseudo-Venezia partenopea somiglierebbe a quella dell’Adriatico quanto i pasto relli e le forosette della scuola Watteau somigliano ai pastori veri e alle vere contadinelle de’ prati e de’ campi.
Tutto ciò sia detto per incidenza, le questioni ar tistiche essendo estranee al nostro giornale.
Riguardo ai Campi Flegrei, antico nome romano della vallata in cui dovrebbe sorgere l’altro quartiere aristocratico, non neghiamo che il progetto sia bello e seducente. Ma per certo l’urgenza di una tale opera ci pare infinitamente minore di quella che incalza pei quartieri popolari. Se come scrive il nostro cor rispondente, la classe ricca si trova a disagio negli incomodi palazzi internati nel cuore della città, sof focati da nuove costruzioni, oppressi da tutte quelle calamità anti igieniche che rendono poco salubre e
non lieto T abitare addentro spiaggia e nella parte
depressa di Napoli ; se diciamo, è vero tutto questo, che cosa non si dovrà dire della classe povera ? — Empire la valle Flegrea di palazzi, alberghi, chalets, casini, teatri, stabilimenti di bagni, edifizi per espo sizioni, ecc., e farne un eden di delizie potrebbe es sere cosa opportuna per una città che non fosse af flitta da piaghe edilizie, igieniche ed economiche. Ma questo non è il caso di Napoli, e il consiglio più savio per una città come per una famiglia è di prov vedere al necessario prima che al superfluo. Nè ,vale il dire che le attrattive naturali del luogo, se ba stano ad attirare numerosissimi stranieri d’ogni paese, non bastano a trattenerli lungamente quando man cano svaghi e passatempi. Potremmo osservare che a Napoli non mancano quei passatempi e quegli agi che sono ricercati dalle classi agiate ; ma faremo piut tosto un’ altra considerazione. Quando, come que st’ anno, favorito dallo agglomeramento d’una plebe cienciosa che vive pigiata in orribili ridotti ed è una minaccia continua alla salute pubblica, infierisce una epidemia, a che servono più i teatri, i passeggi, gli stabilimenti di bagni, i musei et similia ? I forestieri
fuggono lontano e i ricchi cittadini fanno lo stesso. Dove se ne va allora il tanto vantato utile che il lusso e la circolazione del danaro deve recare alle classi laboriose? Sicché, anco lasciando da parte la questione umanitaria e considerando solo quella eco nomica, dobbiamo venire pur sempre alle stesse con clusioni.
Abbiamo detto sopra : pensare al necessario prima che al superfluo. Ma a quest’ultimo chi ha pensato ? 11 nostro corrispondente ci avvertiva che per l’ese cuzione del suo progetto T Ing. Young non chiede (caso davvero insolito) al Comune, alla Provincia, al Governo, agli Istituti di Credito, nè sovvenzioni, nè concorsi, nè prestiti, e che la spesa verrebbe sostenuta da capitali in parte americani riuniti per
privata associazione. Fin qui non v’ è nulla da ri dire, non potendosi imporre ai privati di dedicare i loro capitali a certe date imprese piuttosto che a certe altre; solo sarebbe da deplorarsi che in Na poli non se ne raccogliessero a preferenza per co struire case economiche per gli operai e nuovi in teri quartieri popolari puliti e salubri, come in altre città è stato fatto e si va facendo tuttavia. Il sig. Young chiederebbe soltanto la concessione gratuita per là ferrovia metropolitana. E qui viene in accon cio discorrere dì questa che è la parte più importante dell’ intero progetto.
Anche di essa, se non erriamo, dovrebbe venire rimandata l’ esecuzione ad altro tempo. In fatti è stata concepita per correggere la struttura della città, tutta colline e alti piani ondulati, la quale rende diffìcili e lenti i mezzi di comunicazione tra i diversi quartieri ed è ostacolo alla attività degli affari. Oggi la pendenza e la strettezza di molte strade impedisce il passaggio delle vetture e più che mai l’ impianto di linee d’ omnibus e di tram - ways. Ma in primo luogo se, come è sperabile, ver ranno finalmente aperte grandi arterie di viabilità, distruggendo i quartieri marci e decrepiti di cui abbiamo parlato, siffatti mezzi di comunicazioue po tranno facilmente e utilmente stabilirsi. In secondo luogo bisogna tenere a mente quello che il nostro corrispondente ci scriveva circa il criterio seguito dall’autore del progetto per determinare l’estensione e i luoghi di passaggio della ferrovia, criterio giu stissimo. « È stato compilato, riproduciamo le sue parole, un lavoro statistico sugli abitanti delle dodici sezioni di Napoli coll’ indicazione della loro profes sione, della strada d’ abitazione, di quella che sono
obbligati a percorreic giornalmente per le loro fac
cende e su questi dati è stato fatto il calcolo ap prossimativo del movimento diurno e notturno della popolazione di Napoli. » Ora è chiaro che, subendo T edilizia della città la tanto invocata trasformazione, a tutti cotesti calcoli verrebbe a mancare la base. Perciò ammirando anche noi il progetto in sè stesso, crediamo non sia destinato a divenire realtà se non in tempi migliori.
L’ ampiezza del tema, se non ci ha fatto deviare, ci ha però distolti dall’ addentrarci in quella parte che ne è diremo il midollo. Ci riserviamo occupar cene in un prossimo numero. La questione è di mo rale e di civiltà e ad un tempo economico. Ne esa mineremo più specialmente quest’ultimo lato.
Block Maurice. — Annuaire de l’Economie politique
et de la statistique. 4 E me année. — Paris, Guillau
min, 1884.
L’ infaticabile e dotto sig. Maurice Block ci favo risce il quarantunesimo volume del suo Annuario di economia politica e di statistica nel quale hanno collaborato i sigg. I. Lua, J. De Boisjoslin, P. Boi- teau, A. Courtois, .1. Lefort. Vesselovsky.
L’Annuario, grosso volume di quasi mille pagine, è diviso in cinque parti. Nella prima vi sono nume rose e bene ordinate notizie sulla Francia;
fice, popolazione, finanze, commercio, navigazione, statistica giudiziaria, di beneficenza, di previdenza ; istruzione pubblica, lavori pubblici, agricoltura, in dustria, ecc. ecc., termina con le leggi ed i decreti di interesse economico e finanziario pubblicati du rante l’anno 1883.
La seconda parte riguarda la città di Parigi ed il dipartimento della Senna ; eccone il sommario :
Superficie, popolazione, movimento della popola zione, consumi e dazi, finanze, assistenza pubblica, casse di risparmio e di previdenza, licei, istruzione primaria, consumo di gaz, costruzioni e demolizioni coscrizione, omnibus e tramways.
La terza parte tratta dell'Algeria e delle Colonie ; la quarta dei paesi esteri di ciascuno dei quali offre i più importanti elementi di statistica geografica, de mografica, finanziaria ed economica ecc.
Finalmente la quinta parte contiene le « varietà » cioè: la Bibliografia dal 1.* luglio 1884; il rias sunto analitico dei lavori dell’Accademia di scienze morali e politiche nell’ anno 1883-84; il resoconto delle sedute della Socielà di Economia politica di Parigi anno 1883; ed una rivista finanziaria del l’anno 1833-84.
Raccomandare questa pubblicazione agli studiosi è cosa inutile, tanto l’Annuario è da tutti apprez zato, ma è bensì doverosa da parte nostra una pa rola di encomio al Sig. M. Block, il quale colla sua dottrina arricchisce sempre di qualche nuovo ele mento questa collezione diventata, ornai indispensabile a chi si dedica allo studio delle scienze sociali.
Albonico Carlo Giuseppe. — Le evoluzioni e lo sviluppo
della libertà. — Discorso sulla storia universale.
— Torino, Unione Tip. Ed. 1884.
Questo lavoro del prof. Albonico è scritto contro l’odierna filosofia positiva, nondimeno l’Autore ha fiducia che « possa interessare parimenti buon nu mero di persone colte ed illuminate. » Egli giudica che il positivismo, « non solo limita il pensiero nel suo trascendere all’ universale, all’ infinito, all’asso luto, ma nuoce eziandio alle scienze esperimentali, oscurandone il cammino. » Yuol quindi « richiamare la scienza allo studio degli universali principi, ma nifestatisi, splendidamente nella loro realtà all’età no stra, » e ciò senza mettersi « in opposizione alle scienze sperimentali, sibbene soltanto a taluna delle loro ipo tesi, od all’odierno positivismo ; » e per rendere più completo il suo sistema l’Autore avverte che gli « fu necessario accettare la grande ipotesi dello Spirito ; ma che anche togliendo dal lavoro questa parte ipote tica, qualsiasi concetto, inerente a’ singoli momenti delle evoluzioni e dello sviluppo della libertà, non muterebbe. » L’Autore studia la storia poiché in essa « si riflette la Divinità, che veglia sui popoli e vi si esplica il pensiero ed il sentimento ; in essa evvi, quindi, il supremo mistero dell’anima umana divenuto universale, e però in più propizie condi zioni, onde la ragione, possa investigarlo. La Filo sofia della storia sorge imperiosa nelle grandi crisi dell’umanità, ed è l’alba di nuovo sapere. Ormai l’antico obbietto della filosofia s’ è inarridito franca mente, alcun altro vero non può da esso discendere, lo spirito compie una grande evoluzione, ed ormai risplende una nuova Idea. »
Dopo queste premesse, che si leggono nella breve prefazione, l’Autore viene ad esporre « i principi » e così li esplica. « Il principio dell’ universa esi
stenza è lo spirito, costituito di tre elementi : N a
tura, Ragione e Libertà. Infinito si esplica nella
creazione e con attività di conoscenza svolge la so cietà umana. Nell’eterno succedersi di secoli, l’uni verso ha dalla natura indeterminata esistenza nello spazio, nel tempo, nella nebulosa. Dalla Ragione è ridotto a struttura, ad organismo. Per ultimo dal - l’ attività della Libertà riceve fisonomia e forma nella determinazione degli esseri. » Poi trova che la più grande parte della umanità, da tempi remotis simi ha riconosciuto la trinità dello spirito, ed infatti « nell’ordine storico, economico e scientifico, non che in quello particolare della vita, ed in ogni altro i fatti dell’ umano consorzio provano, che, nell’ èra antica, agì solamente il primo elemento dello spirito, la N atura; che, nell’ èra cristiana, agì il secondo, la Ragione, e che nell’ èra nostra, si esplica il terzo elemento, la Libertà. Lo spirito, in si, è indefinito; esplicandosi diviene concreto. In se è trino nell’a s
soluta Unità; nell’ esplicazione de’ suoi elementi,
considerato nella sua immanente indefinitezza, è pur anco trino x\è\\Assoluta Unità. »
E via di questo passo per più di quattordici pa gine nelle quali espone i suoi principi sulla Natura sulla Ragione, sulla libertà. Tiene poi nella seconda parte a trattare della « indefinitezza » e ricomincia: « Lo spirito è assoluto ne’ momenti del suo corso infinito, come è assoluto quale principio dell’ uni versa esistenza.... Assoluta è ancora l’opera dell’uma nità di fronte all’ Universale Assoluto. Il nuovo uni verso dello spirito, che la mente umana va formando è principiato e compiuto, non ha nè principio, nè fine Nell ’Assoluto Universale tutto è trino nel l’unità, nell’umanità tutto è molteplice, la scienza è 1’ uomo ; la T rinità nell’unità dello scibile è l’Asso luto Universale ; allorché l’uomo si eleva alla trinità s’ india » ecc. ecc. ecc. non seguiamo l’Autore nelle sue ricerche della libertà nello Stato orientale, oc cidentale, egiziano, greco e romano col quale ultimo termina « la indefinitezza » per cominciare « la mi sticità, » che forma l’argomento della terza parte del lavoro e « la seconda evoluzione della libertà » per chè # nacque Gesù, per cui la Libertà evolse dalla
Conscia Indefinitezza alla Misticità ; » e lasciere
mo pure le sue analisi sullo stato cattolico, bizan tino, franco, tedesco ed inglese, sulla questione se lo Spirito Santo del cattolicismo sia o non sia un errore dogmatico, sull’altra che riguarda la Vergine la immacolata concezione, l’ infallibilità ecc.Veniamo alla quarta parte « La realtà » o terza evoluzione della libertà.
« La Libertà nell’Assoluto Universale — dice l’Au tore — è assoluta ed infinita, ma discesa nell’uni verso e nell’uomo, esiste nel suo corso storico, cioè nella sua relatività, finché non sia risalita all’infinito da dove proviene. Nella sua relatività, dunque, nella quale è fattore 1’ umana mente, esiste e si svolge dapprima indefinita, poi compie I’ Evoluzione nella
M isticità, e per simile, mistica esiste e si svolge.
Finalmente la Libertà, intraprende la Terza Evolu
zione, dalla Misticità alla Realtà per svolgersi alla concretezza. » Ed infatti le prove per l’Autore sono
21 settem bre 1884 L’ E C O N O M I S T A 613
deve compiere la Terza Evoluzione o rinunciare ad ogni progresso. » Ed ecco che la Libertà nella sua
Realtà non fu sole che sorge a poco a poco su firn«
pido orizzonte, che s’innalza su cielo senza nubi, il luminando vie maggiormente la società tutta, ma si mostrò per contro ai popoli come apparve Dio a Mosè sul Monte Sinai, in mezzo ai lampi ed ai tuoni. » Da ciò i tre periodi distinti nei quali la libertà evolve dalla Misticità alla Realtà, e sono :
« Nel primo periodo si manifestano la Libertà e P Idea economica ; la prima , quale terzo elemento dello spirito che sostituisce la Ragione, la seconda, quale nuovo ambiente della società che progredisce. In secondo luogo P assemblea costituente abolisce i principii ed i diritti antichi e rivela e proclama i nuovi. Per ultimo la rivoluzione del 93 abbatte gli antichi ordinamenti.
« Nel secondo periodo lo Stato di Bonaparte or ganizza la società secondo i nuovi principi e diritti, e conduce la Reale libertà ad una prima universalità.
« Nel terzo periodo le istituzioni antiche o scom paiono o si trasformano, ed insieme ai nuovi ordi namenti divengono mezzi dello esplicarsi della libertà alla concretezza. Principia questo a esplicarsi e la Mi- •
stica Idea dell'Assoluto Universale è sostituita dal—
P Idea economica. »
Però l’umanità non ha finita la sua terza evoluzione, poiché avverte l’Autore che l’umanità deve finire nel-
Y Assoluto Universale & «nemmeno Videa Econo mica è immediata all’ Universale Assoluto. Il vero
ambiente dell’umanità immediato allo Universale As-
soluto è la reale Idea; Videa cioè che riflette nella
sua realtà, nell’unità della sua triplice assenza l’uni versa esistenza. È l’ Idea della N atura, della R a
gione, della Libertà nell’ uomo , nella società , nel-
P universa esistenza, in Dio. In questa reale Idea l’umanità vivrà alla fine della terza èra, cioè quando gli elementi dello spirito si saranno completamente esplicati nell’umano consorzio e costituiti nella Asso
luta Unità della loro triplice essenza. »
Finalmente P Autore si rende ragione di questa
Idea economica con queste parole : « La mistica Idea
dominò il lavoro nelle sue più elevate esplicazioni, non però nelle umili sfere della vita particolare, quivi essa non poteva discendere; e su difficile ambiente della vita civile. V id e a economica, in quella vece, regge il lavoro in tutto il suo infinito esplicarsi; tanto il lavoro che è pura azione di conoscenza dello spi rito incoronato nella umanità, come quello che serve a soddisfare i materiali bisogni dell’esistenza.... L’Idea
economica venne successivamente indagata onde ebbe
anch’essa la sua scienza, l’Economia politica. Fra le scienze politiche sociali che si producono eolio svol gersi della Libertà alla concretezza, l’Economia po litica sarebbe la più importante, poiché riflette l’Am biente, e però essa sarebbe l’universale carattere, non la sintesi del sapere de’ nuovi tempi. L’Economia po litica subentra alla Teologia, come Videa economica subentra alla mistica Idea. Ma invero 1’ Economia politica è ancor ben lungi dall’ essere secondo sè stessa, occorre che grandemente si trasformi....; l’Eco nomia politica onde offra realmente la scienza del l’ambiente della società, come lo era la Teologia, oc corre che molto progredisca, arrivi alle leggi del
lavoro ideale, le quali sono riservate a dominare e muovere da sole la società. »
Abbiamo cercato di esporre il concetto generale di questa pubblicazione riportando quasi sempre le
stesse parole dell’ Autore nel timore di sciupare i suoi pensieri ; malgrado ciò non fu leggera la nostra fatica; abbiamo solo la speranza che i nostri lettori 1’ abbiano apprezzata. Intanto noi ci felicitiamo col l’Autore che gli sia toccato di vivere quando la terza èra è già incominciata e quindi il suo sistema della trina unità non sia stato imbarazzato da una quarta èra.... a cui al caso penseranno i tardi nepoti a tro vare nel sistema un posto opportuno.
A. J. De Johannis.
LE BANCHE POPOLARI
V I S i c i l i a ‘)
Servendoci sempre dello stesso Bollettino ufficiale, affine di poter mantenere i confronti, troviamo che in sei provincie della Sicilia esistono Banche popolari. Non ne è priva cioè che la provincia di Caltanisetta. In tutta l’ isola vi erano tredici Banche, delle quali due nella provincia di Catania, due in quella di Tra pani, sei in quella di Siracusa ed una per ciascuna delle provincie di Girgenti, Messina e Palermo.
Rispetto all’epoca della loro nascita sono tutte di data recente, la più cospicua è quella di Siracusa, nata nel 1872. Ad Augusta e ad Avola, nella provincia di Siracusa, sorsero due Banche nel 1873 ed una a Noto nella stessa provincia l’anno dopo; e nel 1873 una a Ragusa ed una a Modica sempre nella pro vincia di Siracusa. Veniamo poi al 1877 anno in cui sorge la Banca di Acireale nella provincia di Catania e nel 1881 quella di Randazzo nella stessa provincia. Quattro banche sorsero nel 1882: quella di Messina, quella di Palermo, quella di Girgenti , e quella di Castellamare del Golfo nella provincia di Trapani. Finalmente nel 1883 la Banca di Trapani.
Ed ora esaminiamo rapidamente provincia per pro vincia la situazione finanziaria di ciascuna di queste Banche. Cominciamo dalla provincia di Catania.
La Banca popolare di Aci-Reale ha un capitale tutto versato di L. 50,000 in azioni da L. 50 ; il fondo di riserva sale a L. 5,004, circa il decimo del capitale. Ha L. 639 mila di depositi a risparmio e non ha conti correnti fruttiferi.
Il suo portafoglio giunge a L. 379 mila di effetti, dei quali 278 mila a scadenza di tre mesi o meno; così i depositi sono circa 12 volte il capitale ed il portafoglio oltre sette volte ; gli effetti a lunga sca denza sono meno di un terzo di quelli a tre mesi. Cospicua è la cifra dei conti correnti, cioè oltre 157 mila lire delle quali L. 102 mila con garanzia. Non ha nè mutui, nè riporti e la esigua cifra di L. 250 in anticipazioni su titoli.
La Banca di Aci-Reale non ha sofferenze; il bol lettino non dà la quotazione delle sue azioni.
frire un portafoglio di L. 161 mila tutto costituito da effetti che hanno una scadenza maggiore dei tre mesi. Fa anticipazioni su merci per L. 10 mila.
Non ha sofferenze ; anche di questa Banca non sono quotate le azioni.
La Banca cooperatimi agricola ed operaia di (Ur genti nelle sue modeste proporzioni ha una bella situazione che lascia vedere lo scopo popolare della recente istituzione. Il capitale è di L. SO mila tutto sottoscritto ma versato solo per L. 32,290, in azioni da L. 25 nominali. Il risparmio è limitato a L. 9,077; ma anche il portafoglio non ha che L. 16,77-9 di ef fetti tutti a scadenza di tre mesi, e nelle anticipa zioni su merci contano L. 3,91-4. Non ha sofferenze, nè fondi di riserva. Le azioni sono quotate alla pari L. 25.
Più notevole sebbene nata nel 1882 è la Banca
popolare di Messina che ha un capitale sottoscritto
di L. 87,900 in azioni di L. 50 e versato per Li re 27,731. Il fondo di riserva si limita a poco meno di un migliaio di lire, ma vi sono già quasi L. 20 mila di deposito, delle quali più che 9 mila a ri sparmio. Il portafoglio con L. 30 mila di effetti, dei quali 18 mila a scadenza non maggiore di tre mesi; vi sono L. 14 mila nelle anticipazioni, di cui 5 mila sui titoli, e L. 23 mila consacrate ai riporti.
Non si trovano sofferenze.
La Banca popolare di Palermo ha un capitale di L. 100,000, quasi tutto versato diviso in azioni di L. 5 0 ; nata nel 1882, non ha fondo di riserva, ma i depositi affluiti nella sua cassa salirono già a L. 92 mila, delle quali 49 mila a risparmio. Nel
portafoglio vi sono L. 164 mila di effetti, di cui solo
L. 1Ó mila a scadenza maggiore dei tre mesi. Non riporti, nè anticipazioni, nè sofferenze.
Veniamo alle sei Banche della Provincia di Si racusa.
La Banca Mutua Popolare Siracusana ha un capitale di lire 400,000 tutto versato e diviso in azioni di lire cento ciascuna. Sorta, come si è detto, nel 1872, ha un fondo di riserva di L. 55,592 quasi il settimo del capitale; — i suoi depositi sal gono al milione e mezzo e di questi L. 1,186 mila sono a risparmio. Il suo attivo si compone : Li re 1,335 mila in portafoglio, quasi tutto di effetti con ¡scadenze inferiori ai tre mesi ; le anticipazioni superano le L. 90 mila, metà circa su titoli e metà su merci. Malgrado ciò la Banca Siracusana non ha sofferenze.
Viene poi la Banca Popolare di Augusta con un capitale di L. 80,000 tutto versato mentre il fondo di riserva raggiunse già negli 11 anni dalla fonda zione L. 20,000. È però scarsa la cifra dei depo siti che sale soltanto a L. 22 mila. Per conseguenza i! portafoglio ha appena L. 103 mila in effetti dei quali per L. 79 mila in effetti di scadenza non mag giore dei 3 mesi ; le anticipazioni raggiungono ap pena le L. 10 mila qua»t tutte in merci.
Neppure questa Banca ha sofferenze, e le azioni da L. 50 non sono quotate.
La Banca Mutua popolare di Avola ha il capi tale di L. 90 mila, quasi tutto versato e diviso in azioni da L. 5 0 ; la sua riserva giunge a L. 17,762 ed i depositi si spingono sino a L. 110 mila. L’impiego è così diviso : portafoglio L. 98,427 lutto in effetti con scadenza minore dei 3 mesi; anticipazioni Li re 34 mila, di cui 25 mila su titoli. Vi sono L. 3,715 di sofferenze che rappresentano il 3,7 per cento del portafoglio, ed il 4 per cento del capitale.
La Banca Mutua popolare di Noto è più note vole per cifre di capitale e di depositi delle due precedenti. Infatti sono L. 200 mila di capitale tutto versato su azioni da L. 50 ed i depositi, tutti a conto corrente, salgono a L. 231 mila. La riserva è limi tata a L. 6,841. Troviamo poi un portafoglio di L. 175 mila tutto in effetti con breve scadenza e L. 23 in anticipazioni delle quali L. 18 mila su titoli. Alta è la cifra delle sofferenze che raggiunge Li re 62,005 rappresentando il 31 per cento del capi tale, ed il 37 per cento del portafoglio, e dieci volte circa la riserva. Malgrado ciò le azioni nel Bollet tino ufficiale sono indicate ad un prezzo eguale alla pari.
La Banca Mutua popolare di Rag usa ha il ca pitale di L. 250 mila quasi tutto versato in azioni da L, 50. Cospicua la somma della riserva sorpassa le L. 54 mila più del quinto del capitale ; ed i de positi raggiungono le L. 378 mila di cui L. 136 mila a risparmio. Nell’ impiego’ non troviamo che L. 678 mila di portafoglio e L. 12 mila di anticipazioni su titoli. Vi sono anche L. 16 mila di sofferenze che rappresentano circa il 6 per cento del capitale, e poco più del terzo della riserva.
La Banca popolare agricola commerciale di Mo dica 1’ ultima della provincia, ha L. 180 mila di ca pitale tutto sottoscritto e versato per L. 114 mila in azioni da L. 25. Alta la cifra dei suoi depositi superano il mezzo milione e sono tutti a conto cor rente. Il portafoglio raggiunge le L. 598 mila in effetti a 3 mesi, e le anticipazioni L. 14 mila, tutte su titoli.
Anche qui troviamo sofferenze per la notevole ci fra di L. 21,000, che rappresentano il 12 per cento del capitale versato e poco più del 3 per cento del portafoglio.
Passiamo finalmente alle due Banche della pro vincia di Trapani.
La Banca popolare Segestana di Castellamare del dolio, ha un capitale di L. 100 mila tutto ver sato in azioni da L. 50. Fondata alla fine del 1882 la Banca ha solo L. 603 di riserva ; i suoi depositi però giungono già a L. 178 mila di cui L. 85 mila a risparmio. Vi è un solo impiego, quello del por
tafoglio per L. 220 in effetti a tre mesi, e non vi
sono sofferenze. Le azioni sono quotate alla pari. La Banca Mutua popolare di Trapani, sorta 3 mesi più tardi della precedente, ha L. 140,700 di capitale sottoscritto e L. 65 mila di versato; la ri serva giunge già a L. 1,254; i depositi a L. 36,735 tutti a conto corrente. Nel portafoglio effetti per L. 23,138 a tre mesi e per L. 46,796 a più lunga scadenza. Non vi sono sofferenze.
Ecco ora il solito cenno riassuntivo delle Banche
popolari siciliane in rapporto a tutte quelle del Regno.
Esse sono 1 3 , ma nella Sicilia vi sono altri nove Istituti di credito ordinario. Il capitale nominale delle 13 Banche è di L. 1,790,200, mentre quello delle nove società di credito ordinario è di L. 10,800,000. Sono adunque più di 12 milioni e mezzo dei quali la settima parte soltanto spetta all & Banche popolari;
poco diversa è la proporzione rispetto al capitale sot toscritto, ma in quello versato abbiamo nel complesso solo L. 7,944 mila dei quali L 1,529 mila delle
Banche popolari, e L. 5,964 mila di quello degli