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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.26 (1899) n.1333, 19 novembre

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L'ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

SC IE N Z A ECONOMICA. F IN A N Z A , COMMERCIO, B A N C H I, F E R R O V IE , IN T E R E S S I P R IV A T I

Anno XXVI - Yol. XXX

. Domenica 19 Novembre 1899

N. 1333

IL DISCORSO D ELLA CORONA

Dobbiamo forse meravigliarci se il discorso che ha pronunciato il Capo dello Stato, inaugu­ rando la 2a sessione della XX legislatura, è riuscito modesto, quasi timido? No, veramente; esso rispecchia il momento politico attuale, che non è, del resto, molto dissimile dai mo­ menti precedenti. Mancanza di idee, mancanza di uomini, mancanza di caratteri. I Ministeri, i Parlamenti, il Paese stesso procedono a tentoni, sbalestrati ora ad un estremo, ora all’ altro, senza guida, senza mèta, senza un giusto con­ cetto della situazione.

Così il Capo dello Stato ha potuto accertare che da un anno il Parlamento non funziona, nemmeno per approvare i bilanci, ma non ha potuto su tale gravissimo inconveniente dire altro che poche parole di rimprovero velato e quasi benevolo, come se si trattasse di innocua infrazione a qualche consuetudine. 11 fatto stesso che il discorso della Corona non traccia­ va un programma di lavori parlamentari, per­ chè troppe volte nel passato quei programmi erano rimasti lettera morta, parve cosa natura­ lissima, anzi quasi un progresso introdotto nei costumi costituzionali.

In sostanza, il Re ha detto ai rappresentanti della nazione: — avete già il compito dell’al­ tra volta da fare e quindi non ve ne sarà dato uno nuovo ; speriamo che ora vorrete fare il vostro dovere.

Avrebbe potuto avvertire, il Sovrano, che il compito dell’ altra volta era lo stesso del precedente, e questo era già stato in tante altre occasioni ripetuto; ma si capisce che certi fatti è meglio non constatarli, quando ad essi non si osa porre rimedio.

E non appena il Re ebbe lasciato il Parla­ mento, cominciò il solito giuoco che affievolisce ogni attività: la nomina del Presidente e gli avvenimenti che la accompagnano sono il solo argomento, sul quale si discuta. E si noti che la scelta dell’ on. Colombo è per molti aspetti lodevole, in quanto è uomo rispettato e rispettabile, che ha in tutte le contingenze la piena coscienza del proprio dovere ; mentre gli era contrapposto, senza convincimento certamente di fare una cosa utile, l’on. Bian- cheri, pure egregia persona, ma ormai politi­ camente logora dal lungo abuso che ne hanno

i

fatto tutte le combinazioni politiche di questi ultimi anni.

L’on. Colombo, è uomo di partito, ma nello stesso tempo è uomo che ha un proprio pen­ siero e sa piuttosto imporre la propria vo­ lontà, che subire ciecamente quella altrui ; con­ scio delle condizioni vere del paese, è cono­ sciuto come propugnatore accanito delle più rigorose economie non solo, ma anche della ne­ cessità di mettere l’Italia in una posizione che sia più consentanea, di quello che non sia stata fino ad ora, ai mezzi di cui dispone.

Sventuratamente, abbiamo cosi poca fiducia nel bene possibile, che temiamo molto che l’opera dell’ on. Colombo non sia sufficiente a produrre nemmeno una parte di quelle belle cose che nel suo discorso presidenziale egli ha promesse.

Se veramente vi fosse speranza che i me­ todi potessero mutare e sorgesse un’epoca nella quale Governo e Parlamento seriamente si oc­ cupassero della cosa pubblica e del riordina­ mento civile che la nazione domanda, non si sarebbe permesso che la Corona si presentasse alla inaugurazione della nuova sessione in termini così dimessi e quasi sfiduciati e non si sarebbe evitato con tanta cura di formulare una sola frase che valesse a risvegliare in tutti la fiducia che sta svanendo.

Avremo quindi anche nella nuova sessione la ripetizione del solito spettacolo, la prova cioè della impotenza del Parlamento ad affron­ tare i più urgenti e più importanti problemi che interessano la vita economica della nazione.

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738 L’ E C O N O M I S T A 19 novembre 1899

Vi è speranza che sorga qualche cosa a mu­ tare una situazione che minaccia di soffocare il paese?

Non osiamo rispondere a tali domande, ma dobbiamo con profondo rammarico notare che passano circostanze ed occasioni senza che mai si cessi di scendere.

LA IMPOSTA SOL CONSOLIDATO ITALIANO

Egregio sig. Direttore cfeK’Economista, ')

La questione sollevata dal suo reputato pe­ riodico, se cioè convenga o meno - in occasione del prossimo cambio decennale delle cartelle di rendita al portatore - di sostituire al 5 per cento lordo, un 4 per cento, esente da qual­ siasi imposta presente e futura, è di tale im­ portanza che confido Ella vorrà consentirmi di svolgere alcune considerazioni sull’argo­ mento.

Non è il caso ora di indagare le ragioni che hanno consigliato, e sarebbe più esatto dire trascinato, lo Stato italiano a colpire anche il Consolidato con la imposta sui redditi mobi­ liari. Il fatto è che quella imposta esiste ; sarà eccessiva, se si vuole; anzi direi che è in mi­ sura tale da costituire una ingiustizia tributaria, tenuto conto che l’aliquota della imposta sul consolidato è del 20 per cento e sopra redditi matematicamente accertabili Ano all' ultimo centesimo, mentre per gli altri redditi mobi­ liari si scende ad aliquote sensibilmente in­ feriori, le quali colpiscono per giunta redditi notoriamente, in certe categorie, di gran lunga inferiori al vero. Ma la questione non verte ora sulla misura della imposta; la questione è un’altra: a mio avviso, anzi, sono due, se cioè dev’ esserci, oppur no, una imposta sul consolidato, e se una volta che quella esiste si possa consigliare lo Stato a sopprimerla

nominalmente, sostituendo il titolo a interesse

netto al titolo che porta un interesse lordo. A mio credere, e certo sono in errore, il che spiega appunto perchè Le scrivo, il con­ solidato dev’ esser essere colpito come tutti gli altri redditi mobiliari, salva quella diversifi­ cazione che si deve fare tra le varie specie di reddito. Con tutto il rispetto per 1’ on. Son- nino (della prima maniera, cioè del 1890) non credo che, in astratto, la imposta sul consoli­ dato sia una macchia, e che essa abbia, nel concreto, nociuto al credito italiano. Non una macchia, perchè non trovo nulla di disonesto o di irregolare che lo Stato, dovendo imporre il reddito dei cittadini ne colpisca ogni singola parte coi metodi che sono più idonei, pur non ledendo la libertà, allo scopo finale del tributo. E se pel reddito proveniente dai prestiti pub­ blici è il metodo della ritenuta quello che si presenta più efficace, logico e giusto diventa

l) Pubblichiam o la le tte ra , a cui alludevam o nel- l’ articolo del numero passato dell’Economista, e ci riserviam o di rispondervi prossim amente.

F adottarlo. Vorrà dire che lo Stato dovrà tener conto dell’efficacia del metodo nella determi­ nazione dell’aliquota da applicare al consoli­ dato a paragone delle altre aliquote d’ imposta sulle altre specie di redditi mobiliari. Ma, ri­ peto, non so vedere una macchia nel fatto solo che Io Stato applica la ritenuta; mentre il non tassare il reddito del consolidato vor­ rebbe dire creare forme di impiego di capitale e quindi redditi privilegiati, sottratti comple­ tamente alle vicende tributarie (cui sono in­ vece esposti tutti gli altri redditi), messi al sicuro da qualsiasi ripercussione finanziaria della vita politica del paese, e per ciò stesso favoriti nel maggiore e nel migliore modo che sia in potere dello Stato. Taccio delle conse­ guenze economiche di questo trattamento di favore, e non mi fermo a considerare come esso debba riuscire odioso e sia in opposizione ai principi moderni in materia di tributi e di giustizia tributaria.

La macchia salta fuori — lo ammetto — quando si considera che lo Stato italiano ha colpito in misura differente i redditi capitali­ stici, distinguendoli in due categorie, per poter

ridurre l’interesse del debito pubblico in quella misura che conveniva nel momento più cri­ tico attraversato dalla finanza italiana, da quando fu estesa al consolidato la imposta di ricchezza mobile. Ma questa è opera dello stesso on. Sonnino (seconda maniera, cioè del 1894) che, per l’ironia delle vicende politiche, così facili a fare dei nostri maggiori uomini politici altrettanti camaleonti, trovandosi a un dipresso nella stessa condizione mentale del Sella, quando nel 1868 esclamava : o ritenuta, o fallimento, fece a un incirca come quel suo illustre predecessore avverso alla imposta sul consolidato, si rimangiò le idee che aveva poco prima propugnate con gran calore.

Sicché, su questo punto, mi pare di poter dire che la macchia è spuntata quando meno si aveva ragione di aspettarsela e per opera di chi avrebbe dovuto piuttosto far dimenticare quella che, a suo dire, già esisteva, ma che in buona finanza non si può dire vi fosse.

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Ricercare le cause di questo marasma finan­ ziario, che tanta azione deprimente esercita sul nostro Consolidato non può essere compito di questa lettera ; ma Ella, sig. Direttore, spero vorrà ammettere che nonostante la imposta del 13.20 per cento, (la macchia secondo l’ono­ revole Sonnino) il Consolidato sarebbe rimasto oltre la pari dopo il 1886 senza il disordine finanziario e bancario che per più anni ci ha deliziato. Ed Ella ammetterà certo che anche con la macchia ingrandita proprio per opera

del Sonnino è ancora nel miglioramento pro­ gressivo e costante della nostra economia e della nostra finanza la chiave per risolvere il problema di alleggerire in qualche parte i gravi pesi che il paese deve sopportare pei suoi debiti pubblici. Quel miglioramento, quando fosse vero e non artificiale, ricondurrebbe il consolidato oltre la pari, non ostante la m ac­

chia del 1894, per la semplice ragione che

l’alta banca, il mondo delle borse e gli specu­ latori 'prima e il grosso pubblico dopo, non

avrebbero a temere che l’ interesse fosse an­ cora forzatamente ridotto.

Vengo all’altra questione, e la prego perdo­ narmi se ci vengo dopo queste considerazioni, che possono parere una inutile digressione nel suo giornale, tenace propugnatore della onestà e correttezza nella finanza dello Stato, come in ogni questione di economia.

_ Togliere nominalmente la imposta, cam­ biando i titoli 5 per cento lordo con titoli 4 per cento netto non mi pare regolare, nè op­ portuno. E’ vero che ora i detentori di rendita non ci rimettono un soldo, è vero che si sem­ plificano molte cose, è vero che sui listini di Borsa il consolidato italiano viene a risultare quotato a un saggio più adeguato al suo inte­ resse effettivo. Ma questi vantaggi non mi sembrali tali da legittimare quel cambiamento di titoli. La semplicità sta bene, quando non è a scapito della realtà, della sincerità delle cose; il darsi pensiero dell’ effetto che producono le quotazioni comparate dei corsi può essere op­ portuno in alcuni casi, ma non bisogna sacrifi­ care per l’effetto (che del resto mi pare del tutto ipotetico) la sostanza delle cose. Ora la imposta esiste sul consolidato ed è regolare e opportuno che questo fatto si possa verificare in ogni singolo caso di reddito ricavato da quell’ impiego di capitale. Quali gli effetti della soppressione nominale della imposta? Che una massa di redditi apparirebbe esentata dall’onere | del tributo e sarebbe esposta alle probabilità { più o meno remote di essere nuovamente col­ pita dal fisco. Quel grosso pubblico che, se­ condo il Sonnino (del 1890) resta ingannato dalle apparenze dei listini di Borsa, sarebbe tratto in inganno ancor più facilmente, fra qualche ! tempo, quando vedesse o gli venisse detto che | i capitalisti creditori dello Stato non pagano assolutamente un centesimo di imposta sui grossi redditi che ricavano dai prestiti pub­ blici. E sarebbero tanti a dirglielo e su tutti i toni ! Che garanzia può mai offrire ai deten­ tori attuali e futuri del Consolidato la dichia­ razione che il 4 per cento sarà esente da qualsiasi imposta? Mi consenta di dirlo espli­

citamente, senza intendere con ciò di fare of­ fesa allo Stato italiano : nessuna. Meglio adun­ que che la realtà delle cose sia lasciata intatta e, bella o brutta che sia, apparisca qual’ é, in vece di mascherarla con la sostituzione dei titoli. E’ utile, è necessario che tutti sappiano come i redditi provenienti da prestiti pubblici non sfuggano alla imposta; questo é tanto più necessario nel momento sociale odierno, in cui dottrine avverse al capitale vengono insinuate nelle menti del grosso pubblico e si addimo­ stra sempre più doverosa una riforma tribu­ taria. E niente di meglio se, col diffondersi dei titoli del Consolidato fra le masse, queste hanno la prova irrefragabile e palmare che lo Stato non fa eccezioni in fatto di reddito tassato ed anzi a quelli capitalistici provenienti dai pre­ stiti pubblici applica la falcidia di un quinto. E’ questa una bella lezione di giustizia tribu­ taria che sarebbe un errore il voler distrug­ gere specie in un’ epoca di attriti e lotte so­ ciali come la presente; è una lezione di diritto tributario che vale certo quelle piccole com­ plicazioni di scritture o di formalità che esige l’applicazione della imposta per ritenuta.

A mio credere, l’ errore che si commette­ rebbe rinunciando nominalmente, con lo scam­ bio dei titoli, all’ imposta sul Consolidato sa­ rebbe duplice: politico e insieme finanziario. Politico, perchè sconfessando il vero stato odierno delle cose, col non riconoscere la esi­ stenza della imposta, mentre si aprirebbe la via a nuove espropriazioni del reddito nell’av­ venire, lo Stato verrebbe esso stesso a procla­ mare che la diminuzione del reddito dal 5 al 4 non proviene già dalla imposta, bensì da una riduzione forzata dell' interesse. Finanziario, perchè penso che il credito dello Stato avrebbe piuttosto danno che vantaggio da un proce­ dere di tal genere. I detentori del Consolidato italiano vedrebbero molto probabilmente nello scambio dei titoli a interesse lordo con quelli a interesse netto, una nuova prova della ten­ denza dell’ Italia a manipolare, per così dire, il suo debito pubblico, senza alcun riguardo alla volontà del creditore, ma soltanto a se­ conda degli interessi immediati o mediati, veri o supposti, che essa crede di avere. Brutto si­ stema, che non saprei raccomandare al mio paese e che ha sempre per risultato la diffi­

denza verso il debitore, della quale i corsi dei

titoli non potrebbero che risentirsene.

E non mi dilungo a esaminare se lo scam­ bio dei titoli potrebbe essere reso obbligatorio da una legge, come L'Economista mostra di credere, oppur no, come io penso.

Per me poiché l’ imposta c’è, poiché essa è pagata dai creditori dell’ interesse del debito pubblico, il loro diritto che 1’ adempimento di quell’ obbligo non sia in alcun modo sottaciuto o mascherato, non può essere contestato ; e l’opposizione al cambio obbligatorio dei titoli sarebbe, parmi, legittima.

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740 L’ E C O N O M I S T A 19 novembre 1899

ad essi ben note. Vecchio e assiduo lettore del suo giornale ne ho ammirato sempre la sin­ cerità delle opinioni e la lealtà degli intendi­ menti ; il dissenso in questa occasione mi fa desiderare che la questione, nella quale mi sono permesso di interloquire, sia almeno esa­ minata, su questo organo delle idee liberali in Economia e in Finanza, sotto tutti gli aspetti.

Nel ringraziarla per l’accoglienza che con­ fido vorrà concedere alla presente, mi è grato confermarmi,

Della S. V.

Devotissimo

V. R.

Mezzogiorno e Settentrione

Confronti tra il mezzogiorno e il setten­ trione d’Italia se ne sono fatti e se ne fanno senza numero : non solo in meditati lavori di genere storico e sociologico, ma anche e spe­ cialmente nei privati colloqui, nelle discus­ sioni parlamentari, nella stampa quotidiana, a proposito d’una o più questioni di materiali interessi. Anche quando contengono del buono, di rado hanno il pregio d’ una intera impar­ zialità. Come si può giudicare spassionata­ mente quando si è giudice e parte? E d’ al­ tronde è fatale che il più delle volte sia così, poiché chi non è in qualche modo interessato in una data cosa per lo più non se ne occupa.

In materia economica, viene generalmente riconosciuto senza contrasto che la prosperità è maggiore nell’Italia settentrionale, perchè ivi la ricchezza naturale si è saputa o pututa svolgere e far fruttare di più. Ma il dissenso incomincia quando si indagano le cause di questo fatto, e perdura quando si cercano i modi per procurare una maggiore uguaglianza, per determinare un migliore equilibrio. I set­ tentrionali accusano i meridionali di contri­ buire in piccola parte all’ incremento della ricchezza nazionale; i meridionali rispondono di essere i più poveri e di sopportare ingiu­ stamente una maggiore quantità complessiva di pubbliche gravezze. I primi rimproverano ai secondi di spingere troppo lo Stato nella via delle spese, con incessanti e indiscrete richieste di lavori per utilità variamente lo­ cali; i secondi rinfacciano ai primi il loro minor bisogno di pubblici lavori, dipendente dall’esserne più provvisti, dall’averne sempre ottenuti di più, e se scendono a confronti non di rado più odiosi che esatti, e della accusa si fanno leva per allegare i diritti proprii, per insistere nei reclami e nelle richieste.

I settentrionali quali deano i loro fratelli del mezzogiorno come inetti al self heljj, e van­ tano le proprie abitudini di lavoro e di r i ­ sparmio, il proprio spirito di iniziativa e di associazione. Gli altri, senza negar ciò, appon­ gono che i termini del paragone sono male scelti perchè non equivalenti, in quanto nel mez­ zogiorno, dissanguato dal fiscalismo e non com­ pensato in nessun modo, attitudini e abitudini

altrettali non possono mai sorgere ed espli­ carsi. I settentrionali, finalmente sono pro­ pensi e soliti a volere da parte dello Stato una politica economica più che altro favorevole alle industrie, osservando che bisogna pure tener conto dello stato di fatto e secondare i buoni avviamenti presi, che nelle loro regioni molte industrie antiche e nuove fioriscono, si perfe­ zionano, si estendono, e che se il mezzogiorno non ne ha, sibi imputet, giacché potrebbe averne sol che volesse e sapesse. Viceversa, i meridionali propugnano una politica econo­ mica favorevole piuttosto alla agricoltura, non solo perch’ essa è a tutt’ oggi la quasi unica loro sorgente di sostentamento e di lucro, ma poiché, a differenza delle altre, è di per sé stessa industria massima, fondamentale, madre di ogni altra, propria d’altronde non del mez­ zogiorno soltanto, ma dell’Italia intera.

La ragione non sta mai tutta da una parte sola, e il torto neanche. Se noi dovessimo dare a ciascuno ciò che ci sembra il suo, diremmo che i settentrionali sono nel vero quando ri­ scontrano nel mezzogiorno il torto di aspet­ tarsi troppo da una azione esagerata dello Stato e la mancanza di volontà, di attitudine, di abitudine a provvedere da sé ai propri in­ teressi ; e che i meridionali hanno giusto mo­ tivo di lamentare che la politica economica dello Stato italiano sia stata quasi’ sempre e sia tuttora antiliberale e protezionista, forse non col proposito deliberato, ma senza forse col risultato effettivo di favorire quelle sole forme di attività nazionale che a tutt’ oggi si concentrano nel nord, cioè le industrie ma­ nifatturiere, disconoscendo il danno che ne hanno risentito e ne risentono quelle altre forme di attività che sono più proprie del sud, cioè 1’ agricoltura e le industrie che da essa direttamente derivano.

Ad avvalorare la prima delle due afferma­ zioni, nulla si presta più che il riprodurre qualche brano d’un discorso pronunziato verso la metà d’ottobre dal deputato Talamo dinanzi ai suoi elettori di Vallo Lucania ; discorso che ha avuto una certa eco, specie nella parte meridionale della penisola, perchè lasciando opportunamente da banda le questioni politi­ che, tratta dello stato economico del paese, sola cosa che oggi interessi davvero il paese stesso.

Ivi sono dette, fra altro, con franca parola, alcune non lusinghiere ma utili verità agli italiani del mezzogiorno. — Per esempio :

« Non escludo che molte sieno le colpe no­ stre e non tutte perdonabili.

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toci affrettatamente fu poi peggiorato da noi medesimi. »

Ed altrove :

« Nelle nostre regioni, in verità, non si odono recriminazioni ; non se ne odono pel fatto principale, che, come ho già detto, siamo quasi sempre ignari di ciò che tocca più da vicino i nostri interessi, e ci troviamo nel­ l’incapacità assoluta di rendercene conto, as­ sorbiti come sietno delle cure incessanti, per quanto disordinate, della nostra vita locale. I pochi che viaggiano o coloro ai quali accade discorrere delle condizioni sempre più floride di altre regioni, si stringono nelle spalle, uni­ camente deplorando che presso di noi faccia difetto lo spirito d’iniziativa e di associazione e non sanno vedere più in là. »

Altri dirà col sorriso sulle labbra che questo è un tirar sassi in colombaia. Per noi, è sin­ cerità lodevolissima e necessaria anche, non si può intraprendere per nessuna malattia una cura seria e efficace, se non si fa prima una diagnosi spietatamente esatta.

E riguardo alla scarsa coscienza di sé, della azione che i cittadini possono esercitare in un regime libero, valgano anche le seguenti parole :

« I meridionali, poco preparati ai tempi nuovi, non hanno seguito una condotta poli­ tica atta a dare ad essi una legittima azione nel parlamento e nel Governo: nemmeno quella che i grandi interessi materiali loro traccia­ vano. È difficile, in un periodo di quaranta anni, trovare un programma di politica eco­ nomica e industriale che li abbia uniti e abbia dato ad essi una forza fattiva come fecero sempre, altri dirà se ugualmente sempre con lodevoli risultati, i rappresentanti di altre re­ gioni. Si voleva essere un paese agricolo e si seguiva la politica delle regioni manifatturiere all'inizio della loro formazione : si costruivano strade e si entrava in una politica che doveva ridurre l’esportazione agraria ; si sperava tutto dallo Stato e non si sapeva controllare dove i vantaggi più ricadevano. »

E dopo premesse così giuste, fa meraviglia il vedere che l’on. Talamo, compiacendosi dei vantaggi che F ultima legge sulle bonifiche recherà al mezzogiorno, qualifichi ingiusta la legge precedente, perchè si fondava tutta sul- Finiziativa privata col procurare e favorire i consorzi. Ma dov’ è, egli esclama, l’iniziativa privata da noi ? L’ iniziativa privata suppone uno sviluppo di benessere che le nostre pro- vincie non hanno ancora raggiunto.

No, onorevole deputato, voi vi aggirate in un circolo vizioso, o meglio confondete l’effetto con la causa. Il benessere materiale porge, lo ammettiamo, un terreno sempre più agevole a quell’iniziativa privata e a quello spirito di associazione che hanno saputo produrlo ; ma essi ne sono la prima causa, il primo e più valido fattore, essi più e meglio d’ ogni aiuto altrui. Avreste toccata una nota più giusta, se nel vostro discorso, d'altronde pregevole, ave­ ste detto agli ascoltatori e a tutti i loro con­ cittadini del mezzogiorno, con miglior forma di quella che riesce a noi di adoperare. Tutti

i fatti umani e sociali risultano dall’ indole e dalle qualità degli uomini che li pongono in essere, così come la tela riesce più o meno buona secondochè sia più o meno buona la qualità dei Ali che la compongono. Qui si ha meno di quello che si vorrebbe, perchè non si sa essere fuorché da meno di quello che si dovrebbe.

Del resto Fon. Talamo in gran parte lo ri­ conosce, quando dice egregiamente (spigoliamo alcune sue frasi): Le colpe altrui non possono giustificare i propri errori. Occorre che la classe dirigente delle nostre regioni incominci a sentire fortemente i propri doveri. Sappiate ancor voi organizzarvi a difesa dei vostri le­ gittimi interessi. Riuscite a migliorare voi stessi, distinguendo i torti che abbiamo patiti dagli errori che abbiamo commessi. Opportu­ nissime parole, espressione d'un giustissimo concetto.

Nel suo discorso Fon. Talamo accennò di sfuggita anche alla crisi edilizia, in cui rima­ sero immobilizzati o andarono del tutto per­ duti capitali del settentrione. Ebbene, ecco dun­ que una parte d’Italia che ha sofferto danno appunto per dato e fatto del suo spirito intra­ prendente. Si è forse per questo accasciata? no, altri capitali si sono messi in moto per altre imprese. Così fa chi ha vigore, intelli­ gente coraggio, cosciente energia.

E quale esempio più appropriato della crisi bancaria? Comunque si sia svolta, è certo che ha involto e danneggiato capitali più che altro dell’Alta Italia. Or bene, per quanto essa non abbia ancora finito, diremo cosi, di liquidarsi, per quanto non ne siano finiti del tutto gli strascichi e le conseguenze, dov’ è che nuovi capitali si sono associati per formare banche nuove, già affermatesi, colle loro rappresen­ tanze, per tutta la penisola? Nell’Alta Italia, e non altrove. Questi sono fatti.

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742 L’ E C O N O M I S T A 19 novembre 1899

Alcuni di noi se ne accorgono, tanto è vero che chiedono intervenga una Autorità supe­ riore per farci muovere colla coazione. Sug­ gerire questo mezzo è meglio che nulla, è tutto ciò che sappiamo fare ; ma se la coa­ zione non viene, i più fra noi non si muovono. Ora noi domandiamo : è ragionevole, è giu­ sto, è logico lamentarsi che le Autorità costi­ tuite, prima fra tutte lo Stato, siano troppo fiscali, siano dissanguatrici, quando d’ altra parte ad esse, cominciando dallo Stato, si chiede sempre qualche soccorso ? *)

Abbiamo fin qui tenuto un linguaggio che non è certo di adulazione, ma che esprime ciò che a noi sembra la verità. Vediamo ora il rovescio della medaglia.

Nel nostro parere i meridionali hanno ra­ gioni da vendere quando affermano che le tariffe doganali e i trattati di commercio rap­ presentano il sacrificio del mezzogiorno al set­ tentrione. Noi anzi andiamo più in là, e di­ ciamo che rappresentano il sacrificio dei molti

ai pochi.

Sta bene non chiedere molto allo Stato, ma è lecito chiedergli che faccia a dovere la parte sua. E esso che stipula i trattati di commercio, esso che stabilisce le tariffe doganali; e sta in fatto che, con quelli e con queste, per l’osti­ nata aberrazione di proteggere artificialmente un certo numero d’industrie manifatturiere contro la concorrenza di industrie estere ana­ loghe, non solo ha recato grave danno alla gran massa dei consumatori, ma ha fatto chiu­ dere o socchiudere parecchie porte estere ai prodotti di quella massima industria italiana che è l’agricoltura. Così facendo, non ha dan­ neggiato soltanto le regioni meridionali. Anche l’Alta Italia ha prodotti naturali la cui espor­ tazione è venuta a incontrare ostacoli ; e basti citare i vini, la seta, il bestiame. Ma le regioni meridionali ne hanno risentito pregiudizio più grave, cioè in doppio modo : da un lato perché il loro suolo dà prodotti più copiosi e di qua­ lità che potrebbe essere più richiesta all’estero, dall’altro perchè non possono, come le setten­ trionali, compensarsi con l’agiatezza generata dal fiorire di quelle industrie manifatturiere che a tutt’ oggi non hanno.

Se il nostro sistema doganale fosse mite, razionale, informato ai principi del libero scam­ bio, al mezzogiorno d’Italia, malgrado il fisca­ lismo tributario che imperversa dall’Alpi al- F Jonio, spetterebbe il compito di provvedere

*) Il aig. E doardo G ire tti scrive nel Jo u rn a l des

Economistes (luglio 1899) : « Lo S tato in I ta lia fa la

levatrice, la balia, la bam binaia, il pedagogo, il m aestro di scuola, il medico, l’ inferm iere, la suora di c a rità , il veterinario, l’esattore, il doganiere, l’agente di polizia, il giudice, il carceriere, il soldato, il m a­ rinaio, il banchiere, il negoziante a ll’ ingrosso e al m inuto, il coltivatore, il m anifattore, l’ in trap re n d i- tore di trasp o rti, il capostazione, l’im piegato postale, il telegrafista, il m uratore, il fornaio, il pizzicagnolo, 10 spazzino, ¡’ufficiale di stato civile, il notaio, il p rete, il becchino. »

E lo stesso autore, con una breve analisi delle attribuzioni e occupazioni così enum erate, giustifica 11 proprio asserto.

alla propria agiatezza col far fruttare, mediante le intelligenti culture e gli attivi traffici, quei vantaggi di clima e di suolo di cui ha il dono e il privilegio. Ma quando un improvvido r e ­ gime economico, se non glie ne toglie del tutto la possibilità, glie la menoma grandemente, bisogna andar più cauti ed essere più equi nel rimproverargli certe sue, d’altronde innegabili inferiorità. Bisogna distinguere tra quelle la cui responsabilità risale alle sue classi che male usurpano (le belle eccezioni non contano) il nome di dirigenti, e quelle che l’errato indi­ rizzo dei poteri legislativi e amministrativi dello Stato contribuisce a determinare o a perpetuare.

Se invece di svolgere brevi considerazioni pratiche, facessimo un sottile studio fisiologi- co-sociale, potremmo forse notare che tutte le regioni d’Italia sono e furono sempre rappre­ sentate in Parlamento, che tutte, a volta a volta o promiscuamente, videro salire al po­ tere i loro uomini più cospicui, e che, nel cozzo di alcuni interessi materiali, l’avere meno bene difeso i propri e l’aver lasciato che gli altrui ottenessero la prevalenza, costituisce già pel Mezzogiorno un segno di inferiorità. Ma l’ana­ lisi di questo fatto attraverso quattro decenni di vita nazionale importerebbe troppo lungo discorso. Qui ci sembra poter porre fine al con­ fronto col conchiudere : che l’ Italia settentrio­ nale è oggi, sotto il rispetto economico, in mi­ gliori condizioni, in buona parte per merito proprio ; che l’Italia meridionale è in condi­ zioni peggiori, per colpa in parte propria e in parte no; e che, soltanto per quest’ultima, lo Stato ha speciali doveri da compiere, errori propri da correggere, più retta via ove in­ camminarsi.

MOVIMENTO DEL COMMERCIO ITALIANO

NEL QUI NQUENNI O 1894-98

Come, ben si vede, in complesso il movi­ mento è decrescente, meno che per poche voci, come i velluti fini ed \ velluti misti con seta ; la qual cosa risponde del resto allo sviluppo raggiunto in questi ultimi anni dalla industria cotoniera italiana.

Molto più importante è la categoria 6a: lana,

crino e peli, la cui importazione dalla Ger­

mania ha segnato nel quinquen nio : 22.8 - 22.8 - 22.5 - 21.5 - 18.3 milioni.

Le voci di maggior traffico sono, come le cifre totali, tutte in decrescenza : cosi le lane

pettinate non tinte, di cui entrarono in Italia

nel 1894 per 5.6 milioni dalla Germania, an­ darono mano a mano scemando, e troviamo una più alta cifra, fino a sei milioni nel 1897, l’ultimo anno del quinquennio segna 3.3 mi­ lioni; la hor-ra di lana ed i cascami di lana andarono oscillando da un milione ad un

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lione e mezzo; il pelo greggio inlorno ad un I milione, con una più bassa cifra (775,000 lire) nel 1897, ed una più alta (1,832,000) nel 1896 ; - i filali di lana pettinala semplici greggi danno nel quinquennio un massimo di 1.5 ed un mi­ nimo dì 1.1 con tendenza decrescente negli ultimi anni.

I tessuti danno le cifre seguenti nel quin­ quennio :

1894 1895 1896 1897 ! 898

T essuti di lan a

scar-d assata. . . . 1 . 5 1. 7 1.6 1 .4 1 .4

Tessuti di la n a p e t­

tin a ta . . . . 6. 0 6 .9 7 .0 6 .8 5. -1 Tessuti stam p ati di

lan a p e ttin a ta . . 1 .0 O ggetti cuciti . . 1 .0

0. 7 0 .5 0 .5 0 .5

1 .0 0. 7 0 .6 0 .5

Il rimanente su molte altre voci.

Noteremo che i filati dì lana cardata che importiamo in quantità limitata, il (massimo del quinquennio fu di 273 quintali nel 1895, il minimo di 86 quintali nel 1898) pervengono quasi tutti dalla Germania ; che dei filati di lana

pettinata ne importiamo dai 20 ai 28 mila quin- I

tali, di cui 1500 dalla Germania ; che dei tes­

suti di lana cardassata, la cui importazione

oscilla tra i 5 ed i 4 mila quintali, quasi la ; metà viene dalla Germania, mentre non ci manda che un quarto circa dei 20 ai 25 mila quintali di tessuti di lana pettinata che im­ portiamo.

Nella categoria 8a seta la Germania ha j piccola importanza : non entrarono nel quin­ quennio che 11.6 - 14.2 - 14.6 - 13.3 - 14.5 mi­ lioni.

La voce principale è la seta tratta semplice ;

o addoppiata tinta, della quale la Germania I

ci mandò 4.6 - 4.8 - 5.2 - 3.9 - 5.7 milioni, mentre la nostra importazione nel 1898 fu di oltre 18 milioni. Le quantità furono le seguenti :

1894 IB95 1896 1897 1898 (Chilogrammi)

Importazione totale 244,107 295,677 370,222 322,019 431,840 Id. dalla Germania 97,064 108,519 130,200 97,791 137,069

Si osservi che la proporzione della impor­ tazione tedesca sul totale è decrescente.

Tutte le altre voci hanno limitata impor­ tanza; solo va notata quella degli oggetti cu­

citi di seta che ha dato 1.2 - 1.6 - 1.7 - 1.4 -

0.9 milioni; sono nell’ultimo anno 6155 chi­ logrammi, contro 246,100 chilogrammi della totale importazione.

Si può trascurare la 9a categoria legno e

paglia, che non dà nel quinquennio una im­

portazione che di 2.5 - 1.7 - 1.2 - 1.0 - 1.4 mi­ lioni ; e nella 10* carta- e libri che diede 3.7 - 4.2 - 5.1 - 5.2 - 6.0 milioni, vanno segnalate le voci seguenti : la la pasta di legno ecc. rel-

lulosa che da mezzo milione è salita a 1,359,000

lire ; nel 1894 si importarono 93,000 quintali, di cui 17,000 dalla Germania ; nel 1898 se ne importarono 181,000, di cui 45,000 dalla Ger- ! mania ; - le stampe, litografie e cartelli quasi | tutti di importazione tedesca, infatti il valore

rappresenta intorno ad un milione e mezzo ma le quantità furono le seguenti :

Importaz. totale Importaz. dalla Germania

1894 . . quintali 2, 117 1,315

1895.. . . » 2, 138 1,321

18911. , . » 2,291 1,501

1897. . . » 2,418 1,420

1898 . . . » 2,779 1,740

e finalmente i lavori di carta e di cartone di cui entrano 0.3 - 0.5 - 1.0 - 1.0 - 1.0 milioni nel quinquennio, circa la metà della totale im­ portazione.

Nella l l a categoria pelli, la importazione fu la seguente : 6.7 - 7.7 - 7.5 - 8.4 - 7.5, ha pure poche voci importanti ; quasi un milione di pelli crude e dai 4 ai 5 milioni di pelli con­

ciate, con notevole proporzione (1 a 5) di quelle verniciate.

Importante la categoria 12*, minerali, m e­

talli e loro lavori che dà nel quinquennio una

importazione dalla Germania di 44.0 - 44.9 - 45.4 - 47.1 - 54.6 milioni, circa da un quarto ad un terzo della totale importazione di questa ca­ tegoria.

Esamineremo solo le voci che in uno o nel­ l’altro anno del quinquennio diedero una im­ portazione superiore al milione.

1 ferri ed acciai di 2° fabbricazione in gran

parte piallati rappresentano con qualche oscil­ lazione tre milioni di lire di entrata ; e con ci­ fra crescente da mezzo ad un milione gli stessi

ossidati o smaltati ; — viene poi la voce rame, ottone, ecc., in cilindri stampi incisi per la

stampa da 600,000 a 1,200,000 nei due primi anni per scendere poi fino a 500,000 lire nel 1898 ; del nichelio e sue leghe in dadi e pani o rottami, se ne importò per 1,247,000 nel 1894, cioè 3005 quintali, cioè quasi tutta la importazione che in quell’anno fu di 3328 quintali ; poi la importazione cade ad un de­ cimo, circa 300 quintali, che pure vengono dalla Germania per la massima parte.

Lo zinco presenta il seguente movimento :

Zinco in pani Zinco in lamine e in rottami o lavorato Import. Imp. dalla Import. Imp. dalla

totale Germania totale Germania

1 8 9 4 .. 14,007 32, 489 17,172

1 8 9 5 .. 23, 780 13, 480 31,364 16,349

1896.. 25, 900 15,954 34, 824 14, 863

1 8 9 7 .. 32, 782 17, 296 35, 565 15, 321

1898. . » 28,129 13, 773 32, 000 13,079

Nel totale le quantità di importazione dalla Germania per lo zinco in pani e lavorato rappresentano un valore di circa un milione e mezzo : e si vede che lo zinco tedesco, che entrò in Germania rappresenta circa la metà del totale : 1’ altra metà ci viene dalla Olanda principalmente e poi dalla Francia.

(8)

744 L’ E C O N O M I S T A 19 novembre 1899

aumento: le macchine utensili da 0.6 a 0.7 milioni; le macchine idrauliche da 26 mila lire a 156 mila; la macchine agrarie da 0.4 a 0.8 milioni; le macchine per la filatura da 0.6 a 0.7; le macchine dinamo-elettriche da 194.000 lire a 4 milioni, le macchine non nomi­ nute da 1,3 a 2.2 milioni. Il totale delle im­ portazione delle macchine rappresenta circa 38 milioni.

Gli strumenti di precisione hanno dato un movimento pure crescente nella importazione dalla Germania secondo le cifre seguenti: 2.5 - 3.0 - 4.6 - 5.9-8.6 milioni. Nei gioielli d’ar­

gento e d'oro si hanno le seguenti cifre: 6.G

- 6.7 - 6.0 - 3.8 - 5.8 milioni; e finalmente nei

fornimenti di orologeria la Germania ci man­

da i sette ottavi della totale nostra importa­ zione cioè 2.5 - 2.5 - 2.2 - 2.4 - 2.4 milioni.

Nella 13a categoria pietre, terre, vasellami,

vetri e cristalli che dà una entrata di merce

tedesca di 6.9 - 5.2 - 4.4 a 4.8 - 8.0 milioni, il movimento si riduce alla voce molto oscillante dei rubini, smeraldi e diamanti; il massimo 2.6 milioni nel 1894 il minimo 819.000 nel 1897; il carbon fossile, di cui è pure molto saltuaria la entrata 1.3 - 0.5 - 0.5 - 0.6 - 2.7 mi­ lioni secondo la altezza dei prezzi; le terra­

glie verso 800.000 lire nel 1898 con movimento

crescente; e i lavori di vetro e di cristallo, poco più di un milione.

La categoria 14a cereali, farine, prodotti

vegetali eoe. arriva appena a 2.2 milioni; la

parte maggiore è dovuta alla entrata di fecole. Poco più importante la 15a categoria animali

e loro prodotti si aggira in una importazione

dai 4 ai 5 milioni; il merluzzo, lo stocoflsso, le aringhe e simili importano un milione, le

piume, i bottoni di madreperla, Vavorio sono

le altre voci principali.

Finalmente la sedicesima categoria ; og­

getti diversi, presenta un movimento crescente:

5-4 - 6.2- 6.4 8.3 - 7.0 milioni; le mercerie (25 milioni), i pianoforti, la gomma, i fili e cordoni

elettrici, i pennelli, danno la cifra maggiore.

Ecco anche per la Germania il ¡prospetto delle categorie in migliaia di lire :

1894 1895 1896 1897 1898 I. 1.510 1.698 1. 783 1.948 2.016 II. 3.637 3. 396 1. 154 2. 157 2. 715 III. 6.573 7. 233 9. 746 11.418 10. 047 IV . 10. 058 9. 486 9. 534 11. 793 11.477 V. 1.105 1. 278 1. 625 953 1.079 V I. 6. 947 6. 999 6. 817 6.721 5. 961 V II. 22. 862 22. 821 22. 550 26. 520 18. 332 v m . 11.667 14. 240 11. 682 13. 314 14. 577 IX. 2. 584 1.710 1. 212 1. 032 1.401 X . 3. 746 4. 249 5. 130 5 .1 9 9 8.048 X I. 6. 717 7. 712 7. 505 8. 436 7. 556 X II. 44. 086 44. 905 45. 459 47.100 54. 653 X III. 6. 906 5. 243 4. 469 4. 325 8.015 X IV . 2. 262 1.801 1. 873 1. 769 2.276 X V . 4.044 • 5.382 5. 166 4. 405 4.030 X V I. 5.413 6.265 6. 421 8. 293 7. 054

Le Banche per azioni (Joint-Stock Banks) a Londra

T)a\VEconomist di Londra riassumiamo la

situazione delle Banche per azioni a Londra alla fine del primo semestre dell’anno 1899.

Ecco le tabelle indicanti P ammontare dei depositi fruttiferi ed in conto corrente, non­ ché la entità del capitale e delle riserve alla fine dell’ultimo semestre :

Banche con sola sede in Londra :

London and W e stm in ste r.

1899 1899 30 giugno 30 giugno Depositi ‘ ^pitale v e r serv a (m igliaia di sterline) 28,572 4, 400 London Jo in t-S to ck . 18,553 3, DUO U nion... 17,376 2,555

G lyn, Mills, C urrie and C° 15,178 1,500

C i t y ... — —

London and South-W estern 10,762 1,390

M artin’s ... 2,696 585

T o ta li .

. ,

93,137 13,430

Banche con su c c u r sa li:

N ational P rovincial 51,293 5,150

London an d C ounty , 45,382

41,730

3,275 L l o y d s ... 3,500

London C ity and Midland 32,716 4,405

B a rc la y and C° . . . 31,791 3, 188

P a r r ’s and Alliance 25,006 2,740

C apital and C ounties . 20,568 1,750

W illiam s, e tc ... 13,009 1,525

London an d Provincial 10, 254 1, 745

P resco tt, D im sdale . 4. 750 612

T o tali sterline 276,509 27,890

Il totale generale dei depositi che si ha nelle 16 banche, nel primo semestre 1899 ammonta a 369,416,000 Lst. contro 343,238,000 L. ster. in 17 banche alla medesima epoca dell’ anno passato. E quantunque il numero delle ban­ che sia differente, gli affari sono stati i me­ desimi, poiché la City Bank e la London and Midland Bank furono fuse sotto il nome di London and City Midland. Tenendo conto di questa trasformazione, le banche del primo gruppo hanno un totale di depositi di Lst. 93,137,000, contro Lst. 86,741,000 nel giugno 1898, segnando un aumento di 6,396,000 Lst,

Quelle del secondo gruppo hanno un totale di depositi di Lst. 276,509,000 contro Lst. 256,493,000 nel giugno 1898 comprendendo le cifre della City Bank ; 1’ aumento è quindi di 20,016,000 Lst. Le cifre delle banche del secondo gruppo, quantunque sembrino assai più elevate, sono però in relazione con quelle delle banche con sede in Londra e senza succursali, essendo di 7-8 p. c. l’accrescimento proporzionale per il secondo gruppo, contro 7-3 p. c. del primo gruppo. Infine il totale generale non solo è più elevato di 26 milioni e mezzo di sterline ma questo accrescimento di depositi non è stato mai riscontrato neppure per un periodo di 12 mesi.

(9)

della City Bank, e quelle delle banche con succursali un aumento di 2,470,000 Lst. Que­ sto ultimo aumento proviene senza dubbio, per una buona parte, dall’ assorbimento di varie piccole banche ; ma qualcheduna ha accresciuto ancora le proprie riserve durante il semestre scorso.

Ecco l’ammontare delle passività per debiti garantiti :

Banche con sola sede in L ondra:

1899 30 giugno migliaia di sieriine

London and W estm in ster ... 212 London Jo in t-S to ck ... 1,976 U nion...3,315 G lyn, Mills, C urrie an d C ° ...1,727 C i t y ... ... -London and South W e s t e r n ... — M artin’s ... 449

T otali . . . 7 ,6 7 9

Banche con succursali :

N ational Provincia!... 327 London and C o u n t y ... 1,415 L l o y d s ... 536 London C ity and M i d l a n d ...1,861 B arclay and C °... 442 P a r r ’s and A l l i a n c e ... 2,052 C apital and C o u n t i e s ... 840

W illiam s and Man. an d Sali. . . . . 476

London and P rovincial... — P rescott, D im s d a le ... 173

T o ta u x . . . 7,992

Il totale delle passività per debiti garantiti .nei due gruppi di banche è di 15,001,000 Lst., contro 14,350,006 alla fine del giugno 1898 ciò che mostra l’attività degli affari durante il primo semestre di quest’anno.

In ciò che concerne le anticipazioni e gli sconti le cifre sono le seguenti:

Banche con sola sede in Londra :

1899 30 giugno migliaia di sterline London and W e s tm in s te r... 16,559 London J o in t S t o c k ... 15,357 U n io n ... 10, 109 Glyn, Mills, C urrie an d C ... 6,822 C i t y ... — London and S o u t h - W e s t e r n ... 6,579 M artin’s ...1,587 T o ta li . . . 57,013

Banche con succursali :

N ational P r o v i n c i a l ... 29,582 London an d C o u n t y ... 28,462 L l o y d s ... 25,709 London C ity and M i d l a n d ... 21,023 B arcialy and C°...15,200 P a r r ’s and A l l i a n c e ... 15, 183 Capita! and C o u n t i e s ... 11,512 W illiam s and Man. and S a i... 8,367 London an d P r o c i n c i a ' ...7,557 P rescott, D im sd a le ... 2, 762 T o tali . . . 165,357

Le tavole seguenti danno la composizione dell’incasso e dei valori ; la prima colonna comprende l’incasso e le riserve disponibili alla Banca d’ Inghilterra, la seconda le cambiali a

vista, e a breve scadenza, la terza i fondi di stato inglesi ed indiani.

30 giugno 1899

Banche d i Londra :

Lond. and W est. Loud. Joint-Stock Union . . . . G lyn, Mills . C ity . . . . L. and. S.-W est. M artin’s . Incasso 4,820 2, 695 3, 109 1,969 1,300 '514 Crediti a vista migliaia di 7,015 3,353 4,497 468 740 Fondi di Stato sterline 4, 105 3,266 3,222 3, 270 3,269 256 Totali 15,940 5,961 9, 684 9,736 5,037 1,510 T otali. 14,407 16,073 17,388 47, 868 Banche con succursali: N ational Provine. 6,010 4,144 17,034 27,188

Lon. and C ounty 6,559 3,148 10,410 20, 117

Lloyds. 5, 174 4, 944 8,500 18,618

Lon.Ci'y and. Midi 4,411 5,314 5, 986 15,711

B arclay and C° . P a r r ’s and Ad. .

4,048 5,409 9,266 18, 723

3,672 5,785 2,779 12,236

Cap and Count. 2, 679 2, 872 4,847 IO ,398

W m s Man. Sfd. . 1,782 2,124 1,972 5,878

Lond. and Prov. 814 650 2,911 4, 405

P resco tt, Dimsd6. 665 815 969 2 ,4 4 9

T otali. 35,844 35,205 64, 7 4 135,723

La London Joint-Stock Bank non fa figurare qui le sue cambiali a vista poiché sono com­ prese nell’incasso.

Se ritorniamo sulle due prime tabelle, si vede che contro un aumento tra capitale, ri­ riserve e depositi, di 28,882,000 Lst. le banche hanno impiegato 17,141,000 Lst. in sconti e anticipazioni, LS. 1,652,000 in altri impieghi, 6.381.000 in assegni a vista, e l’avanzo in Lst. 1.834.000 era passato ad aumento in detta cassa.

Riassumendo, l’impiego di tutte le risorse delle banche è stato il seguente:

30 giugno 1899 C a s s a ... L . 50,251,000 C r e d i t i ... » 51,278, OoO I m p i e g h i ...» 8 2 ,0 6 2 ,000 L. 183,591,000 Sconti e anticipazioni . . . . » 222,370,000 L. 4 u 5 ,961,000

Le tabelle seguenti danno V utile netto per ciascuna banca :

Banche con sola sede in Londra : an London and W estm inster . . . . Ls. 220,200 U n i o n ...» 116,100 •Joint-Stock... » 114,300 C i t y ...» — London and S o u th -W e ste rn . . . . » 81,200 M artin’s ...* 26,200 T o tali . . . L. 558,000

Banche con su c c u rsa li:

(10)

746 L’ E C O N O M I S T A 19 novembre 1899

Se le banche hanno veduto aumentare le loro disponibilità, in proporzione considere­ vole, anche il loro impiego ha avuto un’ in­ fluenza sensibile sugli utili netti; infatti per le banche metropolitane yi fu F aumento sul 1898 di 53,000 sterline di utili e per le Ban­ che con succursali vi fu pure per quasi tutte un aumento.

Ecco un’ ultima tabella dimostrante i divi­ dendi distribuiti :

Banche con sola sede in Londra :

London and W estm inster . London J o in t-S to c k ... U n i o n ... C i t y ... London an d South-W estern M artin’s ...

latente di crise, da cui è infestata la ridente Como. L’offerta di lavoro, sempre abbondante in tutti i rami della produzione, divenne ec­ cessiva in questi ultimi anni a causa di una irruzione tempestosa di tutti i tessitori rovi­ nati dal telaio meccanico e se ne sono visti perfino di quelli che non sdegnarono, pur di vivere, i mestieri più bassi. Ora le notizie che F autore reca su questa trasformazione sono interessanti e tutto lo scritto, a parte alcune tendenze, è istruttivo e merita d’esser letto da chi vuol conoscere lo stato presente del­ l’industria comasca.

Dr. Richard Schüller. — Die W irthschaftspolitik der

historischen Schale. — Berlino, H eym anns, 1899,

pag. V I-131 (2 m archi 40).

1899 30 giugno p. c. 15 . . . 11 . . . 10 10 7

Banche con su ccu rsa li: 30 giugno1899

N ational P ro v in c ia l...

London and C ounty... . . 2 0

V, L lo y d s ... P a rr 's and A llia n c e ... . . 17 . . 19 C apital and C o u n t i e s ... . . 16 London C ity and M idland . . . . 17 W illiam s and M anchester and Salford . . 12 V.

London and P ro v in c ia l... . . 18

Oltre i dividendi qui sopra indicati, l’Union Bank ha ripartito un dividendo di 3 st. per azione, la London and South-Western, un dividendo di un 3 p. c. ; la London and County un dividendo di un per cento.

Rivista Bibliografici

Ugo Tombesi. — L'evoluzione di un' industria italiana

(f.a tessitura serica a Como). — P esaro, tip. G. F e ­

derici 1899, pag. 83 (lire 2).

L’autore ha voluto fare un’ analisi obiettiva delle condizioni di una delle principali indu- trie italiane, la quale nella sua rigogliosa evo­ luzione è stata sì feconda di conseguenze e fatti importanti. Egli ha quindi studiato sul luogo lo stato della industria serica, cioè in quella operosa Como che è il massimo centro di questo genere di attività. Con l’aiuto di dati statistici ufficiali e con le frequenti con­ versazioni avute con fabbricanti ed operai, il Tombesi ha potuto costruire le diverse fasi di questa nobile industria, che è fonte di grande benessere per quella forte terra lombarda.

Gli argomenti studiati dall’autore sono questi: importanza ed origine dell’ industria tessica in Italia; i primi tessitori a Como; la concen­ trazione della manifattura serica; la trasfor­ mazione della manifattura comasca; il regime doganale e la grande industria; il grandioso sviluppo della tessitura serica.

L’evoluzione della tessitura serica dipende principalmente dalla introduzione del telaio meccanico. Essa determinò anche quello stato

Dopo avere scritto una dotta difesa della eco­ nomia classica da Smith in poi contro le ac cuse di alcuni avversari, specialmente tedeschi, appartenenti alla scuola storica, difesa che op­ portunamente venne tradotta in francese, il dr. Schüller ha pensato di esaminare la poli­ tica economica della scuola storica. E lo ha fatto con dottrina pari all’acume che dimostra nelle considerazioni critiche intorno alle idee propugnate dalla scuola storica in materia di politica economia.

Egli considera anzitutto il periodo della eco­ nomia classica e riassume le idee di alcuni scrittori più o meno valenti quali Kraus, Lotz, Jakob, Rau, Hufeland e Nebenius, ecc. e passa poscia a quelli del periodo nel quale la scuola storica può dirsi predominante.

Le conclusioni alle quali il dr. Schüller per­ viene, sono queste : Gli economisti storici am­ mettevano eccezioni molteplici e ingiustificate all’applicazione dei principi liberali. Essi accu­ mularono queste eccezioni con zelo interessato in guisa che i principi venivano interamente annullati. Per riguardo a tutte le limitazioni propugnate da Sartorius, Soden, Garve, Obe­ rndorfer, Luden, Cölln, Schön, Schmitthenner non poterono essere prese le misure per l’at­ tuazione dei principi della affrancazione dei servi, della liberta di locomozione, della li­ bertà industriale e commerciale, della imposi­ zione secondo il reddito. I rappresentanti del­ l’indirizzo storico domandavano, anche per le riforme di cui ammettevano la necessità, in ogni caso un procedimento così graduale- che in tal modo la efficacia dei principi liberali sarebbe venuta quasi completamente a cessare. Essi negavano i mezzi necessari all’ effettiva esecuzione anche di quelle sole riforme gra­ duali, ihentre si dichiaravano contrari all’ af­ francamento obbligatorio dei servi agricoli

[Frohnden).

(11)

Rivista Economica

Sciocchezze monetarieLa concorrenza fra / / porto di Genova e quello di MarsigliaLa pesca in Ita lia nel 1898. — - / / debito di alcune città italiane.

Sciocchezze m o n e ta rie . - L ’on. Luzzatti, a propo­ sito della circola/,ione degli spezzati esteri che taluno vorrebbe fossero esclusi dalla circolazione, cosi scrive nel Sole :

Si è letto in molti giornali di reclam i fa tti al G o­ verno per la circolazione di spezzati m etallici di a r ­ gento estero della b e g a la tin a e di provvedim enti severi che si sarebbero dati. Sono sciocchezze.. . . m onetarie. Nessuna legge impedisce la circolazione in Ita lia degli spezzati d ’ argento della Lega la tin a : gli ultim i provvedim enti internazionali e interni non hanno regolato che gli spezzati italian i e nei miei negoziati coll’ Unione m onetaria a questo solo fine ho inteso. L ’ Ita lia deve accogliere nelle sue Casse pubbliche, nei term ini fissati, gli spezzati esteri, r i­ manendo fermo il d iritto nostro di chiederne il cam ­ bio in oro o in scudi agli S ta ti del a Lega, ai quali appartengono, per un minimo di cento lire.

Ma, assurgendo a più alte considerazioni, per Io S tato italiano e per gli spenditori italian i, gli spez­ zati esteri tengono il posto dell’oro, avendo lo S tato il diritto al cambio accennato sopra, e i nostri n a ­ zionali potendo «spenderli a ll’ estero, nel territorio della Lega latina, dove funzionano come i sottomul­

tipli m onetari dell’oro e degli scudi d'aruento. Quindi

per effetto della nuova situazione potrebbero nelle m ani dei p riv ati farne aggio in Ita lia . A ltro che d ar ad essi la caccia e lo sfratto e considerarli come un a calam ità m onetaria, contro la quale si invocano i provvedim unti del Governo ! È perciò che la loro circolazione in Ita lia , a p a rità degli spezzati nostri, tran n e in piccola p arte, non è vista e afferm ata che dalla fan tasia dei novellieri.

L a c o n c o rre n z a f r a i l p o rto d i G enova e q u e llo d i M a rs ig lia . — La C am era di commercio di M ar­ siglia ha recentem ente p u b b lic ito la relazione a n ­ nuale sulla situazione comm erciale di quel porto.

Il documento c o n sta ta con inquietudine, sulla base di num erosi ed e sa tti d a ti statistici, che M arsiglia, m entre nel 1881 occupava il primo posto fra i porti del continente, è s ta ta g ià di gran lunga su p e ra ta da A m burgo e da A nversa non solo, m a orm ai è s ta ta soverchiata anche dal porto di Genova.

II tonnellaggio to tale dei porti di M arsiglia, che era di li,978,104 tonn. pel periodo decennale 1867-76, si è bensi elevato a 4,0 6 J,885 pel periodo 1877-8, ma questa progressione si è a rre sta ta , e, pel decen­ nio 1887-06 il tonnellaggio è sta to di 4,995,365, ciò che rap p resen ta un aum ento insignificante, p arag o ­ n ato a quello dei due decenni precedenti.

G enova invece, da un tonnellaggio di 6,719,550 nel 1890 è p assata nel 1895 a circa 8 milioni e l’aum ento continua, da q uanto si può arguire, ancora in m a g ­ giori proporzioni.

Q uesta prosperità del nostro porto è certam ente a spese di M arsiglia, e la C am era di commercio su rri­ cordata P attrib u isce - com’ è n a tu ra le - al traforo del G ottardo, aspettandosi ancor più notevoli p ro ­ gressi di G nova dal tunnel del Sempione. « M arsiglia - scrive il Presid- nte 'li quella C am era - m ediante il traforo del San G o ttard o re sta a 727 chilom etri da Basilea, m entre G enova ne dista solo 288. Pel t r a ­ foro del S mpione, G enova si troverà a 471, chilom. da Losanna, e M arsiglia a 581. Le merci dell’E uropa del Nord e dell’ E uropa centrale prenderanno quindi la via di Genova p iu tto sto che quella di M arsiglia, più lunga è più costosa. »

U n progetto dalla cui realizzazione M arsiglia a t ­ tende immensi v an tag g i è quello, di cui noi tenem mo altre volte parola in queste colonne, concernente il canale da M arsiglia al Rodano. G razie a questo ca­ nale, M arsiglia, che è s ta ta già per lungo tem po la via di penetrazione per eccellenza nel continente europeo e il porto n a tu ra le per l’ Oriente, spera di riconquistare gli sbocchi dell’E st e del N o rd -E st europeo. Ma la proposta di legge per d ich iarare di pubb ica u tilit’i la costruzione del canale giace da quasi un anno a lla C am era dei d ep u tali di F ra n c ia e probabilm ente la leg islatu ra si chiuderà senza che il progetto sia discusso e approvato.

F ra tta n to la C am era di commercio di M arsiglia indica a ltri possibili fa tto ri di prosperità pel porto, invocando il compimento della ferrovia T ra n sa h a ria n a e i mezzi propri a facilitare lo sviluppo dell’im pero coloniale francese, i cui p rodotti affluiranno neces­ sariam ente a M arsiglia.

L a p e sc a in I t a l i a n e l 1898. — E sta ta p u b b li­ c a ta la consueta relazione sulle condizioni della ma­ rin a m ercantile d u ra n te lo scorso anno.

Riassum iam o le notizie relative alla pesca. I battelli ad d etti a questa in d u stria del 1898 ascen­ devano a 23,578 e la p o rta ta complessiva a to n n el­ late 68,654.

Vi fu perciò un aum ento in confronto del 1897 di 312 galleggianti per tonn. 4746.

L a pesca dei pesci, dei molluschi e dei crostacei, d u ran te il 1898, diede un prodotto del valore di L. 14,001,073 con u n a differenza in meno di L. 320,244 in confronto al 1897; quindi il prodotto medio per ogni galleggiante non fu che di L. 617,13 e l’u tile per ciascun pescatore di L. 146,11 cifre sconfortanti che valgono a conferm are, ciò che andiam o notando da molti anni, come l’industria peschereccia in genere si m antenga in Ita lia in uno sta to di depressione che deve im pensierire.

Notiam o però che nei d a ti c itati sopra non sono comprese la pesca del tonno, del corallo e delle spu­ gne e che le cifre suindicate sono quelle che risul­ ta n o dalle informazioni raccolte a mezzo delle cap i­ tanerie di porto, che dovettero attingerle dai pesca­ tori, rilu tta n ti sem pre a darle e sa tte per tem a di tasse e perciò non è im probabile che esse siano iferiori al vero.

Comunque sono sempre meschine.

I metodi di pesca preferiti e che diedero m iglior risu lta to furono quelli con reti a strascico tira te da paranzelle o bilancelle con 2419 b a tte lli e 11,861 pescatori ed un prodotto di L. 4,302,230.

Con reti di posta, con 3768 battelli e 17,368 pe­ scatori ed un prodotto di L. 2,019,421.

L a p-sca dei molluschi con 1928 b attelli e 5597 pescatori fruttò L. 1,892,080.

La pesca con re ti a strascico tira te da b a tte lli isolati con 2993 b a tte lli e 13,471 pescatori produsse L. 1,4 1 2,0 1 8, e l’a ltr a pure con reti a strascico tira te

a mano da te rra , nella quale si occuparono 1742 b attelli con 15,743 pescatori, diede un prodotto di L. 1,036,087.

II quadro seguente dim ostra 1’ im portanza della pesca dei pesci molluschi e crostacei nei diversi m ari dello S tato nel 1898.

Numero delle barche Numero dei pescatori Valore del pesce

L itto rale Tirreno 7,740 347)52 4,085,728

» S ardegna 987 3.831 790,472

» Sicilia 6,591 32,869 2,730,1 51

» Jonio 1,413 4,370 1,894,195

» A driatico 6,005 20,497 4,500,527

22,736 95,822 14,001,073

(12)

748 L’ E C O N O M I S T A

19 novembre 1899 Passiam o al corallo.

Ce previsioni fa tte nel 1897 circa un possibile ri­ sveglio nella pesca del corallo nelle acque di Sicilia non furono sm entite nel 1898.

In fa tti gli arm atori essendo riusciti ad economiz­ zale la somma di L. 400 circa nella spesa di arm a­ mento ed equipaggio di ciascuna barca, la q u a n tità de corallo pescato essendo s ta ta superiore a quella dell anno precedente ed i prezzi migliorati, ne con­ segui che, d e tr a tta la spesa to tale sostenuta per l’a r­ m am ento e le paghe agli equipaggi in L. 517,200, dal prodotto della pesca in L. 752,400, l’utile n etto ricavato fu di L. 205,200, superiore cioè di L. 133,900 a quello del 1897.

E a sperarsi che perdurando questo increm ento del-I in d u stria corallina, gli arm atori prenderanno animo e aum enteranno gli arm am enti ; cosicché crescendo il prodotto e il rialzo dei prezzi nei m ercati, i loro capitali im piegati nell’ esercizio di questa in d u stria saranno piu produttivi ed i pescatoli vi troveranno più giusto compenso al loro faticoso lavoro.

Gli stessi risu ltati però non diede la pesca del corallo in Sardegna, dove lo scarso prodotto, sebbene in parte di buona qualità, non ha potuto com pensare le spese occorse per arm am ento e paghe agli eq u i­ paggi, le quali superarono di non poco il valore del corallo pescato.

Le barche che vi furono ad d ette nelle acque della S ardegna ascesero a 99 per 245 tonn. e 511 uomini di equipaggio.

La q u a n tità di corallo raccolta non superò i 1539 kg. per un valore di L. 137,550. Le spese invece am ­ m ontarono L. 197,425 donde una p erd ita di 59,885 lire

Meglio dunque sm ettere.

Furono però nel 1898 scoperti alcuni nuovi banchi di corallo nei paraggi di S. M aria di Leuca, ma i risu lta ti o tfen u 'i finora, non sono incoraggianti.

L a pesca delle spugne nelle acque di Lam pedusa in Sic il a, fa tta con una cinquantina di barche, riu ­ scì infruttuosa nei primi mesi

Nel giugno i risultati m utarono, riuscendo larg a­ m ente rim unerativi, specie per la scoperta di un nuovo e ricco algam ento nei pressi dell’ isola Lampione, cosicché la cam pagna si chiuse nel settem bre con esito sufficientemente proficuo, tan to per gli arm atori che per i pescatori.

Le barche che parteciparono alla cam pagna delle spugne a Lam pedusa _ furono 229 della p o rta ta di 4768 tonn. e 1320 uomini di equipaggio.

Di esse 3157 erano italian e ; 1547 greche, e 2 o t­ tomane.

F u scoperto un nuovo banco spugnifero a circa 5 miglia O. S O. dell’ isola del Lam pione. E esteso e ricco di spugne di buona q ualità. Il prodotto in soli due mesi fu di kg. 83,000 per L. 760,000.

L a cam pagna di pesca a Lam pedusa si è chiusa con risu lta ti per quanto inferiori a quelli dell’ anno precedente, sempre però ta li da riuscire rim unerativi. In complesso furono pescati 104,475 chilogram mi per 1,048,972 lire.

Le tonnare poste in esercizio d urante la cam pagna 1898 furono 54, oltre ad u n a p alam idara c a la ta nelle acque di Sorrento, ed il prodotto della pesca ra g ­ giunse i quintali 44,093,80 per L. 2,775,243.

C ontinua quindi il sensibile aum ento notato da qualche anno, nei proventi delle tonnare, le quali n e ll’ultim a cam pagna, sebbene abbiano prodotto quin­ ta li 113 meno del 1897, diedero un m aggiore u tile di 761,250 lire, in causa dei prezzi più elevati.

I I d e b ito di alc u n e c i t t à it a li a n e . — Nei bilanci di tu t ti i comuni del Regno sono iscritte 52,860,991 lire per interessi dei debiti com unali; i 69 capoluoghi di provincia da soli pagano per questo titolo 36 mi­ lioni e 750,243 lire, sicché siam sempre alla propor­ zione di due ad uno, ossia i 69 capoluoghi pagano

pei interessi piu del doppio di quanto pagano gli a ltri 8200 comuni presi insieme.

. darebbe troppo lungo però esam inare p a rtita m e n te ciascun capoluogo, ma prendendo i dieci principali, si ha il seguente rip a rto degli interessi.

Bologna Firenze Genova Livorno Milano L. 458,880 Napoli L. 5> 1,270,748 Palerm o » » 3,423.806 R ma » » 438,028 Torino » » 4.252,978 Venezia » 8,614,190 315,923 729,047 945,485 - , — . 323,004

, i i l ° ntro. ,a 9 u esta spesa annuale per gli interessi

del debito, bisogna contrapporre la cifra delle en­ tra te per ciascun comune.

Entrate. Bari Firenze Genova Livorno Milano Napoli L. 3,330.375 Palerm o L. » 12,300,492 Roma » » 17,426,696 Torino » » 5,329,306 Venezia » » » 25,574,36530,016,061 Bologna » 19,332,347 30,092,480 17,843,170 7,090,670 6,473,667

Sommando i risu lta ti compì ssivi, si h a che un terzo circa delle e n tra te dei dieci comuni é assorbito dalle sole spese per interessi del debito pubblico co­ m unale.

1 PRE M I DI NAVIGAZIONE IN ITALIA

Nel 1898. secondo quanto riferisce la relazione a n ­ nuale del D irettore generale della m arina m ercantile, erano in scritti per conseguire i premi 64 piroscafi’ rap p resen tan ti in complesso ¡53,099 tonn. lorde. Se non che q u a ttro dei 64 non guadagnarono alcun p re­ mio o non l ’hanno finora potuto conseguire per irre ­ g o larità nei documenti.

Gli a ltri 60 guadagnarono ta n ti premi per la somma complessiva di L. 2,210,844.

Il tonnellaggio e l ' e tà dei piroscafi in sc ritti nel 1898 per concorrere ai premi risu ltan o dalle seguenti

cifre ; °

Numero Tonn. lordo Data del varo

15 45, 150 1883 9 17, 608 1884 1 1,973 1885 3 4, 952 1886 ' 6 10,992 1887 3 5,910 1888 4 8,424 1889 1 2, 103 1890 2 6, 135 1891 1 3, 164 1892 3 7,812 1894 4 5 ,4 ' )2 1895 2 3, 328 1896 3 11,892 1897 7 18, 754 1898

P e r ragione d’età, a tenore dell’a rt. 14 della legge, perdettero il premio^ i 15 piroscafi v a ra ti nel 1883; tre furono cancellati per dimiss one di bandiera.

In,co n seg u en za al 31 dicembre 1898 rim anevano in scritti 46 piroscafi della p o rta ta complessiva di ton­ nellate lorde 103,7U9.

Il percorso medio dei piroscafi che hanno g uada­ gnato premi è stato , d a ll’ e n tra ta in vigore della legge, il seg u en te;

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