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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.16 (1889) n.795, 28 luglio

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L'ECONOMISTA

G A Z Z E T T A S E T T IM A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, F E R R O V IE , IN T E R E S S I PRIVATI

Anno XVI - Voi.

I l

Domenica 28 Luglio 1889

H. 795

L’ ITALIA E LA LEGA MONETARIA LATINA

Alcuni autorevoli periodici, i quali comprendono la opportunità di esaminare a tempo quei più gravi problemi economici intorno ai quali le divergenze possono essere più forti e le soluzioni più che mai pericolose per il paese, hanno già intrapresa la di­ scussione sulla rinnovazione della lega monetaria latina. Come è noto la convenzione stipulala sul finire del 1885 deve durare a tutto il 1890, con facoltà di disdirla un anno prima della scadenza predetta, e poi di anno in anno.

Il termine dell’anno in corso 1889 può adunque essere per la Unione monetaria un momento critico perchè denunciando alcuno dei quattro Stati la con­ venzione, può provocarne con ciò solo lo scioglimento per l’anno appresso. È quindi naturale che sorgano alcune domande, le quali possono formularsi così:

Conviene all’ Italia condursi in modo da facilitare la coniinuazione della Lega monetaria o deve invece ritirarsi dalla Lega stessa tanto se il suo ritiro fosse causa di scioglimento, quanto se malgrado il suo ritiro la Lega fosse mantenuta tra gli altri Stati ?

Già in proposito alcuni si sono pronunciati esplicita­ mente. La P erseveran za, antica sostenitrice del con­ cetto che P Italia debba abbandonare il bimetallismo a rapporto fisso ed adottare il monometallismo aureo, vedrebbe senza rammarico che la lega monetaria si sciogliesse ed incoraggerebbe il Governo a profittare delP'occasione per riformare il sistema monetario in­ terno ; — Y Opinione, in cui scrive il più fiero di­ fensore italiano del bimetallismo e della lega latina, ha invece, ed è ben naturale, manifestato il vivo desiderio e la speranza che la lega monetaria sia mantenuta e I’ Italia continui a farne parte.

I nostri lettori non hanno bisogno che ricordiamo loro quali sieno i principii che P E con om ista so­ stiene in tale questione, e quale parte abbia presa P E con om ista nel 1885 quando fu rinnovata la con­ venzione.

Noi non siamo certamente teneri per il bimetal­ lismo, e meno ancora crediamo alla utopia del bi­ metallismo universale; la scienza, l’ esperienza ed il buon senso ci consigliano a combattere il principio ed a cercare di dimostrare vana la speranza di li­ mitarne gli inconvenienti mediante un universalismo che nella pratica non sarebbe possibile e che, anche riuscendo, non eviterebbe il danno che ora si la­ menta. Supposto pure che l’adozione del doppio tipo da parte di quasi tutti gli Stali potesse far alzare il prezzo dell’argento così da avvicinarlo al famoso rap­ porto di 1 al 15 4/2, mentre oggi è dì 1 a 24

circa, non sappiamo come si potrebbe impedire che appunto questo aumento di prezzo, stimolasse la pro­ duzione e precisamente sino al punto da condurre il prezzo dell' argento al rapporto odierno. Ma non è certo del bimetallismo universale che convenga oggi discorrere, perchè è un fatto in ogni modo ancora troppo lontano.

H punto principale della situazione odierna è que­ sto : — è a credersi che la Francia manterrà la Lega monetaria ? E se non la mantiene, il fatto del suo scioglimento sarebbe dannoso all’ Italia?

Vediamo il primo punto.

Prima della convenzione 1885 in Francia poteva nascere eome oggi il desiderio di imbarazzare 1’ Italia mediante lo scioglimento della lega, — ma poteva anche esserne trattenuta dal timore che 1’ Italia, ab­ bracciando d’un tratto il monometallismo aureo, la­ sciasse in mano alla Francia i propri scudi d’ ar­ gento che non avrebbe ricevuti se non deprezzati, cioè al prezzo di metallo, anziché al prezzo legale. Alle ragioni politiche adunque che potevano consi­ gliare alla Francia una condotta ostile verso di noi, stavano di fronte ragioni economiche e finan­ ziarie, le quali potevano sino ad un certo punto al­ meno controbilanciare le prime e contribuire a man­ tenere l’esistenza della lega.

Colla convenzione del 1885 l’ Italia accettò la clausola della liquidazione degli scudi, cioè assunse l’obbligo, quando cessasse la lega monetaria, di ri­ tirare dalla Francia gli scudi italiani e di pagarli in oro ; si è pertanto data colle mani ed i piedi le­ gati alla Francia togliendo quel solo motivo che po­ teva, anche in parte, essere contrapposto dai meno avversi per dissolvere la lega monetaria. L’ E co n o ­

m ista ha fieramente combattuto quel patto perchè

era contrario al diritto; non si trattava infatti di una equa condizione da aggiungersi nell’occasione in cui si rinnovava il contralto e riconoscendo che nelle precedenti stipulazioni era stato dimenticato in buona fede; — ma si trattava di aggiungere una condi­ zione onerosissima, che era stata altre volte da al­ cune parli contraenti domandala, ma che era stata riconosciuta ingiusta, non richiedibile, e deliberata- mente omessa, sulla quale anzi si era promesso per l’avvenire il silenzio.

Il Governo italiano nel 1885, malgrado la ammi­ rabile resistenza del Belgio, malgrado i disinteres­ sati consigli di alcuni, aderì alla clausola e si obbligò a pagare in oro gli scudi che alla scadenza della convenzione la Francia ci presentasse.

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questo affermava) gli scudi che stavano allora nei

sotterranei della Banca di Francia ;

2.° Che la clausola della liquidazione degli scudi era stata accettata specialmente (era l’on. Luz- zatti che questo affermava) per impedire che l ’Italia fosse inondata dall’argento francese ;

5.° Che conveniva cedere qualche cosa alla Francia nella questione monetaria per averla ben disposta nella questione del trattato di commercio.

Tutti sanno che i fatti non hanno fatto onore ai profeti; — gli scudi italiani non rientrarono in Italia per infiltrazione; — l’ argento francese non innondò l’Italia, ma anzi passarono il confine anche quei pochi scudi che formavano l’esile nostro stock in circolazione ; il trattato di commercio, malgrado la nostra condiscendenza del 1885, non fu rin­ novato.

I fatti adunque hanno dimostrato pur troppo con grande evidenza che eravamo nel vero opponendoci ìille recondite ragioni colle quali si cercava di giu­ stificare la famosa clausola inserita nella convenzione. Dopo ciò rimane sempre la domanda: — la Francia manterrà la Unione monetaria? E, com èsi comprende, la questione per la Francia non ha più che un limitato interesse economico e diventa per lei prevalente l’ interesse politico. Certo la Francia non potrebbe senza danno abbracciare il monome­ tallismo d’oro, essa clic ha circa tre miliardi di lire in argento ; — certo che la Francia non può senza danno collo scioglimento della Unione monetaria contribuire ad un maggiore deprezzamento del suo ingente stock di metallo bianco, — ma quante volte pur troppo il sentimento politico non prevale sulla ragione economica? E d’ altra parte non ab­ biamo noi stessi data in mano ai nostri avversari quella sola arma, colla quale potevamo difenderci dalla rottura della lega, la proclamazione ipso fa c to dei monometallismo aureo, quando la clausola della liquidazione degli scudi non era stipulata?

Da questo lato adunque non vi é da illudersi; la • Francia è ancora abbastanza ricca, e sopratutto ha grande desiderio di farlo apparire, perchè ove lo voglia non si prenda il gusto di metterci nell’ im­ barazzo col rompere la lega monetaria. Tanto più che il fatto della rottura dei rapporti commerciali potrebbe in cerio modo giustificare la misura.

Che domani durante le sedute per la l’innova­ zione della lega monetaria, T on. Crispi faccia un altra visita a Friedrichsrube ed avverrà quello che è avvenuto per il trattato di commercio. Noi non approveremo per questo la Francia di lasciarsi do­ minare' dalla stizza politica nel risolvere le que­ stioni economiche, ma in verità che se una nazione è capricciosa non può a meno di sentirsi soddi­ sfatta quando sia in grado di dar corso ai propri capricci ; proprio il rovescio di quell’ altra, che sa­ pendo di non essere in grado di farlo senza pena, si mettesse nel caso di dover subire o temere i ripicchi altrui.

Se pertanto la Francia rinnoverà o no la lega è, ripetiamo, questione che sarà risolta da concetti ben diversi da quelli economici.

Noi, nCA' E conom ista, fino dal 1885 prevedevamo che dopo pochi anni si sarebbe a queste dubbiezze, ed allora dicevamo al Governo: badate, non siate ge­ nerosi e condiscendenti quando non siete sicuri di trovare altrettanta generosità e condiscendenza. Oggi quegli stessi uomini che tanto si sono lagnati per

la nostra opposizione di allora, fiutano il tempo cat­ tivo e mettono le mani avanti per riparare il colpo che cadrebbe sul loro capo. Comprendiamo la loro ansia, ma non ammettiamo che per questo perdano la tranquillità dello spirito ; e sarebbe perderla se insistessero nel dire che la Francia denuncierà la lega monetaria se noi andremo dicendo che ci è dan­ nosa ! — Via! Non facciamo il torto ai Francesi di credere che hanno bisogno dei lumi dell’jE’cowomi-

sta o degli altri pochi giornali oppositori italiani in

cose economiche, per sapere quali dei loro atti pos­ sono crearci imbarazzo.

Se mai poi con questo richiamo ad un preteso patriottismo, si intendesse di chiuderci la bocca, i nostri avversari sanno che il metodo è errato. Una grande parte del nostro amore per la patria è — e crediamo con ragione — confuso con l’amore per la verità.

Ed appunto ci proponiamo in un prossimo arti­ colo di esaminare il secondo punto : se lo sciogli­ mento della lega sarebbe dannoso all’Italia.

LA GIUSTIZIA DEI SOCIALISTI 01 STATO

Abbiamo ricevuto dalla Direzione della Banca To­ scana di Credito una breve nota col titolo di: r i ­

m ostran ze in relazion e a l Progetto d i Legge sul R iordin am en to degli Istitu ti d i E m issione, o r a in esam e p resso la C am era elettiva del P arlam en to ; d eliberate d al Consiglio direttivo nell'adunanza del 5 luglio 1889.

Non è possibile in più breve mole (cinque pagine) fare una critica più serena e più severa agli attuali spadroneggiatori in fatto di credito e di economia, ai socialisti di Stato, i quali si credono in diritto, in nome di interessi generali, dei quali non hanno niuna nozione, e con forma di cui non conoscono la por­ tata e le conseguenze, di distribuire piuttosto a Tizio che a Cajo i privilegi dei quali lo Stato può disporre e di accordare favori più all’uno che all’ altro; tal­ volta anche rovesciando la logica, contraddicendo al senso comune, calpestando le più elementari nozioni della giustizia.

Come si sa il nuovo progetto di legge che pre­ tende riordinare le Banche di emissione, ma che in fatto aggiungerebbe al disordine esistente nuovo di­ sordine, il nuovo progetto di legge aumenta da 755 a 1050 milioni la circolazione fiduciaria a cui sono autorizzati insieme gli Istituti ed accorda l’aumento alla Banca Nazionale per 150 milioni, al Banco di Napoli per 67 milioni, alla Banca Nazionale To­ scana per 27 milioni, al Banco di Sicilia per 19 mi­ lioni e alla Banca Romana per 30 milioni. — La sola Banca Toscana di Credito non è chiamata al ban­ chetto e si vede rifiutate anche le bricciole.

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ciascun Istituto fosse regolata, non dalle arbitrarie

disposizioni della legge , ma dalla fiducia del pub­ blico. Questo nostro concetto, accettato anche da al­ cuni autorevoli avversari nostri, come la N uova A n ­

tologia , i quali avvertono tutta la importanza di

avere in questo momento critico per il credito nazionale, più liberi e più elastici gli stromenti del credito stesso, questo nostro concetto non fu accolto nel nuovo progetto di legge evidentemente perchè si intese favorire alcuni Istituti, i quali vogliono go­ dere dell’ aumento della circolazione, ma in pari tempo vogliono essere garantiti che se il pubblico non vuole la loro carta vi sarà qualcuno che sarà obbligato di tenerla.

Comunque sia di ciò, è chiaro come con queste pro­ poste l'Econom ista cercasse un’altra volta di ottenere per quanto era possibile, il trionfo della libertà, avendo già noi dimostrato altra volta in modo chiarissimo clic propugnavamo la Banca Unica, perchè a pa­ ragone del sistema della pluralità, la Banca Unica ci presentava meno possibilità di continua ed arbi­ traria e talvolta non corretta intromissione del Go­ verno in fatto di Banche ; — se noi adunque, non teneri certamente delle Banche minori, oggi rile­ viamo le serie rim ostran ze della Banca Toscana di Credito egli è non solamente per dare una giusta soddisfazione al Direttore ed agli amministratori di quella Banca, meritevole invero di maggiori riguardi, ma anche e più per mostrare a qual punto possa essere spinta la ingiustizia e fin dove possa arri­ vare la contraddizione quando a guida degli atti go­ vernativi sta l’arbitrio.

La Banca Toscana di Credito venne esclusa dal­ l’aumento di circolazione, perchè, dice la relazione, quella Banca « della attuale sua facoltà di emis-

« sione ha fatto uso molto limitato, la sua circola-

» zione non avendo mai superato il limite assegna- « tole » — e perchè « gli impieghi da quella Banca « preferiti consistono in anticipazioni su titoli e spie- « gano perciò il limitato suo campo d’ azione. »

E la Banca Toscana di Credito risponde : Come ? — Colla legge 187-4 mi avete assegnato un limite fìsso per la mia circolazione e mi avete comminate delle penalità se non osservavo quel limite ; tutti gli altri Istituti di credito hanno trasgredita la legge e furono richiamati all’osservanza dal Governo o se il Governo non li richiamò fu severamente redar­ guito con ordini del giorno severissimi dal Parla­ mento — ed oggi venite ad imputarmi come colpa questo ossequio alla legge, e venite a proporre un premio ai trasgressori, una pena a me che fui ligia alle disposizioni da voi emanate ? —- « L ’ osser- « vanza adunque ed il rispetto della Legge, ver- « rebbe di tal guisa — dice la rim ostra n z a — ri- « volta a danno della Banca nella formazione della « nuova legge ? »

Mi addebitate di preferire le anticipazioni sui titoli, agli sconti ; ma di chi la colpa se non la vostra che fissate il saggio dello sconto e mi minacciate di sospendermi il privilegio della emissione, se ob­ bedendo al mio statuto ed alle buone e savie re­ gole di una Banca di emissione, cerco di procurarmi la carta buona di primo ordine offrendo ad essa, perchè buona, patti migliori ? — D’altra parte guar­ date gli altri Istituti quanta parte del loro capi­ tale im m óbilizzano in operazioni che non sarebbero consentanee coll’ indole di una Banca di emissione,

e ditemi chi abbia meglio adempiuto al proprio dovere I

E la rim ostran za contiene queste sobrie,ma gra­ vissime osservazioni

« Piuttosto sarebbesi dovuto alla Banca Toscana

« di Credito tener conto che mai, nei 25 anni di

« esercizio eh’ essa ha percorso, nessuno addebito ri- « sultò a suo carico dalle ispezioni ordinarie e straor- « dinarie, di cui gli Istituti di emissione furono og- « getto ; e che, più particolarmente, l’impiego della « sua disponibilità mai non deviò dalle rette norme « che a tali Istituti sono imposti dalla indole loro. « Ed infatti la proporzione degli sconti e delle an- « ticipazioni al capitale resultò sempre per la Banca « Toscana di Credito, superiore a quella di tutti gli « altri Istituti ; nè la benché minima parte del suo « capitale mai si trovò immobilizzata, se non in « servizio del Governo ».

E infatti è la Banca Toscana di Credito che non ha sofferto nè la Mongiana, nè la Marmifera, nè la Trinacria, nè gli spasimi per la riscontrata ; è la Banca Toscana di Credito che ha lo Statuto più li­ berale e razionale degli Istituti ; è la Banca Toscana di Credito che ha la minore cifra di sofferenze per­ chè non fece mai servire il suo sportello a benefizio nè di partiti, nè della politica, nè di indiretti biso­ gni del Governo ; è la Banca Toscana di Credito che non si è mai immischiata nella lotta piccina che a danno del credito nazionale, condussero e con­ ducono tra loro gli altri Istituti di emissione ; è sol­ tanto della Banca Toscana di Credito che nelle pas­ sate trattative corse per la fusione colla Banca Na­ zionale Toscana si potè dire che il suo capitale è intatto, il suo portafoglio tutto oro.

E noi che abbiamo tante volte formulata ai so­ stenitori della pluralità limitata delle Banche e del vincolo della emissione la domanda del quanto per cento di tara farebbero al portafoglio degli Istituti di emissione — e non abbiamo a questa domanda mai avuta risposta — noi ripetiamo che la sola Banca Toscana di Credito va eccettuata da questo doloroso difalco, e che il suo biglietto è il solo che sia veramente garantito da un portafoglio tutto rea­ lizzabile.

Ed è per questo che il Governo punisce la Banca col non accordarle l’aumento di circolazione ? — Non lo investigheremo, ma per legittima conseguenza dobbiamo ritenere che altrettanto fallaci e scorrette sieno le ragioni per le quali si sono proposti gli aumenti.

La ingiustizia ci ha sempre trovati pronti alla ri­ bellione ; ed in questo caso tanto più ci ribelliamo inquantochè ne va di mezzo ciò che vi è di più sensibile e di più delicato, il credito nazionale.

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l ’ASSICUEiilOH OBBLIGATORIA IH GERMANIA ')

La legge sull’ assicurazione contro l’ invalidità al lavoro e per le pensioni alla vecchiaia può essere considerata, relativamente ai suoi effetti, sotto un du­ plice aspetto ; sotto quello economico e nei riguardi finanziari. Conseguenze importantissime devono infatti risultare necessariamente da una legge che impone ¡ obblighi in pari tempo agli operai, ai padroni e allo Stato. È a quegli obblighi che conviene anzitutto por mente.

Per calcolare definitivamente l’ onere che incombe alla classe lavoratrice in seguito alle varie assicu­ razioni obbligatorie impostele dal legislatore manca ancora il materiale sufficiente. Tuttavia qualche cal­ colo approssimativo può essere fatto in misura per­ centuale della somma totale dei guadagni delle classi assicurate : — l’assicurazione contro la malattia esi­ gerebbe circa 1’ 1 1/2 O/o ; l’assicurazione contro gli infortuni in ultimo il 2 0/o ; quella contro l’invalidità per le pensioni alla vecchiaia presentemente circa il 2 0/o ma in ultimo il 4 O/o ; in totale il 7 1/2 O/o o tenendo calcolo della minore percentuale per i salari superiori alla media forse il 5 o il 6 O/o dei salari guadagnati dagli assicurati. Non è questa una piccola frazione di salario, quando si rifletta che i salari degli operai tedeschi sono tra i più bassi d’ Europa, e certo sono inferiori a quelli della In­ ghilterra e della Francia.

Quanto ai padroni essi hanno da pagare per l’as­ sicurazione contro la malattia un terzo ; per quella contro gli infortuni tutto e per quella contro l’ in­ validità al lavoro e le pensioni alla vecchiaia la metà.

L’ effetto che eserciteranno questi vari contributi obbligatori sui salari è difficile da calcolare e non sarà agevole di determinarlo anche in avvenire.

Da una parte la ricchezza prodotta annualmente ha da sostenere ex novo le spese di amministrazione e l’aumento di consumo per parte delle classi inva­ lide al lavoro, che vengono avvantaggiate dalla assi­ curazione.

Dall’ altra un capitale non indifferente viene sot­ tratto al consumo ed accumulato. Una sensibile di- minunone di reddito, ossia di salari, ne deve essere la logica e immancabile conseguenza. I contributi imposti ai padroni potranno riuscire a diminuire la domanda di lavoro in quelle industrie che lottano contro una vivace concorrenza. E nei casi in cui questa vivace concorrenza manchi, il peso derivante dagli oneri per le assicurazioni sarà rovesciato sul pubblico consumatore, mediante l'aumento dei prezzi; in altri casi, se ciò non fosse possibile, i salari saranno diminuiti. Dove come nei distretti agricoli più poveri la diminuzione dei salari e l’aumento dei prezzi sia ugualmente impossibile, il resultato sarà una dimi­ nuzione nel valore della terra.

Riguardo ài lato finanziario della grandiosa riforma germanica si è già detto come domini sovrano l’ igno­ to. Ma 1’ onere della contribuzione imperiale per ogni assicurato deve preparare indubitatamente delle sor­ prese non piccole affa finanza dell’Impero. Lo Stato, per quanto dimostri ora di preoccuparsene poco, dovrà ricorrere ad espedienti finanziari,ad inasprimenti *) *) Continuazione e fine (vedi i due ultimi numeri

àe\Y Economista).

di imposte per ottenere i non pochi milioni occor­ renti a versare la contribuzione di 50 marchi per ogni assicurato. E sarà appunto quando verranno in piena luce gli onori dello Stato che apparirà anche chiaramente il carattere socialista della legge.

Intanto conviene notare che ad accrescere le spese di amministrazione concorre anche il fatto della di­ versa organizzazione stabilita per le tre specie di assicurazione. La legge ultima per l’assicurazione con­ tro l’ invalidità è la vecchiaia vuole una organizza­ zione territoriale; l’assicurazione contro la malattia è organizzata con le unioni locali, l’ assicurazione contro gli infortuni è basata sulle associazioni pro­ fessionali (B ervfsgen ossen schaften ) nò locali nè ter­ ritoriali, ma per industrie. Questa diversità di orga­ nizzazione è un grave inconveuiente che deve accre­ scere le spese e gli organi amministrativi, ed è certo che in avvenire si farà ogni sforzo per semplificare e fondere i tre sistemi di assicurazione.

Al disopra di tutti gli uffici amministrativi vi è. l’Ufficio imperiale di assicurazione (R eich sv ersich e-

runys A m t) che fu istituito per l’assicurazione contro

gli infortuni, ma ora avrà funzioni di controllo e di ordinamento anche sulla nuova assicurazione. In ogni distretto deve essere formato un officio di assicura­ zione ( V ersicherungsansfalt) con a capo uno o più impiegati permanenti. Un comitato formato dei rap­ presentanti dei padroni e degli operai in numero eguale compilerà lo Statuto di ogni istituto e de­ terminerà la parte che i delegati avranno nell’ am­ ministrazione, se prenderanno parte alla direzione oppure se formeranno un consiglio di sorveglianza.

Per ogni distretto sono istituiti uno o più tribu­ nali arbilramentali, che decidono sui ricorsi in ap­ pello quando 1’ autorità amministrativa abbia respinto la domanda per la pensione. Inoltre presso ogni isti­ tuto di assicurazione viene delegato dal Cancelliere un Commissario imperiale per sorvegliare gli inte­ ressi dello Stato e degli altri istituti.

Considerando infine il carattere di questa legge non si può disconoscere che essa costituisce un passo decisivo su una nuova via. E quale sia questa via non vi può essere dubbio. La contribuzione dello Stato dà un carattere socialista incontestabile all’as­ sicurazione contro l’ invalidità e per le pensioni alla vecchiaia. Il socialismo di Stato ha per così dire due faccie, due lati ; una forza ferrea con cui com­ prime gradatamente tutta la vita di una nazione e ia plasma secondo le sue concezioni idealiste e un potere benefico con cui mira a eliminare i mali sociali. Ora il legislatore tedesco con questa assicu­ razione ha tentato di realizzare il secondo aspetto del socialismo, sviluppando un concetto nettamente espresso nella relazione premessa al secondo pro­ getto per l'assicurazione contro gli infortuni e che giova riferire :

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slazione non ci deve impedire dall’ entrare in questa

via. Nel caso nostro non c’è nulla di nuovo, ma sol­ tanto lo svolgimento della idea che è scaturita dalla moderna morale cristiana e cioè che lo Stato ha, non soltanto i doveri di proteggere e difendere, ma anche il compito positivo di promuovere il benessere di tutti i suoi membri e specialmente dei deboli e dei diseredali ».

La legge recentemente approvata è veramente conforme ai propositi annunciati dal governo tede­ sco. Il carattere obbligatorio dato all’ assicurazione non è quello che dà l’ impronta socialista alla legge. L ’ obbligatorietà è certamente una lesione di libertà; e la legge imponendo la previdenza e statuendogli oneri a carico dei padroni e degli operai commette una tirannia, che potrà esser anche sopportata senza lagnanze, ma che riesce sempre a vincolare la li­ bertà d’ azione degli interessati. Ma coll’ intervento finanziario dello Stato il carattere socialista non può essere messo in dubbio. La nazione intera contri­ buisce così a pensionare gli operai invalidi e vecchi; il diritto di attingere alla borsa comune è ammesso * e riconosciuto nella legge ; V imposta che fornisce i mezzi per sostenere le spese dei grandi armamenti dovrà dare anche i milioni dà passarsi agli operai sotto forma di contributo di 50 marchi l’anno, per ogni assicurato che può esercitare il diritto della pensione. Evidentemente una volta posto così chia­ ramente il principio, gli operai ne trarranno le mol­ teplici conseguenze di cui è fecondo e sopratutto si domanderà perchè mai lo Stato che riconosce ii do­ vere di dare la pensione alla' vecchiaia ed alla in­ validilo, sia così avaro da assegnare loro una così piccola quota.

La grande macchina amministrativa istituita in Ger­ mania con l’assicurazione obbligatoria trova certo nel paese delle condizioni favorevoli affatto speciali ad.esso che le permetteranno di funzionare regolarmente. Forse nessun altro paese offre quelle condizioni ; una buro­ crazia poderosa , coscienziosa, attiva, incorruttibile ; 1’ abitudine del controllo officiale, della sorveglianza della polizia, delle formalità amministrative, l’ istru­ zione assai diffusa sono le condizioni che facilite­ ranno questo grande esperimento filantropico. Purché però perduri una condizione, quella della pace; chè una guerra lunga e seria, perturberebbe gravemente, e forse arresterebbe l’ azione di quella complicala macchina quale è divenuta l’assicurazione obbligatoria in Germania. La confusione amministrativa e il di­ sordine finanziario in un periodo di guerra, specie se lungo, non potrebbero mancare, e finirebbero forse per compromettere le sorti della istituzione.

L ’ avvenire risolverà molli dei dubbi che oggi sì possono e si debbono avere intorno ai resultati del­ l’opera intrapresa dalla Germania. Sin d’ ora però può notarsi che l’ esperimento iniziato dallo Stato mette in luce i grandi vantaggi delle assicurazioni e del mutuo soccorso che sono opera spontanea del— l’ iniziativa privata. Le proporzioni minori, la co­ noscenza più profonda ed esatta delle condizioni in cui si svolgono i fatti che danno motivo ai soccorsi, la molla dell’ interesse individuale sempre in azione, queste e alcune altre condizioni assicurano alle as­ sociazioni private locali, operanti all’ infuori della tutela dello Stato, una vita normale, libera e non legata alle sorti politiche o finanziarie dello Stato. Per questo gli Stati che come l’ Inghilterra, la Fran­ cia e l’ Italia vedono fiorire il mutuo soccorso de­

vono cercare di spianargli la via onde esso possa estendersi e rinvigorirsi. Così eviteranno di farsi, sul modello della Germania, i precursori del socialismo collettivista.

I socialisti rivoluzionari o collettivisti che dir si voglia accettano intanto l’ assicurazione obbligatoria; per essi significa un passo verso quel sistema col­ lettivista che preconizzano e si capisce che augu­ rando il trionfo completo delle loro idee si ralle­ grino della inattesa e non cercala vittoria parziale. Ma se i socialisti cattedratici, i conservatori e i liberali tiepidi credono di vincere il socialismo rivolu­ zionario con queste riforme, non faranno che pascersi delle più grandi illusioni. L’ assicurazione obbliga­ toria non fa che aggiungere un nuovo elemento, una nuova incognita all’arduo problema economico che affatica i pensatori e travaglia le masse.

S ì m ili I8M M U LB ILI/ITM

b) Industrie della lana e del cotone.

Oltre la provincia di Sassari, nella quale, come s’è detto, non si esercita altra industria tessile che la casalinga, vi sono, fra le considerate, le provincie di Venezia, Bologna, Mantova, Sondrio, Livorno e Ca­ gliari , nelle quali non si esercita l’ industria della lana, e quelle di Ancona, Treviso, Mantova, Livorno e Cagliari, nelle quali non si esercita l’industria del cotone. Per ciò che riguarda le altre provincie, nelle quali si esercita 1’ industria della lana o quella del cotone, ovvero si esercitano entrambe, abbiamo nel quadro seguente le notizie relative agli operai occu­ pati in ciascuna delle provincie stesse e per ogni ramo di tali industrie :

Ind u tr ia d ella lana Industria del cotone 1

Fabbrica-P R O V IN C IE Pilatura | Tessitura della lana zione meccanica

Pilatura Tessitura

Numero degli operai occupati

58 617 87 90 2230 2604 200 550 16 Ancona... .. ? 84 364 232

O

i

Bologna... L u c c a ... 119 80 35 370 127

_

215 8

fi

1 ini 2298 F o r l ì ... 2 2 2244 1209 11 3

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provincia di Forlì, e la tessitura della lana e del

cotone nella provincia di Catania.

L ’industria della lana ha una vera importanza nella provincia di Vicenza, ed è abbastanza importante an­ che in quella di Salerno; vengono poi con un’im­ portanza mediocre le altre provincie, (Arezzo, Tre­ viso, Lucca ed Ancona). L’ industria del cotone è molto importante nella provincia di Salerno, ed ha invece soltauto una mediocre importanza nelle altre provincie (Venezia, Lucca, Sondrio, Vicenza, Bologna ed Arezzo).

Bisogna aggiungere che il comune di S. Cipriano Picentino (Salerno) ha antica rinomanza per la fab­ bricazione delle coperte di lana, la quale però è ora ridotta a modeste proporzioni, occupando 121 operai. Nella stessa provincia di Salerno sono occupali al­ tri 17 operai in alcune gualchiere. Altre gualchiere si trovano nelle provincie di Catania con 11 operai, Ravenna con 7 operai e Forlì con 6 operai. Nella provincia di Sondrio vi è anche una fabbrica di ovatte di cotone con 28 operai.

c) Filatura e tessitura del lino, della canapa , della juta ed altri vegetali filamentosi.

Queste industrie sono esercitate nelle seguenti pro­ vincie :

Vicenza : vi sono due opifìci con 300 operai per la filatura e tessitura del lino e della canapa.

Venezia : vi si esercita la filatura e tessitura del lino e della canapa (anche misti a cotone) ed altri vegetali filamentosi; per la filatura vi ha un solo opificio con 5 operai ; ve ne hanno 10 con 302 operai per la tessitura.

Ancona : vi ha un opificio per la tessitura della canapa mista a cotone con 56 operai ; nel Bagno penale vi sono 53 condannati che fanno tessuti misti di canapa, lino e cotone.

Treviso: vi sono 13 opifici con 800 operai per la filatura e tessitura della canapa e di materie miste.

Bologna : vi si trovano un opificio per la filatura della canapa con 561 operai, un altro per tessuti misti con 31 operai, ed un terzo per filatura e tes­ situra della canapa con 30 operai ; vi ha poi anche l’industria della preparazione della canapa per fila­ tura e tessitura, e in essa sono occupati 250 operai solo nel comune di Bologna.

Lucca: vi ha un importante opificio per la fila­ tura e tessitura della juta con 1242 operai; nel Bagno penale vi sono 126 condannati che fanno tessuti misti di cotone, lino e canapa.

Livorno : vi sono tre industriali che occupano circa 50 persone nel rispettivo domicilio per la tes­ situra di materie miste.

Salerno : si filano il lino e la canapa in tre opi­ fici con 8 5 3 operai, e si tessono le stesse materie in altrettauti opifici con 240 operai.

Forlì: vi ha un opificio con 7 0 operai per tessuti misti di cotone, lino e canapa.

d) Altre industrie tessili.

Sono le seguenti: tessitura dei nastri e dei pas­ samani, dei pizzi e merletti, ecc., i ricami a mac­ china, le tintorie, la fabbricazione delle maglierie, la preparazione dei fili da cucire, la fabbricazione dei cor­ dami, i lavori in pelo esimili anche con lana o cotone. Quanto ai p iz z i e m erletti merita di essere notata la provincia di Venezia, nella quale sono occupati in quell’industria 2702 operai. Anche nelle provincie di Mantova e Forlì si fanno pizzi e merletti, ma in quantità insignificanti. Nella provincia di Forlì si

i fanno anche ric a m i a m acchin a in un piccolo la­ boratorio. È poi nella provincia di Treviso che si fanno lav ori in p elo e sim ili anche con la n a o co­

tone, e cioè : feltri per cartiere, feltri a secco è feltri

per caldaie a vapore; vi sono 4 opifici con 26 operai. Per le altre industrie tessili nominate si riassu­ mono le notizie in un prospetta :

P R O V IN C IE

Numero degli operai occupati

n e ll a te ss it u ra d e i n a st ri e p a ss a m a n i nelle tinto rie ne ll a fa b b ri ca z . d i m a g li e ri e n e ll a p re p a ra r. di fi li d a cu ci re n e ll a fa b b ri c a z . d i co rd a m i A rezzo... 53 ? 25 25 Vicenza . . . . — 1 1 0 0 — — 9 Venezia... 62 114 63 28 161 Ancona... 18 72 2 2 — 182 Treviso... — 52 42 — — Bologna . . . . 2 0 0 140 — — 341 L u c c a ... 69 —

_

614 — Mantova. . . . — 1 1 0 — — 1 2 0 Sondrio. . . . __ 8 _ — — C atan ia... — 37 — 1 138 Livorno... — 3 3 — 43 Cagliari... — — 40 — — S alern o ... — 647 — — 161 F o r li... 2 63 2 — 189 R av en n a.. . . 2 70 — — 358

e) Industria tessile casalinga.

Anche le notizie relative a quest’industria le rias­ sumiamo in un prospetto:

Numero dei telai per tessitura di stoffe lisce o operate P R O V IN C IE O r. <U ‘C ® Js § •2 = 0° in l in c a n a p a , «3 M 3 a a a ltri To t a l e A rezzo... 719 719 Vicenza... 147 1641 1105 20 2913 Venezia... 15 233 95 4 347 Ancona... 3469 6480 3459 897 14305 Treviso... 149 624 595 4 1372 Bologna . . . . 1549 4033 6808 24 12414 L u cca ... 453 676 1273 92 2494 M antova.. . . — 3362 1668 — 5030 Sondrio... 104 514 43 — 661 Catania... 1029 962 424 3 2418 Cagliari . . . . 5312 5110 5229 225 15876 S a ssa ri... — — 3490 — 3490 Salerno... 792 231 137 — 1160 F o r li... 163 259 2927 3 3352 R av en n a.. . . 489 185 3577 4 4255 (Continua)

Rivista Bibliografica

Frère-Orban. — M. B eern aert et nos affaires moné­

taires. — E xam en des doctrines et des actes de M. le M inistre des finances au sujet de la monnaie et réponse aux critiques de la Convention m onétaire de 1 8 6 5 , contenues dans le discours qu 'il a p r o ­ noncé devant le Sénat le 13 av ril 1889. — Liège,

Desoer, 1889, pag. 49.

(7)

inter-L’ E C O N O M I S T A

475

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pellanza sulla politica monetaria. Il ministro delle finanze aveva cercalo di attribuire la colpa del danno che può recare al Belgio la clausola di liquidazione introdotta nella convenzione del 1883 agli autori della convenzione 1863. Era naturale che l’on. Frè- re-Orban risollevasse la questione e rispondesse alle affermazioni più o meno esatte del sig. Beernaerl ; la qual cosa egli ha fatto appunto Con questo opu­ scolo, scritto con uno stile incisivo e vivace, del quale daremo qualche cenno.

I lettori rammentano certamente che nel 1883 il Belgio fu il solo a. ricusare la clausola di liquida­ zione. « Il governo francese, dice il Frère-Orban, appoggiato dai nostri associali monetari che vi ave­ vano pure interesse, elevò la pretesa inaudita di costringerci a rimborsare in oro alla Banca di Fran­ cia i pezzi da 5 franchi belgi che essa teneva o che erano ancora in circolazione e che si calcolavano a più di duecento milioni di franchi al di là (en sus) della somma che sarebbe necessaria pei nostri bisogni monetari ». Il Beernaerl, allora come oggi ministro delle finanze, dapprima rifiutò di sottoscrivere una simile condizione « contraria al diritto e alla equità » come egli diceva e il Frère-Orban e il Pirrnez appog­ giarono quella dichiarazione. Poscia temendo l’inva­ sione della moneta d’argento e che sorgessero della difficoltà per la Banca Nazionale a mantenere il suo in­ casso aureo, il sig. Beernaerl propose una transazione affine di ottenere la rinnovazione dell’ Unione latina per altri 3 anni. Egli offri di pagare in oro la metà della somma degli scudi belgi di cui la Banca di Francia sarebbe detentrice e il di più doveva essere rinviato al paese con le vie ordinarie del commer­ cio. Cosi potè ottenere l’appoggio del Pirmez, ma ad una condizione e cioè che durante i cinque anni assegnati come termine della convenzione il sig. Beer- naert prendesse le misure necessarie per ridurre il più possibile la quantità veramente eccessiva della moneta d’argento belga. Il Frère-Orban stimava In­ vece « che fosse preferibile di non subire una esi­ genza ingiustificabile, contraria alle leggi monetarie come alla base essenziale del trattato che era stato concluso e che valesse meglio di risolvere la diffi­ coltà, anziché aggiornarla ». Ora il termine sta per spirare e non è stato fatto nulla per scemare lo

stock degli scudi d’ argento, mentre si è offerto una

allettativa alla denunzia del trattato con la clausola di liquidazione.

L ’ autore dell’ opuscolo movendo da questi fatti esamina i mezzi di difesa adoperati dal sig. Beer- naert onde giustificarsi di non aver fatto nulla per migliorare la situazione monetaria del Belgio. E an­ zitutto rileva gli errori di un ex-ministro delle finanze del partito cattolico, M. Malou, che attribuiva alla legge il potere di fissare il valore della mo­ neta. « È, dice con ragione il Frère-Orban, ciò che pensavano Filippo il Bello e i re falsi monetari del medio evo » (pag. 9).

II sig. Beernaerl, fra le altre cose, disse che « la causa dell’ ingiustizia è nell’assenza di qualsiasi clau­ sola di liquidazione nella convenzione 1863. » Il Frère-Orban dimostra con la sua grande competenza e autorità, essendo stato egli il promotore della Con­ venzione 23 dicembre 1863, come non era il caso di prevedere e di operare alcuna liquidazione di monete a pieno titolo. « Avendo una moneta comuue si convenne che essa circolerebbe nei paesi uniti, a corso volontario del resto pei privati e non a corso

forzato, 1’ obbligo di riceverla essendo solo per le casse pubbliche. Ecco tutta la convenzione. » Da ciò risultava che all’ espiro della convenzione le casse pubbliche avrebbero potuto rifiutare di accettarla e tutto era finito. Non c’ era nulla da liquidare, poiché non vi era altro obbligo. Ma si è regolato ciò che riguarda il bigliono, dice il ministro delle finanze, e non si è pensato nulla pel resto. Al che risponde il Frère-Orban che le norme relative al bigliono pro­ vano che la questione non è stata perduta di vista e che dove qualche misura doveva essere prescritta non si è mancato di farlo. Oli Stati sono respetti- vamente obbligati a riprendere dalle casse pubbliche il biglione anche nel periodo in cui vige la conven­ zione; niente di simile è stipulato per gli scudi. E con dialettica stringente e non senza qualche ironia, l’ illustre capo dei liberali belgi mette in luce le con­ traddizioni e l’inerzia dell’on. Beernaert e la nessuna serietà dei mezzi che egli sì propone di adoperare per scemare lo stock di moneta d’ argento.

Se il Governo vuole attenuare gradatamente l’ ec­ cesso della nostra circolazione d’ argento, diceva il Frère-Orban nel 1883, ben inteso per giungere a costituire un sistema monetario che ci affranchi in­ fine dal regime deplorabile che noi subiamo, che ci ha creato i più grandi imbarazzi e ci ha imposto i più dolorosi sacrifizi, io non gli risparmierò nè le mie felicitazioni, nè il mio concorso, m ais j'attends

Ics actes, concludeva. E gli atti non sono venuti.

« Che il trattato monetario, egli aggiunge, cessasse o continuasse a restare in vigore era prudente, ne­ cessario, indispensabile, e tutti lo proclamavano col sig. Ministro delle Finanze, di diminuire successi­ vamente, ogni anno, il più possibile I’ eccesso della nostra moneta d’argento. Possono infatti presentarsi delle circostanze tali che la moneta d’argento con­ servando come l’oro nel sistema ibrido che noi ab­ biamo, la forza liberatoria, invada la nostra circola­ zione e che noi siamo minacciati di vedere tutti i cambi volgersi contro di noi, senza contare le per­ turbazioni interne che produrrebbe una simile si­ tuazione. »

In conchiusione pare a noi che il Frère-Orban abbia rilevata assai bene la politica incerta e gli errori dottrinali e di fatto del sig. Beernaert, e abbia di­ mostrato che egli non può liberarsi dalla responsa­ bilità che gli incombe per non aver fatto nulla nei cinque anni, onde scemare il danno eventuale del Belgio per effetto della clausola della liquidazione.

Non poche critiche che l’ Autore muove al signor Beernaert si potrebbero rivolgere anche ad alcuni 'nostri uomini politici che non hanno mostrato nè maggiore cura degli interessi dell’ Italia, nè maggiore coerenza e logica del ministro belga.

Vincenzo Miceli. — Filosofia del Diritto Internazionale. — Introduzione allo studio del Diritto Internazio­

nale pubblico. — Firenze, Cellini, 1889, pag. 300.

(8)

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quando sono incerti e malfermi i principj della

scienza.

Il prof. Miceli si è quindi proposto di formulare certi principj e certe teorie, criticando e discutendo quelle finora accettate. Nella prima metà del suo vo­ lume egli espone i vari sistemi del diritto interna­ zionale assoluto (Grozio, Hobbcs, Puffendorf, Wolff, Yattel), quelli del diritto positivo (Moser, Leibnitz, Byi.kershoeck, Martens, Kliiber, Heffler, Bluntschli, ec.) e fa poi una critica accurata delle varie teorie che for­ mano il substrato di quei sistemi per passare subito dopo alla ricerca di una teoria scientifica secondo le esigenze dei nuovi studi sociologici. Nell’ altra metà del libro l’Autore studia l’evoluzione, il carat­ tere, le fonti, 1’esistenza e il soggetto del Diritto In­ ternazionale.

Nella trattazione di questi vari argomenti il Miceli procede con ordine, con chiarezza e con piena c o ­ noscenza della materia. In lui la dottrina giuridica si unisce alla conoscenza delle moderne dottrine so­ ciologiche, sicché il libro può riescire utile e in­ teressante anche per coloro che non coltivano ex

p ro fesso le discipline giuridiche. Il prof. Miceli,

già noto per un pregevole « Saggio di una nuova teoria della Sovranità » ha dato con questo volume una novella prova del suo studio indefesso e della sua coltura.

Sidney Webb. — Socialism in E ngland — (P ublications

o f thè Am erican E conom ie A ssociation Voi. IV , n. 2). — Baltimore, 1889, pag. 73.

La diffusione che il socialismo ha avuto in Inghil­ terra negli ultimi a n n i, conferisce a questo scritto un certo interesse, ma le evidenti simpatie dell’Au­ tore pel movimento socialista, devono rendere assai cauti nell’aceettare le sue conclusioni, esplicite o meno. Inoltre l’Autore è portato naturalmente ad esagerare 1’ importanza delle varie manifestazioni socialiste e trascura affatto di indicare le cagioni del successivo diffondersi del socialismo.

Le notizie che il Webb dà sull’organizzazione so­ cialista inglese, sul socialismo nella Chiesa, nelle Università, nella politica, nell’ economia politica, sul socialismo parlamentare e municipale, sebbene in gran parte fossero già note, sono assai utili per in­ tendere pienamente i progressi della propaganda so­ cialista nelle varie classi sociali dell'Inghilterra.

Rivista (Economica

/ c/ue Congressi dei socialisti rivoluzionari tenuti a

ParigiIl Congresso internazionale sull'inter­

vento dei poteri pubblici nel contratto di lavoro.

Parigi ha avuto nella settimana precedente due Congressi socialisti rivoluzionari sui quali vale la pena di richiamare l’ attenzione dei lettori. Uno di essi era organizzato dal gruppo noto sotto la denomina­ zione di « possibilista » o del « partito operaio » che si potrebbe anche dire degli opportunisti, di cui il Joffrin e il Lavy, del Consiglio municipale di Pa­ rigi, sono principali ispiratori. L ’ altro era convo­ cato dal Vaillant, da Giulio Guesde e dai loro amici ossia dai « blanquisti » ai quali si unirono ì di­

scepoli di Carlo Marx. Separati da dispareri pro­ fondi che si sono manifestali in parecchie occasioni le due frazioni del socialismo francese non sono riuscite a mettersi d’accordo, non ostante gli sforzi dei socialisti italiani Costa e Cipriani, per tenere un congresso unico. Lo scisma ha persistito fino alla fine.

E a questo proposito è interessante il notare come si sono ripartiti gli stranieri tra i due Con­ gressi. Gli inglesi sono andati di preferenza a quello dei possibilisti perchè sono relativamente moderati e non si dichiarano partigiani della rivoluzione so­ ciale immediata e violenta; fra i 39 delegati che avevano passata la Manica, 15 rappresentavano as­ sociazioni operaie costituite in T rade's U nions; tut­ tavia il comitato parlamentare che è il loro vero rappresentante non ha preso alcuna parte alla orga­ nizzazione del Congresso. Altri agitatori stranieri assai noti come il belga Anseele, l’olandese Dómela Niewenhuys sedevano al Congresso marxista ; gli italiani in numero di I I si sono divisi tra i due congressi. Ad ogni modo i capi dei gruppi rivolu­ zionari più ardenti, si dichiararono coi blanquisti e marxisti.

Del resto la differenza non è sostanziale, non ri­ guarda lo scopo, ma alcuni dei mezzi da mettersi in opera. I possibilisti credono rendere maggior ser­ vizio alla causa che difendono prendendo una atti­ tudine relativamente moderata e proscrivendo il ri­ corso a una agitazione rivoluzionaria permanente che senza alcun profitto per essi disturberebbe 1’ ordine pubblico; ciò che essi raccomandano è l’ esercizio del diritto elettorale e la formazione nelle assem­ blee deliberanti di una maggioranza socialista che dovrebbe applicare gli articoli del loro programma. I rivoluzionari blanquisti, che costituiscono una fra­ zione del partito marxista francese, stimano al con­ trario che le manifestazioni pubbliche ossia i disor­ dini nelle vie possono avere sui governanti una in­ fluenza più immediata di quella che risulterebbe dalla nomina di socialisti nelle assemblee deliberanti Ma dopo tutto questo non bisogna perdere di vista che lo scopo dei possibilisti e dei marxisti è iden­ tico. E consiste nell’attribuire alla collettività le forze produttive del paese, è la costituzione di una amministrazione socialista in cui I’ individualità dei cittadini scomparirebbe totalmente, in cui l’uomo si vedrebbe ricondotto allo stato di organo irrespon­ sabile di una meccanica complessa e peggio ancora inconsciente. La soppressione pura e semplice della proprietà ind.viduale, la limitazione rigorosa dell’ at­ tività personale, l’istituzione di una serie di funzio­ nari, di controllori pubblici, questi sono gli ideali dei socialisti rivoluzionari. Aggiungiamo ancora che i marxisti sembrano piuttosto partigiani di un co­ munismo o collettivismo organizzato dallo Stato, mentre i possibilisti p a r e preferiscano un colletti­ vismo municipale.

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primavera. I possibilisti e i marxisti hanno formu­

lato e precisalo ciò che essi aitendono dalla Confe­ renza. Essi vogliono che la giornata di lavoro sia fissata a otto ore, che sia interdetto il lavoro ai fan­ ciulli al disotto di quattordici anni, che un giorno di riposo (un giorno e mezzo secondo i marxisti) sia imposto per legge, che un corpo d’ispettori pa­ gato dallo Stato ed eletto in tutto o in parte dagli operai sia incaricato di sorvegliare le fabbriche. Il Congresso marxista ha approvato inoltre una propo­ sta tendente a organizzare in un giorno determinalo una grande dimostrazione simultanea degli operai d’Europa e di America.

Qualunque sia l’ interesse che presentano queste deliberazioni è naturale che gli organizzatori delle due riunioni non avessero soltanto per ¡scopo di fare delle discussioni accademiche sulle questioni operaie. Essi hanno ricercato infatti i mezzi per stabilire e mantenere relazioni permanenti tra i socialisti dei vari paesi e malgrado le difficoltà suscitale dallo scisma dei due Congressi non sembra che quella ri­ cerca sia stata del tutto infruttuosa. 1 possibilisti hanno deciso di stabilire un comitato di corrispon­ denza internazionale che avrà la sede a Bruxelles sino al prossimo Congresso, cioè sino al 1891. Quanto ai marxisti essi non hanno discusso, almeno in pub­ blico, la creazione di un comitato, ma si può cre­ dere che non si sono separati senza prendere e senza preparare per l’avvenire qualche misura di organiz­ zazione e il silenzio che hanno serbato sopra questi punti non prova certo che non abbian fatto nulla. Un’ altra Esposizione universale, quella del 1862, ha fornito l’occasione e suggerito l’ idea di creare l’As­ sociazione internazionale, che ora si tenta di far ri­ sorgere sotto altra forma meno appariscente ma più ardita.

I due Congressi che hanno testé compiuti i loro lavori non hanno suscitato un grande interesse, anche perchè il pubblico vi è ormai abituato. Di più l’at­ tenzione pubblica è ora rivolta altrove, specie in Francia. Sarebbe però un grave errore e forse una imprudenza il non tenerne conto, tanto più dacché è manifesto il proposito di riorganizzare una agita­ zione operaia internazionale,

— Tra ¡Congressi internazionali tenuti a Parigi nelle ultime settimane, merita pure qualche menzione quello che si è occupato dell’intervènto dei poteri pubblici nel contratto di lavori. Esso è stato promosso dal signor Léon Donnât e non senza opportunità in una epoca in cui l’ invocazione dei poteri pubblici nelle relazioni economiche è fatta con tanta insistenza.

II congresso ha discusso una diecina di questioni importanti, e per far conoscere i suoi lavori ci pare opportuno di riferire alcune parti del riassunto che ne ha fatto il presidente, sig. Donnât, nell’ultima se­ duta del Congresso.

Per ciò che riguarda la limitazione della giornata pei fanciulli e le fanciulle minorenni, nessuno nel Congresso ha contestato la necessità dell’ intervento dei poteri pubblici. Per proteggere i minorenni, che non possono difendersi da sè stessi, lo Stato ha il diritto di intervenire nell’interesse della razza, della sua conservazione fisica e del suo miglioramento in­ tellettuale. Per la donna adulta la riduzione della giornata di lavoro è parsa al Congresso desiderabile. Quando essa è maritata il suo posto è piuttosto al focolare domestico che nella fabbrica, specialmente la notte. Ma è sembrato pure che la regolamenta­

zione già di una applicazione cosi difficile e così in­ completa pei fanciulli lo sarebbe ancor pi.ù per le donne, bisognerebbe fin dal principio stabilire delle eccezioni pe la donna non maritata e per la vedova, nonché per certe professioni speciali il cui lavoro è intermittente ; e non sarebbero meno legittime le ec­ cezioni nel caso, pur troppo ancora piuttosto gene­ rale, in cui il salario del marito è insufficiente. È dunque preferibile di astenersi e di domandare il mi­ glioramento desiderato agli sforzi liberi, individuali o collettivi.

Una opinione simile si è chiaramente manifestata relativamente alla limitazione della giornata di lavoro per gli uomini adulti. Se la libertà di coalizione, se la iegge sui sindacati professionali non esistessero sarebbe naturale di reclamare dai poteri pubblici delle modificazioni che l’iniziativa sarebbe impotente ad ottenere; ma nello stato attuale di cose l’operaio dev’ esser libero di lavorare quanto gli piace. Non si vede d’altronde come l’azione dello Stato potrebbe esercitarsi; i tentativi fatti dai comuni non sono riu­ sciti che a rendere malcontenti gli stessi operai e a diminuire per essi le disponibilità del lavoro.

La fissazione dei salari mediante la cosi detta

sèrie de p r i x è un mezzo prezioso di informazioni

e nulla più. È disconoscerne il carattere, il voler ve­ dere un minimum o una media di salari nelle cifre che le sèrie de p r i x indicano come salario della gior­ nata. Voler rendere quel minimum, quella media ob­ bligatoria pei lavori privati è una mera illusione; im­ porla agli iutraprenditori dei lavori pubblici è una innovazione di data recente di cui i documenti uf­ ficiali mostrano già tutti i pericoli. Gli stessi con­ sigli di probiviri (prurt’hommes) devono considerare le séries de p r i x fissate dai comuni come semplice documento da consultarsi, essi disconoscono la loro funzione quando vi vedono una tariffa obbligatoria, e soprattutto quando i loro membri accettano nei giudizi sui conflitti tra padroni e operai dei mandati imperativi in favore di una delle parti.

Il collocamento degli operai non potrebbe costi­ tuire un monopolio nè pei comuni nè per le borse del lavoro, nè pei sindacali professionali. E sopratutto facile quando i sindacati padronali e quelli operai agiscono d’ accordo. In una città come Parigi, in ragione della specializzazione delle professioni per quartiere e per ©rispetto alla libertà dei la­ voratori che non sono affiliati a nessun sindacato, è desiderabile vengano istituite presso i municipi degli uffici di collocamento.

Quasi tutte le legislazioni moderne hanno abolito il delitto di coalizione. 1 poteri pubblici si astengono adunque per principio nei conflitti tra i padroni e gli operai. Quando per eccezione i Comuni sovvenzionano gli scioperanti, violano la neutralità imposta dalla legge e dispongono senza mandato del denaro dei contribuenti.

Il Congresso non nega in massima per il padrone e per 1’ operaio la responsabilità della colpa, ma ri­ tiene che il rischio professionale può essere messo a carico dei padroni. Questi hanno la possibilità di premunirsi mediante l’assicurazione ; sembra deside­ rabile che questa assicurazione sia obbligatoria in modo da costituire una specie di imposta speciale, e che gli operai vi contribuiscano sia per la dignità personale, sia per avere il diritto di sorvegliare il funzionamento della istituzione.

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vilegi pei lavori non profittano alle società operaie

di produzione; queste devono cercare il loro suc­ cesso presso la clientela privata nel regime della libera concorrenza, quando esse per vivere e prospe­ rare calcolano sul concorso dei poteri pubblici, non tardano ad essere vittime delle loro illusioni.

La riduzione legale del lavoro straniero sarebbe una forma di protezionismo che potrebbe dar luogo a rappresaglie, provocare una guerra di tariffe e li­ mitare la quantità di lavoro disponibile- per gli operai francesi. Gli operai si sono mostrati economisti recla­ mando la protezione del lavoro nazionale come co­ rollario della protezione accordata alle merci nazio­ nali ; ma non proteggere nò merci nè lavoro è più conforme agli interessi di tutti.

I lettori possono vedere da sè stessi in quali parti andiamo d’ accordo con le opinioni del Congresso così bene riassunto dall’ egregio sig. Donnat.

Il CREDITO FONDIARIO BEILI BISSI 01 RISPARMIO 01 MILANO

È stato recentemente pubblicato il conto consun­ tivo del 1888 del Credito fondiario esercitato dalla Cassa di risparmio di Milano, accompagnato da una ricca copia di osservazioni e di prospetti statistici, utilissimi a tutti coloro ehe si occupano dei feno­ meni economici del proprio paese.

Prima per altro di procedere alla rassegna com­ parativa delle principali operazioni fattene! 1888, e nell’anno precedente non sarà inutile premettere che a tutto il 31 dicembre 1886 il Credito fondiario della Cassa emise cartelle fondiarie al 5 O/o; e che col 1° gennaio 1887, approfittando delle facoltà della legge 1885, abbandonò l’emissione di quel titolo per attenersi esclusivamente a quello 4 O/o netto da tassa di ricchezza mobile.

Da quel giorno e fino a che la cartella 4 O/o ri­ mase a lla p a r i o poco giù di lì, molti mutui as­ sunti al 5 furono tramutati al 4 ; ma questo movi­ mento si arrestò invece quando il titolo, per il fatto stesso di una soverchia emissione, scese nel suo corso a L. 485. È forse per questo fatto che i mutui sti­ pulati nel 1888 furono inferiori a quelli conclusi nell’anno precedente. Nel 1887 si convertirono per nove milioni di mutui 5 O/o, mentre nel 1888 que­ sto movimento superò di poco i due milioni. In ogni modo si fecero mutui nuovi per oltre 15 mi­ lioni, ed essendosene in totale ammortizzati 9 milioni dei preesistenti, il 1888 si chiuse con un aumento di 146 prestiti per riguardo al numero, e per oltre L. 6,000,000 per riguardo al loro ammontare.

Sommate tutte le restanze degli anni precedenti, l’Istituto alla fine del detto anno contava :

Mutui in Cartelle 5 O/o . . L. 62,856,044. 75 » » 4 O/o . . » 59,530,031.81 e così complessivamente mutui. L. 1 2 2 ,3 8 6 ,0 7 6 .5 6

Abbiamo detto che il conto consuntivo era accom­ pagnato da prospetto statistico di non comune inte­ resse. Infatti quelle cifre riassuntive l’ Amministra­ zione del Credito fondiario le scompone e le ricom­ pone sotto gli aspetti i più svariati. Così un prospetto

pone sott’ occhio per quale procedimento storico quelle cifre vennero mano a mano a costituirsi, e in quali proporzioni vi attinse ogni provincia italiana, e di quale importanza sia stata la garanzia ipoteca­ ria — e quindi il rapporto fra i beni rustici e i beni urbani. Un altro prospetto presenta l’importo di ogni singolo mutuo, e quali ne siano le medie, quale la durata, dati questi necessari per dedurne se e in quali proporzioni la grande e piccola proprietà ri­ corrono a queste operazioni di credito, e quali siano nel fatto le conseguenze economiche del sistema del­ l’ammortamento graduale del debito. E ciò si com­ pleta cogli altri dati relativi alla istituzione dei mutui, sia per ammortamento contrattuale, sia per antici­ pata restituzione.

Un altro infine contiene lo studio analitico di tutti i patti riflettenti il movimento e il corso delle car­ telle, mettendo altresì in rilievo a quali condizioni il proprietario potè trovar denaro ec. ec. ma su tutto questo passeremo sopra limitandoci a dire qualche cosa sulle semestralità arretrate e sulle espropriazioni giudiziarie già eseguile; due fatti dai quali si scorge fin dove la proprietà fondiaria può reggere il peso dal pagamento delle semestralità passive, mercè le quali con gli interessi viene ad estinguere anche il debito in un determinato numero di anni.

Si rileva frattanto dalla relazione che il totale delle semestralità arretrate alla fine dello scorso anno am­ montava a L. 280,358. 59. La cifra sarebbe per sè rilevante, ma, se noi la scindiamo nei suoi elemen­ ti, vediamo che sopra 2767 mutui a quell’epoca in corso, solo per uno di essi si era in arretrato di 4 semestralità; 3 lo erano per tre semestralità, 23 per due, e 150 mutui per una sola semestralità. Ora, siccome è noto che questi arretrati per una sola semestralità sono più che tutto facilitazioni, che l’Isti­ tuto concede — dietro domanda — ai debitori, così, se essi accennano ad una ristrettezza di mezzi in uu numero considerevole di proprietari, non rappresen­ tano però quegli arretrati una minaccia di possibili espropriazioni.

E in ciò ci conferma anche la esperienza degli anni precedenti. Ad esempio, delle 177 semestralità arretrate che figuravano alla fine del 1887, ben 172

fu r o n o p a g a te nel 1888 per L. 2 1 0 ,6 8 9 .3 4 rima­

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fondiaria si trova in uno stato anormale, che più

cause contribuiscono a mantenerle, e a cui si è im­ potenti a prestare rimedio.

La Cassa Ji risparmio 3i Tema nel 1888

Il seguente prospetto riassume il conto consuntivo della C assa d i risp arm io d i V erona alla fine del 1888. Le attività iniziali ascendevano a L. 54, 356,800. 33

Id. finali ascesero a . . » 57,211,807.71 Aumento di attività . . L . 2 ,8 8 5 ,0 0 6 .8 8 Le passività iniziali ascendevano a L. 50,808,082.51 Le passività finali ascesero a . » 53,476,330,53 Maggiore passività » 2 ,6 6 8 ,2 4 8 .0 2 Utile . . . L. 186,758.86 che portato in aumento del patri­

monio della Cassa accertato al 31

dicembre 1887 d i ...» 3 ,5 4 8 ,7 1 8 .3 2 eleva il patrim. stesso alla somma di L. 3 ,7 3 5 ,4 7 7 .1 8 Peraltro l’ utile di L. 186,758.86 non rappresenta il vero e reale utile di gestione, ma è una resul- tanza conseguente della differenza fra le rendite e le spese di gestione, combinatamente con la differenza fra le sopravvenienze attive e passive, la qual diffe­ renza ascende a L. 162,203.73. Defalcando queste L. 162,203.73 dall’avanzo del 1888 che complessi­ vamente fu di L. 348,962.59 resta l’ utile netto di L. 186,758.86.

Passeremo adesso ad un breve esame delle ren­ dita e delle spese in confronto al 1887.

Riguardo alle rendite, un prospetto che le distingue categoria per categoria, fa sapere che nel 1888 in confronto al 1887 si ebbe una maggiore en­ trata di L. 270,915.75, la qual maggiore entrata deriva specialmente dagli aumenti avvenuti nei mu­ tui ipotecari per L. 186,054.77 ; nei chirografari per L . 56,768.74 e nei fondi pubblici per L. 54,117,88. Le diminuzioni più rilevanti si verificarono nei conti correnti attivi, nelle obbligazioni diverse, nei buoni del Tesoro, ecc.

Circa alle spese, che nel 1888 aumentarono di L. 200,596.94, 1’ aumento più sensibile si verificò negli interessi sui capitali a risparmio, che crebbero di L. 184,273.62, e nelle imposte e tasse che pre­ sentano un accrescimento di L. 23,374.32, la somma complessiva essendo stata di L. 332,522.46 con­ tro 309,148.14 nel 1887.

Le imposte e tasse che aggravano l’ istituto sono quella di ricchezza mobile, la tassa di manomorta, e la tassa di registro sui mutui con pegno di carte e valori. La tassa di ricchezza mobile è la più grave avendo raggiunto nel 1888 fra quella pagata per ruoli, e quella corrisposta per trattenuta, la somma di L. 309,661.03.

Le somme pagate dal 1870 a tutto il 1888 a scopo di beneficenza ammontarono a L. 603,226.19 con un massimo di L. 82,000 nel 1882 e un mi­ nimo di L. 8,000 nel 1871 e nel 1873.

LA SITUAZIONE DEL COMPTOIR D’ ESCOM PTE

I nostri lettori rammenteranno la crise attraver sala alcuni mesi indietro dal Comptoir d’Escompte, uno dei più importanti istituti di credito esistenti in Parigi, e la perniciosa influenza che essa esercitò per alcune settimane sul movimento dei fondi pub­ blici. Giacché anche in questi ultimi continuano a correre voci sinistre, sulla posizione di questo isti­ tuto, crediamo non inopportuno il dare qualche no­ tizia su di esso.

La situazione pubblicata dal Comptoir d’Escompte in data del 31 dicembre portava che il capitale di 80 milioni era intatto, e che le riserve oltrepassa­ vano i 20 milioni di franchi.

II 10 marzo la Banca di Francia doveva mettere a disposizione del Comptoir una somma di 140 milio­ ni, per completare le anticipazioni già fatte da parec­ chie società di credito, nnticipnz oni che si elevavano alla cifra di 37 milioni di franchi.

Attualmente la situazione determinata dai liqui­ datori constata che le perdite provenienti dai metalli, defalcazione fatta del 10 O/'o che si spera dalla li­ quidazione della Società dei metalli, oltrepasseranno i 72 milioni. Anche non tenendo conto delle inden­ nità da darsi alle miniere di rame, che avevano avuto la firma del Comptoir per alcuni contratti di ga­ ranzia, la perdita di 47 milioni sullo stagno, porta una perdita complessiva di 89 milioni.

Le eventualità delle perdite sui 177 milioni del portafoglio provenienti dalle agenzie, della sede socia­ le, e dai corrispondenti oltrepasseranno i 53 milioni. L'attivo non essendo che di 103 milioni

Le perdite eventuali o rea­

lizzate di . . , . . . 142 »

Restano . . 30 milioni di deficit finale.

Gli amministratori si dice verseranno 25 milioni: rimangono così 14 milioni di franchi da coprirsi dai garanti.

Qualunque siano i resultati della liquidazione, gli antichi azionisti non hanno da farsi illusioni. Am­ mettendo anche che il rimborso da parte degli am­ ministratori, oltrepassi alcun poco i 30 milioni, gli azionisti saranno sempre preceduti dai creditori di qualunque specie e la loro situazione non ne verrà per nulla migliorata. È credenza frattanto dei più, che quanto al presente il prezzo di 9 0 franchi per azione non abbia alcuna base solida.

Le importazioni italiane in Rosario di Santa Fè

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