L'ECONOMISTA
G A Z Z E T T A S E T T IM A N A L E
SC IEN ZA ECONOM ICA, F IN A N Z A , COMMERCIO, B A N CH I, F E R R O V IE , IN T E R E S SI P R IV A T I
Anno I I - Voi. XV
Domenica 1° Giugno 1884
N. 526
LE CONVENZIONI
i r a t i l'assemblea generale della Società delle lesion ali
Il 2 9 corrente I’ assemblea della Società' italiana per le strade ferrate Meridionali tenne la sua se- sednta nella quale era all’ ordine del giorno: « la relazione del Consiglio di Amministrazione ; il bilan cio consuntivo del 1 8 8 3 e quello preventivo 1 8 8 4 ; — 1’ approvazione della convenzione stipulata col Go verno per l’assunzione dell’esercizio della rete Adria tica e 1’ eventuale costruzione di nuove linee, colia rinunzia contemporanea, durante l’esercizio della rete Adriatica, ai patti dell’ esercizio delle linee di pro prietà della Società, e la definitiva rinunzia all’eser cizio delle Calabro—Sicule di proprietà dello Stato ; — proposta di provvedimenti finanziari; — nomina di Consiglieri e Sindaci.
Ci occuperemo in altro momento della parte della Relazione che riguarda 1’ esercizio e le costruzioni affidate alla Società delle Meridionali, solo ci limi teremo a dare le cifre che riguardano la situazione finanziaria della Società per parlare un poco più dif fusamente di quanto riflette le nuove convenzioni.
Al 31 decembre 1 8 8 3 la Società aveva i seguenti fondi realizzati :
Capitale in azioni di antica emissione L . 1 0 0 ,0 0 0 ,0 0 0 ,0 0 Id. di creazione 1881 » 5 0 ,0 0 0 ,0 0 0 ,0 0 Id. a matrice (6 0 mila) » 3 0 ,0 0 0 ,0 0 0 ,0 0 Sussidio dello Stato in lavori . . i » 1 0 ,0 0 0 ,0 0 0 ,0 0
Id. in beni demaniali » 1 0 ,0 0 0 ,0 0 0 ,0 0 Obbligazioni sociali in circolazione
ed "estinte... » 2 5 3 ,0 6 6 ,3 8 1 ,1 9 Buoni trentennali in circolazione
estinti o convertiti in obbligazÀ » 3 8 ,7 0 5 ,5 4 9 ,6 2 Obbligazioni di Rothscild estinte » 1 ,6 9 0 ,6 5 0 ,0 0
Id. del Gaz in circolazione
ed estinte...» 6 7 6 ,6 0 0 ,0 0 Buoni Bayard e s tin ti...» 2 5 0 ,5 0 0 ,0 0 Interessi e rimborsi arretrati di titoli» 6 ,6 1 3 ,5 5 3 ,0 0 Creditori d iv e r s i...» 5 8 ,6 4 8 ,2 9 3 ,0 0 Gestione C a la b ro -S icu le ...» 2 4 ,1 8 9 ,4 6 5 ,6 8 Cassa di p re v id e n z a ...» 2 ,8 7 0 ,9 3 3 ,7 7 Liquidazione g e n e r a l e ...» 6 ,3 4 7 ,7 2 1 ,3 5
Risulta un totale di capitale per L . 5 9 3 ,0 5 6 ,6 4 7 ,7 7
A questa somma si detraggono lo importo dei la vori di costruzioni esegu iti, delle spese di fonda
zione, del materiale fisso e mobile e delle scorte nei magazzini p e r ... L . 4 9 1 ,7 7 1 ,6 3 5 ,5 2 I debitori diversi per...» 4 5 ,7 6 2 ,3 3 3 ,2 0 La gestione Calabro Sicula p e r . » 4 0 ,3 9 2 ,6 1 1 ,8 9
Totale . . . . L . 5 7 7 ,9 2 9 ,5 8 0 .6 1
rimangono al 1° gennaio 1 8 8 4 in
attivo di Cassa e portafoglio. . L . 1 5 ,1 3 0 ,0 6 7 ,1 6 che viene aumentata dal residuo di
Beni demaniali da incassare per » 2 9 ,0 0 0 ,0 0 0 ,0 0 da prodotti netti di esercizio per . » 6 ,5 0 0 ,0 0 0 ,0 0
un totale quindi in attività per . L. 5 0 ,8 5 7 ,5 4 8 ,3 6 a cui togliendo per imposte portate
sul bilancio 1 8 8 4 ... » 1 ,9 0 0 ,0 0 0 ,0 0 per interessi e ammortamento . . » 3 2 ,8 0 0 ,0 0 0 ,0 0 per costruzioni e approvvigiona
menti ...» 1 0 ,0 0 0 ,0 0 0 ,0 0
Totale . . . L . 4 4 ,7 0 0 ,0 0 0 ,0 0
Resulta un’eccedenza delle attività in L. 6 ,1 5 7 ,5 4 8 ,3 6 . — In quanto alle attività del bilancio risultante dalla liquidazione generale esse arrivano, come si è detto a L. 6 ,3 4 7 ,7 2 1 .3 5 che il Consiglio propone di ri partite per L . 2 ,2 5 0 ,0 0 0 ,0 0 alle 3 0 0 ,0 0 0 azioni in forma di dividedo del 7 ,5 0 , e per le L . 3 ,7 2 7 ,3 0 6 ,4 3 residue, a conto nuovo.
Rispetto alle nuove Convenzioni la Relazione p ren dendo le mosse dall’ordine del giorno votato dall’As semblea generale del 1 9 giugno 1 8 8 3 dove era rac comandato al Consiglio di secondare gli intendimenti del Governo per l’assetto delle strade ferrate italiane in quel modo che giudicherà più vantaggioso alle nostre industrie ed ai nostri com m erci, e di pre starsi a tutto quanto possa conciliare colle condizioni del pubblico Erario gli interessi generali del Paese e quelli particolari della Società, la relazione avverte che il Consiglio, ossequente ai desideri degli azionisti, accettò P invito del Governo di discutere la nuova convenzione di esercizio, col fermo proposito di faci litare, per quanto era in lui, 1’ ardua impresa del Governo.
Esposti quindi sommariamente i patti principali della nuova convenzione, già agli azionisti distribuita, così continua molto sobriamente la relazione :
« Crediamo superfluo dilungarci sul merito di queste stipulazioni, ma siamo a vostra disposizione per darvi tutti gli schiarimenti che vi piacesse ri chiederci.
346
L ’ E C O N O M I S T A
1
« giugno 1884
di nn prospero avvenire, pure abbiamo volenterosi accettato l’invito del Governo per una nuova Con venzione avente a base la renunzia temporaria dei patti della nostra Concessione rispetto all’esercizio.
« Se nelle lunghe trattative, come era nostro de bito, abbiamo procurato di tutelare come meglio po tevamo e sapevamo i vostri interessi alle nostre cure affidati, abbiamo la convinzione di avere in pari tempo secondati gli intendimenti del Governo, con forme i vostri e nostri desideri.
« Nutriamo fiducia che voi darete la vostra ap provazione alla nuova Convenzione da noi stipulata ed al Capitolato ed allegati che fanno parte inte grante della medesima. »
Per supplire poi ai nuovi obblighi assunti, il Con siglio propose all’assemblea alcuni provvedimenti fi nanziari dei quali è utile tener parola riassuntiva
mente. •
Coi nuovi contratti la Società assume un obbligo di sborsare una somma di L. 1 3 8 ,6 0 0 ,0 0 0 ; doi^ quali 9 milioni per terminare le linee testé aperte all’eser cizio ; L. 9 ,4 0 0 ,0 0 0 per i lavori e gli aumenti d’im pianti sulle strade di sua proprietà assegnati alla rete Adriatica e da compiersi nei primi quattro anni di esercizio; L. 5 ,2 0 0 ,0 0 0 per approvvigionamenti da cedersi allo Stato in ragione del quinto del pro dotto lordo; 115 milioni per il prezzo d’acquisto del materiale ruotabile, d’esercizio e degli approvvigio namenti.
Per far fronte a questa somma, all’ esborso della quale impegnano i contratti stipulali, il Consiglio osserva che la Società ha disponibili per capitali in fruttiferi 8 milioni, possiede di approvvigionamenti e scorte L . 1 4 ,4 0 0 ,0 0 0 , ha un credito verso lo Stato per la gestione Calabro—Sicula di L. 1 6 ,2 0 0 ,0 0 0 .0 0 ; un totafe quindi di L . 3 8 ,6 0 0 ,0 0 0 .
Di più la Società può emettere, in forza dei suoi statuti, il suo capitale un tèrzo in azioni e due terzi in obbligazioni, ed il capitale in azioni essendo di 1 8 0 milioni, più dovendo considerarsi allo stesso effetto come capitale in azioni per il decreto 19 ot tobre 1 8 6 3 anche quello di 2 0 milioni di sussidio in lavori fatti ed in beni demaniali, ha un capitale di 2 0 0 milioni che permettono la emissione di 4 0 0 milioni di obbligazioni. Ma le obbligazioni fino ad ora emesse ascendono solo a . L . 3 0 3 ,3 3 5 ,1 3 7 ,0 6 quindi si possono ancora emet
tere obbligazioni pe r . . . . » 9 6 ,6 6 4 ,8 6 2 ,9 4
che danno appunto . . . . L. 4 0 0 ,0 0 0 ,0 0 0 ,0 0
Perciò mediante le L . 3 8 ,6 0 0 ,0 0 0 di cui sopra e le L. 9 6 ,6 6 4 ,8 6 2 ,9 4 di obbligazioni, il Consiglio crede di poter far fronte agli impegni assunti con con tratto per L . 1 3 8 ,6 0 0 ,0 0 0 , onde si compiace osser vare :
« Come vedete la Società ha in sè medesima la forza di poter far fronte agli impegni immediati, a s sunti e da assumere, senza ricorrere a nuovi prov vedimenti, giacché la piccola differenza che resulta dai precedenti calcoli di circa 3 milioni di lire, sarà equiparata dall’eccedenza del fondo ordinario di cassa, e potrà questa somma essere provveduta mediante operazioni temporanee a seconda dei bisogni. »
Ma tosto avverte la relazione che agli obblighi positivi che ascendono appunto a 1 3 8 milioni e mezzo,
possono aggiungersene altri a cui la Società può essere chiamata a norma del contratto come sarebbe quello di costruire le linee complementari per qua ranta milioni all’anno, ed al caso anche procedere con mezzi suoi a tali costruzioni fino alla concor renza dei 4 0 milioni da rimborsarsi entro un anno. Il Consiglio pur affermando di non saper prevedere se o meno sarà necessaria l’emissione di nuove azioni, e pur riservandosi di seguire quella condotta che sarà suggerita dalle circostanze di tempo e dalle condizioni del mercato finanziario, domandò di es sere autorizzato ad emettere trenta milioni di nuove azioni quando lo giudichi opportuno e conveniente.
Letta la relazione e l’ordine del giorno che il Consiglio sulle basi anzidette proponeva, un azionista domandò la parola e fece le seguenti considerazioni che sommariamente riassumiamo.
Disse di aver presa conoscenza della convenzione 23 aprile ultimo scorso e di essere convinto che il Consiglio di amministrazione aveva largamente usata della raccomandazione fattagli dalla Assemblea di secondare i voti del Governo; tanto più largamente in quanto che dalla relazione risultava lo stato veramen te florido della Società e quindi il nessun bisogno da parte degli azionisti di tentare nuove imprese di esito molto incerto e molto aleatorio come quella dell’esercizio di una nuova rete. Ad ogni modo di questo fatto egli voleva trarne argomento di lode verso il Consiglio, il quale, interpretando il pensiero della Assemblea, volle coi fatti dimostrare il desi derio di contribuire all’assetto definitivo del pro blema ferroviario.
Però dalla lettura che aveva fatto della conven zione per la rete Adriatica e di quella per la rete Mediterranea, pareva a lui pericoloso che l’assem blea votasse semplicemente la approvazione del con tratto che riflette la rete Adriatica essendo pur pos sibile tra le vicende che tali proposte incontreranno da vanti alle Camere che si approvasse l’esercizio di una sola delle reti. Onde egli credeva di dover osservare che i patti del contratto 2 3 aprile 1 8 8 4 stabiliscono troppi punti di contatto colla Società che esercite rebbe la rete Mediterranea, e nello stesso tempo accorda al di sopra delle due Società, molta inge renza al Governo. Ora se avvenisse che la rete Me diterranea rimanesse in esercizio allo Stato, la So cietà delle Meridionali si troverebbe di fronte al Governo e come esercente della rete Mediterranea e, molte volte, come arbitro sulle questioni tra le due amministrazioni. E accennò a due esempi: alla linea Milano-Chiasso di cui parla l’art. 1 0 del con tratto dove è detto : gli orari dei treni viaggiatori in coincidenza coi treni della linea del Gottardo, saranno regolati in modo da tutelare in giusta mi sura gli interessi delle due Società. In caso di di saccordo fra le Società stesse deciderà il Governo, al quale le due Società sottoporranno i propri pro getti di orario colle relative osservazioni. - E al- i’articolo 8 dello stesso contratto che dice che il riparto del personale e del materiale mobile sarà fatto da una o più commissioni, composte ciascuna di tre rappresentanti del Governo e di tre delegati per ognuna delle Società esercenti.
Io giugno 1884
L ’ E C O N O M I S T A
347
venne d’ accordo col Consiglio approvato dalla as semblea nei seguenti termini :
1 ° L ’Assemblea approva la relazione del Consiglio d’ Amministrazione, il preventivo del 1 8 8 4 , i conti del 1 8 8 3 e fissa in lire sette e centesimi cinquanta il dividendo per ognuna delle 3 0 0 ,0 0 0 azioni e car telle di godimento in circolazione.
2 L’ Assemblea approva il contratto stipulato col Governo il 2 3 aprile p. p. per 1’ assunzione del— l’ esercizio della rete Adriatica e 1’ eventuale costru zione di nuove linee, colla rinuncia contemporanea, durante I’ esercizio della rete Adriatica, ai patti del- l’ esercizio delle linee di proprietà della Società, e la definitiva rinunzia all’ esercizio delle C alabro-Si- cule di proprietà dello Stato.
Questa approvazione è vincolata alla condizione che contemporaneamente all’attuazione del contratto 2 3 aprile, sia concesso all’ industria privata l’ eser cizio della rete Mediterranea.
Nel caso che dal Governo venissero chieste m o dificazioni al medesimo contratto ed ai suoi allegati, il Consiglio è autorizzato ad accettare quelle soltanto che non ne alternino le condizioni finanziarie ed eco nomiche.
3 ° Per soddisfare agli impegni assunti e da as sumere I’ Assemblea autorizza fin d’ora il Consiglio d’ amministrazione ad aumentare il capitale sociale entro il limite di 3 0 milioni, mediante emissione di di azioni nuove di L . 5 0 0 cadauna. Questo aumento potrà esser fatto in una o più volte e quando lo creda conveniente ed opportuno.
Le nuove azioni saranno offerte di preferenza e prò rata ai portatori delle azioni già in circolazione.
Autorizza inoltre il Consiglio d’ Amministrazione a compiere 1’ emissione delle Obbligazinni pel doppio del capitale sociale in conformità degli Statuii.
Così le convenzioni hanno fatto un’ altro passo verso la soluzione finale.
LA LEGGE
sulla responsabilità civile dei padroni ed altri committenti
IN CASO D'IN FORTU N IO
Un’altra delle leggi così dette sociali dell’ex ministro Berti sta per giungere alla discussione nel Parlamento; è quella che regola la responsabilità civile, in caso d’ infortuni, accaduti agli operai mentre lavorano, e a causa del lavoro stesso. Ma nella trafila della commissione, questa, che è la seconda di dette leggi che viene a maturità, non ebbe gran fortuna, ed anzi vi giunge completamente cambiata nell’ essenza, cosicché può dirsi che la commissione che 1’ esa minò ne abbia sostituita un’altra, poiché le correzioni che vi furon fatte, partono da un principio comple tamente differente, anzi opposto.
Infatti l’ articolo primo della legge Berti ritiene
sempre solidalmente responsabili i padroni o com mittenti, degli infortuni che possono recar danno al corpo o alla salute degli operai, salvo i casi di ne gligenza degli operai stessi, di caso fortuito, e di forza maggiore. Invece nell’articolo che la commis sione sostituisce a questo, si fa soltanto un obbligo ai padroni e committenti, di adottare le misure di
precauzione prescritte dai regolamenti speciali a tu tela della salute e della vita degli operai ; è solo in caso di non osservanza di questi regolamenti che la loro responsabilità diviene effettiva.
Non è difficile accorgersi a prima vista dell’ im mensa differenza che passa fra i due principi fon damentali su cui riposerà la legge; nel primo caso l’ operaio danneggiato, e la famiglia di lui, se esso è morto nel lavoro, e a causa del lavoro, trovano nel padrone un obbligato a risarcire il danno, salvo a questo a provare l’assenza di colpa per parte sua ; nel secondo caso invece l’operaio o la famiglia do vranno a cercare il responsabile e rimangono le dif- coltà di trovarlo, poiché quasi sempre l’ infortu nio avrà tolto via le tracce su cui potrebbero ba sarsi per constatare una qualunque violazione di regolamenti ; in altri termini, mentre il progetto ministeriale ammette l’ inversione della prova, cioè a dire che tocca ai padroni supposti de ju r e col pevoli di negligenza, a provare che negligenza per parte loro non vi fu, quello della commissione man tiene la prova diretta, mettendo a carico del dan neggiato il dar la prova che il suo danno derivò da negligenza o inosservanza dei regolamenti da parte dei padroni.
Gravi considerazioni di dritto e di pratica, si possono esporre forse per ambedue i principi, e l’esaminarle come sarebbe necessario, darebbe materia a libri voluminosi più che a un articolo di un pe riodico; ci contenteremo per di accennare le prin cipali. Il danno che alcuno riceve per colpa altrui, sia esso attribuibile a colpa lata o a colpa lieve, pur essendo in ogni caso suscettibile di risarci mento, benché in diversa misura, ha bisogno di esser provato ; in esso, dibattendosi una questione di responsabilità pecunaria, se le cause del danno non fossero chiaramente messe in luce, rischierebbe la giustizia di dare essa stessa un danno a chi non lo merita, obbligando una delle parti ad un risarcimento che forse non è dovuto. Ciò darebbe ragione alla commissione la quale vuole la prova
diretta mettendola a carico dell’operaio danneggiato o della famiglia di lui.
348
L ’ E C O N O M I S T A
Io giugno 1884
un privilegio ad una classe di cittadini, benemerita e degna di considerazione quanto si vuole, ma non per questo suflìcente a sconvolgere i principi fon damentali del diritto. Il supporre i padroni respon sabili a p rio ri, salvo ad essi solo la facoltà di controprova da qual considerazione può essere giu stificata se tale principio si ammette solamente a fa vore degli operai ? Non vediamo già un pericolo enorme in questo strappo alle nozioni fondamentali del diritto, le quali stanno così, perchè la natura delle cose e la logica rigorosa lo esigono?
Certo che passando al campo della pratica si mettono avanti ragioni che persuaderebbero alla inversione della prova; la mancanza di mezzi pre- cuniari, comune agli operai in ogni tempo, resa ancor più grave dall’ infortunio sofferto, che reca seco sospensione di guadagni e aumento di spese; l’ignoranza assoluta o quasi, delle leggi e della pro cedura necessaria per adire i trabunali, la quale in una lite di tutta forma, che esso dovesse intra prendere, sarebbe per lui di maggior danno che per T avversario, poiché di rado troverebbe causi dici ed avvocati disposti a servirlo, essendo questi quasi sicuri di non riceverne che scarsi onorari in caso di vincita della lite, o nessuno, e forse la ri messione delle spese, in caso di perdita, poiché il cliente loro resterebbe nella più assoluta miseria; difficoltà di trovare i testimoni a suo vantaggio, poiché dovrebbe cercarli fra gli operai rimasti al servizio del padrone con cui è in lite, i quali na turalmente per paura di esser congedati, raramente si risolverebbero a testimoniare contro chi ha in mano la sorte loro e quella delle loro famiglie. In fine, e per tacere di molte altre, la grandissima probibilità che giustizia non sarebbe mai resa al- l’ operaio, perchè trovandosi questi senza denaro, impossibilitato al lavoro, privo di assistenza, con difficoltà di trovar testimoni a stabilire il suo diritto, farebbe di questo, buon mercato, e alla prima of ferta di transazione per parte del padrone si tro verebbe costretto ad accettare le poche lire propo ste per non morire di fame, aspettando il resultato di una lunga lite, che è per esso indubbiamente più problematico che pel suo avversario. Così ogni infortu nio causato anche da chiarissima negligenza, da sordida avarizia, e perfino da malevolenza dei padroni, sa rebbe nella maggior parte dei casi, rimediato nelle conseguenze, dannose per essi, da qualche diecina di lire abilmente offerte, nel momento bene scelto in cui la fame batterà alla porta del danneggiato, e finirà in una regolarissima transazione di lite, con esplicita rinunzia a qualunque azione fatta competere ad esso, il che renderebbe perfettamente inutde la legge nel terreno della pratica.
Queste ed altre considerazioni si fanno per pro pugnare la inversione della p rov a, aggiungendovi tutta quella rettorica che vale a commuovere. Ma da tali riflessioni si può forse ricavare la necessità di mutare i principi giuridici che informano le nostre leggi ? — Niente affatto ; la sola conclusione e la necessità di mettere 1’ operaio in condizioni tali da poter far valere il proprio diritto. Questa è la sola conseguenza che si può tirare dalle esposte consi derazioni. Ed altra cosa è provvedere acchè una classe sociale sia messa in grado di far valere il suo diritto, altro è accordarle un privilegio in opposi zione alle norme generali del jure.
Forsechè non vi sono altri fatti sociali nei quali il
diritto viene leso per circostanze affatto speciali nelle quali può trovarsi il cittadino ? — E tuttavia chi pensa di capovolgere i principi del diritto? — Quanti furti non avvengono in causa della fame o della mi seria ? Ma chi propone di mutare il codice penale nel senso che escluda il delitto quando abbia per causa la fame o la miseria ? — Si lascia al giudice tener conto nella sua coscienza di caso in caso degli elementi che concorsero a determinare l’atto crimi noso ; — si prendono provvedimenti sociali per pre venire le cause per le quali il delitto ha luogo.
E così nel caso attuale; a parte ogni altra consi derazione, ci pare che fino ad ora i sostenitori della inversione della prova non abbiano dimostrato che questo solo: la necessità che l’operio possa far valere il suo diritto. E p erciò, a nostro avviso bene fece la Commissione a riportare la questione nel suo vero terreno da cui mai avrebbe dovuto uscire. E noi speriamo che 1’ on. Grimaldi, uomo di alto ingegno e di larghe vedute, comprenderà che il suo prede cessore si era lasciato trarre per una strada peri colosa ed accetterà la discussione sul progetto della Commissione.
3DA N A P O L I
IL.’ E s p o s i z i o n e .
Napoli, 30 Maggio 1884.
Il successo, che hanno ottenuto alla Esposizione di Torino le arti ed industrie napoletane, insuperbì gli animi e infuse il coraggio di tentare un’ impresa che qualche anno addietro non si sarebbe neppur sognata. Non crediate che si tratti di dare maggiore sviluppo pratico alle industrie esistenti, o di crearne di nuove. Ciò spetta agli speculatori, ai capitalisti, agl’ industriali a quella classe di cittadini che tace e lavora. L ’idea di tenere una Esposizione in Napoli non saprei dirvi chi primo l’abbia avuta, ma quando fu messa fuori parve a tutti di averla pensata. Sus surrata nei caffè, nei circoli, nei ritrovi trovò asilo ed appoggio nella stampa : oggi è il pensiero, il voto il programma di tutti i cittadini.
1° giugno 1884
L ’ E C O N O M I S T A
349
Intanto l’on. Nieotera interpellava il Governo sulle sue intenzioni, ed abbiamo visto dalle dichiarazioni del Presidente del Consiglio che, se Napoli concre terà positivamente la sua idea, lo Stato darà un milione, come ha dato a Torino. Tocca ora ai Na poletani assicurarsi tale concorso, e sono certo che non falliranno la prova.
Non esprimerò a voi la mia opinione intorno alle esposizioni in tesi generale, perchè ripeterei quanto è stato detto dal giornale in varie occasioni. Eppoi che vale il dire che è effimero il vantaggio che arrecano le esposizioni ; che per di più la loro esa gerata frequenza lo diminuisce; che gl’ industriali, gli artisti, gli operai sciupano troppo del loro tempo per apparecchiarsi a questo esame, per sostenerlo, per assistere al loro trionfo ; che intanto per mesi e mesi il lavoro veramente produttivo delle loro fabbriche dei loro studi, dei loro negozi s ’affievolisce e s’arresta ; che la produzione subisce una scossa ; che la proporzione del consumo si sposta, si squi libra a danno di questo; che per tutte queste cause, anche quando l’esito della mostra è felicissima, per un vantaggio problematico e futuro si va incontro ad un danno individuale e collettivo?
Oramai la palestra e la gara dell’ intelligenza, e della scienza, dell’arte, del lavoro sono accessori. Le esposizioni doventano politeama, grandi alberghi, grandi trattorie, ed i prodotti del lavoro fanno l’ ufficio dei concerti nei caffè. Le città, i municipi s’ impadroniscono dell’ idea, la fanno trionfare colle più buone intenzioni, ma forse senza avvertirlo hanno di mira principalmente il lustro che ne avrà la città, gli abbellimenti che vi verranno fatti, l’affluenza dei forestieri, i maggiori cespiti per l’erario Comunale, ed il guadagno e benessere fuggevole e provvisorio per tutte le classi dei cittadini. E poi alla gara pa cifica, ma corroborante, delle varie forze della na zione subentra quella (diciamolo pure) bizzosa del cam panilismo e Torino, appena cominciata l’esposizione di Milano, vuol fame subito dopo un’altra, e Milano di ri picco pensa ad una Esposizione Mondiale ; è da poco aperta quella di Torino, ed ecco Napoli che non vuole essere da meno. E ciò non perchè le nostre industrie abbiano bisogno di questa continua parata, m a perchè Torino vuol stare a paro di Mi lano e Napoli di tutte e due. Poi verrà la volta di Venezia, di Genova, di Firenze e se non s’ alzerà la voce del buon senso a dire « basta » davvero, questo panorama permanente percorrerà tutta la pe nisola come i serragli delle belve, come i musei ambulanti, trascinandosi dietro le stesse produzioni, gli stessi produttori e gli stessi curiosi. Ma io do veva tacermi ed ho invece parlato, e dirà taluno, in malo modo. Facciam o dunque punto a queste me lanconiche riflessioni.
Il Ministro Grimaldi nel discorso d’ inaugurazione dell’ Esposizione di Torino pare abbia detto che è tempo di chiudere il periodo delle esposizioni e che occorre lavorare e lavorare sul serio. Questa di chiarazione quantunque provvida e saggia non ha fatto breccia. Alcuni giornali si affrettavano a smen tirla, altri a modificarla; la risposta data da D e - pretis all’on. Nieotera T ha sconfessata. Non se ne parli dunque più è prepariamoci ad una nuova Esposizione.
Dopo tutto, se un altra esposizione deve farsi, è bene che si faccia qui.
Napoli ha vissuto finora una vita timida e nascosta.
La si conosce per la bellezza del suo cielo e del suo golfo, per la vivacità dei costumi del suo popolo; i suoi artisti colgono allori da pertutto il mondo. Ma in essa non emersero ancora le qualità che danno ad un paese una rinomanza solida e positiva. Non è vero che Napoli non abbia preso parte al risorgi mento economico delle altre città italiane; non è vero che sia rimasta neghittosa ad aspettare sulla sua spiaggia incantevole ¡’arrivo della fata che le infondesse forza e le portasse ricchezza. Napoli ha lavorato lentamente, ma ha lavorato. Ha progredito, ha cancellato il marchio e l’ impronta lasciato dalla tirannide sul suo popolo oppresso e viziato, ed ha fatto del suo meglio per concorrere all’opera gran diosa italiana dell’emancipazione economica ed in dustriale, come aveva concorso eroicamente a quella politica. In vent’anni ha fatto poco, si dice. Ma qui c ’era tutto da fare.
Si dovevano vincere i pregiudizi di un popolo abbrutito dalla superstizione e dalla tirannide, si doveva infondere coraggio nei dubbiosi e nei pau rosi, che di rivelazioni ne avean viste tante e di reazioni ne avean sofferte molte.
Occorreva provvedere a mille bisogni urgentis simi all’ istruzione alla viabilità, all’ illuminazione, all’ igiene ; era necessario dare alla Città un aspetto più moderno e più civile. Tuttociò si è fatto con sacrifizi enormi.
Oggi Napoli vuol accingersi coraggiosa a soste nere con tutte le sue forze questa nuova prova. Am miriamola ed applaudiamo, concedendo una eccezione alla vaga sirena, giacché vuole sedurci, non più colle blandizie, ma con serie promesse.
Non starò ora ad esaminare se tutte le industrie napoletane potranno sperare di faro la splendida fi gura che hanno fatto alcune a Torino, o se i pro dotti di queste regioni saranno vinti nella gara da quelli delle altre. Ad ogni modo questa grande e vitalissima parte d’ Italia si mostrerà in casa sua con meno modestia, con menq ritrosia e riluttanza, e lo sforzo sarà profittevole per 1’ avvenire.
Qualunque abbia ad essere il successo, Napoli non vorrà contendere i trionfi industriali a Milano ed a Torino, ma sarà ben contenta di dare la palma a loro, ospiti in casa sua. Napoli si acconteterà di mostrarsi all’ Italia ed al mondo quale è riuscita ad essere dopo venticinque anni di fatiche e di sacri fizi, di far vedere quanto cammino abbia percorso sulla via del lavoro e del progresso, e quali pro messe di un fecondo avvenire possa dare la sua at tività presente.
Napoli è ben lungi ancora dall’ asser pronta a questa prova, ma l’ impegno che vuole assumersi dinanzi all’ Italia ed al mondo le sarà una potentis sima spinta. Quando l’ acqua del Serino darà un vero battesimo d’ igiene e di nettezza alle sue case e alle vie, quando sarà compiuta la sistemazione delle fognature, e v errà riordinata la piazza del Munici pio, e terminata 1’ ampia e maestosa via del Duomo, e saranno fabbricati i quartieri nuovi che stanno sor gendo a Mergeìlina e sul Corso Vittorio Emanuele, Napoli potrà aprire le sue porte e dire al mondo venite ad ammirarmi !
350
L ’ E C O N O M I S T A
I o giugno 1884
L’ ESPOSIZIONE NAZIONALE IN TORINO
L e tramvie. Gli eiifìzii. L e pietre. L e terre. 1 combustibili.
A Milano l’ area destinata all’ Esposizione di tre anni or sono, era situata a mediocre distanza dalla piazza del Duomo, che è il punto centrale della me tropoli Lombarda. Lo spazio occupato in Torino è almeno doppio dell’antecedente Esposizione ; inoltre l’ estensione che ha presa questa città supera quella di Milano. Per tali motivi il terreno destinato a contenere la città industriale, che si è provvisoria mente creata, ha dovuto relegarsi assai lungi dal centro grafico di Torino. Essò è difatli non già den tro la sua cinta daziaria, ma fuori di questa ed in luogo posto al sud-ovest della città lungo il fiume Po, di cui occupa quella parte della riva sinistra che contiene i giardini detti del Valentino, dal nome di un antico castello che sorge in riva al fiume. Tale edilìzio però, che servì anticamente alle esposizioni triennali dell’ industria dell’e x-reg n o Subalpino, non è incluso nell’ Esposizione attuale, a differenza di quanto accadeva a Milano, ove la così detta Villa fu utilizzata per contenere molti oggetti. Segue inol tre da questa postura topografica che sarebbe assai scomodo di accedere all’Esposizione se non si aves sero numerosissime vetture di tramvie che portano folla di persone a ciascun istante per andare e ri tornare. Ora Torino è appunto fra le città nostre quella che ha maggior numero di tramvie, poiché ve n’ ha in tutte le strade principali, nelle piazze e nei viali. Esse sono ora percorse incessantemente da dei carrozzoni tanto zeppi di gente, che molti stanno in piedi, ed anche donne; e che taluni si aggrappano lateralmente alle vetture, non senza pe ricolo, perchè i binari paralleli furono, nei viali, collocati così vicini, che l’una carrozza quasi tocca l’altra. Le tramvie non si fermano all’ ingresso della Esposizione, ma si prolungano, con savio consiglio, a fianco del lunghissimo edificio di cui feci m en zione nel mio antecedente articolo. Cosicché è lecito di prendere il tramvia sia per sortire che per acce dere, dentro il recinto.
Nelle grandi esposizioni internazionali gli edifizii principali sono di ferro; e tutti hanno udito a par lare del famoso palazzo di cristallo con ossatura metallica che formò da sé solo una maraviglia al l’ esposizione di Londra. Non era possibile d’ im pegnarsi in un dispendio simile, per quella di una sola nazione. Bisognava preparare celeremente e con poca spesa delle aree coperte in modo provvisorio perchè fra pochi mesi, tutti i fabbricati eretti sa ranno demoliti; ad eccezione del castello e borgo medioevale, stabilmente costruiti con buona mura tura, che vennero acquistali dal Municipio di T o rino. A tale scopo si è ricorso a materiali infimi, quali legnami minuti ed anche tele, avvolgenti delle semplici pertiche di legno saldamente infisse nel suolo; questo meschino materiale è stato riv e stito dipoi esteriormente da intonaco di gesso; e così pure di gesso sono le basi, i capitelli, i cornicioni, i frontoni, le cornici, gli archivolti, gli ornati, in somma tutto ciò che si richiede alia decorazione architettonica. Come pure di legno sono i coperti
degli edifizii. Y a fatta eccezione per la galleria del lavoro e pel salone dei concerti. Questo grandioso e bellissimo ambiente, che ha una quarantina di metri di diametro, ha i suoi pilastri di ferro; di ferro pure sono le semicentine che si congiungono nel centro, fatto a cupola, del coperto. Tale ossatura metallica è però nascosta, per non lasciar vedere che delle superficie di legni e tele ingessate, al so lito, e vagamente dipinte.
Ed ora che vi ho data una idea succinta del l’ insieme dell’ Esposizione nazionale di Torino, pri ma di passare a descrivere brevemente, anzi a ra pidissima corsa quanto in essa mi è stato dato di osservare, in quelle classi della mostra presente che vi indicai nel mio primo articolo, non vi sorpren derà di sapere che, se nella Esposizione ili Milano, e per numero di accorrenti e per superiorità d’ ar ticoli inviati, trionfarono i Lombardi, nell’ attuale emergono i Piemontesi. Anche ora, come a Milano, tutte le regioni Italiane sono rappresentate ; ma qui risulta ancora, che l’Alta Italia la vince di gran lunga sulla Centrale, come questa supera la Meri dionale. Se poi i meridionali e centrali vogliono una rivincita, mi permetterei di consigliarli a non averci troppa fretta. Questa riflessione mi è suggerita dalla notizia, che ho letta in alcuni giornali, che a N a poli si sta promovendo un altra Esposizione nazio nale da effettuare fra breve termine. Ciò conferma perfettamente quanto io scriveva nel primo articolo sull’ argomento attuale, che cioè le Esposizioni, se non trovano impedimento, camminano con passo accelerato. Confesso però che non mi aspettavo ad una conferma così immediata di questa mia os servazione. Ripeto che vorrei che le provincie della Bassa-Italia, prima di gareggiare con delle città come Milano e Torino, attendessero di invigorire la loro produttività. Non mancano ad esse nè i mezzi, nè l’ ingegno ; ma le industrie crescono lentamente; richiedono pazienza e tem po, studio e tenacità di lavoro; numero sufficiente di capita listi che versino la loro ricchezza alla speculazione industriale, così come fanno i signori della Lom bardia e in grado minore delle altre regioni del l’Alta Italia. Finché questa trasformazione non sia operata, mi pare dubbioso che convenga ai Meridio nali di tentare la prova che ci annunciano. Che se lo scopo delle Esposizioni non è di promuovere le industrie colla gara fra i produttori, ma la vendita invece degli oggetti posti in m ostra; se le Esposi zioni sono grandi fiere, mi pare che l’ Erario pub blico debba disinteressarsene; cioè nè proibirle, nè incoraggiarle. Con questa norma, esse non si faranno troppo di sovente, come ora si minaccia, perchè i prodotti che trovano smercio alle nostre Esposizioni si limitano, quasi esclusivamente, agli articoli arti stici; cioè quadri, statue, bronzi d’arte, vetri, cera miche e mobdi di lusso; insomma gli oggetti che interessano soltanto i ricchi, che sono i pochi e non già quelli che alimentano il grosso commercio, che solo interessa una nazione.
Incomincio ora la mia rapida corsa colle Indu strie estrattive e loro prodotti. Esse consistono nei prodotti rocciosi e metallurgici, intendendo la parola roccia nel suo senso scientifico; cioè comprendendovi terre, pietre,calci, combustibili fossili, zolli, salgemma, asfalti, eoe.
1° giugno 1884
L ’ E C O N O M I S T A
351
mente si comprendono tutte le pietre suscettibili di essere tirate a perfetto pulimento, così da riflet tere la luce. In Italia vi ha tale abbondanza di marmi, che pochissime sono le provincie che ne difettino. Le grandi cave di marmo che abbiano però impor tanza vera in commercio si trovano in due sole re gioni ; cioè le Alpi Apuane, ed il territorio Vero nese. Le Alpi Apuane segnatamente, oltre i celebri marmi bianchi statuarii, forniscono masse enormi di marmi venati. La Camera di commercio di Carrara non ha mancato al debito suo formandone la colle zione completa, la quale si estende dallo statuario di prima qualità fino ai così detti bardigli. In quanto a marmi bianchi lavorati trovo un bel cammino del Cassiani di Milano con orologio, ed un monumento funebre dello stesso, nonché altro cammino non meno pregevole del Venturi di Bologna ; è ben inteso che qui non mi occupo della scultura in marmo propria mente detta, alla quale voglio tenermi estraneo. I marmi di Verona si presentano lavorati con una magnifica tavola di broccatello che ha 4 m .p e r i,4 0 m. di superficie col valore di 6 0 0 0 lire Anche Brescia ha dei marmi notevoli, come ne fa fede il Lombardi che espóne delle grandi lastre con grossezze che vanno dai 5 ai 5 0 centimetri di grossezza ; un bel cammino di marmo nero ha poi spedito il Bursani di Nizza.
Passiamo ora agli alabastri, cioè dai marmi c a r bonati ai solfati. Qui troviamo quelli del Vannetti di Livorno nonché del Trinciarelli di Volterra ; e soprattutto noto la singolare industria di Laneri di Verduno-Alba che ha saputo adoperare i minuzzoli finora inutili dell’alabastro per formare con essi una copertura di tavola assai piacevole che ha un cen timetro di grossezza.
Le formazioni lapidee d’origine ignea abbondano nel nostro paese, nè potevano mancare alla mostra. Vidi difatti dei graniti tirati benissimo a pulimento di marmo, fra i quali è notevole un cammino del Donnino di Baveno, e dei begli esemplari di roccie vulcaniche di Ricciardi di Catania, Ponte di P ala- gonia ed altri ancora.
Prima di lasciare le pietre naturali, delle quali ho notate appena le principali, sento il debito di men zionare le pietre litografiche clic ora cominciano ad estrarsi appo noi, dispensandoci dall’esserne debitori alla Baviera. La ditta Baroni di Spello, nell’ Umbria, è concessionaria di una cava, che essa pretende ric chissima, di queste pietre. Fatto si è che ne fa mo stra in grandi e grosse lastre e, ciò che è più, pa recchie delle quali senza difetti. Più piccole e non prive di vene si appalesano quelle di Mollard del monte Subasio, parimenti nell’Umbria. Lascio ora in disparte perchè lo spazio non me lo consente, i cao lini, le pietre baritiche, le ardesie, gli asfalti in roccia, ecc., e vengo alle calci, cementi, gessi e la vori di terre cotte.
Le materie cementizie che valgono a congiungere i materiali lapidei delle costruzioni murarie possono dividersi in due grandi classi, quando si considerino isolatamente. Quelle di presa pronta o prontissima, e quelle di presa lenta. Le calci ordinarie sono di presa lenta e poste nell’acqua non si solidificano, a meno di essere commiste alle pozzolane. Quelle di presa pronta sono molto stimate e fanno oggetto di ricerca e di commercio ; esse sono naturali od arti ficiali e quando si induriscono sollecitamente quasi come il gesso, si adoprano con molto vantaggio an
che senza mescolarle ad altre materie per far tubi, sifoni, quadrelli di pavimento, vasche da bagno, ec. Il bisogno di eseguire lavori idraulici nei quali solo le malte idrauliche ed i cementi sono utilizzati, ha dato origine all’industria di preparare questi mate riali, la quale si presenta a Torino forse meno ricca di quello che fosse a Milano. Nell’esposizione di T o rino emerge soprattutto la fabbrica delle calci e c e menti di Casale Monferrato. Trovo difatti un mo dello in rilievo di una cava di calce di Casale che addita il modo d’estrazione del materiale calcareo e suo trasporto fino alle barche che percorrono il Po, nonché le varie qualità di calce cotta esposte dal l’ Unione dei produttori della anzidetta città ; vedo inoltre un bellissimo blocco di calcestruzzo che ra s somiglia una vera pudinga naturale per l’esattezza dei suoi spigoli. L ’Unione dei produttori ha messo in mostra un fognone, destinato alla società del co tonificio veneziano, che ha un’ area in traverso di circa 5 m. q. Essa ha già versato un capitale di 2 milioni di lire e fabbrica, coi suoi cementi, ogni specie d’ oggetti. Altra grandiosa società per calci e cementi è quella di Bergamo. Questa ha eretto un Kiosco di cemento che ha reso policromo, ove espone i suoi prodotti; altro elegante Kiosco ha edificato la società di Reggio-Emilia la quale ivi espone tavole, colonne, vasche, quadrelli, ecc., composti con c e mento suo proprio e calce di Gasale. Tralascio gli espositori di minore importanza in questo gen ere, per rammemorare il gesso di Casale, quello di Reg gio-Em ilia, quelli del Ghergia di Bologna, ecc., e
passo alle terre cotte.
Tranne le statue e statuette di terra cotta ho tro vato poco di notevole in questo genere di prodotti. E siccome di belle arti non voglio qui occuparmi, poco ho da notare in tale proposito. La fabbrica zione delle terre cotte da costruzione è, ciò non
352
L ’ E C O N O M I S T A
I o giugno 1884
Napoli ed a Salerno ; ve n’ ha tuttavia della fabbrica delPArenaccia di Napoli ; notai ancora dei bei qua drelli vetrificati dello Stella di Casteliamonte.
Dopo le pietre e terre variamente preparate in comincio un argomento poco confortante per gli interessi economici dello Stato. Il nostro territorio era coperto dalle acque del mare in quell’ epoca cbe i geologi chiamano carbonifera ; cosicché di quei grandi depositi di litantrace che fanno ricca l’ Inghilterra, il Belgio la Francia, alcune regioni della Germania, della Spagna, della Russia, noi siamo privi. Abbiamo però dei combustibili fossili di epoche posteriori, quali ligniti e torbe, ed ab biamo una ricca vegetazione arborea. Con tutto ciò la nostra povertà carbonifera è evidente e sarebbe irrimediabile se non potessimo trarre dall' estero, a buon mercato, il carbone che ci manca. L ’apertura del Gottardo è stata vantaggiosa anche in questo punto di vista, perchè i carboni Tedeschi costano assai meno, alla miniera, degli Inglesi e Francesi. Altro rimedio consiste nei rigeneratori alla Siemens che ci danno modo di utilizzare dei combustibili molto scadenti. Ma la fusione del minerale da cui
&L ottiene il ferraccio sarà per noi sempre gravosa, benché tutt* altro che sconveniente, quando dal fer
raccio traggbiamo piuttosto T acciaio che il ferro e piuttosto i prodotti della fabbricazione siderurgica difficile, che quelli della facile.
Ho qui sopra osservato che noi non abbiamo i com bustibili delle epoche antichissime. Bisogna intendere che non li abbiamo in grandi masse. Nelle alpi prossime alla Savoia vi ha qualche affioramento di antracite, del quale è ricchissima quella regione ; ne ho veduto di arrivato dal comune di La-Thuille. Pretendesi ancora che abbiamo del litantrace. Esso verrebbe dal bacino del Taro; bacino quello che la mentai, nella descrizione che feci in questo stesso periodico dell’ Esposizione nazionale di Mdano, che non fosse stato perlustrato. Ora il Leonardi presenta del carbon fossile, col suo sub-prodotto il coke proveniente da Borgo-Taro. Se veramente il com bustibile fossile, che si sapeva esistere in quell’ am pia vallata, fosse del vero litantrace in gran massa, del che dubito, sarebbe questo un fortunato evento, ora sopratutto che una ferrovia, quella da Parm a a Spezia, sta per ravvivare la regione anzi accennata.
Quanto a ligniti ne abbiamo in buona quantità in Toscana e Sardegna, ed anche in altri luoghi. Il maggior deposito è sempre quello di S. Giovanni vai d’ Arno ; ve ne sono inoltre, e ben utilizzati, nella maremma Toscana. Ho veduto ancora delle ligniti di Murlo esposte da Twerembold ; altre che vengono da Treviso. A Torino, come a Milano, ho osservato dei campioni di lignite di Spoleto, e ne ho veduto che provenivano da Bagnasco. V ’ è ancora del li gnite che viene dal T iro lo ; ma questa cava deve dare magri prodotti perchè la società che la coltiva è in liquidazione. Abbiamo poi le ligniti di Sardegna, le quali si presentano coi carboni e loro agglome rati di Baccu-Abis spedite da R o u x , e coi prodotti di T erras-d e-C o llu .
Tralascio altri minori espositori di'prodotti c a r boniosi per menzionare le torbe. Qui abbiamo Trezza della provincia di Mantova; Bessone di Trana; Tomba di Vicenza. Non ho veduto le torbe del Litta che osservai all’ Esposizione di Milano. In complesso 1’ estrazione della torba non è abbastanza rappresen tata. Vero è che molte regioni torbose non sono
nemmeno esplorate. Tali sono il littorale Veneto, fra la laguna di Venezia e l’ Isonzo ; nonché le m a remme Pontine, ove forse la mal’ aria vieterebbe che fossero utilizzate le torbe che vi si troveranno.
Quest’ articolo diverrebbe troppo lungo se volessi esporvi quanto concerne gli zolfi, i metalli, e vari altri materiali estratti dal suolo. Ve ne scriverò in breve.
Su tale argomento il Sig. Cesare Puzzoni pubblicò già nella Rassegna Nazionale un lavoro assai im portante, di cui ci è pervenuto l’estratto, e che me rita di esser preso alquanto in esame.
Sorvoleremo sulla prima parte di quello scritto dove si accenna alle molte e varie cause della que stione in Italia, per occuparci soltanto delle proposte dell’ A. per risolverla. Esso ritiene che alla con correnza estera, ossia alla trasatlantica, non possa ripararsi nè col fare aumentare la produzione dei fondi, come opinano alcuni, nè col mutare i generi di produzione, come vien proposto da altri, perchè a ciò occorrono capitali, che mal si rivolgeranno verso Tagricoltura quando essa minaccia decadenza e non può offrire compensi migliori ad altri utili investi menti ; perchè il renunziare alla sementa del fru mento ci porrebbe troppo alla discrezione dell’estero con minaccia di gravi pericoli, mentre anco con gli altri prodotti agricoli 1’ Italia occupa un posto tu t- taltro che elevato nello scambio internazionale: non potersi per tali modi neutralizzare i danni della con correnza e rendersi quindi necessario altri espedienti, altri rimedi, che solo lo Stato può dare interessan dosi alla soluzione del problema agrario. Conseguen temente 1’ Autore combatte l’idea di coloro che di cono lo Stato non poter far nulla in pro dell’ agri coltura, ritenendo invece che entro determinati con fini , in special modo colla forma legislativa, possa esercitare una benevola influenza cooperando as sieme all’attività privata nel promuovere lo svolgi mento del credito di cui l’agricoltura abbisogna, col diminuire le spese di produzione alleviando gli oneri tributari e finanziari di ogni maniera, che opprimono l’agricoltura; infine col parificare Tagricoltura alle altre industrie nazionali dirimpetto alla dogana.
I o giugno 1884
L’ E C O N O M I S T A
Andiamo d’accordo con l’Autore che il credito p i- gnoratizio pure rappresentando come ebbe a dire il senatore Say l’infanzia del credito, sia nondimeno la forma più appropriata al credito della nostra agri coltura nella sua attuai condizione e che per appli carlo con larga base e con sicurezza occorra appor tare modificazioni agli articoli 1 8 8 2 e 1 9 5 8 del Co dice civile. — Siamo pure costretti a convenire con l’Autore che gli Istituti di Credito agrario non han fatto troppa buona prova, ma di ciò non ne attri buiamo tutta la colpa, come esso fa, alla legge 21 giu gno 1 8 6 9 , per la quale sorsero; legge che è indubitato avere molti difetti, ma contiene altresì disposizioni e privilegi di gran vantaggio per l’ agricoltura. Se non corrispose all’aspettativa si fu perchè venne male applicata ed in tempi e condizioni per il credito di sgraziatissime. La speculazione si valse di quella legge per creare un’infinità di banche d’emissione anemiche, poco o punto curandosi di tradurre in atto gl’intendi menti dei legislatori, mentre lo Stato infeudato alle banche per la suprema necessità del corso forzoso fu costretto, se non ad osteggiare, certo a non tute lare la loro emissione; di qui ne venne che nella penisola dove le banche di emissione e l’azione dello Stato era maggiore, le banche agricole non prospe rassero, mentre si ressero e dettero buoni resultati dove la concorrenza era minore, come avvenne in Sardegna.
È fuor di dubbio che l’ imposta annua diretta, la tassa di ricchezza mobile e tutte le altre che gravano sull’ agricoltura, sono un peso schiacciante e spro porzionato alle sue forze, ma come diminuirle in special modo in uno Stato giovine come il nostro, sprovvisto di tutto, di strade, di telegrafi e di na viglio e che vuole conservare la 'sua indipen denza da tanti minacciata. E altrettanto dicasi per una perequazione fondiaria come la vorrebbe l’Autore che non significasse aumento per veruna Provincia, ma solo diminuzione per tutte quelle fino a qui più aggravate. — Tutto ciò è giusto ma attualmente e per molto tempo ancora inattuabile. — Si possono diman dare economie, minore fiscalità ed aggravamento d’im poste in specie sulle infime classi dei contribuenti, ma niente di più. Quello però che ci parrebbe po tesse farsi senza danno od almeno con non molto sacrifizio dello Stato sarebbe, come già noi pure ab biamo altre volte proposto, che l’ imposta si esigesse invece che a rate bimestrali, in una o due rate sol tanto dopo la realizzazione dei principali raccolti e cioè dal settembre al novembre ad esempio; il che non sarebbe che usare per gli agricoltori un tratta mento uguale a quello che praticasi per i portatori di rendite.
Quello su cui l’Autore più insiste è su un pareg giamento di trattamento della Dogana peli’ Agricol tura in confronto all’ industrie; però è costretto a convenire che negli ultimi trattati di commercio, spe cialmente per quelli colla Francia e coll’Inghilterra e colla clausola della tariffa della nazione più favorita si è arrivati ad ottenere un migliore trattamento, ma tuttavia inclinerebbe a chiedere un leggero diritto del 5 per cento su tutti indistintamente i prodotti importati, e avverte che ciò era sostenuto anco dal Bastiat, inquantochè l’Autore si professa di principi non protezionisti. — Crediamo ozioso per i nostri lettori 1’ occuparci su tal punto tanto ripetutamente da noi trattato.
Nell’ ultima parte dì questo lavoro 1’ A. poi fa
353
notare come il bilancio del Ministero d’ Agricoltura sia stato sempre il men favorito di ogni altro, come i Comizii agrari foggiati ad un tipo ufficiale, incep pati nei loro movimenti da programmi e moduli ufficiali, con poca libertà e nessuna responsabilità abbiano dati meschinissimi resultati, ed abbiano ben poco tutelato gli interessi degli agricoltori: ad Esso piacerebbero invece dei liberi sodalizi agrari, come sono in Germania, in Olanda, nel Belgio, in Francia ed in Inghilterra. Termina infine con queste parole: « Se l’ attuale amministrazione persevererà nella via che ha accennato di voler battere, se darà prova di volere e sapere zelare questi supremi interessi della Nazione, essa si renderà veramente benemerita ed avrà diritto ad essere sostenuta non pure da tutti gli uomini di governo, ma da tutti gli uomini onesti. » Se T A. sì accontenta di quanto è stato fatto dal- 1’ attuale amministrazione in vantaggio dell’ agricol tura, dobbiamo confessare che esso esige dallo Stato molto meno di noi che tanto poco da esso ci ripromet tiamo. Infatti all’ infuori del progetto per i consorzi per 1’ irrigazione, che cosa mai altro abbiamo avuto all’ infuori del progetto Berti per la riforma del cre dito fondiario? E quel progetto davvero non ci sod disfa gran fatto nè per la sua genesi, nè per le di sposizioni che contiene. Già si sa come fossero i rappresentanti dei vari Istituti di Credito Fondiario quelli, che chiesero al Governo di riunirsi in Con gresso per discutere sulle riforme da apportarsi a questo importantissimo ramo di credito e come il Ministero chiamasse a farne parte altri insigni uo mini, ma non in tal numero da far ritenere di neu tralizzare l’ azione dei rappresentanti e di tutelare davvero l’ interesse dei ricorrenti al credito, come infine col progetto non si soddisfacesse che a ben pochi e non i più importanti voti degli adunati. Non vogliamo già dire per questo che con quel progetto non si progredisca un qualche poco, ma certamente non quanto si avrebbe potuto e dovuto.
Noi apprezziamo del resto grandemente, nonostante le divergenze d’ opinioni manifestate, il lavoro del Sig. Pozzoni, che ha sviscerato totalmente la que stione e ci dispiace che per ¡strettezza di spazio non si sia potuto riassumerlo come avremmo desiderato, più ampiamente.
RIVISTA DELLA STAMPA
S U L L A Q U E S T IO N E F E R R O V I A R I A
La Tribuna, continuando a combattere le tariffe annesse alle convenzioni ferroviarie, vi dedica una lunga serie di articoli pieni di esempi e di calcoli che troppo lungo sarebbe il riferire e coi quali pre tende dimostrare che le nuove tariffe non solamente non arrecherebbero relativamente al trasporto delle merci e dei passeggieri, quei sensibili miglioramenti che se ne dovrebbero attendere, ma in qualche parte, seguano un peggioramento sulle tariffe attuali. — L o stesso periodico poi dedica due lunghi articoli a