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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.06 (1879) n.248, 2 febbraio

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G A Z Z E T T A S E T T I M A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERRO VIE, INTERESSI PRIVATI

Anno VI - Voi. X

Domenica 2 Febbraio 1879

N. 248

IL RITORNO ALLA MONETA METALLICA

E L ’ESPERIENZA DEGLI STATI UNITI

La convenzione monetaria testé conchiusa dagli Stati dell’ Unione latina in rinnovazione dell’ altra del 1863 è stata presentata al Parlamento italiano, e la Commissione che deve prenderla in esame ha nominato a suo presidènte l’ on. Seismit-Doda, ciò che indica già le favorevoli disposizioni che si sono fatte strada nell’ animo dei commissari relativamente al nuovo trattato. La stampa frattanto continua a studiarne e ad apprezzarne l’ importanza ed anco i giornali che si mostrano di solito meno benevo i verso il partito e verso le persone che erano al governo quando la convenzione fu conclusa, hanno dovuto, conformandosi all’ opinione già da noi espressa, riconoscerne i van- taggi ed approvarne le clausole, tranne quella che ha dato forma di solenne impeg o internazionale alla risoluzione del resto saggia e opportuna del Governo italiana di ritirare dalla circolazione i biglietti di piccolo taglio.

Sebbene questa misura, piuttoslochè sotto 1 aspetto di un primo avviamento verso l abolizione del corso forzoso, debba esser considerata più giustamente come una soddisfazione data ai voti espressi diciotto mesi or sono da alcune Camere di commercio del Regno e come un mez~o per liberare specialmente il piccolo commercio dai gravi inconvenienti derivanti dal a facilità con cui i biglietti di piccolo taglio si falsi­ ficano, si logorano o si smarriscono, pure è evidente che anco la questione del corso forzoso benché im­ pregiudicata, fa un passo verso la sua soluzione e che la cessazione di esso diverrebbe meno costosa e quindi più facile il giorno in cui si rendesse pos­ sibile di attuarla. Da alcuni si è allacciato il problema se convenisse mettersi sulla via della ripresa dei pagamenti metallici incominciando col riporre su piede normale la moneta divisionaria o se non tosse più prudente procedere con opposto sistema. E questa una di quelle questioni difficilissime a risolversi col solo lume dei principi teorici ed in cui le previsioni astrattamente concepite corrono massimo rischio (li essere smentite dalla pratica, attesa la grande elasti­ cità ed indeterminatezza degli elementi che dovreb­ bero esser presi a calcolo. Se però ci affidiamo al­ l’ esempio di altre nazioni si può sperare di avere una guida più sicura onde la nostra mente si rivolge subito all’ esperimento tentato e testé compiuto dagli Stati Uniti di America, i quali appunto con la con­ versione dei biglietti di piccolo taglio hanno inco­ minciato le operazioni che hanno finalmente e felice­ mente ricondotto il metallo nei canali della loro

circolazione. AT esempio degli Stati Uniti ed a quello pure della Francia dovrà costantemente volgere gli occhi l’ Italia quando troverà in sé forza sufficiente per uscire dalia nefasta palude del corso forzoso.

Certo che non in ogni parte del suo indirizzo può citarsi a modello la politica finanziaria degli Stati Uniti e certo che anco nella questione monetaria i precedenti ili questo paese, il conflitto e il disordine delle opinioni, le oscitanze dei suoi poteri legislativi offrivano prospettive tutt’ altro che rassicuranti ma due idee erano ben fisse nella mente dei finanzieri che reggono le sorti di quel paese, l’ ammortizza­ mento del debito pubblico e la sollecita ripresa dei pagamenti in specie, ed alla realizzazione di questo hanno volto i loro sforzi imperterriti vincendo diffi­ coltà non lievi.

Il debito americano che era di soli 432 milioni di franchi nel 1861 si era elevato a 13 miliardi di fran­ chi nell’ agosto del 1863, era disceso alla fine del di­ cembre u. s. a 10 miliardi e 113 milioni, compren­ dendo sì nell’ uua come nell’ altra cifra il debito rap­ presentato dalla carta moneta. Questa diminuzione rappresenta un ammortamento di circa 400 milioni l’anno, ma più notevole ancora è la riduzione degli interessi i quali da 733 milioni di franchi nel 1863 sono oggi discesi in parte per l’ ammortamento ed in parte per la conversione della rendita operata su larga'scala a 482 milioni.

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66 L ’ E C O N O M I S T A 2 febbraio 1879 rapporto di valore stabilito dalla legge fra I’ oro e

1’ argento.

In queste condizioni trovavasi la circolazione mo­ netaria della grande repubblica quando nel 25 feb­ braio 1862 per far fronte alle spese della guerra di secessione il governo decise l’emissione di biglietti a corso forzato United States legai tender notes volgarmente conosciuti sotto il nome di greenbacks. Questa fu una delle varie misure a cui il governo si attenne per procacciarsi immediatamente i fondi per la,guerra, fra le quali misure merita special- mente menzione l’ingegnosa creazione delle Banche nazionali, presso le quali mercè la concessione del diritto di emetter biglietti a corso forzoso il governo si assicurava la facoltà di dare sfogo ai suoi buoni del Tesoro.

La carta emessa dalle Banche ha ben presto ces­ sato di dar motivo a qualsiasi preoccupazione e sa­ rebbe stata sorretta dalla più larga fiducia ancorché non fosse stata assistita dal corso forzoso, poiché i titoli governativi in cui le Banche erano obbligate a rinvestire l’equivalente dei biglietti emessi, sono non solo molto al disopra del prezzo di emissione, ma .anco al di sopra della pari e rappresentano per conseguenza una somma più che sufficiente per ga­ rantirne il rimborso.

Una legge del 12 febbraio 1875 ,abolì negli Stati Uniti il sistema del doppio tipo e fece del dollaro in oro l’unità legale monetaria; finalmente il governo vedendo notevolmente migliorate le sue condizioni finanziarie e compreso della necessità di tener alto il suo credito affine di dare più efficace impulso alla riduzione degli interessi del debito pubblico, fece approvare dal Congresso il l i gennaio 1875 la ce­ lebre legge conosciuta col nome di Resum ption bill con cui si decretava per il primo gennaio 1879 la ripresa dei pagamenti in ¡specie. Il disegno dei finan­ zieri americani era di far sì clic potesse ridursi gra­ datamente l’aggio dell’ oro in modo che la circola­ zione cartacea essendo riposta sopra lo stesso, piede della circolazione metallica quest’ ultima ricompa­ risse di per se e senza scosse sopra i mercati degli Stati Uniti. A tale oggetto (che T annunzio stesso della deliberazione del Congresso contribuiva a con­ seguire), il termine prefisso di 4 anni non poteva sembrare certo troppo lungo.

Affine di preparare il terreno alla scomparsa del— l’ aggio ed al ritorno dell’ oro, il Resumption B ill stabiliva fino dal 1875 il cambio dei biglietti di pic­ colo taglio inferiori ad un dollaro, incoraggiava la coniazione dell’ oro abbassandone le spese e per­ metteva alle Banche di allargare la cifra della propria circolazione sostituendola a quella dello Stato fino a ridurre quest’ ultima dal limite di 582 milioni di dollari che le era allora segnato a quello di soli 500 milioni. Le previsioni degli uomini che reggono le finanze dell’ America si sono verificate ed il pro­ spetto del movimento dell’aggio dall’epoca dall’emis­ sione della carta fino al giorno della cessazione del corso forzoso ci sembra abbastanza rimarchevole per potere interessare i nostri lettori.

Anni corso più alto corso più basso

1862 134 101 'r. 1863 172 >It 122 >l8 1864 285 151 <i, 1865 5134 *U 128 q2 1866 167 3U 325 1867 146 *h 132 «Is 1868 150 132 1869 165 'h 119 'k 1870 123 'u 110 1871 115

3

108 3[S 1872 115 6ls 108 'u 1873 119 hs 106 'la 1874 114 «b 109 1875 117 °l8 111 3 l4 1876 115 107 1677 107 q8 102 'la 1878 102 ' l a 100

Il corso dei greenbacks, che ha finalmente rag­ giunto il livello del corso dell’ oro alla metà dello scorso decembre, sarebbesi senza dubbio trovato alla I pari assai tempo prima se la politica dei partigiani dei pagamenti metallici non fosse stata così fieramente avversata dagli inflationists con le arti e con i fini di cui abbiamo altre volte parlalo e che ora sarebbe troppo lungo il ripetere. Q Fu solo negli ultimi mo­ menti che precedettero l’ epoca destinata nel 1875 alla cessazione del corso forzoso che questa misura potè considerarsi come irrevocabile, e che la politica dei resum ptionists potè apparire come definitivamente trionfante; non meno di 15 progetti erano stati pre­ sentati al Congresso nel 1877 affine di abrogare il Resum ption B ill, ed uno, che ave/a per oggetto di ritardare il termine del 1 gennaio 1879, fu approvato dalla Camera dei Rappresentanti ma respinto dal Senato. La violenta agitazione che ebbe luogo l’ anno scorso in occasione della discussione del B la n d B ill inteso a rimonetizzare l’ argento sopra l’ antico tipo del 1837 e l’ approvazione di questa legge con l’ im­ mensa maggioranza di oltre i due terzi nelle due Camere del Congresso sembravano aver dato d so­ pravvento agli inflationists e ad ogni momento te- mevasi che questi dell’ influenza acquistata e della forza che dicevasi avesse assunta il L a b o u r an d G reenbacks P arty, il quale per altro nelle ultime elezioni ha addimostrato un’ importanza assai inferiore alla sua fama, avrebbero usato per far cancellare la legge del 1785. Ciò per altro non riuscì loro ed essi dovettero contentarsi di far sospendere la riduzione precedentemente ordinata della carta governativa a 500 milioni di dollari lasciando che l’ ammontare ne rimanesse a 317 milioni.

A dir vero fra gli oppositori della legge del 1875 vi erano non soltanto coloro che dell’ espansione della carta moneta volevano sentire alleggerito il peso dei propri debiti, ma vi erano altresì coloro che peu- sovano troppo ardito il concetto di tornare ai paga­ menti in specie nel solo spazio di quattro anni. Chi fornirà, essi dicevano, in così breve tempo tanta copia di metallo agli Stati Uniti da poter rimborsare 550 mi­ lioni di dollari? Nella lotta fra il Governo americano, che con la rendita dei suoi Buoni del Tesoro cer­ casse di attrarre cosi grossa corrente di metallo nelle proprie casse e gli stabilimenti dèi grandi mercati europei che con ogni sforzo elevando baldamente lo sconto tentassero di trattenerne lo efflusso, il Governo americano non potrebbe avere il disopra se non che a prezzo di gravissimi sacrifici. Questo modo di ve­ dere e queste apprensioni resero l’ anno scorso fa­ vorevoli alla rimonetazione dell’ argento alcuni che non avevano nulla di comune riè con gl ’inflationists nè con i proprietari di miniere del Newada. Ben

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2 febbraio 1879 L’ ECONOMISTA 67 diverso era per altro il concetto del sig. Sherman

ministro delle finanze federali; egli calcolava che quando fosse sparito l’ aggio sull’ oro la carta non sarebbe stata sbandita dai pagamenti, ma avrebbe continuato ad essere accolta a preferenza dell’ oro stesso, tanto che la massima parte di essa sarebbe rimasta in circolazione. Credeva perciò che una ri­ serva in metallo uguale al 40 percento dell’ ammon­ tare dei biglietti sarebbe stata sufficiente ad assicurare la cessazione del corso forzoso.

Ed è su questo piano che la ripresa dei paga­ menti metallici è stata legalmente inaugurata il primo giorno dell’ anno corrente e che le notizie giunte dall’ America ci han fatto sapere avere essa avuto luogo senza inconvenienti ed in modo da fare considerare- I’ operazione come completamente assi­ curata; il pubblico ricevendo indifferentemente il metallo o i biglietti. La proporzione di metallo che il governo aveva in pronto nelle sue casse, era per altro assai maggiore del 10 ° / 0 perchè di fronte ai 347 milioni di dollari in circolazione lo Stato aveva accumulato l’ultimo giorno di decembre poco meno di 225 milioni di metallo di cui circa il 70 % in oro. In sostanza il governo americano trovavasi e trovasi nella stessa situazione di una banca di emis­ sione die con una circolazione di 350 milioni pos­ sedesse una riserva di 225. La situazione non è scevra al certo da qualunque più remoto pericolo, ed il governo dovrà pensare a porsi al riparo da ogni possibile emergenza portando a poco a poco il suo incasso al livello dell’ emissione. Frattanto però egli ha potuto mercè il proprio credito anticipare al paese i benefizi della cessazione del corso forzoso senza nessuna grave perturbazione del mercato mo­ netario e senza sottostare, ai sacrificii che avrebbe dovuto imporsi se avesse voluto fare in breve spa­ zio di tempo incetta di un enorme ammasso d’ oro. Preme nonpertanto di far notare che due circo­ stanze hanno potuto render possibile l’attuazione di questo piano, cioè, da una parte la grande ecce­ denza delle entrate sulle spese nel bilancio federale eccedenza ebe raggiunse i 20 milioni di dollari nel­ l’esercizio 1 8 7 7 -7 8 ed è prevista in 24 milioni nel­ l’esercizio corrente, d’altra parte il corso del cambio che è favorevole agli Stati Uniti in conseguenza del- l’ ingente sopravanzo delle esportazioni su'le impor­ tazioni e che lo sarebbe ancor più se in questi ul­ timi tempi gli Stati Uniti non fossero andati ricom­ prando i valori federali che erano in gran copia posseduti da'l’estero.

IL CONSORZIO DELLE BANCHE

*>

in

Continuando l’ esame della pregevole relazione sull’andamento del Consorzio delle banche nell’ an­ no 1877, vediamo come gl’ istituti d’emissione im­ piegarono i mezzi che avevano a loro disposizione.

Le cifre seguenti mostrano quali fossero e come si ripartissero gl’incassi metallici degl’ istituti d’emis­ sione alla fine degli anni 1876 6 1877 per ciascuna specie di moneta metnfiica :

1876 1877 Oro . . L. 75,487,010 — Argento . » 73,485,553 71 Bronzo . » 896,720 96 L . 76,805,284 50 » 72,526,127 43 » 869,527 10 Totale. L . 149,869,284 67 L . 150,200,939 03 Senza tener conto della specie di moneta, ecco come era ripartito l’incasso metallico complessivo per ciascuno istituto d’ emissione alla fine de’ due ann i in e sa m e . Istituti 1876 1877 Banca, Nazion. del Regno . L. 8 7 ,7 7 6 ,2 1 3 5 4 L.. 8 9 ,5 6 2 ,9 9 2 8 1 Banca Nazion. Toscana . . » 1 2 ,6 5 4 ,1 4 9 , 79 » 1 2 ,5 3 5 ,1 9 8 9 4 Banca Tose. di Credito . » 5 ,0 0 0 ,4 4 3 14 » 5 ,0 0 0 ,1 6 4 19 Banca Roin. . )) 1 0 ,0 0 7 ,9 7 0 87 « 1 0 ,0 0 2 ,1 0 0 9 5 Banco di Nap. » 2 1 ,2 9 9 ,4 3 1 81 1 3 ,1 3 1 ,0 7 5 5 2 » 1 9 ,9 6 8 ,7 9 3 1 5 Banco di Sieil. » » 1 3 ,1 3 1 ,6 8 8 9 9 Totale L. 1 4 9 ,8 6 9 ,2 8 4 67 L. 1 5 0 ,2 0 0 ,9 3 9 0 3 La situazione degli incassi metallici degl’ istituti d’emissione non è quasi mutata nel suo complesso durante l’ anno 1 8 7 7 ; merita solo di notare l’ au­ mento della Banca Nazionale nel Regno (quasi due milioni nell’ oro) e la diminuzione nel Banco di Na­ poli (800 mila lire nell’ argento.)

Esaminiamo ora il movimento delle operazioni di sconto eseguite dagli istituti d’emissione. Nella relazione si osserva che durante l’ anno 1877 le condizioni del commercio e delle industrie furono generalmente tristi. Le apprensioni destate dalla guerra orientale e dalla possibilità che. essa si allar­ gasse, in una col ricordo ancor recente dei disastri e delle delusioni onde fu seguita la febbre di spe­ culazione che imperversò dal 1871 al 1873, disto- ! glievauo i capitali Jalle nuove intraprese commer­

ciali e industriali, e tendevano a produrre una mag­ giore affluenza di depositi presso le Banche, e una diminuzione nelle domande di credito.

Le cifre seguenti indicano il numero degli sconti fatti da ciascuno istituto e I’ ammontare di queste operazioni pel 1876 e pel 1877:

I S T IT U T I 1876 1877 _ _

numero ammontare numero ammontare

L ire L ire Banca nazionale nel Regno .. . 523.180 1,055,602,643 570,314 1,111,429,467 Banca nazionale T o sca n a ... 88,162 142,051,581 94,024 137,962,411) Banca toscana di 1 C re d ito ... 10,012 30,609,783 9,528 37,034,722 Banca Romana . 27,071 110.949,063 29,016 125,641,226 ! Banco di Napoli. 60,97! 181,134,437 59,276 165,259,849 Banco di S icilia. 26,126 69,235,358 21,385 53,352,259 Totale 737,022 1,589,582,865 783,545 1,630,679,939 Negli investimenti commerciali abbiamo nel 1877 un aumento complessivo di 41 milione di lire, a fronte di quelli effettuati nel 1876. Gli sconti della Banca nazionale nel Regno offrono' un aumento di 56 milioni, in quelli della Banca Romana abbiamo un aumento di 15 milioni, e crebbero pure di 6 milioni e mezzo gli sconti della Banca Toscana di credito.

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68 L ’ E C O N O M I S T A 2 febbraio 1879 Nel 1877 la sola Banca nazionale nel Regno fece

sconti di cambiali pagabili in moneta metallica. L ’ ammontare delle cambiali di questa specie posse­ dute da quell’istituto era di lire 1,861,510 alla line del 1876, ed al 31 dicembre 1877 era ridotto a lire 994,223.

Il valore medio delle cambiali scontate dagli isti­ tuti d’emissione fu di lire 2,136 76 nel 1876 e di lire 2 ,0 8 i 01 nel 1877 e

per ciascuno istituto:

ripartito come appresso

Istituti 1876 1877

Banca Naz. del Regno L. 2,017, 86 L. 1,952. 71 Banca Nazion. toscana » 1.611, 26 » 1,467, 31 Banca Tose, di Credito » 2,884, 45 » 3,886, 94 Banca Romana . . . . » 3,966, 57 » 4,330, 07 Banco di Napoli. . . . » 2,970, 83 2,650, 05 » 2,787, 97 Banco di Sicilia. . . . » » 2,494, 85 Media generale L. 2,156, 76 L. 2,084, 01 Dall’ esame di queste cifre vediamo che vi è au­ mento nel 1877 a paragone del 1876 per la Banca Toscana di Credito e per la Banca Romana; v’ è diminuzione per gli altri istituti ed anco per tutti i sei istituti insieme considerati. Stando al nudo signi­ ficato di queste medie sarebbe da concludere che sono aumentati gli ajuti concessi dalle banche di emissione a! minuto commercio.

Nel 1877 l’ammontare degli effetti caduti in sof­ ferenza fu di lire 13,117,301 73 per tutti gli istituti di emissione, e presenta una proporzione di lire 8 21 per mille sul totale degli effetti scontati in detto anno. La proporzione è di lire 33 02 per mille per le sofferenze del Banco di Napoli, di lire 26 per la Banca Romana, di lire 13 16 pel Banco di Sicilia, di lire 4 98 per la Banca Nazionale Toscana, di L. 3 01 per la Banca Nazionale nel Regno, e finalmente di lire 0 73 per la Banca Toscana dì Credito. Il totale dei ricuperi fatti nei 1877 sulle sofferenze dell’anno e degli esercizi antecedenti fu di lire 8,826,677 79, e quindi l’eccedenza comples­ siva si ridusse a lire 1,596,625 91, tenendo conto che per il Banco di Sicilia l’ammontare dei ricuperi superò, nel 1877, quello delle cambiali in sofferenza di lire 128,861 61.

Il dato più significante, si osserva nella relazione, ò senza dubbio quello dell’eccedenza delle sofferenze sui ricuperi, poiché non tutti gli istituti seguono gli stessi criteri nel passare a sofferenza gli effetti non soddisfatti in scadenza, ed anzi il Banco di Napoli, che fino al 1876 noverava fra le sofferenze tutti gli effetti protestati, a partire dal 1877 si limitò a col­ locare in quel numero gli effetti che non essendo stati pagati subito dopo il protesto diedero luogo ad atti giudiziari. Guardando pertanto alle eccedenze delle sofferenze sui ricuperi ed alla proporzione di esse con la totalità degli effetti scontati, non parrà certo troppo grave siffatta proporzione per la Banca Toscana di Credito (lire 0 3 8 per mille) e nemmeno per la Banca Nazionale nel Regno (1 05 per mille) e per la Banca Nazionale Toscana (1 08) ma ò grave assai per la Banca Romana (17 29) e gravissima pel Banco di Napoli ; sono tali per e :trambi da as­ sorbire non solo tutto il guadagno ritratto dall’ope­ razione degli sconti, ma da lasciare un residuo di perdita, e per l’istituto napoletano un residuo non lieve. Conviene però avvertire che questo triste ri- sultamento, per ciò che riflette il Banco di Napoli, deve ascriversi a sconti male avvisati, concessi ne­

gli anni antecedenti e dovuti poscia rinnuovare per evitare perdile maggiori, piuttosto che a nuove ope­ razioni. Pel Banco di Sicilia i ricuperi superano le sofferenze, e ciò s’ intende ove si rammentino le enormi somme di effetti caduti in sofferenza negli anni precedenti in seguito ai fallimenti del barone Genuardi e della T rin acria.

L’ eccedenza delie sofferenze sui ricuperi fu di lire 6,056,791 64 nel 1876 e nel 1877 ascese come vedemmo, a lire 4,590,623 94. Esaminandole cilre poste a riscontro per ciascun Istituto, vediamo che nel 1877 vi fu peggioramento per tutti gli istituti, eccettuata la Banca Nazionale Toscana e il Banco di Sicilia.

Nella relazione si accenna come il ministero abbia creduto necessario di ricordare ad alcuni fra gli isti­ tuti di emissione che nelle situazioni e nei bilanci gli effetti in sofferenza debbono essere valutati sol tanto per le somme onde può fondatamente presu­ mersi il ricupero. Il Banca di Napoli ha compiuto a tale effetto una diligente investigazione, ed è a sperarsi che assai presto la sua contabilità nulla la­ sci per questo rispetto a desiderare.

DELLE PROPRIETÀ RURALI PRIVATE

E BELLA CONDIZIONE DEGLI AGRICOLTORI NELL'APPENNINO MASSESE

Ho discorso altrove delle proprietà rurali promiscue di alcune regioni dell’ Appennino toscano, argomento che meriterebbe di essere trattato a fondo, ed il cui studio storico potrebbe recare moltissima luce sul­ l’ origine e sulla costituzione prima dei comuni r u ­ rali. Q

Qui mi propongo di parlare delle proprietà private nell’ Appennino della provincia di Massa e l’ argo­ mento principale dello studio relativo a questo sog­ getto sarà quello della condizione degli agricoltori di quei luoghi. Quel che ne dirò si potrà applicare del resto più o meno a tutti gli abitatori delle pros­ sime contrade appenniniche della Liguria, dell’Emilia, e della Toscana. Non si tratterà di cose nuove; ma pur di cose utili a sapersi, specialmente nell’ occa­ sione dell’ Inchiesta a g r a r ia , che da qualche tempo il nostro Parlamento ha ordinato.

Nella Provincia di Massa, come nella massima parte della regione montuosa dell’ Appennino, per quel che ho visto tanto nella porzione settentrionale quanto in quella più meridionale delle Calabrie, la proprietà ter­ ritoriale è molto sminuzzata. Le ragioni di questo smi­ nuzzamento derivano in parte dalla divisione delle pro­ prietà, che erano in origine comunali, fatt i fra un gran numero di capi di famiglia, sicché ad ognuno toccarono porzioni assai piccole, le quali furono poi conservate per un lato dai limitati desideri"! de’ proprietarii che si contentano di campare onestamente e non agognano aumentarle, per l’ altro dal loro spirito di economia, il quale fa sì che non sperperino quel poco che hanno avuto dai genitori. A nessuno di fuori poi viene in monte di far compre e di avere larghi possessi, perchè scomodi, di poca rendita, e di prezzo

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2 febbraio 1879 L’ E C O N O M I S T A 69 vamente elevato. La facilità (lolle comunicazioni,

l’ apertura ili nuove strade, l’ aumentata ricchezza, lo sviluppo dei collimerai, ragioni clic renJono più con­ centrati i possessi dove prima erano spartiti, non hanno ancora avuto tempo di manifestare gli effetti nell'Appennino. Per venire al mio argomento discor­ rerò prima dei terreni a pascolo indi dei boschi e delle selve, por ultimo dei terreni seminativi.

I terreni a pascolo, ossia le A lpi, che non sono di proprietà comunale, sono possedute direttamente dai pastori medesimi, i quali inoltre prendono in af­ fitto altri pascoli comunali e di privati. Cotali pascoli occupano la passima parte del territorio nei comuni più alpestri, come Sillano, Giuncugnano, Minuccinno, Vagli, eoe. Tutti i pastori attendono da sè alle loro gregge, e ve ne sono di molto ricchi, certo de’ più ricchi del loro comune. Alcuni possiedono da 500 a -100 pecore: hanno inoltre buon numero di capre, ed una quantità di muli e di puledri, oltre alle vac­ che. Per mantenere il gregge, ciascun anno vendono le pecore e le capre più vecchie e tirano su alcuni degli allievi. Ogni pastore ha la casa e qualche pezzo di terreno coltivabile in paese, e la capanna coi pa­ scoli nelle Alpi. Nel mese di maggio, rimane co’ suoi armenti intorno a casa nel proprio paese. Ai primi di giugno va alle Alpi, il qual nome, d’ origine an­ tichissima, è adoperato in tutta l’ Italia centrale e settentrionale, nella Svizzera e nella Savoia per de­ notare le pasture montuose; nelle Alpi rimane tutta la state sino verso la metà di settembre. 1 pastori portano gli animali sui campi da loro posseduti o presi in affitto, e li chiudono in recinti con una rete, acciocché non escano, ed oltre al pascersi di tutta l’ erba concimino il campo, .ciò che chiamano f a r la rete o stabbiare. I giorni dipoi levano il recinto e vanno a stabbiare in un posto accanto. I pastori di notte abitano nelle capanne o baracche le quali sono basse casette d’ un solo piano, costruite in pietra, riunite insieme per servire agli abitanti di ogni Co- munello che dà il nome alle capanne o all’ Alpe.

Alla metà di settembre quando cominciano i freddi e l’ Alpe non è più adatta alla pastura, emigrano e vanno a cercare un clima migliore nelle pianure della Toscana, nel Pisano, nel Livornese, o nelle Maremme facendo un viaggio di molle e molte miglia. A maggio, quando i monti sono spogliati di neve e le erbe rimettono, tornano a casa loro: qualche an­ tico statuto determinava persino i giorni del ritorno non concedendo che tornassero prima, per non dan­ neggiare precocemente le prata. *)

1 proprietarii di piccole gregge che abitano nelle pendici più basse, hanno il modo di pascere i loro animali quasi tutto il tempo dell’ anno senza andare lontano dal loro paese: soltanto nei mesi d’ inverno prendono in affitto alcuni prati nel basso delle vallate del Serchio e della Magra e nel pia­ no, e vanno a starvi per un poco di tempo.

Questo continuo tramutarsi dei pastori da un luogo all’ altro, fa si che la pastorizia meglio d’ o- gni altra industria abbia conservata vivissima, in mezzo agli ordini civili dei nostri tempi, la forma

') Per maggiori notizie sui pascoli cofnuai vedi Delle prop. coni. eec. Pag. 116 a 118; e pella emigrazione dei pastori nelle Maremme vedi: C. De Stefani, Della emigrazione dal Circondario di Garfagnana in p r o ­ vincia di Massa.

I patriarcale ed il carattere della vita nomade dei po- I poli primitivi.

La pastorizia non potè essere mollo sviluppata presso gli antichi Liguri Apuani che abitavano questa parte d’ Italia, appunto perchè è necessario vagare da un luogo all’ altro, e nell’ inverno por­ tare gii armenti fuori della regione montuosa, nei piani, che erano posseduti da altre tribù. Infatti dice Tito Livio della regione dei Liguri « inops regio quce p ru da: h au d imiltum pregherei. L a q u e [ non l ‘x a sequebatur, non iumentorum longus ordo aginen extendebat. Per cui que’ popoli, « p ro p ter dom esticam inopiam vicinos ag ros incursabant. » '). Quelle consuetudini e quegli usi che sono proprii dei pastori dell’ Appennino Massese, ed in gene­ rale dell’ Appennino settentrionale d’ oggidì, non possono dunque avere la loro prima origine in­ nanzi a que’ tempi, circa al secolo primo avanti I’ era volgare, nei quali debellati e pacificati com­ pletamente i Liguri, tutta la regione venne sog­ getta alle ordinate leggi dei romani. Certo, per quel che se ne può sapere, nell’ evo medio le cir­ costanze non erano diverse da quelle d’ oggidì. In­ fatti troviamo frequente menzione negli Statuti co­ munali antichi e recenti di quelli che van:.o cogli armenti in Maremma 2), e dai capitoli di Soraggio si capisce espressamente che fin dal secolo XV I per lo meno, « p e r la povertà e p en u ria del nostro p aese alpestre, qu asi tutti gli huom ini la m aggior p a r t e del tempo stanno nelle m arem m e » 3), come pure oggigiorno accade, da novembre fino a giugno. Anzi a cagione di questa troppo lunga assenza della maggior parte degli uomini il Comune di Soraggio aveva adottalo pella sua amministrazione degli or.- dini e dei provvedimenti speciali.

Il

Chi possiede boschi di faggio, che sono estesi nella regione più elevata dei monti, affitta il suolo per uso di pascolo, a meno che non se ne serva direttamente per le sue gregge : il taglio degli alberi viene poi affittato per tre o quattro anni, od anche anno per anno, a qualcheduno che taglia per conto suo, o su­ baffìtta. Ilei legnami tagliati, in piccola parte, si ser­ vono fin da tempo antichissimo, per fare pale, palette, bordoni, cerchi, doghe, e simili lavori : di regola ne fanno carbone. I carbonai sono o del paese, o Lombardi cioè Frignanesi, ovvero Pistoiesi che hanno fama di essere i più valenti : lavorano da giugno ad una parte d’ ottobre, epoca durante la quale non sono lunghe piogge e nevi, e sono pa­ gati a lavoro fatto, un tanto il sacco, ovvero a lire due per giornata.

Quando non possono più lavorare nell’ Appen­ nino si partono e vanno a continuare il loro me­ stiere in Corsica od in Sardegna.

Quando il carbone è fatto, barrocciai del paese, ma per lo più pisani o d’ altre parti di Toscana, lo vengono a prendere sul posto, oppure lo

rice-') Tifi Livi X X X IX , 1.

-) V, Capitoli et ordini della comunità di Sasso­ rosso e Massa 1625, X — Statuti et ordini da ob- servarsi nel comune di Castiglione 1545, L X V — Ca­ pitoli e provvisioni delle due comunità di Eglio e di Sassi 1749, Cap. H i.

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70 L ’ E C O N O M I S T A 2 febbraio 1879 vono in consegna in qualcheduno dei paesi posti a

piede del monte e lo portano alle città. Il taglio de’ faggi per fare carbone non è menzionato mai negli antichi Statuti comunali, se non per usi limitati di famiglia : ') infatti lo hanno cominciato in epoca as­ sai recente, dopo la costruzione delle strade, essendo stato prima troppo difficile e troppo costoso il tra­ sportarlo fuori delle vallate. Intorno alle strade molti boschi sono già stali tagliati al pari, nè sorte diversa attendono i faggi delle valli più romite dell’ Appennino, come quelle di Soraggio e di Pon- teccio, e di molte parti delle Alpi apuane, dopo che sarà fatta l’ apertura di tutte le stiade in costru­ zione.

Non ¡starò a ripetere quello che tutti ornai di­ cono quando parlano del taglio dei boschi : il ta­ glio intlessivo dei faggi e degli alberi, quando non si curi la riproduzione loro, sarà cagione di gravi danni pecuniarii per il paese stesso che non ha poi molte altre risorse di cui disporre.

Accadrà non altrimenti di quel che è avvenuto pei boschi di abeti i quali fino circa ai secoli XIV e X V ricoprivano grandissimi tratti della Vai di Serehio, della Val di Magra e delle Alpi Apuane, ’) ed alimentavano molte segherie di legnami delle quali non esiste più traccia, e varie altre industrie, che se avessero continuato lino ad oggi sarebbero state assai più produttive dell’industria de’carhonai. Ma niuno degli statuti da me conosciuti, ad ecce­ zione di quello di Pastiglio,ie, che tardi ed invano se ne occupò, cercò di porre argine alla distruzione delle foreste d’abeti, come oggidì nessuno, badando solo al lucro presente, cura la conservazione ed il taglio ragionato dei boschi di faggio.

Le selve de’ castagni, o le tengono a m ano i proprietarii, o le danno a mezzeria a’ contadini in aggiunta a terreni seminativi, o più di rado in af­ fitto facendosi pagare una rendita fìssa. Quelli che le tengono a mano le lavorano da sè, e quando è tempo, raccolgono le castagne aiutati dalle loro fa­ miglie, o le fanno cogliere da altri, con diversi si­ stemi.

•Qualche volta i coglitori per loro salario pattui­ scono la metà dell’ intera còlta ; qualche volta un terzo delle castagne che vengono poste nel melato, oltre al diritto di prendere tutte quelle che possono servire per loro uso; altre volte essi vengono pa­ gati a giornata. In Garfagnana, quando viene la stagione di cogliere le castagne, chi ha bisogno di opre, va al Mercato delle Lombarde che ha luogo da antico tempo in Castelnuovo presso la piazza del Mercato, dove era un’ antica loggetta, l’ ultimo giovedì di settembre e il primo d’ ottobre, nei quali giorni, come in tutti i giovedì dell’ anno, hanno luogo i mercati a Castelnuovo.

A quella loggetta convengono Lombarde ed an­ che Lombardi, che con questi nomi sono chiamati tutti gli abitanti di là dell’ Apennino principalmente i Friguanesi: chi ne ha bisogno va a fare la scelta, s’accomoda sui patti, fissa il giorno nel quale deh * *)

fi Statuti e ordini pel buon governo della Comu­ nità, Università ed adiacenze di Careggine, 51.

*) Stat. et Ord. di Castiglione 1545-1559, Capitolo L X X IIIjL X X IIH — Ord. di Sondaggio 1602, IX — Statuti ordinationi et Capitoli di Magnano 1658, V II — G, Targioni Tozzetti. Relazione di alcuni viaggi fatti in diverse parti della Toscana, tom. V, p. 376.

bono cominciare a cogliere: oltre alle spese del vitto per solito pattuiscono non denari, ma un mez- zino od una soma di castagne, le quali fanno molto comodo a quelli ohe in casa non ne hanno. Molti preferiscono chiamare opre del paese, perchè, se costano un poco più le credono però più fidate. Il cogliere dura lo o 20 giorni d'ottobre, secondo come-è andata la stagione, quando hanno finito o come dicono, fatto a pietto, i bambini ed i poveri vanno per le selve alla ruspa, cioè a raccogliere le castagne sperse e quelle che avessero tardato a cadere.

Dopo fatto a pietto, per antichissimo abitudini, si possono altresì condurre gli animali a pascere pelle selve.

Le castagne raccolte intanto vengono poste nei melati o seccatoi, che sono casotti di pietra, sopra un graticcio di legno, al di sotto del quale sul pa­ vimento sta acceso un fuoco moderalo, continua­ mente fino a che le castagne non siouo del tutto seccate. Finché 1’ operazione non è terminata, per 20 o 30 giorni, qualcheduno della famiglia del con­ tadino o del padrone sta a far la guardia, tornando a casa per lo più ogni sera, ovvero, se il melato è lontano, soltanto la domenica. Nei melati mangiano e fanno veglia ; quando son soli, per ¡spassarsi e per mettersi in comunicazione gli uni cogli altri danno fiato alle trombe marine, e 1’ eco per delle mezz’ ore ripete le vicendevoli risposte da una parte all’ altra di quelle romite valli. Allorché le castagne sono del tutto seccate le pongono entro sacelli di canapa, e le battono ben bene per terra, finché sono interamente liberate dalla pula che poi serve a far fuoco. Dopo le macinano, e la farina ottenuta la pigiano fortemente entro cassoni nei quali si con­ serva fino alla raccolta nuova. Tanto le castagne che la farina rimangono in paese e sono portate fuori solo in piccola quantità. La farina forma l’ali­ mento principale dei nostri alpigiani, per lo più sotto forma di polenta o paltona : ma poi ne fanno mille manicaretti diversi: impastata col vin nuovo ne fanno la vinata ; cotto in forno con olio o bur o, con pinoli o altro fanno il castagnaccio ; e i neeci mettendola al fuoco fra due testi di ferro ben cal­ di, eoe. ecc. e se ne cibano insomrna tutto l’anno i giorni di festa e i giorni di lavoro.

I terreni seminativi specialmente quando non hanno grande estensione, li coltivano da sè i pro­ prietarii, chiamando tutt’ al più delle opre quando n’ abbian bisogno, e questo sistema è quasi gene­ rale nei comuni più alpestri.

I terreni più estesi sono fatti coltivare col siste­ ma della mezzadrìa. Qualcheduno nei tempi andati tentò introdurre la terzerìa, cioè la divisione per terzo, com’ è in alcune parti dell’ Emilia ; ma questo sistema non può reggere nell’ Apennino, dove, es­ sendo il paese poco ricco, ed i poderi poco estesi, il contadino ne morrebbe di fame. Di rado un prò- [ prietario cede in affitto dietro pagamento di una i rendita annua di denaro, qualche podere, o dei prati,

o selve.

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2 febbraio ¡ 8 79 L ’ E C O N O M I S T A 71 non hanno luogo di esservi fattorie come nella To­

scana ed altrove, quando se ne eccettuino quattro o cinque in specie dalla parte del piano. Ogni padrone più ricco, specialmente se sta fuori di paese ha un l'attore o sotto fattore che ne cura gl’interessi.

Oltre allo sminuzzamento ora accennato, vi sono moltissimi poderi, in specie de’ minori possidenti, spezzati e divisi in picco'i campi più o meno lontani gli uni dagli altri ; inconveniente molto generale nella zona montuos.a di tutti gli Appennini. Se la divisione delle terre è di grande utilità pel benessere delle popolazioni agricole, quello sminuzzamento di ogni singola possessione reca però degli svantaggi non piccoli e degii ostacoli al progresso agrario. Se i possidenti, particolarmente quelli che hanno un podere o due, si persuadessero a fare opportuni Ita- ratti e ad arrotondare i loro terreni, come già qual­ cheduno ha fatto, recherebbero grande utilità al loro paese ed a loro stessi, chè potrebbero perdere meno tempo, coltivar meglio, e far più buona guardia.

Ognuno tiene delle pecore e degli animali bovini quanti il podere ne può mantenere, e per lo più 4 o 5 nella vallata, uno o due soli nel monte. Nei piani in fondo alle vallate, nel settembre, comprano qualche branco di pecore vecchie, e le tengono a pascere per fare del concio, e per rivenderle con guadagno ai lombardi nel marzo Nelle possessioni più grandi hanno qualche torello; ma di regola ten­ gono soltanto mucche per il fluitato, le quali ser­ vono pure nei lavori non molto gravosi che possono occorrere.

Il sistema della mezzeria è uguale a quello della Toscana, ed è perciò ben conosciuto: ne darò quindi soltanto alcuni cenni.

Tutte le raccolte, senza eccezione vanno divise in giusta metà fra il padrone ed il contadino, ed in ciò v’ è qualche differenza dal territorio luc­ chese confinante, nel quale colla mezzerìa s’innesta in qualche parte il sistema dell’affitto. Una volta le noci ed altre frutta erano spartite per un terzo al contadino e per due terzi al padrone; ma oggi si fa a metà anche di quelle. Le pecore, le capre e gli animali bovini sono comprati dai padroni, e quando li rivendono dopo averli ingrassati il gua­ dagno viene diviso a metà col contadino previo il rimborso del capitale impiegato nella compera: se l’animale muore anche la perdita viene risentita per metà da ambedue. Anche i bugni delle api vengono comprati dal padrone. Gli allievi di quelli animali sono venduti a mezzo, e così pure dividono tutti i frutti loro, cioè la lana, il latte, il miele, la cera, come pure i fruttati del pollame, delle piccionaie e dei bachi da seta. Il latte lo tiene un giorno il con­ tadino, un giorno il padrone, che fa fare il cacio o il burro da sè, radunando la sua parte di latte dai varii contadini se ne ha più d’uno. Il concime viene adoperato per il podere, e se non è sufficiente ne comprano dell’ altro a metà. Ogni contadino per so­ lito compra uno o due maiali e li tiene per conto suo, serbando al padrone un salame e l’arrosto; a volte li comprano per due terzi il padrone e per un terzo il contadino, nel quale caso, fino a S. Martino il contadino dà loro mangiare a tutte sue spese: da S- Martino in là fà metà della spesa anche il pa­ drone: il fruttato poi viene diviso metà per uno. A volle però avviene che quel contadino il quale col­ tivi i terreni a mezzadrìa possieda di suo la casa nella quale abita, ed allora fiere il maiale tutto a

conto suo. 1 contadini sono poi obbligati, al solito, secondo i patti della mezzadrìa, a portare al loro padrone le primizie d’ ogni cosa: per Pasqua devono portare 100 uova od altro numero fissato, pella vendemmia due o più canestre d’ uva, per Natale due o tre polli o capponi ed una o più granate di saggina. Qualche volta è pattuito anche un desinare l’anno al quale il padrone può invitare alcuno dei suoi amici ; così pure quando questi va a spartire gli fanno i maccheroni, ed in passato, prima e dopo Ceppo, a lui ed a quella brigata che andasse seco, preparavano le bruciate e del vin buono; ma oggi, venuto meno il vino è passato anche l’uso. Le im­ poste le paga il padrone salvo l’erbatico e la tassa di famiglia. Le opre che il contadino chiama in suo aiuto sono pagate da questo. Il contadino del resto è ossequioso e rispettoso verso il padrone; dell’uso del baciamano, resto de’ tempi feudali, che ancor si mantiene in qualche parte della Toscana, qui non si trovano tracce. Nelle annate critiche il padrone anticipa denari ed alimenti al contadino, verso il quale si ri fà nelle annate buone.

IV

Il modo di vivere del contadino non è gran fatto diverso da quello dei piccoli proprietari che lavo­ rano da sè e dei braccianti che campano d'opre. Le case sono costruite in muratura ed alcuni pa dronati tengono a migliorarle ed a pulirle; altri le trascurano, od i più poveri hanno abituri assai mi­ serabili: in qualche luogo hanno le impannate di carta invece che di vetro, oppure i semplici scuretti di legno; gl’immondezzai entro casa spargono il loro mefitico odore per tutto; il fumo pella cattiva co­ struzione dei camini occupa continuamente tutta la cucina, che è il luogo di ritrovo specialmente nelle lunghe serate d’inverno; quando poi piove l’acqua passando per le fessure del tetto cade sui letti e sui giacigli, mentre dalle larghe commessure del pavi­ mento vieu su l’odore della stalla sottostante. In una grande parte d’Italia le abitazioni sono anche più miserabili di queste, ma ciò non toglie che molte cose si possono fare anche qui per migliorarle. In molti paesi gli statuti antichi prescrivevano che tutte le case avessero un orto, ’) perchè fossero più aerate, e per provvedere più sicuramente alla so­ stentazione degli abitanti quando fossero stretti d’as­ sedio, in quasi tutti i comuni poi erano prescritte delle norme igieniche pelle fontane, pelle strade e pel modo di tenere i cessi e le immondizie, pre­ scrizioni le quali continuano ad essere più o meno conservate anche nei regolamenti odierni, però si richiede nei comuni una vigilanza reale acciocché quei regolamenti non siano, come il più delle volte accade, lettera morta.

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n L’ E C O N O M I S T A 2 febbaio 1879 moltissime famiglie hanno un vecchio telaio cui at­

tende qualcheduna delle donne di casa. Questo serve a dare un'idea dello stato veramente primitivo del­ l’industria e della poca divisione del lavoro che era nei tempi passati e che tuttora si conserva nelle nostre campague.

Il latte delle mucche in piccolissima quantità viene venduto o adoperato tal quale dai coltiva­ tori. Fanno quanto burro occorra loro per gli usi domestici e quanto ne viene richiesto fuori via; ma la massima parte, mescolatovi il latte di pecora o di capra, ed aggiuntovi anche il siero che rimane dopo aver fatto il burro, lo accagliano e fanno il cacio che mettono da parte, per venderlo ai mer­ canti di fuori, salvo quella porzione che serbano per loro cibo giornaliero : molto volte lo vendono tutto per ricomprarne dì quello peggiore e di meno prezzo per loro uso. Il rimasuglio, dopo fatto il cacio, lo bolliscouo, e ne levano la ricotta che man­ giano, dando agli animali l’ultimo residuo, sicché nulla perdono di questa utilissima sostanza.

La produzione del burro e specialmente quella del cacio è tra le principalissime risorse dell’Apen- nino; ma vien fatta al solito con mezzi del tutto primitivi, sicché il burro ed i formaggi, quantun­ que non cattivi, sono inferiori a quello che potreb­ bero essere. Migliorare questa produzione ed au­ mentare cosi la ricchezza del paese, è questo un compito che spetta ai proprietari più intelligenti, ed alle cure dei Comizj agrarj. S ’ intende che modi primitivi si conservano, salvo da pochi padroni più ricchi, anche nella coltivazione e nella tenuta dei terreni, dopo tanti anni vi è ancora qualche per­ sona, assai rara però, che non vuole inzolfare le viti, da tre anni si è introdotta qualche macchi netta da sgranare il gran turco, e da due, ve ne sono per vagliare il grano duro; e per verità questo è già qualche cosa per una regione nella quale la coltivazione è così sminuzzata e sopratutto non molto produttiva. Per gli usi domestici una volta si servivano molto dell’olio di noce, al quale scopo avevano piantato quà e là molti noci. Oggi hanno sostituito il petrolio o l’olio d’oliva che però i comuni più interrii e più alpestri debbono com­ prar fuori, non nascendovi olivi.

Rape, patate, fagiuoli, farina di castagne e di gran turco, cacio, e sopralutto il grano duro, questi sono i nutrimenti dei paesani. Tutti gli alpigiani non meno degli altri, fanno gran consumo di paste, che comprano alle botteghe o fanno in casa. Il pane, 10 fanno in casa di l o in 15 giorni o dì settimana in settimana; ma non di solo grano duro, bensì vi aggiungono, talora in proporzioni maggiori, del gra­ no turco, della segala, e del miglio macinato che rende il pane più bianco ma lega poco. Ad ogni modo, per effetto di questi cibi, la pellagra è sco­ nosciuta. Nell’alto si cibano anche del farro; nei comuni bassi seminano invece in qualche quantità 11 miglio, che dopo raccolto brillano: il miglio così brillato vien detto brillo, e ne fanno minestra ap­ petitosa; ne vendono pure una certa quantità agli alpigiani. Mangiano carne tutte le solennità e molte famiglie anche tutte le domeniche e più spesso. Il maiale salato non lo vendono, ma lo tiene ciascuna famiglia per suo uso; ammazzano poi capretti ed agnelletti e da qualche tempo in quà, lo affermano i macellai, è aumentata di molto la consumazione

della carne di vitello e di manzo, segno evidente del cresciuto benessere del paese.

Nei comuni principali vi sono macellerie dove tutti i giorni hanno in vendita o vitello di latte o manzo, e di alcune di queste macellerie si sa positivamente che esistevano tre o quattro secoli fa. ') In qualche luogo macellano solo di tanto in tanto e per lo più capretti: ma nei paesi di montagna i contadini li ani. mazzano da sé. Però ho conosciuto alcuni contadini della Lunigiana e del Frignano così poco abituati a man­ giar carne che quando vengono alle città 1’ hanno a schifo e non ne vogliono assaggiare. Sogliono poi accompagnare il mangiare con vinello più o meno anacquato secondo che la vendemmia lu buona o cattiva.

Fanno i pasti quattro volte al giorno d’ estate, e tre volte d’ inverno. I contadini fanno colazione la mattina alle 7, e gli opranti appena si levano per an­ dare a lavorare; mangiano pane e gli avanzi della cena del giorno innanzi, e prendono un bicchierino di rin­ fresco o di rhum, ovvero, una tazza di caffè, che però è tutt’ orzo, con entro un poco di rhum. Molti semi­ nano l’ orzo apposta per fate il caffè; presentemente hanno introdotta in parecchi luoghi una leguminosa dell’ America meridionale il cui frutto tostato serve meglio dell’ orzo. Alle 12, quando suonano le cam­ pane di tulle le chiese, fanno desinare e preparano la polenta con del companatico, che c frittata, o pol­ pette, o patate, o cacio; e d’ estate mangiano volontieri l’ insalata; le domeniche a quell’ ora mangiano spesso carne lessa od accomodata in qualche mudo. Alle 3 fanno merenda mangiando un pezzo di pane ed un poco di formaggio. All’ avemaria finalmente, cioè d’ inverno alle 5, d’ estate alle 6 cenano, con minestra per lo più taglierini con fagliuoli o brillo, e compa­ natico. D’ inverno, pella poca distanza che corre dal desinare del mezzo giorno alla cena delle 5 non fanno merenda alle 3, e così mangiano solo tre volte. Quelli che vanno a lavorare fuori di casa si fanno portar desinare e merenda dalle loro donne.

Y

lu ogni famiglia il più vecchio e più giudizioso fa da capoccia provvedendo con imparzialità alle entrate ed alle spese; la moglie del capoccia, o la donna che prima è entrata in casa, fa da massaia, prepara il mangiare, e provvede a tutto ciò che può occorrere. Le famiglie riunite non sono mai così numerose come in Toscana, perchè i poderi sono più piccoli e meno ricchi; è raro molto trovare famiglie di 11 a 17 persone fra bambini e adulti. Quando la fami­ glia è troppo piccola, o quando vogliono qualcheduno che faccia le più minute faccende prendono a loro spese, de’ garzoni o delle serve. Danno loro vitto e alloggio, li provvedono di vestiario, e per di più pa­ gano alcuni franchi l’ anno di salario. 1 servi vanno colle pecore o coltivano coi padroni; le serve lavano i piatti, spazzano e puliscono la casa: taluni vanno gar­ zoni e stanno per un breve numero d’ anni allo scopo di mettere assieme qualche scudo perpoi accasarsi. Sebbene questi servi de’ contadini sieno la gente più umile, pure dai loro padroni sono tenuti in tutto come parte della famiglia.

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2 febbraio 1879 V E C O N O M I S T A 73

C

giornata. Una volta a queste opre rurali davano 30 o 40 centesimi; però all’ ora di merenda, alle 3, fi­ nivano di lavorare: oggi lavorano tutta la giornata, ed hanno da 80 centesimi a un franco il giorno; bensì agli alpigiani, che si contentano di meno, non dònno a volte più di 60 centesimi il giorno. Oltre il denaro poi a quelli che lavorano dònno da mangiare a pia­ cere ai pasti soliti, e vino a piacere.

Quando poi occorra in famiglia di accomodare o di risuolare le scarpe, o di far qualche altro lavoro, chiamano ad opra col solito sistema, per una settima o per quanti giorni occorra, il calzolaio e gli altri artefici.

I fanciulletti, quello che per caso guadagnano o ei donativi, o col raspare, o col cercare i funghi, 0 dònno alla massaia, che lo serba loro per rive­ stirli, quando poi sono grandicelli e passano i 10 anni li mandano ad imparare un mestiere o per gar­ zoni presso qualche altro contadino. Ognuno sa che da noi non vi sono leggi relative al garzonaggio, come altrove, ma la massima libertà regola questa materia. Secondo i mestieri e secondo i padroni di bottega, i giovani stanno anche due o tre anni senza guadagnare un centesimo, fino a che non hanno im­ parato bene il mestiere ; a volte nei primi tempi pa­ gano un tanto al padrone, se questo è capace, per­ chè insegni ; a volte entrano a dirittura a lavorare con paga, anzi così fan sempre, cominciando dai la­ vori più facili, nei mestieri manuali ad apprendere 1 quali non fa bisogno di garzonaggio. Quando al garzone non garba il padrone o a questi non va a genio l’ altro, ognuno torna ai fatti suoi e non ha a rifar nulla all’ altro.

Giunti ad una certa età i giovani debbono metter su casa da per loro e lasciare il domicilio paterno; la qual cosa è nell’ interesse delle famiglie medesime e, se coltivano terreni altrui, dei padronati, poiché il podere non potrebbe mantenerli tutti. Il figlio mag­ giore soltanto, oppure quello minore, resta col padre, e continua a tenere il podere in un colla nuova fa­ miglia che esso forma quando abbia preso moglie. Così per effetto dell’ uso si conserva una specie di maggiorascato, pel quale un podere è trasmesso di padre in figlio finché al padrone od al contadino non piaccia mutare. Se il podere è di proprietà del col­ tivatore, i figli minori, quando vengono alla sparti­ zione, prendono la loro parte in denaro, e spesso il figlio maggiore ricompra la porzione che dopo la morte del padre toccherebbe agii altri, e seguita a colti­ vare da sè.

Le donne cominciano a volte fin da 8 o 9 anni a metter da parte il loro corredo col cucire gonnelle, camicie, lenzuola, e lo ripongono in una cassa della quale esse sole hanno la chiave, e che tengono ge­ losamente custodita. La mamma è tutta per le fi­ gliuole e di soppiatto le aiuta nei preparativi. Pren­ dono poi marito assai giovani ed in tempo per fare un monte di figliuoli; per corredo portano di solito, il letto, biancheria, e quattrini secondo che ne hanno. I giovani, quando si ammogliano, finché vive il pa­ dre non portano nulla, ma soltanto, tre o quattro mesi avanti il matrimonio, tengono i deuari che guadagnano, senza consegnarli in casa, e con quelli poi comprano gli arredi necessari per la loro nuova famiglia. Di solito quando è fidanzato, I’ uomo dà i quattrini in custodia alla sposa, e questa, divenuta moglie, seguita a ministrare i denari guadagnati dal marito, talché se sa far bene ed è economa la casa

prospera. Qualche volta è la fidanzata che dà i quat­ trini allo sposo; ma si è anche dato il caso che que­ sti abbia alzato il tacco senza farsi più rivedere.

In generale le famiglie prosperano contente in una vita quasi patriarcale, e più felice nelle campagne che nelle città.

Cablo de Stefani

Petizione M I’Associazione Marittima Ligure

al Ministero delle Finanze

E ccellenza,

Non è d’uopo dilungarsi in dimostrazioni già ri­ petute ed accettate, per affermare che dal 1873 la crisi commerciale europea, gravita in modo speciale sull’esercizio delle navi a vela, e a tal punto, da far dubitare di una prossima rovina. E se tutte le Na­ zioni marittime risentono i danni di tale stato di cose, la Liguria ne risente specialmente i disastrosi effetti, in primo luogo per essere questa industria una delle principalissime, ed in secondo per essere la miglior parte della sua Marina a vela occupata, non nel trasporto di derrate per importazione ed esportazione nei nostri porti, ma in servizio dei mercati stranieri, circostanza questa, che natural­ mente la mette in una condizione inferiore in con­ fronto alle Marine Mercantili di quelle Nazioni che possono darle un alimento in casa propria, e che sono molto meno gravate di tasse della nostra.

Nel 1876 già gli Armatori liguri si lamentavano dell’eccessiva quota per tassa di Ricchezza Mobile imposta sull’esercizio delle navi a vela, il reddito delle quali, sino dall’ 8 aprile 1868, era stato c a l - . colato sul valore rispettivo delle Navi, al 6 perO|0

sino a il eoi anni di età ed al 3 per 0 o oltre di dieci anni ; lamentavano altre gravi tasse dirette, come a dire quelle d’ancoraggio, di Sanità, di Con solati, ecc. ; dicevano che pagate queste, quella di Ricchezza Mobile era indebita, perchè duplicazione di tassa, perchè l’esercizio di questa industria non era esercizio nello Stato.

Nel 1877 il Consiglio di Amministrazione del­ l’Associazione Marittima Ligure, come legittima rap­ presentante degli Armatori liguri, si accingeva ad esaminare accuratamente le lagnanze, le ragioni, le cause e gli effetti; constatava il ribasso dei proventi, ossia dei noli, e riconosceva indubbiamente che nel 1 8 7 6 -7 7 gli utili, in media, non potevano valutarsi che a cifre insignificanti o nulle.

Comparava le valutazioni di reddito negli altri principali compartimenti marittimi dello Stato, in vigore negli anni antecedenti, e rilevava che, mentre in Liguria il reddito era valutato 100 (per termine di comparazione), a Venezia si valutava 69, ad An­ cona 68, a Napoli 46, a Castellamare 46, a Pa­ lermo 32.

Considerava però che dopo un periodo di anni, nel quale gli Armatori liguri aveano pagato sopra un allo reddito, sarebbe stata cosa difficilissima ot­ tenere dalle Commissioni una riduzione di tassa, equiparata alla diminuzione reale dei profitti ; che I' erroneo concetto in voga da varii anni, cioè che 1’ esercizio delle navi a vela fosse una vena d’ oro

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74 L ’ E C O N O M I S T A 2 febbraio 1879 paro, i.ou era facile cancellarlo tutto ad un tratto,

ma si muterebbe, al saggio del metallo; che perciò miglior sistema sarebbe stato quello di ottenere una riduzione graduale, ed in relazione anche degli affari che avessero luogo nel 1878.

Considerava inoltre che come Ente serio e rispet­ tabile non doveva mettersi in posizione di parte, ma piuttosto assumere quella di Ènte apprezzatone dei differenti interessi, e perciò considerando anche le esigenze del Tesoro pubblico, rifiutava di ammettere le pretensioni di coloro che nulla od un terzo appena voleano contribuire, non perchè fossero pretensioni infondate ed ingiuste, ma perchè le trovava inop­ portune; e in conseguenza deliberava di consigliare gli Armatori a dichiarare invece del 6 e 5 0|0 il 4 e 3 O|0, ossia invocava una riduzione, a titolo di transazione, pari ad un terzo circa ; riduzione che lasciava ancora gli Armatori liguri, in tempi cala­ mitosi, gravati maggiormente ancora, di quanto lo erano stati gli Armatori di altri compartimenti in tempi floridi.

E tutte le Commissioni locali della Liguria com­ presero l’ opera assennata e conciliatrice dell’ Asso­ ciazione Marittima, ed accettarono i suoi criterii.

Da queste deliberazioni di prima istanza appella­ rono i signori Agenti.

Non negavano lo stato miserando della nostra Marina, ma a loro ragione esponevano alla Commis­ sione Provinciale :

1. ° Che se gli utili erano minori, non per que­ sto si doveano dire minori del 3 e li 0|o sul capitale rispettivo ; essere invece stati molto maggiori negli anni antecedenti.

2. ° Che le domande degli armatori non dipen­ devano dal minorato reddito, ma da una agitazione promossa dall’ Associazione Marittima.

E la Commissione Provinciale deliberava che per il 1878, il reddito delle navi a vela dovesse calco­ larsi al 3 per cento per i primi sei anni di vita, al 4 per cento per i secondi sei anni, ed al 5 per cento dai dodici anni in poi.

Conosciuta in via ufficiosa questa deliberazione, il Consiglio dell’ Associazione Marittima, mentre la tro­ vava gravosa perchè portante un aumento su quella di prima istanza di 12 per cento circa, considerando che in sostanza portava una diminuzione in compa­ razione degli anni antecedenti di circa un 20 per cento; che la convinzione sulla disastrosa posizione della Ma­ rina dovea ogni giorno guadagnare gli animi d’ ogui onesto cittadino, consigliava gli armatori ad accettarla di buon animo per quell’anno, riservandosi a doman­ dare altra riduzione per il 1879 se gli affari non fossero migliorati.

Allorquando dopo un lasso di varii mesi essendo comunicala la sentenza sullodata, si venne a cono­ scere: che era vera in quanto al tasso del per cento, ma che questo si doveva applicare non sul valore della nave a! tempo della dichiarazione, ma sul valore medio dei due anni antecedenti, applicabile ai due anni susseguenti. Il più strano però fu l’ applicazione di questa sentenza, che lo fu soltanto nella sua prima parte in varii comuni, e lo fu nelle due parti in altri.

E gli armatori di questi ultimi comuni appella­ rono alla Commissione Centrale.

Gli affari in noleggi in.auto andavano sempre peggiorando ed in modo spaventoso.

Eoe, ate ai suoi princ'pii il Consiglio dell’ Asso­ ciazione Marittima in giigno 1878 consigliava gli

Armatori di rinnovare le loro dichiarazioni sulla base del 4 e 3 per 0|o riservandosi di esaminare se le condizioni degli affari avessero potuto consi­ gliare nel 1879 la domanda di un’ altra riduzione per il 1880.

La sentenza della Provinciale, e più la inconsulta applicazione di essa dalla quale derivava una spe­ requazione ingiusta, da Comune a Comune, inaspriva la generalità degli Armatori.

Gli agenti si rifiutavano di accettare le dichiara zioni degli Armatori del luglio 78 per il 1879, le quali venivano presentate, non più conformemente a quanto aveva consigliato l’ Associazione Marittima ma da molti per un tasso inferiore: e già in oggi la Commissione locale di Genova si pronunziava sul reclamo dell’ agente, e stabiliva 1|2 0,0 per sei anni, 4 0|0 per altri sei anni e 3 °l„ dai dodici anni in poi.

Questa decisione che, senza fondamento, aumen­ tava il reddito della stessa Commissione stabito l’anno antecedente, quando è troppo notorio la peggiorata condizione, faceva la più dolorosa impressione sai— l’ animo esercerbatò degli Armatori.

Gli onorevoli Signori Deputali liguri facevano no­ tare al 11. Ministero il generale malcontento, e que- ; ti incaricava due Ispettori a tentare una concdia-

zione.

1 signori Ispettori entrarono con somma genti lezza in trattative coi signori Armatori.

Gli armatori domandavano in primo luogo fosse applicata la sentenza della Provinciale pei redditi del 1878 uniformemente, cioè, sulle valutazioni delle navi al 30 giugno 1877.

1 signori Ispettori si rifiutavano, adducendo clic la questione era innanzi alla Commissione Centrale, che solamente poteano far questa concessione per il 1879, perchè realmente la trovavano giusta ed equa. Come che una concessione riconosciuta giusta ed equa non si potesse accettare dalle 11. Finanze per la ragione che la questione si trovava innanzi ad una Commissione Centrale ! ! Ciò indurrebbe a credere che le R. Finanze siene non un imparziale distributore delle imposte, ma un nemico dei Con­ tribuenti.

Dicevano i signori Ispettori non essere vero che col valutare il reddito al 5, 4 e 3 p. 0|0 le navi liguri venissero gravate maggiormente di quello che lo fossero nelle altre provincie del regno e per di­ mostrarlo esibivano calcoli, dai quali risultava:

Che l’Associazione Marittima avea errato il calcolo di valutazione del reddito delle navi liguri avendo preso,per base il valore primitivo di L. 323 per ton­ nellata quando non era in realtà maggiore di L. 273. Che a Livorno, Venezia, Ancona e Messina la va­ lutazione del reddito era od eguale o maggiore di quella eli’ essi volevano concedere alla Liguria.

Confessavano però che realmente a Napoli, Castel- lamare di Stallia e Palermo, sarebbero gravate molto meno, cioè, secondo loro, in una proporzione di 69 a 49.

Che però le provincie meridionali non erano ter­ mine dt comparazione, perebè vi erano ragioni spe­ ciali. Le trattative furono rotte.

Ecco, Eccellenza, la parte storica della questione sino alla data d’ oggi.

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