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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.28 (1901) n.1414, 9 giugno

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L'ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Anno X X V I I I - V oi. X X X II

Firenze, 9 Giugno 1901

N . 1414

E poi?

Assistevamo l’altra sera ad una splendida lezione di storia fiorentina; il disserente, che par­ lava al popolo, perchè la lezione si impartiva nella Università Popolare, arrivato a descrivere i Ciompi che conquistano il Palazzo della Si­ gnoria ed il Bargello e quindi il potere, pose questa domanda: — e allora?

Allora i Ciompi si accorsero che non sape- rono far nulla, poiché all’ arte di governare non basta la critica, ma è necessario un programma positivo.

In quel momento ci veniva alla memoria, per subita associazione di idee, la situazione della opposizione parlamentare di fronte ai prov­ vedimenti finanziari proposti dal Governo.

I periodici di opposizione, dando notizia de- • gli emendamenti che l’on. W ollemborg ha pre­ sentati sul suo primitivo progetto, e dei quali diamo più innanzi un ampio riassunto, dimostrano la maggiore compiacenza perchè certamente la Commissione dei nove darà anche su essi un voto negativo.

Non intendiamo di esaminare e di difendere gli emendamenti dell’ on. W ollemborg; egli è già troppo sdrucciolato nella via delle conces­ sioni e probabilmente è convinto di dover ce­ dere il campo; meglio però se cadeva sul suo suo primitivo progetto e se non accettava al­ cune modificazioni, che non corrispondono più allo scopo che egli si era prefisso. Pessimo prov­ vedimento poi quello di imitare l’on. Sonnino, e voler venire agli sgravi con l’aumento della tassa di circolazione sui titoli, che sarebbe un’ altra scossa al credito pubblico, con un profitto cosi meschino per l’ erario, che non vai la pena di commettere una cattiva azione per conseguirlo.

Ma supponiamo adunque che la opposizione raggiunga il suo intento; non potendo e non vo­ lendo rovesciare il Ministero, essa vuol impedire che anche quei modesti sgravi proposti vadano effettuati, e vuol costringere, indirettamente senza bisogno di esporsi con voti, il Ministro delle finanze ad abbandonare il suo portafoglio.

E poi ?

Vi è forse alcuno di vista cosi corta da credere che il paese si acconcierà a non veder iniziata una riforma tributaria, della quale gli era stata mostrata la possibilità, e che in ogni modo deve farsi?

Evidentemente il creder ciò sarebbe un er­ rore; la politica di retroscena del Parlamento può anche permettere che si facciano simili giuochi di equilibrio e che nei corridoi della Camera si combinino le più strane miscele, ma il paese non è certamente di questo avviso e quanto più gli si farà vedere la cattiva volontà del Parla­ mento ad esaudire i suoi voti, tanto più tenace­ mente insisterà su essi.

Il rimandare a Novembre la discussione di un qualsiasi provvedimento finanziario che affidi sulla tendenza di procedere per una nuova via, è, a nostro avviso, una deliberazione pericolosis­ sima, la quale, abilmente adoperata dai partiti estremi, ne accrescerà la forza e l’ordine; e met­ terà la Camera stessa in contingenza di dover accordare ciò che fino a ieri sembrava che po­

tesse accordare. Bisogna bene ripetere a tutti

che il Parlamento non è una buona istituzione se non in quanto non faccia casta a se, e non abbia interessi propri che sembrano soverchianti, e solo quando si immedesimi delle condizioni del paese, ne senta i desideri e sia pure nei li­ miti della prudenza li accolga.

Ora non è a dire che il bisogno di una ri­ forma tributaria sia una invenzione dei partiti sovversivi od un arma abilmente usata dal G o­ verno per rendersi popolare. Non è molto tempo che abbiamo su queste stesse colonne riportati i i brani di dieci discorsi della Corona che quelle riforme riconoscono urgenti e le promettono sol­ lecitamente. Mai nessun deputato o capo di par­ tito o gregario ha, nonché dimostrato, solamente affermato che il sistema tributario italiano sia buono; moltissimi anzi lo hanno severamente giudicato, e non furono i sovversivi quelli che per i primi lo chiamarono iniquo.

Anzi se vi è qualche cosa da notare in pro­ posito ; ed è che l’Estrema Sinistra si mostra quasi tiepida di fronte alle proposte riforme ; forse sarà del macchiavellismo, nel senso che essa ha tutto da guadagnare se si mantiene l’attuale stato di cose, ma è evidente che di fronte al primo tentativo di riforma, l’ Estrema Sinistra si man­ tenne, se non fredda, tiepida.

Ma non è a dire se questo contegno non cambierebbe subito ove la Camera seppellisse il progetto senza venire a nessun altra conclu­ sione e sembrasse accontentarsi delle languide e vaghe buone intenzioni, mille volte ormai ri­ petute, ed esposte ancora una volta dall’on. Bo- selli nella sua relazione.

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340 L> E C O N O M IS T A 9 giugno 1901 di cominciare subito a mostrare che i Grandi

Poteri dello Stato hanno veramente la capacità di bene governare la nazione, la quale in ogni circostanza si mostra tanto facilmente governa­ bile e così ferma nel sentimento della unità po­ litica, noi temiamo che la Opposizione in questo momento giuochi una carta molto arrischiata se non sapesse opporre al programma, buono o cattivo che fosse, del Governo, altra cosa che non sia una semplice negazione.

Se non erriamo da vari sintomi si può anche ricavare che la Corona non nasconda il suo vi­ vissimo desiderio di vedere ristaurata la giusti­ zia nella distribuzione delle pubbliche gravezze; e la stessa costituzione dell’attuale Ministero ci sembra la più chiara prova di questa aspira­ zione del giovane Monarca.

Che intenderebbe quindi di fare la Oppo­ sizione se avrà contro di se, non soltanto il paese, ma anche il sentimento della Corona?

Sarebbe prudente provocare le elezioni po­ litiche su una questione finanziaria ? Non è da temersi che i risultati sarebbero sin troppo elo­ quenti ?

Qualcuno afferma che la Opposizione è con­ vinta di tutto ciò, ma sente in pari tempo che sarebbe perduta affatto la sua influenza se con­ sentisse che dal Ministero attuale venissero at­ tuate le prime riforme.

« Non è perchè non si faccia — ci diceva un amico nostro personale — ma perchè pos­ siamo far noi, che abbatteremo il Ministero. »

Se ciò sia vero non vogliamo indagarlo e meno che meno discutere il concetto di quelle parole; esso entra in quel campo della pura po­ litica da cui vogliamo rimanere estranei.

Invece ripetiamo: è necessario provvedere al più presto affinchè sia iniziata la riforma dei tributi secondo giustizia.

A noi poco importa che l’ inizio venga da Tizio, piuttostoché da Cajo.

IDEALITÀ TROPPO GRANDI

E TROPPO PICCOLE

La Camera elettiva ha appena terminato, mentre scriviamo, la discussione del bilancio della pubblica istruzione, il quale ha occupato a lungo la Assemblea con discorsi molto notevoli di de­ putati e del Ministro.

Molti giudicano quella discussione con una parola che ha acquistato un significato sinonimo ad inutilità, e la dissero accademia; a noi pare però che la parola non sia appropriata. Certo gli accademici in genere pronunciano dei discorsi dei quali la maggior parte riconosce la inutilità; ma a chi ben guarda, è in mezzo a quei discorsi, che il volgo ritiene inutili, che di tratto in tratto si incontrano quelle poche nuove idee che hanno un grande valore e bastano a determinare tutto un nuovo ordine di indirizzo in una data scienza.

In ogni modo i discorsi degli accademici sono al loro posto, perchè hanno uno scopo de­ terminato, quello di portare qualche contributo al progresso delle scienze e degli studi.

Ma i discorsi che sono stati pronunciati in Parlamento sulla pubblica istruzione danno la misura di un altro fatto ben più importante, quello della mancanza completa di un concetto pratico nella intelligenza di un cosi delicato ed importante ufficio, quale è quello della pubblica istruzione.

Mentre da tante parti diverse si muovono critiche severe sull’ andamento della istruzione primaria, secondaria e superiore, mentre tante voci ne domandano la riforma, e mentre la espe­ rienza dimostra che ogni tentativo di instaurano

ab imis naufraga di fronte alla impotenza del

Parlamento, il sentire uomini di ingegno e di dottrina non peritarsi di intrattenere la Camera su concetti che pur troppo, nè per ora nè per molto tempo saranno attuabili, ed accennare a gran­ diose riforme già ormai ripetutamente discusse con esito nullo, è la prova più chiara che l’ am­ biente parlamentare non è capace, così quale è ordinato, di sentire i bisogni dei tempi, di uni­ formarsi alle esigenze delle cose, di adattarsi alle necessità del momento.

Si è arrivati persino a discutere, a proposito del bilancio della pubblica istruzione, sulla esi­ stenza di Dio, e sulla necessità di riformare la legge Casati.... Tutte e due questioni che ormai hanno sciupato fiumi di inchiostro e miliardi di parole.

Ma dove vivono i nostri deputati? Non hanno figli, o fratelli minori, o parenti od amici che frequentino la Scuola o la Università? Nes­ suno di loro si è formato un concetto delle incon­ gruenze, delle lacune, delle debolezze che tutti notiamo nell’ insegnamento ? E non era meglio, anziché perdere il tempo in discussioni di alti ideali, di riforme impossibili, di aspirazioni che non valgono per un paese così povero, che non ha denari da consacrare alla istruzione, non era meglio invece impiegare quel tempo prezioso a risolvere una sola, diciamo una sola, delle tante piccole questioni che tormentano la scuola e con cui si tormenta la scuola?

Si è già cambiato sei o sette volte in pochi anni l’ ordine dell’ insegnamento della storia nei ginnasi-licei; prima si cominciò dai primi popoli orientali; poi si volle cominciare dalla Grecia, poi da Roma, e persino si credette opportuno partire dalla storia quasi contemporanea. Quanto sarebbe stato utile fare una discussione o dare un voto su questo solo punto per fissar bene in modo defini­ tivo e durevolecome si deve insegnare la storia.

E il greco ? Sempre sospeso nella incertezza; si insegna male anche perchè maestri e scolari non sanno bene se domani non sarà abolito.

E quella povera filosofia? E le matematiche, ora giudicate come il caposaldo per formare la capacità di raziocinio, ora considerato come una zavorra che ruba il tempo ai latino ed al greco?

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9 giugno 1901 L ’ E C O N O M IS T A 341 ohe si facciano degli insegnanti di storia senza

che abbiano avuta nemmeno una lezione di eco­ nomia politica, eco. eco.

Tutto questo sarebbe già troppo ottenerlo ad un tratto; ma se una sola di queste questioni fosse stata trattata, e risoluta, se il Ministro della pubblica istruzione avesse risparmiato il suo di­ scorso, bellissimo certo, ma assolutamente inop­ portuno al possibile miglioramento degli studi, e si fosse limitato a spiegare bene ai deputati una sola e piccolissima questione e quella avesse risoluta, quanto maggiore sarebbe stato il suo merito.

Invece tutti hanno spaziato negli alti ideali di cui terranno conto i nipoti dei nostri nipoti....

Ma, come avviene sempre, la tendenza ad uscire dalla vita pratica, che per gli italiani è di­ fetto orinai inevitabile, conduce ad eccessi op posti.

E la discussione sul bilancio della pubblica istruzione ha condotto il Ministro a scusarsi per una missione di studio data ad un professore che dovrebbe insegnare storia della Chiesa (?) nella Università di Napoli.

Non conosciamo l’insegnante di cui si tratta, nè sappiamo quale missione abbia da compiere; ma ci sentiamo mortificati che un Ministro della Pubblica Istruzione abbia a gridare in piena C i- mera fra le approvazioni dei deputati « io che

sono contrario alle missioni fa rò che questa ter­ mini presto ».

E la faccia terminare subito on. Ministro se essa è cattiva od inutile; ma non proclami di essere contrario « alle missioni ». Lo Stato, e degli uomini che lo incarnano, meno che tutti il Ministro della pubblica istruzione, deve essere contrario a pi-iori a adoperare le persone capaci e dotte perchè abbiano la missione speciale di imparare qualche cosa di più di ciò che potreb­ bero fare coi loro soli mezzi personali, affinchè possano poi diffondere le cognizioni che hanno acquistato.

No, on. Ministro, non è una vergogna e non può essere una vergogna questo mezzo straordi­ nario per accrescere il sapere; e non è che appa­ rente la incompatibilità tra la politica e la dot­ trina.

Questo omaggio reso dal Ministro ad una massima cosi strana, per coprire momentanea­ mente una missione che forse sarà un pretesto, stringe il cuore ; dopo il discorso cosi sonoro dell’ altro giorno, sembra che i troppo alti ideali sieno per la rettorica, ma per la pratica quoti­ diana gli ideali sieno troppo piccoli.

PER UN UFFICIO DEL LAVORO A VERO NA

La istituzione di uffieii del lavoro è discussa ora in alcune città, sia perchè non manca chi vorrebbe che il Comune, seguendo esempi stra­ nieri, specie della Germania, creasse esso stesso l’ ufficio di mediazione del la-voro, sia perchè altri propende per il riconoscimento delle Ca­ mere del lavoro o per la creazione di uffici mu­

nicipali, ma distinti e autonomi. Cosi a Verona il sindaco comm. Guglielmi mentre nella seduta con­ sigliare del 5 febbraio u. s., si dichiarava assolu­ tamente contrario a che il Comune sussidiasse la Camera del lavoro, si afferma ora propenso a far sorgere, col contributo del Municipio, della Pro­ vincia e della Camera di commercio, un istituto neutrale e puramente economico. Esso dovrebbe provvedere da un lato a collocare la mano d’opera e dall’ altro ad armonizzare capitale e lavoro, eliminando con cura preventiva ogni eventuale dissidio ed operando all’ infuori e al disopra di ogni spirito di parte e di ogni utile singolare di classe.

Sicché a Verona non si vorrebbe quello che invece a Brescia è già un fatto compiuto, cioè

V ufficio municipale del lavoro, ma si preferisce

un ufficio neutrale, e questa divergenza di vedute dimostra ancora una volta che la questione è tut- t’ altro che risoluta e può essere ancora, e forse dovrà esserlo per molto tempo, discussa ed esa­ minata, prima che un’ opinione sicura possa rac­ cogliere le maggiori adesioni.

Scrivendo appunto intorno all’ ufficio muni­ cipale del lavoro istituito a Brescia *) noi avem­ mo occasione di esporre il nostro modo di pensare sull’ argomento. Dicemmo in quell’ occasione che, a nostro avviso, i Comuni non sono adatti ad esercitare questa nuova funzione, e che il voler­ gliela addossare equivale a snaturare sempre più il Comune, il quale, come tale, non può nè deve ingerirsi delle condizioni del mercato del lavoro e delle controversie che possono sorgere tra imprenditori e operai. Per quest’ ultima parte delie funzioni che si vorrebbero assegnare al­ l ’ ufficio municipale del lavoro, ricordammo la legge del 1893 sui probi-viri che piuttosto con­ verrebbe modificare, in quanto l’esperienza l’ab­ bia dimostrata insufficiente.

Ora vediamo che anche il relatore della Com­ missione veronese incaricata di preparare lo sta­ tuto per l’ ufficio del lavoro ha sostenuto la stessa tesi, da noi enunciata due mesi or sono. Infatti il relatore avv. Vittorio Cavallina, segretario generale del Comune, svolgendo i concetti gene­ rali esposti dal sindaco di Verona crede bensì che occorra seguire l’ esempio tracciatoci dal­ l’ estero ner ciò che riguarda gli uffici di media­ zione del lavoro, non imitando pedissequamente, ma adattando l’ istituto all’ indole nazionale.

Tre sono i sistemi che oggi si contendono il campo, scrive il relatore. L ’ uno si è diffuso in Inghilterra e in America, ed è rappresentato dalle unioni operaie o Trades unions, le quali da un lato provvedono a raccogliere i fondi per la re­ sistenza in caso di sciopero e per l’ assicurazione contro la vecchiaia, le malattie, la disoccupa­ zione; e dall’ altro lato, a mezzo di apposito uf­ ficio, forniscono ai consociati le indicazioni per la richiesta del lavoro, e trattano direttamente cogli industriali, le questioni riflettenti la mano d’ opera. Alla loro volta gl’ industriali, stretti in leghe proprie, si tengono al corrente delle va­ riazioni del mercato e se del caso le discutono con le unioni operaie.

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342 L ’ E C O N O M IS T A 9 giugno 1901 Orbene, a questo tipo inglese di organizza­

zioni autonome di operai e di imprenditori, in­ dipendenti le une dalle altre, ed indipendenti ambedue dalla tutela e dalla ingerenza governa­ tiva o comunale, si ispirano — o almeno vorreb­ bero ispirarsi — le nostre Camere del lavoro, con questa differenza però, che esse tra noi hanno sollecitato ed ottenuto l’ aiuto finanziario dei Comuni, dandosi l’ apparenza di organi impar­ ziali di mediazione del lavoro, la quale è affatto estranea alla loro natura genuina di emanazione pura e semplice della classe operaia, e con que- st’ altro di notevole e di diverso che le Camere del lavoro, non essendo state fin qui ricono­ sciute dagli industriali — così singoli, come as­ sociati — è mancata quell’ azione benefica del contatto, la quale si ottiene invece facilmente in Inghilterra, e vi dà così pratico ed utile ri­ sultato.

L ’ altro sistema, più comune ora in Francia, ha preso il nome di Patronato, ed è un ufficio di filantropi,'• i quali si ripromettono di trovare un’ occupazione e di procurare equi patti ai la­ voratori. Ma questa in effetto diventa più fun­ zione di carità, che doveroso e costante ricono­ scimento di diritti; e però è opera sterile ed impratica. Il terzo sistema, che fiorisce special- mente in Germania, e vi dà splendidi frutti, favorendo realmente la classe lavoratrice è quello degli Uffici del lavoro.

Non più leghe autonome dì operai e di im­ prenditori a cui si rimprovera di essere non tanto organi di pace e di lavoro, quanto stru­ menti di lotta; non più uffici di patronato, che pel loro carattere di filantropia esercitata dai ricchi a favore dei poveri, non ispirano a questi ultimi la necessaria fiducia; ma uffizi imparziali ed autonomi, istituiti con determinate guarenti­ gie dei Comuni, a vantaggio non già di una, ma bensì di tutte le classi operaie, e che al solo intento del bene sociale si consacrano a trovar lavoro ai disoccupati, ed a facilitare col consiglio e coll’ arbitrato la soluzione delle controversie sotto la guida moderatrice di un magistrato mu­ nicipale.

Dette istituzioni furono favorite dal governo germanico, ed appoggiate da tutti i partiti. An­ che i socialisti, i quali dapprima erano restii ed opponevano difficoltà — specialmente perchè quella legge elettorale, meno larga della nostra, non permette che il socialismo domini nei muni­ cipi — accettarono gli uffici del lavoro quando ne poterono riscontrare i vantaggi.

L ’ avv. Cavallina osserva che qualche cosa di simile si vuol fare anche in Italia; ed oltre ch6 a Verona si stanno eseguendo studi ad Ales­ sandria, Bergamo e Torino e si sono già prepa­ rati degli statuti ad Asti, Brescia, Venezia e Vercelli.

Senonchè, dagli studi fatti, il Comitato pro­ motore per un ufficio del lavoro a Verona ha tratto la convinzione che non sia pratico, nè op­ portuno, di fare come ad Asti, a Brescia e a Vercelli, cioè una vera funzione municipale del­ l’ istituto di mediazione del lavoro e ciò perchè non si tratta di vero e pubblico servizio. Qui, a differenza di certi servizi pubblici che si vogliono avocare ai municipi, non si hanno in giuoco che

degli interessi particolari — per quanto essi ab­ braccino la grande maggioranza della popolazione — i quali devono essere regolati secondo i bi­ sogni e la iniziativa dei privati. Tanto più, ag­ giunge il relatore, che se noi ammettiamo oggi che il Comune deve direttamente discipliuare le funzioni proprie alla classe dei proprietari, degli industriali e dei lavoratori, dovremo logicamente acconsentire che domani si ponga a governare gli interessi dei professionisti, posdomani quelli dei letterati e degli artisti e via via per le infi­ nite forme di attività dell’ ingegno e dell’ opera umana. Il Comune può concorrere quando si trovi di fronte ad interessi rilevanti dei propri ammi­ nistrati, i quali cerchino di federarsi per rag­ giungere uno scopo utile, ma non deve addossarsi esso la responsabilità di governare e disciplinare per sè questi molteplici interessi fra loro tal­ volta contrari. Nè l’ ufficio del lavoro ha da gua­ dagnare con l’ esercizio diretto municipale, per­ chè nell’ alterna vicenda dei partiti esso diver­ rebbe il campo facile delle passioni e degli interessi di parte, perdendo tutta la sua natura di istituto puramente economico e la sua ragione principale di continuità.

Siamo, come i lettori possono vedere, d’ ac­ cordo con le idee esposte dalla Commissione ve­ ronese e ne abbiamo piacere, perchè se quelle idee avranno applicazione si potrà vedere cosi anche l’ esperimento di un ufficio neutrale, nel senso che non è municipale, ma autonomo. In­ fatti la Commissione propone di seguire piutto­ sto l’ esempio offerto dalle principali ditte indu­ striali e commerciali di Genova e Liguria che si sono unite in Consorzio per una razionale orga­ nizzazione nei rapporti tra capitale e lavoro. Essa dunque vorrebbe avvicinare, affiatare fra loro le due parti interessate, istituendo un ufficio del lavoro presieduto da un Consiglio direttivo perfettamente autonomo e libero nella sua sfera d’ azione, composto di due metà giuste di padroni e di lavoratori nel numero complessivo e con le forme di elezione che saranno suggerite da appo­ sita commissione. Al di sopra del Consiglio stesso, e più che altro come forza moderatrice dovrebbe esservi* una rappresentanza onoraria e consultiva, composta dai tre enti morali (Comune, Provincia e Camera di commercio), che hanno promosso l’ ufficio, la quale venga ad essere l’au- siliaria impersonale e illuminata dei veri bisogni pubblici, 1’ organo di giustizia e di conciliazione per ogni ordine di contese.

Questi l’ intendimenti del comitato promo­ tore di Verona; vedremo come saranno tradotti in atto; ma intanto abbiamo voluto prendere atto che si sono visti i pericoli di un organismo mu­ nicipale e si è cercato di andare per un’ altra via. Pur troppo le difficoltà sono sempre numerose in coteste materie; auguriamo quindi che a Ve­ rona sappiano e possano superarle.

I « TRUSTS * NEGLI STATI UNITI

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9 giugno 1901 L ’ E C O N O M IS T A

343 gomento sempre all’ ordine del giorno, come ne

fanno prova gli articoli che, senza interruzione, vanno pubblicando le riviste americane, e non poche di quelle europee. Ancora in questi giorni una rivista scientifica assai reputata, il Quarterly

Journal o f Economics, ha pubblicato un articolo

sulla tariffa doganale in relazione ai trusts, e un’ altra rivista, pure assai nota, la North Ame­

rican Review, ha consacrato un terzo circa del

suo fascicolo di maggio ai sindacati industriali e ferroviari, raccogliendo atti d’accusa e difese del maggior interesse. Vediamo brevemente, an­ zitutto, ciò che ne scrive il nostro amico e col­ laboratore.

Esaminata la importanza della questione, perchè « capitali considerevoli, che si contano a miliardi di lire, sono impiegati nei trusts, e ma­ terie prime essenziali, o prodotti lavorati di esteso consumo, si trovano in qualche caso, quasi monopolizzati da potenti coalizioni, cui talvolta è legge solo il timore di sollevare contro di sè una corrente irrefrenabile di avversione pubblica, che obblighi il legislatore e il magistrato a interve­ nire vigorosamente », il Dalla Volta spiega in che consista il trust, e come si distingua da quelle altre forme di manovre o di coalizioni che prendono i nomi di corner, ring e pool. Il

trust, egli dice, è veramente la coalizione delle

imprese industriali diretta a sostituire alla con­ correnza un armonico coordinamento, una pacifica convivenza fra le imprese medesime, che pro­ ducono la stessa merce ; e la coalizione può condurre a un quasi monopolio limitato, latente, ma già attuoso. Con l’ inchiesta compiuta da Paul de Rousiers, egli illustra la differente origine dei trusts, dimostra come il protezioni smo abbia favorito il sorgere delle coalizioni in­ dustriali, quando altre cause concorsero a faci­ litarle, come la complicità delle compagnie for­ viane che accordarono favori speciali a potenti capitalisti sindacati, la proprietà di brevetti di invenzione, la limitazione del campo, nel quale può aversi una data materia prima. Ma il de Rousiers ha lasciato ancora nell’ oscurità la causa primordiale dei trusts, non ci ha mostrato perchè la tendenza generale nell’ industria mo­ derna, oltre che verso la concentrazione intesa nel senso di produzione su grande scala, anzi di produzione sempre più in grande, sia pure verso il sindacato, verso l’ unità di direzione di molteplici imprese producenti la stessa merce.

E lo scrittore della Antologìa crede che per comprendere quale sia quella causa primordiale occorra risalire al motivo principale che ha ispi­ rato i promotori e gli organizzatori dei trusts, che è quello di limitare la concorrenza; bisogna quindi considerare in quali condizioni essa si è svolta negli ultimi tempi per comprendere quale sia la cagione prima dei trusts.

Ora, è innegabile che gli Stati Uniti, alla pari di altri paesi tra i più evoluti industrial­ mente attraversarono periodi di lunga depres­ sione che, senza risalire molto addietro, si este­ sero dal 1884 al 1886 e dal 1893 al 1895 : la ripresa degli affari, lo slancio maggiore dell’ at­ tività produttrice che seguirono quelle condi­ zioni depresse dell’ industria resero più intensa la concorrenza e precipitarono più rapidamente

i prezzi al livello che non consente se non pro­ fitti esigui od almeno ritenuti insufficienti a com­ pensare i rischi delle imprese e il lavoro sem­ pre più febbrile e attivo degli industriali. La concorrenza portata agli estremi, condusse tal­ volta alla sua negazione, al suo suicidio. I danni che essa cagiona quando più si accende la lotta industriale non apparvero mai così grandi, così profondi, come ora che la grande industria pre­ vale e in essa il capitale fisso, sopratutto il ca­ pitale tecnico, è divenuto un termine fondamen­ tale e ha assunto tanta prevalenza nell’equazione produttiva.

Su questo punto il Dalla Volta insiste in modo speciale, per concludere che i trusts, gene­ ralmente, sono un prodotto delle condizioni della concorrenza nella fase presente di sviluppo della industria americana. E il trusts si presenta come una forma particolare di concentramento nel campo industriale, preludio talvolta di vere e proprie fusioni.

La necessità di dare alla produzione — egli continua — un indirizzo più organico, più coerente allo scopo di meglio equilibrare la offerta con la domanda, di assicurare la persistenza del profitto, minacciato dalla concorrenza sfrenata, che anche in un mercato chiuso può divenire disastrosa col- l’accelerarsi dell’accumulazione dei capitali, tutto ciò riusciva a rendere quasi fatale il ricorso ai sindacati. Ma il trust, per sè medesimo, non è il monopolio, come non va confuso colla produzione in grande o coi tentativi della speculazione di Borsa diretti a far assorbire dal mercato dei ca­ pitali grandi masse di titoli industriali, di nuova creazione, e naturalmente ai prezzi più alti pos­ sibili. Esso può essere il primo passo verso il monopolio, come può esserlo la formazione di qualunque grande impresa, quando pochi e deboli sieno i suoi concorrenti. In ciò sta il pericolo, certo non ipotetico, dei trusts e da questo peri­ colo sorge appunto un problema, la cui soluzione affatica economisti, legislatori, pubblicisti, in gran numero, agli Stati Uniti. L ’ arsenale di leggi che già esiste agli Stati Uniti per com­ battere i trusts non ha avuto alcun effetto pra­ tico, decisivo sul corso della evoluzione indu­ striale di quel paese e i trusts, specie negli ultimi tre anni, si sono moltiplicati a centinaia. Molti rimedi sono stati proposti e il Dalla Volta ricorda quelli patrocinati dal Bryau, dal Coler, dal Roosevelt e da altri, e cosi conclude :

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L ’ E C O N O M IS T A 9 giugno 1901 344

poli, aggiotaggi, favoritismi, e certo lo sono ; tutto ciò non può dirsi nato a un parto solo coi

trusts, Le inchieste compiute negli ultimi tempi

hanno messo in chiaro che il potere dei trusts sui prezzi non è stato illimitato, ma che anzi essi, per vincere i rivali, cercarono e riuscirono coi perfezionamenti tecnici ed economici a ri­ durre il costo di produzione e quindi i prezzi di non pochi prodotti. Lo studio della concor­ renza persuade che essa non è mai, in un paese dove è rapida l ’accumulazione dei capitali, ef­ fettivamente e in modo definitivo soppressa ; quindi i danni economici dei trusts sono meno frequenti di quello che suppone la immagina­ zione popolare. Invece dall’aspetto sociale, mo­ rale e politico, non si possono trarre lieti auspici dalla recente fioritura dei trusts e dalla tendenza che rivelano a una crescente diffusione. L o svi­ luppo della corruzione più sfacciata, del nepoti­ smo più odioso e l ’ incentivo a pratiche com­ merciali riprovevoli, non sono fatti che possano contribuire a elevare e a purificare il clima mo­ rale di una società, febbrilmente dedita alla con­ quista della ricchezza; e basterebbe questa con­ siderazione per intendere i pericoli, sia pure non immediati, ma certi, che creano i trusts in un ambiente saturo di bramosie smodate. Se gli Stati Uniti riesciranno a impedire che i capitali agglomerati in masse potenti per mezzo dei

trusts, ottengano il dominio delle coscienze po­

litiche e facciano penetrare nell’anima dei più una morale che tutto sacrifica all’ idolo del gua­ dagno, potranno sperare che i risultati dei trusts non sieno esiziali alla vita civile di tutto un paese. Diversamente, la democrazia americana sarà veramente schiava dei nuovi « re » usciti dalle fabbriche, dalle officine e dal mercato dei valori, che già possono talvolta decidere despó­ ticamente degli interessi di milioni di consuma­ tori e non trovano freni che nel pericolo sempre minaccioso di veder sorgere dei « re » rivali. »

Uno dei mezzi in potere degli americani per impedire ai trusts di sfruttare il mercato interno è certo quello di abbassare parecchi dazi doga­ nali ora fortemente protettivi. Questo è dimo­ strato indirettamente da Charles Beardsley nel

Quarterly Journal o f Economics del maggio u. s.

Vi sono dei dazi che si ragguagliano al 40, al 60, persino al 90 e al 100 e più per cento del valore.

Così il trust del tabacco, Y American Tabacco

Company, gode naturalmente il vantaggio del dazio ad valorem del 143.73 per cento imposto sulle si­

garette, il trust dello zucchero approfitta del dazio del 71.23 per cento pure ad valorem, quello degli spiriti del dazio del 123.43 per cento e via dicendo, chè l’autore cita 40 trusts formati in industrie protette dalla tariffa del 1897.

Come ha avvertito il Dalla Volta in vari ca­ si non è però possibile di rintracciare la prote­ zione doganale quale causa attuale dei trusts ; nelle industrie dell’ acciaio, del cotone, della carta, del petrolio, delle materie fertilizzanti, del rame e in altre il dazio doganale o manca del tutto, o non ha più alcuna efficacia, in causa del progresso che quelle industrie hanno fatto e che hanno permesso loro di abbassare il costo di produzione sotto il livello del punto al quale può essere utile la importazione di prodotti similari

dell’ estero. E la conclusione dello scrittore ame­ ricano è che ormai la tariffa doganale va com­ pilata in modo da tener conto dei monopoli che all’ ombra sua si possono formare e inoltre che parecchi dazi non sono più necessari e offrono soltanto la opportunità di ottenere prezzi e pro­ fitti di monopolio. Cosi, senza rinunciare al pro­ tezionismo, in quanto risulti veramente necessa­ rio, il Beardsley vorrebbe che mediante la con­ correnza estera fossero frenate le cupidigie dei sindacati capitalistici.

Un esame più diffuso meriterebbero gli scrit­ ti ai quali abbiamo accennato in principio, pub­ blicati nella North American Review ; ma lo spa­ zio non ci consente che di accennare alle loro conclusioni. Il Sage che ha scritto, può dirsi, 1’ atto d’ accusa, crede che i trusts costituiscano « un grave pericolo per la comunità ». Egli d e­ plora che il capitale delle imprese sindacate venga gonfiato « annacquato » come dicono in America e che i sindacati acquistino una grande potenza su tutto e su tutti, con danno politico ed economico enorme. Le difese sono di altri quat­ tro scrittori che sono, del resto, uomini d’affari che appartengono alle Compagnie accusate. Il Hill esamina i vantaggi pel pubblico che deri­ vano dai sindacati e afferma che le opposizioni contro i trusts sono irragionevoli e vengono o da uomini che non sanno nemmeno cosa sia un

trust o da persone interessate che sono state

danneggiate dai trusts. Egli vuole che il nuovo sistema di concentrazione industriale non sia giudicato aprioristicamente, ma dopo un ade­ guato esperimento.

Lo Schwab che, è noto, dirige il nuovo gigantesco trust dell’acciaio, espone gli effetti dei trusts sull’ industria del ferro e dell’acciaio, il Flint ciò che hanno compiuto a vantaggio del capitale e del lavoro; il Thurber l’ influenza dei

trusts sui prezzi e il Logan i resultati della con­

correnza inintelligente.

Raccogliendo alcuni dei principali argomenti di questi scrittori a difesa dei trusts, ecco che cosa essi dichiarano '). Le coalizioni moderne hanno eliminato ogni pericolo di perturbamento nell’ industria che può derivare dalla saltuaria azione individuale; hanno diminuito i danni della sopraproduzione se non 1’ hanno del tutto elimi­ nata; gli stessi scioperi sono divenuti meno fre­ quenti per la generale uniformità dei salari fissati da una direzione centrale; hanno fatto cessare gli svantaggi che derivavano dalla concorrenza che si facevano le linee ferroviarie parallele e che venivano pagati dal pubblico. Se a riguardo dei nuovi trusts può occorrere un provvedimento legislativo, è quello solo inteso ad assicurare la pubblicità delle loro condizioni e relazioni, a ga­ ranzia di coloro che vi investono i propri capitali. I benefizi che arrecano le coalizioni indu­ striali sono molteplici e considerevoli ; quelli attribuiti al capitale non hanno bisogno d’essere illustrati, ma sono spesso esagerati.

Coloro che guadagnano maggiormente col sistema nuovo di produzione sarebbero i

lavora-i) Maggiori ragguagli possono vedersi ne'la Ri.

vista popolare di politica, lettere e scienze social^

(7)

9 giugno 1901 L ’ E C O N O M IS T A 345 tori ; quelli delle officine della compagnia Carne-

gie sono i meglio pagati e in generale gli alti salari sono resi possibili dalle condizioni tecniche

i ed economiche più perfette che si riscontrano nei

trusts. Nè il pubblico sarebbe sacrificato, per­

chè i trusts hanno permesso le maggiori riduzio­ ni dei prezzi.

L ’ apologia dei sindacati è, in questi articoli della rivista americana, completa e indubbiamen­ te istruttiva, ma va accolta con molte riserve. Quando il Logan, senza disconoscere che la con­ correnza può giovare, osserva che essa talvolta è ignorante, incompetente, priva di intelligenza e per ciò stesso determina il trusts, è anzi, co­

va’ egli scrive « un grande fattore che rende ne­

cessario il sindacato industriale » si vede che lo scrittore italiano, del quale abbiamo riassunto l’articolo pubblicato nella Nuova Antologia, male non si apponeva segnalando]nei disordini, negli ec­ cessi e nei traviamenti della concorrenza la causa più generale che ha. spinto alla formazione dei

trusts. Ma questa stessa condizione della concor­

renza è in non piccola parte il risultato del pro­ tezionismo. Ecco quello che non bisogna dimen­ ticare nello studio di questa interessante que­ stione.

nei primi quattro mesi del 1901

(Continuazione e fine).

11°

Pelli.

— Importazione : L. 19,792,300 colla lieve diminuzione di 82 mila lire ; — Espor­

tazione: L. 11,593,498 colla diminuzione di Lire

594,000 a paragone del 1900.

Di poca importanza sono le differenze nelle singole voci della importazione, tuttavia ricor­ diamo: —- 1 c pelli crude fresche dì buoi e vacche che danno in meno 185 mila lire ; di montoni 265 mila lire ; quelle conciate senza pelo di lire 107 mila ; — per contro sono in aumento quelle

crude fresche di vitelli per 161 mila lire; le con­ ciate di vitelli per 191 mila lire.

Alla esportazione pure poche differenze : in più le pelli crude e fresche di buoi e vacche per 248 mila lire ; quelle conciate di capretto e

agnello p er guanti per L. 470 mila; da suola

per 202 mila; altre per 250 mila: — in meno invece : le pelli crude e fresche di vitelli, mon­

toni,, agnelli, capretti per quasi un milione; i lavori da pellicciaio per 200,000 lire, i guanti

per 266 mila.

12°

Minerali, metalli

e

loro lavori. — Impor­

tazione : L. 85,783,737 con diminuzione di 1.3

m ilion i;— esportazione L. 15,875,588 con au­ mento di 2.1 milioni.

Ma vi sono delle differenze notevoli : co­ minciamo dalla importazione ; ecco un elenco delle principali diminuzioni : rottami e scaglie e

limature di ferro, ghisa e acciaio 3.5 milioni ; ghisa in pani 2 milioni; ferro in masselli ed ac­ ciaio in pani 860 mila lire ; ferro e acciaio in verghe e spranghe un milione ; fe r r o e acciaio in lamine 900 mila lire ; rame, ottone e bronzo

in pani, spranghe e lamine 820 mila lire ; piombo in pani e rottami 327 mila lire ; macchine ed utensili per la lavorazione del legno, un milione; macchine marine, agrarie, tessili 3 milioni; ap­ parecchi di rame per riscaldare ecc. 870 mila

lire; parti staccate di macchine 400 mila lire;

gioielli d’oro 250 mila lire.

Di fronte a queste diminuzioni si incontrano i seguenti aumenti di importazioni :

Piriti di ferro e di rame 518 mila lire; ferro ed acciaio in rotaie per ferrovie, 2 milioni; la­ vori di acciaio seconda fabbricazione 500 mila

lire ; lamiere di fer ro ricoperte di stagno 206 mila lire; lavori di rame 170 mila lire; di ni­

chelio 332 mila lire; stagno in pani 570 mila

lire ; zinco in pani 103 mila lire ; macchine se­

mifisse, idrauliche, locomotive, p er la filatura, per scardassi, dinamo elettriche, da cucire eco.,

4 milioni e mezzo; carri da ferrovia 3.2 milioni;

oro cilindrato 500 mila lire ; orologi e fó i’nimenti di orologeria. 300 mila lire.

Alla esportazione le differenze sono minori: sono in aumento i minerali di zinco per 260 mila lire ; il piombo in pani per 568 mila, e lo

stagno per 200 mila ; argento greggio in verghe

per 1.3 milioni; le diminuzioni principali si li­ mitano ai minerali di ferro e di rame per 350 mila lire; ai lavori di ferro stagnato per 565 mila, al rame in piani per 553 mila.

13°

Pietre, terre, vasellami, vetri e cristalli.

— Importazione: L. 73,438,180 con diminuzione di 7.6 milioni ; — esportazione 29,626,395 con diminuzione di 391 mila lire.

La importazione dà aumenti di qualche rile­ vanza nelle pietre preziose lavorate per 765 mila lire ; nelle pietre, terre e minerali non metallici come gessi, calce (amianto, pietre litografiche,

caolino, fosfa ti minerali) per 400 mila lire ; i laterizi per 172 mila lire.

Contro questi piccoli aumenti sta per 8.5 milioni la diminuzione del carbon fossile.

Alla esportazione le differenze sono lievis­ sime : in meno lo zolfo per un milione, per mezzo milione i vetri, cristalli ecc.

14°

Cereali, farine, paste e prodotti vegetali.

— Importazione : L. 102,916,628 con aumento di 43.2 milioni. — Esportazione: L. 40,868,716 con diminuzione di 3.2 milioni.

Il grande aumento della importazione è da­ to da poche voci che qui registriamo :

Q U A N T IT À VALORE differenza differenza 1901 col 1900 1901 col 1900 Grano duro Tonti. 103.427 4 12.745 L. 22.753.940 4 2.83.900 » tenero » 214.316 + 149.5424 » 48.863.200 4 29.904.800 Segala » 3.007 4 2.703 » 451.050 4 405.440 A vena » 15.515 4 771 » 2.7D2.700 4 138.780 Altre granaglie » 90.006 4 72.678 » 10.800.720 4 8.721.360 Patate » 7.709 4 - 7.285 » 501.085 4 479.525

Come si vede queste poche voci portano già un aumento di importazione di 42 milioni, le al­ tre voci hanno meno importanza : i datteri per 166 mila lire, le carrube per 309 mila, i semi di

sesamo per 379 mila, semi non oleosi per 382

mila, gli oli di palma e di cocco per 244 mila. Le voci in diminuzione sono poche: —- le

(8)

346 L ’ E C O N O M IS T A 9 giugno 1901 150 mila, quelli di lino, colza e ravizzone per 258

mila; i prodotti vegetali per 212 mila.

Nella esportazione ecco i principali au­ menti :

Il granturco per L. 412,500; — i legumi sec­

chi per quasi un milione ; — il riso per circa

600 mila lire; - - il semolino per 208 mila; — gli aranci, limoni e cedri per quasi due mi­ lioni.

Per contro si incontrano le seguenti dimi­ nuzioni :

Patate L. 116 mila; — farina 450 mila; — crusca 178 mila; — paste di frumento 121 mila; frutta secche un milione ; — mandorle senza gu­

scio 2.8 milioni; — frutta, legumi e ortaggi nel-

1’ aceto 139 mila; ■— tartufi 230 mila; •—• legumi

e ortaggi freschi quasi due milioni.

15°

Animali prodotti e spoglie di animali.

Importazione: L. 30,498,780 con diminuzione

di 1.5 milioni. — Esportazione: L. 52,837,427 con diminuzione di 2.6 milioni.

Alla importazione diminuiscono i cavalli per 1.5 milioni; — le vacche per 132 milioni; — il lardo per oltre un milione ; — i pesci secchi

od affumicati per mezzo milione eccezione fatta

del merluzzo e stoccafisso che aumenta di mezzo milione; — il tonno diminuisce di 397 mila lire;

il grasso di maiale di 675 mila; — Vacido

stearico di 166 mila; — 1 e piume da ornamento

di 150 mila ; — i concimi iperfosfati di un mi­ lione.

Invece aumentano : gli estratti di carne per 129 mila lire; le sardelle ed acciughe in sala­

moia per 266 mila ; il burro fresco per 154

mila; il formaggio per 383 mila; i pesci per un milione ; le piume da letto per 868 mila ; lo

avorio, madreperla e tartaruga greggi o in bot­ toni per 900 mila.

Alla esportazione tutti gli animali : equini 180 mila lire; bovini per 250 mila; suini per 300 mila lire sono in diminuzione e [cosi il pol­

lame vivo per 473 mila lire e i pesci freschi per

242 mila e il pesce sott’ olio per 100 mila ; il

burro salato per 765 mila lire ; il formaggio per

132 mila ; le uova di pollame per 793 mila, le

candele steariche per 112 mila; le piume per

270 mila; i capelli per 320 mila lire; il corallo

greggio per un milione e mezzo; V avorio, madre- perla e tartaruga greggi per 205 mila; i bottoni

d’osso per 147 mila.

Poche sono le voci in aumento nella espor­ tazione: la carne fresca e salata per 320 mila lire; la cacciagione per 317 mila; il burro fresco per 705 mila lire ; il corallo lavorato per 1.6 mi­ lioni.

16°

Oggetti diversi.

— Importazione : Lire 8,620,108 con aumento di 870 mila lire; espor­

tazione L. 10,310,091 con aumento di 423 mila

lire.

Sono in aumento alla importazione : le punte

di penne metaltiche per L. 304 mila; la gomma greggia per 650 mila lire; è in diminuzione la gomma in fili per 182 mila lire.

Alla esportazione sono in aumento ; le

mercerie per 300 mila ; i cappelli di feltro per

128 mila ; gli ombrelli per 100 mila; gli oggetti

da collezione per 380 mila; ed in diminuzione

i cappelli non di feltro per 219 mila ed i fiori

finti per 218 mila. *

Terminato il breve sguardo sul movimento del commercio che, come si è veduto tranne che per il grano non dà variazioni importanti, diamo qui sotto il prospetto delle categorie e quello delle entrate per dazi :

Importazione Esportazione

Valore delle merci im- V alore delle merci e-portate dall°gennaio sportate dal 1° gen­ al 30 aprile. naio al 30 aprile.

1901 Differenza 1901 Differenza .Spiriti, bevande ed olii... Generi coloniali, 18068122 — 3255528 39245684 - 5903638 droghe e tabac­ chi ... 23284855 + 417294 3009727 + 162387 Prodotti chimici, generi medici­ nali , resine e profumerie . . . . 34157173 + 2873394 13873506 _ 1157078 Colori e generi per

tinta e per concia Canapa, lino, juta

9683459 + 616006 3239195 + 393801 ed altri vege­

tali filamentosi

escluso il cotone. 12939172 + 3183406 . 21872649 5120447 Cotone... 68937317 2179241 20844153 + 3214252 Lana, crino e peli 27756058 _ 350855 4634081 — 1592301 S eta ... 57815067 + 7684813 170624905 4 12052572 Legno e paglia... 23580856 + 3612119 20794736 + 482767 Carta e lib r i. . . 7209052 + 858874 5567758 + 684403 P elli... Minerali, metalli e 19792360 + 82930 11593498 594044 loro lavori...

Pietre, terre,

va-85783737 — 1331254 15875588 + 2167801 sellami, vetri e

c r is t a lli... 73438186 7623927 29625395 391804 C erea li, farine ,

paste e prodotti veg.non

compre-si in altre cat. 102916628 + 43204419 40868716

8300629 Animali, prodotti

e spoglie di ani­ mali non coni-

presi in altre eìe. 30498780 1542071 52837427 2598292 Oggetti diversi . . . 8620106 + 870708 10310094 + 423659 Tot. delle prime

16 categorie 605375928 - f 47822302 464817112 — 1071591 Metalli preziosi.. 2103100 + 715900 4391300 - 75400 Totale generale. 607479028 + 48538202 469208412 — 1146991

Ed ecco il prospetto delle riscossioni :

Dal 1° gènnaio al 30 aprile 11)01 differenza Dazi di importazione/... + 3193792 Dazi di esportazione... — 57475 Sopratasse di fabbricazione. ... 1086641 + 74612 Diritti di statìstica... ... 896877 + 223508 Diritti di b o l l o ... + 15580 'Fassa speciale sugli zolfi di Sicilia 220389 — 5779 Proventi diversi... + 112573 Diritti m arittimi... + 103989 Totale. ... 90494105 + 3660800

Rivista §ibliografìca

John M. Vincent. — Government in Switzerland. — New York, Macmillan, 1900, pag. 370.

Jesse Macy. — Political Parties in the United States. — New York, Macmillan, 1900, pag. 333.

(9)

9 giugno 1901 L ’ E C O N O M IS T A

347 della origine della Confederazione, della legi­

slazione cantonale, della rappresentanza propor­ zionale, del referendum eco. Notevoli i capitoli sulla finanza, sì cantonale che federale.

E quindi, anche per la sua piccola mole, una delle migliori trattazioni elementari del go­ verno nella Svizzera.

La storia dei partiti politici negli Stati Uniti del Macy si estende al periodo 1846 61, ossia all’ epoca nella quale la questione della schiavitù dei negri è stata maggiormente agitata e condusse da ultimo alla guerra. Si tratta quindi di un periodo del maggiore interesse anche dal punto di vista sociale ed economico e infatti la Storia del Macy ha tutto l’ interesse di un ro­ manzo. Il lettore potrà vedere quali interessi si agitavano in quell’epoca, quali tendenze politiche si manifestavano e come la guerra di secessione a poco a poco divenne un fatto inevitabile. Karl Marx. — Le capitai; livre IH ; le procès d’en­

semble de la production capitaliste. Traduit par J. Borchardt et A. Vanderrydt. — Paris, Giard et

Briòre, 1901, pag. xxiv-521 (10 franchi).

Idem. /. AUemagne en 1848. Traduit par L. Hémy.

— Paris, Schleicher Prères, 1901, pag. xii-402 (5 franchi).

La Casa editrice Giard eBrière proseguendo la pubblicazione del Capitale di Marx, ha dato ora alle stampe la traduzione della prima parte del volume terzo di quell’ opera. Com’ è noto, il libro o volume primo è consacrato al processo della produzione capitalista preso isolatamente, e astrazion fatta da tutte le circostanze secon­ darie che gli sono estranee, mentre il volume secondo tratta specialmente del processo di cir­ colazione della ricchezza. Il libro terzo si occupa del movimento complessivo del capitale e delle forme concrete che lo caratterizzano. Il punto di partenza e lo studio della trasformazione del plusvalore in profitto, e del profitto in profitto medio, studio che e completato dall’analisi della legge della variazione del saggio del profitto. Mentre il libro primo espone la genesi e lo svi­ luppo del capitale industriale, del capitale che funziona nel processo di produzione, il libro terzo traccia la storia del capitale destinato spe­ cialmente al processo di circolazione, il capitale del commercio di prodotti e di moneta. Questa esposizione conduce alla suddivisione del pro­ fitto in profitto d’ impresa e in interesse e a uno studio del capitale produttivo di interesse.

Gli ultimi capitoli del libro destinati allo studio della moneta come strumento della circo­ lazione, preparano l’analisi del capitale bancario di cui si occupa la seconda parte del libro terzo, che deve uscire quanto prima.

E ’ nella parte del libro terzo che è stata ora pubblicata nella traduzione francese dei si­ gnori Borchardt e Vanderrydt che Marx è por­ tato a risolvere la contradizione che molti scrit­ tori avevano segnalato tra la sua teoria del valore e quella della uniformità del saggio del profitto medio. La prefazione dell’Engels contiene la nota critica delle teorie di Bodbertus e del Loria.

L ’ altro libro del Marx contiene anzitutto la storia, scritta giorno per giorno, degli avvenimenti

politici che agitarono la Germania nel 1848. È una narrazione non priva certo d’ interesse, seb­ bene debba accettarsi con molte riserve. La seconda parte tratta più specialmente della parte presa dal Comitato delle associazioni democra­ tiche della provincia renana, cioè da Marx, Schapper e Schneider, in questi avvenimenti, e che diede luogo al processo di Colonia.

In quell’occasione Marx pronunciò una di­ fesa che fu in pari tempo un atto d’accusa for­ midabile contro la borghesia reazionaria della Prussia. Il traduttore sig. Berny ha fatto seguire quella ^ difesa dalle rivelazioni sul processo dei comunisti del 1852, che chiude il primo periodo percorso dal movimento.indipendente degli ope­ rai tedeschi. Questo periodo è oggi quasi del tutto dimenticato ; eppure durò dal 1836 al 1852 ed è in causa della dispersione degli operai tedeschi all’estero, che esso si è fatto sentire in quasi tutti i paesi civili. Il- socialismo internazionale dei no­ stri tempi continua in realtà quel movimento tedesco che fu allora il primo movimento operaio internazionale. E ’ da quello che uscirono molti di coloro i quali ebbero una parte preponderante nell’associazione internazionale dei lavoratori. Si tratta quindi di documenti storici di un valore in­ discutibile e che devono interessare grandemente tutti coloro che vogliono studiare i movimenti politici e sociali del secolo X I X .

L ’ année Sociologique, quatrième année, 1899 1900, pubiiee sous la direction, de E. Durkheim, un vo!. in 8a di 628 pag. Paris, Alean editore (10 franchi).

Il tomo IV dell’ Année sociologique è co­ struito sullo stesso piano dei precedenti. La prima parte comprende tre articoli originali : uno del Bougle sul regime delle caste, la sua natura e le sue origini ; il secondo del Durkheim su due leggi che dominano l’evoluzione del sistema penale; il terzo del Charmont sulla proprietà corporativa e le cause di distruzione che la mi­ nacciano. La seconda parte è consacrata all’ ana­ lisi dei lavori d’ ogni specie che possono inte­ ressare i vari jami della sociologia. Questa parte dell’opera non è solo per gli studiosi della sociologia, ma anche per gli specialisti (storici della religione, del diritto, dei costumi, nonché economisti, criminalisti, ecc.) un prezioso stru­ mento di bibliografia; è anzitutto uno sforzo per costituire e organizzare progressivamente la so­ ciologia perchè tutte le questioni che il sociologo può attualmente aver occasione di trattare sono classificate metodicamente e passate in rasse­ gna; i lavori che le riguardano vi sono rianno­ dati e non viene trascurato di ricavarne tutte quelle indicazioni che possono far progredire la loro soluzione. Ogni anno sono introdotte nella classificazioni varie migliorie e il libro è ormai indispensabile ai cultori della sociologia e delle singole scienze sociali.

Joseph Edwards. — The reformers’ Yearbook being thè Labour Annual for 1901. — London, « Cla­ rion Company » pag. 176 (l scellino).

(10)

348 L ’ E C O N O M IS T A 9 giugno 1901 indicazioni sui vari movimenti riformatori del­

l’Europa e di altre parti del mondo. Gli articoli brevi e succosi che contiene su moltissime que­ stioni, le biografie degli uomini che partecipano a quei vari movimenti, le notizie molteplici che fornisce rendono di vera utilità la pubblicazione che annunciano e alla quale il signor Edwards dedica indefessamente le sue cure.

Rivista (Economica

Le tasse di successione. — Oli appalti all’ estero e le nostre autorità consolari. — Le banche nazionali americane. — Il commercio della Russia nel 1900.

— I lavori del Sempione.

Le tasse (li successione. — Alla costitu­ zione del Regno d’ Italia nel 1861, la legislazione in materia ereditaria era varia nei diversi Stati, onde 1’ Italia era divisa.

Tutte le successioni indistintamente erano esenti da tassa di qualsiasi forma nel Regno delle Due Si­ cilie ; erano parzialmente esenti nello Stato Ponti­ ficio, e nei ducati di Parma e di Modena, erano sog­ gette ad una tassa che variava da un minimo di lire 1 ad un massimo di L. 8 per cento negli Stati Sardi nel Lombardo Veneto e nel Granducato di Toscana a seconda sia dell’ entità della successione, e sia del grado di parentela.

Con legge del 1862 furono unificate ed estese a tutto il Regno le tasse di successione, con una ali­ quota, che da un minimo di L. 0-55 per cento nelle successioni tra ascendenti e discendenti aumentava ad un massimo di L. 11.00 nelle successioni tra ÓSt 1*8.1181 •

Il reddito che fu di L. 7,057,082 nel 1862 sali via via fino a 12 milioni circa; risultato assai meschino che indusse il legislatore nel 1866 ad un primo ina­ sprimento della tassa, al quale seguirono nuovi ina­ sprimenti nel 1868, nel 1870, nel 1888, nel 1894 e final­ mente nel 1896.

L’ imposta, che aveva gettato L. 12,867,416 nel 1868, per effetto di codesti inasprimenti, aumentò progressivamente fino a 86 milioni, cifra nella quale si adagiò nell’ ultimo quinquennio.

È rimarchevole, osserva l’ on. De Bernardis, nella sua relazione allegata alla relazione dell’ on. Boselli sui provvedimenti economici del Governo, che gli ultimi inasprimenti ebbero una portata finanziaria molto modesta, mentre nel primo ventennio da 10 milioni i proventi accrebbero fino a 30 ; nel decen­ nio successivo, malgrado l’ inacerbimento delle ta­ riffe, si ebbe un incremento di soli 6 milioni o poco di più. Nel che sta la prova essere raggiunta già, od essere di molto vicino a raggiungere la capacità finanziaria della tassa.

Una causa della scarsa produttività di codesta tassa, nou proporzionata allo sviluppo della ricchezza nazionale. L ’ on. De Bernardis scorge e non a torto, nel fatto che la legge pesa eccessivamente sulla proprietà immobiliare, le condizioni della quale sono notoriamente depresse, e favorisce quella mobiliare.

Uno specchio allegato alla relazione fornisce, a conferma di codesta disparità di trattamento, alcune cifre, che ci piace di riportare.

Nel decennio 1888-98 furono accertati, agli effetti della leggo di successione, i seguenti valori :

Esercizi Beni immobil. Beni mobiliari

1888-89 706,236,176 331,321,449 1889-90 709,066,090 362,532,649 1890-91 739,633,292 358,528,476 1891-92 741,910,293 352,416,259 1892-93 750,921,299 347,974,241 1893-94 764,172,207 381,744,336 1894-95 708,533,547 356,510,835 1895-96 663,658,367 332,152,522 1896-97 672,440,786 336,153,299 1897-98 649,204,602 333,331,609 Totale 7,106,380,160 3,492,663,517

Vale a dire che la proprietà mobiliare sta a quella immobiliare nella ragione di 33 a 67 per ogni 100 lire soggette alla tassa di successione.

L’ on. De Bernardis ricorda acconciamente che, secondo i diligenti studi del senatore Bodio, si può ritener che la ricchezza privata in Italia ammontasse nel 1900 a 59 miliardi circa, dei quali 38 appena im­ putabili alla proprietà urbana e rurale ; di guisa che se questo medesimo rapporto si fosse mantenuto nel nel gettito delle successioni, la proprietà mobiliare avrebbe dovuto contribuire nella misura del 36 per cento circa atprovento fiscale delle successioni.

Onde, se un provvedimento urge, non è quello di inasprire maggiormente la tassa, ma bensì quello di fare che la proprietà mobiliare non sfugga nei suoi trapassi alla legge, che questi trapassi ha colpiti.

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È’ anche assai interessante 1’ analisi che 1’ on. De Bernardis ha fatto delle legislazioni estere in materia di successione. La conclusione, alla quale venne, si è che tra gli Stati di Europa l’ Italia o c­ cupa già il posto più alto nella imposizione della tassa di successione.

Gli Stati più civili hanno esentato da ogni tassa le successioni in linea retta e colpiscono assai limi­ tatamente quelle tra coniugi e germani; da noi tutte le successioni sono tassate ed in misura superiore a quelle di quegli Stati.

Si è molto parlato della recente legge francese, che a molti è parsa eccessiva. Ebbene, la proposta dell’ on. Wollemborg, in fatto di successioni per li­ nea retta, va anche più oltre. Infatti partendo da un minimo di L. 1.60 eleva 1’ imposta sino a L.8.50 per un patrimonio di L. 150,000 e sale a L. 5. 00 per un patrimonio di L. 500,000; mentre la legge fran­ cese colpisce la successione di L. 2. 50 per cento ap­ pena quando essa raggiunge il milione.

Gli appalti all’ estero e le nostre auto­ rità consolari. — Riportiamo una circolare di­ retta dall’ on. Sottosegretario per gli affari esteri ai nostri agenti nei paesi stranieri, circa la necessità dì segnalare le gare aperte nei vari Stati.

« Il R. Ministero d’ agricoltnra, industria e com­ mercio ha richiamato la mia particolare attenzione sull’ importanza, non solo materiale, ma auche mo­ rale, che hanno per il nostro commercio le gare aper­ te all’ estero, per appalti di forniture di materiali o per costruzione di opere pubbliche, a cui potrebbero concorrere le Ditte italiane ogni qualvolta venissero in tempo utile avvertite della loro apertura.

« Il predetto dicastero, che, per mezzo del suo bollettino e delle Camere di commercio, ha sempre cercato di mettere le industrie italiane in grado di concorrere a siffatte forniture ha, però, dovuto, con rincrescimento, notare che, ad eccezione degli appalti che si aprono in Rumania, Serbia, Bulgaria ed Egitto, ben di rado gli pervenne dai regi agenti notizie delle gare aperte negli altri Stati. Nè pare che ai regi agen­ ti debba essere mancato il modo di venire a conoscen­ za degli appalti, poiché gli agenti diplomatici e con­ solari di Francia, Inghilterra e Belgio riescono ad assumere pronte informazioni che comunicano con sollecitudine ai rispettivi Governi. Ed in prova ba­ sta leggere il Board o f Trade Journal, il Moniteur

ojficiel du commerce, ed il Bulletin commercial (del

Museo commerciale di Bruxelles), nei quali, qpasi ad ogni numero, si trovano annunzi di appalti al- 1’ estero.

« Mi pare, quindi, necessario che anche ì regi agenti, imitando quanto lodevolmente fanno i loro colleghi, si facciano premura di raccogliere le noti­ zie che si riferiscano ad appalti e forniture, e ne in­ formino con sollecitudine il regio Ministero di agri­ coltura, industria e commercio. Ed affinchè le noti­ zie riescano utili e complete, è d’ uopo di conoscere : l u lo scopo dell’ appalto, cioè se si tratta di prov­ vista di merci o di costruzioni di opere edilizie, fer­ rovie, ecc. ;

2° l’ ammontare dell’appalto e le condizioni di pagamento ;

3° i termini e le condizioni per presentare le offerte.

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