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Aspetti controversi della normativa in tema di privacy sull'attività del medico legale

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Aspetti controversi della normativa in tema di privacy sull'attività del medico legale

(ISTITUTO PER GLI STUDI ASSICURATIVI - Atti del Seminario - MERCATO ASSICURATIVO ED AUTHORITIES: ESPERIENZE, PROBLEMI, PROSPETTIVE. Università degli Studi di Trieste maggio-giugno 2000 )

Prof. Livio Cattinelli

Un insigne giornalista in un articolo comparso su di un noto quotidiano a diffusione nazionale nell'ottobre 1997 ha definito la legge 31.12.96 n. 675 (legge avente per oggetto la «Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali») un nuovo feticcio cui non siamo stati capaci nemmeno di dare un nome corrente in lingua italiana.

La parola «privacy» per gli anglosassoni significa infatti diritto ad essere lasciati tranquilli, diritto ad essere lasciati in pace, diritto di non subire interferenze nella propria vita privata.

È vero che già il grande Galilei insegnava che i nomi sono convenzionali.

Ed è vero che, più vicino a noi, Goethe ci ha ricordato che contendere sulle parole è sciocco. Eppure va detto con chiarezza che nel termine

«privacy» c'è qualcosa che non funziona.

Non pare infatti che la «privacy» della lingua anglosassone corrisponda al contenuto di questa legge.

Al contrario, questa legge, figlia di un disordine legislativo al quale siamo da tempo avvezzi, ha recato un inconfutabile incremento della burocratizzazione, una grande incertezza interpretativa ed in definitiva una concreta non uniforme applicazione.

In definitiva è una legge che ha reso difficile la vita di chi deve attuarla o, quantomeno, ritiene non sempre a ragione di essere obbligato ad attuarla.

Riteniamo che si debba concordare con il parere del succitato giornalista, che si tratti cioè di un nuovo feticcio, anche se forse non si dovrebbe arrivare ad affermare, come pure il succitato giornalista ha scritto, che si tratti di una

«legge patacca».

Va infatti riconosciuto che si tratta pur sempre di una legge emanata in adempimento degli obblighi derivanti all'Italia dall'Accordo di Schengen, dalla Direttiva comunitaria 95/CE ed, ancor prima, dalla Convenzione del Consiglio d'Europa del 28 gennaio 1981.

D'altro canto va altresì ammesso che i principi della legge 675/96 tendono ad armonizzarsi con le fondamentali norme costituzionali ed in particolare dell'articolo 2, dell' articolo 3, dell' articolo 21, dell' articolo 32,

Medico legale - Responsabile della Commissione Medica del LIoyd Adriatico.

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dell'articolo 33 e dell'articolo 41.

È corretto anche rilevare che le problematiche della legge 675 non rappresentano una novità assoluta in quanto molte di esse sono già state affrontate in passato nell'ambito di numerosi provvedimenti legislativi.

Vanno citati, a titolo esemplificativo, per limitarci ai più significativi provvedimenti in ambito sanitario, l'articolo 5 dello Statuto dei Lavoratori che vieta al datore di lavoro il controllo sull'infermità del lavoratore inibendogli l'accesso a notizie sul suo stato di salute; i principi cui si ispira la legge 23 dicembre 1978 n. 833 riguardante la riforma sanitaria; la legge 22 maggio 1978 n. 194 concernente la tutela sociale della maternità e l'interruzione volontaria della gravidanza, la legge 22 dicembre 1975 n. 685 e successive modifiche concernente la disciplina degli stupefacenti e delle sostanze psicotrope e la prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza; la legge 5 giugno 1990 n. 135 in materia di prevenzione e lotta all'AIDS, la legge contenente la nuova disciplina in materia di reati sessuali.

Inoltre da circa vent'anni a questa parte numerose sono state le sentenze emesse dalle Preture, dai Tribunali, dalla Cassazione sia civile che penale, dai TAR, dal Consiglio di Stato, tutte istituzioni che hanno esaminato problematiche relative al diritto alla privacy, ancorché non sempre definita come tale (abitualmente, in tali sentenze, si fa riferimento alla violazione del diritto alla riservatezza).

Ma se la legge 675/96 ambiva ad assemblare i principi afferenti alle disperse normative speciali nell'ambito di un unico provvedimento in grado di costituirsi punto di riferimento legislativo completo ed attuale, appare quantomeno singolare che il Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n.

5 dell'8 gennaio 1997 abbia pubblicato sia la legge 31.12.96 n. 675 avente per oggetto la «Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali» e contemporaneamente la legge 31.12.96 n. 676 avente per oggetto la «Delega al Governo in materia di tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali»: si è verificato cioè che lo stesso giorno in cui si approvava una normativa, il Parlamento ha licenziato anche una legge delega che autorizzava il Governo ad emendarla: ciò a comprova di quel disordine legislativo di cui si è fatto cenno in precedenza.

Non è il caso di dilungarci su tutte le numerose disposizioni correttive ed integrative della legge 675/96 che si sono succedute dopo il 31.12.96.

È doveroso comunque ricordare per quanto riguarda il tema «salute», di particolare rilievo sono il Provvedimento del Garante 27 novembre 1997

«Autorizzazione n. 2/1997 al trattamento dei dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale» pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 29 novembre 1997 n. 279, il Provvedimento del Garante 29 novembre 1997

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«Autorizzazione n. 4/1997 al trattamento dei dati sensibili da parte dei liberi professionisti», il Decreto legislativo Il maggio 1999 n. 135, «Disposizioni integrative della legge 31.12.96 sul trattamento dei dati sensibili da parte dei soggetti pubblici», nonché il Decreto legislativo 30.7.99 n. 289 «Disposizioni per garantire la riservatezza dei dati personali in ambito sanitario» pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 16.8.99 n.191.

Soffermiamoci in particolare sul Provvedimento del Garante 27 novembre 1997 che ha per titolo «Autorizzazione n. 2/1997 al trattamento dei dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale».

Vi si legge che con tale Provvedimento il Garante autorizza «gli esercenti le professioni sanitarie a trattare i dati idonei a rivelare lo stato di salute qualora i dati e le operazioni siano indispensabili per tutelare l'incolumità fisica e la salute di un terzo o della collettività e l'interessato non abbia prestato il proprio consenso».

Ma, anche volendo tralasciare il problema del consenso prestato o meno, il medico legale non ha il compito di tutelare né l'incolumità fisica, né la salute di alcuno: egli deve semplicemente accertare con criterio che non è mai assolutamente oggettivo il grado di compromissione della salute di colui il quale da altri (il responsabile del danno alla salute) o da sé stesso (e questo è il caso dell'infortunio accidentale) oppure ancora dal destino cinico e baro (ed è questo il caso della malattia) non ha avuto dolosamente, colposamente o fortuitamente quella tutela necessaria per evitare che quella salute indicata dal Garante venisse compromessa.

Il medico legale - si ribadisce - non tutela né l'incolumità fisica né la salute.

Il Provvedimento del Garante dd. 27.11.97, a nostro parere, non riguarda l'attività medico legale, come nemmeno riguarda l'attività del medico legale il Decreto legislativo dd. 11.5.99 n. 135 che ha per titolo «Disposizioni integrative della legge 31.12.96 n. 675 sul trattamento di dati sensibili da parte di soggetti pubblici».

Sia il titolo di tale Decreto «Soggetti pubblici», che il contenuto di esso lo esclude.

Apparentemente si potrebbe pensare che possa riguardare il medico legale il Decreto legislativo 30.7.99 n. 282.

Il titolo di tale Decreto è infatti accattivante: «Disposizioni per garantire la riservatezza dei dati personali in ambito sanitario».

Ma leggendo il testo ci si accorge che esso riguarda in particolare il medico di medicina generale, riguarda le prescrizioni mediche, riguarda la ricerca medica ed epidemiologica, riguarda infine l'utilizzo delle carte sanitarie elettroniche ed alcuna frase in tale Decreto consente di pensare che esso possa riguardare l'attività del medico legale.

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Ben sappiamo peraltro - in base a varie decisioni assunte - che il Garante è di parere contrario, per cui almeno per ora sembra opportuno che anche i medici legali seguano le decisioni del Garante ottemperando agli obblighi previsti dalla legge 675/96 e successive modifiche ed integrazioni.

Ma è tempo di soffermarsi su di un aspetto fondamentale di tale tematica:

lo stretto, non agevolmente districabile connubio che esiste tra la tutela del segreto professionale e la legge di tutela della privacy.

La tutela del segreto professionale è certamente connaturata all'esercizio della professione medica.

Forse non sarebbe il caso di scomodare colui che viene considerato il padre della scienza medica, cioè il greco Ippocrate.

Anche se è vero che Ippocrate individuò proprio nel segreto professionale una tematica di particolare spessore per chi esercita la professione medica.

Anche se è vero che nel giuramento di Ippocrate sono contenute norme deontologiche semplici ma efficaci e tra queste quella inerente il segreto occupa un posto di tutto rilievo.

Ma ciò che a proposito del segreto professionale disse Ippocrate è soltanto questo: «nelle case entrerò solo per beneficiare gli infermi senza mai far torto ad alcuno e qualunque cosa io veda o senta per ragione di cura o per altra ragione che non debba essere propalato, tacerò serbando il segreto».

Molto, moltissimo per l'epoca in cui fu pensato e scritto (cioè circa 300 anni prima di Cristo), ma di scarso se non nullo peso relativamente al tema in discussione oggi.

È vero peraltro che ai canoni di Ippocrate si sono uniformati quasi tutti i codici di deontologia medica succedutisi nel tempo, ivi compreso, in Italia, il più recente, approvato dalla Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici il 3 ottobre 1998.

Ma è vero anche che l'etica e la deontologia medica sono affiancate dalla nonna penalistica che con l'articolo 622 del Codice penale punisce la rivelazione del segreto da parte del medico al fine precipuo di garantire l'interesse collettivo dalle deviazioni della corretta fisionomia professionale medica, conseguentemente apportando giustizia nel singolo caso in cui si dimostri la verificazione di un danno ingiusto (nocumento) per il singolo assistito.

Ricordiamo brevemente l'articolo 622 del Codice penale avente per titolo

«Rivelazione di segreto professionale».

Tale articolo dice: «chiunque, avendo notizia, per ragione del proprio stato od ufficio o della professione o arte, di un segreto lo rivela senza giusta causa, ovvero lo impiega a proprio od altrui profitto, è punito, se dal fatto può derivare nocumento con la reclusione fino ad un anno e con la multa da 12

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mila lire a 200 mila lire. E delitto è punibile a querela della persona offesa».

Notiamo che vi si parla di «giusta causa» e di «nocumento».

A proposito di «giusta causa», ricordiamo tre fondamentali articoli del nostro Codice civile che riguardano la materia.

Si tratta dell'articolo 2697: chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento.

Si tratta ancora dell'articolo 2043: qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno.

Ed infine l'articolo 1205: l'assicuratore è tenuto a risarcire nei modi e nei limiti stabiliti dal contratto il danno sofferto dall'assicurato in conseguenza del sinistro.

In primo luogo va osservato che questi articoli che coprono in definitiva tutto l'arco dell'attività medico legale in campo assicurativo, costituiscono senza alcun dubbio, assieme considerati, quella «giusta causa legale» di cui l'articolo 622 Codice penale che consente legittimamente la rivelazione del segreto professionale anche a prescindere dal «consenso dell'avente diritto»

(previsto dall'articolo 50 del Codice penale) in quanto trattasi di atto che implica «l'esercizio di un diritto o l'adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica», «esercizio» che esclude la punibilità ai sensi dell'articolo 51 del Codice penale.

In secondo luogo va osservato che, tanto legittima è tale rivelazione in quanto il Decreto legislativo avente per titolo «Attuazione della delega di cui all'articolo 55 comma 1° della legge 17.5.99 n. 144 recante disposizioni in materia di assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali» prevede all'articolo 15 il rilancio del Casellario Centrale Infortuni, indica all'articolo 17 quali sono gli utenti del Casellario, precisando che sono autorizzati all'accesso alle informazioni contenute nella banca dati del Casellario anche «gli enti che esercitano congiuntamente o disgiuntamente l'assicurazione contro i rischi di infortunio e l'assicurazione contro i rischi derivanti dalla circolazione di automezzi soggetti a controllo dell'ISVAP».

Non solo, ma l'articolo 18 di tale Decreto prevede al comma lo che «gli utenti sono tenuti a comunicare al Casellario i casi di invalidità derivanti da infortunio professionale e non o da malattia professionale, il relativo grado ed eventuali variazioni o altri casi di invalidità o di morte comunque accertati nell'esercizio delle loro funzioni istituzionali» ed al comma 20 che «i soggetti di cui al comma precedente hanno diritto ad acquisire i dati relativi a casi di infortunio professionale e non professionale e di malattia professionale i quali importino invalidità permanente o morte».

Ma come ha stabilito la Cassazione penale Sezione II, 15.12.1961 n.

1723, ai fini del reato di rivelazione di segreto professionale, la nozione di

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nocumento che dal fatto possa derivare, va intesa non soltanto nell'aspetto soggettivo (cioè nel senso che possa derivare danno o pericolo di danno a un soggetto), ma altresì nell'aspetto oggettivo, nel senso cioè che il danno o il pericolo di danno sia ingiusto, ossia contrario al diritto.

Ma è possibile recare un danno ad un cittadino leso o infortunato impedendogli di beneficiare di un risarcimento o di un indennizzo non dovuto o non dovuto nella misura da egli richiesta?

Non solo, ma se è vero che il medico dev'essere assolutamente riservato su quanto gli venga comunicato o comunque venga a conoscere in virtù della sua professione, è altrettanto vero che ciò deve avvenire con esclusione di quanto risulti palesemente noto, anche perché in caso contrario non si potrebbe concretizzare alcun nocumento.

Tutto ciò premesso, dev'essere considerato quantomeno stravagante, in quanto ovvio e scontato, quanto affermato dal Garante nella decisione assunta il 12.4.99 a proposito di un ricorso di un'assicurata, decisione nella quale si afferma tra l'altro che «possono risultare giustificati i trattamenti di dati relativi alla salute effettuati da Società di assicurazione al fine della gestione e della esecuzione di polizze infortuni e/o malattie, tra i quali può rientrare, anche la raccolta dei dati contenuti nelle cartelle cliniche degli assicurati, acquisiti ed utilizzati perché appunto necessari per fornire le specifiche prestazioni richieste dagli assicurati in questo tipo di contratti» .

Affermazione stravagante in quanto da tempo superata da quanto disposto dai ben più vincolanti precedentemente citati articoli del Codice civile e del Codice penale, oltreché dalle norme contrattuali specifiche.

Vediamo ora di puntualizzare la figura del medico legale che opera nell'ambito del danno alla persona, nel senso più completo che assume tale attività, quella cioè che racchiude la cosiddetta «medicina legale sul vivente».

Il medico legale fiduciario di Compagnia assicuratrice è un libero professionista, totalmente esterno all’organizzazione della Compagnia medesima, privo di qualsiasi vincolo contrattuale e quindi privo di qualsiasi subordinazione che, episodicamente o periodicamente, comunque per un arco di tempo e con attività quantitativamente mai definite preventivamente, previa raccolta della storia patologica remota e prossima, previo esame della documentazione sanitaria e previa effettuazione di una visita clinica, esprime un parere assolutamente non vincolante né per la Compagnia assicuratrice, né per il soggetto visitato, sulle conseguenze del danno alla persona del soggetto sottoposto alla sua valutazione medico legale, così come richiestogli da parte dell'Ispettorato competente a trattare il sinistro.

Tale parere è espresso dal fiduciario - che viene scelto tra una rosa di professionisti specialisti in medicina legale o esperti nella materia - sulla base della sua più o meno elevata professionalità, della sua più o meno elevata

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competenza specifica, della sua più o meno elevata sensibilità etica.

Tale parere è la sintesi di una soggettività nota all'assicurato (che la riferisce infatti al fiduciario) e di una obiettività che, pur rilevata dal fiduciario, non necessariamente - qualora disfunzionale - è reale nella sua permanenza in quanto dipendente sia dal grado di collaborazione offerto dal soggetto esaminato (obiettività quindi al soggetto stesso comunque già nota) sia dalla non sempre prevedibile evolutività (in senso sia migliorativo che peggiorativo) di quelle menomazioni, talvolta a torto ritenute permanenti.

Si tratta di un parere assolutamente personale e che può essere comunque errato non solo per difetto, ma anche per eccesso, parere che è da considerarsi soltanto «parte» - soggettiva ed opinabile - di una istruttoria complessa la cui gestione è affidata all'ispettore liquidatore al quale spetta, direttamente o su mandato della Direzione della Compagnia, il compito di definire il sinistro con il consenso della controparte, mancando il quale consenso, dalla sede propedeutica transattiva si passerà a quella giudiziaria vera e propria.

Il parere medico legale, cioè la relazione medico legale redatta dal fiduciario (contrariamente a quanto ha finora ritenuto il Garante) dev'essere considerata non scindibile nelle varie parti di cui è composta.

Infatti i dati identificativi di tipo anagrafico, la descrizione delle modalità dell'evento, l'anamnesi patologica remota attinente alla valutazione medico legale richiesta, l'identificazione delle lesioni riportate, la visita medica, il giudizio conclusivo comprendente sia la valutazione sul nesso causale e/o concausale tra evento e lesioni e tra lesioni e menomazioni permanenti, sia l'eventuale indicazione del periodo di invalidità e/o inabilità temporanea, sia l'indicazione orientativa del grado di invalidità permanente residuata, sia infine il giudizio sulla operatività o meno di altre garanzie risarcitorie e/o indennitarie previste, costituiscono un «tutto unico» che non può essere separato, pena l'assoluta incomprensibilità tecnica del parere complessivo formulato.

Alcuna significativa differenza è individuabile tra l'attività del medico fiduciario di Compagnia ed il medico di fiducia dell' assicurato o della parte lesa, salvo che cambia il committente (l'assicurato stesso, la parte lesa od i rispettivi legali) e quasi sempre è diversa la valutazione medico legale conclusiva.

Eppure per quanto riguarda la legge 675/96, non abbiamo notizia di alcuna problematica riguardante il medico legale di controparte (rispetto alla Compagnia assicuratrice): il medico legale di fiducia dell'assicurato e/o della parte lesa, si sente libero nell'ambito della elasticità tecnica che la specifica materia gli consente, di scrivere o di non scrivere ciò che egli ritiene più opportuno nell'interesse del committente, ritenendo assolutamente implicito il consenso di quest'ultimo per il semplice fatto di essere stato da lui scelto.

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A nostro giudizio, se le cose stanno così (e stanno così) - contrariamente a quanto ha ritenuto il Garante - le informazioni risultanti dall' anamnesi e dalla visita clinica, come le relative valutazioni conclusive del fiduciario medico legale non costituiscono quel «dato personale», così come quest'ultimo è stato definito dall'articolo 1, comma 2°, lettera c) della legge 675/96.

Ma anche volendo, o dovendo, aderire all'opinione del Garante, che siano cioè tutti i dati contenuti nel parere medico legale «dato personale», tale opinione va ancorata in primo luogo a ciò che la legge intende per

«trattamento» ed a ciò che intende per «comunicazione» ed in secondo luogo a quanto previsto dall'articolo l2,comma l°, lettera b) e lettera h) ultima parte del medesimo articolo (articolo che prevede esplicitamente i casi di esclusione del consenso da parte dell'interessato).

Ricordiamo che la legge 675/96 definisce trattamento «qualunque operazione o complesso di operazioni svolti con o senza l'ausilio di mezzi elettronici o comunque automatizzati, concernenti la raccolta, la registrazione, l'organizzazione, la conservazione, l'elaborazione, la modificazione, la selezione, l'estrazione, il raffronto, l'utilizzo, l'interconnessione, il blocco, la comunicazione, la diffusione, la cancellazione e la distruzione di dati» e che la medesima legge definisce comunicazione «il dare conoscenza dei dati personali a uno o più soggetti determinati diversi dall'interessato, in qualunque forma, anche mediante la loro messa a disposizione o consultazione».

Se l'articolo 13 prevede che in relazione al trattamento dei dati personali l'interessato ha diritto di ottenere a cura del titolare o del responsabile «la conferma dell' esistenza o meno dei dati personali che lo riguardano, anche se non ancora registrati e la comunicazione in forma intellegibile dei medesimi dati e della loro origine, nonché della logica e delle finalità su cui si basa il trattamento», l'articolo 14 «Limiti all'esercizio dei diritti») prevede la sospensione del diritto dell'interessato ai sensi dell'articolo 12 comma l° lettera h) limitatamente al periodo durante il quale potrebbe derivare pregiudizio per lo svolgimento delle investigazioni o per l'esercizio del diritto di cui la medesima lettera h».

Dev'essere precisato che tale lettera h) comma l° dell'articolo 12 della legge 31.12.96 n. 675 afferma esplicitamente che il consenso non è richiesto quando il trattamento «è necessario per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria» ed è evidente che, a nostro parere, sia il diritto di «far valere», sia il diritto di «difendere un diritto in sede giudiziaria» non possono in alcun modo essere alterati in sede pregiudizi aria a favore dell'una o dell'altra parte.

Dev'essere dato il massimo rilievo al fatto che, assolutamente nulla di non noto alla persona visitata dal fiduciario della Compagnia è contenuto nel parere da questi redatto, salvo il giudizio conclusivo medico legale.

A tale proposito, va però ricordato che il Garante, pur errando nel

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considerare separabili e scindibili le varie parti di tale parere (che il Garante, semplicisticamente, ha stabilito essere i dati identificativi di tipo anagrafico, i dati riferiti allo stato di salute con particolare riferimento alla anamnesi e la valutazione peri tale vera e propria) si è già pronunciato in merito, affermando in più di un'occasione, su altrettanti ricorsi di Compagnie assicuratrici che la conoscenza del giudizio conclusivo può motivatamente essere preclusa all'interessato fino alla conclusione della vertenza.

Tre considerazioni conclusive, sia di carattere generale, che attinenti all'argomento trattato, ci sembrano doverose.

La prima è la seguente.

Più si aggiungono clausole e vincoli, maggiori sono i rischi di ingiustizie e di contenzioso e la legge sulla privacy ne è una prova lampante.

Malgrado le varie leggi Bassanini relative allo snellimento burocratico, stiamo assistendo, per quanto riguarda almeno la tutela del diritto alla privacy ad una ondata inarrestabile di leggi, modifiche ed integrazioni, nonché di subentranti, controverse, contraddittorie, talvolta superflue autorizzazioni e decisioni del Garante.

Si tratta di una situazione che fa scattare comportamenti più rigidi, scarico della responsabilità individuale, peggioramento dei rapporti tra chi deve dare il giusto e chi deve ricevere il giusto (entrambi ritenendo che il

«giusto» sia invece «ingiusto»), fa scattare, in definitiva, istinti difensivi o al contrario atteggiamenti lassisti, per cui ci dobbiamo in definitiva chiedere dove stia andando a finire il senso di responsabilità personale di ciascun operatore del settore.

La seconda considerazione riguarda il medico legale incaricato di redigere un parere relativo ad un danno alla persona (su incarico di una Compagnia), medico legale che dovrebbe redigere un modulo diverso da quello fino ad ora usato oppure non ancora usato e che dovrebbe avere per titolo «Modulo di consenso e di proscioglimento dal segreto professionale»

modulo a doppia firma, dell'interessato e del medico, in duplice copia, una da conservare nell'archivio del medico e l'altra da consegnare all'interessato medesimo (allegato).

La terza ed ultima considerazione è la seguente.

Il modulo di «consenso al trattamento assicurativo dei dati personali» che abitualmente le Compagnie assicuratrici sottopongono agli assicurati o alle parti lese, dovrebbe essere integrato da un ulteriore capoverso che - tenuto conto del sia pure non condivisibile parere del Garante - potrebbe essere il seguente:

«Pur essendo da considerarsi dato personale la valutazione medico legale conclusiva espressa dal medico fiduciario della Compagnia, nei riguardi di tale valutazione conclusiva il diritto di accesso di cui all'articolo 13 della legge

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n. 675 - secondo il pronunciamento del Garante per la protezione dei dati personali - può essere sospeso, essendo in corso di svolgimento da parte della Compagnia indagini difensive da fare eventualmente valere in sede giudiziaria. La sospensione di tale diritto verrà a cessare a vertenza definita».

Ciò significa che ove le Compagnie intendessero proseguire nell'atteggiamento morbido fino ad ora adottato nei riguardi di questa legge, dovrebbe essere chiaro almeno questo, soltanto alla conclusione della vertenza extragiudiziaria o giudiziaria che sia e non prima, l'interessato potrà essere informato della valutazione medico legale conclusiva formulata dal medico fiduciario della Compagnia.

L'alternativa - atteggiamento non morbido, ma rigido - sarebbe quella di non considerare applicabile la legge 675/96 per quanto riguarda l'attività dei medici legali fiduciari, di lasciare che l'interessato ricorra al Garante, di appellarsi al Tribunale competente in caso di giudizio negativo per la Compagnia espresso dal Garante (come del resto qualche Compagnia ha già fatto) ed utilizzando, eventualmente per il futuro - ci sia consentita la presunzione - anche qualche elemento difensivo messo in evidenza in questa relazione.

PROPOSTA DI MODULO DI CONSENSO E DI PROSCIOGLIMENTO

DAL SEGRETO PROFESSIONALE

Il (La) sottoscritto (a) ……… informato (a) del contenuto della legge 31.12.96 n. 675 (Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali):

a) esprime il proprio consenso affinché i dati personali da egli (lei) forniti al dr………. nonché tutto ciò che verrà trascritto nella relazione medico legale a seguito dell'accertamento anamnestico-clinico al quale volontaria- mente si sottopone in relazione al sinistro da egli (lei) subito in data sia trattato ed impiegato esclusivamente per gli scopi precisati nella succitata legge;

b) si impegna a rispondere sinceramente a tutte le domande fattegli (le) dal medico fiduciario della Compagnia dr………. con particolare riguardo alle modalità di accadimento del sinistro medesimo, ai precedenti infortuni subiti ed al loro eventuale esito invalidante, alle malattie sofferte ed all'eventuale grado di invalidità permanente da qualsiasi ente pubblico o privato riconosciutagli (le);

c) dichiara di non aver sottaciuto od alterato alcuna circostanza che potrebbe influire sulla valutazione medico legale del sinistro di cui trattasi;

d) dichiara di prosciogliere dal segreto professionale sia il

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dr……….. autorizzandolo a trasmettere la relazione medico legale che egli redigerà a persone rappresentanti la Compagnia assicuratrice, tutte tenute al segreto professionale, sia tutti i medici alle cui prestazioni è ricorso (a) in relazione al sinistro dd. ……… sia gli ospedali, e le cliniche (pubbliche e/o private) gli enti ed istituti in genere che siano in possesso di notizie di carattere sanitario che lo (la) riguardano, sia prima che dopo il sinistro dd………..

Firma dell'interessato (a) Firma del medico

(o dell'esercente la patria potestà) alla presenza dell'interessato (a) alla presenza del medico

……… ………..

Data………

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