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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.20 (1893) n.1009, 3 settembre

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L'ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Anno XX - Voi. XXIV

Domenica 3 Settembre 1893

N. 1009

LO STATUTO DELLA MOVA BANCA D’ITALIA

M ercoledì decorso si sono radunati a Firenze i Consigli di A m m inistrazione delle tre Banche di em is­ sione per discutere ed approvare lo S tatuto che dovrà reggere la nuova Banca d’Italia, e che era stato ap p a­ recchiato, com e abbiam o a suo tempo avvertito, da una Commissione com posta di delegati dei consigli dei tre Istituti.

Dell’esito della riunione avvenuta m ercoledì scorso sappiamo che non tutti sono rim asti contenti, parendo ad alcuni che una questione tanto im portante, com e quella dello S tatuto della nuova Banca, si sia voluta trattare con una fretta, che non pareva giustificata da nessuna esigenza e che era in contraddizione colla gravità delle questioni che si dovevano studiare, ’ e decidere.

Noi non possiamo nè vogliamo erigerci a giudici di queste lagnanze, tanto più che sarebbe recrim i­ nare su un fatto già com piuto, ma esprim iam o tu t­ tavia il nostro ram m arico di non trovare una sola buona ragione, che giustifichi la precipitazione colla quale i tre Consigli hanno proceduto.

A vremmo desiderato anche che lo schem a di S ta ­ tuto fosse reso pubblico, affinchè la pubblica opi­ nione ne trattasse ; consigliava a far ciò, prim a il fatto che lo Statuto deve essere approvato dal Go­ verno e perciò, oltre che per la m ateria che regola, anche per la form a, è atto pubblico ; poi perchè gli azionisti avessero tem po di m anifestare il parere dei più diretti interessi.

E si tratta infatti di questioni im portantissim e, le quali richiederebbero tanto m aggiore studio quanto più il recente passato può forse insegnare quali congegni nell’ Am m inistrazione B ancaria funzionassero m eno utilmente. I sistem i coi quali la responsabilità di tutto l’indirizzo bancario può essere suddivisa tra tutti gli am m inistratori, o su pochi che si alternino, o raccolta su una sola persona che duri lungam ente in ufficio, sono molteplici, e se lo spazio ce lo perm ettesse, v o r­ remmo accennare alle differenze che su tale proposito si possono notare nelle m aggiori Banche estere, quelle d’Inghilterra, di F rancia e di G erm ania. In Italia stessa molti uom ini com petenti in cose bancarie sostene­ vano la necessità di istitu ire un collegio di direzione ; e quando avvennero i prim i tentativi di fusione delle tre Banche, si parlò appunto di un collegio che sa­ rebbe stato formato dai tre direttori allora in carica. Forse quella proposta risentiva un poco delle esi­ genze opportuniste del m om ento, m a ad ogni modo molti ritenevano che si dovesse scegliere il D iret­ tore Generale della Banca tra i m em bri del Con.

-glio eletto dagli azionisti, e che non dovesse essere perm anente il suo ufficio; altri, m antenendo il Di­ retto re G enerale quale è attualm ente, propugnavano la istituzione di un Comitato com posto di pochi m e m ­ bri del Consiglio, il quale rappresentasse in p erm a­ nenza il Consiglio stesso e dal quale la D irezione G enerale dovesse attingere gli ordini.

N aturalm ente la forma, poco im porta, se non è bene chiarita la sostanza, che in questo caso consiste nella distribuzione delle attribuzioni e delle responsabilità. Ciò che im porta som m am ente è la lim itazione dei poteri che spettano ai singoli corpi in cui si raf­ figura la A m m inistrazione della Banca.

E lo statuto della nuova Banca dovrebbe, a n o ­ stro avviso, essere inform ato ad un principio fon­ dam entale che, se non erriam o, viene suggerito, non soltanto dalle esigenze teoriche m oderne, m a dalle stesse recenti vicende.

La Banca, voglia o non voglia, ha un continuo contatto col G overno, sia per le operazioni che con­ clude collo Stato, sia per le necessità del servizio pubblico, che in m ateria di credito la Banca deve soddisfare. O ra, com e abbiam o altra volta accennato, se gli interessi dello Stato e della Banca sono c e r­ tam ente e debbono essere in astratto sem pre ar- nom ici, perchè cospiranti insiem e ad un m edesim o scopo, nella pratica, siccom e lo Stato si incarna nel G overno, cioè nei m inistri, avviene che gli interessi e le esigenze dei G overni, ossia dei M inisteri, non corrispondano sem pre a quelli dello Stato e quindi nem m eno a quelli della Banca e del pubblico. Cioè quello che si chiam a politica parlamentare e mi­ nisteriale e che è cosa ben diversa dalla politica dello Stato, sia pure transitoriam ente, qualche volta so­ verchia e si impone. Nè occorrono esem pi per d i­ m ostrarlo ; da noi e fuori tutta la storia parlam en ­ tare è una continua lotta degli interessi e delle esi­ genze dei diversi gruppi in cui si divide la rap ­ presentanza del p aese; da questa lotta scaturisce la com plessiva politica dello Stato, ma intanto, istante per istante, i governanti usano e talvolta abusano di tutti i mezzi per il trionfo delle loro idee.

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3 settembre 1893 L’ E C O N O M I S T A

Di fronte a questo continuo pericolo a cui è espo­ sta una B anca, alcuni credono che il potere delibe­ rativo della Banca stessa debba essere sottratto a l- l’ individuo chiam ato a reggerla e rappresentarla e debba invece essere affidato soltanto ad una collet­ tività.

Posto questo fondam entale principio, che costitui­ rebbe una difesa della Banca contro le pressioni il­ lecite dei governanti, ne discende che il D irettore G enerale o l’A m m inistratore D elegato, com e si voglia chiam are, non dovrebbe essere che il semplice ese­ cutore delle deliberazioni prese dalla Amministra­ zione eletta dagli azionisti.

E siccom e non sarebbe possibile che il Consiglio potesse rim a n ere adunato in perm anenza per deli­ b era re su tutti e singoli gli affari, ecco la necessità di una collettività più ristretta nel num ero che, con lim itati poteri, rappresenti il Consiglio stesso e deli­ beri in nom e suo. Così sorge la idea del Comitato ; ed i poteri della Banca sarebbero divisi in tre ca­ tegorie :

1° Il D irettore G enerale od A m m inistratore D elegato, che eseguisce lo deliberazioni del Comitato e del Consiglio e dà gli ordini e le istruzioni neces­ sarie per la esecuzione ;

2° il C om itato a cui è dem andato di delibe­ ra re su tutti gli atti che non eccedono la semplice am m inistrazione ;

3° il Consiglio superiore che avrebbe tre compiti: a) dare l’indirizzo generale all’andam eoto della Banca ;

b) deliberare su tutti gli atti che eccedono la sem plice am m inistrazione;

c) giudicare con postum e deliberazioni se la via seguita dal Comitato e dalla D irezione Generale nell’eseguire gli ordini del Consiglio e nel seguire la linea di condotta da esso tracciata, corrisponda agli intendim enti del Consiglio stesso.

Sappiam o benissim o che "alla attuazione di sim ili concetti generali si oppongono difficoltà di indole delicatissim a, giacché alcune operazioni che deve com piere la Banca non potrebbero essere com uni­ cate a più persone, senza pericolo che il m ercato ne abbia notizia troppo precocem ente. E riconosciamo che questa difficoltà m erita tutta la considerazione. Ma d’altra parte se il potere di com piere certe im ­ portantissim e operazioni è in m ano del solo D iret­ tore generale, chi ci assicura che esso saprà sem pre resistere alle pressioni dei M inistri per com pierle o non com pierle, od anche solo per com pierle in un m odo piuttosto che in un altro, od in un tem po più che in a ltro ?

P rendiam o un esempio di attualità. La rendita deprezza a P arigi per deliberata malevolenza del m e rc ato ; il risparm io nazionale si impiega facil­ m ente nel consolidato così che sulle piazze^ italiane i prezzi si sostengono; avvengono gli arbitraggi ed il conseguente inasprim ento del cambio. La Banca è chiam ata ad intervenire, com e è suo dovere, per m antenere possibilm ente l’ eq u ilib rio ; ma v is o r io due metodi : vendere in Italia per portare la rendita al prezzo di P arigi, o com perare a Parigi per con­ d u rre la rendita al prezzo delle piazze italiane. La scelta del mezzo dipenderà da molte considerazioni finanziarie generali e speciali, che qui è inutile di­ sc u te re ; m a è certo che novanta volte su cento il M inistero com e tale, avrà tutto il desiderio che si adoperi il m etodo del rialzo a Parigi, piuttoslochè

quello del ribasso sulle piazze italiane, anche se tale metodo apparisca contrario alle assennate considera­ zioni finanziarie che l’Alta B anca può aver fatte.

N'el caso di questi conflitti non vai meglio che il D irettore generale possa coprirsi dietro la delibe­ razione di una collettività, come potrebbe essere il Comitato ? — Si sospetterà che i m em bri del Com i­ tato sapendo quale operazione stia per fare la Banca, ne approfittino com e privati speculatori ; ma allora perchè non si sospetta dei M inistri, dei D irettori generali del Tesoro, e dello stesso D irettore gene­ rale della Banca ? P erchè i quattro am m inistratori debbono a priori essere scelti tra uom ini meno in ­ clinati al dovere ed all’onore, se poi sono essi che hanno scelto e nom inato il D irettore generale ?

A noi non sem bra che il possibile inconveniente che certe deliberazioni siano prese da collettività, superi il vantaggio che la D irezione generale potrebbe tra rre dalla difesa che avrebbe di fronte al Go­ verno.

Si intende che trattasi di applicazione di leggi e che molto in ciò influisce la qualità degli uom ini ; ma appunto perchè lo Statuto dura venti anni, d u ­ rante i quali dei m utam enti sono possibili, noi c r e ­ diam o im prudente che il D irettore generale abbia altro potere oltre quello semplicemmte esecutivo.

Ma abbiam o detto che sarebbe molto utile all’an ­ dam ento regolare della azienda bancaria ed alla se­ rietà delle effettive responsabilità che il Consiglio potesse anche esercitare efficacem ente un postum o sindacato sopra il modo di esecuzione delle delibe­ razioni da esso prese.

E spieghiam o il nostro concetto.

Oggi in quasi tutti i Consigli che presiedono alle Società anonim e avviene — ed è p u r troppo fatale, data la natura um ana, e dato il cum ulo di attrib u ­ zioni che di solito gravano sugli stessi individui — che il Consiglio prenda le deliberazioni sugli affari che vengono proposti ma raram ente —• quasi mai invigili sul modo con cui le sue deliberazioni sono state eseguite, e avverta se mai qualche proposta pu r necessaria non gli sia stata fatta. É noto che — specie in m ateria di credito — il peccato della omissione non è m inore di quello della infrazione.

In questo modo i Consigli, che si adunano poche ore in ogni m ese, hanno appena il modo di p ren ­ dere cognizioni, degli affari reputati più im portanti e rim angono nella perfetta ignoranza di tutto il re ­ stante andam ento dell’azienda.

Sarà avvenuto a molti dei nostri lettori quello che avviene frequentem ente a noi, di interrogare un am m inistratore sulla operazione tale o tal a?tra, sullo stato ordinario o straordinario dell’azienda, su l­ l’esito di quella tai questione, e di vederlo cadere dalle nuvole, come se non facesse parte della A m ­ m inistrazione della Società.

Ciò dipende dal fatto che mancano i congegni inlorm atori del Consiglio, e questo è tenuto com ­ pletam ente all’ oscuro del procedere generale e spe­ ciale dell’azienda in adem pim ento alle deliberazioni prese dalla A m m inistrazione.

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fatto obbligo alla Direziono generale od al C o­ mitato di stendere m ensilm ente una relazione, nella quale fossero non soltanto indicati tutti gli affari compiuti e l’esito loro, ma riassunte in pari tempo le relazioni dei preposti alle sedi ed alle succursali. Il Consiglio prenderebbe notizie di queste relazioni, e delibererebbe su esse, sia per giudicare i singoli fatti che, a suo avviso, m eritassero lode o biasimo, sia per accertarsi che l’indirizzo generale della Banca segue quella linea che è negli intendim enti del Consiglio.

Così egualm ente noi vorrem m o che i Censori delle Sedi e Succursali avessero obbligo di inviare p e ­ riodicamente ai Siedaci una relazione, col loro g iu ­ dizio, circa l’andam ento di quella parte dell’Azienda a cui sono preposti. — Nè ci preoccupa la mole del lavoro ; queste relazioni potrebbero costituire I’ archivio del Consiglio ed essere preziosi docu­ menti per attingere, all’ infuori della Direzione ge­ nerale, notizie e giudizi sui vari ram i di cui si oc cupa I’ Istituto e sul valore delle persone a cui è attillalo I’ ufficio.

Bisogna in questi fatti tener conto della natura umana e dei suoi difetti, come delle sue qualità; — se è vero che, di fronte ad inconvenienti noti, e gravi, pochi si prendono il grattacapo di farne denuncia, per quauto doverosa, perchè aderenze, parentele, pietà, rispetti um ani trattengono la mano di chi pur dovrebbe far palesi i guai, il num ero di questi incerti dim inuirebbe grandem ente quando, to ­ gliendoli dalla alternativa di tacere o di denunziare, fossero obbligati a scegliere tra il dire la verità od il falso. — La relazione obbligatoria periodica su tutti i rami dell’ Azienda m ette nella necessità i Censori, i Sindaci, i m em bri del Com itato, la Direzione g e ­ nerale di dichiarare che in questo o quel servizio fatte le debite indagini non hanno trovato nessun in ­ conveniente ; e se questa asserzione non rispondesse alla verità, pochi sarebbero quelli che vorrebbero prendersi la responsabilità di farla egualm ente.

Un ben ordinato sistem a di relazioni che mettano capo al Consiglio superiore, così che questo sia sempre inform ato necessariam ente, e sotto pena di falso o di reticenza esplicita, di tutto quanto avviene nella Banca, sarebbe, noi crediam o un freno molto serio agli abusi, alle indolenze, alle incertezze ed a quei riguardi personali, dei quali troppo spesso qua o là si hanno prove.

In un’epoca com e la nostra dove i sistem i della poli­ tica colle loro sim ulazioni e reticenze sono penetrati dovunque, è bene che la parola scritta determ ini ed affermi le responsabilità grandi e piccole, così nel presente com e nell’avvenire. *

— Abbiamo detto più sopra che, del resto, più che dalla legge, dagli S tatuti e dai regolam enti, le v i­ cende dipendono dagli uom ini, e cogliam o l’occasione per raccom andare anche vivam ente la scelta di co­ loro che sono chiam ali a far parte dei Consigli. Noi crediamo che a così em inenti posti sia necessario far larga parte ai censo, perchè è bene che negli affari, coloro che sono chiam ati a deliberare, abbiano a n ­ che interesse diretto a deliberar bene, ma noi vo r­ remmo che al censo fossero sem pre accom pagnati non solo la coltura generale, che perm ette d i.c o m ­ prendere e di giudicare ex informata conscientia, ma anche una sufficiente capacità di esprim ere in pubblico le proprie idee ed i propri giudizi. — Sarà accaduto ai nostri lettori quello che spesso è acca •

duto a noi, di avvicinare alcuni A m m inistratori di im portanti aziende e di rim anere m eravigliati a sen ­ tirli così severi nel giudicare, così precisi nell’o p i- nare, così sicuri nel p ro p o rre ... quando si tr o ­ vano in intim i colloqui. Ma poi, dom andati perchè non avessero a suo tem po giudicato, opinato o pro­ posto, sentirli afferm are che non hanno il dono della parola, che non sanno esprim ere i loro pensieri.

Ora questo non può andare per due ragioni : la prim a che occuperebbero un posto indebitam ente, im ­ perocché sono chiam ati a quell’ufficio non solo nella persuasione che abbiano la com petenza, ma anche che sappiano farla valere ; — la seconda, perch è è im m orale che lascino passare, colia connivenza del loro forzato silenzio, delle deliberazioni che essi bia- mano nel loro interno, e che poi votano, perchè non hanno saputo o voluto esporre gli argom enti che giustificassero un avviso contrario.

P er la stessa ragione per la quale si dom anda nell’ esercizio di certe funzioni la prova di saper leggere e scrivere correttam ente e correntem ente, noi vorrem m o che agli am m inistratori di una Azienda im portante, come è la Banca d’Italia, si dom andasse di sapere anche chiaram ente esprim ere i propri pen­ sieri. Siam o troppo alieni da personalità per esporre qui esem pi, che troverem m o abbondantissim i, ma coloro che hanno assistito a qualche assem blea avranno certam ente osservato com e noi, quanto spesso si in ­ contri la mancanza di tale requisito negli A m m i­ nistratori delle Banche. Chiacchieroni se occorre e censori severissim i nelle private conversazioni, d i­ ventano ostinatam ente m uti e perenni approvatori del capo quando si trovano nell’ esercizio ufficiale delle ioro funzioni.

Ora senza far nom i, coll’elenco alla m ano dèi consi­ glieri attuali delle tre B anche vi è molta ed abbondante osservazione da fare in questo senso. Non vogliamo ce rtam en te nè dotti, n è professori (generalm ente sono di im paccio per un altro conto), ma crediam o utile che sieno persone abbastanza note al pubblico perchè si sappia che sulla m ateria di cui debbono tra t­ tare sono capaci di pensare non solo, ma anche di esprim ere il loro pensiero, non im porta con eloquenza, basta con franchezza e con precisione.

E d ora vorrem m o dom andarci se e quanto il nuovo S tatuto risponda a questi concetti generali che sem brano a noi logici e giusti ; — sv en tu rata­ m ente lo Statuto deve aneora rim anere secreto o quindi non possiamo conoscerlo in m odo da rispon­ dere al quesito.

A ttendiam o pertanto il m om ento opportuno per g iudicare le disposizioni che esso contiene.

L’ ABOLIZIONE DELIA LEGGE SHERMAN

e la crisi bancaria agli Stati Uniti

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564 L’ E C O N O M I S T A

m ane dacché l’on. W ilson ha presentato il suo bill per l’ abolizione della legge S herm an, ispirandosi com pletam ente alle idee esposte dal presidente Cle­ veland nel suo messaggio (vedi il n. 1007 dell'A ’co- nomista). Il fatto ha una im portanza indiscutibile, perchè è forse il prim o passo verso uua riform a radicale del sistem a m onetario della Confederazione am ericana. E poiché i m ercati sono solidali tra loro e le crisi, com e il m iglioram ento e la ripresa degli affari, si ripercuotono da un m ercato all’ altro, così il fatto stesso dalla abolizione della legge Sherm an, già approvata dalla C am era dei deputati, acquista im portanza internazionale.

Ora è il Senato che deve occuparsi della que­ stione e già il senatore V oorhees ha proposto un bill sostanzialm ente identico a quello del W ilson, la differenza riducendosi a questo che il bill del se­ natore V oorhees contiene una dichiarazione accade­ mica in favore del bim etallism o. T utto lascia credere che il Senato finirà anch’esso coll’approvare l’abro­ gazione della legge S herm an, sebbene non m ancherà di fare nuove proposte allo scopo di proteggere in qualche m isura gli interessi dei proprietari delle m iniere d’argento.

È notevole il fatto che la Cam era dei rappresen­ tanti prim a di venire al voto sulla abrogazione della tegge S herm an respinse a forte maggioranza varie proposte tendenti a stabilire il rapporto tra l’oro e 1’ argento prim a a 1 a 16 poi a 17, a 18 e così di seguito fino a 2 0 ; parim ente fu respinto con 215 contro 156 la proposta di tornare alla legge di Bland che fu in vigore, com ’ è noto, dal 1878 al luglio 1890 e che richiedeva l’ acquisto m inimo di 2 m ilioni di dollari d’ argento al m ese. Tutto ciò dim ostra la ferm a intenzione della Cam era di farla finita col sistem a attuale.

Il Senato è stato fino ad ora la cittadella dei sil- vermen, che vi contavano una m aggioranza num erosa ; m a, nonostante le consuetudini di quel consesso fa­ vorevoli alle discussioni interm inabili e all’ o stru ­ zionismo è probabile che non tarderem o molto a sapere che anch’ esso rinuncia alla legge S herm an, causa mali tanti e che P argento è abbandonato to­ talm ente alla sorte che il m ercato gli riserba.

T uttavia, non si deve credere che abolita quella legge la situazione m onetaria e bancaria degli Stati Uniti possa a un tratto volgere al m eglio. La crisi è grave ed è prodotta da un complesso di cause econom iche e finanziarie, che non potranno essere rim osse tutte in una volta. I fallimenti delle Banche si sono succeduti in questi ultimi mesi con una fre­ quenza veram ente inquietante. E non bisogna d i­ m enticare che la crisi del 1895 è stata in una certa m isura più grave, agli Stati Uniti, di quella de! 1875. Nel 1875 i fallimenti di tutto P anno furono 5185, m entre d u ran te i sette prim i mesi e mezzo del 1895 ne sono stati registrati 89 0 5 . In sei settim ane questo anno 266 7 case di com m ercio, banche e stabilim enti industriali hanno dichiarato il fallimento.

Il passivo totale nel 187 5 è stato di 2 2 8 milioni ; quest’anno raggiunge già i 250 milioni. U na diffe­ renza notevole però, è che nel 1875 il centro della crise era N uova Y ork, m entre ora P O vest è stato colpito in una proporzione più forte. E la crise ha colpito non solo le banche, ma anche le industrie dei trasporti, le cui entrate sono molto scem ate. T re grandi com pagnie ferroviarie, la Reading, la N orthern Pacific, l’E riè sono fallite e i loro im pegni rappre­

3 settembre 1893

sentano la somm a di 5 0 0 milioni di dollari. Il disa. stro della N orthern Pacific colpisce specialm ente i capitalisti europei, in Inghilterra e sopratutto in G erm ania. Ma anche alcune fabbriche si trovano in condizioni difficili, così la colossale com pagnia del sig. C arnegie a Pittsburg e a H om estead è costretta a rid u rre del 10 e perfino del 50 per cento i sala­ ri, ed altre si appigliano al partito, ancor più sem­ plice, di cessare il lavoro.

In questa condizione di cose si com prende come gl’ indugi non possano essere tollerati dalla opinione pubblica, e com e le discussioni sul bim etallism o e sul rapporto fisso tra l’ oro e 1’ argento debbano essere, alm eno per ora, abbandonate. Sta in fatto che la grave e continua depressione delle industrie e del com m ercio ha prodotto un cam biam ento molto deci­ sivo nelle idee popolari. Poco tem po fa il resultato della lotta non pareva affatto certo. A m bedue i par­ titi erano più o meno divisi e coloro che dirigevano il m ovim ento nutrivano una certa apprensione sul resultato finale. Non pareva im possibile che la bat­ taglia finisse con qualche accordo p er la libera conia­ zione dell’ argento ad un dato rapporto coll’ oro, il che avrebbe potuto aggiornare per un tem po consi­ derevole la vera soluzione della questione. Ma gli avvenim enti sono stati fatali ppr il partito dell’argento che ha veduto gli alleati, in cui confidava, abbando­ narlo a poco a poco sotto la pressione esercitata dalle difficoltà com m erciali e bancarie.

Una volta sbarazzato il terreno dalla questione del­ l’argento v errà forse m essa in discussione la revisione della tariffa doganale e se sarà com piuta con ¡spirito liberale, essa gioverà certo alle relazioni commerciali tra l’E uropa e l’A m erica. Anche perchè ciò possa av­ venire è da au g u rare che il Senato am ericano segua l’esem pio della Cam era dei R appresentanti e sopprima le difficoltà m onetarie, elim inandone la causa prin­ cipale.

LA SITUAZIONE MONETARIA

Con questo stesso titolo l’on. M aggiorino F erraris pubblica nell’ultim o fascicolo della Nuova Antologia uno scritto, brillante nella form a, preciso e conclu­ dente in m olte delle singole considerazioni ; m a, à nostro avviso, poco logico nel com plesso ; e perciò appunto non ne avrem m o tenuto conto nelle colonne àe\V Economista, se la autorità attribuita allo scrit­ tore non ci facesse riten ere utile di rilevare gli er­ rori fondam entali, dai quali egli parte e sui quali procede nella discussione del gravissim o prsblem a.

Siam o tutti certam ente d’accordo coll’on. M. F e r­ raris quando dice che il m iglior mezzo per ristau- rare le condizioni della situazione m onetaria è di p rocurare il pareggio del bilancio m ediante economie, di rid u rre la circolazione cartacea delle Banche, del Tesoro e dello S tato, ed infine di ripristinare il pieno baratto dei biglietti in m oneta m etallica.

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Il pareggio non si può conseguire che con due

metodi : ò l’aum ento delle entrate o la dim inuzione delle spese: ma l’aum ento delle entrate pare escluso dal Parlam ento, dal paese e dallo stesso M. F erra ris, il quale non ne parla nel suo articolo e .si contenta di chiedere che si prosegua « energicam ente e subito nelle econom ie e nelle riduzioni di spese in molta parte im m ediate, in parte anche a più lunga scadenza. »

L’on. M. F e rra ris concederà però che di queste economie si parla da più di tre anni e sem pre con mediocre successo, perchè coloro che le invocano, amano, come lo scrittore stesso, di rim an re nel­ l’equivoco. Si è dim ostrato ripetutam ente che dei 1500 milioni di spese che costituiscono il bilancio, un miliardo va attribuito al debito pubblico, alle spese militari ed alle spese per dotazioni ; altri 200 milioni sono necessari per le riscossioni ; perciò non rim angono che 300 milioni circa, sui quali effettuare le econom ie. I tentativi fatti dal Ministero Crispi prima, e da quello R udinì poi, hanno del pari provato che anche le maggiori riform e am m i­ nistrative non possono dare che un lieve risparm io oggi, uno non grande nell’avvenire. I due soli ca­ pitoli, sui quali sarebbe possibile una riduzione v e ­ ramente efficiente per ottenere 1’ equilibrio del bi­ lancio, sarebbero le spese m ilitari e quelle per il de­ bito pubblico. Ma la riduzione delle spese militari non sembra voluta nè dal paese, nè dal Parlam ento e nemmeno dall’on. F erra ris, che non la propone. I pochi, che com e noi hanno avuto il coraggio di insistere su questo punto, hanno ottenuto il cosidetto consolidamento della spesa, che viene però conside­ rato da molti com e lo sfacelo degli attuai] ordina­ menti militari, poiché si m antiene l’impianto di una grande forza guerresca, senza concedere adeguati mezzi perchè si conservi e si sviluppi.

Su questo punto pertanto dobbiam o dire che m en­ tre saremmo ben contenti di veder ridotte le spese militari a quello che erano dieci anni or sono, deplo­ riamo che l’autorevole scrittore della Nuova Anto­

logia abbia parlato di econom ie senza indicare come e dove si debbano e si possano fare.

In quanto alla riduzione forzata delle spese per d debito pubblico, non crediam o che sia il caso di parlarne, giacché è convenuto che l’ Italia debba mantenere a q u alunque costo gli im pegni contratti.

Le economie pertanto possono essere un valido argomento in u na discussione parlam entare, ma sono ormai un tema esautorato di fronte a coloro che studiano le condizioni com plesse del paese e le ten­ denze della politica elettorale e parlam entare.

Possono essere egualm ente tutti d’ accordo eol- | on. M. F erra ris quando dice che bisogna dim inuire m circolazione cartacea delle Banche, del Tesoro e dello Stato.

I libri di econom ia, certo da nessuno ignorati ormai, sono pieni di dim ostrazioni che la m oneta eartacea caccia dal m ercato quella m etallica e che quanto più si ripara alla deficienza di m edio cir­ colante em ettendo carta, tanto più si rarefa la mo- ueta metallica. Ma l’ on. F erra ris M. sa meglio di um che la m oneta cartacea rappresenta dei debiti dm le Banche, il Tesoro e lo Stato hanno verso il pubblico. P er le B anche i debiti dovrebbero essere ? lievissima scadenza, ma, come è noto, esse sono 'm pela gate in operazioni im m obiliari, che rendono m a gran parte della loro carta un debito a lunga scadenza, i

P er dim inuire quindi la quantità della carta in circolazione, sarebbe necessario che le B anche, il Tesoro e lo Stato pagassero una porzione cospicua dei loro debiti. Ed è qui dove 1’ on. M. F e rra ris doveva spiegare tutta la sua dottrina e dirci i mezzi coi quali questo pagam ento poteva farsi. P e r quanto si m editi e si pensi non crediam o che sia possibile trovare una pronta soluzione alla questione. Le Banche potranno pagare i loro debiti a lunga scadenza (al­ cuni dei quali furono contratti per pressione anche dell’ on. F erra ris, come quello della Tiberina.) se non m ediante gli utili che ricaveranno nell’ avve­ nire dalla loro azienda. E la legge Bancaria con­ templa appunto questo obbligo ed ha diluito in dieci anni il periodo per effettuare tali pagam enti, tuttavia molti credono ch e ta le periodo sia ancora troppo breve e tem ono che gli Istituti non potranno com piere le prescrizioni della legge. Anzi se le condizioni gene­ rali del credito pubblico m igliorassero alquanto, la legge provvede anche alla form azione di un istituto di smobilizzazione che m uterebbe in obbligazioni a lunga scadenza quella parte dei biglietti che ra p ­ presenta le note immobilizzazioni.

In quanto al Tesoro esso non potrà dim inuire il suo debito se non colla eccedenza delle entrate e quindi dopo raggiunto quel pareggio, intorno al quale lo stesso on. F e rra ris non sa indicare con precisione i mezzi adeguati di effettuazione. Peggio poi per i bi­ glietti di Stato, che costituiscono un debito che non potrà essere pagato se non quando la prosperità del Tesoro abbia raggiunto un grado a cui per ora non è lecito pensare.

E d ora, date queste prem esse, com e si può mai dire : bisogna che si ristabilisca il baratto dei b i­ glietti in m oneta m etallica ?

Si sa bene che quando questo si potesse fare e si facesse, l’aggio sarebbe a zero e la rendita gua­ dagnerebbe tutto il perduto. Si tratta di dire con che si b ara tta; ed è qui che la dim ostrazione del- l’on. F e rra ris m anca di logica sana e conseguente.

Chi non avrebbe voluto che si costituisse la nuova Banca con un capitale tutto d’ oro p u ro ? Chi non avrebbe desiderato che la nuova Banca non portasse con sè nessuna delle m agagne delle vecchie?

Ma dove erano i cento milioni di oro puro per costituire la nuova B anca? E come si sarebbe riti­ rato il m iliardo di biglietti delle vecchie B anche?

L ’ on. F erra ris di fronte ad un edificio in rovina che viene puntellato p er poterlo poi a poco a poco ristau rare, viene a dirci che sarebbe stato necessario costruire u n nuovo edificio ; ma non ci dice dove sieno i m ateriali per costruirlo, nè chi ce li avrebbe dati, e nem m eno pensa ad illum inarci sull’altro punto, pure interessante, se cioè il vecchio edifizio si doveva lasciare cadere sulla testa le i passanti o se si do­ veva puntellarlo egualm ente.

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566 L’ E C O N O M I S T A 3 settembre 1893

In quanto all’ attribuire alla legge bancaria l’ina­ sprim ento del cam bio ed il ribasso alla rendita v e ­ rificatosi in questi ultimi giorni è artifizio troppo poco abile. L ’ on. F erra ris dice che se per cause indipendenti dalla legge, il cam bio fosse scemato, i sostenitori del Ministero ne avrebbero attribuito il m erito alla le g g e .. . . e lo crediam o anche noi, ma nello stesso modo crediam o che fo n . F erraris, oppo­ sitore al M inistero, attribuisca alla legge effetti che sono il prodotto evidente di cause indipendenti.

O nd’ è che di tutto l’ articolo dell’ on. F erraris quella parte che agli studiosi sem brerà più logica e più assennata sono le parole degli on. Giolitti e G rim aldi che egli riporta a pagine 662 e 663.

È strano, ma è pur così !

La terra dei monopoli di Stato 0

X.

Il rilevante utile che, in un ’annata di medio sini­ stro, verrebbe percepito dallo Stato, per quanto se­ gnato al bilancio dell’entrata sotto il titolo speciale di monopolio dell’ assicurazione, si confonderebbe nel bilancio dell’ uscita, nell’ anno finanziario, colle spese ordinarie e straordinarie diviso in porzioni inafferrabili nei v ari capitoli, titoli ed articoli di spesa. S icché parte dei quaranta milioni uscirebbe per la via del bilancio della guerra ; parte per quella del bilancio della marina; parte per quella del bilancio dei lavori pubblici ; parte p e r quella della pubblica istruzione etc. etc. Insom m a, per ogni ram o della am m inistrazione dello Stato trasuderebbe qualche stilla di quel m aggiore introito. Sicché al chiudersi dell’ anno finanziario lo Stalo avrebbe, bensì, incas­ sati coll’esercizio del nuovo monopolio i detti milioni, ma contem poraneam ente, ne sarebbero usciti senza lasciare alcuna briciola di sé in previdenza del fu ­ turo. Diciamo previdenza del futuro per passare ad u n altro ordine di considerazioni, legata coi maggiori vincoli d'intim ità a quello che dicemm o di sopra.

L e com pagnie d’assicurazione per legge, per neces­ sità del loro funzionam ento, per disposizioni del loro atto costitutivo e per il loro Statuto, devolvono an­ nualm ente parte degli utili dell’esercizio al fondo di riserv a e ad ingrassare il capitale o patrim onio so­ ciale. Ciò allo scopo di resistere, con un m inor lucro diviso negli anni meno sinistrati, all’energia bilan- ciatrice dei m ostruosi indennizzi, pagati o da pagarsi agli assicurati, negli anni più calam itosi. Noi assi­ stiam o giornalm ente a com pagnie, specie nel ram o g randine e nel ram o incendio, che intaccano profon- j dam ente in u n ’annata trista il fondo di riserva e, 1 spesse volte, il capitale sociale per far fronte all’am - [ m ontare de’sinistri, vediam o pure solidissim e Società precipitare a rovina per una serie di annate calam i­ tose. V ediam o, anche, che queste com pagnie si sono nei loro patti di contratto, riserbate parecchie facoltà — quella di storno del co n tra tto , quella d’annulla­ m ento , quella di denuncia etc. etc. — che tutte m irano a g ara n tire la società contro il soverchiare

') Vedi i numeri 997, 998, 1000, 1002, 1003, 1004, 1005, 1006 e 1008 dell’ Economista»

dei rischi sia in confronto di una determ inata ditta assicurata, sia in confronto di determ inati rischi. E vediam o, ancora, che, rim edio estrem o, le com pagnie oppongono al succedersi troppo frequenti di anni disgraziati in una determ inata regione, il ritiro dal- l’esercitare colà la loro industria, ritiro che può essere una sospenzione od, anche, una vera e pro­ pria cessazione. Di ciò gli esem pi recentissim i, sia | pel ram o in c e n d i, che pel ram o g randine, sia quanto a com pagnie nazionali, che a com pagnie estere, li abbiam o, particolarm ente in Lom bardia, e nel Ve­ neto, dove, per un succedersi di annate disastrose per l’agricoltura, stante l’irnperversare di veri flagelli 'd i grandine, e la spaventevole frequenza degli incendi, nelle cam pagne, com pagnie della potenza della Pate.r- nelle; cessarono di operare nel ram o grandine; ed al tre proscrissero alcuni proprietari fra i più solitam ente devastati dagli incendi, dal novero della loro clien­ tela : tutto poi, nei patti contrattuali hanno una clau­ sola in virtù della quale, il prem io annuo di una ditta che sia colpita dal sinistro viene — quando la com pagnia non reputi m aggior prudenza l’an n u lla­ mento dell’assicurazione — fin anco duplicato. O ltre questi rim edi preventivi e repressivi, le società di assicurazione, specialm ente ne’ rischi un po’ rilevanti m ediante la riassicurazione, praticano la divisione del rischio e così si garantiscono da un colpo troppo rude e spesso m ortale, nel caso di a v v e ra ­ m ento del rischio *).

Invece, gerita dallo Stato, l’assicurazione più non si presta a questa duttilità. D ispersi gli utili di una annata di fortuna nel sopperire ad altre spese, sotto­ posto ad un uguale, inevitabile rischio per tutto quanto il territorio e per tutti quanti i capitali a s­ sicurati ; im possibilitato, per il suo carattere funzio­ nale o pei suoi obblighi politico-econom ici verso lutti i cittadini, a proscrivere dall’assicurazione q u e­ sta o quella ditta, ad a sospendere o cessare l’in d u ­ stria in riguardo di questa o di quella regione, lo Stato si troverebbe senza riparo, com e del resto, senza scusa, e senza neppure i mezzi ed i capitali suffìcenti per adem pire aIl’obbligo suo, di fronte a danni colossali, ad indennizzare i quali n eppure l’

in-') Vogliamo ammettere che lo Stato — per quanto l’ ammettere ciò sia un accusare indirettamente lo Stato di non adempire ora colla più lodevole solerzia alle sue funzioni tutorie ed educative — divenuto unico gestore dell’assicurazione universale riesca con ogni fatta d’ accorgimenti di polizia a diminuire e quindi ad eliminare totalmente tutti quei sinistri che ponno derivare da dolo o da colpa dell’uomo, in modo che allo Stato profitti ciò che dice Emanueie Hebmann: « col progredire della civiltà la prevenzione, la re­ pressione e l’ assicurazione acquistano quasi forza uguale ; solo sembra che la prevenzione acquisti, a poco a poco, il sopravvento. » Ma la conseguenza di ciò sarebbe per un Iato, quella che Io stesso Waoner

ci addita: «il costo dell’assicurazione dev'essere mi-

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toro bilancio d’ uno d e’ meno dispendiosi dicasteri basterebbe. Eppoi, più che l'entità di certi danni,

è da calcolare la m odalità del pagam ento. Lo Stato

potrà pagare ad esem pio in u n ’ annata terribile per grngnuola i 200 milioni di danni causati ai suoi assicurali in quel breve lasso di tem po — dai due ai quattro mesi — entro cui dalla verificazione del sinistro pagano le com pagnie anche m eno potenti ? Si terrà forse nella rubrica delle spese strao r­ dinarie o im prevedibili, stanziata, e pronta ad ogni evento nelle tesorerie dello Stato una somma così enorme ? Q uale canone di scienza o di pratica finan­ ziaria potrebbe insegnare o giustificare un siffatto sproposito? E, dato puro che, com e si può, senza offendere troppo profondam ente il criterio economico dell’am m inistrazione di uno S tato, far prevalere un criterio politico con cui si giustifica la garanzia e l’immobilizzamento di centinaia e centinaia di m ilioni in denaro sonante, com e tesoro di guerra, così si potesse dallo Stato assicuratore im m obilizzare, a scopo di pagam ento di indennizzi nelle annate più calamitose, u n enorm e am m asso di m oneta, non è neppur a ram m entare che l’ unico S tato che non sarebbe, proprio, nelle condizioni di far ciò è l’Italia. Per convincersene senza far la critica alla nostra politica finanziaria attuale ed al m ovim ento in c re ­ menti/,io invincibile delle spese ordinarie ed alla tendenza a divenire ord in arie delle spese straordinarie, basti osservare, che se nella m ente del governo n o ­ stro è balenato il pensiero di assum ere l’ assicu ra­ zione come funzione norm ale dello Stato, questo p en­ samento germ ogliò dalla speranza di raspolare così, sotto color d ’un nuovo servigio a rendere una nuova tassa dalle tasche delle povere turbe contribuenti.

Quindi lo Stato assicuratore in Italia si tro v e­ rebbe nella m ateriale impossibilità data la condizione presente delle cose di pagare i suoi debiti verso gli assicurati in caso di gravi sinistri. E d allora, vo rrà forse, em ettere qualche nuovo titolo di debito a favore degli assicurati non pagati, corrispondendo su di esso un interesse che giustizia ed opportunità vorrebbe elevato, alm eno quanto quello del nostro debito consolidato al 5 per cento? V o rrà forse, esco­ gitare un sistem a speciale di esenzione dalle im p o ­ ste a favore dei sinistrati, fino a com pleto loro pagamento ? Ma questo si rifletterebbe sui cespiti d’ entrata dati da quelle im poste, dim inuendone di tanto il gettito di quanto è la som m a degli in d e n ­ nizzi a pagarsi. Q uindi dicevam o 2 0 0 m ilioni di danni per grandine in un ’annata calam itosa ; ora diremo 200 milioni di gettito m inore nelle im poste — poniamo nella imposta fondiaria 2 0 0 milioni ! E la imposta fondiaria non getta che circa 186 m ilioni l’anno! Ma si com putino pure i 4 0 milioni di utile come assorbiti dai m aggiori sinistri avveratisi, saranno tuttavia 160 m ilioni da pagare ! Si tratterebbe di cancellare, per m ancanza d ’entrate, il bilancio intiero dei lavori pubblici o più che quello della marina da guerra ! V orrà dividere invece l’indennizzo a pagare in quattro annualità, così da sopperire ad ogni annualità con quei 40 m ilioni di utili che conghiet- luram mo più ad d ietro ? Ma allo ra, pu r am m ettendo che le m eteore e il fuoco distruggitore si uniscano a favorire, con graziosa com piacenza, l’opera rip ara­ trice dei m inistri delle finanze, le spese di bilancio cui sopperivasi annualm ente con quel grasso profitto saranno, forse, sospese, o cassate dal bilancio di quelle tre annualità di purgazione ? In tal caso occorre

ben poca perspicuità per com prendere che, se le speso sono tanto facilm ente sopprim ibili, erano su p e r­ flue e segnavano uno sperpero di danaro pubblico; e, quindi, la giustificazione fatta al monopolio delle assicurazioni con l’asserto doversi por mano a tale spediente per sopperire a spese im prorogabili e non sopprim erli, precipita da sè. Se, invece, non si ponno sopprim ere bisognerà sopperirvi con altrettan to capi­ tale e quindi por m ano allo strettoio per sprem ere qualche altra parte della ricchezza nazionale.

E qui poniamo term ine a qùesto scritto che discese dalla penna più prolisso di quanto credevam o dap­ principio.

Ma davvero, non sentiam o d’averci a pentire del lungo viaggio attraverso ad un cam po, pressoché ignorato, dell’econom ia e della m ateria di finanza. Non siam o certo noi che troverem m o ragione di c ri­ tica p er tutti quei provvedim enti di indole socializ- zatrice che lo Stato possa escogitare ad uniform are le costruzioni politico-econom iche a tendenze tinti— m onopolizzatrici, in q u alunque cam po possa essere colpito un monopolio di ricchezza.

Ma ogni, m ente che indaghi la verità delle cose, non può lasciarsi deviare da intendim enti che sotto la m agica significazione d’ una parola feconda di libertà e d’uguaglianza nascondono un aggravam ento della funzione di S tato, una nuova soppressione di libertà ed un ’inutile ed arrogante pretenziose di ri­ solvere il periglioso problem a sociale, rita g lia n d o la beneficio della^burocrazia, i profitti dell’attività ac- cap arratrice altru i, e m ettendo nuovo puntello ai di­ fetti della vacillante organizzazione sociale.

(Fine).

E . Masè- Dà r i.

Rivista Bibliografica

Ugo Rabbeno. — Protezionismo americano. Saggi sto-rici di politica commerciale. — Milano, Dumolard, 1893, pag. XXIV-511 (lire 5,50).

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prò-568 L’ ECONOMI S TA 3 settembre 1893

posto il compito di rintracciare i fattori, che hanno nei vari suoi periodi determ inata la politica economica degli Stati U niti e specialm ente quella cui fu do­ vuta a più riprese l’adozione del così detto « am e- rican System », il sistema di protezione alle m ani­ fatture m ediante dazi sulle im portazioni. Questo pro­ priam ente è il tem a del secondo saggio, che è anche il più im portante, perchè giova avvertire subito che il nuovo libro del Rabbeno com prende tre saggi di im portanza e mole differenti: il prim o tratta della politica com m erciale inglese nelle colonie nord ame­ ricane, il secondo studia i fattori della politica com ­ m erciale degli Stati Uniti e il terzo è dedicato alla teoria del protezionism o negli Stati Uniti e I’ am ­ biente storico in cui essa si svolse.

O ra, senza voler m uovere alcuna critica si può os­ servare che soltanto il secondo saggio corrisponde veram ente al titolo dato al volum e — protezionismo am ericano — : il prim o riferendosi non alla politica degli Stati U niti, ma a quella dell’ Inghilterra nelle colonie dell’A m erica del N ord e il terzo avendo ca­ rattere essenzialm ente teorico e sconfinando in vari punti dal tema del protezionism o, che l’A utore prese a trattare. E questa osservazione non la crediam o inutile, perchè il libro del Rabbeno ha, a nostro av­ viso, il difetto di toccare e svolgere troppe que­ stioni, difetto che non ne scem a certo il valore, e il grande interesse, ma che lo rende di lettura al­ quanto faticosa, facendo deviare troppo spesso il let­ tore dalla via m aestra del tem a principale, per vie e viottoli secondari di argom enti m inori. Sarebbe stato m eglio, a nostro avviso, dare u n ’altra stru ttu ra al­ l’opera ; lasciando alcune ripetizioni e digressioni, e insistendo forse m aggiorm ente sopra fatti e conside­ razioni attinenti alle varie fasi della evoluzione econo­ m ica degli Stati U niti e che per l’argom ento hanno g rande im portanza, era opportuno presentare in modo chiaro ed esauriente le condizioni di fatto del com­ m ercio, della industria e dell’agricoltura nel periodo secolare preso in esam e, poiché' l’ indole dello studio esigeva una m aggiore docum entazione statistica di quella fornita dall'A utore, il quale discute invece il più ' spesso, e certo con acum e, le opinioni degli scrittori. Ciò sarebbe stato anche più conform e al metodo po­ sitivo, del quale replicatam ente egli si dichiara se­ guace. E ne sarebbe derivato, forse, anche il van­ taggio nell’ A utore di una visione più precisa dei fattori e degli effetti del protezionism o am ericano e un giudizio m eno oscillante su di esso.

S crìviam o così, perchè l’egregio A utore nella pre­ fazione lascia in te n d ere che egli si propone di ci­ m entarsi allo studio storico della politica com m er­ ciale di altri paesi. Pel caso, come speriam o, che gli sia dato di m ettere in atto questo suo proponi­ m ento, ci perm ettiam o suggerirgli, anche dal punto di vista del m etodo, lo studio dei volum i 49, 5 0 , 51 e 57 degli S critti del Verein f-iir Socialpolitik, nel prim o dei quali si trova anzi una breve, m a su c ­ cosa m onografia sulla politica com m erciale degli Stati U niti, specie dal 1860 in poi, dettata dai pro­ fessori Mayo S m ith e Seligm an, e uno studio, ot­ timo pel metodo, su ll’ Italia del prof. W . Som bart, che abbiam o largam ente riassunto in queste colonne. Ma ci prem e dichiarare che, anche com e il Rabbeno ha voluto che fosse il suo libro, esso fa onore alla le tte ra tu ra econom ica italiana ed è un pregevole contributo alla storia del protezionism o, se non alla teoria del com m ercio internazionale.

Il prim o saggio contiene una diligente esposi­ zione della genesi e degli effetti della politica com­ m erciale inglese nelle colonie n o rd -am erican e, nella quale sono acutam ente chiariti gl’intenti degli atti di navigazione di Crom w ell e di Carlo II, la posizione di Adamo Sm ith di fronte ad essi e al monopolio com m erciale e le condizioni fatte con la politica co­ loniale alle m anifatture e al com m ercio di quelle colonie. L ’A utore in questo saggio, com e del rim anente in tutto il suo libro, dim ostra di conoscere estesa­ m ente la storia e la letteratura econom ica dell’A m e­ rica ed è così in grado di rettificare alcune opi­ nioni erronee, che hanno corso sul sistem a coloniale. Nel secondo saggio è la politica com m erciale degli Stati Uniti, che viene studiata specialm ente nei fat­ tori che l’hanno determ inata. Sono sette capitoli uno più interessante dell’altro, perchè l’ A utore ci conduce passo a passo dalla dichiarazione dell’ in ­ dipendenza ai famosi bills Mac K inley ed esam ina l’ argom ento da un punto di vista molto largo, forse troppo am pio, còsi da dover m ettere sul tappeto troppe questioni, alcune delle quali m eriterebbero un ’ esam e altrettanto m inuto e paziente, com e quello fatto dal Rabbeno pel protezionism o am ericano. Co­ m unque sia di ciò, attraverso a varie digressioni, 1’ A utore ci dim ostra com e sia sorta la teoria della protezione industriale e perchè e com e dapprim a fosse p raticam ente inattuabile, com e invece nel pe­ riodo di fondazione, dal 1807 al 1832, della in d u ­ stria capitalista si ebbe, specie a partire dal 1816, il protezionism o, abbandonato poi nel periodo della con­ solidazione dell’industria am ericana, dal 183 3 al 1861, salvo qualche breve interruzione, al quale periodo seguì un trentennio di protezione, cioè dal 1861 ai nostri^ giorni. Nel capitolo VI che appunto tratta di quest ultim o periodo abbiam o un ottim o studio sulle coalizioni dei produttori e sulla depressione in d u ­ striale, due fatti questi che hanno assunto un grado più alto di sv ilu p p i agli S tati Uniti che altrove. Son essi un prodotto del protezionism o? L ’ A utore non lo crede ; per lui è la depressione econom ica, che ha generato il protezionism o e le coalizioni, o i trusts, com e li chiam ano in A m erica; l’ uno e le altre sarebbero mezzi di resistenza dei capitalisti contro la depressione dei profitti.

Non possiam o intraprendere una discussione che richiederebbe uno spazio non piccolo, del quale qui non disponiam o, ma osserviam o che le coalizioni hanno dim ostrato la inefficacia del protezionism o a frenare la discesa dei profitti e che esse ne sono il suo com plem ento; senza la protezione non si hanno le coalizioni di produttori, perchè la concor­ renza internazionale le atterra, di regola, quasi subito.

E in questo capitolo Y I, specialm ente, che lo studio del R abbeno ci pare deficiente in fatto dì prove, m entre va segnalato per l’esam e accurato delle opi­ nioni di molti scrittori, sia della scuola protezionista, che di quella liberale.

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quale son fatte conoscere le idee, se non sem pre p re ­ cise quanto sarebbe desiderabile, certo degne di studio, per la ricerca assidua di nuove vie da percorrere, ebe anima il P atten e lo rende spesso originale, alm eno nel modo di presentare teorie già note.

Il Rabbeno ha cercato di collegare le sue indagini, e i risultati, ai quali esse lo hanno condotto, alla teoria del Loria sulla esistenza e la cessazione della te rra libera, e non si può certo negare che la connes­ sione sia logica e dovesse essere messa in lu ce, trattandosi di un paese com e gli Stati U niti dove si hanno traccie di terra libera e più se ne aveva fino a non molti anni or sono.

In complesso non possiamo che rallegrarci col­ l’egregio A utore per questo suo nuovo lavoro, che sarà certam ente consultato con molto profitto dagli studiosi italiani, non m eno che da quelli stran ieri ; se anche non conveniam o in alcune delle sue opi­ nioni e conclusioni e se deploriam o alcune incoe­ renze di m etodo, non siam o per questo meno disposti a riconoscere che è opera, sotto vari aspetti, com ­ mendevole.

R. D. V.

Rivista Economica

La statistica degli stranieri in FranciaLe vi­

cende della politica monetaria dell’ IndiaIl con­

sumo degli alcools in Inghilterra.

l a statistica degli stranieri in Francia. —

« L’ufficio del lavoro », in F rancia, ha pubblicato recentem ente la statistica degli stranieri dim oranti nella R epubblica: statistica com piuta nel 1891, in occasione del censim ento quinquennale, e oggi di grande attualità per i recenti fatti, che hanno rim esso in discussione il tem a del lavoro straniero.

I dati raccolti oggi offrono un interessante raffronto con quelli del 1851, quando .prim ieram ente fu rilevata la nazionalità degli abitanti della F rancia.

A quell’ epoca gli stranieri erano 3 80,000, cioè in una proporzione di 1.06 per ogni 100 abitanti. Nel 1891 il num ero era cresciuto a 1 ,1 3 0 ,2 1 1 , cioè 3 0 |o della popolazione francese.

L’aum ento g enerale è stato dunque del 200 0|0- E siccome in q u aran t’ anni il num ero degli abitanti della F rancia è cresciuto di 2 ,5 5 0 ,0 0 0 , e che in questo accrescim ento gli stranieri rappresentano 750,000 individui, e i naturalizzati 1 50,000, così ne viene che in questo periodo gli stranieri hanno contribuito all' accrescim ento generale della popo­ lazione francese per 9 0 0 ,0 0 0 individui, cioè circa pel 39

0[0-Basta enunciare queste cifre per far vedere quanto sia l’ interesse della F rancia a m antenere l’ im m i­ grazione e ad assim ilarsela il più possibile m ediante la naturalizzazione : al che cospirano infinite dispo­ sizioni, dalle quali la vita è resa vessatoria all’ope­ raio straniero, tanto da indurlo a naturalizzarsi. A u­ mento indiretto che è un gran lenitivo alla sterilità della F rancia m oderna.

Bipartita p er nazionalità, l’ im m igrazione in F ran cia dà i seguenti risultati :

B m aggior contingente è fornito dai belgi, che sono in num ero di 4 6 5 ,8 6 0 , con un aum ento del triplo dal 1 8 5 1 , in cui erano 128,103.

In secondo luogo vengono gl’ italiani. E rano 6 3 ,3 0 7 nel 1 8 5 1 : sono, adesso, 2 8 6 ,0 1 2 : cioè crebbero del quintuplo.

La meno sviluppata, dal 1851 in qua, è la co­ lonia tedesca : la ragione ne è facilm ente rin tra c ­ ciabile negli odii di razza. Nel 1851 erano 5 7 ,0 0 0 gli individui di nazionalità tedesca ed austro unga­ rica. Nel 1891 i tedeschi erano 8 3 ,0 0 0 e gli au­ striaci 11,900.

Dopo quello dei tedeschi, fu scarsissim o l’aum ento dei russi. E rano 9 3 3 8 nel 1851 ; sono ora 14,357. L ’ aum ento — questo va notato — avvenne esclu ­ sivam ente nel 1886.

Gli inglesi si raddoppiarono : da 2 0 ,357 d iv en ­ nero 59,6 8 7 .

Gli am ericani da 50 0 0 divennero 1 2 ,000 : dei quali 700 0 dell’A m erica del N ord e 4 8 0 0 dell’A m e­ rica del Sud.

Gli spagnoli e i portoghesi da 3 0 ,0 0 0 crebbero ad 8 0 ,0 0 0 .1 portoghesi v ’entrarono però solo per 1331.

Gli svizzeri da 2 5 ,485 sono divenuti 8 3 ,1 1 7 . Gli olandesi da 1 3,000 hanno passato i 4 0 ,0 0 0 . Inoltre vi sono in F rancia 2 8 0 0 svedesi, norve­ gesi e d an e si; 20 3 5 g re c i; 1677 rum eni, serbi e b u lg a ri; 1855 turchi ; 813 africani e 343 chinesi, giapponesi ed altri asiatici.

Questa im m igrazione invade, naturalm ente, so p ra­ tutto le zone di frontiera e le regioni al m are, da tre lati : dal nord, dall’ est, dal sud : cioè dal Belgio, dalla G erm ania, dall’ Italia, dalla Spagna. Nelle altre regioni è meno densa, fuorché intorno a P arig i, ove esistono più potenti richiam i, e nei dipartim enti del G ers e del Lot-et-G aronne, in cui è notevole l’ecce­ denza dei decessi, che dà rilievo agli aum enti per im m igrazione.

Le Alpi M arittim e, le Bocche del R odano, la S en­ na, l’ Isère, il V aro, la Som m a, il G ard — ove accaddero i fatti di A igues-M ortes — e la Corsica sono appunto dipartim enti ove m aggiore è il n u ­ m ero degli stranieri.

Rispetto alle professioni esercitate, gli agricoltori sono 2 3 6 ,0 7 9 (di cui 132,759 uom ini e 103 ,5 2 0 d o n n e ); gli industriali 510,381 (284,408 uom ini e 2 2 5 ,9 7 3 donne): impiegati di com m ercio (89,740 uom ini e 8 5 ,9 4 7 donne) ; 1541 impiegati alla forza p u b b lica; 2398 all’am m inistrazione pubblica; 3 8 ,0 9 5 esercitano professioni liberali e 6 5 ,6 6 4 vivono di rendita.

I padroni sono 131,347 ; gli impiegati 3 9 ,3 7 9 . Degli operai stranieri, due terzi figurano n ell’in d u ­ stria, m entre degli operai francesi appena vi figura il 45 0(0 ; l’ agricoltura ne occupa circa il 2 0 0(0! m entre dei francesi ne occupa il 41

0|0-Gli operai fino ai 20 anni sono il 17 0[o; dai 20 ai 6 0 sono il 77 0(0 ; e al disopra dei 6 0 anni sono il 6 0(0.

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la-570 L’ E C O N O M I S T A 3 settembre 1893

sciarlo liberam ente svolgersi fa in contrare le p ro te­ ste dei lavoratori nazionali.

La questione conta dunque fra le più com plesse e difficili.

Le vicende della politica monetaria dell’India.

— A ben com prendere quale sia la natura della q ue­ stione m onetaria, sorta dal deprezzam ento dell’argento, giova conoscere quale sia la storia della politica m onetaria seguita in passalo dal governo inglese nelle Indie e per conseguenza quale sia stalo il contra­ colpo risentito da tutti i m ercati m onetari del mondo, dal brusco cam biam ento d’indirizzo di quella politica. A questo fine è opportuno riassum ere il diligente studio storico cbe in una im portante rivista estera ne fa il sig. Raffallovich, com petentissim o in questa m ateria.

Alla fine del 1892, il governo inglese nom inò una com m issione, presieduta da lord H erschell, già p re ­ sidente della « Royal Com mission on Gold and Sil­ v er » nel 1 8 8 7 -8 8 .

Q uesta Com m issione aveva per com pito di esam i­ nare la condizione attuale della circolazione metallica delle Indie inglesi e di farne diligente relazione.

Q uesto com pito è stato adem piuto e la relazione presentata al viceré delle Indie, diede luogo alla sospensione della coniazione libera ; alla determ ina­ zione del valore della rupia in 1 sb 4 pence e alle altre m isure note, colle quali era detronizzato il m e­ tallo bianco finora liberam ente im perante nelle Indie. Poiché l’India è, ad eccezione del Messico, il solo paese in cui la zecca sia rim asta aperta fin qui illim itatam ente alla coniazione d ell'argento.

D urante i quindici o sedici ultim i anni, essa ha subito tutti gli effetti della precipitosa discesa del prezzo dell’ argento valutato in o ro ; e la rupia è successivam ente caduta da 1 sh 11 pence, al disotto di 1 sb 5 pence. ossia ha sopportato una riduzione del 35

0|0-Quali che siano le conseguenze di quelle m isure, non è intanto senza interèsse vedere quale sia stata in passato la politica del governo delle Indie rispetto all’ oro.

Nel 176 5 l’ im peratore S hah Alani cedette le provincie di B engala, Beban e Orissa alla Compagnia delle Indie, ed è da questo m om ento cbe ha prin­ cipio la storia m onetaria del grande paese a dipen­ denza britannica. A quel tempo regnava la più grande confusione ; scom parsa la potenza degli im peratori di D elhi, piccoli sovrani senza consistenza avevano battuto moneta in proprio nom e e detoriato il tipo.

Circolavano pezzi di ogni specie e qualità e non erano tariffati che dai cam biavalute locali o dai fattori della Com pagnia delle Indie. D ucati, corone, lire, piastre, si trovavano in tutti i bazars.

La situazione divenendo alla lunga intollerabile il 2 giugno 1766 la Com pagnia decise di introdurre una m oneta d’oro per venire in aiuto all’argento.

11 peso di questa moneta venne fissato in 179.66 grani e la potenza liberatoria determ inata equivalente, a 14 rupie. F u il prim o tentativo d’ordine generale inteso a determ inare il valore relativo dell’ oro e dell’ argento.

Dopo m olte e varie vicende nel 1791 il governo rinunziò al tentativo di tariffare l’ oro e l’ argento, abbandonando alle libere transazioni del com m ercio la cura di d eterm inarne il rispettivo valore.

Nel 185 0 le tesorerie di C alcutta constatarono cbe il valore com m erciale del m etallo giallo ribassava.

Il 2 2 dicem bre 1852 il governo, tem endo di essere im barazzato dall’ accum ularsi delle moneto d ’ oro, notificò cbe si sarebbe ricusato di riceverle a far tempo dal 1° gennaio 1853.

L’insurrezione dei Cipai fece alzare tem poranea­ m ente il valore dell’oro nelle Indie, ma ricadde ben tosto in seguito alla considerevole im portazione di questo m etallo dovuta allo sviluppo del com m ercio, che faceva en tra re in India 10 milioni di lire sterline ogni anno.

Q u est'au m en to nell’ im portazione dell’ oro attirò I’ attenzione delle C am ere di com m ercio di Bombay o M adras, le quali ne richiesero l’introduzione nella circolazione. Ma invece di adottare questo suggeri­ m ento, il Governo preferì di em ettere della carta monetata.

Le zecche non bastavano a coniare tutto l’argento cbe vi si portava, tanto c b e in gennaio 185 8 più di 80 milioni di rupie aspettavano d’essere coniato.

Da! 18 6 4 al 1872 infiniti furono gli sforzi fatti per sistem are questo stato ili anom alia perpetua, com penetrata nelle tradizioni, negli usi e nella p ra ­ tica del com m ercio anglo-indiano.

Dopo il 18 7 3 sorse più volte, ma sem pre senza successo, u na agitazione vivace per l’ adozione del tipo aureo.

Dal 1535 al 1891 furono im portati in India 151 milioni di lire sterline in oro, e ne furono coniati appena 24 milioni.

A com plicare la questione sono venute le emissioni governative di carta moneta del valore di 10 a 5 rupie, ciò cbe ha ristretto ancora l’uso dell’argento.

Così stando le cose, ben si com prende com e fosse necessario un provvedim ento radicale. Ma la lim ita­ zione del conio dell’argento in India e in A m erica, gli imbarazzi m onetari dell’E uropa, non avranno in nltim a analisi risultali dannosi se non in apparenza. Yi sarà certo un m om ento di confusione e di trepi- danza nel trapasso dai vecchi ai nuovi m etodi, ma la conclusione ultim a sarà di stabilire com e tipo inter­ nazionale m onetario il m etallo oro, dal quale sarà garantita la circolazione fiduciaria, e il metallo a r ­ gento, ridotto al suo valor reale di fronte all’ oro, proseguirà, com e m oneta divisionaria, a ren d ere il suo servizio negli scam bi m inuti unitam ente al ram e ed

al bronzo.

Ma, intendiam oci, tutto ciò non si im provvisa e passerà ancora tem po parecchio senza che le basi attuali della circolazione m etallica siano in modo sen­ sibile alterate.

Il consumo degli alcools in Inghilterra. — Dal

rapporto annuale del dottor D aw son B urns che ra p ­ presenta a Londra la Società di tem peranza (thè

United Kingdom Alliance) togliam o i principali dati sul consum o delle bevande spiritose in Inghilterra.

La questione che egli si è posta è la seguente : sapere quanto può costare al popolo inglese il con­ sum o delle bevande spiritose, che gli inglesi con effi­ cace vocabolo chiam ano intoxicating liquors.

E d ecco la risposta risultante da accurate indagini statistiche per gli ultim i dodici anni.

Spesa annua per consum o di bevande alcooliche.

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