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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.39 (1912) n.1996, 4 agosto

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G A ZZE TTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, F IN A N ZA , COMMERCIO, BANCHI, FE R R O V IE , INTERESSI P R IV A T I

Anno XXXIX - Voi. XLIII

Firenze, 4 Agosto 1912

N. 1996

SOMMARIO : La Pace — Incremento d’ entrate e di spese — La politica commerciale italiana —

G. Ca r a n o Co n v i t o, Del regime finanziario e del regime doganale in ispeoie delle colonie — RIVISTA BIBLIOGRAFICA: Roberto Michele, Element zur Entstehungsgeschichte deg Imperialismus

in Italien - RIVISTA ECONOMICA E FINANZIARIA: Il nuovo Consiglio dell’ istruzione industriale

e commerciale - Le questioni di lavoro nel porto di Genova - Il comitato permanente dell’ ufficio del lavoro - Le condizioni economiche commerciali del Venezuela — RASSEGNA DEL COMMERCIO INTER­

NAZIONALE : Il commercio italiano - Il commercio del Messico - Il commercio del Giappone —

Cassa di risparmio di Foligno — Cronaca delle Camere di commercio — Mercato Monetario e Rivista delle Borse —, Notizie commerciali.

sufficiente solo per guadagnare tempo ed al caso usufruire dell’ imprevisto.

Ora la situazione interna della Turchia e la quasi caduta del partito dei Giovani Turchi i quali si erano troppo compromessi a promettere la guerra ad oltranza per potere, senza pericolo, parlare di pace, hanno sensibilmente modificato lo stato delle cose cosi che la speranza di metter fine al conflitto pare rinasca.

Non esitiamo di fronte alla nuova situazione di esprimere il nostro pensiero, coerente alle con­ siderazioni fatte fin dall’ inizio, della guerra, di far voti, cioè, che l ’ Italia, compatibilmente colla sua dignità e coi suoi interessi, cerchi di age­ volare la fine dello stato di guerra.

La Nazione ha avuto in questi otto mesi grandi sodisfazioni in due ordini diversi di fatti: il primo la dimostrazione della salda com­ pagine del paese ; anche coloro che, come noi, hanno visto senza entusiasmo la conquista, hanno però apprezzate le ragioni di politica internazio­ nale che la consigliavano ; non hanno condiviso le smanie del cosidetto nazionalismo, ma hanno desiderato, che, una volta impegnati, i fatti si svolgessero nel miglior modo per la patria. E la sodisfazione che è derivata dal vedere l’ intero paese così concorde e pieno di tanto slancio, è stata condivisa da molti di quelli che non solo non erano entusiasti, ma erano anzi contrari alla impresa.

Il secondo ordine di sodisfazioni che il con­ flitto per la Libia procurò al paese è la prova veramente ammirevole che hanno dato l’esercito e la marina. Non sono mancati e non manche­

L A P A C E

---♦---Fino dal principio delle ostilità tra l’ Italia e la Turchia abbiamo manifestato il nostro con­ vincimento che all’ Italia convenisse di condurre la guerra il più rapidamente possibile e conclu­ dere quindi una pace che assicurasse il possesso effettivo della Libia, anche, ove occorresse, senza insistere troppo su quistioni di forma o sulla entità degli indennizzi. Questo nostro convinci­ mento ci era suggerito da varie considerazioni : prima di tutto la tiepidezza delle Potenze alleate ed amiche nell’agire in nostro favore, e la inat­ tesa e violenta ostilità della stampa dei princi­ pali paesi; poi il timore di complicazioni d i­ plomatiche, tanto più verosimili quanto più si prolungava il conflitto armato.

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ranno certamente i critici i quali rileveranno gli errori, le manchevolezze e le incertezze ; ma in pari tempo nessuno negherà sicuramente che la prova sostenuta ha dato risultati superiori alla aspettativa, e che le nostre forze di terra e di mare usciranno dal conflitto, anche sfrondando tutte le esagerazioni dei giornali, notevolmente rinvigoriti e sopratutto in molto maggiore esti­ mazione davanti il paese e davanti all’ estero.

Ma appunto tutto questo deve consigliare 1’ Italia ad essere più facile a proporre o consen­ tire condizioni per la pace. La diplomazia è così ricca sempre di ripieghi e di espedienti che saprà certo trovare le formule che valgono a salvaguar­ dare la dignità dei due contendenti ; le questioni di parole però dovrebbero esulare da ogni ulte­ riore contestazione, quando i fatti sieno piena­ mente sodisfacenti.

Se si pensa alle origini della guerra ed alle cause che hanno spinto l’ Italia alla conquista armata, dobbiamo convenire che insistere sopra quistioni di parole può sembrare eccessivo ;. ab­ biamo voluto la occupazione della Libia, e quando tale occupazione ci sia assicurata in modo certo, ogni altro punto non deve per noi meritare nè la vita di un solo soldato, nè la spesa di una lira.' Non vi è da temere che la Turchia possa nell’ avvenire tentare la riconquista della Tripo- litania ; l’ Inghilterra per il suo Egitto, la Francia per la sua Tunisia, sarebbero insieme a noi per impedire qualunque velleità di rivendicazione ; le prove date dal nostro esercito e dalla nostra flotta debbono d’ altra parte far comprendere con quale tenacia noi difenderemmo la nostra con­ quista. Non vi è quindi, a nostro avviso, molto da temere anche se il fatto compiuto fosse rico­ nosciuto semplicemente come tale.

E l’ Italia farà senza dubbio opera previ­ dente e darà prova della propria forza, se sapra, occorrendo, compiere qualche sacrificio di forma, e dare qualche maggiore compenso materiale al suo avversario.

E facciamo voti vivissimi che la nuova si­ tuazione della Turchia permetta di mettere sol­ lecitamente fine ad un conflitto che ad ogni istante minaccia di recare perturbazioni inattese e forse gravissime.

Incremento d’ entrate e di spese

Il ministro del Tesoro, on. Tedesco, secondo 1’ uso di ogni anno, ha inviato ai titolari degli altri dicasteri centrali una circolare per invitarli a comunicargli entro il tempo stabilito, cioè non

oltre il 30 settembre venturo, i documenti finan­ ziari che servono di appoggio al bilancio in corso e al suo assestamento e di base alla preparazione di quello successivo. Anche questa volta, il mi­ nistro coglie l’occasione per dare uno sguardo alla situazione finanziaria dello Stato e per porgere ai colleghi alcuni suggerimenti intesi a mantenerla florida e solida. Questi, che per lo più hanno una efficacia soltanto relativa, di per sè stessi sono giusti, doverosi, lodevoli. Intanto presenta grande interesse la prima parte della circolare, ricca di dati di fatto, non nuovi, ma opportuna­ mente riassunti, che si riferiscono al promettente periodo dell’ ultimo tredicennio.

L ’ esercizio finanziario 1898-99 si chiuse con un avanzo di 85 milioni, e poiché i successivi dettero, in varia misura, risultati analoghi, nel 1910-11 si venne ad avere un totale di avanzi per oltre 511 milioni.

La cospicua somma permise di saldare inte­ ramente il disavanzo del tesoro, che alla fine del 1897-98 era di circa 416 milioni ; e alla chiu­ sura del conto consuntivo del 1910-11 restavano ancora a favore del tesoro 57 milioni, che una legge dello scorso marzo destinò a soddisfare una parte delle spese di guerra.

Sono fatti la cui importanza, già ragguar­ devole, apparisce anche maggiore per la consi­ derazione ohe si sono verificati nel ricordato tredicennio; il quale, succeduto a un lungo re­ gime di finanza necessariamente austera, è con­ trassegnato da un’ampia varietà di provvedimenti amministrativi e sociali che implicano ingenti spese.

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4 agosto 1912 L’ ECONOMISTA 483

tutti i C om uni} e nei limiti del possibile si cercò d ’alleviare le condizioni finanziarie dei Comuni stessi e delle Provincie, mediante sgravi di spese, contributi dello Stato in opere pubbliche e pre­ stiti a mite interesse. Per riparare ai danni della maggiore tra le pubbliche calamità, che fu il terremoto calabro-siculo, la spesa sostenuta fra il gennaio 1909 e il giugno 1912 ascende già a 190 milioni.

Vennero riformati e irrobustiti gli ordini dell’esercito e dell’armata, e fu assolto un do­ vere nazionale verso coloro che per la patria esposero la vita sui campi di battaglia. Migliore e più decorosa sistemazione ebbero le sedi delle regie rappresentanze all’estero. Aumentato il nu­ mero degli impiegati dello Stato, furono anche rialzate le loro sorti, con un onere, continuativo per il bilancio (compreso quello delle ferrovie) di circa 150 milioni per effetto dei soli provi e- dimenti presi nell’ ultimo quinquennio. Sono aumentati del 200 per cento i mezzi per la dif­ fusione della cultura all’ interno ed all estero, e si è così data una radicale soluzione al problema dell’ istruzione elementare e popolare. Ed oltre a tutto ciò si è avuta qualche applicazione d’ una politica di sgravi, colle riduzioni dell’ imposta sui terreni e della gabella sul caffè e sul pe­ trolio, e coll’ abolizione del dazio sui farinacei. Degna d’ammirazione è senza dubbio questa gran mole di cose svariate e pregevoli. Non di­ remo che tutto sia sempre stato fatto nel miglior modo, o che, nel confronto coi provvedimenti a cui è stata data la preferenza, altri non ve ne siano che la avrebbero meritata anche più. Ma il tutto insieme, preso nel suo complesso, è in­ dice, come ne fu strumento, di grandi passi in­ nanzi fatti dall’ Italia nelle vie della civiltà. Ne spetta non poco merito allo Stato, chiunque sia che a mano a mano lo rappresenta.. Ne spetta un merito anche maggiore al paese, che impara e progredisce, che lavora e produce, che rispai mia e paga. A lle sue fatiche e alle sue larghe con­ tribuzioni sono dovuti quegli avanzi di bilancio che rendono possibili spese necessarie, riforme desiderate, opere utili.

Dopo esposte le buone condizioni delle FL nanze, l’on. Tedesco ricorda il dovere di mante nerle tali ed esorta i colleghi a porre un freno al rapido aumento degli oneri che fanno carico al bilancio. Nel suo parere, ciò non dovrebbe riuscire difficile, in quanto tutti i bilanci sono da ritenersi oramai sistemati, dice, dopo le in­ genti somme concesse dal Parlamento in tutto il ricordato spazio di tem po; durante il quale le spese effettive crebbero del 40 per cento, ossia di circa 650 milioni. Raccomanda inoltre di ri­

durre al minimo possibile i disegni di legge per aumenti e diminuzioni di stanziamenti, e di ce r­ care le maggiori economie informando la gestione a Una giusta parsimonia. Ciò per quanto riguarda l’assestamento del bilancio dell’ esercizio in corso. Circa poi le proposte per la previsione della spesa relativa all’esercizio venturo, egli afferma che dovranno limitarsi a quelle che trovano fonda­ mento in leggi già approvate. Ma qui pure spera che il maggior onere ne possa venire compen­ sato almeno in parte con economie da introdurre nelle assegnazioni che ne risultino suscett'bili in base a una valutazione severa e agli ammaestra­ menti dell’esperienza.

Diremo francamente che in coteste economie nutriamo poca fiducia. Salvo qua e là qualche somma di poco rilievo, non ci riesce prevedere di dove potrebbero venir fuori. Malgrado le mag­ giori dotazioni deliberate negli ultimi anni, non son pochi i servizi pubblici tuttora scarsamente dotati di fronte a bisogni innegabili, a desideri manifestati dalle popolazioni, a promesse già corse. Del resto, purché si proceda per gradi e non per salti, nel periodo di prosperità ascendente in cui si trova e procede la vita nazionale il vero com ­ pito non è di spender poco, ma soltanto di spen­ der bene.

A ll’aumento incessante ma non infruttifero delle spese sembra possa supplire quello paral­ lelo delle pubbliche entrate, che è anche mag­ giore e che non accenna a fermarsi.

L ’ equilibrio potrebbe in avvenire rompersi ma il pericolo che può minacciarlo è un altro, e lo vorremmo con ogni studio evitato : e cònsi- ste, se non ci inganniamo, nella perniciosa ten­ denza dello Stato ad assumere sempre nuove fun­ zioni. che non gli sono congenite e che altri sa esercitare meglio di lui. A siffatta tendenza bi- ! sognerebbe saper essere avversi in massima, e a ! molte sue nuove manifestazioni opporsi volta per

volta validamente e in tempo utile.

Lo politica commerciale italiano

II.

I l primo capitolo del lavoro del commen­ datore Stringimi-, della importanza del quale | abbiamo parlato nell’ ultimo numero, considera il periodo « della formazione del Regno alla uni- | ficazione di esso con Roma », cioè dal 1861 ai

j

1871 dfcpo il quale periodo cominciano le siati- i stiche commerciali ad avere un carattere om o- I geneo ed essere in corrispondenza col Regno

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Però allo studio di questo periodo prelimi­ nare l’Autore premette alcune notìzie su epoche precedenti che sono preziosissime. Il movimento commerciale dei diversi stati che oggi compon­ gono il Regno, ammontava in via approssimativa negli anni tra il 18B4 ed il 1858 a circa 1,177 milioni e mezzo di cui 607.5 di importazione e 570 di esportazione. Va notato però che questo movimento non si riferisce allo stesso anno e che esso comprende anche il movimento che si veri­ ficava tra g li stessi Stati che ora costituiscono il nuovo Regno.

Riportiamo la tabella degli otto paesi :

Importaz. Esportaz. Totale

Antiche p r o v i n o l e (media 1854-58) 260.8 175.9 436.7 Lombardia (1858) 86.0 126.5 212.5 Parma (med. 1854-58) 18.0 14.5 32.5 Modena (1857) 25.7 18.6 44.3 R om agna, Marche, Umbria (media 1851-55) 33.3 44.7 78.0 Toscana (med. 1854-58) 79.2 44.5 123.7 Provincie napoletane (media 1854-58) 78.3 86.1 164.4 Sicilia (med. 1854-58) 26.2 59.2 85.4 607.5 570.0 1,177.5 Non è precisato quanta parte di questo commercio dei singoli Stati fosse internazionale e quanto « interstatuale », se non per alcuni de­ gli Stati ; per cui le cifre già scarse del movi­ mento commerciale internazionale vanno dim i­ nuite del presunto movimento tra gli stati italiani, per lo meno di un dodicesimo, se mai su pochi dati si possa fare una generalizzazione di qual­ che attendibilità.

L ’ Autore non si ferma a considerare il re­ gime doganale vigente in ciascuno degli Stati, ma tien conto soltanto della tariffa sarda che fu poi estesa al nuovo Regno ; tariffa che fu quasi proibitiva « e viziosa nella forma e nella sostanza » dal 1818 al 1840. nonostante qualche ritocco che ne temperò la asprezza, attuato nel 1835, nel 1838 e nel 1840.

« L ’azione del conte di Cavour, nota l’ Au­ tore, si rileva nella riforma del 1851, il punto saliente della quale sta nelle esenzioni dalle gabelle sulle materie prime ; ma sopratutto nella riduzione del dazio sul grano, da lire 9 a 2.50 l’ ettolitro. Riduzione cospicua in relazione ai tempi, ma giustificata dall’ altezza dei prezzi e dall’ azione, divenuta troppo sensibile a danno del popolo, della rendita fondiaria; due cagioni che tre anni dopo, portarono all’ intera abolizione del

dazio sanzionata con la legge memorabile del 16 febbraio 1854 ».

Questa prima considerazione dell’ illustre scrittore, lascia comprendere quello che soste­ niamo, da molto tempo ormai in queste colonne deM’ Economista, essere necessario per debellare il protezionismo di ottenere prima di tutto la abolizione del dazio sul grano, sia pure gradual­ mente. È su questo punto che i liberali dovreb­ bero concentrare i loro sforzi, perchè quella è la baso fondamentale del protezionismo, e non sa­ rebbe logico ottenere l’ abolizione o la riduzione dei dazi sui prodotti manufatti quando si man­ tenesse in cosi alta proporzione il dazio sul grano.

E infatti, abolito il dazio sul grano nel 1854, due anni dopo « furono grandemente temperate le tariffe sui prodotti delie manifatture e ridotte in numero e in misura le voci dei dazi di uscita ; e nel 1860 altre riduzioni di dazi furono at­ tuate, tra, le quali sensibilissima quella sui di­ ritti di entrata sulle manifatture tessili ».

Tale tariffa a più riprese temperata venne estesa col I o gennaio 1861 a tutte le provincia del nuovo Regno.

E qui conviene riportare il seguente giudizio dell’ eminente scrittore sulle conseguenze della estensione al nuovo R egno della tariffa sarda.

« L ’ Italia industriale, egli dice, era allora divisa come l’ Italia politica; le discipline doga­ nali erano varie come gli stati e gli staterelli che coprivano il Regno attuale, e rispondevano in parte a ragioni storiche, in parte a condizioni economico-morali molto diverse da luogo a luogo. La tariffa sarda temperata successivamente dai trattati di commercio, era, senza confronto, la più mite ; alta era quella lombarda ; più alta quella degli stati della Chiesa; altissima, quasi proibitiva, quella dell’ex-reame delle due Sicilie. L ’ unificazione della tariffa, fatta per estensione di quella piemontese, ridusse tutti i dazi alla stessa ragione, con gran danno però delle indu­ strie che in alcune parti del nostro paese fiori­ vano allo schermo di un’ altissima protezione; se non della proibizione.

« I rapporti politici che in -quel tempo, cioè appena costituito il uuovo Regno, passavano tra P Italia e la Francia, portarono necessariamente ad una intesa economica. L a tendenza dell’ Italia auspice il concetto del conte di Cavour, era li­

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4 agosto 1912 L ’ ECONOMISTA

cedendo in cambio numerose concessioni su la i nostra tariffa specialmente sui tessuti di seta, e di lana, le pelli conciate, le porcellane bianche, j

le lastre di vetro, gli articoli di moda ed i pro­ dotti chimici ».

È questo il primo atto di politica commer­ ciale compiuto dal nuovo Regno, ed il commetì- datore Stringher lo giudica colle seguenti parole: « Se si tien conto delle condizioni in mezzo alle quali l’ evoluzione della politica doganale subal­ pina si è compiuta, rimpetto a quella delle altre regioni italiane, si deve riconoscere che se il patto del 1863 fu savio politicamente, fu forse prema­ turo economicamente, non ostante i sostanziali benefizi recati a parecchie nostre esportazioni agrarie e a qualche produzione le i! industria manifatturiera ».

« E infatti, continua l’Autore, mentre da una parte veniva salutato come un vero trionfo dei principi liberali e come un grande avveni­ mento politico, atto a stringere indissolubilmente i vincoli di amicizia fra le due nazioni, esso non tardò a lasciar trasparire i suoi lati deboli rim­ petto alle condizioni di fatto di talune nostre industrie, le quali rimasero sacrificate, specie nel Mezzogiorno, dove si risentì più vibratamente la repentina e radicale riduzione della vecchia tariffa doganale ».

Queste considerazioni del comm. Stringher \ dimostrano già come i mutamenti repentini, anche se ispirati da buoni principi, possono tornare dan­ nosi alla economia del paese.

A questo primo atto di politica doganale compiuto dal nuovo Regno seguivano in causa anche della guerra del 1866, inasprimenti di dazi per i prodotti coloniali ; nel 1867 assieme alla pace, fu stipulato anche un trattato commerciale coll’Austria-Ungheria nel quale trattato venne regolata la grossa questione della pesca nel mare territoriale dell’ Istria e della Dalmazia; e fu pure approvato nel 1868 un trattato colla Svizzera.

Lo Stringher quindi passa ad esprimere la fisonomia del movimento dei commerci dell’ Ita­ lia con l’estero nel periodo ora considerato, colle seguenti linee sostanziali che riproduciamo te stualmente :

a) L ’ importazione si inizia nel 1861 (senza

i dati della Sicilia) con soli 821 milioni di lire, per aumentare a 830 nel 1862 ed a 902 nel 1863; sale ad un tratto a 983 e 965 milioni negli anni 1864 e 1885, per effetto del trattato di commer­ cio sottoscritto con la Francia nel gennaio 1863 e attuato il 15 febbraio 1864 ; ridiscende improv­ visamente a cagione della guerra nella Venezia, a 869 milioni nel 1866, per procedere poi con j

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leggero crescendo fino a toccare nel 1869 la cifra di 935 milioni di lire in seguito all’annessione del Veneto e all’apertura del Brennero;

6) L ’esportazione segue un corso non pa­ rallelo a quello del commercio di entrata, poiché meno negli anni 1864 e 1865 (durante i quali il commercio di uscita dei prodotti serici subì le gravi conseguenze della diffusa malattia del filugello), essa va continuamente salendo, tanto che, dai 479 milioni del 1861 (esclusa la Sicilia) e dai 576 nel 1862, la troviamo cresciuta a 791 milioni di lire nel 1869;

c) Il transito che fino al 1866, per molte­ plici circostanze, aveva perduto terreno con danno dell’ industria dei trasporti, dopo l’ annessione delle provinole venete, e l’apertura del Brennero riprende vigore, mantenendosi, nel quadriennio 1867-70, intorno a una media di 86 milioni di lire, e superando i 99 milioni nel 1870.

Qui il comm. Stringher dà le cifre propor­ zionali delle varie voci del commercio e la distri­ buzione del commercio stesso di importazione ed esportazione secondo i paesi di provenienza e di destinazione, corredando le sue osservazioni con opportuni prospetti ; e quindi passa all’ esame del secondo periodo, dal L871 al 1880, del quale punto ci occuperemo in un prossimo articolo. ... i .. .»■*'’ ... : .

D e l r e g i m e f i n a n z i a r i o

£ DEL REDIME DOGANALE III ISPECIE DELLE COLONIE

(Co n t in u a z io n e e Fin e).

§ 6. — Altri problemi doganali coloniali.

Sommario: 65) I dazi sulle esportazioni. — 66) I dazi di tran­ sito. — 67) I dazi d’importazione. — 68) 1 dazi di confine e le imposte di fabbricazione. — 69) Il rapporto fra dazi protettori e « costo di produzione ». — 70) Importazioni ed Esportazioni temporanee. — Magazzini generali e Punti franchi. — 70) Tariffe doganali. Dazi specifici e dazi ad valorem.

Finora noi, in conclusione, non abbiamo fatto che trattare nel modo più concreto e po­ sitivo il problema doganale delle colonie, esclu­ sivamente in rapporto ai principi — che sono poi i fondamentali — del liberismo e del p ro­

tezionismo; per completare l’argomento biso­

gna occuparsi ancora di altri problemi, per quanto di minore importanza del primo già trattato.

I dazi doganali sono o d’ importazione, o

d’esportazione, o di transito.

65. — Anche in una Finanza coloniale pos­ sono stare bene a posto i dazi sulla esporta­ zione, in determinati casi, suggeriti da speciali

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ticolarmente quando colpiscono prodotti di cui la colonia abbia un naturale monopolio. Non bisogna qui dimenticare però che, come non è arbitraria la fissazione dei prezzi di merci di monopolio, così, ugualmente, non può esser arbitraria la elevatezza dei dazi sulle espor­ tazioni, per la sua diretta influenza sul con­ sumo dei prodotti colpiti, specie oggidì in cui è tanto facile, coi moderni mezzi della scienza, il ritrovamento di opportuni succedanei. D’al­ tra parte sì comprende bene, pur senza rifarne qui la rigorosa dimostrazione scientifica, che ogni ostacolo, che tutto ciò che aggrava la esportazione dei prodotti — poiché le merci si pagano con le merci — aggrava anche le importazioni e quindi disturba l’ armonia del commercio, della produzione e di tutta la eco­ nomia dei paesi (si tenga specialmente pre­ sente la Legge sui beni complementari e sulle proporzioni definite).

6g. — Circa ai dazi di transito, l’abolirli è quistione di pratica. Essi per quanto con­ dannati in rapporto alle condizioni degli Stati più civili, potrebbero sussistere nei primi tempi di una Finanza coloniale (1), quando o benefizi diretti dei dazi di transito fossero preferibili a quelli indiretti della soppressione di essi, o coi proventi di' essi si volesse ¡«^ articolar modo sopperire alle maggiori spese del mi­ glioramento delle grandi vie interne coloniali e della loro sicurezza.

Anche qui però, come nel caso dei dazi di esportazione, la via deve rappresentare quasi un monopolio della colonia, nel senso che percorrendola costituisca una necessità o una utilità per il traffico colpito; e la misura del dazio dev’essere tale che non possa deter­ minare l’ uso di altra via, nè diminuire di' troppo l’uso di essa.

67. — Dei dazi d’ importazione, sia nel riguardo finanziario che economico, abbiam detto innanzi. Ripeteremo qui solo — anche pel regime doganale coloniale — quanto già scrisse Adamo Smith : « Un commercio che si fa naturalmente e regolarmente fra due piazze, senza mezzi di costrizione, è un commercio sempre vantaggioso a tutte e due, benché non sia sempre ugualmente vantaggioso all’ una e all’altra ».

68. — Non bisogna poi dimenticare il rap­ porto che deve intercedere tra le imposte di

fabbricazione, di cui possa essere gravata la

produzione indigena, come abbiam detto a suo posto — e le imposte di confine sui consimili

(1) Difatti i dazi di transito sono ancora in uso proprio in questi paesi meno progrediti.

prodotti dell’ estero'. Il legislatore, dopo aver gravata di accisa una produzione interna, sente correlativamente l’obbligo, la necessità di gra­ vare, in modo almeno uguale, sotto forma di dazi di confine, i similari prodotti delle indu­ strie estere, che vengano importati nella co­ lonia; altrimenti nascerebbe una disparità di trattamento a tutto danno delle industrie in­ terne. In questi casi, se i dazi di confine sa­ ranno semplicemente equiparati alle accise in­ terne, tali dazi saranno fiscali, che, se, invece, supereranno di poco o di molto tali accise, i dazi doganali diverranno economici (protettivi o proibitivi) (1).

69. — Quando la dogana coloniale sia sotto un regime protezionista, si deve porre ben mente a rapporto fra i dazi protettori ed il

costo di produzione, che il legislatore non deve

mai perdere di vista, a tutela dei vari inte­ ressi della colonia. Stabiliti i dazi protettori su di un dato prodotto, in quella misura che sarà parsa prudente ed equa al legislatore, nel conflitto fra gl’ interessi dei produttori e quelli dei consumatori interni, possono pre­ sentarsi diversi casi tipici fondamentali:

1) che di tali prodotti aumenti, frat­ tanto, il costo di produzione all’ interno, o, correlativamente ;

2) che ne diminuisca il costo di produ­ zione all’estero. In entrambi questi due casi, restando fissi i dazi già prestabiliti, 1 effetto sarebbe una diminuzione di protezione e quindi il legislatore, per continuare il primitivo grado di protezione per le industrie interne, dovrà elevare, necessariamente, i primitivi dazi do­ ganali;

3) Per contrario, può darsi che avvenga una diminuzione del costo di produzione in­ terno, o, che sarebbe lo stesso:

4) Un aumento del costo di produzione pei similari prodotti all’ estero. In entrambi questi casi si avrà, per contrario ai due pre­ cedenti, un aumento di protezione per le in­ dustrie interne ed il legislatore potrà indursi, a vantaggio dei consumatori, ad abbassare i dazi primitivi, pur lasciando inalterato così il grado primitivo di protezione.

5) Può darsi ancora che con la dimi­ nuzione del costo di produzione interna, si ve­ rifichi, contemporaneamente, un aumento del costo di produzione estera, o, viceversa, che contemporaneamente all’aumento del costo di produzione interna si verifichi una diminuzione

(1) Cfr. G. Carano-Donvito. Trattato di Economia commerciale e di Istitu zion i doganali. Torino, S. T.

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4 agosto 1912 L’ECONOMISTA

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del costo di produzione estera. In siffatti casi si comprende bene come il legislatore dovrebbe comportarsi; e cosi, similmente, in tutti gli altri casi svariati che possono avverarsi, come, per esempio, quello in cui un aumento del costo di produzione interna sia contemporaneo a quello estero, ma in diversa misura, ecc. (1)- 20. — Anche un ordinamento daziario co­ loniale — specie col progredire della econo­ mia indigena — può,anzi deve, utilmente adot­ tare le istituzioni doganali delle Importazioni |

temporanee e ri esportazioni (2), come delle Esportazioni temporanee e reimportazioni^ (3).

A maggiormente agevolare queste istituzioni, oltre che per gli altri loro particolari benefici, le colonie avranno Magazzini Generali o me­ glio ancora Punti franchi, col relativo diritto di rilascio di Fedi di deposito e Note di pe­

gno, oltre che Magazzini privati (4).

71. _ Abbiamo trattato superiormente di quanto riguarda l’ordinamento sostanziale delle

Tariffe doganali ed implicitamente anche di

quanto riguarda il loro ordinamento for­ male (5).

Ci rimarrebbe a dire qualche cosa sulla

Tariffa con dazi specifici e quella con dazi ad valorem. È noto come teoricamente sia prefe­

ribile la seconda alla prima, ma, date da una parte le difficoltà di una precisa applicazione di essa e dall’altra la sempre più accurata e specializzata compilazione di voci nei dazi spe­ cifici, anche una Finanza coloniale potrà piu opportunamente preferire questi ultimi a quelli

ad valorem (6).

(1) Con ciò non veniamo però, implicitamente a propugnare il cosidetto sistema della scala mobile se­ condo il quale i dazi d’ importazione vengono elevai, col ribassare dei prezzi all'estero e ribassati nel caso contrario. Questo sistema che, com’ è noto, fu inaugu­ rato in Francia nel 1819, in ispecie per regolare il com­ mercio e l ’approvvigionamento frumentario della nazione e che fu modificato nel 1832 ed abolito nel 1860, presenta non lievi inconvenienti!

(2) Sia sotto forma di Ammissione temporanea in

franchigia che di Drawback»XCounties).

' ( 3 } G . Ca ra no- Do n v ito. Trattato di economia com­ merciale ecc., pag. 521 e segg.

(4 ) G. Ca ra no- Do n v ito. Trattato ecc., pagg. <> e S<!gg'(5) Cfr. il nostro già citato Trattato di Economia

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Btre . „ - . ¡ » l i considerazioni, con le t u l i eh,ad,amo uno studio sui dazi specifici e ad valoiem :

< 1) mentre il dazio specifico contrasta 1 am­ piezza della produzione e dello smercio e danneggia il beneficio S c o s t i decrescenti, il dazio ad valorem lo favorisce ed agevola; ^ mano che « e il costo unitario di produzione, con l ’ampiezza di essa,

IV. CONCLUSIONI.

Sommario: 72). IV importante ed arduo problema delle tra­ slazioni. — 73) Lo sfruttamento coloniale: le reazioni e il trionfo delle Leggi economiche.

72. — Prima di chiudere queste pagine noi siamo stati tentati d’ ingolfarci (la parola non è fuor di proposito) nel mare magno ed arduissimo dello studio delle « traslazioni », sia in rapporto alla Finanza coloniale in ge­ nere che ai dazi doganali in particolare. Ma ce ne hanno distolto, principalmente, le seguenti considerazioni e convinzioni, che è bene sieno qui chiaramente segnalate:

1) che il problema delle traslazioni sia più conveniente, proficuo, trattarlo in rapporto ai casi concreti ed alle condizioni specifiche di una data colonia (e relativa metropoli), an­ ziché in una forma puramente astratta e dot­ trinaria, avventurandosi nel campo di ipotesi spesso troppo generiche e perciò troppo vaglie;

2) che avendo noi stessi in corso uno studio particolare sugli effetti, sulle ripercus­ sioni dei dazi doganali (1), è bene rimandare a questo studio — pur senza contraddire quanto innanzi — anche la trattazione della ripercus­ sione dei dazi doganali in una Finanza ed economia coloniale.

E perciò passiamo alle conclusioni che più emergono dagli argomenti svolti fin qui, specie in rapporto al regime doganale delle colonie, e che formano come il substrato sul quale poggia lo stesso studio delle trasla­

zioni.

73. — Se dalla rapida rassegna storico- ' positiva che nelle pagine precedenti noi ab- biamo fatta degli ordinamenti doganali che ¡

__________

1 cosi ai eleva il rapporto del dazio al coato di produ­

zione; , , , . ,

« 3) ....nel dazio specifico il rapporto del dazio al ricavo netto ai eleva man mano che si amplia la pro-

i

auzione e lo smercio per profittare del beneficio dei Í costi decrescenti.

[le spiegazioni o dimostrazioni si trovano nel testo].

a In conclusione, adunque, il sistema del dazio specifico, nel caso di produzione a costi decrescenti e quindi per le merci di manifatture, riesce più perni­ cioso pei produttori, del dazio ad valorem. In conse­ guenza, in regime di dazi fiscali, tenuto presente che ! questi, per riuscire più vantaggioso al paese tassatore I non devono disturbare la produzione e lo smercio, i dazi

ad valorem, sotto i particolari punti di vista qui trat­

tati, sono preferibili a quelli specifici ».

(1) G . Carano-Donvito. Contributo cilio studio d€()li

| effetti dei dazi doganali (Estratto dal Giornale degli Economisti e Rivista di Statistica, Serie III, Voi. X L,

(8)

ebbero e che hanno vigore nelle colonie, nel triplice rapporto: a) con la madrepatria, b) le colonie consorelle (dipendenti cioè dalla stessa madrepatria); ed infine c) con l’ estero — noi vogliamo ricavare più che un semplice schema didattico degli ordinamenti doganali delle co­ lonie, un principio generale teorico che stia alla base di essi, qualunque sia il sistema a cui esso s’ informi, noi mettiamo di nuovo e sempre capo, anche per questa via, alle con­ siderazioni con le quali iniziammo questo la­ voro e che più largamente noi esponemmo nel recente nostro studio sul Protezionismo e la

dinamica economico-sociale (1). E cioè che la

conquista delle colonie e il loro ordinamento, specie nei riguardi doganali, altro non rappre­ senti che un aspetto, una delle fasi dell’eterno

homo homini lupus.

L antico sistema coloniale, pur mitigato,

oi pellato negli attuali sistemi della preferenza,

unilaterale prima, bilaterale poi, o in quello

dell assimilazione (compieta od incompleta), non perde mai la sua essenza, la sua natura, sebbene mostri chiaramente la continua evo­ luzione verso forme meno rapaci, più umani­ tarie di sfruttamento dei forti sui deboli.

È questo tutto un male? No certamente, in quanto e questo altresì uno dei odi col quale viene mosso ed assicurato l’ eterno n-

cessante dinamismo economico-sociale, rso

forme più evolute e più comode della orga­ nizzazione economico-sociale del mondo intero. Infatti se la conquista e la messa in valore delle colonie rappresenta un affare per la ma­ drepatria (2), rappresenta ugualmente sempre un bene o un minor male per la colonia stessa, in quanto le dà modo di avviarsi verso forme economiche e civili più evolute e più conve­ nienti.

Ohe anzi qui ricompare altresì tutta l’im­ portanza della teoria che noi abbiamo trattata in molti nostri studi (3), secondo la quale quanto più si accentua lo sfruttamento, la pre­ potenza dei dominanti sui dominati, tanto più

(1) Per un tentativo schematico di questo studio

cfr. : 6 . Cibano-Convito: Considerazioni sulle riper­

cussioni dei dazii doganali, in Rivista di Legisla­ zione tributaria, Anno III, fase. I, Marzo 1909.

(2) Tante volte questo affare, questa speranza di guadagno rimane una illusione e la madrepatria finisce col rimetterci sempre più di quanto ricavi; la coloniz­ zazione francese, per esempio, informi!

(8) Cfr. G. Carano-Donvito. Begli effetti dell’ ordi­ namento finanziario in genere e della pressione tri­ butaria in ispecie nei rapporti fra Stato e Individuo. Gioia del Colle, Tip. De Bellis, 1901, e l ’altro nostro li­ bro: I Teoremi fondamentali della statica e della di­ namica finanziaria. Torino, Roux e Viarengo, 1904.

presto e tanto più numerose si sviluppano quelle reazioni che riconducono l’ equilibrio, il giusto rapporto fra il valore economico-so­ ciale della metropoli e quello della colonia, nella ripartizione dei benefici, delle ricchezze prodotti dalla cooperazione dell’ una coll’altra.

Ed ecco perchè qui concluderemo queste brevi note sul regime finanziario e su quello doganale in ispecie, delle colonie, ricordando che tanto il primo che l’ altro devono essere ordinati in modo che rispondano equamente all’ edonismo della madrepatria e della colonia, dei dominanti e dei dominati, ossia che tanto 1 una che l’altra concorrano a sistemare la ri- partizione dell’ insieme dei benefizi che deri­ vano dalla colonizzazione in stretto rapporto al valore degli elementi che contribuisce la madrepatria e la colonia per l’ottenimento di quei benefizi.

Altrimenti, l’aggravamento della lotta fra metropoli e colonia mentre finirà sempre col riportare l’equilibrio della ripartizione normal­ mente a quel punto che risponda al valore de­ gli elementi complementari, di cui abbiam detto or ora, determinerà poi per ciò stesso uno sciupio di energie (1) dannoso per la madre­ patria, per la colonia e per l’intera ricchezza mondiale.

~ ordinamento quindi dei rapporti doga­ nali tra colonia, metropoli e l’estero non può essere 1 effetto di arbitrio o di prepotenza, ma della più felice, acuta intuizione dei rapporti di complementarità fra l’importanza degli ele­ menti che contribuisce la colonia, la metropoli e l’estero, per ottenere una data quantità di ricchezza. Questa felice intuizione è la causa, è il segreto della maggiore fortuna della co­ lonizzazione inglese rispetto a quella degli altri paesi.

G. Carano-Donvito.

(1) Cfr. M. Pantaloni. l ’ identità della pressione teorica di qualunque imposta a parità di ammontare e la sua semeiotica, nel Giornale degli Economisti marzo 1910, pag. 294.

(9)

4 agosto 1912 L’ ECONOMISTA 489

R

ivista

BiPLioQRAficd

Roberts Michels, Elemente zur Entstehungs­

geschichte des Im perialism us in Italien. —

Tübingen, J. C. B. Mohr, 1912, pag. 93. N ell’ « Archiv für Sozialwissenschaft und sozialpolitick » l’egregio collega pubblica uno studio sulla emigrazione italiana dal punto di vista dell’ imperialismo o meglio ancora della co­ lonizzazione; in tale studio si incontrano la di­ ligenza e la larghezza di vedute di cui già l’A u ­ tore ci ha dato molti esempi nei suoi scritti. Egli esamina dapprima sotto vari aspetti la emi­ grazione italiana servendosi dei dati più sicuri, e rileva con acute osservazioni la posizione che gli emigrati sogliono acquistare nei paesi dove emigrano. L o spazio non ci concede di seguire l’ Autore nelle sue varie considerazioni, ma non possiamo a meno di notare il problema che nella parte sintetica del suo scritto egli mette innanzi. Un paese, si domanda l’ Autore, nel quale il 48 per cento della popolazione non sa leggere e scri­ vere, nel quale, quando infierisce il colera, si as­ saltano i medici ed i lazzaretti, dove larghe esten­ sioni di territorio è ancora incolto, dove la legislazione sociale è ancora nei suoi inizi, dove tanta parte del paese non è provvista di acqua potabile, un tale paese ha diritto di fondare co­ lonie e portare la propria « civiltà » ad altri popoli ?

L ’A utore osserva che il problema è di na­ tura duplice: demografico e politico. Noi però vorremmo fargli un’altra osservazione.

Fino a meno di 20 anni or sono l’ Italia ha avuto bisogno della immigrazione dei capitali stranieri in una misura altissima a paragone della sua ricchezza ; a poco a poco, soffrendo dieci anni di crise, ha potuto far rientrare in paese tutto il suo debito; non crede l’ Autore che l’em i­ grazione italiana possa avere un carattere al­ trettanto transitorio?

Ohi avrebbe detto nel 1890-94 che l’ Italia avrebbe avuta tanta forza finanziaria da ricom­ perare il proprio debito? E chi può dire che in un secondo periodo non trattenga i propri figli e magari richiami quelli eh sono lontani?

J.

RIVISTA ECONOMICA E FINANZIARIA

— Si è riunito in questi giorni presso il Ministero di agricoltura il nuovo Consiglio del-l’ istruzione industriale e commerciale.

I lavori sono stati inaugurati dal ministro che ha brevemente esposti i suoi propositi per il riordinamento degli istituti di istruzione profes­ sionale secondo lo spirito e le disposizioni della

legge recentemente approvata dal Parlamento. Parlando degli istituti superiori di studi com­ merciali, il ministro ha ricordato che un appo­ sito disegno di legge già approvato dalla Camera dei deputati e che si trova innanzi al Senato disciplina questa materia alle disposizioni della nuova legge sull’ insegnamento industriale ed ai concetti informatori dell’altro disegno di legge sulla istruzione commerciale superiore dovrà ispi­ rarsi l’ azione del Governo e l’ opera del Consiglio dell’ istruzione professionale, occorrendo rin vigo­ rire l’organismo degli istituti già esistenti prima di procedere alla creazione di nuove scuole.

Dopo le dichiarazioni ed il saluto augurale del ministro, il Consiglio ha iniziato la discus­ sione dell’ordine del giorno sotto la presidenza dell’ ing. Saldini. Il Consiglio si è occupato di varie questioni di indole generale attinenti al­ l’ ordinamento delle scuole professionali e di al­ cuni provvedimenti di carattere disciplinare.

— Per risolve le questioni di lavoro nel porto di Genova, l’assemblea indetta dalla

Unione imprese sbarchi, imbarchi, stivaggi (se­ zione stivaggi) alla quale intervennero le com ­ missioni delle sezioni imbarchi e sbarchi, nonché quelle delle squadre fisse (cat. A .) per avvisare alla linea di condotta da seguirsi di fronte al proposito manifestato dal Consorzio autonomo del Porto di assumere per proprio conto le operazioni di càrieo, scarico e facchinaggio delle merci varie per poscia affidarle a cooperative di operai con conseguente eliminazione delle attuali imprese, ha votato ad unanimità il seguente ordine del giorno :

« L ’ assemblea protesta vivacemente contro il proposito dell’ autorità Cosortile, essendo lo stesso contrario ad ogni principio di libertà e di giustizia. E di vero, mentre illogicamente si fa­ vorisce una categoria di lavoranti a tutto detri­ mento di altre, si dimentica i sacrosanti diritti acquisiti che, sia agli attuali impresari, sia agli inscritti alla cat. A provengono da lunghi anni di assiduo, diligente ed onesto lavoro.

« Deplora che il Consorzio auton. che an­ che per le sue finalità giuridiche ed economiche dovrebbe imparzialmente ed oggettivamente re­ golare e tutelare gli interessi di ogni commer­ ciante o lavoratore, che svolga l’opera propria nel porto di Genova, si snaturi nell’organo ese­ cutivo di un solo partito politico, coprendo sotto

(10)

« Afferma la propria concorde e ferma intenzione di opporsi con tutti i mezzi possibili alla vessatoria disposizione che informerebbe il duovo ordinamento di lavoro.

« A l l ’ uopo decide di nominare una Com­ missione della quale facciano parte le rappresen­ tanze di ciascuna sezione dell’ Unione, nonché della Società M. S. Squadre Fisse, perchè studi i mezzi che essa ritiene opportuni al raggiungi­ mento dello scopo su espresso, riferendone all’as­ semblea in un prossimo giorno in cui l’assemblea stessa verrà ricoverata ».

— Il Comitato permanente dell’ Ufficio del lavoro in un i delle sue ultime riunioni ha

deliberato su alcune domande di deroga alle leggi sociali, ed accogliendo le proposte dell’on. Chiesa, di Mazza, Baldini, Reina e dell’ ing. Saldini oltre a vari accoglimenti e rejezioni di domande e concessioni rinviava per maggiori studi ogni deliberazione in merito alla concessione di la­ voro notturno nei casi di guasto al macchinario per la confezione del pane ; respingeva una ri­ chiesta di fabbricanti di scatole di latta di Sam- ; pierdarena per prolungamento del lavoro oltre i limiti consentiti dalla legge sul lavoro delle donne e dei fanciulli ; concedeva per i soli mesi ; estivi il lavoro notturno in casi eccezionali alle addette alla lavorazione delle sardine della ditta i Barabesi di Orbetello, domandando all’ Ufficio di meglio istruire la pratica per il nuovo anno; concedeva il lavoro notturno alle operaie addette ; alle fabbriche di conserve di pomodoro nel Par­ mense; sospendeva fino a settembre ogni delibe­ razione in merito alla Scuola professionale fem­ minile Regina Margherita di Bologna per darle modo di attuare le riforme che la escluderanno dall’ obbligo di osservanza della legge sul lavoro delle donne e dei fanciulli ; stabiliva che non sono soggetti alla chiusura domenicale i negozi per la vendita del ghiaccio ; decideva che il personale della Compagnia internazionale dei va­ goni letto deve essere considerato come addetto ad un servizio pubblico e usufruire perciò di ri­ posi con turni ; respingeva una domanda per ot­ tenere il lavoro in domenica delle officine di ri­ parazione dei veicoli; respingeva una proposta di inclusione fra le industrie a lavoro continuo delle segherie di marmo.

Stabiliti infine i lavori da prepararsi per lo studio del Consiglio Superiore che verrebbe con­ vocato in ottobre, il Comitato chiudeva i suoi la­ vori deliberando di riconvocarsi per il 26 set­ tembre.

__ I l Console, gen. inglese riferendo al suo Governo circa lo condizioni economiche com­ merciali del Venezuela nel 1911 dice che

non vi sono sensibili differenze in confronto al 1910.

Rileva invece che i dazi doganali hanno raggiunto la quota media del. 49 per cento sul valore. Su alcuni generi poi grava un dazio che raggiunge perfino il 740 per cento e che tali generi provengono principalmente dalle Antille. È difficile, soggiunge il Consolo inglese ri­ partire il commercio estero del Venezuela coi vari Stati, perchè molte merci che sono inglesi figurano tedesche, perchè imbarcate e provenienti da Amburgo, vale a dire che la provenienza figura dall’ ultimo porto toccato dalla merce, anziché dal punto di partenza — Cosi per le merci italiane, francesi, tedesche ecc.

Una difficoltà grave per l’aumento del com­ mercio nel Venezuela deriva dalla mancanza di banche che facciano servizi coll’estero. Tutti i pagamenti qualunque sia l’ ammontare, sono fatti in oro e argento, che viene trasportato a dorso di mulo dalla costa all’ interno e viceversa.

u n i

del

[Olilo

Il commercio italiano. — Ecco il rias­

sunto dei valori delle merci importate ed esportate, in e dall’ Italia per categorie al 30 aprile 1912:

Importazione.

Valore delle merci importate al 80 aprile 1912 Spiriti, bevande Lire 35,799,386 -h Differenza sul 1911 Lire 1,468,972 Generi coloniali 24,634,024 + 87,780 Prodotti chimici med. 52,043,176 4- 1,887,778

Colori 12,212,289 4- 812,629

Canapa, lino 21,856,565 4- 199,160

Cotone 176,501,945 4- 11,533,842

Lana, crino, peli 62,469,920 4- 1,075,470 56,990,973 — 9,477.012 Legno e paglia 52,938,673 — 4,736,942 Carta e libri 18,013,940 + 2,716,104 Pelli 42,417.049 — 4,696,680 Minerali, metalli 189,812,515 -b 9,896,569 Veicoli 9,954,248 — 1,219,740

(11)

4 agosto 1912 L’ ECONOMISTA

491

Esi>ortazio7ie.

Valore delle merci esportate al BO aprile 1912 Differenza sul 1911 Lire Spiriti, bevande Q-eneri coloniali Prodotti chimici med. Colori

Canapa, lino Cotone

Lana, crino, peli Seta Legno e paglia Carta e libri Pelli Minerali, metalli Veicoli

Pietre, terre e cristalli Gomma elastica Cereali, farine e paste Animali e spoglie anim. Oggetti diversi Totale, 18 categorie Metalli preziosi Totale generale Lire 52,644,348 7,240,218 25,993,535 3,483,788 21,869,043 56,014,386 10.096.135 182,510,874 23,088,694 8,529,195 24,083,825 35.685.136 12,842,645 35,275,159 21,487,875 115,421,616 84,560,543 32,632,806 752,459,821 12,811,000 + + + + + + I, 724,726 3,141,147 940,345 601,084 10,441,144 6,177,731 207,300 28,910,091 1,680,047 437,787 3,731,763 9,065,289 4,907,341 1,254,629 II, 011,536 15,005,540 10,222,995 8,807,006 + +

-t-+

_

+ 77,454,273 _ 157,200 765,270,821 + 77,297,073

Il commercio del Messico. — Ecco i va

lori di questo commercio per i nove mesi de - l’ anno fiscale 1911-1912 (luglio 1911-marzo 1912).

Importazioni. (Valore di fattura). 9 primi mesi. 1911-1912 Diff. sul 1910 11 (Piastre) Materie animali » vegetali » minerali Tessili Prod. chimici Bevande Carte Macchine Veicoli Armi e esplosivi Diversi Prodotti minerali » vegetali » animali » manifatt. Diversi Metalli preziosi Totale 12,741,167 — 1,068,099 22,013,100 — 8,714,935 85,868,769 _ 4,957,256 15,132,344 — 3,673,073 8,800,985 — • 873,066 4,793,124 — 54,239 3,611,041 — 799,774 18,631,892 — 1,473,153 3,748,788 — 3,885,670 4,101,585 H- 1,867,685 7,229,016 — 203,873 136,451,703 — 23,845,527 zioni. (V alore dichiarato) 37,024,670 + 11,631,449 57,489,500 — 9,742,387 14,985,902 + 2,297,975 5,095,312 + 2,382,008 1,351,299 v- 172,760 106,396,258 + 5,955,179 222,342,891 -P 12,351,464

Il commercio del Giappone. — Ecco, m

yens, le cifre del commercio del Giappone durante il mese di maggio e durante i 5 primi mesi d el­ l’ annata corrente in confronto alle cifre corri­ spondenti dell’ annata ultima.

Esportazioni Importazioni Totale Esportazioni Importazioni Totale

maggio 1912 Diff. sul 1911 (in yens) 43,397,708 -4- 37,877,501 6*3,314,825 + 57,174,582 106,712,583 4- 95,052,098 . 19,917,117 19,297,085 Cinque mesi 1912 Diff. sul 1911 (in yens) 189,450,866 + 18,331,841 297,643,119 f 50,493,501 487,093,985 -+■ 68.824,942 t. 107,592,253 Metalli preziosi

maggio 1912 Diff. sul 1911 (in yens) Esportazioni Oro Argento 2,495,706 26,251 1,100,000 28,496 Importazioni Oro Argento 3,047,763 28,273 Ecced. delle esport.

Ecced. delle importaz. 5b4,Uia

1,128,496 Cinque mesi 1912 Diff. sul 1911 (in yeriB) Esportazioni Oro Argento 9,555,191 1,057,300 . f 47,530 _ 54,195 ! Importazioni Oro Argento . 3,139,716 639,815 + 2,789,940 _f 537,033 j Ecced. delle esport. 6,832,963

U S S il DI H1SPBHIHI0 DI FOLIBNO

Stralciamo qualche notizia dalla Relazione del Direttore fatta per l’ esercizio 1911 di questa un- portante Cassa di risparmio.

T ra le attività notiam o:

Mutui Ipotecari. — Continua la lenta liq u i­ dazione, la quale sarà più notevole nell’ anno cor­ rente, poiché si assicura che verrà saldato il più

im portante dei mutui rimasti.

Fondi pubblici. — Presentano una lieve dimi­

nuzione, in parte per avvenute estrazioni di titoli rimborsabili, ed in parte per le svalutazioni che si son dovute fare, a cagione delle minori quota­

(12)

Portafoglio. — Ha subito una diminuzione di

L. 113.-289 nelle cambiali di sconto, mantenendosi identico nella parte delle cambiali di sovvenzione. Ciò devesi al fatto, che vennero nel córso dell’ eser­ cizio gradatamente diminuite le operazioni fuori piazza.

Cambiali agli atti e protestate. — Per la cura

assidua, che vi si pone, queste vanno scemando,- e si ha ferma fiducia di ridurle tra poco a somma di gran lunga inferiore a quella,- che figura alla Chiusura dell'Esercizio 1911,

Conti correnti, — Presentano in genere un no­

tevole decrescimento, il quale nel 1912 andrà no­ tevolmente aumentando, per la soluzione di vari importanti affidamenti, e per la già decretata ed attuata riduzione del 10 per cento sugli affidamenti concessi a parecchie Ditte fuori piazza.

Attività diverse e Creditori diversi. — Questa voce

nella quasi totalità è data dalle cedole dei titoli, che, pur essendo esigibili al 31 dicembre, e fanno quindi parte della competenza dell’ Esercizio, ven­ gono in realtà riscosse qualche giorno dopo la chiusura. Nel 1911, rispetto al 1910, si ha in detta voce una diminuzione di oltre L. 3.000, perchè di una parte di tali cedole si ebbe effettivamente l’ importo prima del 31 dicembre.

Risconti sui Buoni fruttiferi. — Questo titolo

presenta la notevole diminuzione di L. 5.022,30, per­ chè nell’ Esercizio decorso, essendo stata creata la nuova categoria dei « Depositi al portatore vinco­ lati per un anno » col saggio dell’ interesse al 4 per cento, molti detentori di buoni fruttiferi trovarono opportuno di trasformar questi in Depositi.

Tra le Passività:

Depositi. — Nell' Esercizio 1911, in confronto

del precedente, il complesso dei Depositi dà un au­ mento di L. 169.588,48.

Dopo vari anni di progressiva, per quanto lieve diminuzione, si accenna per tal modo ad una ri­ presa di buon augurio per P economia del paese, il quale pur trova il mezzo di dedicare non lievi capitali ad imprese di varia indole, e a molteplici costruzioni, che accompagnano lo espandersi della città.

Conti correnti. — La categoria dei Conti cor­

renti passivi offre una diminuzione assai sensibile nella voce risguardante il nostro debito di conto corrente con Istituti e Banche alla fine del 1911. Si tratta, rispetto al 1910, di una differenza di L. 347.119,77. Essa deriva specialmente dal fatto che l’Onorevole Consiglio di Amministrazione venne a poco a poco concentrando la varie operazioni della Cassa, in guisa da ridurre questa a procedere intieramente coi suoi mezzi.

A ciò si deve, oltre questa diminuzione d’ im ­ pegni verso i corrispondenti, la cessazione totale del Risconto, e la diminuzione del debito, nel gen­ naio 1912 anch’ esso del tutto saldato, derivante dalle anticipazioni passive, nel presente bilancio classificate al successivo titolo delle Passività di­

verse.

Circa le Rendite, ecco le principali variazioni sul bilancio 1911:

1) Un aumento di L. 2.025,29 negli interessi dei Conti correnti garantiti, nonostante la diminu­ zione di capitale avutasi in questo genere di rin- vestimento. Ciò deriva dall’ aumento del saggio, a cui tutti i Conti correnti furono durante l’ eserci­ zio assoggettati;

2) Una diminuzione di L. 3.566,35 nel red­ dito dei Fondi Pubblici, dovuta alla diminuzione dello stok dei titoli rimborsabili di proprietà della Cassa, e sopratutto all’ aver lasciato a totale be­ neficio dell’ esercizio 1912, contrariamente a quanto facevasi in passato, il pro rata del cupone delle solfifere, maturatosi il l.o febbraio ultimo;

3) Un aumento di L. 13.582,08 negli interessi degli effetti di Sovvenzione, derivante dalla realiz­ zazione di vecchie partite nel corso del 1911 estinte, con un discreto cumulo di interessi arretrati;

4) Una diminuzione di L. 8.519,44 negli in ­ teressi degli effetti di Sconto, dovuta al minor nu­ mero di operazioni di tal genere nel 1911 compiute; 5) Un aumento di L. 3.292,27 nella voce in­ teressi ritardati su cambiali, derivante da una maggiore quantità di regolarizzazioni di effetti sca duti da qualche tempo;

6) Una diminuzione di L. 5.022,30 nel R i­ sconto dei Buoni fruttiferi a carico dell’ esercizio attualmente in corso, per la notevole riduzione avutasi durante il 1911 in questa speciale categoria di depositi, dopo istituito il già accennato nuovo libretto a risparmio vincolato per un anno, col me­ desimo saggio d’ interesse.

Circa le spese poche e di non grande impor­ tanza sono le differenze delle diverse voci, ove si mettano a riscontro il Bilancio 1911 con quello del 1910.

Notiamo :

1) Una diminuzione di L. 1.677,30 negli in­ teressi dovuti ai corrispondenti per i Conti correnti, a nostro debito, per la minore entità degli sbilanci successivi, specialmente nella seconda metà del- l ’ esercizio ;

2) Una diminuzione di complessive L. 1.176,34 nelle due voci: Risconto e Anticipazioni passive, 1’ uno e l’ altra da vari mesi cessate ;

3) Altra diminuzione di L. 1.610,35 negli in teressi pagati ai depositanti, dovuta in parte al gran le movimento avutosi nel corso d el! esercizio in ogni categoria di Depositi e specialmente in quella dei Depositi ordinari, dove alternandosi fre­ quentemente negli stessi libretti i depositi ed i ri­ tiri a vista per somme superiori alle L. 100, si è fatto luogo a ripetuti ed importanti storni; in parte alla diminuzione dei Depositi verificatasi nei primi mesi dell’ anno, e non neutralizzata, in quanto agli interessi, dall’ aumento di poi conseguito negli ultimi due mesi ;

(13)

4 agosto 1912 L’ ECONOMISTA 493

5) Una diminuzione di L. 3.853,96 nell’ Im ­ posta di Ricchezza Mobile, per il diminuito am­ montare degli interessi pagati ai Depositanti;

6) Il riapparire per L. 6.389,45 della voce « Risconto passivo sui Buoni Fruttiferi », i quali essendo stati ripristinati soltanto nel 1910, non po­ tevano evidentemente avere dall’ Esercizio anteriore alcuno strascico di risconto.

Relativamente al Patrimonio l’Esercizio 1911 ha dato nelle sue risultanze finali un utile netto di L. 112.081,70, che, depurato del decimo destinato ad opere di beneficenza e di pubblica utilità in L. 11.208,17 va ad accrescere il Patrimonio del­ l’ Istituto di L. 100.873,53.

Essendosi per’ altro dovute diminuire nel conto del Patrimonio stesso L. 3.198,79 per Attività ri­ sultate inesigibili e come tali depennate, e Lire 10.312,80 per diminuzione di valore dei Fondi Pub­ blici ed Azioni al corso di borsa al 31 dicembre p. p. ; ed aumentare per converso L. 195 per cre­ diti già abbandonati e nel corso dell’ anno ricupe­ rati e L. 282 per maggior valore di alcuni pochi titoli, alla chiusura dell’ Esercizio 1911 il totale del Patrimonio della Cassa è salito a L. 756.272,05, con un aumento di fronte al 1910 di L. 87.838,94. Siamo giunti così ben poco discosti da quel decimo di tutti i Depositi, che richiedesi, perchè l’ Istituto acquisti maggior libertà nelle erogazioni della legge consentitegli a prò dei miseri e del pubblico bene.

Queste lusinghiere risultanze, conclude il Di­ rettore Sig. Arturo Buffetti-Berardi, per le quali chie­ diamo il vostro bene placito, si debbono al vivo, costante, oculato interessamento dell’ Onorevole Consiglio di Amministrazione e alla operosità di­ ligente e scrupolosamente corretta dell’ intiero Per­ sonale, che merita un’ alta parola di lode e d’ in­ coraggia mento.

Il bilancio fu approvato all’ unanimità nell’ as­ semblea generale 12 Aprile 1912.

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Camera di Commercio di Roma. — Nella

seduta del 17 luglio 1912 la Camera ha trattato la questione del trasferimento dei servizi centrali della Dogana e del Dazio consumo al nuovo scalo ferroviario di S. Lorenzo e per discutere la rifor­ ma del proprio regolamento interno.

Svoltosi quindi due interrogazioni, l’ una del Consigliere Cremonesi sui criteri seguiti dagli Uffici nel comunicare alla stampa i resoconti delle adunanze pubbliche, e l’ altra del Consigliere Asca- relli sulla riforma del calendario, la Camera ha ripreso in esame la questione sottopostale dalla Direzione Generale delle Gabelle in occasione della costruzione di un nuovo edifìcio doganale al nuovo scalo merci piccola velocità a Porta Maggiore; se cioè, tenuto presente che nell’ attuale dogana in Piazza delle Terme dovrà anche in avvenire re­

stare il servizio doganale inerente alle merci a grande velocità, ai colli gruppame a piccola velocità accelerata ed ai bagagli dei viaggiatori, si ritenga più conveniente nell’ interesse generale del com ­ mercio ed in relazione al futuro ordinamento del servizio doganale in dipendenza di quello ferro­ viario e portuario che i servizi centrali della d o­ gana e del dazio consumo rimangano in Piazza delle Terme ovvero siano trasferiti a Porta Mag­ giore.

Dopo ampia discussione, cui hanno preso parte principalmente i Consiglieri Cremonesi, Fortunati. Carnei-, Capoccia, Vannisanti, Zarù, Serafini e Gar­ roni, si è approvato a maggioranza il seguente or­ dine del giorno, presentato dal Consigliere Garroni : « La Camera di Commercio e Industria di Roma esprime il desiderio vivissimo che, nell’ in­ teresse col commercio, si trovi modo di mantenere in Piazza delle Terme i servizi centrali della Do­ gana. della Piccola Velocità e del Dazio Consumo; che se questo fosse assolutamente e in ogni modo impossibile, fa voti affinchè siano trasferiti a Porta Maggiore i soli servizi centrali della D o­ gana. provvedendo a che quelli del Dazio Consumo, o rimangono in piazza delle Terme, o siano tra­ sportati in luogo anche più centrale ».

Dopo di che si è iniziata la discussione sulla riforma del Regolamento interno, prescritta dalla nuova legge di riordinamento delle Camere di Commercio.

La Commissione incaricata di predisporre la riforma, composta della Presidenza e dei Consi­ glieri Fortunati, Garoni, Scaramella-Manetti, Vanni, e Vannisanti, ha presentato il nuovo schema, co­ stituito da 93 articoli, illustrandolo con una suc­ cinta relazione.

E la Camera, accolti pienamente i criteri ge­ nerali cui la Commissione si è ispirata, e fatto plauso al lavoro da questa compiuto, ha intrapresa la discussione dei singoli articoli che ha approvato fino al N. 34.

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